Polizia Penitenziaria - Aprile 2009 - n. 161

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Anno XVI - n.161 Aprile 2009

Cattolica 21-22-23 aprile 20째 Consiglio Nazionale Sappe


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Direzione Generale:

Via Antonio Pacinotti, 73/81 Roma - tel.06.55381111 www.cessioniquintostipendio.it Intermediario Finanziario UIC n.37323

A richiesta verrà consegnata, prima della stipula, una copia completa del contratto per la valutazione del contenuto.

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il Sommario Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

ANNO XVI Numero 161 Aprile 2009 Direttore Responsabile Donato Capece capece@sappe.it

Direttore Editoriale Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it

Direttore Organizzativo Moraldo Adolini Capo Redattore Roberto Martinelli Comitato di Redazione Nicola Caserta Umberto Vitale Redazione Politica Giovanni Battista Durante Redazione Sportiva Lara Liotta Progetto Grafico e impaginazione © Mario Caputi (art director) Direzione e Redazione Centrale Via Trionfale, 79/A 00136 Roma tel. 06.3975901 r.a. fax 06.39733669 E-mail: rivista@sappe.it Sito Web: www.sappe.it Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: “Polizia Penitenziaria -

Società Giustizia & Sicurezza”

La Copertina Una veduta notturna del Municipio della cittò di Cattolica, sede del 20° Consiglio Nazionale del Sappe

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L’EDITORIALE Consiglio Nazionale Sappe a Cattolica di Donato Capece

IL PULPITO Piano Ionta, esperimento in doppio cieco di Giovanni Battista De Blasis

SAPPEINFORMA Il 20° Consiglio Nazionale del Sappe di Umberto Vitale

IL COMMENTO Lavoro, non ozio! di Roberto Martinelli

L’OSSERVATORIO POLITICO In attesa del Piano Carceri di Giovanni Battista Durante

IN VIAGGIO Iwahig: la prigione senza sbarre di Sergio “Freddy” Brugnara

LO SPORT Campionati italiani assoluti di Judo di Lara Liotta

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Registrazione Tribunale di Roma n. 330 del 18.7.1994 Stampa Romana Editrice s.r.l. Via dell’Enopolio, 37 00030 S. Cesareo (Roma)

www.sappe.it

Finito di stampare: Aprile 2009

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Questo Periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

L’IMPORTO VA VERSATO SUL C. C. POSTALE N. INTESTATO A: POLIZIA PENITENZIARIA - Società Giustizia & Sicurezza

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Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma indicando l’indirizzo dove va spedita la rivista

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Donato Capece Segretario Generale Sappe capece@sappe.it

L’Editoriale

Direttore Responsabile

dal 21al 23 aprile

Consiglio Nazionale del Sappe a Cattolica l 20° Consiglio Nazionale del Sappe, ha rappresentato un momento imprescindibile di confronto dialettico e professionale che interessa, necessariamente, e non potrebbe essere diversamente, l’intera attività sindacale. E’ importante non interrompere il discorso concluso al termine del precedente Consiglio Nazionale, per cui si è voluto rammentare insieme che cosa è successo in questi ultimi dodici mesi, tenuto conto che numerose problematiche e situazioni sono tuttora pendenti e meritano una attenta valutazione. Si può partire dai molteplici interventi posti in essere, a tutti i livelli, per segnalare gli effetti e le conseguenze di una crescita costante della popolazione detenuta che, al massimo entro il prossimo anno, raggiungerà le 70.000 unità, a fronte di organici del Corpo non integrati in modo adeguato e in perenne sofferenza in ogni sede. Sono 5 mila le carenze organiche del Corpo! Il Sappe ha sempre risposto proponendo una nuova politica della pena, prevedendo un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione e l’adozione di procedure di controllo mediante strumenti elettronici o altri dispositivi tecnici, come il braccialetto elettronico. Efficienza delle misure esterne e garanzia della funzione di recupero fuori dal carcere potranno far sì che cresca la considerazione della pubblica opinione su queste misure: su tale tematica il Sappe ha tenuto un Convegno, nel mese di giugno, a Bologna, illustrando ad ogni buon conto procedure e fattispecie, riscuo-

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tendo molti apprezzamenti. A questo discorso si ricollega necessariamente quello del controllo dell’esecuzione penale esterna, compito che si vorrebbe formalmente e istituzionalmente affidare al personale del Corpo e su cui il Sappe ha espresso un ampio consenso. Sono rimaste, comunque, incompiute le vicende relative a: • procedure di avvio dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) presso cui operano unità del Corpo in alcune regioni, a titolo di sperimentazione; • istituzione dell’Ufficio per la Sicurezza e la Vigilanza (USPEV) che deve, comunque, trovare una disciplina più adeguata alle esigenze reali; • decreto in data 10 gennaio 2008, istituitivo del servizio di Polizia Stradale: • istituzione del Nucleo Investigativo Centrale di cui al Decreto Ministeriale 14 giugno 2007; • riorganizzazione del G.O.M., ex Decreto Ministeriale 4 giugno 2007; • lavori per le modifiche da apportare al P.D.G. 5 maggio 1999, sulla mobilità.; • nuove direttive per il riconoscimento della indennità di presenza per servizi esterni, frutto di istanze permanenti del SAPPe che continua, comunque, ad insistere sulle varie fattispecie, tenuto conto che la relativa circolare non ha avuto il conforto, pur indispensabile, di un tavolo di concertazione sindacale; • sollecitazioni affinché tutte le Commissioni paritetiche funzionino, con costante periodicità, senza differimenti e con competenza e professionalità; • ferma opposizione alle disposizioni contrarie ai distacchi del personale. In proposito, il Sappe ha sostenuto l’esigenza indifferibile di un monitoraggio, a livello nazionale, di tutti i distacchi, al fine

di evitare parzialità più che opinabili, pur in presenza di emergenze e di contingenze davvero critiche; • proteste per la definizione del trattamento pensionistico, per le cause di servizio e per l’indennità privilegiata: ora si stanno liquidando gli equi indennizzi dell’anno 2002, non è stato ancora predisposto il programma informativo per le pensioni dell’anno 2005, i trattamenti provvisori delle pensioni superano i cinque anni! Ma occorre ricordare anche la delusione per una Legge finanziaria che non ha accolto le richieste delle Forze di polizia, non stanziando fondi adeguati per il riordino delle carriere e per il rinnovo del contratto (scaduto alla data del 31 dicembre 2007), non prevedendo integrazioni di personale e un miglioramento logistico e tecnologico e tanto meno ipotizzando recuperi e sviluppi nel corso dell’anno. Infine, i punti fondamentali e propositivi trattati al Consiglio Nazionale si possono così sintetizzare: • l’impegno ad assumere almeno 3.000 nuovi poliziotti penitenziari; • l’impegno a costituire la Direzione Generale del Corpo di Polizia Penitenziaria; • le tematiche del Riordino e riallineamento delle carriere; • rideterminazione dei criteri per la distribuzione del FESI. Si potrebbe obiettare che questi sono argomenti già trattati e più volte ripresi, ma io non mi stancherò mai di ripeterli perché in questi principi e in queste raccomandazioni sta la forza del Sappe e perché è sulla serietà e sull’impegno professionale e responsabile che il Sappe ha costruito e mantenuto negli anni le posizioni che vanta e che tutti rispettano. ✦

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Giovanni Battista De Blasis Segretario Generale Aggiunto Sappe deblasis@sappe.it

il Pulpito

Direttore Editoriale

Piano Ionta, esperimento in doppio cieco ed effetto placebo così stanno per arrivare anche le idi di maggio, termine entro il quale il Commissario Straordinario delle carceri Franco Ionta dovrebbe presentare il Suo piano di edilizia penitenziaria, quello per il quale è stato investito di cotanto potere. Per il momento, mentre sto scrivendo questo editoriale, non è stato ancora reso noto l’intero impianto, ma è trapelata qualche indiscrezione ascrivibile in gran parte ad alcune dichiarazione del Ministro Alfano. Da queste indiscrezioni e da certuni rumors di palazzo ci sembra di poter dedurre che il piano Ionta non sarà la panacea di tutti i mali penitenziari ma, piuttosto, una sorta di placebo con effetti molto poco terapeutici . Se verranno confermate le indiscrezioni che circolano, infatti, credo che ci limiteremo a sentir parlare ancora di project financing e di cessione di vecchi istituti in permuta per la costruzione di nuovi. In buona sostanza, pare si tratterà di poco più che del riciclo di idee ben poco innovative e, probabilmente, di nessuna utilità, perlomeno per il breve e medio periodo. Purtroppo, però, l’emergenza incombe e avrebbe bisogno di interventi efficacemente risolutivi con un immediato effetto deflattivo per il gravissimo sovraffollamento carcerario. Abbiamo timore, invece, che i prossimi mesi potrebbero essere poco più che un esperimento randomizzato in doppio cieco, inteso a null’altro che accertare l’efficacia del piano proposto dal Commissario Straordinario per l’edilizia penitenziaria. Per chi non lo sapesse un esperimento in doppio cieco è uno studio scientifico

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prospettico teso a valutare le effettive azioni di un dato farmaco o di una terapia in genere. La particolarità di questo sistema di valutazione sta nel fatto che né i pazienti né il medico conoscono la natura del farmaco effettivamente somministrato né, soprattutto, a chi viene somministrato realmente il farmaco e chi, invece, assume soltanto un placebo. Nel nostro caso l’esperimento servirebbe a capire se le prescrizioni del piano Ionta abbiano o meno una certa efficacia sulla gravissima patologia penitenziaria e il doppio cieco intende semplicemente sottolineare il fatto che (più o meno) nessuno conosce la ricetta per curare la malattia. Il doppio cieco, tra l’altro, serve anche ad evitare il cosiddetto effetto placebo. Per placebo si intende ogni sostanza innocua o qualsiasi altra terapia o provvedimento non farmacologico (un consiglio, un conforto, un atto chirurgico) che, pur privo di efficacia terapeutica specifica, sia deliberatamente somministrato alla persona facendole credere che sia un farmaco necessario. Per effetto placebo si intende, invece, una serie di reazioni dell'organismo ad una terapia, non derivanti dai principi attivi insiti dalla terapia stessa, ma dalle attese dell'individuo. In altre parole, l'effetto placebo è una conseguenza del fatto che il paziente, specie se favorevolmente condizionato dai benefici di un trattamento precedente, si aspetta o crede che la terapia funzioni, indipendentemente dalla sua efficacia specifica. E’ di tutta evidenza che non è di questo che ha bisogno nell’immediato il nostro sistema penitenziario. Sistema penitenziario che, ad un passo

del collasso, verrebbe curato con una semplice aspirina. Peraltro, non può sfuggire la singolarità del fatto che, di fronte ad una simile gravissima emergenza, sia stato conferito l’incarico di Commissario (che comporta la concessione di poteri straordinari) ad una persona che - pur essendo l’attuale Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - non ha grandi esperienze penitenziarie, né particolari conoscenze specifiche considerato che riveste l’incarico soltanto da qualche mese. Per rimanere nelle metafore mediche, è un po’ come se una delicatissima operazione di cardiochirurgia venisse affidata ad un ortopedico che per motivi di politica aziendale ospedaliera è stato appena nominato primario di cardiologia. Ad ogni buon conto, spero solo che i fatti mi smentiscano e che, invece, il piano Ionta sia realmente efficace per risolvere questa gravissima situazione penitenziaria seconda, per gravità, soltanto a quella del dopoguerra. E spero che la vignetta pubblicata in ultima pagina sia (e rimanga) soltanto un modo scherzoso per sdrammatizzare un po’… In ogni modo, e comunque vada, non mancherò di tornare sull’argomento, magari già sul prossimo numero, quando saranno noti tutti i particolari del piano straordinario di edilizia penitenziaria presentato dal Commissario Franco Ionta. ✦

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Sappeinforma

Umberto Vitale Segretario Generale Aggiunto Sappe vitale@sappe.it

il 20° Consiglio Nazionale del Sappe

ei giorni 21, 22 e 23 aprile 2009 si è tenuto a Cattolica, presso il Waldorf Palace Hotel, il 20° consiglio Nazionale del SAPPe. In una cornice particolarmente suggestiva i Segretari Regionali hanno potuto confrontarsi significativamente sulle tematiche più attuali del Corpo nonchè sulla organizzazione e sulle strategie dell’attività sindacale. Dopo la lettura dei messaggi di saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, del Presidente del Senato Renato Schifani e del Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, un delegato del Sindaco di Cattolica è intervenuto per portare il saluto dell’intera cittadina romagnola. Il Presidente del Sappe Nicola Caserta ha aperto i lavori, sottolineando l’impor-

N Sopra, il tavolo della presidenza, al centro la platea nell’altra pagina il Segretario Generale Capece e il Segretario Generale Aggiunto De Blasis

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tanza di questo incontro annuale, sempre utile e significativo, sia per una gestione efficiente dell‘impegno sindacale sia per una conoscenza e una puntualiz-

zazione di aspetti quotidiani che costituiscono l’oggetto dei rapporti con l’Amministrazione. Estremamente commovente, poi, il momento in cui ha preso la parola

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il Vice Presidente Franco Marinucci, proveniente da L’Aquila che riesce a stento a porgere il proprio saluto, rotto dai singhiozzi e dagli applausi di solidarietà e di amicizia: un abbraccio simbolico a Franco, per la sua sofferenza e per la tragedia che sta vivendo insieme alla sua città. E’ stata, quindi, la volta del Segretario Generale Donato Capece, che ha portato la riunione alle argomentazioni canoniche. Dapprima ha sottolineato il fatto che, nell’ultimo anno, si sono avvicendati al Ministero e al Dipartimento nuovi vertici, che finora non hanno ancora fornito attenzione e disponibilità alle problematiche e alle esigenze della Polizia Penitenziaria. Ha richiamato, pertanto, le numerose vertenze rimaste ancora da definire, tutte di rilevanza fondamentale, dal momento che interferiscono con le funzioni istituzionali: le carenze di organico, la sicurezza nei reparti detentivi, l‘accesso al Gruppo Operativo Mobile, le misure alternative alla pena, i ritardi biblici nella trattazione della documentazione sanitaria e pensionistica, le difficoltà nell’osservazione della normativa contrattuale e pattizia, i criteri per la distribuzione del FESI, le prospettive future soprattutto per quanto concerne il riordino delle carriere. Proprio sul tema del riordino nel corso della relazione politico-programmatica del Segretario Generale ha

avuto luogo un collegamento telefonico con l’on. Palladini (IDV) che, in diretta, ha illustrato lo stato della procedura in corso nelle Aule parlamentari, finaliz-

zata a licenziare il provvedimento. In particolare, fermo restando le legittime e collettive aspettative, nella considerazione che non vi sarebbero opposizioni

