Fabio Pusterla
[Quaderni] Ecco – mi dicevo – qualcosa del genere può forse, a volte, fare la poesia, o almeno, questa è stata talora la mia esperienza di lettore, quando ho creduto di sentire, nei testi o nei libri che incontravo, l’eco di una voce lontana eppure vicinissima a me, che sapeva entrare nel mio buio e nella mia solitudine. [Fabio Pusterla]
Titolo:
Fabio Pusterla – [Quaderni]
Poesie di:
Fabio Pusterla
Fonti:
Dall’archivio di Fahrenheit – Radio 3 2008.
Il presente documento è da intendersi a scopo illustrativo e senza fini di lucro. Tutti i diritti riservati all’autore.
Poesia2.0
GIUDIZIO UNIVERSALE
Ah, non si fanno certo più illusioni gli stornelli di Berna, che riparano per freddo tempo nel timpano tra le gambe dei dannati e dei santi, tra papi d'oro e imperatori rimasti di stucco, e una schiera di più anonimi pedoni, sotto code di rosso drago o lustri ottoni celesti, indifferenti tanto alle fiamme che ai solluccheri dell'eden: caldo è caldo, diranno, e non dipende, perdio, dal paradiso o dall'inferno; ne sanno qualcosa colombi e piccioni troppo paffuti e tondi per ascendere a così comodo nido, circonfuso di reti quasi invisibili, ma non prive di buchi.
LE PRIME FRAGOLE
Strisci nell'erba bianca di margherite. Sei vestito di rosso, hai una cuffia rossa in testa, e nella mano destra un pelacarote che infilzi
nel terreno ancora molle di marzo, sempre avanzando lentamente nel folto del prato. Sdraiato sull'erba, con le margherite negli occhi. Sto scalando l'Everest, mi dici. E anche le guance sono rosse di gioia. Strisciavi ieri nel tuo Everest di margherite e io ti guardo oggi nel ricordo e intanto ascolto la radio in attesa di notizie terribili, e tu continui a strisciare felice e la radio dice della bambina schiacciata da un panzer a Gaza tu prepari una pozione con piume d'uccello per imparare a volare io ti preparo le prime fragole rosse dell'anno e mi chiedo se gli occhi dell'uomo che guidava il panzer avranno capito.
LEO MEDITA
Capita anche a te di guardare le stelle e dimenticare che sei vivo perché entri nei pensieri e ti svegli dopo un po' senza sapere dove sei ma è molto bello? Perché a me le parole scorrono via così veloci che me ne basta una sola per fare un romanzo; luna, per esempio, se penso luna è abbastanza.
Ma soprattutto, quando guardo le stelle, mi viene in mente un'altra parola, spazio, è molto più di un romanzo, ma non ci sono tante pagine. C'è una pagina sola, smisurata. Sai cosa faccio quando faccio queste cose? Meditazione. Io almeno la chiamo così, magari gli altri la chiamano in altri modi. Ma io medito.
KIRCHNER, 1938
Ecco il gregge di pecore accecanti, luminose; sopra, un freddo notturno sta aggredendo ogni casa, scende l'ombra dalle montagne disincantate, dagli eserciti di pini neri, larici cresciuti in filari sui crepacci, sulle ferite della terra scoscesa. Boschi armati stanno all'erta lassù, molto più in alto degli umili animali accovacciati, stretti alla pace modesta dell'ultimo tepore, quiete vittime in attesa. Chi ha visto questa cosa
ha perso tutto, è andato via per sempre. Ma la cosa è rimasta, e ancora pulsa il suo contrasto, e quell'atroce bellezza della luce che si spegne…
PRIMO GIORNO DI SCUOLA
Settembre? Anche settembre può spezzarsi attorno a un tavolo di bar: quattro bancari strepitano per via di un settebello o una primiera, e intanto arriva esile il figlio del mazziere, biondo, nella luce del primo giorno di scuola. I toasts li ho già ordinati, anche la coca, e li ho già anche pagati e costate un bel tot, fra te e tua madre, dice l'uomo seduto al figlio in piedi. Il padre conta gli ori, smazza e ride, e accanto il figlio rigido guarda il mondo: uno che parla dentro un cellulare (adesso sono piuttosto occupato, risolviamo la faccenda più tardi, allora ciao), l'altro che sbraita
per colpa di una donna mal giocata, e poi la madre sopraggiunge a rovinare la mano più bella, sorride persa e chiede se ci sono novità.
SENZA IMMAGINI
Avendo da anni deciso felicemente di rinunciare alla televisione non vedremo la danza delle bombe su Bagdad su Bassora sui resti di quello che un tempo fu il centro del mondo. Non vedremo le facce gravi dei potenti le smorfie eroiche degli inviati speciali le scene raccapriccianti di macelli e di fuoco. No, grazie, rinunceremo allo spettacolo. Alla festa. Davanti alla radio, in silenzio, potremo guardare nel vuoto, immaginare quel che si può immaginare, troppo poco. Senza immagini tutto sarà più chiaro, più tremendo.
