Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002
8 marzo, Convegno Sappe a Roma
Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
ANNO XVII Numero 170 Febbraio 2010
La Copertina Presentazione del Convegno del Sappe su Immigrazione e tossicodipendenza che si terrà a Roma l’8 marzo
L’EDITORIALE Facciamo Partire il “Piano Carceri”
Direttore Responsabile Donato Capece
di Donato Capece
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IL PULPITO Convegno su pena carcere e territorio
Direttore Editoriale Giovanni Battista De Blasis
di Giovanni Battista De Blasis
deblasis@sappe.it
Direttore Organizzativo Moraldo Adolini
IL COMMENTO Che prospettive per il lavoro dei detenuti?
Capo Redattore Roberto Martinelli
di Roberto Martinelli
Comitato di Redazione Nicola Caserta Umberto Vitale
L’OSSERVATORIO POLITICO I detenuti muoiono e il DAP paga i danni
Redazione Politica Giovanni Battista Durante
di Giovanni Battista Durante
Progetto Grafico e impaginazione © Mario Caputi (art director)
LO SPORT I nostri atleti a Vancouver 2010
Direzione e Redazione Centrale Via Trionfale, 79/A 00136 Roma tel. 06.3975901 r.a. fax 06.39733669 E-mail: rivista@sappe.it Sito Web: www.sappe.it Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: “Polizia Penitenziaria -
a cura di Lalì
LE FIAMME AZZURRE I pensionati, una risorsa per lo Stato a cura di Lionello Pascone
OPINIONI E sognavano “La Merica” di Aldo Maturo
Società Giustizia & Sicurezza” Registrazione Tribunale di Roma n. 330 del 18.7.1994
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Donato Capece Segretario Generale Sappe capece@sappe.it Direttore Responsabile
Facciamo partire il piano carceri
Le gru entreranno presto in azione?
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a situazione penitenziaria italiana si sta aggravando ogni giorno di più, come attestano i 66.288 detenuti che alla data del 20 febbraio 2010 affollavano i 206 istituti italiani. In questo contesto è necessario avere garanzie che il Piano carceri del Governo trovi una prima urgente applicazione nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila Agenti di Polizia Penitenziaria e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità. Inoltre, sarebbe opportuno accelerare sulla auspicata previsione normativa di espulsione per i detenuti stranieri in Italia, in modo da far scontare loro la pena nei penitenziari dei Paesi di provenienza. Auguro, poi, che la condivisibile richiesta che il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, ha inviato al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di istituire una sede di confronto in cui perseguire l’obiettivo di armonizzare i provvedimenti in corso e gli altri urgenti finalizzati all’ampliamento della carceri e alla realizzazione di nuovi padiglioni venga recepita. Per chi è distratto, ricordo che sono quattro i pilastri su cui poggia il Piano carceri approvato il 13 gennaio scorso dal Consiglio dei Ministri con il quale il Governo intende risolvere i problemi di sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani. • La dichiarazione dello stato d’emergenza fino a tutto il 2010; • interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e 18 nuovi istituti secondo il modello L’Aquila, con la predisposizione di oltre 21mila posti in più che porteranno la capienza totale a 80mila unità; • interventi normativi che introducono la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità; • assunzione di 2000 nuovi agenti di Polizia Penitenziaria più la previsione di ulteriori 1.800 unità per sopperire al turn over dei pensionamenti nel Corpo.
Per quanto concerne le assunzioni nella Polizia Penitenziaria, il Capo del DAP Ionta ha precisato che, secondo le indicazioni dell’art. 2 comma 212 della legge finanziaria 2010, è prevista l’assunzione di 2.000 unità di Polizia Penitenziaria, i cui tempi devono necessariamente calibrarsi sull’andamento progressivo dello stato delle costruzioni dei nuovi edifici o padiglioni penitenziari. Oltre all’assunzione di 2000 nuove unità, il Capo del DAP ritiene che occorra supplire al fisiologico turn over determinato dai posti resi vacanti dal personale che lascia il servizio per raggiunti limiti di età. Nell’arco dei prossimi tre anni, ha spiegato, si prevede un turn over di circa 800 unità in meno all’anno: la previsione, quindi, è di supplire tale carenza con la possibilità di assumere ulteriori 1.800 unità di Polizia Penitenziaria. I tempi di assunzione di nuovo personale saranno ridotti rispetto alle ordinarie procedure di reclutamento tramite concorso pubblico, in quanto per almeno mille unità si potrà attingere utilizzando la graduatoria degli idonei non vincitori del concorso per VFP1 pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 10 ottobre 2008 mentre sarà necessario bandire un nuovo concorso per l’assunzione delle rimanenti mille unità. Per accelerare ulteriormente l’immissione in servizio delle nuove unità di personale, l’attuale durata di dodici mesi di formazione sarà ridotta a sei mesi, dagli attuali dodici mesi. Lo abbiamo sempre sostenuto e più volte scritto sui lanci della nostra Agenzia di Stampa Sappeinforma lo ribadiamo oggi: Gutta cavat lapidem, ovvero la goccia scava la roccia. Finalmente hanno trovato un primo riscontro concreto le nostre continue, sistematiche sollecitazioni ad assumere nuovo personale di Polizia Penitenziaria, atteso che già oggi il Corpo è carente di ben 5mila unità, ed a ripensare il sistema carcerario del Paese. Abbiamo espresso apprezzamento al piano carceri del Ministro della Giustizia Angelino Alfano e del Governo. Giudizio analogo abbiamo espresso in occasione della relazione sullo stato della giustizia che il Ministro Guardasigilli ha tenuto al Senato della Repubblica. Bene, è giunta l’ora che questo benedetto Piano Carceri decolli e si inizi a vedere i primi riscontri per alleggerire le tensioni che si stanno sempre più creando all’interno degli istituti penitenziari italiani. Secondo noi è ora di passare dalle parole ai fatti, senza perdere altro tempo, prezioso, per noi operatori e per la sicurezza delle nostre carceri. ✦
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Giovanni Battista De Blasis Segretario Generale Aggiunto Sappe deblasis@sappe.it Direttore Editoriale
Convegno a roma su pena, carcere e territorio Ancora un’occasione per parlare della drammatica emergenza delle carceri on mi stancherò mai di ripetere, anche a costo di annoiare i lettori, la mia preoccupazione per l’attuale situazione dei penitenziari italiani. E’ innegabile come questi primi anni del terzo millennio (fatta eccezione per i pochi mesi nei quali ha prodotto effetti palliativi l’indulto del 2006) sono il peggior periodo vissuto dal sistema carcerario italiano, a parte le drammatiche vicende dell’eversione degli anni settanta. In questo clima e con questi presupposti, sono assolutamente convinto che noi addetti ai lavori ci dobbiamo tutti adoperare affinché non si abbassi, neppure di un decibel, il grido d’allarme nei confronti dell’opinione pubblica, dei media e, soprattutto, della politica e del governo. In questa ottica, ben vengano tutte le iniziative possibili ...comunicati stampa, conferenze stampa, convegni e quant’altro si riesca ad organizzare per sensibilizzare l’opinione pubblica. E proprio per queste ragioni ed in questo contesto, abbiamo voluto organizzare il Convegno “Immigrazione e Tossicodipendenza. Pena, carcere e territorio. Riorganizzazione della Polizia Penitenziaria”, promosso in collaborazione tra il SAPPe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) e l’ANFu (Associazione Nazionale Funzionari). Il Convegno, che sarà ospitato dall’aula magna della Scuola di Formazione della Polizia Penitenziaria di Roma, prevede gli interventi di illustri ed autorevoli rappresentanti del Governo e del Parlamento, dell’Amministrazione Penitenziaria e delle maggiori organizzazioni sindacali del comparto sicurezza. L’occasione sarà sicuramente utile, non solo per ascoltare autorevoli interventi, ma anche per attirare l’attenzione dei mass media sull’avvenimento e, quindi, sulla preoccupante situazione penitenziaria. Nel frattempo, anche il Sidipe (Sindacato Direttori Penitenziari) ha fatto la sua parte con un analogo convegno tenuto a Trieste lo scorso 26 febbraio. In quel contesto è stato molto interessante assistere alla presentazione del prototipo di carcere galleggiante illustrato ad hoc dalla Fincantieri. Secondo Fincantieri, la costruzione di carceri modulari galleggianti è molto più semplice rispetto a quella dei carceri tradi-
zionali sia per l’assenza di tutti i vincoli ambientali e burocratici, sia per i tempi notevolmente più brevi e certi, perché non soggetti ad alcun tipo di imprevisto in corso d’opera. Sempre secondo Fincantieri, un carcere galleggiante con una capienza di seicento posti, provvisto di tutte le pertinenze di un carcere tradizionale, può essere costruito in 18/24 mesi con un costo di circa novanta milioni di euro. Nel nostro Convegno di Roma, per altro verso, ospiteremo un Alto Funzionario del Dipartimento Carcerario inglese che ci illustrerà gli effetti deflattivi del probation system anglosassone, con particolare riferimento all’istituto della messa in prova e all’utilizzo del braccialetto elettronico. Proprio sull’utilizzo dell’apparecchio di monitoraggio elettronico dell’esecuzione penale esterna, interverranno, inoltre, alcuni tecnici della società inglese Monitoring che effettueranno una dimostrazione pratica del suo utilizzo. Senza ombra di dubbio, non dobbiamo perdere l’occasione, come ho detto più volte, per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla vicenda carceri senza aver paura di sottolineare la tragicità della situazione laddove non si può sottacere il drammatico record di suicidi dello scorso anno (71) che rischia di essere, ancora più drammaticamente superato quest’anno visto che in appena due mesi ne abbiamo subiti impotentemente, altri dodici. Non vorrei nemmeno ipotizzare che un trend del genere ci potrebbe portare, nel 2010, al tristissimo primato di ottanta suicidi. Nel frattempo, con sessantottomila detenuti ristretti nelle carceri, la popolazione penitenziaria continua ad aumentare al ritmo di ottocento al mese a fronte, sempre, della stessa capienza di quarantaduemila posti elevabili fino al numero tollerabile di sessantatremila, già ampiamente superato. Di fronte a questi dati, nessuno può chiamarsi fuori , nessuno può pensare di non essere coinvolto ...perché le carceri, come le scuole, gli ospedali e qualsiasi altra struttura pubblica, fanno parte della nostra società e, soprattutto, fanno parte di quelle cose che riguardano le nostre coscienze. Ci vediamo a Roma, alla scuola di via di Brava, il prossimo otto marzo. ✦
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Al centro, la copertina del pieghevole del Convegno di Roma
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Roberto Martinelli Segretario Generale Aggiunto Sappe martinelli@sappe.it Capo Redattore
Dal Piano Carceri nuove prospettive per il lavoro dei detenuti?
