Patrizia Vicinelli - Quaderni

Page 1

Patrizia Vicinelli

[Quaderni] ...la funzione del poeta è quella di interpretare il proprio tempo... in un periodo cosÏ chiuso creativamente, il poeta autentico riesce a vedere i germi del nuovo. In parte il poeta fa il mondo, aiuta gli altri a diventare persone, a prendere coscienza di se stessi... [Patrizia Vicinelli]



Titolo:

Patrizia Vicinelli – [Quaderni]

Poesie di:

Patrizia Vicinelli

Fonti:

Opere, all'insegna del pesce d'oro, 1994; I fondamenti dell’essere; Chant d'amuor, in «Risvolti», n. 6, Quarto-Na, maggio 2001; Non sempre ricordano, Le Lettere 2009.

Il presente documento è da intendersi a scopo illustrativo e senza fini di lucro. Tutti i diritti riservati all’autore.

Poesia2.0



Da Opere, All'insegna del pesce d'oro, 1994



Il cavaliere di Graal Da un altro punto furono viste le stagioni fino lì sconosciute solo allora poté sedersi ad ammirare il senso dell’alternanza. Dalla sua radice gassosa ne muta la base visibile e lo cimenta la traiettoria di notte e giorno la luce, il cielo. È fusa la donna alla sua ombra eppure trema al fuoco dell’inizio così se li sposta i suoi passi Iside all’orizzonte mèta ora essa fugge la sua lontananza. Perché non cola l’attesa profumata ossia fermarsi la sua ansia volta avrà la fine di profilo porre cosa la tiene unita quella che stacca la radice, un alito. Batte allora sul ferro la materia di sé e lo plasma ogni angolo continuo della vista


una distanza del suo centro esatta la definisce. I piani diversi del linguaggio ne è avvolto così genera le forme della sua ricerca egli ha imparato come lasciarsi solcare ad essere cinto dalle tracce. Con un colpo d’occhio sentiva la presenza simultanea di tutto ciò che nella terra cresce e questa coscienza della situazione attuale lo aiutava come una disciplina. Ciò che non è compiuto spinge il modo del procedere, mèta, mèta, arsi e riarsi, durante la costa dei millenni. Incessante se lo vide rinascere e morire il mondo fino a dove non ci fu più tempo né abbastanza luce per seguitare i paradossi demoniaci sbalzato come dura pietra molle ora nelle acque del fiume, si agitava dentro pezzi di realtà dissimili.


Nel mentre cantano nel petto i volti dei suoi sogni muta al mattino in albe anche dorate, quale certezza venga da mondi paralleli, attriti posti sopra o sotto, vincolanti. Scivolando lungamente sul fianco della piramide atavica lo blocca quando vuole come esercizio e intanto la miseria dell’uomo va consumata dentro di sé, nell’arca del suo spazio interiore intendeva infrangere ciò che da inadeguato si ricompone ad ogni istante. L’attrazione dinamica del fare mancò a quel punto e alla fine della danza più lunga, l’abbandono e il silenzio della grandiosa solitudine lo rendeva eterno, come collocato su di un punto raso della terra, sotto le stelle. Non era più chiamato in battaglia da tanto tempo.


Il mio inizio è forse il solo inizio, disse l’uomo assetato, e si sedette a guardare l’evidenza del suo destino. Il cavaliere che guarda la luna, non cerca e non aspetta niente. Beveva quel soffice vino d’agosto e teneva la porta aperta sulla laguna afosa della fine d’agosto, musica in viole di quel tempo, vino di Graal. Si chiedeva se non fosse una sua fantasia mentre risa fendevano l’aria, di giovani donne ubriache. Arrossisce il suo silenzio il vino e gli dà corpo col respiro batte il ritmo della mente nell’aria intatta ora a cerchio lo sguardo, la perdita lo svela, un parallelepipedo di una battaglia navale del settecento, esatto d’ombre fatte di sfumature. In settembre oltre la luce così bassa e radente c’è nebbia


e l’odore di funghi porcini annusati a lungo, come nelle cene d’inverno dentro le buste di plastica. La configurazione del male così conosciuta era allora impalpabile, sembrava non ci fosse traccia. Intanto la luna al primo giorno calante porge la notte in adagio, la struttura tutto sommato è tonda ora, poi cambierà. Già pensa che il santo Graal è troppo lontano, e il bicchiere si sta offuscando di rosso, – qualsiasi cosa signore, ma spingimi avanti – nuovamente il bicchiere brilla rosso e la luna fra gli alberi cade con la certa nebbia fino ai pini e alle acacie, ma non i grilli, non i ragni, le libellule fino a ieri poi. Non c’è arrivo non c’è sosta non c’è partenza, ma il succedersi senza tregua. Questo sì, che ad ogni livello ne succeda un altro, per generazione spontanea l’aveva saputo dalla ruota che girava mentre i mondi finivano, a volte.