SETTEMBRE 2003, NUOVO ANNO ZERO
Un filo, o meno ancora, come un rivo sotterraneo, che appare solo a tratti e poi s'imbuca e riemerge in un altro ventennio. (Quell'acqua scura, densa, e quelle forme quasi umane che galleggiano: tutti perduti, dunque? Tutti uguali?) L'origine, la sorgente: i martoriati, i dispersi. Una cosa precisa e voluta: proprio questo lampeggia allora chiaro sul pelo dell'acqua e del sangue, veniamo da lÏ. Poi un giorno ne sale un altro e grida: è stato un gioco, uno scherzetto innocuo. (E le forche, e le fosse, e quell'impura purezza di tempesta e di rapina?) PiÚ neppure l'ombra di un imbarazzo lo disturba: nuove belve disse una volta un poeta. Ma era poco. (O Italia, renovada in di to vacch!)
VII
Questa è la terra di nessuno l'abbandonata a sÊ che si percorre senza guardare i mucchi neri di sabbia depositati senza motivo, i crateri di qualche scavo o esplosione questa è la terra che nessuno ha preso senza bandiere inospitale e povera nuda terra poltiglia d'acqua e bassi cespugli a volte con tracce di cingoli resti di fuochi bivacchi di zingari terra felice di essere assolutamente vuota e deprivata fiera di ogni latta o detrito non nega e non afferma non lega e non nasconde rimane ferma e respira
profondamente perché niente la può ferire deserta nella luce e nella calce spazio aperto allo spazio landa e orizzonte transito d'uccelli
VALLE DEI MORTI
C'è una piccola valle che s'inoltra nelle colline così dolci e popolose, solo un tratto d'ombra visto dal treno, dietro il verde che fugge e quelle bestie miti, vacche e cavalli uguali da un anno con l'altro e quasi immobili lungo il filo dei giorni. Ma uno, se alza gli occhi dal suo libro, o si sveglia smarrito a un sobbalzo, la guarda per un attimo come si guarda il vuoto. E tutto è fermo: una coda a mezz'aria,
un getto giallo d'urina, un ghiaccio teso sui fotogrammi spezzati, un bambino che salta e resta appeso al suo gesto giocoso. C'è una casa e del fumo e un paesaggio tagliato dal treno. E quell'ombra. C'è sempre una piccola valle che s'inoltra e non si sa dove porti se ci passi qualcuno mai. Lì vorrei immaginarvi camminare da soli nei boschi d'autunno, a modo vostro liberi, senza voltarvi. E non posso.
A UN LICEALE ANNOIATO: TERZINE
Se non succede nulla, e grigio cenere corre il fiume dei comodi giorni: pìzzicati una coscia o una guancia, fatti del male, osserva. Se il decimo maiale rimane senza cibo e prova invano
ad accostarsi al truogolo dei nove, e lĂŹ protervo lo accoglie a morsi il branco, e quasi stritola, tu ascolta bene il grugnito animale della storia umana ed inumana che di fame s'innerva. Se nella folla un volto senza volto chiede un aiuto assurdo, incomprensibile e insiste troppo, ed insistendo snerva, in memoria conserva le sue miti parole di scandalo: tu leggi, io invece no. Io sono un servo. Se non succede nulla, e grigio cenere corre il fiume dei comodi giorni: disingannati, altri battono strade piĂš impervie.
LETTURA A BASILEA
a Giorgio Orelli Il giorno prima, violinisti di strada: un successo. Dunque che problema c'era? Entrare, alzarsi in piedi e leggere qualche poesia, portando
l'arte in mezzo alla gente. Alla gente che mangia. Splendido. Kein Problem, oder? Un po' come quei vecchi suonatori d'organetto e fisarmonica ambulanti, cari ai poeti di un secolo fa. Una iena che rode il suo osso di pollo ci guarda storto, chiede il conto, fugge sulla Binningerstrasse, che porta allo zoo, dove i leopardi fissano con occhi smarriti le capre del Tibet, e l'onagro lancia ai treni in corsa il suo lungo lamento. Mai noi faremo fino in fondo il nostro verso imperfetto, e molti ascolteranno, posando il coltello incantati. Saremo applauditi e pagati, caro Giorgio. Pi첫 tardi mangeremo qualcosa anche noi, bevendo vino.
BATTELLO BIANCO
Si richiedono particolari condizioni di luce e vento e nubi sopra il lago. Molto grigio.
Da uno squarcio, in disparte, potrebbe allora cadere un raggio, o qualcosa di meno, un riflesso; se transitasse un battello, arrancando come qualcuno che si fa strada nella vita di ogni giorno a fatica, senza troppe speranze, a tentoni, un battellino mogio, per un istante sarebbe abbagliante, bianchissimo.