Nella foto, Detenuti al lavoro
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a recente dichiarazione dello stato di emergenza del sistema penitenziario lascia intravedere, per il prossimo futuro, concrete prospettive di un progressivo ampliamento del lavoro di pubblica utilità con l’impiego di soggetti condannati a pene detentive brevi. Gli interventi normativi contenuti nel Piano carceri, approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 gennaio scorso, introducono infatti la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità. L’impegno assunto dal Governo Berlusconi presuppone il contributo concreto di tutti gli Enti locali per una ricognizione puntuale ed analitica, nel distretto territoriale di competenza, delle opportunità lavorative in cui utilmente impiegare i detenuti in lavori di pubblica utilità, in vista della futura messa a regime del sistema. Già da tempo il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – ha intrapreso una serie di iniziative sperimentali volte a favorire il reinserimento socio lavorativo di soggetti in espiazione di pena mediante la partecipazione responsabile e consapevole a progetti di lavoro utili alla collettività. Iniziative, queste, che hanno fornito riscontri positivi non solo in termini trattamentali, ma anche nei confronti della cittadinanza che ha visto attivamente impegnati in lavori di pubblica utilità coloro che si sono resi responsabili di reati più o meno gravi. Si pensi, ad esempio, alla recente operazione di pulizia svolta a Roma lo scorso 8 dicembre in cui un consistente numero di detenuti (nell’ordine delle 60 unità circa) ristretti nella Casa di reclusione e nella Casa circondariale femminile di Roma Rebibbia, hanno provveduto a ripulire aree archeologiche di particolare pregio da sterpaglie e rifiuti. A ulteriore conferma dell’assoluta valenza positiva di iniziative simili è il recente protocollo d’intesa siglato dalla Regione Lombardia, il Ministero della Giustizia e la Società di gestione Expo Milano 2015 S.p.A. che ha ufficializzato l’impegno delle parti all’assunzione di un considerevole numero di soggetti in espiazione di pena negli istituti penitenziari della Lombardia per l’impiego in tutte le attività lavorative connesse all’orga-
nizzazione dell’imponente manifestazione fieristica. Secondo l’articolo 15 dell’Ordinamento Penitenziario, il lavoro rappresenta l’elemento principale del trattamento e, in quanto tale, deve essere favorito in ogni modo poiché, attraverso esso, il soggetto in espiazione di pena può trovare una nuova affermazione della personalità logorata con la commissione del reato. La nuova concezione delle soluzioni sanzionatorie, sempre meno afflittive ma più efficaci nel controllo del crimine, può trovare la giusta risposta nei progetti di lavoro di pubblica utilità e di recupero del patrimonio ambientale. I dati di cui disponiamo (aggiornati al 31 dicembre 2008) ci dicono però che la percentuale dei detenuti che lavorano è minima, circa il 24% delle presenze (che, a quella data, erano pari a 58.127 unità detenute). I detenuti quindi, ed in particolare quelli condannati con sentenza definitiva, vivono una realtà che, lungi dallo scopo rieducativo cui dovrebbe mirare, li abbrutisce sempre più: mesi o addirittura anni trascorsi nell’ozio assoluto, in attesa di ottenere una delle tante misure premiali di riduzione della pena. Allo stato di disagio del condannato come persona si aggiunge il di-
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Carmelo Sardo
VENTO DI TRAMONTANA sagio dell’Amministrazione penitenziaria (e dello Stato, più in generale), considerato che ogni detenuto costa circa 250 euro al giorno; spese che, inutile negarlo, sono a fondo perduto, perché il più delle volte a fine pena non riesce a recuperarsi neanche l’irrisorio debito cui sarebbe tenuto il detenuto (debito che si attesta intorno ad euro 0,70 al giorno per la durata della reclusione). E’ vero che negli ultimi tempi l’Amministrazione Penitenziaria, al fine di sperimentare nuove prospettive trattamentali nei confronti della popolazione detenuta, ha sensibilizzato le strutture periferiche del territorio a intraprendere iniziative volte alla piena attuazione proprio dell’articolo 15 dell’Ordinamento penitenziario. L’attivazione sul territorio nazionale di iniziative inerenti la promozione del lavoro è dunque diventato obiettivo primario che l’Amministrazione Penitenziaria persegue al fine del coinvolgimento consapevole e responsabile dei soggetti in espiazione di pena in attività lavorative volte all’integrazione e al reinserimento nella comunità sociale. Tutto questo nella convinzione che il lavoro è uno degli elementi determinanti su cui fondare percorsi di inclusione sociale non aleatori. Im piegare in detenuti in progetti di recupero del patrimonio ambientale e in lavori di pubblica utilità è una delle richieste storiche del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, motivata dalla necessità concreta di dare davvero un senso alla pena detentiva. I detenuti hanno prodotto danni alla società? Bene, li ripaghino mettendosi a disposizione della collettività ed imparando un mestiere che potrebbe essere loro utile una volta tornati in libertà. E allora, se è vero – come è vero - che il lavoro è potenzialmente determinante per il trattamento rieducativo dei detenuti (perché li terrebbe impiegati per l’intero arco della giornata durante la detenzione - ore che oggi passano nell’ozio quasi assoluto -; perché permetterebbe loro di acquisire un’esperienza lavorativa utile fuori dalla galera, una volta scontata la pena), perché non provare a percorrere anche questa strada? In Parlamento giacciono svariate proposte di legge finalizzate proprio ad introdurre strumenti legislativi concreti per il lavoro penitenziario dei detenuti, utile per il loro riscatto morale ed umano ma anche per la collettività, esonerandola almeno in parte dal mantenimento dei condannati. Possibile che proposte di legge di buon senso di questo tipo, che peraltro sono state presentate da tutti gli schieramenti politici, anziché essere approvate nel tempo più breve e con la più ampia maggioranza parlamentare, debbano restare negli archivi di Camera e Senato? ✦
MONDADORI Editore pesso di notte la tramontana spazza l’isola di Favonio, e il bel mare, verde di giorno, si gonfia minaccioso. Sul muro di cinta del vecchio castello trasformato in penitenziario di massima sicurezza, un giovane prega che il vento cali e gli aliscafi l’indomani partano, per tornarsene a casa a passare i suoi giorni liberi. Ha scelto di fare il servizio militare nella Polizia Penitenziaria. Nella baldanza dei suoi vent’anni quella gli era sembrata la soluzione ideale per non allontanarsi troppo da casa e dalla ragazza di cui è innamorato. Adesso però le ore di guardia gli sembrano interminabili. Per ammazzare il tempo si porta dietro, nascosto nei pantaloni della divisa, un quaderno dove annota le sue acerbe emozioni e fantastica sul futuro con la giovanissima fidanzata. La vita del carcere, con le sue regole e i suoi codici, quel mondo così lontano e così diverso dal suo, finiscono però per ammaliarlo. Ben presto smarrimento e angoscia lasciano il posto alla curiosità e sul quaderno comincia a registrare ogni cosa che succede dentro quelle celle fradice e umide: vendette atroci, ripicche crudeli, ma anche storie di forti passioni e di sentimenti veri. Quel ragazzo che non vedeva l’ora di andarsene, piano piano viene catturato dal fascino aspro dell’isola e si lascia sedurre dalle confidenze che gli affidano quei boss, tutti accomunati dal medesimo destino di fine pena mai. Uno in particolare, il vecchio capomafia Carmelo Sferlazza, studia quel giovane così sensibile e intelligente, lo osserva e lo sceglie, perché ha bisogno di un complice per il suo singolare progetto, per una volta non criminale, ma anzi, finalmente, di riscatto dal suo passato di mafioso. Il patto con il boss è destinato a tormentare a lungo il ragazzo, costringendolo a rivedere le sue scelte e a fare i conti con l’idea che in realtà bene e male siano indissolubilmente intrecciati. Ma lo porterà anche, inesorabile, al suo appuntamento col destino, che ha in serbo per lui un regalo sorprendente – sotto forma di un amore pieno e tenerissimo –, e che si compirà ancora una volta nell’isola di Favonio. Nell’universo brutale e spietato di un carcere di massima sicurezza, con le sue storie crude eppure umane di boss e di picciotti, di piccoli delinquenti ed ergastolani, Carmelo Sardo mette in scena un insolito, vibrante, tenero apprendistato alla vita. Mostrando subito, fin da questo suo primo romanzo, una straordinaria sapienza narrativa e un’innata abilità nell’evocare i toni, i gesti, la fisiologia della giovinezza.