Sopra, l’intervento di Nicola Sette

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Sappeinforma

Sopra, la Segreteria Generale del Sappe a fianco, il Vice Presidente Franco Marinucci

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negli schieramenti politici, l’articolazione dovrebbe avvenire nell’arco di tre anni, in quanto fortemente condizionata dagli stanziamenti di bilancio; è stato anche chiarito che l’impegno per portare al termine l’intera questione è molto accentuato, per cui non dovrebbero assolutamente esservi molteplici ostacoli, individuabili, a questo punto, solo in ragioni di carattere finanziario. Sono arrivati, poi, anche i messaggi di saluto, per via telefono, di Antonio Cocco e di Francesco Di Dio, Segretari Regionali, rispettivamente, della Sardegna e della Lombardia. Il Segretario Generale, nel ribadire e sottolineare che in ogni sede la Segreteria Generale e i Segretari Regionali debbano sempre tutelare il personale, proponendosi unitamente ai Segretari Provinciali e Locali, quali autentici paladini nei riguardi di soprusi, prevaricazioni e irregolarità che penalizzano gli appartenenti al Corpo, si è soffermato sugli intendimenti dipartimentali, peraltro espressi dal Capo del DAP, in occasione di visite programmate presso alcuni Provveditori

Regionali, di recuperare risorse umane mediante la chiusura degli spacci e attraverso la razionalizzazione di determinati servizi. In proposito, sono intervenuti, ampliando i contenuti dei messaggi di saluto, più Segretari Regionali quali: Emilio Fattorello per la Campania, Nicola Sette per il Piemonte, Giuseppe Manniello per la Basilicata, Vito Gesuladi per il Friuli Venezia Giulia, Giovanni Vona per il Veneto, Calogero Navarra per la Sicilia, Pasquale Salemme per la Toscana. Continuando, il Segretario Generale ha annunciato l’annessione della Valle D’Aosta alla Segreteria Regionale del Piemonte e quella del Trentino Alto Adige, alla stessa stregua al Veneto: un accorpamento di carattere ovviamente logistico e funzionale, tenuto conto del riferimento allo stesso Provveditorato. Da ultimo, il Dott. Capece, avvalendosi della collaborazione tecnica di Giovanni Battista De Blasis, ha stigmatizzato le responsabilità connesse alla concessione dei permessi sindacali, il cui controllo amministrativo ed economico viene effettuato direttamente dal Dipartimento della Funzione Pubblica: non può

sfuggire, infatti, che sforamenti annuali determinerebbero, altresì, danni all’immagine del Sappe. Per questi motivi si è intanto provveduto all‘assegnazione puntuale di un certo numero di giornate di permessi sindacali di cui fruire fino al 30 giugno 2009; con l’ausilio di una presentazione multimediale, De Blasis ha spiegato, in modo dettagliato, il programma che è stata realizzato per facilitare e contabilizzare, in maniera inequivocabile, i permessi che verranno concessi e che saranno gestiti, pur se in via ancora sperimentale, dal 1° maggio 2009, direttamente dai Segretari Regionali. Dopo l’approvazione della relazione del Segretario Generale e del bilancio consuntivo 2008, si è aperta la discussione sull’intendimento di una donazione pro terremotati di L’Aquila: numerose sono le proposte, tutte significative e da valutare, per cui, al termine, è stato stabilito di stanziare una somma di cinquemila euro, la cui forma di destinazione dovrà trovare,

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entro breve tempo, una configurazione. Il Consiglio Nazionale si è concluso in una atmosfera di ampia serenità e cordialità, in virtù anche della peculiare ed esperta organizzazione di chi ha predisposto sin nei minimi particolari, i vari e molteplici aspetti: un ringraziamento va, comunque, formulato nei confronti del Segretario Regionale dell’Emilia Romagna Vito Serra e dei colleghi Ruggero Pastore e Massimiliano Vitale in servizio preso la Casa Circondariale di Rimini e di Giuseppe Soprano in forza alla Casa Circondariale di Bologna la cui collaborazione è stata preziosa e davvero encomiabile. Un attestato per l’ottima ospitalità va tributato certamente anche al Sig. Edgardo Nonni, Direttore del Waldorf Palace Hotel che, sempre con grande signorilità, ha saputo accogliere e garantire condizioni di soggiorno eccellenti. Nè vanno dimenticati, nella circostanza, la Milano Assicurazioni e la Euro CQS, che hanno contribuito, nel migliore dei modi, alla organizzazione generale dei lavori dell’Assemblea. ✦ Polizia Penitenziaria - SG&S n. 161 - aprile 2009

Sopra, foto di gruppo dei partecipanti al 20° Consiglio Nazionale di Cattolica a sinistra, il Presidente Nicola Caserta, il Segretario Generale Donato Capece e il Vice Presidente Franco Marinucci

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Il Commento

Roberto Martinelli Segretario Generale Aggiunto Sappe martinelli@sappe.it Capo Redattore

Un nuovo modo di eseguire la pena:

Lavoro, non ozio! ome è a tutti ben noto, il terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione dispone che: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Proprio in funzione del contenuto, altamente morale e sociale, del predetto principio costituzionale, l’attività lavorativa dei detenuti nel corso dell’espiazione della pena mira (o meglio, dovrebbe mirare…) a quel recupero sociale senza il quale la pena rimane afflittiva e meramente punitiva, oscurando ogni forma di espiazione tesa al recupero del reo per prepararlo a un reinserimento sociale che sia rispettoso della sua dignità e della volontà di non commettere crimini, chiudendo definitivamente con il passato e con una condizione sociale che è certamente concausa dei fenomeni delinquenziali e criminali. Il lavoro in carcere, dunque, non solo sottrae i detenuti all’ozio ma ne favorisce la rieducazione, permettendo loro di imparare un mestiere e di costruirsi così un’alternativa concreta per quando usciranno. D’altra parte il carattere rieducativo (oltre che obbligatorio) del lavoro carcerario è sancito dalla Costituzione e da altre norme (tra cui la legge 354/1975 che ha riformato l’ordinamento penitenziario) e le statistiche confermano che chi in carcere ha avuto la possibilità di lavorare e di imparare un mestiere difficilmente torna a delinquere una volta in libertà. Ciononostante, però, il numero dei detenuti che lavora alle dipendenze di ditte esterne continua a rimanere molto, troppo esiguo.

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Pasticcieri al lavioro nell’istituto di Padova

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Solo Il rilevamento effettuato dalla Sezione Statistica dell’Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del Sistema Informativo Automatizzato del DAP sui detenuti impegnati in attività lavorative al 31 dicembre 2008 ne ha contati 13.990. Solo il 24% circa di quelli presenti a quella data! Ma se a lavorare è appena un detenuto ogni 4, gli altri 3 cosa fanno? Restano spesso in cella 20 ore al giorno, a guardare la tv o giocare a carte. Non esattamente ciò che intendiamo noi con il termine ‘rieducativo’... C’è da aggiungere che di quei pochi detenuti che lavorano, la maggioranza - 12.165, ossia ben l’86% dei detenuti lavoranti lo fa alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria svolgendo mansioni dequalificate (dallo scopino allo spesino al portavitto) e poco formative che si limitano a garantire la sopravvivenza in carcere, senza offrire una vera alternativa per il ‘dopo’.

Incrementare dunque il numero dei detenuti impegnati nel lavoro è essenziale perché, come sosteniamo anche noi da tempo, il lavoro è il cardine attorno al quale dovrebbe ruotare la riabilitazione dei detenuti. Far sì che i detenuti lavorino dovrebbe essere un obiettivo da tutti condiviso non solo perché è un ottimo antidoto alla recidiva («se riducessimo l’1% dei ritorni in carcere, risparmieremmo 51 milioni di euro all’anno» è stato ricordato in occasione della presentazione dell’agenzia regionale lombarda per la promozione del lavoro carcerario ArticoloVentisette), ma soprattutto perché contribuisce ad innalzare il livello di sicurezza sociale. Chi si è battuto e si batte da molto tempo per introdurre l’obbligo del lavoro per i detenuti è l’onorevole Raffaele Costa, storico esponente liberale di Mondovì che vanta - tra le altre - molte esperienze di governo sia come ministro che come sot-

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tosegretario (anche alla Giustizia). Agli inizi dell’anno, all’indomani delle visite effettuate negli istituti di pena della provincia di Cuneo che da alcuni anni sono divenute un vero e proprio appuntamento fisso per Raffaele Costa, ha deciso di scrivere una lettera aperta al Guardasigilli Alfano sulle criticità penitenziarie e proponendo l’introduzione del lavoro “a cottimo” per i detenuti. «… Ho visitato diversi reparti del carcere di Saluzzo, di Cuneo, di Fossano e infine di Alba ove sono complessivamente detenute circa 900 persone. Lo scenario è lo stesso di sempre: cellette o celle destinate ad ospitare una o più persone, inferriate solide, letti singoli oppure a castello, tavolinetti per i pasti, televisori quasi sempre accesi, ospiti talvolta impegnati a dormire nonostante l’ora diurna oppure a confrontarsi con il calcio-balilla nell’ora di socialità. Al lavoro in pochi, anzi pochissimi: ne ho incontrati solo alcuni nelle cucine (pulite ed ordinate) intenti a preparare i pasti per gli altri detenuti. L’impressione è quella di di trovarsi dinnanzi un mondo in espiazione, assistito da agenti attivi e corretti e beneficiato a volte da generosi assistenti volontari, ma essenzialmente privo di efficacia riabilitativa… Sì, l’espiazione della pena c’è, la sofferenza c’è, la legge è rispettata, ma la possibile riabilitazione è lontana soprattutto perché mancano, nel trattamento riservato ai detenuti, quei mezzi che potrebbero consentirgli, a fine pena, di rientrare a far parte della società in modo corretto, giusto, legittimo. (…) Ciò che manca è lo strumento riabilitativo per eccellenza, il lavoro…». Ed allora ecco cosa suggerisce al Ministro Guardasigilli l’on. Costa, tra l’altro storico promotore del periodico liberale e antiburocratico Il Duemila: «Una prima riforma potrebbe riguardare un aspetto se si vuole secondario del lavoro penitenziario ovvero la remunerazione che, in base ad una norma

introdotta nel 1995, non può essere inferiore ai due terzi di quella prevista dai contratti collettivi nazionali in base alla tipologia di lavoro svolto. Una norma, questa, che unitamente ad altri fattori - quali la mancanza di professionalità e di una cultura del lavoro da parte di non pochi detenuti o l’impossibilità per il datore di lavoro di controllare il “dipendente” che svolge il proprio lavoro all’interno di un carcere, senza contare la questione sicurezza con gli inevitabili controlli - ha indotto molte aziende a rinunciare alle commesse in quanto gli oneri, specie quello salariale, risultano così elevati da mitigare persino i benefici e gli sgravi fiscali introdotti con la Legge Smuraglia del 2000. Per ovviare a questa problematica - e questo non è che un mio suggerimento ovviamente da approfondire - si potrebbe introdurre il pagamento “a cottimo”, basato cioè sulla quantità dei beni prodotti, che insieme ad altri strumenti potrebbe incentivare le ditte ad affidare le proprie lavorazioni ai detenuti. Da anni insisto su questo tema perché sono fermamente convinto che la rieducazione e la riabilitazione passino anche o soprattutto attraverso il lavoro e che la possibilità di imparare un mestiere sia la condicio sine qua non affinché i detenuti, una volta in libertà, non tornino a delinquere». In Parlamento giacciono diverse proposte di legge sulla materia, presentate da esponenti di entrambi gli schieramenti.

A fianco il Senatore Guido Galperti sotto, l’on. Salvatore Torrisi

Tra le tante segnaliamo quella del PD (primo firmatario il senatore Guido Galperti) che sottolinea come l’attitudine riabilitativa delle misure alternative e in particolare della detenzione domiciliare potrebbe essere significativamente valorizzata attraverso la promozione dello svolgimento di attività lavorativa da parte del detenuto, soprattutto se in favore di organizzazioni, quali le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che per espressa previsione statutaria perseguono fini socialmente rilevanti, realizzando quindi attività in favore della collettività, suscettibili di promuovere nel condannato la condivisione e l’introiezione dei principi e dei valori su cui si basa il vivere associato. Vi è anche la proposta di legge del PDL, primo firmatario il deputato Salvatore Torrisi, che riprende un analogo testo già da anni in vigore nella Regione siciliana (legge regionale 19 agosto 1999, n. 16) con risultati apprezzabili, attraverso la quale si vogliono creare le condizioni perché il recupero del reo sia effettivo, privilegiando l’attività lavorativa (prosecuzione o avvio di attività) come un nuovo modo di espiare la pena, precostituendo le basi per un effettivo ed efficace reinserimento sociale. Quella dell’obbligatorietà del lavoro dei detenuti è, dunque, è una proposta di assoluto buon senso, trasversalmente condivisa dagli schieramenti politici e (ne siamo più che convinti) dall’opinione pubblica. Cosa si aspetta a tradurla in legge dello Stato? ✦

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l’Osservatorio

Giovanni Battista Durante Segretario Generale Aggiunto Sappe durante@sappe.it Responsabile redazione politica

In attesa del Piano Carceri del Ministro L’Emilia Romagna soffre di carenze d’organico e sovraffollamento l Sappe ha di recente scritto una lettera al Ministro Angelino Alfano, al Presidente della Commissione giustizia del Senato Filippo Berselli e al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta, riguardante i problemi della regione Emilia Romagna. Nella nota la Segreteria Generale del Sappe ha evidenziato che «L’Emilia Romagna è una delle Regioni d’Italia che presenta le maggiori difficoltà dal punto di vista del sovraffollamento, della carenza di organico e strutturali. Per meglio comprendere le dimensioni di questi aspetti bisogna ricordare che la capienza regolamentare complessiva dei detenuti in Regione è stata fissata in 2.320 unità, mentre, allo stato attuale, la presenza effettiva è di circa 4.333, cifra in costante aumento e fonte della prima e più seria nostra preoccupazione per le inevitabili ricadute negative che questa situazione produce sul personale di polizia penitenziaria. Altrettanto grave la carenza di organico sia della polizia penitenziaria, sia del personale del Comparto ministeri. La vigente pianta organica del personale di Polizia Penitenziaria prevede una dotazione di 2.401 unità, a fronte di una presenza effettiva di sole 1.727 unità, con una carenza effettiva di circa 674 agenti. A rendere ancora più precarie e deboli le condizioni generali dell’Amministrazione in Regione hanno certamente contribuito i recenti tagli di spesa sui capitoli della manutenzione e ristrutturazione dei fabbricati, tagli che non hanno risparmiato nemmeno tutti gli altri capitoli, quest’anno quantificabile nella riduzione del 35%-40% del budget generale…Riteniamo doveroso rappresentare, inol-