I fondamenti dell’essere



Il tempo di Saturno

Ancora poco e dal tempio dove sussurrano le idee esse si sveleranno quando la brezza darà inizio al loro manifestarsi. Proserpina la si incontra allora, e rende grazia alla sua regina e si inginocchia, al sogno del suo nome ha posto la fine. Così dalla fonte, se li poteva vedere i convitati nella loro allegria e scintillano le coppe, un’alba come di gravida lunga, ma tutti hanno fiducia. E’ molto alta la vista da quel punto anelli di grattacieli sotto nella caduta dell’aria essi festeggiano il ritrovarsi, hanno raggiunto l’uscita della stanza di piombo. Nella fontana dentro si bagnano gli esseri non un attimo di strada la dimenticano è il momento di rallegrarsi, ciascuno ha attraversato quelle acque. Sempre ha scelto l’altra via ora si trova


a una distanza irreparabile e segue convinto il proprio disagio. E’ alla collina di fronte che vorrebbe arrivare, ma la montagna davanti a lui gli serra la gola. Cigni neri e nuvole promettono nera acqua dell’antico senso e resti sulla terra le cui forme ancora si riconoscono, errando con la mente nel fosforo schiuma a picco sotto di sé gli viene da illuminare la sua lampada ma rimbalza sulla roccia il veliero senza scampo, i morti quelli sbattono uno contro l’altro nelle onde. Aver sbagliato di poco la direzione, egli pensa con la vertigine, dall’alto della vetta non vedrò ancora le tue praterie e forse la mia fiamma verrà mangiata dalle ali dei corvi se tu non intervieni angelo, sarò piombato nell’abisso. Sebbene, guarda la notte esplosa, essa ha frange chiare e si possono distinguere i contorni delle vie le figure geometriche delle stelle fisse emanano bagliori, dona certezza.


E la pioggia non finirà come la radice la trovi mangiata ma tagliando fino al cuore, lo ottieni il suo centro che resta ardente sotto la discesa dell’acqua. Ossa secche neanche il mantello servono a quel corpo, la gloria giunge dopo la sconfitta aver paura di vivere molto più di morire. Entra il possibile passato nella proiezione del presente, egli può scegliere come entrare da un’altra porta, si avvolge nel suo scudo atavico, ancora una volta osa col rischio della fine camminare sull’orlo. La pietra, quella in cui è ricordato il passaggio, tiene nella sua forma le onde che riverberò la luce durante mille giorni potrebbe forse sostenerlo nella sua impresa, o l’eroe da sempre funambolo cercatore con le lacrime sulla fronte e dentro gli occhi e cedere cedere come montagna crollata sotto i piedi briciole briciole la tentazione dell’aria. E’ un uccello vivente che lo viene a cercare se fosse di metallo darebbe un segno


neanche nel deserto si perderebbe egli è sostenuto porta con sé il suo drago e la colomba. Ma la sua forza assomiglia a quella di un titano attorno a lui si sveglia l’odore dolce come quello di ciò che sta cercando l’asta lo spinge avanti, serve da pertica da ponte dona la direzione e vince nella lotta. Egli si volta e trova luce egli si volta e trova luce. Si abitua come a una condizione può volare e navigare dall’acqua avvolto. Dal profondo di sé egli si è raggiunto mai avrebbe immaginato fosse così semplice e così terribile come essi da bambini nella disperante solitudine conscia della natura e dover rinunciare egli deve poter crescere qui alla fragilità alla forza interna di ognuno, la menzogna. La tenerezza gli renderà incandescente il cuore e la sua spada è d’acciaio vedeva svolgersi il sole al tramonto sebbene meditasse grandi rivincite avendo vinto la notte.


Dunque il sole era di fuoco in ogni luogo e risplendeva per sempre nella sua continuitĂ . Nemmeno un attimo ci fu margine d’errore ma lodi nella meccanica di nuove geometrie esse formulavano la quiete di altri sistemi. Un profondo silenzio, il totale silenzio della coscienza uscita dal gorgo quella di chi è entrato in una spiaggia sicura. Meditava quella notte il tempo e la sfuggevole inesattezza delle coordinate che i naviganti donano, misere tracce su intuizioni incerte, seppe poi del camminare unico, per ognuno il suo creativo.