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Sotto, la copertina del libro in basso, l’autore
Carmelo Sardo è nato a Porto Empedocle (Agrigento) e vive a Roma. Giornalista e volto del Tg 5, si occupa dei principali fatti di cronaca.
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Giovanni Battista Durante Segretario Generale Aggiunto Sappe durante@sappe.it Responsabile redazione politica
I detenuti muoiono e l’amministrazione viene condannata a risarcire i danni a decima sezione civile del Tribunale di Milano, con una sentenza firmata dal giudice Andrea Manlio Borrelli, figlio del più famoso Francesco Saverio Borrelli, ha condannato l’Amministrazione penitenziaria a risarcire i famigliari di un detenuto morto nel carcere di Pavia per aver inalato gas.
Nella foto, il carcere di Pavia
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La condanna ammonta ad oltre 140.000 Euro, in favore della mamma del detenuto morto e delle due sorelle che, congiuntamente, avevano citato in giudizio il ministero della Giustizia. Alfio Miguel Bosco, questo il nome del detenuto morto, arrestato per furto, fu
portato nel carcere di Pavia dove, la stessa sera dell’ingresso, tentò una prima volta di togliersi la vita. «Estrasse dalla tasca dei pantaloni un laccio da scarpe e se lo strinse attorno al collo tentando di fissarne un’estremità alle sbarre dell’inferriata di chiusura del locale, senza riuscirvi per il pronto intervento dell’agente e dell’infermiera in servizio». Questo è quanto si legge dagli atti e dalla ricostruzione fatta dal giudice nella sentenza. Miguel Bosco era (fumatore e) tossicodipendente da eroina e cocaina, stupefacenti che aveva assunto anche la sera prima, nonché assuntore di psicofarmaci. Il Bosco fu visitato dal medico che lo definì «Soggetto ansioso, depresso, tossicodipendente da cocaina ed eroina endovenosa, fortemente aggressivo, insofferente, eretistico» e ne prescrisse la «Attenta sorveglianza da parte degli agenti di Polizia Penitenziaria.» Lo stesso medico indicò come medio il rischio di suicidio da parte del Bosco e fece richiesta urgente di colloqui di sostegno per il medesimo. La mattina del giorno successivo all’arresto, dopo essere uscito dalla cella per recarsi al magazzino del carcere, prima, e all’ufficio matricola, poi, Bosco, rientrato in cella, scrisse qualcosa su un foglio, che si mise in tasca, e, chiesto al compagno di cella di alzare il volume della televisione, si ritirò nel bagno, da dove, poco dopo, iniziò a propagarsi forte odore di gas. Gli agenti della Polizia Penitenziaria, in-
tervenuti prontamente, trovarono il detenuto esanime e, vicino a lui, fu rinvenuta la bomboletta di gas, il cui possesso è consentito ai detenuti, al fine di scaldare bevande e cibi, secondo quanto previsto dall’ordinamento penitenziario. Nonostante i tentativi rianimatori Bosco decedette per «Avvelenamento acuto secondario all’inalazione di gas tossico (verosimilmente butano e propano). Nessuno del personale penitenziario – scrive il giudice – si era preoccupato di verificare che Bosco non si procurasse la disponibilità della bomboletta di gas, nonostante essa fosse un bene che, secondo le regole del carcere stesso, era sottoposto a un regime particolare di registrazione, di custodia (“in apposito locale”) e di utilizzo (…) E’ opinione di questo giudice che, negli ordinamenti “democratici” di tipo europeo (con tale espressione intendendosi quelli che hanno da tempo fatto proprio il principio dell’habeas corpus e nei quali, a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo, è scomparsa la pratica del supplizio), alla custodia del ristretto per ragioni di giustizia ineriscano, sul piano giuridico, obblighi “di protezione” a carico dell’istituzione penitenziaria». Secondo quanto scrive il giudice, al carcere è attribuita dall’ordinamento (anche) una dose di potere sul corpo della persona. Secondo quanto afferma l’autorità giudicante nel carcere si rinchiude il corpo per privare l’individuo di una libertà considerata un diritto e insieme un bene. Tale potere sul corpo è
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di diversa ampiezza e cogenza, a seconda del grado di compressione della libertà personale che ciascuna categoria di istituzione è autorizzata a porre in essere in vista dell’assolvimento della funzione assegnatale. (…) Quanto maggiore è il potere attribuito all’istituzione di conformare (comprimendo) la libertà personale dell’individuo affidatole, tanto maggiore è l’obbligo dell’istituzione medesima di prendersi cura (quantomeno) del corpo della persona soggetta al potere stesso. Detto potere conformativo della libertà individuale è massimo nella istituzione carceraria: il corpo è qui irretito in un sistema di costrizioni, di obblighi e di divieti, ai quali deve necessariamente soggiacere. Al dovere di custodia della persona del detenuto gravante sulla struttura penitenziaria, dunque, non possono non inerire obblighi accessori che, in lessico giuridico, sono definibili di protezione. Secondo quanto afferma il giudice tali obblighi sono direttamente proporzionali al grado di privazione della libertà personale. Tali obblighi di protezione comprendono la tutela dell’incolumità del detenuto che deve essere salvaguardata oltre che dalla violenza di terzi (altri detenuti, guardie carcerarie (è quanto scrive il giudice nella sentenza), inquirenti ecc.), anche da eventuali gesti autosoppressivi o autolesivi. (… ) L’amministrazione penitenziaria, titolare del potere sul corpo del detenuto, ha l’obbligo giuridico di vigilare affinché il detenuto non compia (neanche) gesti di questo tipo. Il giudice ha ritenuto che nel caso di specie vi siano state negligenza e imprudenza imputabili all’istituzione carceraria; esse appaiono essere state in rapporto causale con l’evento (morte autoprocurata di Miguel Bosco). (…) Se è vero che le deposizioni testimoniali di personale penitenziario assunte nel presente giudizio non consentono di ritenere che vi sia stata negligenza degli agenti di custodia (è quanto scrive il giudice) nell’effettuare i periodici passaggi di
controllo (ogni 15 minuti circa), è pure vero che costituisce grave colpa, sotto i menzionati profili della imprudenza e della negligenza (…) l’omissione di vigilanza che ha consentito a Bosco di avere la disponibilità della bomboletta di gas (propano e butano) poi risultata fatale. Secondo quanto scrive il giudice l’Amministrazione penitenziaria sarebbe comunque responsabile di avere lasciato che Miguel Bosco avesse la libera disponibilità di uno strumento idoneo a consentirgli di suicidarsi, ovvero di trovare la morte per un uso distorto dello strumento stesso. Pertanto, il giudice ha condannato l’amministrazione a risarcire il danno patito dalle congiunte (madre e sorelle) del defunto. L’Amministrazione è stata condannata a risarcire 80.000 Euro in favore della mamma e 20.000 Euro per ciascuna delle sorelle. A ciò si deve aggiungere la rivalutazione monetaria dovuta agli interessi maturati sulle somme anzidette che ammontano a 11.907,98 Euro in favore della mamma e 2976,99 in favore della sorella. A tali somme si aggiungono le spese processuali, quantificate in 540,00 Euro per esborsi, 1980,00 per diritti e 6800,00 per onorari. Si tratta, evidentemente, di una sentenza sconvolgente per i contenuti e, soprattutto, per il rischio, più che concreto, che possa essere avviato un procedimento, nei confronti del personale coinvolto nella vicenda, qualora fosse riscontrata, nei loro confronti, la colpa grave. E’ una sentenza sconvolgente se si pensa anche al fatto che, stante quanto affermato dal giudice nella sentenza, i famigliari di tutti coloro che muoiono in carcere in circostanze analoghe a quelle di Miguel Bosco, e dal 2000 ad oggi ci sono state più di 500 morti per suicidio, possono citare in giudizio l’Amministrazione e sperare di ottenere il risarcimento danni. Come vedremo in seguito il caso di Miguel Bosco non è isolato. ✦
Pietro Semeraro
L’ESERCIZIO DI UN DIRITTO GIUFFRE’ Editore pagg. 178 - euro 19,00
’esercizio di un diritto è una causa di giustificazione prevista nel codice penale del 1930 all’art. 51: “l’esercizio di un diritto (...) esclude la punibilità”. Chi dunque, nell’esercizio di un diritto legittimo, abbia a compiere atti o fatti che integrino una fattispecie preveduta dalla legge come reato, non può essere punito per questo. L’Autore, docente di Diritto Penale all’Università degli Studi di Bergamo, ne approfondisce in questo interessante Volume la materia. Questo il sommario: Fondamento e fonti della scriminante - Struttura della scriminante e limiti - La disciplina della causa di giustificazione - Il diritto di manifestazione del pensiero - La libertà di associazione - La difesa della proprietà e gli offendicula - La libertà di sciopero - L’attività medico-chirurgica - Ius corrigendi - La violenza sportiva - Considerazioni conclusive Bibliografia generale.