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Sopra, il Ministro Alfano a fianco la sezione di un carcere nell’altra pagina, il Senatore Berselli e, sotto, il Capo del DAP Ionta

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tre, che in regione vi è una sensibile carenza di automezzi allestiti per il trasporto dei detenuti e, spesso, non ci sono nemmeno i buoi carburante sufficienti per l’espletamento delle traduzioni. Recentemente, infatti, è capitato che due distinte traduzioni siano rimaste per strada senza carburante, di queste una aveva a bordo un detenuto ad alto indice di pericolosità, con potenziali rischi sulla sicurezza del personale e per il buon andamento del servizio stesso. Rileviamo, inoltre, carenze di concreti progetti atti a prevenire aggressioni da parte di detenuti nei confronti del personale, sempre più numerosi e frequenti, pressoché in tutti gli istituti della Regione. Fa eccezione l’istituto di Parma dove il personale è dotato di un dispositivo che in caso di aggressioni segnala immediatamente l’evento alla sala regia ed attiva le telecamere interne alle sezioni. Si potrebbe pen-

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il Libro del mese

sare di estendere tale dispositivo a tutti gli istituti della regione Emilia Romagna e d’Italia. A tale proposito, infatti, dopo l’ennesima aggressione che ha coinvolto due nostri colleghi di Bologna, i quali, ricordiamo, sono stati sequestrati e selvaggiamente picchiati da alcuni detenuti, ci era stata promessa l’adozione dei predetti strumenti antiaggressione da fornire in dotazione al personale in servizio nelle sezioni detentive. Purtroppo, sono rimaste solo vaghe promesse. Ci saremmo, invece, aspettati iniziative concrete, sia a livello regionale, sia a livello nazionale, magari per annunciarci un buon progetto per l’introduzione in tutti gli istituti della regione e, come dicevamo poc’anzi, d’Italia, di dispositivi personali antiaggressione, di programmi formativi specifici per limitare al massimo l’aggressività dei detenuti ma, invece, nulla di tutto ciò ci è stato proposto. I nostri colleghi e colleghe, nel frattempo, continuano ad essere aggrediti e picchiati dai detenuti con cadenza quasi giornaliera, gli ultimi della serie sono avvenuti a Piacenza, Rimini, Forlì, Bologna e Modena. In tutti questi casi i nostri colleghi hanno fatto ricorso alle cure ospedaliere. Considerato che nessuna concreta iniziativa è stata intrapresa da parte dell’Amministrazione chiediamo che le due proposte appena citate possano trovare spazio nell’ambito dei programmi formativi della regione Emilia Romagna, con lo scopo di introdurre dispositivi personali antiaggressione, monitorati dalle sale operative degli istituti e che possano essere introdotti programmi addestrativi rivolti al personale, con particolare riferimento all’uso delle tecniche e dei mezzi di difesa, in modo da agevolare i movimenti del personale durante i servizi operativi e per aumentare la loro sicurezza chiediamo di emanare una circolare che autorizzi il personale del Corpo ad utilizzare la tuta mimetica in tutti i servizi svolti dai Nuclei Traduzione e Piantonamenti, nelle sezioni detentive e nei restanti compiti affidati al Corpo, compiti che spesso necessitano di una certa mobilità e agibilità fisica degli operatori di polizia…». Abbiamo riportato solo uno stralcio della lettera, relativa alla parte più generale, comprendente i problemi che possono interessare tutte le regioni d’Italia. L’unica risposta pervenuta alla Segreteria Generale è quella del Presidente Berselli che ha fissato un calendario di visite e incontri nella maggior parte degli istituti della regione Emilia Romagna,visite di cui vi forniremo il resoconto nei prossimi numeri della rivista. Per il resto, tutti tacciono. Restiamo comunque in attesa di conoscere il c.d. Piano Carceri, cui stà lavorando il Presidente Ionta. Nel frattempo e, forse, anche per il futuro, non possiamo che augurarci che tutto vada per il meglio, confidando, soprattutto, nelle capacità e nella buona volontà dei colleghi. ✦

Giancarlo ZappA e Cesare Massetti Codice penitenziario e della sorveglianza Editrice La Tribuna pagg.1.920 - € 38,00 Ecco un libro che non può proprio mancare nella nostra libreria. Giunto all’undicesima edizione, il Codice 2009 (corredato come sempre da giurisprudenza, note circolari e formulario) è aggiornato con la Legge 13 novembre 2008, n. 181, di conversione,con modificazioni, del D.L. 16 settembre 2008, n. 143, che ha modificato l’art. 676 del Codice di procedura penale, in materia di competenza del giudice dell’esecuzione; la Legge 24 luglio 2008, n. 125 (“pacchetto sicurezza”) che ha introdotto diverse modifiche alla materia contenuta in questo volume ed il D.P.C.M. 1 aprile 2008, recante modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature in materia di sanità penitenziaria. ✦ La copertina del libro di questo mese

Avviso ai lettori: La rubrica Recensioni, curata da Erremme, viene rinviata al prossimo numero, per assoluta mancanza di spazio.

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Sergio “Freddy” Brugnara www.avventuresumisura.it

In Viaggio

Filippine, Iwahig: la prigione senza sbarre

alawan, Palawan…chi è costui…? Forse, chiedendo ad un po’ di gente qualcosa su Palawan, otterremmo in risposta qualche sguardo vuoto, perplesso; indagatore tutt’al più, alla menzione di un nome dal vago sentore di mistero, di pericolo lontano… Palawan: i più informati, i viaggiatori più evoluti in fatto di destinazioni ricercate lo sanno, è un paradiso tropicale, un’isola oblunga che si stacca, quasi riposando, dalla costa del Sabah, del Borneo malese, proprio sopra Sandakan (dice niente?...anche il grande Salgari amava tanto studiarsi le mappe del Mar cinese meridionale…), per estendersi qualche centinaio di chilometri verso Mindoro, Puerto Galera (…) ed infine Manila. Insomma, stiamo parlando delle Filippine. Proprio a Palawan siamo andati a cercare qualcosa che va oltre le ‘semplici’, meravigliose tipiche attrazioni turistiche per le quali si fa cosi tanto cammino. Qualcosa che va oltre il fiume sotterraneo più lungo del mondo, fantasia naturalistica navigabile che per molti rappresenta il Paese nel mondo, o le spiagge e le baie da sogno fra villaggi che richiamano inevitabilmente alla mente la storia coloniale spagnola (S. Vicente, El Nido…) od americana (Port Barton, Brooke’s Point…), o la giungla impenetrata od il caldo oceano che permette

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La piazza d’armi della Colonia

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immersioni di grande valore (i relitti di enormi navi giapponesi, ‘vittime di guerra’, giacciono qui in acque cristalline, a pochi metri dalla superficie, rivitalizzati da vivaci colonie sottomarine)... Qui a Palawan, a Puerto Princesa, il suo tranquillo capoluogo sul mare, abbiamo cercato, abbiamo trovato un ‘esperimento giudiziario’ interessante. In effetti, un ‘esperimento’ oramai consolidato, che dura da più di un secolo: la colonia penale di Iwahig. La “prigione senza sbarre”, come la chiamano da queste parti. Furono gli Americani, nel lontano anno 1904, al tempo in cui le Filippine erano in sostanza ‘cosa loro’, a decidere di istituire la colonia penale; nei termini che più o meno proseguono sino ad ora, precursori di successivi altri tentativi in vari Paesi sensibili al tema. Un bell’esempio di politica penitenziaria, in uno Stato più spesso agli onori della cronaca per i suoi vasti problemi di corruzione politica, tifoni disastrosi, violenti movimenti indipendentisti con legami internazionali, piuttosto che come alfiere di un movimento progressista di politica criminale che tende ad affermare la rieducazione del condannato, la civiltà nell’esecuzione della pena, la costruzione di un ambiente di lavoro accettabile per gli operatori dei servizi connessi alla detenzione: guardie in prima fila. Nessuno vuol certo negare che questo Paese appare avere la sua bella dose di

problemi, nel proprio sistema carcerario. Come si potrebbe realisticamente opinare il contrario, per una società di 90 milioni di individui, economicamente ancora in piena via di sviluppo, con un’altissima percentuale di disoccupazione ed una popolazione detenuta di quasi 200.000 persone… Certe carceri letteralmente scoppiano; la sola prigione di Manila (a Muntinlupa) contiene più di 15.000 detenuti, che spesso dormono in cameroni di 300 persone ammassate, con un carico antropico così elevato da poter tranquillamente affermare che la cosa più preziosa è proprio un personale spazio fisico privato. Ma qui no. Qui alla “Iwahig penal Colony” lo spazio non manca di certo. Come pare non mancare nemmeno nelle altre sei colonie penali, istituite sulla medesima falsariga, distribuite in diverse ulteriori regioni del Paese. Iwahig è così particolare, che negli anni è assurta a vera e propria attrazione turistica. Considerata una destinazione minore e d’interesse solo per i più pignoli e per gli addetti al lavoro, è tuttavia quasi sempre presente nei programmi delle agenzie di viaggio di Puerto Princesa, che la includono nelle loro escursioni attorno al capoluogo, offrendo come sempre accade un ‘passaggio’ troppo rapido al suo interno ed una sosta per dei souvenirs al bazar della colonia… Nelle Filippine, in genere, se la condanna è a più di sei anni, viene scontata non in

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un carcere gestito e mantenuto dalle autorità locali, bensì in un carcere nazionale gestito direttamente dal “Bureau of Corrections” (un’Agenzia del Ministero della Giustizia, potremmo dire una sorta di Dipartimento penitenziario), come nel caso di Iwahig. La colonia penale si estende qui per quasi 30.000 ettari (300Kmq: per dare un’idea, l’area di Napoli città è 117 Kmq [Wikipedia]), 28.440 ettari per la precisione. Un’enormità, un territorio estesissimo che nell’idea dovrebbe servire a garantirle un’autosufficienza economica, mediante la produzione in loco di ricchezza, di valore aggiunto e la organizzazione di alcune attività che dovrebbero procurare reddito sufficiente al proprio mantenimento. Qui è prevalente l’attività agricola, con alcuni raccolti (specie di riso) che vengono conferiti ad un’organizzazione governativa per la successiva vendita ed altri che servono all’autoconsumo. Ad Iwahig si possono vedere vaste estensioni di risaie e campi coltivati, che certo possono aiutare molto la sua economia interna, ma per ora l’intervento pecuniario pubblico è ancora necessario, anche se le previsioni sono positive. L’obiettivo è raggiungere i risultati della colonia di Mindanao, un’altra grande isola al sud del Paese, nel Mare di Celebes, che a quanto ci è stato detto ha raggiunto un’efficienza invidiabile. In realtà, Iwahig forma solo la parte principale della colonia, la più organizzata (con elettricità, acqua corrente, campo da tennis, fiume per bagnarsi ecc.), ma sarebbe formalmente solo una sua subcolonia; una delle quattro (InawaganMontible-Santa Lucia ed infine proprio Iwahig, detta anche “Central Sub-Colony), che in totale ospitano circa 3.800 detenuti. Nella sub-colonia di Iwahig vivono circa 2.350 detenuti, con sole 75 guardie, che devono ovviamente coprire in turni tutti i servizi di ordine e controllo. Non certo un rapporto invidiabile: tre custodi per ogni cento detenuti…da impazzire, sembrerebbe, per il carico di lavoro, per la tensione, le difficoltà di controllare un territorio così vasto, che ospita condannati valutati con tre gradi di pericolosità, alcuni anche di massima sicurezza, che in media hanno da scontare una pena fra

i 10 ed i 15 anni… Invece no, a dispetto della popolazione carceraria così numerosa e delle condizioni in teoria così calde, quello che si nota è un rilassamento generale. Ciò non significa certo assenza di disciplina, anarchia, disobbedienza, fatalismo per prevaricazione. Vuol dire proprio solo “rilassamento”, nel senso di “relax”, di mancanza di tensione, di chiara distinzione dei ruoli da parte di ogni abitante la colonia che, docilmente ma razionalmente, accetta il suo destino e la sua posizione. Tutti, guardie e detenuti, con un bel sorriso sulle labbra ed il saluto facile; così come è facile fermarsi a fare due chiacchiere con chiunque, esplorare un capannone di legno pieno di strani oggetti dell’artigianato prodotto dai detenuti

per venderli ai radi visitatori, acquistare un’empañada da divorare da un detenuto itinerante (senza controllo, certo) od una bibita ghiacciata in qualche baracca di legno su una stradina polverosa. Non vogliamo sfiorare l’ingenuità: qui non è il paradiso terrestre, né un villaggio turistico, né tantomeno una prigionemodello di stampo nordico. E’ invece una colonia penale, dove sono custoditi individui marginali, talvolta anche pericolosi, che hanno dimostrato di poter delinquere. Di fatto, come in ogni (micro)società, ci sono inevitabilmente anche scontri e linee di potere, risse e problemi (specie a causa di marcate differenziazioni regionali, che spesso creano tensioni ed incomprensioni). Ma già il fatto che nonostante tutto ciò si continua ad operare, e dai progressi fatti nel modo migliore, significa che chi tiene le redini sa fare bene il proprio lavoro. Le regole ci sono, i controlli anche: sono fatti rispettare con raziocinio, discriminando le situazioni e posizioni (per un gruppo si deve necessariamente essere intransigenti, sottolineando l’aspetto della detenzione e custodia; per un altro di meno, concedendo maggior spazio all’indipendenza personale), col rischio di apparire troppo duri e severi per gli uni e troppo morbidi con gli altri. I risultati si vedono.