Chant d'amuor, in «Risvolti», n. 6, Quarto-Na, maggio 2001



titolare

da fabbrica titolo

chè nonn cè vommè re titulus im media z tia - zione babbo babbino babb(u)one isvet z tia z ône szemmmsze re'nnnda

zsion-nè

turibolo tribolo trent-ècaronte çà ca chi je chante? vien botto il mattino, che xera del vino? bricche ballacche, tric troc tricche tracche? alfèva spumiglio al lfiero cibigllio?


truog olo tricolo tri tolo tègol'o zi'golo za'golo brifolo breghe'sò c alza in sotta brigatutto bancarotta bonanotta tritatutto pu ti fe ri o dia vo le rio fa la n st erio vènto svent tola sdrucciolo spicc iolo


Non sempre ricordano, Le Lettere 2009



Parte terza

No agli zar, ovvero la fuga Gridarono: !B.A.S.T.A.! A UNA CLASSE DI ZAR. Scoppiano coltelli all’addome parallelamente traforando colpiscono quelli che meditano e quelli che compiono. Tobia che era anche un contadino, pensa: “Loro in sé – così si espresse – ? compiuti, non erano male, ma quello che essi rappresentavano, esecrabile, olé!” e sentì il bisogno di dirlo, una revolución pequeña, per liberarsi della colpa dopo perché anche lui l’aveva colpito uccidendolo aveva preso parte, ecc. (el patron de la farma).

A tutti rivolgendosi, ai pescatori di perle splash, (a Las Palmas) nel mare slacciati


dal pescecane da una muta di delfini blu, ‘un qualsiasi altro uomo, no, un qualsiasi altro anno uguale a questo, non è vero Ezequiele?’ – Sì, señor! Parole spezzate non raggiungono l’obiettivo, NO AGLI ZAR!, disse, e altre cose,…morendo. disse morendo Tobia. Tobia. E il grido risuonò all’abbazia! ALL’ABBAZIA! senza un senso esatto del perché si incamminassero. Andando, fra tutte quelle farfalle variopinte, che spesso strisciavano sul viso, si accorsero ben presto che altri marciavano nella stessa direzione. Qualcosa doveva esserci da fare quella notte, all’abbazia, e già un indizio sicuro era quella fitta pioggia di farfalle, che faceva tornare a certi ricordi di altre vite, di altri mondi vissuti e adesso irraggiungibili.


Bisognava giusto venire lì, nella putredine della giungla, per non essere raggiunti dai… A CHIUNQUE CON CHIUNQUE PEZZI DI CARNE con un colpo possente della spina dorsale si riempì d’aria i polmoni e videro il suo corpo risplendere argenteo contro il sole e immergersi – no comment – (la compagnia cercata manca dolorosamente, un altro punto, un altro, a nord) “SENZA” parecchie cose che si potrebbero far frusciare tuttavia si appoggiò ancora una volta per sentire l’aria e per dominare la sua forza. Come una staffilata lo percosse un suono abbagliato vide la sua miseria crescere la strada maestosa e ripida, data e scelta. Adamo e Orfeo lo raccolsero esanime e piansero con lui la coscienza della sua sorte, che decise di sostenere comunque. (NON ERI DUNQUE TU CHE L’AVEVI STABILITA?) CRESCENT OF CRISIS.


Così, per Ezequiele, venne subito spiccato il mandato / (di cattura) e cominciò l’epopea della sua fuga. Abitava un paesino del Nord, all’estrema periferia, in the country, rispetto alla capitale centrale dell’impero. Come cittadino di quel regno aveva il diritto di fuggire, voleva versare per la sua fuga all’estero? Era vero che fosse dorata, forse? Da contadino, ovunque andasse, come lui, trovava i compagni, gli amici, non sempre da mangiare, stringeva delle mani. “Come –disse– mi hai trattato male! Il motivo ce l’ho, eppure l’è un pretesto!” (comunque valido per ucciderlo). DUE ROBOTS LO SOLLEVARONO IN ALTO LUI ERA TUTTO CONTENTO PER LA NOVITÀ CHE GLI ERA TOCCATA POI LO MOLLARONO AHIMÈ UN TONFO IN BASSO