Polizia Penitenziaria - SG&S n. 170 - febbraio 2010
A fianco, la copertina del libro
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Vancouver 2010 XXI edizione dei Giochi Olimpici Invernali
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enerdì 12 febbraio a Vancouver si è aperta la XXI edizione dei Giochi Olimpici invernali. Tanto per iniziare con un po’ di numeri, la prima si tenne a Chamonix nel 1924 e si disputarono 16 prove nel Pattinaggio su ghiaccio di velocità e di figura, nello Sci nordico, nel Curling, nell’Hockey su ghiaccio e nel Biathlon. Alle gare presero parte 258 atleti di 16 Nazioni (solo 11 le donne presenti). Il miglior piazzamento dell’Italia presente alla competizione fu un sesto posto nel bob a quattro. Da quella prima pietra nella costruzione della enorme popolarità di cui godono i giochi invernali si sono susseguite le edizioni di St. Moritz 1928, Lake Placid 1932, Garmisch/Partenkirchen 1936, St. Moritz 1948, Oslo 1952, Cortina d’Ampezzo 1956, Squaw Valley 1960, Innsbruck 1964, Grenoble 1968, Sapporo 1972, Innsbruck 1976, Lake Placid 1980, Sarajevo 1984, Calgary 1988, Albertville 1992, Lillehammer 1994, Nagano 1998, Salt Lake City 2002, Torino 2006. A Torino l’Italia chiuse al 9° posto nel medagliere con 5 ori e 6 bronzi. Si trattava della seconda edizione dei Giochi disputata nel nostro paese dopo quella di Cortina ’56 . Dai 188 atleti azzurri presenti nel 2006, la rappresentativa italiana in Canada scende a 109 unità anche per l’assenza di alcuni sport di squadra. Contrariamente ai numeri complessivi i portacolori delle Fiamme Azzurre sono in crescita: dai soli Carolina Kostner e Omar Sacco, nel pattinaggio e nel bob, gli atleti della Polizia Penitenziaria impegnati a Vancouver saranno 5: Carolina Kostner, con Anna Cappellini e Luca Lanotte nel pattinaggio artistico, poi Cecilia Maffei nello short track e Deborah Scanzio nel freestyle. Mentre i campioni ipovedenti dello sci alpino Gianmaria Dal Maistro e Tommaso Balasso (guida) saranno i primi rappresentanti delle Fiamme Azzurre nei Giochi Paralimpici invernali, in calendario sempre a Vancouver (dal 12 al 21 marzo 2010). Un’edizione che si è aperta con una brutta notizia quella di questi giochi. Una morte assurda di un giovane georgiano durante un incidente avvenuto durante le prove sul percorso dello slittino olimpico, la disciplina del nostro campione mondiale Armin Zoeggeler, ha funestato apertura ed inizio della festa d’avvio, e peserà come un macigno sui ricordi dell’intero evento sebbene the show must go on per dirla alla Freddy Mercury.
Nodar Kumaritashvili è morto a 21 anni schiantandosi a 144 km orari su un palo della protezione esterna al tracciato. Poco importa se qualcuno, per evitare qualunque addebito, si è affrettato a dichiarare che la conformazione della pista è ottimale e la causa della tragedia è stata esclusivamente l’errore umano. Un ragazzo ordinariamente fuori dal podio, presente all’olimpiade di Vancouver come se questo fosse già una grande vittoria della vita e senz’altro non aspettandosi di vincere una medaglia, non è riuscito a vedere né il traguardo, né la cerimonia di premiazione. Lo spettacolo olimpico continua a beneficio degli sforzi per arrivare alla kermesse a cinque cerchi compiuti da tutti quegli atleti che hanno meritato di avere la loro opportunità così come l’aveva conquistata lo sfortunato Nodar e che, immaginiamo, mai al mondo si sarebbe lasciato sfuggire o avrebbe voluto che fosse interrotta da alcunché. Probabilmente, per motivi di opportunità, di questa tragica vicenda non se ne parlerà più fino al momento in cui i riflettori su Vancouver non si spegneranno, ma certamente una riflessione sulla caducità della vita e sull’importanza relativa delle classifiche e delle medaglie, sia pure in una kermesse regina quale è quella a cinque cerchi, inevitabilmente a tanti l’avrà fatta e la farà fare. Tornando ai Giochi, gli sport compresi nel programma olimpico sono: sci alpino, biathlon, bob, sci di fondo, curling, pattinaggio di figura, sci freestyle, hockey su ghiaccio, slittino, combinata nordica, short track, skeleton, salto sugli sci, snowboard e pattinaggio di velocità. Questa canadese è un’edizione record anche per il settore paralimpico di cui le Fiamme Azzurre, uniche tra i gruppi sportivi italiani, possono vantarsi.
Polizia Penitenziaria - SG&S n. 170 - febbraio 2010
a cura di Lalì info@sappe.it Redazione sportiva
Giunti alla X edizione i Giochi Paralimpici attendono la partecipazione di oltre 40 Paesi: la cerimonia di apertura è prevista per il 12 marzo e le gare si terranno dal 13 al 21 marzo. Gli atleti paralimpici saranno impegnati in queste discipline: sci alpino, sci di fondo, biathlon, hockey su ghiaccio e curling, nelle varie categorie previste per i diversamente abili. Tra l’altro, Dal Maistro avrà anche il ruolo di portabandiera della delegazione olimpica italiana, come toccò a Carolina Kostner nel 2006. Un ruolo importante, che Carolina, più piccola e meno matura agonisticamente parlando, onorò con orgoglio a Torino, e che negli anni, grazie ai risultati conquistati nelle più importanti manifestazioni internazionali, idealmente riveste ancora anche in Canada, sicuramente nel cuore degli italiani che ne ammirano le imprese. Carolina è infatti uno dei personaggi più popolari dello sport italiano.