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Un poliziotto penitenziario filippino

Il reparto di media sicurezza

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In Viaggio

Aticoli di artigianato locale prodotti dai detenuti

Gli stemmi del personale di custodia

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Quello che colpisce maggiormente l’occhio (oltre al bello scenario tropicale, chiaramente) è la ‘libertà’ che si respira, vedendo gruppetti di detenuti a coltivare i campi, altri a supportarli con attività agro-industriali, mantenere qualche argine o conservare delle mura. E la quasi totale assenza di guardie. Queste centinaia di uomini riescono a conservare un equilibrio invidiabile, in un sistema che è sì ormai consolidato ma che per funzionare a dovere ha comunque bisogno di costante interesse e dedizione. Onore ovviamente al ‘teorico’ che ha predisposto l’opzione che vediamo, ma è certamente merito di chi si trova sul campo, se le condizioni e le regole possono essere, sono implementate, per la gestione pratica di situazioni che non necessariamente devono essere tranquille e che anzi potrebbero facilmente sfuggire di mano. Ci sono pur sempre tre diverse zone di detenzione che discriminano fra prigionieri di massima, media e minima sicurezza, con ovvie diversità di controlli, ma al di là di ciò nella colonia in realtà non esiste una vera efficace barriera fisica, effettiva per il contenimento (provate a pensare di controllare il perimetro di 30.000 ettari, e non di un’isola bensì a 30 km da una città di 120.000 persone…); non vi sono telecamere ai confini, non ci sono reti elettrificate, mancano i sensori ad infrarossi od i rilevatori di movimento… Il personale che lavora e vive ad Iwahig, di norma, vive all’interno della colonia con la famiglia ed accetta con tranquillità operosa la sua posizione, sentendosi avvantaggiato, perché si confronta con le situazioni ben peggiori di altri istituti. Incluso il poliziotto penitenziario, anche se dovrà lavorare sino a 65 anni, la sua settimana lavorativa è di 48 ore, gli straordinari non gli sono liquidati a la sua paga media è di 14.000 pesos al mese (che scendono ad 11/12.000 dopo le detrazioni: circa 170/190 euro, per 13 mensilità), in quanto ‘paramilitare’ non gli è permessa l’attività sindacale e dopo uno ‘scatto triennale’ l’aumento stipen-

diale è solo del 3%... Dalle guardie ci vien detto che qui ad Iwahig, al vertice non vi è un direttore, un vice e così via, provenienti da altre carriere, ma invece uomini appartenenti alle loro stesse fila, che capiscono bene i problemi concreti, di base della vita carceraria ed intendono le questioni nella colonia perchè le vivono direttamente. La sub-colonia di Iwahig è comandata da una “prison guard” di livello 3 (più o meno un nostro ispettore) che si è fatto la gavetta per una vita ma con una prospettiva di ulteriore carriera sino al grado di “Security Officer (1)”. L’intera colonia è in mano ad un generale, un “Superintendent”, in sostanza del ruolo della polizia penitenziaria di qui (“custodial officers”). I detenuti fanno la loro parte. Una volta inteso quale è ‘il loro posto’, le gerarchie sono in generale ben rispettate, con la dovuta deferenza e rispetto dei ruoli. D’altronde, ci vuole veramente poco per qualsiasi ‘ospite’ a realizzare il vantaggio della propria situazione. Sia raffrontando le condizioni di vita qui rispetto a quelle normali della provincia filippina, sia in particolare comparandole con quelle in un classico carcere, nel cui ventre la vita si svolge ben diversamente, come il nostro immaginario può facilmente elaborare… I detenuti sono quindi ‘scoraggiati’ alla fuga da questa “prigione senza sbarre”, da una parte dalla buona qualità della loro condizione e dall’altra dalla prospettiva di essere (ri)mandati in qualche altro ben peggiore ‘soggiorno’, dovessero ribellarsi alla loro situazione.

Gli scettici dicono tradizionalmente poi, che i fuggitivi avrebbero così tante e tali difficoltà una volta fuori di qui, tenuto conto in primo luogo della selvaggia, a volte ostica geografia di Palawan, che reputano senz’altro migliore una vita in cattività in questa colonia, peraltro non molto dissimile da quella che probabilmente farebbero comunque da contadini in libertà. Il settore coperto dalla colonia, come già detto, è enorme: per le guardie, una responsabilità che dovrebbe far tremare i polsi ma che invece non appare inficiare la flemma dei custodi di questa colonia, attenti agli accadimenti ma, all’apparenza, assolutamente tranquilli. Nella smisurata estensione della colonia ci sono anche dei piccoli villaggi, case coloniche, edifici per attrezzi e baracche di legno sparse qua e là. Il grosso dei detenuti è ospitato nottetempo in un centro che custodisce circa 1.500 persone; il resto è per lo più distribuito in altre due strutture, più vicine alle zone agricole. Una minoranza degna di fiducia ha addirittura il permesso di vivere con la famiglia in capanne di stile locale, non dissimili da quelle in cui vive la massa degli agricoltori della regione. I più cercano di darsi da fare in qualche modo, vuoi nei campi o nei molti versi in cui la gestione di un vasto territorio può tenere occupati, vuoi imparando qualcosa in alcuni corsi (anche riabilitativi) che si tengono o producendo vario artigianato con le materie prime locali (portachiavi in zampa di lucertolone, feticci in creta…), che poi tentano di vendere, sia singolarmente che in una sorta di ‘spaccio’ organizzato a mo’ di bazar, ai pochi visitatori e turisti. Vendere, sì: perché all’interno della colonia è possibile maneggiare e posse-

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dere denaro. Cosa fondamentalmente diversa dall’economia normale di gestione di una casa detentiva. Col denaro si forma una micro-economia interna, dove si conservano i rapporti socialieconomici necessari al mantenimento di una vita relazionale molto vicina a quella ‘normale’ esterna. Il fatto che parte dei proventi del loro lavoro, del loro artigianato, della loro vendita ritorni immediatamente al singolo -pur con inconvenienti ed opposizioni che ognuno può immaginare, trattandosi di condizioni di cattività forzosa- risulta molto importante per la regolarità e normalità del pensiero e dell’equilibrio del detenuto. Il detenuto-tipo, se così possiamo definirlo, ad Iwahig sa che prima o poi potrà uscire e rifarsi una vita, magari con un’abilità lavorativa appresa in detenzione, proprio qui. Nelle Filippine, le pene detentive sono previste ed irrogate in modo severo ma in genere (nonostante la pena di morte sia ancora contemplata: mediante iniezione letale) non si sconta mai più di trenta anni ed il condannato normalmente sa che ne uscirà libero: un barlume di speranza, vitale sull’ardua via della rieducazione, forse anche del pentimento. Pentimento e rieducazione aiutati certamente dalle condizioni di vita nella colonia, che ha anche una chiesa (cattolica, giusto per non far mancare il conforto spirituale), un ospedale ed una certa struttura scolastica di base. La colonia è composta al momento di

soli uomini (è comunque in programma per il prossimo anno, anche la possibilità di ospitare una certa popolazione carceraria femminile), ai quali però non è affatto negata la prospettiva di mantenere viva la loro affettività; cosa fondamentale per la continuazione della propria soggettività sociale e di grande barriera all’eventuale disperazione. Seguendo una certa programmazione, le autorità infatti prevedono la possibilità di una serie di incontri familiari, nei quali non è esclusa l’opzione della privacy totale, di modo che si possa conservare viva l’idea della coppia e della famiglia anche in tali avverse condizioni. L’alcol sarebbe vietato, perché scalda gli animi e scema il controllo, provoca guai insomma; ma francamente qualche birra in giro si vede sempre… I detenuti sanno di essere per destino, conoscenze personali, avvenimenti della vita, fortuna, dei privilegiati ed il loro comportamento si adegua. Il dato fondamentale, la riconosciuta condizione sulla quale si fonda e si mantiene questo sistema è all’apparenza la fiducia. Che ovviamente si basa poi su motivazioni più profonde, legate all’istinto di conservazione, di sopravvivenza, all’individualismo e al naturale egoismo: ma questa è un’altra storia, in essenza probabilmente più materia di qualche scienza psicologica e comportamentale che della criminologia. E’ il rispetto dei ruoli e la fiducia fra le parti in essere (quali ne siano le cause) che soli possono permettere la vita ordi-

nata della colonia, oramai ben fuori della sua fase sperimentale. Gli uomini che vivono qui non sono certo dei santi, sono anch’essi la rappresentazione della società cui appartengono, con le sue parti di pazzia, mostruosità e violenza; così solo la coscienza delle necessità di rispettare i ruoli, la mutua fiducia nei rapporti fra custodi e custoditi in questo peculiare contesto può spiegare il dato emblematico, fondamentale e minimo delle fughe che sono state tentate: lo 0,05% degli occupanti! In conclusione: certo è difficile credere che un insieme speciale di questo genere possa essere attivato nell’ambito di un’organizzazione di gestione criminale deficitaria, nella quale la fiducia nei principi basilari -primo fra tutti quello della certezza della pena- è a livelli minimi ed il rispetto dell’equazione ‘illecito uguale pena reale’ gravemente minato (suona familiare..?). Solo nell’ambito di un corretto rapporto fra organi statuali che prevedono il reato, lo giudicano ed effettivamente, seriamente lo puniscono ed il deviante che conosce i costi e benefici che ne conseguono, si potrà pensare all’istituzione di forme più umane e leggere di applicazione delle pene detentive. A vantaggio di tutti: società, custodi, detenuti, bilanci, princìpi… A Iwahig, Palawan, Filippine, evidentemente è così. Quello che da una nostra fugace ma significativa visita è apparso è proprio questo. Evidentemente qui le condizioni dette poc’anzi si sono realizzate. Auguri: che l’esperimento possa continuare… ✦

Lo spaccio di vendita dei prodotti artigianali

Disclaimer: Le note riportate si basano sulle impressioni avute, annotazioni ed informazioni fornite da lavoratori civili, guardie, detenuti, nel corso di una visita dell’autore alla colonia di Iwahig, nel mese di febbraio 2009. L’autore si scusa per le eventuali incompletezze e disinformazioni qui contenute, tutte rese in buona fede sulla base del materiale in possesso.

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Le Fiamme Azzurre

Lionello Pascone Coordinatore Nazionale Anppe Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria

Riconosciamo e gratifichiamo il ruolo dei pensionati della polizia Penitenziaria i recente, quasi tutti gli organi di informazione hanno riportato dati esaustivi sui redditi per l’anno 2008 di autorità politiche rappresentanti della maggioranza e dell’opposizione in Parlamento nonchè di molti esponenti del Governo. Da una lettura attenta delle cifre, ben può comprendersi il motivo per cui le problematiche relative ai “pensionati” non siano ritenute meritevoli di alcuna considerazione. Infatti, riesce davvero improbabile pensare che chi ha introiti annui di centinaia di migliaia di euro, oltre a benefici e privilegi di varia natura, possa immedesimarsi nelle vicissitudini quotidiane di chi riesce a stento a sopravvivere e deve, nel contempo, fare rinunce sempre più pesanti per sè e per il proprio nucleo familiare. Questo può apparire un argomento da luogo comune, eppure riveste una attualità essenziale, dal momento che il dislivello descritto è macroscopico, incomprensibile e tale da impedire un dialogo costruttivo per una distanza pari ad anni luce tra le parti. Sempre in questi ultimi tempi è stata definita la “coda contrattuale” del personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, il cui contratto vero e proprio, per quanto riguarda gli aspetti economici, continua ad essere scaduto il 31 dicembre 2007: e i mass-media hanno diffuso la notizia di un incremento medio di 160,00 euro mensili, quando, in realtà, ciò che è stato riconosciuto fondamentalmente viene già percepito, per cui

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gli aumenti sono stati, comunque, esigui e decisamente inferiori alle richieste e alle prospettive: e ciò in un momento storico in cui la sicurezza nazionale, e in specie quella delle città, è diventata un’emergenza permanente. In occasione di un bilancio politico dell’anno 2008 e delle iniziative future, è stato pubblicamente affermato che il sistema pensionistico non fa parte dei programmi governativi a breve scadenza, per cui il disinteresse per la categoria dei pensionati e per provvedimenti che possano essere di sostegno, di compensazione, di rivisitazione è completo nè lascia adito a speranze concrete. D’altro lato, si intendono utilizzare i pensionati delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine, riuniti in associazioni, perchè in possesso di una qualificata professionalità, per garantire ordine e sicurezza nei quartieri, nei parchi, nei musei e nelle

strutture delle città, anzi in ogni ambiente a rischio, ovviamente, come sembra, a titolo di volontariato! Se i pensionati possono ancora fornire una collaborazione proficua e significativa, se chi è in quiescenza è in grado di partecipare in maniera utile al contesto nazionale, ogni ritardo crea demotivazioni e penalizzazioni perchè, in primo luogo, bisogna potenziare tali categorie, sotto tutti gli aspetti, certamente non dicendo che non fanno parte dei programmi di Governo a breve scadenza. Se il pensionato “serve”, il suo ruolo sociale va riconosciuto, gratificato, non sfruttato, in primis consentendogli condizioni di vita decorose, dignitose senza dover ricorrere all’aiuto economico dei figli, anch’essi nella morsa della congiuntura inflazionistica. prevedendo realmente misure sufficienti a condurre una vita meno sacrificata. ✦

LUTTO A BRESCIA Nel mese di marzo 2009 è deceduto Inserra Domenico, padre del collega Inserra Filippo, in servizio presso la Casa Circondariale di Caltanissetta. La Segreteria Regionale dell’Anppe Lombardia ed i propri associati esprimono le più sentite e partecipate condoglianze.

Nel mese di aprile 2009 è venuto a mancare l’iscritto all’Anppe di Brescia Palmiro Pietrangeli. Alle esequie hanno partecipato, con dolore e profondo rammarico, i colleghi della Sezione bresciana e della Sezione di Bergamo.