DAL TRENTACINQUESIMO DI NEW YORK DABBASSO INVESTÌ UN CAMION DELLA RANK XEROX IL CUORE NON BATTE PIÙ DISSE IL PRIMO FLIC CHE ERA NERO CHE LO TASTÒ SOPRAGGIUNTO. E cedendo, per un filamento, (di platino? una lampadina) l’ultimo quarto di G. nascondendosi in certe pieghe affatto riconoscibili, mutava di direzione per un istintivo moto di sopravvivenza immerso profondamente nel buio circostante che un samurai sempre stato


come nel medioevo ora fendeva l’aria con grida inumane tutt’intorno con la sua spada luccicante con balzi immondi, ma non servì, appunto. AVEVA SU DI SÉ IL FEELING DELLA MALATTIA. Ignoto alludeva a manovre di concentrazione nel perfetto silenzio della sua solitudine, o arma micidiale del non esserci come prova a sfatare tutte le dicerie vecchie che lui sapeva ormai prive di senso. ERA PURTUTTAVIA UN INGUARIBILE ROMANTICO. – QUI NEW YORK –, ‘Benedetto figlio, io che non ti ho conosciuto a Porta Portese, le tue motivazioni più intime le conosco, e so cosa ti muove a vibrare


una coltellata all’addome di un amico che muore POVERACCIO LUI POVERINO TE E DISGRAZIATO. Intanto, per distrarsi a Ostia c’è un bel sole anche in maggio appena iniziato, e corse sulla spiaggia ancora umida, pensava di farla franca, e si gettò in acqua per un bagno, nella putrida restaurata acqua di Ostia, dall’inverno, ma la carogna di un cane lo boccheggiò, in quel momento seppe che quella storia sarebbe finita male. Disse, ballando una frenetica danza ai cieli con l’altro suo corpo, mi costituisco, e così fu. Trovato impiccato nelle praterie di un deserto, dopo aver pensato che non sarebbe morto. Uno che chiede aiuto urla strazianti svegliò quelli da canale cinque e si era frammisto a quel cumulo di realtà inconsuete e fece fatica a distinguere qualcuno di loro,


disabituati a vivere di persona le cose eroiche, è una necessità che si apprende nel tempo, essendo sorpreso nella dispensa della casa di fronte, allora a tutt’allora l’ipnosi funzionava a dovere comprava i cerini in qualunque posto così cambiava località secondo indicazioni scritte là sopra: non erano forse monopoli di stato? La sua fuga fu imperniata di errori ma sostenuta da un’unica certezza: NON UN MESE NON UN GIORNO NON UN ANNO NON UN’ORA NEMMENO UN MINUTO NEMMENO VEDERLO DISSE, PERCHÉ IO SONO INNOCENTE IO SONO INNOCENTE SENZA ALCUN DUBBIO ANCHE SE FOSSI COLPEVOLE E LO SO DI ESSERLO, INNOCENTE, NON VOGLIO VEDERLO. VESTE FINO ALLA TAGLIA 44, C’ERA SCRITTO. “È GIUSTO” DISSE AI BAMBINI CHE SI LAMENTAVANO


a buon diritto, – le modalità della fuga – a buon rendere, erano incazzati, a buon rendere, una voglia di… LA STORIA DEI CERINI TANTO NESSUNO CI CREDERÀ nessuno, quando la prelevarono alle nove di sera, inciampava dappertutto (vedi Krause) e giunse a cadere per le scale sostenuta da due guardiotti assortiti e dalla madre bianca che disse: ‘hai aperto un conto corrente con le prigioni di stato in italy, non hai bisogno dei tuoi soldi per andare all’ospedale, niente autobus, c’è il cellulare, eppoi torni qui fra qualche dì. Disse alla madre bianca guardandola bene negli occhi: “IO QUI NON CI TORNO”, ed uscì scortata come una regina. Mentre al pellicano-bar tutti stancamente si sedevano a diciott’anni, (Erode gliel’ avevo insegnato coi miei racconti dei morti di quell’anno.


Lucky Strike alla fine trovò delle radici infondo cercò di accontentarsi dopo tutto quel tempo.) Un insegnamento senza via di scampo aveva bruciato i lembi della letteratura. Che coincidenza! Gridò! Quando uno grida non si può fare a meno, e non si può aiutarlo. La prima volta partì su di una caravella piena di trecento almeno persone ridenti la disposizione d’animo dell’estate al viaggio. Sembrava che tutto filasse liscio, dopo il primo impatto ripristinato dai capi per l’occasione e lasciato cadere con noncuranza all’embargo. PENSARONO DI FAR BALDORIA ALLA DISCESA NELLA CITTÀ DI BARCELLONA, A PLAZA REAL. SOLO CON PROFONDA PIETÀ SI CONCESSE DI NARRARE E UN SENSO DI VUOTO DI ULTERIORI SIGNIFICATI O FATTI PER IL FUTURO. IMMOBILE E STATISTICAMENTE SENZA EMOZIONI