Nata e cresciuta ad Ortisei l’atleta della Polizia Penitenziaria ha iniziato prestissimo ad andare sui pattini. Un destino già scritto il suo in fondo: il papà Erwin è stato un campione e il capitano della nazionale di Hockey su ghiaccio per oltre un decennio, e la mamma Patrizia ha praticato anche lei a buon livello il pattinaggio artistico. A 14 anni Carolina decise di trasferirsi ad Oberstdorf, sulle Alpi bavaresi, per studiare e allenarsi con il tecnico tedesco Michael Huth. Una scelta azzeccata per il momento di crescita sportiva dell’adolescente Carolina: il primo alloro importante è stato il bronzo ai Mondiali di Mosca 2005 e nel 2007 a Varsavia è diventata la prima atleta italiana a fregiarsi del titolo europeo. Nel dicembre 2005 è stata reclutata dalle Fiamme Azzurre: grazie ai suoi successi sportivi ha conseguito dopo soli due anni l’avanzamento nel grado per merito eccezionale, conferito dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Con il club della Polizia Penitenziaria ed i responsabili federali è stato poi concordato un altro cambiamento importante nella sua vita di atleta, quale il trasferimento a Los Angeles per farsi seguire a partire dal giugno 2009, dal celebre tecnico americano Frank Carroll e da Christa Fassi. Definito anche il passag-
gio dell’importante ruolo di fisioterapista all’ex campione della Polizia Penitenziaria, Andrea Benvenuti, Carolina ha continuato tuttavia a servirsi della canadese Lori Nichol in qualità di coreografa e dello staff di riferimento che da tempo la segue. Dopo essersi diplomata a Obertsdorf, nel 2007 si è iscritta alla facoltà di Arte, Musica e Spettacolo presso l’ateneo torinese. Altra atleta precoce riguardo alla scelta dello sport d’elezione è sicuramente Anna Cappellini, anche lei campionessa sui pattini, a Vancouver in coppia con Luca Lanotte nella danza su ghiaccio Ha iniziato a pattinare all’età di 3 anni con i genitori, perfezionandosi poi sotto la guida dei tecnici milanesi Roberto Pelizzola e Barbara Riboldi. Fino all’età di 8 anni ha anche frequentato la scuola di balletto classico. Nel corso della sua carriera come specialista della danza ha avuto diversi partner in pista - Federico Bassi, Luca Lombardi e Matteo Zanni - ma ha conosciuto il successo soprattutto in coppia con Luca Lanotte, a partire dalla stagione 2005: ed entrambi sono entrati nelle Fiamme Azzurre nel maggio 2008. Dopo il reclutamento da parte della Polizia penitenziaria, nella primavera del 2009 è arrivata anche la decisione di trasferirsi in Francia per farsi seguire da un’allenatrice esperta come Muriel Zazoui. Tra i suoi ritmi preferiti, il quick step e il foxtrot. Luca Lanotte ha iniziato a pattinare all’età di 7 anni sulla scia delle due sorelle maggiori che già frequentavano le piste mila-
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Sopra, Gianmaria Dal Maistro e Tommaso Balasso al centro Carolina Kostner
a sinistra la coppia di pattinaggio formata da Anna Cappellini e Luca Lanotte
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Sopra ancora la coppia Cappellini Lanotte impegnati in una figura in alto a destra Deborah Scanzio
A fianco Cecilia Maffei
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nesi. Si è poi perfezionato nel corso degli anni sotto la guida dei degli stessi tecnici di Anna, Roberto Pelizzola e Barbara Riboldi. Nel corso della sua carriera come specialista della danza ha avuto diverse partner in pista - Arianna Jovino, Camilla Spelta, Camilla Pistorello, ma il successo soprattutto in coppia con Anna Cappellini, a partire dalla stagione 2005. Per i due ragazzi della Polizia Penitenziaria, quella di Vancouver sarà l’Olimpiade dell’esperienza, quella che consentirà di prendere confidenza con una kermesse che, lo scommettiamo fin d’ora, potrà essere a portata di podio fin dal prossimo quadriennio. Dalla parte dei due campioni delle Fiamme Azzurre il talento e la giovane età per crescere e affinare al meglio quelle qualità che hanno già ampiamente dimostrato di possedere in coppia. Cecilia Maffei, nello short track, è l’altra portacolori azzurra della Polizia Penitenziaria. Cresciuta nel vivaio della benemerita US Bormiese, società che organizza anche l’Alta Valtellina Trophy, Cecilia è stata reclutata dalle Fiamme Azzurre nel dicembre 2008: una scelta dovuta ad un ricco curriculum acquisito dall’atleta trentina, nel quale spicca l’argento continentale con la staffetta, agli Europei di Sheffield 2007. Il miglior piazzamento iridato è invece il 4° posto di Milano, sempre 2007. La sua prima esperienza olimpica è stata quella di Torino 2006, allorché era stata riserva della staffetta che arrivò alla medaglia di bronzo. Deborah Scanzio nel free style, è l’esponente di punta della disciplina azzurra. Uno sport giovane ed in rapida espansione il suo (nel programma olimpico invernale a partire da Albertville ‘92). La specialità dell’atleta italo-svizzera è quella denominata gobbe/moguls, nella quale ha esordito nel circuito di Coppa del Mondo durante la stagione 2002/03 (nomination a Rookie of the Year 2004). Rapidamente la campionessa delle Fiamme Azzurre - reclutata nel maggio 2008 - ha raggiunto l’eccellenza internazionale, partecipando ai Giochi invernali di Torino 2006 (9ª) e conquistando una storica medaglia di bronzo nei Campionati Mondiali del 2007 a Madonna di Campiglio. Nel corso della fase di allenamento, Deborah ha la propria base in Ticino: Biasca per la preparazione atletica, Tenero per il Water Jump (unitamente a Foderlach, in Austria) e Airolo. Per le rifiniture sulla neve si stabilisce a Zermatt, dove è seguita anche dal tecnico finlandese Jussi-Pekka Kinnunen, già cam-
pione della specialità. Gianmaria Dal Maistro, nel settore dello sport paralimpico, è atleta ipovedente con un decimo di residuo visivo, ha cominciato a sciare all’età di sei anni e a 14 è entrato a far parte del giro della nazionale paralimpica di sci alpino. Giovanissimo ha fatto il suo debutto ai Giochi di Nagano ‘98, inaugurando una serie di successi internazionali che ne fanno uno dei punti di riferimento per la disciplina nella sua categoria. Dal 2003 la sua guida è un concittadino, il fidato Tommaso Balasso: da allora sono inseparabili (i leggendari Tom & Jerry del circuito delle nevi) ed insieme sono arrivati al traguardo più bello, l’oro di Torino 2006 nel Super-G, con il conseguente conferimento del titolo di Commendatore della Repubblica da parte del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e della cittadinanza onoraria del capoluogo piemontese. In virtù dei suoi successi agonistici gli è stato conferito, il 23 ottobre 2006, anche il Collare d’Oro al Merito Sportivo (massima onorificenza del CONI) ed è stato inserito della Sezione Paralimpica delle Fiamme Azzurre in virtù del Protocollo d’Intesa 12 luglio 2007 con il CIP. Vanta circa 40 piazzamenti sul podio in prove di Coppa del Mondo e, è nel dicembre 2009 che gli è stato attribuito il ruolo di portabandiera della squadra italiana per i Giochi Paralimpici di Vancouver 2010. Tommaso Balasso è stato uno sciatore di discreto livello. Da quando nel 2003 è iniziata la collaborazione agonistica con l’amico Gianmaria Dal Maistro, scledense anche lui, per la guida delle Fiamme Azzurre sono arrivate delle importantissime soddisfazioni: con il campionissimo dello sci della categoria ipovedenti è stato insignito dei massimi riconoscimenti in campo sportivo e istituzionale: la Goccia d’Oro del CIP nel 2005, la cittadinanza onoraria di Torino (per l’oro paralimpico del Super Gigante vinto ai Giochi invernali nel 2006), il Collare d’Oro al Merito Sportivo del CONI e il titolo di Commendatore della Repubblica da parte del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi. Come Dal Maistro, nel luglio 2007 è entrato a far parte della Sezione Paralimpica delle Fiamme Azzurre in virtù del Protocollo d’Intesa sottoscritto dal CIP con l’Amministrazione penitenziaria. Questi sono i nostri campioni presenti in Canada per onorare i colori dell’Italia e del G.S, Fiamme Azzurre. Non dimenticando che in eventi di questo rilievo partecipare è già un successo, a loro va il nostro in bocca al lupo più sentito per tutto quello che verrà in quel di Vancouver. ✦
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Lionello Pascone Coordinatore Nazionale Anppe Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria
I pensionati una risorsa per lo Stato italiano