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Aprile 2009 L’Inpdap risponde all’Anppe esplicitando il conguaglio al trattamento pensionistico L’Inpdap con nota n. 3161 del 09/3/2009, ha risposto all’interrogazione avuta dall’Anppe nel mese di febbraio 2009. Nella lettera si legge: “Con la nota a margine segnata, codesta Associazione ha chiesto delucidazioni in ordine ai debiti per conguagli fiscali accertati nei confronti dei pensionati. In relazione a quanto sopra, si forniscono utili elementi di risposta. Cosa prevede la norma fiscale: L’lnpdap, quale sostituto d’imposta, è tenuto ad effettuare il conguaglio fiscale dei redditi da pensione corrisposti ogni anno ed il termine è previsto al 28 febbraio dell’anno successivo a quello cui i redditi da conguagliare si riferiscono. Tale adempimento deve tener conto anche delle detrazioni d’imposta spettanti al pensionato. Ai riguardo, la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per l’anno 2008), ha stabilito che i contribuenti per beneficiare delle detrazioni di imposta per carichi familiari devono dichiarare annualmente di averne diritto, indicandone la misura e comunicare i codici fiscali dei beneficiari e la richiesta annuale da parte del sostituito è condizione essenziale per il riconoscimento delle detrazioni. Se l’interessato non fornisce detta dichiarazione entro il termine stabilito dal sostituto d’imposta, le detrazioni, eventualmente già attribuite, debbono essere recuperate sulla pensione entro il termine ultimo previsto per l’effettuazione del conguaglio fiscale. Come ha operato l’istituto: Nei primi giorni di febbraio 2008 (il 9 e il 10 febbraio) l’istituto ha inviato ai pensionati una lettera per informarli delle novità introdotte sulla materia dal legislatore, comunicando che le detrazioni per l’anno 2008 sarebbero state comunque attribuite in via provvisoria fino al 30 giugno 2008 e che entro il 31 maggio 2008 i pensionati dovevano presentare la richiesta alle Sedi, ai CAF o agli altri soggetti abilitati con l’avviso che, in assenza della prescritta dichiarazione, le detrazioni sarebbero state revocate con con-

seguente recupero dell’eventuale debito IRPEF relativo al periodo 1° gennaio/30 giugno 2008 sulla rata di pensione di luglio 2008. Nel mese di luglio 2008, elaborate le dichiarazioni sino ad allora pervenute, si è rilevato che circa 200.000 pensionati non avevano consegnato alcuna richiesta. Ipotizzando allora che un buon numero di essi potesse non aver ricevuto la lettera ovvero non averla compresa nei suoi effetti, l’Istituto si è deciso, prima di revocare le detrazioni e recuperare il debito fiscale, di inviare una seconda lettera (con raccomandata con ricevuta di ritorno) ai primi giorni del mese di ottobre 2008, invitando i pensionati che non l’avevano ancora fatto a presentare la richiesta di detrazioni, qualora ne avessero avuto diritto, entro il 28 novembre 2008. Con la medesima lettera, veniva ribadito che in assenza della prescritta dichiarazione nei termini indicati, le detrazioni fiscali per carichi di famiglia attribuite nell’anno 2008 sarebbero state revocate a decorrere dal 1° gennaio 2009, con conseguente recupero del debito IRPEF accertato per il periodo 1/1/2008 al 31/12/2008, in sede di conguaglio fiscale (rata di pensione febbraio 2009). Contemporaneamente, sono state informate, in alcuni incontri specifici, sia le Organizzazioni sindacali dei pensionati che i Patronati, i quali hanno assicurato la piena collaborazione per portare a conoscenza dei propri iscritti o assistiti la novità normativa e la necessità di presentare la richiesta per non perdere le detrazioni. Sono stati poi diramati due comunicati stampa ripresi da quotidiani nazionali (‘Italia Oggi” e ‘Il Sole 24 ore”) e alcuni locali (es. Corriere dell’Umbria e altri) ed è stata data diffusione della questione attraverso gli Uffici Urp delle sedi ed il sito internet dell’istituto. Ai primi di gennaio del 2009 l’Istituto ha rielaborato nuovamente tutte le richieste ricevute ed ha accertato che circa 115.000 pensionati non avevano presentato alcuna richiesta pur avendo ricevuto

la lettera (come risulta dalle ricevuta di ritorno delle raccomandate) e circa 120.000 pensionati avevano presentato la dichiarazione autodichiarando di non aver più diritto alle detrazioni per carichi di famiglia. Conseguentemente, l’istituto si è trovato a dover effettuare il recupero delle detrazioni fiscali provvisoriamente concesse nell’anno 2008 per circa 235.000 soggetti. La norma fiscale non consente il recupero del debito fiscale in forma rateale, e questo avrebbe comportato, per un cospicuo numero di pensionati (circa 50.000), un azzeramento della pensione di febbraio con l’erogazione di un importo di 2 euro. Per evitare questa applicazione penalizzante della norma e per non arrecare eccessivo danno e disagio economico ai propri pensionati, l’istituto ha formulato apposito parere all’Agenzia delle Entrate Direzione Centrale normativa e contenzioso - Settore fiscalità generale e indiretta, proponendo le seguenti soluzioni: 1) non operare il conguaglio fiscale nei confronti di coloro che non avevano provveduto nei termini alla presentazione della dichiarazione; 2) effettuare il recupero nei limiti di 1/5 della pensione; 3) effettuare il recupero salvaguardando un importo pari al trattamento pensionistico minimo Inps (Euro 458,20). L’Agenzia delle Entrate, con nota protocollo n. 2009/6682 del 16 gennaio 2009, ha espresso l’avviso che la dilazione del recupero del debito risultante dal conguaglio fiscale dovesse essere applicata nei confronti di tutti pensionati che nell’anno 2008 avevano fruito di detrazioni per familiari a carico non spettanti, compresi quelli non hanno inviato nel 2008 la dichiarazione relativa alla spettanza delle predette detrazioni prescritta dalla norma e che, solo in via eccezionale, si potesse autorizzare la salvaguardia di un importo pari al trattamento minimo lnps. La medesima Agenzia ha quindi ritenuto

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Le Fiamme Azzurre “non percorribile l’ipotesi alternativa ipotizzata da codesto Ente, di trattenere, da marzo in poi, solo un quinto della pensione, al fine di lasciare maggiori somme nella disponibilità del pensionato”. Di conseguenza, l’istituto ha avviato la procedura di recupero garantendo a tutti gli interessati il trattamento pensionistico minimo lnps pari a 458,20 euro mensili e l’eventuale ulteriore debito è stato rateizzato mensilmente secondo quanto disposto dall’art. 23 del DPR 600/73. Per coloro che invece già godevano di un trattamento di pensione inferiore a € 500,00 la trattenuta è stata effettuata nei limiti di 1/5 del trattamento stesso. Sulla rata di pensione gennaio 2009 sono state revocate le detrazioni per carichi di famiglia relative all’anno 2008 mentre sulla rata di febbraio c.a. sono stati recuperati, nei limiti di cui sopra, i debiti IRPEF relativi al periodo 1 gennaio/31 dicembre 2008. In considerazione delle segnalazioni pervenute da alcuni pensionati che si sono visti revocare le detrazioni per carichi di famiglia provvisoriamente riconosciute nell’anno 2008, anche se avevano presentato ai Caf o alle sedi la richiesta nei termini (casi in verità al momento molto limitati), questa Direzione Centrale ha

sospeso, a decorrere dalla rata di marzo, il recupero del debito fiscale ed ha comunicato alle Sedi l’obbligo di accettare eventuali richieste di detrazioni quando i richiedenti siano in grado di produrre idonea documentazione che attesti che la dichiarazione di spettanza delle relative detrazioni è stata correttamente compilata e che la medesima è stata presentata alla sede di competenza o ai soggetti convenzionati (Caf e altri soggetti abilitati) nei termini stabiliti dall’lnpdap (28 novembre 2008) (ad es. producendo la ricevuta di consegna della richiesta alla sede o ad es. portando la ricevuta di consegna rilasciata dai CAF). E’ stato fissato al 13 marzo 2009 il termine finale entro il quale le sedi dovranno inserire a sistema le domande con le caratteristiche di cui sopra, per consentire di restituire ai pensionati il debito trattenuto con la rata di aprile e modificare centralmente il CUD 2009 per i redditi 2008. I pensionati invece che pur avendo diritto alle detrazioni non hanno presentato alcuna richiesta nel corso dell’anno 2008, potranno recuperare il beneficio fiscale richiedendolo in sede di dichiarazione dei redditi con la presentazione del modello 730/UNICO ed ottenerlo ad agosto 2009”. ✦

Rovigo: Torneo di calcio a 5 “Cittadini del mondo”

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Si è svolta sabato 14 marzo 2009, presso il Palazzetto dello Sport di Rovigo una grande serata sportiva con le finali della 4ª edizione Provinciale di calcio a 5, denominata Cittadini nel mondo. Alla manifestazione hanno partecipato 12 squadre, suddivise in 2 gironi: la vincitrice è risultata l’Albania che ha superato il Marocco per 8 a 6, dopo i calci di rigore. Sono intervenute alla manifestazione varie Autorità Civili di diversi comuni limitrofi. Alla premiazione ha preso parte anche l’A.N.P.Pe. di Rovigo, con il Segretario Roberto Tramacere, che ha voluto testi-

moniare la sua presenza donando una bellissima targa agli Organizzatori del Torneo. Un particolare ringraziamento al Sig. Ciro Liotto Coordinatore dell’Organizzazione e Agente di Polizia Penitenziaria nella Casa Circondariale di Rovigo. ✦

Attività Anppe Venezia Premio Amico Forze dell’Ordine 2008 Si è rinnovato anche quest’anno l’impegno dell’Associazione Famiglie Vittime della Strada per la campagna sulla sicurezza stradale Vacanze coi fiocchi. L’iniziativa, promossa in tutta Italia con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, vanta 600 aderenti ed invita a non lasciarsi sedurre dal fascino dalla velocità, a stare lontani da droghe e alcol prima di mettersi in viaggio, ad utilizzare le cinture di sicurezza, il casco e i seggiolini per i bambini, ad evitare di distrarsi in auto con il cellulare, a lasciar perdere i sorpassi azzardati. L’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria aderisce ancora una volta a questa iniziativa perché crede nel sensibilizzare gli automobilisti ad un maggiore senso civico e a riflettere sulla necessità inderogabile di rispettare le norme del Codice della Strada. Siamo testimoni di autentiche stragi che si compiono sulle strade a causa delle deplorevoli abitudini che si adottano alla guida dei veicoli, di cui sovente ignoriamo i rischi che possono generare. Quasi sempre all’origine di un sinistro ci sono un errore umano, una leggerezza, la sopravalutazione delle proprie capacità di guida, l’inosservanza di norme elementari o peggio l’uso di alcolici o sostanze stupefacenti. Per l’impegno profuso, per l’anno 2008, l’ormai tradizionale Premio Amico Forze dell’Ordine, è stato consegnato domenica 5 ottobre 2008 in concomitanza con le premiazioni del torneo di calcio “Trofeo Ponte di Rialto”, alla Presidentessa della sezione veneziana dell’Associazione Famiglie Vittime della Strada, Signora Pierina Guerra, amica e socia dell’Unione Nazionale Cavalieri D’Italia. Filomeno Porcelluzzi

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Aprile 2009

organizzato dall’Anppe e dall’associazione Rialto Mio Torneo di calcio a 5 “Ponte di rialto”

Con un 4-2 dopo i calci di rigore si è concluso il 5° Trofeo Ponte di Rialto, il Torneo di calcio a cinque organizzato dall’ANPPe Venezia, in collaborazione con l’Associazione Rialto Mio, patrocinato dal Comune di Venezia e dall’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia. Il successo è andato alla compagine della Polizia di Stato, che ha avuto la meglio sulla rappresentative dell’Associazione Rialto Mio. La nostra rappresentativa si è classificata al terzo posto superando la Media Veneto nella finalina utile per il podio. Miglior giocatore del Torneo è stato premiato il collega Carangella.

Celebrata la Festa del Corpo in una storica cornice Nella Scuola Grande di San Giovanni Evangelista si è svolta la cerimonia celebrativa della festa del Corpo di Polizia Penitenziaria a Venezia. La struttura risalente alla fine del Trecento si fa notare per il portone d’ingresso che immette in un cortiletto; la costruzione accomuna diversi stili, dal Trecento al Quattrocento avanzato. Ristrutturata nel XVII secolo, risalgono a quell’epoca il salone di San Giovanni, molto scenografico, e lo scalone monumentale, splendido, come l’Oratorio della Croce, adiacente. Oggi, si tratta essenzialmente di una sala da concerti in una cornice stupenda. Visitabile solo domenica e lunedì, con visita guidata, in questa splendida e storica cornice. L’Anppe Venezia ha presenziato alla cerimonia con ampia delegazione e proprio labaro. Durante la cerimonia è stato premiato con lode l’Assistente Lanza Raffaele, in forza alla base navale di Venezia, e neo socio dell’Anppe, con la seguente motivazione: «Libero dal servizio mentre transitava in una via cittadina, con prontezza d’intervento e spirito di iniziativa, dopo un breve inseguimento bloccava e successivamente arrestava un individuo resosi responsabile di un furto di capo d’abbigliamento sottratto all’interno di un esercizio commerciale».

l’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia illustra l’impegno sociale e consegna i diplomi ai nuovi soci Si è tenuto domenica 19 ottobre 2008 il 14° raduno della sezione UNCI di Venezia. Dopo la Santa Messa la cerimonia si è spostata nel teatro di San Giobbe alla presenza di autorità civili e militari. Un’occasione per ripercorrere e riscoprire assieme agli iscritti il significato dell’essere oggi Cavaliere, con costante impegno in campo sociale ma soprattutto con la consapevolezza dei valori di solidarietà e onore nel quotidiano. La Sezione di Venezia della nostra Associazione ha partecipato alla manifestazione con un’ampia delegazione, più di ottanta sono stati i diplomi assegnati ai nuovi soci, tra i quali anche appartenenti all’Anppe veneziana. Su proposta della Segreteria Locale A.N.P.Pe, è stato concesso il diploma di socio onorario al papà del lagunare Matteo Vanzan, caduto eroicamente in Iraq.

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Le varie foto documentano l’attività della Sezione Anppe di Venezia

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dalle Segreterie Lecce: M.G.A. al “Security Expo” untuale la presenza della Polizia Penitenziaria nei giorni scorsi alla terza edizione della Security Expo che si è svolta nella zona fieristica di Galatina (LE). Nello stand allestito in maniera funzionale è stato predisposto un grande spazio destinato alla difesa personale, dove si sono succedute le esibizioni degli Assistenti Capo Claudio Pellegrino e Bruno Fina e degli Assistenti Vitantonio Sacco e Armando Nassi, tutti Istruttori della Polizia Penitenziaria della Puglia. La partecipazione del componente della Commissione Tecnica Nazionale MGA FIJLKAM, Maestro Enzo Failla, che ha portato i saluti del Presidente Matteo Pellicone, ha sottolineato l’interesse della

P

Federazione per lo sviluppo della disciplina e per una costante collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Nel corso dei quattro giorni dell’importante manifestazione, sono state illustrate agli operatori del settore ed a tutti i visitatori le tecniche di autodifesa previste dai tre livelli dei programmi federali, caratterizzate dal facile apprendimento e dalla grande efficacia. È stato sottolineato, anche per le Forze di Polizia, l’ambito di istruzione del Metodo Globale di Autodifesa indirizzato alla sicurezza, alla difesa ed alla prevenzione, non scevro dal carattere educativo e dai principi etici di base sempre presenti e propri delle discipline federali. Nell’occasione, si è evidenziato il progetto formativo più

complessivo previsto che, alla prevalente formazione pratica in palestra, sviluppata dai qualificati Istruttori MGA del Corpo, aggiunge l’elaborazione e lo studio di moduli didattici teorici/normativi, volti al miglioramento delle competenze professionali nella gestione degli eventi critici ed all’accrescimento dell’equilibrio psico-fisico e dell’autostima. Presente alla kermesse anche il sottosegretario al Ministero dell’Interno Alfredo Mantovano che si è trattenuto a lungo, piacevolmente e con interesse, nello stand della Polizia Penitenziaria. ✦

Torino: protesta del personale Velletri: il Sappe saluta manifestato il loro disagio lavorativo e professionale. e ringrazia La protesta è nata da una gravissima cail Direttore renza organica di uomini e donne, a fronte di un continuo e costante sovrafMakovec follamento di detenuti, e dall’ennesimo

Il 3 marzo 2009, avanti gli Uffici del Provveditorato Regionale di Torino, cinquecento poliziotti penitenziari hanno

rifiuto da parte del Provveditore Regionale del Piemonte e della Valle d’Aosta, di far retribuire al personale il lavoro reso oltre le 36 ore settimanali previste dal contratto. Il personale della Polizia Penitenziaria ha chiesto al Provveditore Fabozzi un confronto per risolvere le problematiche lavorative del personale. ✦

Trapani: Congresso Provinciale Sappe

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La Segreteria S.A.P.Pe. della C.C. di Velletri saluta e ringrazia a nome di tutto il personale di Polizia Penitenziaria il dott. Giuseppe Makovec per averlo sostenuto ed essere stato sempre al suo fianco nei momenti difficili. «Congratulazioni per la tua pensione dott. Makovec, ma sappi che lascerai un grande vuoto in ufficio: la tua compagnia ed il tuo contributo ci mancheranno molto. Grazie Peppino».