UNIVERSO CIRCONDANTE. E una volta entrati dentro il maledetto ospedale, come una locanda del settecento veleggia nel buio della notte il cartello sbattuto dal vento, le venne da pensare, …oh, Gerard de Nerval,!…oh, Lautréamont!,… oh,oh, Rimbaud! entrando nel maledetto cesso “devo cagare!!” lo urla impossibile rifiutarsi perquanto lui dica tenuta a bada dal gendarme cattivo, anche: “l’uscio lo voglio aperto” cry the pig, “perché sa che fuggirà lei da sola nella notte” percorrendo senza fine corridoi bianchi con la luce negli occhi di un’idea, immagine imprendibile di un soffio, vestito bianco sopra porta bianca, cerca, buco-belva si trattiene ancora dalla trappola ma è già pronta a colpire se quel foro non, LA FINESTRA!! – chiusa? – – aperta? – 1/2 sec. la finestra intanto c’è, 1/2sec. PISCIARE ?, 1/2 sec. Tirare la catena?, 1/2 sec. APRIRE LA FINESTRA 1/2 SEC.


1 sec……………………………………….. 1 sec………………………………………………. Sì SÌ SÌ FINESTRA APERTA, non c’erano sbarre SI SLANCIÒ FUORI, FUORI C’ERA LA LUNA, si slanciò fuori, fuori c’era la luna direttamente sotto un’auto blu che passava di lì per caso, che si fermò spaventata (una giovane donna) non avrebbe voluto invero non aprì neppure il finestrino ma una parola magica cattolica (un’intuizione) USCITA QUASI A CASO DALL’ANGOSCIA PAURA FETENTE CHE CONTR’ALBERI VIALI E CONTRO VIALI A TORINO LUI LA VEDESSE SPARASSE ECCETERA… LA RIPRENDESSERO INSOMMA, GIRATO IL PRIMO ANGOLO BUÑUEL DELLA VIA LATTEA PORTIERA APERTA SALE SU: CORRENDO


“PORTAMI DA QUEST’AMICA” “VOLA”, E COSÌ FU. 6 (SEI) QUADRIFOGLI IN 10 (DIECI) MINUTI IN UN LARGO CAMPO DI TRIFOGLIO ALLA PERIFERIA DI MILANO D’AUTUNNO QUEL GIORNO APPUNTO E PER LEI LA PRIMA VOLTA… C’ERA L’AMICA CON UN VESTITO NUOVO DIECI MILA LIRE UN FOULARD UN ALTRO POSTO. IL GIORNO DOPO A MILANO CI FU ANCHE UN BUCO PER LEI. E TUTTI SI CONGRATULAVANO. *


Prima stesura 1977 Seconda stesura 1979 Terza stesura 1985

[Patrizia Vicinelli, Non sempre ricordano. Poesia Prosa Performance, a cura e con un saggio di Cecilia Minciacchi Bello, introduzione di Niva Lorenzini, con illustrazioni in b/n, antologia multimediale in dvd a cura di Daniela Rossi e con la partecipazione straordinaria di Paolo Fresu, Firenze, Le Lettere, Collana “Fuori Formato�, 2009]


Patrizia Vicinelli nasce il 9 agosto 1943 a Bologna, dove muore di aids nel 1991. Negli anni ‘60 lavora al teatro sperimentale con Aldo Braibanti ed Emilio Villa, ed a film d’avanguardia con Alberto Grifi e Gianni Castagnoli. Ha fatto parte del Gruppo 63 dal convegno di La Spezia (1966). Ha collaborato a diverse riviste, tra cui «EX», «Continuum», «Quindici», «Che Fare», «Il Marcatré», «Alfabeta», ed è presente anche in dischi di poesia fonetica e sonora : “a. a. A.”, Marcatré, 1967; Futura, Cramps, 1978; Baobab n. 11, 1981. Nel campo della poesia visuale ha esposto in varie parti del mondo; molto nutrita è stata l’attività di performer con letture in festival nazionali ed internazionali. Ha pubblicato : a. à. A (Lerici, 1967), Apology of schizoid woman (Tauma, 1979), Non sempre ricordano (Aelia Laelia Ed., 1985) e - postumo - Opere, a cura di Renato Pedio (All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1994).



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.