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a terza età risulta essere una delle poche materie prime di cui il nostro Paese dispone. Per prima cosa dobbiamo abbandonare l’idea di concentrare la nostra attenzione sulla terza età, quella che comprende gli anziani di un tempo, per spingere la nostra analisi alla quarta età, quella fascia che fino ad alcuni decenni fa non era molto popolata. Oggi il rapporto Censis ci dice che la nostra è una delle popolazioni più longeve dei Paesi civilizzati: contiamo già 14 mila ultracentenari e 450 mila ultranovantenni, mentre si prevede un incremento di tre mesi per ogni anno in modo tale che, nel 2020, le prospettive di vita saranno di 89 anni per gli uomini e di 93 per le donne. A prescindere da queste ottimistiche previsioni anagrafiche, che possono perfino risultare un po’ inquietanti, quello che colpisce in tutte le indagini presentate è lo spazio che questi, che chiamerei nuovi vecchi, danno alla forza dei sentimenti, tanto da dichiarare che «la passione aiuta a essere migliori». Spesso insegnanti avvertiti e preparati si lamentano di non riuscire a coltivare l’interesse dei loro allievi, incapaci di gestire le proprie emozioni. Pare invece che tale capacità sia passata di mano e che siano gli anziani e i vecchi a esserne i depositari. Il già citato rapporto annuale del Censis ci sottopone nuove prospettive per quanto riguarda questa fascia di età, che ormai è diventata amplissima, dagli ultrasessantenni agli ultranovantenni. Innanzi tutto si è fatto strada un nuovo concetto di longevità attiva, in base al quale i vecchi non sono più considerati
un peso per la società, bensì una ricchezza, quel petrolio di cui il nostro Paese è materialmente sprovvisto ma che ricompare sotto forma di sentimenti, di affetti, di emozioni e che dà significato alla nostra umanità. Ciò, però, non basta. Sappiamo anche che questi vecchi sono capaci di avere progetti di vita, interessi da coltivare, nipoti da aiutare. Hanno un autentico spirito civico che li fa partecipare attivamente alla vita della comunità; frequentano il volontariato, vanno a votare in percentuali maggiori della media e sono sostenitori di un comportamento sobrio, rispettoso dell’ambiente. Se poi ci addentriamo nelle indicazioni che gli specialisti danno circa la possibilità di controllare gli inevitabili processi degenerativi, scopriamo che il più valido antidoto consiste nella socialità, nella capacità cioè di comunicare con gli altri, di vivere accanto agli altri, di sacrificare
eventuali conflitti e intolleranze sull’altare dell’amore. E non è un caso che per i grandi vecchi coniuge e figli siano il punto di riferimento fondamentale. Senza dimenticare chi continua a frequentare, e non di rado, i partners sentimentali. E’ chiaro che non sono tutte rose e fiori e che, insieme a gravi problemi di salute, insicurezza e fragilità continuano a essere le trappole più insidiose. Ma anche per queste pare che la ricetta consista nel programmare la propria vita, meglio anzi la propria giornata, non in base ai bisogni personali bensì tenendo conto delle necessità di coloro che amiamo. Aiutare un figlio o un nipote in difficoltà, consolare un amico triste, dedicare qualche ora del proprio tempo per alleviare le pene di chi è meno fortunato di noi, possono essere le strategie vincenti contro l’inevitabile impoverimento dei nostri orizzonti. ✦
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Pensione privilegiata anche per la polizia penitenziaria
Anche ai pensionati dei Vigili del Fuoco, della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale spetta la pensione privilegiata, pur se dichiarati idonei al servizio dalla C.M.O., così come avviene per i Militari. Come è noto, al personale militare (Carabinieri e Guardia di Finanza) viene concessa la pensione privilegiata, qualora risultino accertate infermità dipendenti la causa di servizio, ascrivibili ad una qualsiasi delle prime 8 Categorie-Tabella A, senza necessità della dichiarazione di inidoneità (riforma) al servizio. AI contrario, al personale dei Vigili del Fuoco, della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato, il predetto beneficio viene accordato solo se, oltre ai presupposti di cui sopra, concorra anche l’ulteriore condizione dell’inabilità al servizio (“riforma/dispensa”), come disposto dalla legge per il diverso
caso dei dipendenti statali civili. In altre parole, se l’interessato dei VV.FF., della P.P. o del C.F.S. viene ritenuto SI idoneo al servizio dalla C.M.O., pur vedendosi riconoscere una Categoria TAB. A (ad esempio la 7ª), si è visto o si vedrà inevitabilmente rigettare la domanda di “privilegiata”. Ebbene, con recentissime sentenze la Corte dei Conti (sia in 1° grado che in appello) ha ripetutamente sancito il principio che ai dipendenti in parola, pur se ad ordinamento civile, debbano invece applicarsi, ai fini del diritto alla pensione privilegiata, le stesse norme previste per il personale ad ordinamento militare. Precisa ancora la Corte dei Conti, a scanso di equivoci, che il diritto in oggetto, di conseguenza, va riconosciuto a prescindere dal requisito della inabilità (“riforma/dispensa”) al servizio.
Non sembrano allora necessari ulteriori commenti per spiegare l’eccezionale importanza delle menzionate pronunce, che vengono finalmente a sanare, purtroppo solo ricorrendo alla giustizia e non già d’ufficio, una incomprensibile discriminazione ai danni dei Vigili del Fuoco, della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato rispetto agli altri Corpi ad ordinamento militare. Pertanto, possono proporre il ricorso in argomento tutti i soggetti penalizzati che abbiano ricevuto il decreto ministeriale di rigetto della Pensione Privilegiata Ordinaria in quanto ritenuti “Si idonei al servizio”. Per ogni eventuale chiarimento gli interessati possono rivolgersi ala Segreteria Nazionale; il nostro legale resta a disposizione di tutti gli iscritti. ✦
Petizione per l’adeguamento delle pensioni Una petizione per chiedere l’immediato adeguamento delle pensioni d’annata ed il loro aggancio alla dinamica salariale. Dopo la proposta di legge di iniziativa popolare, che con centinaia e centinaia di firme è stata consegnata nelle mani del Presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale promise interessamento così che giunse rapidamente all’esame delle Commissioni interessate ed in particolare della XI° Commissione Lavoro della Camera, adesso la petizione è comunque giunta anch’essa all’attenzione delle Commissioni sia della Camera sia del Senato competenti per materia ma il punto è sempre il solito: quanto tempo debbono lì rimanere senza che si muova foglia nonostante i vari pareri favorevoli? E parliamo naturalmente di entrambe le iniziative. Quel che vogliamo fare senza por tempo in mezzo è spingere
ancora più forte perché il Ministro dell’Economia e Finanze Giulio Tremonti che ultimamente sembra colto da grande responsabilità e sensibilità sociale nei confronti dei più “inguaiati” degli italiani (pensionati, giovani e famiglie monoreddito ecc.), prenda in considerazione le nostre legittime richieste e faccia qualcosa almeno solo per iniziare a sanare una situazione sperequativa diventata insostenibile. La truffa dell’adeguamento annuale dell’Istat, che è sempre più distante dal reale costo della vita, non basta certamente a coprire le esigenze dei più vecchi pensionati. Costoro si vedono umiliati sia nel portafogli con pensioni da fame, sia moralmente per vedersi superare di gran lunga da colleghi con gli stessi requisiti in anni di servizio e grado/qualifica (ma che hanno la fortuna di essere andati in pensione in tempi più recenti. ✦
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Ragusa: encomiabile attività dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria
AL GONFALONE A te che giungi in premio alla grande dedizione nel glorioso decennio della nostra Associazione.
Sono più di tre anni che l' ANPPE di Ragusa, nei fine settimana e in occasione di manifestazioni che si svolgono nel territorio del comune, espleta attività di volontariato in ausilio e supporto alla viabilità e alla Polizia Municipale, impiegando i propri volontari in servizio di avviso di divieto di transito nelle zone a traffico limitato e di assistenza a tutela dell'incolumità dei propri concittadini. Questa attività è coordinata dall'Assistente Capo della Polizia Penitenziaria in pensione, Giovanni Raffaele La Magra , uno che la divisa ce l'ha cucita sulla pelle e che dopo anni di onorato servizio ha deciso di continuare a servire ancora la collettività. L'Associazione molto attiva sul territorio, è stata più volte invitata a convegni e ad incontri organizzati dalle scuole su percorsi di legalità rivolti ai giovani, parlando loro dei temi della sicurezza e delle Istituzioni. Una associazione che gode ottima salute ed è in continua crescita. Sono 70 infatti i componenti tra soci effettivi, soci sostenitori (ancora in servizio nella Polizia Penitenziaria), soci familiari e simpatizzanti. ✦
A Te, simbolo impavido di fedeltà e obbedienza, s’alza il mio canto e dei compagni d’arme. Candido velo come il cielo azzurro hai parole dorate di giustizia e monito: «Qui stiamo fermi, e non ci muoveremo». Sempre più forti e attenti, con gli occhi aperti e svegli, saremo saldi come in gioventù e insieme a noi sarai faro dei cuori, bandiera delle anime, stendardo dei ricordi, delle vite passate tra la gioia e il dolore, a servire lo Stato con orgoglio ed onore.
Venezia: Sezione locale ANPPe Cena conviviale di fine anno
Carmelo Parente
Bergamo: Segreteria in lutto
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Il Segretario ANPPe della Lombardia Pasquale Malvestuto e tutti i colleghi pensionati sono profondamente addolorati per la perdita del collega Aldo Anconetani. Si uniscono al dolore della famiglia e si stringono intorno ai congiunti per la scomparsa del carissimo amico.