Si è tenuto, nel mese di marzo 2009, il primo congresso Provinciale del Sappe di Trapani. La manifestazione si è svolta presso il vecchio carcere di San Francesco. All’unanimità, è stato eletto Segretario Provinciale l’Isp. Di Marzo Andrea, mentre Pietro Fortunato, ex Segretario Provinciale è stato nominato Vice Segretario Regionale e si è congratulato con tutti i componenti della Segreteria per la fiducia accordatagli. Polizia Penitenziaria - SG&S n. 161 - aprile 2009


Como: Operazione di P.G. Nel mese di aprile 2009 è stata portata a termine con grande soddisfazione del personale un’operazione di polizia giudiziaria, coordinata dal Comandante del Reparto e dal personale del Gruppo Cinofili (cani antidroga), i quali hanno condotto in breve tempo al fermo di persona e al successivo suo arresto. La notizia ha avuto la massima considerazione tra il personale della Polizia Penitenziaria di Como. Il buon esito dell’operazione si è avuto grazie alla col-

laborazione del Gruppo Cinofili, del Reparto Colloqui e dell’Ufficio Comando, che hanno contribuito in maniera decisiva alle operazioni di indagine e alle perquisizioni. Nella circostanza, vi è senza dubbio una manifestazione di grande professionalità e potenzialità del personale della Polizia Penitenziaria di Como, il quale ha ottenuto risultati rilevanti. Il SAPPe ha proposto per il personale coinvolto un riconoscimento ufficiale per il lavoro svolto. ✦

Sanremo: Poliziotto Penitenziario vince a “I raccomandati” La Segreteria Regionale della Liguria del Sappe esprime soddisfazione per la vittoria dell’agente scelto Gaetano Labalestra alla trasmissione I Raccomandati di Rai Uno. Il nostro collega, lo ricordiamo, non è nuovo a risultati ottenuti nell’ambito dello spettacolo, come la trasmissione La Corrida, la Botola ed altro. Con la sua melodica e bellissima voce ancora una volta ha dato prova encomiabile della sua bravura, facendosi largo alla trasmissione I Raccomandati in onda su Rai Uno. In tale prospettiva la Segreteria Regio-

nale, quella Provinciale e quella Locale del Sappe Liguria, esprimono apprezzamento ed entusiasmo al carissimo Gaetano Labalestra, in servizio effettivo presso il Comando di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Sanremo, collega che ha sempre manifestato con gioia ed orgoglio profondo la sua appartenenza alla Polizia Penitenziaria, oltre a dimostrare un talento particolare per il canto riuscendoci appieno e con popolare gradimento. Bravo Gaetano, tutto il Sappe è con te e con il tuo miglior futuro, un in bocca al lupo sempre! ✦

Rovigo: Lapide ai caduti posta al DAP Alcuni iscritti della Sezione Anppe di Rovigo si sono accorti che sulla lapide in memoria dei nostri Caduti nell’adempimento del dovere esposta al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non figurano tutti i nominativi delle vittime, come riportati, invece, nella lista pubblicata nel Calendario del Corpo 2007. Riteniamo doverosa una spiegazione dei vertici dell’Amministrazione, tenuto conto che la lapide del DAP è quella ufficiale e quindi dovrebbe essere completa di tutti, ma proprio tutti, i nostri Caduti.

In tutta sincerità gestire tante unità porta a sbagliare con maggiore probabilità. Può essere gratificante e stimolante analizzare una casistica intrigante. Quando il problema è ridondante è difficile trovare la soluzione rispondente. Il tuo primo pensiero ordinario non deve essere lo straordinario. Tutti pendono da te, sei il comandante sempre proteso al gesto conciliante. Ogni tanto si precipita in ufficio un emissario che, quando gli fa comodo, cerca un commissario. Quando invece pensa ad una violazione di diritto, parte in quarta, e ti presento subito lo scritto. Il tuo potere è valutato e consacrato se non vivi all’ombra di un solo sindacato. Sei capace, intelligente, preparato o bello, decide del tuo destino un semplice interpello. Con te la tua esperienza in dotazione sei chiamato a trovare la giusta soluzione, guai a sperare in un trattamento di missione. Tieni allora tutti in scacco sino al termine del distacco. Ti sottoponi al gran supplizio ogni mattina alla conferenza di servizio. Poi nel trovare la giusta motivazione conduci tutti alla perquisizione. Del giorno prima ogni lagnanza te la riporta l’ispettore di sorveglianza. Di ogni gesto premonitore ne dai notizia al direttore, sentendo poi l’educatore. Quando poi sei di brutto incavolato ti scontri con il medico incaricato. Di ogni questione svisceri il contenuto dopo aver ascoltato le lamentele del detenuto, e al sindacalista aver dato il benvenuto. Qualcuno manca, strano, ecco puntuale il cappellano. Se poi dirimere vuoi qualche stranezza ti fai un giretto nell’alta sicurezza. Per non farti mancare mai gente hai ospitato i malati di mente. Quando decidi di migliorare l’umore ecco la grana del collaboratore. Se alla fine non vi è più niente ritorna alla carica il buon dirigente. Appena decidi di metterti in sesto ecco puntuale da fare un arresto. Per non trascurare la comunicazione sollecita ogni giorno una traduzione. Ogni dissidio riduci in poltiglia la speranza è che non ricada in famiglia. E’ bene però che devi sapere che tutto questo è il tuo dovere. Sempre la calma devi tenere ogni cosa la fai con piacere. Se casomai commetti un errore la piazza risponde con grande clamore. Chi suggerisce la giusta soluzione: una pronta e veloce rimozione. Qual è il giusto anatema che definisce l’annoso problema? Forse quello di meno lavorare al fine di poco sbagliare? Non vedere, non sentire, non patire, la giusta ricetta per non soffrire. La ricerca della verità non disgiunge dalla tua capacità, di perseverare con caparbietà, nella tua azione di libertà. Rivendica la giusta sintonia di un lavoro con maggiore autonomia. Far prevalere criteri di meritocrazia per consolidare i principi di democrazia. Brutta vita comandare in galera almeno ci fosse l’avanzamento in carriera. Sappi infine che per esser giudicato capace non devi esser persona loquace. Non tralasciare il minimo pretesto affinché nel giusto profilo di contesto, prevalga il giudizio di uomo modesto. M. Fioretti

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la poesia

IL COMANDANTE

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Lara Liotta

lo Sport

info@sappe.it Redazione sportiva

Crotone: 4 e 5 aprile 2009

Campionati italiani assoluti di Judo l Pala Milone di Crotone il 4 e 5 aprile, la 64° edizione dei campionati italiani assoluti di judo maschili, la 43° per la rassegna femminile. Nella città calabrese meravigliosamente ricca di bellezze naturali, e nella regione fortemente legata alle arti marziali per via dei fratelli Pellicone, Matteo e Giuseppe, rispettivamente presidente della Fijlkam e presidente del settore karate della stessa federazione, le Fiamme Azzurre erano presenti con uno squadrone composto dai “soliti noti”, i big della compagine maschile quattro volte campione d’Italia a squadre, e una rappresentanza di tre nuove leve del team femminile, arruolate da pochi mesi e già bravissime a guadagnare uno spazio nelle cronaca sportiva più trionfante per i nostri colori nella rassegna nazionale.

A

Nella foto: il Commissario Francesco Pennisi con le atlete del Judo

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Ad accompagnare il gruppo c’era anche l’appassionato segretario della sezione, il Commissario Francesco Pennisi, che giornalmente dedica tempo del suo lavoro ed idee alla crescita del team, e davvero all’appuntamento non sarebbe mai voluto mancare. Sempre dalla segreteria delle Fiamme Azzurre, il vice sovrintendente Stefania Parrelli è stata un altro sostegno dei ragazzi e delle ragazze a bordo tatami. La gara è stata appassionante e combattuta come si conviene a quella che annualmente rappresenta la massima

competizione nazionale della disciplina in Italia. Per noi un’autentica pioggia di medaglie tra gara maschile e femminile, in più, i titoli assoluti conquistati sono stati ben quattro: tre negli uomini, uno tra le donne. Partendo dai pesi più bassi della gara degli uomini, Marco Caudana nei 60 kg perde di misura una finale contro il carabiniere Andreoli che poteva essere agevolmente sua in base ai valori sulla carta dei due contendenti. E’ comunque un argento, ma questa costatazione non fatela, perché non consola, a chi ha la coscienza della sua possibilità di arrivare al top. Assente l’altro neo acquisto del judo nei 66 kg Alessandro Belverato a causa di infortunio, senza più contare a questo peso di Alessandro Bruyere salito nei 73 kg, l’attenzione si è spostata su Fabrizio Lippiello e sull’ormai autentico padrone di casa della categoria, il nostro Francesco Faraldo. E’ suo il titolo della gara tricolore 2009. In carriera in fatto di scudetti individuali sale a quota quattro, mostrando una maturità ed una sicurezza che lo rendono difficile da affrontare e temibile per qualunque avversario di livello. Nella sua categoria peraltro gli avversari ostici non mancano mai come quasi sempre avviene nei pesi medi, più tecnici e meno fisici rispetto alle categorie alte. Francesco nei quarti ha incontrato un osso duro delle Fiamme Oro: Elio Verde in prova nei 66 kg dopo una lunga militanza nei 60. Il nostro portacolori, prese le misure con l’altro suo conterraneo napoletano, vi è giunto in parità al termine del tempo regolamentare, finendo al golden score prima, e al giudizio arbitrale poi. L’antei, così si chiama tale giudizio, ha dato ragione a Faraldo che in finale ha poi battuto il finanziere italo svizzero Da-

mian Waser regalando così il titolo a se stesso alle Fiamme Azzurre con viva soddisfazione del duo tecnico Tamanti-Rea. Anche Felice Mariani, DT della nazionale di judo ha molto apprezzato l’incontro e lo spessore dimostrato da Francesco. Questo il suo commento sulla prima giornata di gara e la finale: «La finale più bella delle prime tre di questa giornata. Un match entusiasmante molto tecnico con un Waser alla sua prima finale in un assoluto. La gara è cominciata con un waza ari di morote, poi la rimonta di Waser con uno yuko di uchi mata ma Faraldo ha saputo dosare con audacia il vantaggio difendendolo fino al termine della finalissima che gli ha permesso di guadagnarsi il gradino più alto del podio». Nella stessa categoria 11° posto per Fabrizio Lippiello. Nei 73, assente Francesco Bruyere ormai al cambio di categoria e schierato invece negli 81 kg , il fratello Alessandro Bruyere e Matteo Celesti, nuovi anch’essi nei 73 kg, sono giunti al decimo posto pagando dazio di una categoria tutta da scoprire e da interpretare. Sarà solo questione di tempo, nessun timore quindi. Stessa sorte è toccata a Francesco Bruyere per motivi di cambio di peso certamente, e anche perché a volte è proprio questione di occasioni centrate o mancate perché una gara prenda una piega positiva o si ritorca contro l’atleta che vi è impegnato. Nella semifinale contro Marconcini, carabiniere, in vantaggio a 40” dalla fine tutti da gestire con una esperienza che certamente non gli fa difetto, Francesco ha tentato comunque di scrivere la parola fine sul match chiudendo la pratica col giovane toscano. Purtroppo questo tentativo gli è costato un accesso in finale quanto mai alla sua portata.

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Il bronzo di Giovanni Alessio sempre negli 81kg è venuto a consolarci scintillante e meritato. Nei 90kg a Lorenzo Bagnoli è arrivato il primo titolo nella categoria, dopo una lunga militanza di successo negli 81kg. E’ sicuramente suo il posto per i prossimi Giochi del Mediterraneo di Pescara. In finale, dopo un percorso assai poco accidentato grazie al suo valore, contro il carabiniere Tomasetti ha centrato un ippon da antologia dopo solo mezzo minuto. Altro titolo da festeggiare è stato quello di Alberto Borin il cui oro potrà essere un modo importante per aver definitivamente chiare le sue possibilità di far bene soprattutto in considerazione dell’illustre finalista contro cui ha trionfato: il cubano naturalizzato Despaigne. Titolato ai Giochi Olimpici e ai Mondiali non ha impensierito Borin che ha saputo tenerlo a bada sino alla fine, spuntandola grazie a due sanzioni di troppo dell’altro che gli hanno consegnato il gradino più alto. Nei 90kg Simone Tamanti ha confermato di essere in costante evoluzione personale ed in crescita tecnica sfiorando di poco un podio probabilmente suo con un po’ di convinzione in più. Nei 100kg Giovanni Antignani cede nell’incontro iniziale contro Fabrizio Nosei ed il suo assoluto è terminato lì. Nella gara femminile di domenica con 126 atlete in totale, le Fiamme Azzurre, orfane di Paola Boz atleta, di cui si contava l’ultimo titolo assoluto nel 2003 e ormai coach valida delle nuove leve, hanno ritrovato tante speranze rosa grazie al recentissimo reclutamento di cui si accennava sopra. Un oro un argento ed un bronzo. Tre atlete e tre medaglie di tutti i metalli possibili, come inizio non c’è male davvero. Nei 48 kg è arrivato il titolo di Elena Moretti vincitrice in finale contro “un gigante” della categoria compatibilmente con il peso basso: Valentina Moscat argento europeo del 2007. Elena non ha avvertito alcun timore reverenziale e alla fine ha avuto la meglio ponendosi di prepotenza in una posizione di rilievo tra l’élite italiana del judo rosa sicuramente da tener presente in vista di una sua pro-

babile e futura convocazione in azzurro. Medaglia prestigiosa è stato pure l’argento di Marisa Celletti nei 78 kg. Una piazza d’onore maturata dopo una vigilia in cui il peso dell’esordio aveva pesato non poco sulla tranquillità dell’atleta, ed un incontro tiratissimo fino al termine del tempo regolamentare in parità. Al golden score contro la fiamma gialla Assunta Galeone cederà di poco, e le sue lacrime alla fine del match, se da un lato sono il segno di una comprensibile delusione, rappresentano dall’altro la consapevolezza che le sorti del prossimo scontro diretto potranno sicuramente aver per lei un esito diverso, speriamo a lei favorevole, sicuramente non scontato. Sharon Dinasta nei 63kg appannaggio dell’atleta di colore parmense Edwige Gwend, non ha avuto un percorso facile in una categoria valida per i Giochi del Mediterraneo a favore della vincitrice e pertanto combattutissima e dura. Nonostante tutto la torinese ha trionfato per ippon il match che portava al terzo gradino del podio contro Giorgia Ingravalle. C’è da precisare che, dopo aver perduto la possibilità di accedere alla finale con un percorso fino ad essa netto di sconfitte, dovendo portare a termine nei recuperi un numero di incontri spesso superiore rispetto a quello che si disputa per le prime due posizioni, Dio solo sa quanto è dura mantenere la concentrazione e vincere la finalina per il bronzo. Bravissime le donne appena arrivate e già foriere di ottimi piazzamenti, sicuramente ancora una volta bravi i ragazzi protagonisti della gara maschile su spendiamo ancora qualche parola. In un’edizione caratterizzata da 5 podi maschili che sono meno dei 7 di Monza 2007, ma con ben 3 i titoli raggiunti dai nostri in quel di Crotone, si è toccato il record di titoli conquistati nel corso dello stesso campionato assoluto. Nella gara femminile il record dei tre podi nella stessa rassegna tricolore è facilmente intuibile, e, sommando a fattor comune tutti i risultati raggiunti dal team delle Fiamme Azzurre, la conta delle medaglie arriva complessivamente a 8 ci dice che il nostro club porta a casa ben 4 ori, 2 argenti e 2 bronzi.