COLLAGE DELLE PIANTE PILOTA
"Alla base di un cordolo di marciapiede, al punto di contatto con il calcestruzzo del ponte, germogliando dapprima, e poi vegetando discretamente", nonostante i 300 kg di veleno, diluiti in qualche cosa come 60000 litri di acqua, e lo strato di sabbia e gli argini di cemento, e ancora i giorni e giorni del diserbo e della rabbia, ma germogliando dapprima, praticamente senz'acqua,
per preparare il terreno alla primula, alle successive fioriture misteriose, in nome di prati inesistenti e difficili anche solo da pensare, la pianta pilota si abbarbica, supera un decennio di progettata distruzione, come dire meno che niente per chi viene da prima dei ghiacci, ed è capace di restare in silenzio sottoterra, come un muto rizoma, un tratto bruno dentro il bruno e il rossastro del fango rattrappito, tra le ossa e la polvere d'ossa, custodendo un ricordo di vento e di pioggia e di sole, un colorino slavato per stagioni o per epoche lunghe, di guerra o di tormenta; e appunto adesso germoglia su ponti e tombini, prediligendo le zone di contatto tra materiali diversi, come il ferro e l'asfalto, la speranza e il vagone piombato, è lÏ che schiude crepe di preferenza minuscole, o brevi sorrisi, piccole spighe e infiorescenze, spore inermi che poi andranno a posarsi su scarpate e voragini, sopra le cave nere e i tetti, tra macerie e corpi calcinati, ultimi inferni di metropoli o deserti, mucillagini,
spore o pollini o polveri silenti, che germoglieranno dapprima, umilmente in quel posto impossibile e nostro, solo nostro per sempre, e smemorato.
Da Aprile 2006. Cartoline d’Italia (inedito in volume; apparso in “Lo straniero”, 78/79)
Chi è questo che fuma accanto a me il suo mezzo toscano tra mezze parole di convenienza, e sorride nell’aria tremolante del mattino, dà uno sguardo ai tetti, alle donne che passano, alle nuvole, ripiega il suo giornale di rapina, alza la testa e si avvia con la moglie col fare di chi ha vinto ancora, come sempre sa di avere vinto: e vinto cosa poi? Lui è lui, io forse io, nessuno è noi.
DEPOSIZIONE
Rosso su azzurro e tratti bruni e il bianco, tutti colori metallici. Il giorno si apre cosÏ, sopra una costa desolata di merci e portuali, ed è una danza di morte ad Algesiras. No che non è il Pontormo: il furgoncino si spalanca, offre il suo carico di casse (Primeurs), tangerine e cadaveri. Fissa nel gesto, l'ultimo, una mano magrebina, e poi il candore, la smorfia d'asfissia. Dietro, altri quattro, attorcigliati. Impianto difettoso, fuga di gas, clandestini. Forze di polizia.
DUE AIRONI
I Lago del Dosso, e nell'ambra dei prati l'airone osserva immobile i canneti e la nebbia, l'albergo in rovina, l'erba folta, la stagione inoltrata e non mite, le notizie non buone. Distante, cinereo, se ne va a larghi giri nel grigio, con ali vaste che battono piano nell'aria, senza emettere voce, pacifico, lugubre, inerme. Pi첫 temibili voli s'avvitano ai nostri cieli autunnali, maschere e paradossi, altre macerie e trappole di fuoco, petrolifere giustizie micidiali.
Fabio Pusterla è nato a Mendrisio, in Svizzera, il 3 maggio 1957. Ha conseguito la Laurea in lettere moderne con Maria Corti presso l'Università di Pavia. Vive e lavora tra la Lombardia e Lugano, dove insegna lingua e letteratura italiana al Liceo Cantonale della città. Oltre ad essere un poeta, Fabio Pusterla è attivo un traduttore (Philippe Jaccottet, Yves Bonnefoy, Nicolas Bouvier, André Frénaud, Guillevic, Nuno Júdice, Corinna Bille Maurice Chappaz, Eugenio De Andrade, Benjamin Fondane, Jean-Luc Nancy) e saggista . Ha diretto l'edizione critica delle opere di Vittorio Imbriani e pubblicato saggi, traduzioni, volumi di versi. Fu tra i fondatori della rivista letteraria Idra, pubblicata a Milano da Marcos y Marcos, e ha curato l'antologia di poesia francese contemporanea NEL Giorno pieno dell'oscurità (Nella giornata piena di oscurità, Milano, Marcos y Marcos, 2000) . Scrive per giornali e riviste in Svizzera e in Italia. Alcuni dei premi letterari, che ha vinto sono: il Premio Montale, il Premio Schiller, il Premio Prezzolini, e la Lionello Fiumi Award.