A chiusura dell’anno sociale 2009, il direttivo dell’associazione ha organizzato una cena per gli iscritti. Lo scopo di questa iniziativa, oltre quello della socializzazione, è stato quello del stabilire la programmazione riguardante le attività che l’Associazione si è prefissata di porre in essere per l’anno 2010. Nel corso dell’incontro sono stati espressi giudizi suggerimenti e consigli sulle iniziative già effettuate, per arricchire la giovane esperienza e crescita in questa realtà. Alla cena hanno partecipato l’avvocato Bruno Canella, già vice presidente della Regione Veneto, il Prof. Pietro Bortoluzzi, Consigliere Provinciale, la Dott.ssa Gabriella Straffi, Direttrice della Casa Circondariale di Venezia, i Commissari della Polizia Penitenziaria Dott. Giacalone, Angiuli ed altri. Agli invitati, che sono stati salutati dal Segretario Provinciale Vitantonio Petrelli, gli sono state presentate le attività più significative svolte dall’Associazione ossia quelle tenute all’interno di scuole medie e primarie di Venezia e di grandi centri urbani della cintura mestrina, con la partecipazione di Magistrati e personale specializzato del Corpo di Polizia Penitenziaria. Il Segretario, infine, ha ringraziato la Dott.ssa Gabriella Straffi per l’assegnazione della nuova sede A.N.P.P.e all’interno della Casa Circondariale e per il suo costante aiuto e vicinanza alla Associazione. ✦ Vitantonio Petrelli
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Rovigo: 6ª Commemorazione di Antonio Tramacere La Segreteria Regionale dell’ANPPe di Rovigo, domenica 10 Gennaio 2010, ha commemorato il 6° Anniversario della scomparsa del Maresciallo Maggiore Scelto Antonio Tramacere a cui è stata dedicata la Sezione ANPPe di Rovigo. Alla messa in suffragio, svoltasi nella cornice spettacolare della Chiesa della Beata Vergine del Soccorso, denominata La Rotonda, hanno partecipato, la famiglia Tramacere, i Soci dell’Associazione e una delegazione della Casa Circondariale di Rovigo.
La Segreteria dell’ANNPe ringrazia tutte le persone intervenute, in particolare la Dott.ssa Paolini, Direttrice della Casa Circondariale che ha permesso la presenza del Corpo di Polizia Penitenziaria e il piccolo Andrea Tramacere (nipote del Comandante Antonio Tramacere) che ha letto alla fine della Messa la Preghiera dell’Agente Penitenziario. ✦ Giovanni Meloni
Le immagini della Cerimonia di Rovigo
Pordenone: Tristezza per la scomparsa di Mons. Corelli Nel mese di gennaio 2010, è scomparso l’amatissimo Monsignor Corelli, cappellano della Casa Circondariale di Pordenone per ben 15 anni, dal 1968 al 1982. Ad un mese dalla sua scomparsa è stato ricordato dall’attuale Cappellano con una omelia, alla presenza dell’Autorità Dirigente della Casa Circondariale di Pordenone e dal Comandante. Intensa la partecipazione del Personale del Corpo in servizio e in quiescenza. Stimatissimo, tanto che se ne parla ancora tra chi lo ha conosciuto bene all’interno del carcere, è stato padre spirituale di tutto il personale ed ha sempre avuto una buona parola di conforto e di aiuto per tutti. ✦ Bisceglia Donato
Brescia: Fiocco Rosa Il 9 dicembre 2009, è nata Sofia Ferrari. Felicitazioni ai nonni Ignazio Cadone e Rita da parte della Segreteria Regionale della Lombardia, dalla Segreteria Provinciale di Brescia e dalla Redazione della Rivista.
Venezia: l’ANPPe partecipa alla cerimonia per i Caduti L’Anrep veneziana ha partecipato, nel mese di novembre 2009, alla cerimonia religiosa presso il Sacrario Militare di Venezia Lido, in onore dei Caduti in guerra, in occasione della festa delle Forze Armate. All’esterno di questo grande e austero luogo sacro, in cui sono raccolti i resti mortali di migliaia di persone benemerite della Patria, di ogni ordine e grado, caduti in vari conflitti, erano presenti le rappresentanze di tutte le Forze Armate,
quelle delle forze dell’ordine, le Associazioni d’orma e Combattentistiche, con i propri Labari. La cerimonia, concelebrata dall’Urinario militare Padre Manuel Paganuzzi, ha raggiunto momenti toccanti durante l’omelia nel ricordare l’estremo sacrificio di tutti quei militari che hanno donato la propria vita per difendere la Patria. Altro momento significativo della funzione è stato quello della lettura della
preghiera per i Caduti in guerra, letta dal Segretario Provinciale dell’Anrep Vitantonio Petrelli. ✦
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Como: Denuncia del Sappe: «al Bassone l’aula bunker è sempre inutilizzata» nche il carcere di Como rientra nello stato d’emergenza carceri; 250 gli Agenti di cui 30 distaccati in altra sede, per la sorveglianza circa 70 unità. Il DAP ha aumentato la capienza massima di posti utenza a 580 detenuti (una sezione è stata chiusa per ristrutturazione); il 55% sono stranieri, 15 in semilibertà o ammessi al lavoro all’esterno, 50 sono nella sezione di massima sicurezza A.S, e 53 sono detenute donne di varie nazionalità. Finalmente, dopo cinque anni, sono stati assegnati una Direttrice, Mariagrazia Bregoli e un Comandante di Reparto, il Commissario Antonio Angelo Boi molto apprezzati sino ad oggi per l’esperienza e la competenza. Non sono previste nuove opere di edilizia carceraria per Como; allora ci sono seri interrogativi su l’aula Bunker, costruita di fianco al carcere, costata dieci miliardi di lire, utilizzata per tre o quattro volte per un maxi processo negli anni 92/93, ormai
da quasi vent’anni abbandonata a se stessa: si potrebbe realizzare una struttura collegata al penitenziario, per ospitare detenuti in semilibertà o una serie di servizi che al carcere Bassone sarebbero essere necessari e che non ci sono. Il Sappe ed operatori Amministrativi hanno già sollevato il problema in passato, qualcuno l’ha già chiamato monumento allo sperpero, qualcun altro un’occasione perduta, per ricavare alloggi per il personale in modo da esser un incentivo per rimanere a Como. ✦ Nella foto: L’aula Bunker di roma trasformato in Museo dello sport
PRATO: lutto in Segreteria
Nella foto, l’Ass. Capo Francesco Sedda nato il 23.12.67 ✝ 23.2.2010 arruolato il 12.10.1990
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Ciao Francesco, la notizia della tua scomparsa ci ha lacerato il cuore, ci ha sconvolto l’anima e ci ha lasciati sgomenti. Tu Francesco, proprio tu, l’amico di tutti, la persona che sapeva sempre regalare sorrisi e battute a tutti noi, che sapevi donarci, anche in momenti difficili, la gioia del vivere, hai lasciato un vuoto incolmabile. Un’unica certezza ci conforta e che rimarrai sempre nel nostro cuore e che per noi non te ne sei mai andato, anzi sei rimasto tra noi a combattere in prima linea, come solo tu sapevi fare. Sai Francesco siamo addolorati ma nello stesso tempo ci conforta la certezza che la nostra amicizia, il nostro legame non dipende da cose come lo spazio e il tempo, la vita e la morte, la presenza o l’assenza, anche perché una volta superati spazio, tempo, vita e morte noi avremmo distrutto questo sodalizio! Ma il bene che ti vogliamo supera tutto, lasciando solo l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. Tutti ti aspettavamo, ma tu non sei venuto a lavoro, perché qualcuno ha scelto per te la via del cielo, un posto degno ad accogliere le persone generose come te. Sapessi Francesco quante cose ci hai insegnato, tu non immagini davvero, no tu non potevi immaginarlo perché nella tua umiltà non lo avresti
potuto pensare, ma davvero ci hai insegnato ad apprezzare la semplicità delle cose della vita, perché esse sono il vero tesoro del tempo che ci resta da vivere. E’ bello sai, ricordarci di te così com’eri, sempre sorridente, generoso e accondiscendete, mai arrabbiato, per davvero non sapevi serbare rancore a nessuno, neanche alle persone che dovevi custodire. Sembra di vederti ancora nei corridoi, quando con la tua pacatezza e tranquillità ti accingevi a svolgere il turno di servizio, quando nello spaccio ridevamo e scherzavamo. Anche nel giorno della tua scomparsa , hai fatto tanto, ci hai uniti come non mai, ci hai dato una lezione indimenticabile, ci hai detto che insieme si può, dopotutto siamo sulla stessa barca, vero Francesco? Si lo sappiamo era questo quello che tu volevi, ci volevi unire ancor di più, ebbene collega ci sei riuscito. Hai voluto che il tuo ultimo vestito fosse proprio la divisa della Polizia Penitenziaria e questo ci ha riempito di orgoglio e fierezza, eh si, dobbiamo ammetterlo collega, oggi ci hai dato una bella lezione, ci hai voluto dire ancora una volta che non dobbiamo mai smettere di credere in quello che facciamo. Dai Francesco, immaginiamoci ancora tutti allo spaccio con te che scherzi e ridendo ci dici: io devo andare amici miei, non preoccupatevi per me, non datevi dolore per la mia partenza, io sto andando in Paradiso e da lì vi guarderò continuare a sorridere tutte le volte che i vostri pensieri mi riporteranno tra voi. Permettici allora di ricordarti sempre con allegria. Arrivederci Collega.