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Nelle foto: Francesco Faraldo, Lorenzo Bagnoli, Alberto Borin, Marco Caudana, Francesco Bruyere, Una fase della premiazione e il podio di Elena Moretti

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lo Sport

In alto la squadra di judo al completo Marisa Celletti Sharon Dinasta

Sempre a proposito dei ragazzi, campioni d’Italia a squadre 2005 ad Asti, nel 2006 a San Giustino , nel 2007a Mantova e, quarto titolo di fila, nel 2008 a Spello, un grazie particolare per quanto hanno saputo donare e donano a tutt’oggi al gruppo sportivo e alla crescita della sezione.

Se il judo italiano è ad oggi uno degli sport di più alto livello del nostro Paese, lo dobbiamo anche alle tante perle delle Fiamme Azzurre, che non avranno magari il risalto dei calciatori nelle cronache sportive o della loro immagine nelle trasmissioni televisive, ma senz’altro hanno contribuito e contribuiranno a che la disciplina cresca sempre di più in Italia e a livello internazionale grazie ad una scuola di elevato profilo ed interpreti quali sono i nostri ragazzi che tengono alto l’onore della Polizia Penitenziaria e dello sport azzurro rifornendo con prestigio le squadre del team nazionale negli appuntamenti che contano.

risultati maschili 60kg: 1. Fabio Andreoli, 2. MARCO CAUDANA, 3. Amedeo Accorsi e Fabrizio Piatti, 5. Andrea Pastorelli e Roberto Maserin 66kg: 1. FRANCESCO FARALDO, 2. Damian Waser, 3. Elio Verde e Yuri Contegreco, 5. Ludovico Coronese e Antonio Chianese, 11. FABRIZIO LIPPIELLO 73kg: 1. Luca Poeta, 2. Fabrizio Chimento, 3. Marco Maddaloni e Giovanni Di Cristo, 5. Andrea Regis e Guido Carnebianca, 10. MATTEO CELESTI e ALESSANDRO BRUYERE 81kg: 1. Antonio Ciano, 2. Matteo Marconcini, 3. GIOVANNI ALESSIO e Giovanni Carollo, 5. FRANCESCO BRUYERE e Domenico Porcari 90kg: 1. LORENZO BAGNOLI, 2. Bruno Tomasetti, 3. Pablo Tomasetti e Walter Facente, 5. SIMONE TAMANTI e Tommaso Mucchi 100kg: 1. ALBERTO BORIN, 2. Yosvane Despaigne, 3. Giovanni Parisi e Gianluca Giaccaglia, 5. Pasquale Iavazzo e Nicandro Buono, 9. GIOVANNI ANTIGNANI classifica a squadre: 1° Carabinieri, 2° Fiamme Azzurre, 3° Fiamme Gialle

risultati femminili 48kg: 1. ELENA MORETTI, 2. Valentina Moscat, 3. Ilaria Ugon e Tiziana Salvatore, 5. Giulia Mongiello e Moira Giusti 63kg: 1. Edwige Gwend, 2. Flavia Paganessi, 3. SHARON DINASTA e Valentina Giorgis, 5. Giorgia Ingravalle e Giorgia Mancioffi 78kg: 1. Assunta Galeone, 2. MARISA CELLETTI, 3. Roberta Basile e Gilda Rovere, 5. Eva Prayer ed Eleonora Lorenzi classifica a squadre: 1° Fiamme Gialle, 2° Akiyama - Settimo Torinese, 3° Fiamme Azzurre

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Nello specifico non si può mancare di ricordare le imprese del capitano Francesco Bruyere, vice campione del mondo al Cairo nel 2005 e unico italiano mai riuscito a vincere in Giappone nientemeno che la Jigoro Kano Cup, il torneo intitolato al padre del judo con un ippon che indelebilmente lo ha proiettato nella storia della competizione e del judo italiano; ma per non essere ingiusti con tutti gli altri campioni che ugualmente hanno contribuito ai successi di una squadra che ha visto la luce nel 1999 e da allora è in costante ascesa nel Gruppo Sportivo della Polizia Penitenziaria, a tutti, per il loro contributo, per la loro forza, per i lori sacrifici e per i loro risultati… grazie e sempre ad majora! ✦

il Judo: curiosità Judo in giapponese significa “via della cedevolezza” (ju= cedevole e do= cammino). Questa antichissima arte marziale è stata elaborata da Jigoro Kano fondendo i principi di un’altra arte marziale affine, il ju-jitsu. Si combatte senza l’ausilio di armi. Secondo gli storici ci deriva dalla Cina per poi essere stato perfezionato dai giapponesi e da essi diffuso in tutto il mondo. Nel 1964 viene inserito nel programma dei giochi olimpici e nel 1972 vi farà parte in via definitiva. Nel Judo esistono diverse classi di agonisti divise per età: i cadetti hanno 15, 16 anni; gli juniores 17,18 e 19 anni; i seniores da 20 a 35 anni. Le categorie di peso sono, per i seniores maschi, chilogrammi 60; 66; 73; 81; 90; 100 ed oltre 100; per le femmine di chilogrammi 48; 52; 57; 63; 70; 78 ed oltre 78. Le stesse categorie di peso sono previste per le competizioni internazionali, nonché per i Giochi Olimpici: vengono perciò assegnate 14 medaglie d’oro con la partecipazione massima di 386 atleti. I primi campionati italiani vengono disputati a Roma nel 1924; i primi campionati europei nel 1951 a Parigi e la prima rassegna iridata nel 1956 a Tokio in unica categoria.

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Cinema dietro le sbarre Tutta colpa di Giuda uasi una novità cinematografica assoluta, Tutta colpa di Giuda fonde per la prima volta i due generi prisonmovie e musical con leggeri toni di commedia. Il regista Davide Ferrario, forte di una personale esperienza di volontariato nel carcere di Milano, ha realizzato così un’opera molto originale per il cinema italiano. Lo stesso regista ha dichiarato più volte che si tratta di un film nel carcere e non sul carcere per sottolineare come egli non abbia voluto realizzare una pellicola di denuncia, ma soltanto un bel musical ambientato in carcere soltanto per esigenze di copione. La storia racconta di una giovane regista teatrale da sempre attenta alla sperimentazione, Irena Mirkovic, che attraversa una fase di crisi sentimentale con il compagno Cristiano dal quale si sta per separare. Proprio per distaccarsi da Cristiano, decide di accettare la proposta di don Iridio, cappellano di un carcere, che gli ha chiesto di mettere in scena un musical sulla passione di Cristo, con il coinvolgimento in qualità di attori dei detenuti. Il progetto ottiene il benestare del direttore del carcere ma verrà ostacolato in tutti i modi da suor Bonaria (una inedita Luciana Littizzetto in un ruolo serio), personaggio piuttosto duro ed insensibile, che si occupa tutti i giorni dei detenuti distribuendo santini di padre Pio e dispensando reprimende. Ovviamente, la giovane regista incontrerà moltissimi problemi a partire dalla scelta degli interpreti. Infatti, i detenuti accettano di partecipare al progetto ma quando giunge il momento di assegnare le parti nessuno intende interpretare Giuda, per il semplice motivo che l’apostolo è il traditore, cioè l’infame per eccellenza. A questo punto Irena deciderà, disorientando lo stesso don Iridio, di riscrivere il vangelo senza Giuda, immaginando una passione di Cristo che non conduce inevitabilmente alla croce. Il film è stato girato in gran parte all’interno del carcere LoRusso-Cotugno (ex Le Vallette) di Torino e si è avvalso anche della partecipazione di veri detenuti e di personale del Corpo di Polizia Penitenziaria.

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Sopra, la locandina a lato, alcune scene del film

La scheda del Film Regia: Davide Ferrario Soggetto e sceneggiatura: Davide Ferrario Fotografia: Dante Cecchin Musiche: Fabio Barovero Montaggio: Claudio Cormio Scenografia: Francesca Bocca Cotumi: Paola Ronco Produzione: Davide Ferrario per Rossofuoco, Film Commission Torino Piemonte Distribuzione: Warner Bros. Italia Personaggi ed Interpreti: Irena Mirkovic: Kasia Smutniak Libero Tarsitano: Fabio Troiano Don Iridio: Gianluca Gobbi Suor Bonaria: Luciana Littizzetto Cristiano: Cristiano Godano Pezzi: Valentina Taricco Cecco: Francesco Signa Gipsy: Paolo Ciarchi Worker: Christian Konabitè Genere: Commedia - Durata: 102 minuti - Origine: Italia 2009

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a cura di G. B. De Blasis

Giulia non esce la sera robabilmente critici molto più seri di me storceranno il naso di fronte alla decisione di considerare un prison movie l’ultimo film di Giuseppe Piccioni, Giulia non esce la sera. A dire il vero, non posso negare di trovarmi di fronte ad una forzatura, in considerazione del fatto che il film è stato girato quasi interamente all’esterno di un istituto penitenziario. Ma il fatto stesso che la protagonista femminile del film è, in realtà, una detenuta in semilibertà mi da la licenza di considerare comunque la pellicola di Piccioni una pellicola del genere carcerario. La storia del film è sicuramente ispirata ai clichè di Nanni Moretti (l’intellettuale in crisi creativa che sogna di fare un musical, la piscina come ambiente di ritrovo, il matrimonio in crisi, la figlia affetta da bulimia, l’amante nevrotica) e racconta di Guido (Valerio Mastandrea) che è uno scrittore di successo in crisi creativa, il cui ultimo libro è entrato nella cinquina dei finalisti di un prestigioso premio letterario senza alcuna possibilità di vittoria e di Giulia (Valeria Golino) che è reduce dallo sfacelo della propria vita dopo aver abbandonato figlia e marito per un altro uomo che ha finito per uccidere. Giulia, infatti, è colei che non può uscire la sera perché è stata condannata per l’omicidio dell’ amante che voleva lasciarla dopo che per lui aveva rovinato la propria vita. Giulia è anche l’insegnante di nuoto di Guido. Tra i due nasce ben presto una relazione costellata di zone d’ombra. La donna, suo malgrado, vive una doppia vita perché di giorno lavora in piscina e la notte è costretta a rientrare in carcere dove é detenuta in regime di semilibertà. Prende corpo, così, il confronto tra l’intellettuale che conosce i suoi limiti e la povera donna che paga la forza dei propri sentimenti, due personaggi che oscurano tutto il resto della storia e che focalizzano il tema centrale del film: il coraggio o meno di accettare le conseguenze delle proprie azioni. Dal loro confrontarsi emerge che Giulia quel coraggio lo possiede mentre Guido non è mai riuscito a trovarlo. Sullo sfondo l’infelicità di coloro che stanno loro vicino, a cominciare dalle due figlie, quella di Guido, vistosamente sovrappeso, e quella di Giulia, nevroticamente magra.

P

• Realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali DGC italiano e il contributo della Regione Lazio FI.LA.S. S.p.A. in collaborazione con Toscana Film Commission e Regione Toscana. • Suono: Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini.

A fianco la locandina sotto alcune scene del film

La scheda del Film Regia: Giuseppe Piccioni Altri titoli: The Prize - Il premio Soggetto: Giuseppe Piccioni, Federica Pontremoli Sceneggiatura: Giuseppe Piccioni, Federica Pontremoli Fotografia: Luca Bigazzi Musiche: Francesco Bianconi Le musiche sono eseguite ed interpretate dai Baustelle Montaggio: Esmeralda Calabria Scenografia: Giada Calabria Cotumi: Maria Rita Barbera Effetti: Rodolfo Migliari, Fabio Traversari, GHOST SFX S.r.l. Produzione: Lionello Cerri per RAI Cinema, Luminare & Co. Distribuzione: 01 Distribution Personaggi ed Interpreti: Guido Montani: Valerio Mastandrea Giulia: Valeria Golino Benedetta Montani: Sonia Bergamasco Costanza Montani: Domiziana Cardinali Filippo: Jacopo Domenicucci Enrico Giussi: Jacopo Bicocchi Sofia: Sara Tosti Viola: Chiara Nicola Eugenio: Fabio Camilli Padre Rosario: Sasa Vulicevic Bruno: Paolo Sassanelli Agente: Lidia Vitale Eva: Antonia Liskova Attilia: Piera Degli Esposti Genere: Drammatico Durata: 105 minuti Origine: Italia 2009

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dal Mondo... ZIMBABWE Filmato shock su carceri trasmesso da tv sudafricana Il governo di Harare chiede aiuto per quanti sono detenuti nelle prigioni dello Zimbabwe, mostrati in un documentario trasmesso dalla televisione sudafricana Sabc. Le immagini mostrano prigionieri emaciati, troppo deboli per stare in piedi, mentre mangiano come se potessero a malapena portare il cibo alla bocca. Attivisti per i diritti umani ed ex prigionieri hanno sempre denunciato condizioni orribili nelle carceri del Paese, ma finora non erano mai state disponibili prove. Il produttore Godknows Nare ha trascorso quattro mesi ad addestrare quanti hanno fatto le riprese nelle prigioni, poi montate nel documentario intitolato Hell Hole. In una scena si vede un uomo fermo in un cortile, con le costole e l’osso pelvico terribilmente sporgenti. In altre scene sono ripresi prigionieri emaciati, consumati da carenze vitaminiche, chiusi in celle dotate solo di coperte e di sottili materassi. Nare precisa che la prigioni forniscono solo una ciotola di minestra di cereali, che i detenuti mangiano molto lentamente, come se fossero troppo deboli anche per alimentarsi. L’Associated Press non ha potuto stabilire in via indipendente se la debolezza dei prigionieri sia causata dalle condizioni di detenzione, oppure da malattie e malnutrizione.

