Onde Radicali

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Il documentario su Radio Radicale, l'emittente che voleva "scoperchiare il Parlamento"

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Nel 1976 quello di "scoperchiare il Parlamento" non era una velleità di una certa parte politica, ma l'obiettivo che si erano preposti un gruppo di militanti radicali che nel quartiere Monteverde di Roma diedero vita ad una radio fatta di costi bassi e strumenti rudimentali, la cui fortuna fu un'intuizione semplice ma per nulla scontata: pubblicare ciò che, di fatto, era già pubblico. "Sono andato da Marco Pannella con tutte le attrezzature che avevo a casa dicendo: Io ho una radio pronta per trasmettere, vorrei fare qualcosa di diverso. E lui ha detto: 'Vuoi fare Radio Radicale? Falla'". Inizia così la storia della celebre emittente del Partito radicale, da un'idea di un militante e dalla lungimiranza di un leader politico della Prima Repubblica. A raccontarla è il co-fondatore Pino Pietrolucci nel docufilm Onde Radicali, presentato al Festival del cinema di Roma. È lui il militante che propose a Pannella l'idea di una radio libertaria e fuori dagli schemi. Fondata tra il 1975 e il 1976, Radio Radicale nasce in un piccolo appartamento romano nel quartiere Monteverde. Siamo negli anni '70, è' il periodo delle radio libere caratterizzate da bassi costi e una buona dose di improvvisazione. In quel coacervo di emittenti spontanee, l'intuizione di Radio Radicale fu quella di trasmettere in diretta le sedute di Camera e Senato. Come? A spiegarlo è sempre Pietrolucci. L'ex militante non fece altro che appoggiare un telefono all'altoparlante da cui all'interno del Palazzo venivano trasmessi i lavori dall'Aula. "Vidi quell'affare - racconta - lo tirai giù, provai ad appoggiare il telefono sopra l'altoparlante e chiesi alla Radio: Si sente? Da quel giorno sono cominciate le dirette parlamentari: la storia di Radio Radicale". Una storia, quella raccontata da Pietrolucci, inscindibile da Marco Pannella, che di Radio Radicale fu, nei fatti, l'editore. "Aveva un sistema che gli consentiva di ascoltare la radio in tutte le stanze", dice Valeria Ferro, ex direttrice dell'emittente. "Se quello che veniva trasmesso non era in linea con quello che lui in quel momento voleva ascoltare, lui alzava il telefono e lo diceva". Un editore severo, ma aperto al confronto. "Che il direttore abbia una linea che non coincide con la mia, per me è auspicabile". E ancora: "Auspicabile!", insisteva Pannella. Un esempio dell'anima libertaria di Radio radicale è raccontata nel docufilm attraverso la parentesi di Radio parolaccia: un filo diretto tra la radio e il pubblico, una segreteria telefonica sempre aperta e priva di filtri. L'iniziativa partì con l'obiettivo di offrire agli ascoltatori uno spazio per esprimere solidarietà nei confronti di Radio Radicale, colpita all'epoca dalla chiusura delle trasmissioni per mancanza di fondi. Di lì a breve si trasformò in un canale fatto di sfoghi personali conditi da urla, parolacce e da bestemmie, su cui - per ordine dello stesso Pannella - vigeva un divieto assoluto di censura. Il documentario diretto da Gianfranco Pannone ripercorre le tappe principali della storia dell'emittente. Parlano Roberto Giachetti e Rita Bernardini, all'epoca giovani giornalisti radiofonici, Francesco Rutelli e Emma Bonino, esponenti del Partito Radicale che fu. Dall'uccisione della studentessa Giorgiana Masi, passando dal rapimento del giudice Giovanni D'Urso, fino all'arresto di Enzo Tortora. È proprio dalla gogna giudiziaria subita dal conduttore televisivo che negli studi di Radio Radicale nacque un'altra intuizione, altrettanto semplice, ma di portata storica allo stesso tempo. Nel 1983 come aveva fatto per il Parlamento, dall'aula bunker di Poggioreale, l'emittente decise di "scoperchiare" anche le aule di giustizia.

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