USA

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Rischiano sfratto i detenuti del carcere di San Quintino I detenuti del famoso carcere californiano di San Quintino rischiano lo sfratto. I 5300 ospiti della prigione godono di una vista magnifica sulla baia di San Francisco: il penitenziario venne costruito nel 1850 su un promontorio isolato in mezzo al verde. Ma la splendida posizione della prigione ha stimolato le brame del mercato immobiliare, assecondate da alcuni membri del Parlamento californiano. «Un carcere di massima sicurezza non dovrebbe essere situato su una proprietà costiera che può valere miliardi di dollari» afferma il senatore Jeff Denham, che ha proposto la vendita della prigione «Potremmo costruire, con una parte dei ricavi della vendita, una prigione all’interno del territorio».

Il carcere di San Quintino, che possiede l’unica camera a gas della California, è situato su un’ampia proprietà di oltre 200 ettari e comprende circa 200 edifici, comprese abitazioni per 90 dipendenti della prigione. La vendita del terreno dove si trova il carcere potrebbe far confluire oltre un miliardo di dollari nelle affamate casse dello Stato californiano e questo ha reso l’iniziativa del trasferimento dei detenuti gradita a diversi parlamentari che altrimenti non l’avrebbero appoggiata con tanto vigore. La chiusura del carcere a beneficio del mercato immobiliare era già stata promessa nel 1971 da un altro governatore della California: Ronald Reagan. Ma non era stata mantenuta. Libertà vigilata per i detenuti che seguono corso letteratura Sul fatto che i libri cambino la vita si può discutere fino allo sfinimento. L’esperienza insegna che meno uno legge più crede alle favole. Come se l’avvicendarsi di storie e personaggi funzionasse da vaccino: alla fine si capisce che noi siamo qui, i libri stanno lì, e per diventare migliori - se questa è l’intenzione - servono interventi più radicali. Erano di diverso parere Robert Waxler e Robert Kane - professore di letteratura inglese all’università del Massachusetts il primo, giudice di Corte suprema il secondo - quando inventarono, nel 1991, il programma Changing Lives Through Literature. Oggi praticato in otto stati americani, concede la libertà vigilata ai carcerati che si impegnino a frequentare un seminario di letteratura. Per un semestre, in ragione di due volte al mese, facendo con diligenza i compiti a casa. La Recherche può funzionare come e meglio del braccialetto elettronico che avverte la polizia quando il condannato si allontana dal perimetro stabilito, riassume Leah Price in un articolo sul New York Times (molti lettori coatti di Marcel Proust sarebbero d’accordo, purché protetti dall’anonimato garantito ai testimoni a rischio). Le lodevoli intenzioni e i risultati più che soddisfacenti - se dobbiamo dar retta agli esperti - non riescono però a cancellare l’orribile verità. Lettura e commento sono considerati una punizione: più lieve di altre, ma sempre di punizione si tratta. I libri servono per migliorarsi, per emendarsi, per guardarsi dentro, per liberarsi dalle cattive abitudini. Funzionano come il programma dei Dodici passi adottato dagli alcolisti anonimi o dai maniaci dello shopping. Sostituiscono la buona condotta. Garan-

tiscono uno sconto sulla pena. Vietato leggerli per svago e distrazione. E che a nessuno venga in mente, neanche per sbaglio, la parola evasione. Per quella, c’è la lima nella pagnotta.

BRASILE Cellulari in carcere coi piccioni intercettati dagli agenti Come in un film di gangster, anzi meglio. In Brasile, due piccioni viaggiatori sono stati intercettati da agenti penitenziari mentre stavano portando un cellulare smontato e un caricatore a un detenuto del carcere di Sorocaba, in provincia di San Paolo. Lo rende noto la stampa brasiliana. Il viavai di piccioni nelle ultime settimane intorno al carcere aveva suscitato dei sospetti negli agenti, che hanno voluto vederci chiaro. Gli agenti sono riusciti ad attirare due pennuti e una rapida perquisizione ha fatto rilevare la presenza di sacchetti di plastica fissati sotto le ali, con dentro pezzi smontati di cellulare, batteria e caricatore. I due piccioni sono poi stati rilasciati per tentare di ricostruirne il percorso con l’aiuto di un elicottero; l’inseguimento aereo però non è riuscito. Adesso gli agenti cercheranno di catturare un altro piccione per montargli addosso un segnalatore satellitare. In una perquisizione alcuni mesi fa, nel carcere di Sorocaba, dove sono rinchiusi 900 detenuti, sono stati sequestrati oltre 700 telefonini.

INGHILTERRA Polemiche per altri 15 sospetti casi di torture Il Parlamento britannico sta mettendo sotto pressione il governo perché indaghi su altri 15 possibili casi, oltre a quello dell’ex detenuto di Guantanamo Binyam Mohamed, in cui i servizi segreti britannici si sarebbero resi complici di torture e maltrattamenti su presunti terroristi: è quanto riporta il quotidiano britannico The Telegraph. L’ex detenuto di Guantanamo Mohamed afferma di essere stato torturato in Pakistan e in Marocco e che i servizi britannici - pur al corrente della situazione - non sono intervenuti per far cessare i maltrattamenti. I 15 nuovi casi riguardano presunti terroristi fra i quali vi sarebbero anche dei cittadini britannici, interrogati fra il 2002 e il 2004. I so-

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spetti erano stati fermati in Pakistan su richiesta delle autorità britanniche, ma erano stati lasciati nelle mani dell’Isi (i servizi pakistani) prima di essere interrogati da funzionari dell’MI5; privi di qualsiasi assistenza legale o consolare, erano stati rimpatriati senza alcuna formale estradizione ed arrestati al loro arrivo nel Regno Unito. Nel luglio scorso alcuni parlamentari britannici avevano chiesto l’apertura di un’inchiesta sul ruolo dei servizi nelle presunte torture inflitte in Pakistan a cittadini britannici. Il premier britannico Gordon Brown aveva dichiarato alcuni giorni fa che se dovessero risultare violazioni della legge da parte di funzionari dei servizi segreti la polizia valuterà l’opportunità di procedere a un’indagine penale nei confronti dei responsabili.

SCOZIA Troppa droga nelle carceri Dati ufficiali rivelano che i sequestri di droghe nelle carceri scozzesi è cinque volte superiore alla media. Tra gennaio 2008 e marzo 2009 ci sono stati 2.122 sequestri. Per Annabel Goldie, del partito Conservatore, il problema è peggiorato negli ultimi cinque anni, e le carceri sono adesso inondate dalle droghe. I dati sono stati pubblicati su richiesta della parlamentare, che ha commentato: «E’ incredibile la quantità di droga trovata nelle carceri negli ultimi cinque anni. I numeri sono raddoppiati. Nel 2003 i sequestri erano 3 al giorno, negli ultimi anni sono stati più del doppio. E’ inaccettabile che nelle nostre prigioni ci sia cosi’ tanta droga». I Conservatori hanno proposto che all’interno degli istituti penitenziari ci siano delle aree in cui i detenuti possano andare se intenzionati a disintossicarsi. «Dobbiamo aiutarli a disintossicarsi, invece di farli stare in luoghi dove non solo c’è droga, ma anche in abbondanza», ha aggiunto la Goldie, che chiede pene piu’ severe per gli spacciatori all’interno delle strutture. «I colloqui dovrebbero avvenire dietro schermi di vetro, così da impedire ogni contatto tra i detenuti e i visitatori». Il portavoce del Governo ha dichiarato che nelle prigioni è già stato dimezzato l’uso dei cellulari, usati spesso per gestire i traffici all’interno. «Il Governo è impegnato nella lotta alle droghe con la polticia della tolleranza zero per i consumatori e gli spaccia-

tori. Investimenti sono stati fatti per nuove tecnologie in grado di individuare lo spaccio di droghe».

GERMANIA Detenuto stupra psicologa All’ergastolo per violenza e omicidio, l’ha poi rilasciata Per alcune ore un pericoloso detenuto nel carcere di Straubing, in Baviera, ha tenuto in ostaggio e violentato una psicoterapeuta. La vicenda si è conclusa all’alba, quando il detenuto, condannato all’ergastolo per un omicidio a sfondo sessuale, ha liberato la donna. La vittima è una psicologa di 49 anni ed è stata tenuta prigioniera per sette ore sotto la minaccia di un coltello. L’uomo, che oggi ha 51 anni, aveva ucciso una venticinquenne, e ha trascorso già 30 anni in carcere.

RUSSIA Troppa detenzione preventiva e carceri inadeguate Condizioni delle carceri inadeguate in Russia e tempi della giustizia troppo lunghi, soprattutto per la custodia cautelare. Le critiche della Pace, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Apce) vengono pronunciate oggi da Sabine LeutheusserSchnarrenberger, relatrice per la Commissione giuridica e i diritti umani dell’organismo europeo. Parlando in una conferenza stampa a Mosca, Leutheusser-Schnarrenberger ha detto che i termini di custodia sono un problema non tanto del diritto russo, quanto della sua applicazione. Chiedendo un più ampio utilizzo delle alternative alla detenzione in fase pre processuale. Per quanto riguarda le condizioni in cui i russi sono detenuti nei centri di detenzione preventiva e penitenziari, LeutheusserSchnarrenberger ha affermato che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emanato una serie di sentenze in materia: tali documenti dimostrano che la situazione non può essere definita positiva. Allo stesso tempo, ha lodato la buona dotazione finanziaria del sistema giudiziario russo: nella giusta direzione il reddito medio dei giudici, abbastanza buono in confronto con quelli di Regno Unito, Germania e Francia.

SVIZZERA Funzionario sospeso per un certificato medico falso Il Governo aveva sospeso l’uomo dalle sue funzioni motivando tale decisione con alcune violazione dei doveri di servizio e per aver presentato «due attestazioni mediche da parte di un professionista straniero per giustificare una sua assenza per malattia, poi risultate retrodatate» si leggeva nel comunicato stampa diramato la scorsa settimana. Interpellato dal giornale, Luigi Pedrazzini ha dichiarato che «durante il colloquio con i superiori il funzionario ha detto di essere stato incarcerato in Marocco e ha pure indicato l’accusa che gli è stata mossa, ma ne ha negato la fondatezza». Ebbene, stando alle rivelazioni fatte da la Regione Ticino, l’uomo era stato in realtà incarcerato in Marocco per presunti atti di pedofilia. Mentre si trovava dietro le sbarre in Nordafrica ha fatto mandare un certificato medico al carcere della Stampa per giustificare la sua assenza dal posto di lavoro. Il ticinese, un uomo del Sopraceneri, insieme ad un altro svizzero e un italiano, si erano recati in vacanza ad Agadir, un centro turistico del Marocco. Avevano preso alloggio in una casa nel quartiere di Charaf, un’abitazione che - scrive il giornale - «sembrerebbe essere stata di proprietà di uno dei cittadini elvetici, verosimilmente il sopracenerino». Una casa che - stando alle rivelazioni - sarebbe stata sospettata di essere un luogo dove si svolgevano incontri a sfondo pedofilo, e per questo era stata tenuta sotto stretta osservazione dal reparto buoncostume delle forze dell’ordine locali, le quali dopo diversi appostamenti attorno alla casa hanno potuto notare un via vai di giovani ragazzi. Le perquisizioni nell’abitazioni hanno permesso di trovare preservativi e lassativi. In compagnia dei tre c’era pure un marocchino 22enne. L’arresto dei tre uomini è finito anche sulle pagine di Liberation lo scorso 26 gennaio, il quale aveva rivelato che il terzetto aveva l’abitudine di mettersi in contatto con i minorenni del luogo pagando un intermediario di Agadir. Stando a quanto scrive il quotidiano bellinzonese i due svizzeri «sarebbero stati condannati a scontare da due a tre mesi di prigione e a pagare poco più di 400 franchi di multa. Condanna simile per il giovane marocchino, scagionato per contro il cittadino italiano». ✦

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l’Ultima Pagina la Lettera pettabile redazione, ho sentito voce dell’idea del Ministero di dare in gestione gli spacci a non so chi nell’intento di recuperare personale da adibire e quindi sopperire alle carenze di unità negli istituti. Beh, se dovessi esternare la mia opinione personale, non basterebbero un centinaio di pagine, ma una piccola sintesi, sperando di riuscirci e non essere tentato di divagare nell’oceano delle considerazioni che ho in merito, la voglio esternare: “SAREBBE UNA CAVOLATA!” Sono tra coloro che sostengono con forza la gestione dello spaccio a carico

S

della Polizia Penitenziaria. Sono uno di quelli che difende a spadatratta il benessere agenti, spazio indispensabile di diritto appartente alla Polizia Penitenziaria. Non sono quei 3,4 o 5 colleghi impiegati allo spaccio che risolveranno i problemi delle gravi ed evidenti carenze di organico. Saranno una semplice e misera goccia nell’oceano. L’Amministrazione sa dove e cosa fare. Lo sappiamo tutti cosa l’Amministrazione deve fare. Consapevole che questa mia è e sarà comunque una semplice e millesimale goccia nell’oceano, spero che almeno l’oceano sia quello giusto. Difendiamo il diritto di gestione del nostro benessere. Almeno questo. Saluti. Lettera Firmata

Nulla quaestio sul sacrosanto diritto del personale ad usufruire di adeguati luoghi di ristoro, di ritrovo e di benessere all’interno degli istituti e dei servizi penitenziari, ma mi domando e domando al collega che ci scrive: «E’ giusto farlo sacrificando la dignità della divisa a vantaggio soltanto di chi gestisce al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria i proventi e gli utili degli spacci? Ci sarebbe meno benessere agenti se gli spacci fossero gestiti in un altro modo?» Credo sarebbe davvero opportuno promuovere un sondaggio (o addirittura un vero e proprio referendum) tra tutto il personale per capire quale sia l’opinione prevalente.

IL MONDO DELL’APPUNTATO CAPUTO

Maggio 2009: Ionta presenta il piano carceri

© 2009 Caputi & De Blasis

e dopo un lungo ed attento periodo di studio volevo illustrare il mio piano di rilancio dell’edilizia penitenziaria...

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