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Sassari: Il Sappe chiede rinforzi per San Sebastiano Il personale della polizia penitenziaria è nuovamente sul piede di guerra. La Segreteria del Sappe di Sassari ha chiesto più personale e che venga assegnato subito un nuovo Vice Commissario per il Reparto maschile del carcere di San Sebastiano. Il reparto è privo di un adeguato riferimento gestionale e le funzioni vengono svolte da un ispettore superiore che avendo svolto mansioni in altra specializzazione fuori dal carcere non ha sicuramente quella esperienza necessaria per dirigere un reparto detentivo. Ma l’elenco dei mali di San Sebastiano non è solo nel personale ridotto e nell’unico agente che deve fare il lavoro di quattro persone. sono molte le problematiche da risolvere al più presto per evitare di mettere il carcere in una situazione precaria di sicurezza.
Mantova: protesta del personale La Casa Circondariale di Mantova è al collasso: spazi insufficienti, detenuti costretti ad essere stipati in 12/13 per cella, disposti su letti a castello a tre piani, condizioni igienico sanitarie precarie. Struttura fatiscente e obsoleta, inadatta ormai a garantire il rispetto minimo dei diritti costituzionali sia per quanto riguarda i detenuti che per il personale penitenziario.
Lo scorso anno furono richiesti un’ispezione all’A.S.L., e l’intervento del Provveditore della Regione Lombardia, proprio per verificare le condizioni igienico sanitarie e la capienza delle camere detentive. La situazione del personale di Polizia Penitenziaria non è certo migliorata. Sott’organico da anni, ambienti poco salubri, carichi di lavoro pesantissimi,
Parma: riconoscimento Fidal
Il giorno 7 Febbraio 2010, il Comitato FIDAL Provinciale Parma, ha consegnato per il 2° anno consecutivo all’Ispettore Capo Michele Volpe Vice Comandante degli II.PP. di Parma, il premio d’oro di partecipazione a tutte le gare podistiche del Campionato Provinciale FIDAL previste dal Calendario 2009, per complessivi 22 appuntamenti, portati a termine da soli 4 atleti su circa 2300 complessivi. Il risultato comunque più prestigioso conseguito è stato quello del 4° posto tra gli assoluti over 50 (vedasi foto della premiazione) nella classifica Fidal finale, su una partecipazione di 115 atleti, per complessivi 658,8 punti conquistati. Per quanto concerne i piazzamenti ottenuti nel campionato, l’Ispettore su 22 gare, è sempre giunto nei primi 10 di categoria andando a premi per ben 8 volte (3 volte quinto, 2 volte sesto 1 volta settimo – ottavo e decimo) comunque giungendo sempre tra i primi 50 in as-
soluto, con tempi altamente considerevoli. Va precisato che durante l’annata 2010 il nostro collega ha partecipato complessivamente a 58 gare competitive e non comprese 4 Maratone (Verona – Terre Verdiane Parma – Ferrara e Padova), percorrendo complessivamente 765 KM solo per gare competitive e oltre 1200 km tra non competitive e allenamenti. Ancora una volta lo “stakanovista” della corsa ha raggiunto l’obbiettivo prefissato dando lustro al reparto della Polizia Penitenziaria di Parma anche se, la sua società d’appartenenza, è il Casone Noceto Squadra comunque di punta poiché, campione provinciale per 12 anni consecutivi compreso il 2009. Ancora una volta l’Ispettore Volpe oltre a ringraziare la sua famiglia e la propria Società Podistica, ha voluto ringraziare il proprio Comandante il Commissario Augusto Zaccariello, il Direttore Silvio Di Gregorio ed i suoi colleghi, per la grande disponibilità dimostrata , che alla fine, gli ha dato modo di partecipare alle gare. Infine doverosamente ha voluto precisare , che l’impegno sportivo non ha affatto diminuito la grande professionalità, dedizione e spirito di sacrificio quotidianamente dimostrato nel proprio servizio, infatti, in diverse occasioni, ha volontariamente rinunciato alle gare per rimanere vicino ai suoi colleghi. A lui vanno i complimenti per il prestigioso risultato raggiunto. ✦ Angelo De Marianis
mancata fruizione delle giornate di riposo per esigenze di servizio, demotivazione ecc. Le OO.SS. chiedono a gran voce la chiusura immediata di una parte della struttura dell’Istituto mantovano al fine di permettere i necessari lavori di adeguamento e di ristrutturazione per rendere il penitenziario rispondente ai dettati normativi e costituzionali. ✦
Monza: attivato lo sportello a supporto del personale La Direzione del carcere ha attivato lo sportello amico, un progetto destinato a migliorare il benessere del personale, con l’attivazione di servizi che aiutino tutti gli operatori ad affrontare le criticità tipiche del contesto lavorativo in cui operano. L’Azienda Ospedaliera San Gerardo ha messo a disposizione operatori professionisti per un supporto di natura psicologica per il personale del carcere. Gli interventi riguarderanno due distinti profili: • elaborazione collettiva di eventi critici che possano accadere in Istituto. • consulenza psicologica individuale per tutti gli Operatori che ne avvertano l’esigenza. Onde garantire l’assoluto anonimato, lo sportello è attivo direttamente nei locali dell’Azienda Ospedaliera, al di fuori pertanto dell’ambiente lavorativo. Si evidenzia ulteriormente che il servizio nel suo complesso può rivelarsi un aiuto importante e prezioso per tutto il personale che opera nella struttura con l’obiettivo di assicurare la massima attenzione non solo ai lavoratori, ma soprattutto alle persone che quotidianamente operano in un ambiente così delicato.
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Saliceta San Giuliano: Protesta del Sappe Il 29 gennaio 2010, si è svolta presso la Casa di Lavoro di Saliceta San Giuliano (MO) una manifestazione di protesta per denunciare il sovraffollamento delle struttura penitenziaria. Inoltre, se a ciò si aggiungono, le note carenze di personale e una gestione dell’istituto poco attenta alle esigenze di sicurezza, si arriva, come è stato richiesto da più parti, al cambio dei vertici dell’istituto
Roma: Alberto molino vince gli Assoluti di sollevamento pesi
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L’assistente Alberto Molino da anni pratica il Power Lifting (alzate di potenza) nella specialità della distensione su panca, ottenendo ottimi risultati a livello nazionale ed europeo. Recentemente si è classificato 1° assoluto con sollevamento di 230 kg nella categoria kg 110, al 10° Campionato Assoluto di Panca della Federazione Italiana Powerlifting svoltosi a Rosignano (LI) il 5 e 6 dicembre 2009. Ha iniziato questa disciplina sportiva nel 1988, appena maggiorenne, a Napoli presso la palestra Sporting Center Gioia; tre anni dopo è arrivato subito il primo successo nel Campionato Regionale. Da allora si aggiungono una serie di vittorie che vanno dal Campionato Italiano F.I.A.C.F. nel 1994 con una distensione di 190 kg, al Trofeo del Sannio nel 1995 con lo stesso peso nella categoria massimi, fino al Campionato Regionale CONI del 1996 con 200 kg sollevati. Nel 1997, con l'arruolamento e relativo
corso a Cairo Montenotte, l'attività agonistica si ferma, anche se gli allenamenti continuano con la stessa passione, fino ad arrivare al 2003, anno del ritorno alle gare nelle fila della F.I.P.L. del Presidente Sandro Rossi. La ripresa delle competizioni è incoraggiante con un buon secondo posto al Campionato Italiano di Panca del 2004 a Terni al quale fanno seguito le due vittorie nazionali nel 2006 con un'alzata di 225 kg sfiorando il record italiano e nel 2009 con 230 kg,con una parentesi in un'altra federazione (la WDFPF) nella quale vinceva il campionato europeo di specialità nel maggio 2005. Attualmente, alla soglia dei 40 anni, la voglia di allenarsi e di confrontarsi è sempre la stessa e forse è proprio questo il segreto dei suoi successi nei 22 anni di sport che ha praticato. ✦
Nella realtà penitenziaria modenese si trovano internati che hanno già scontato interamente le condanne subite, ma che sono stati giudicati socialmente pericolosi. Già ad inizio anno il Sappe aveva denunciato una situazione di precaria sicurezza con il rinvenimento nella struttura di telefoni cellulari e sim card utilizzati dagli internati. ✦ Sicilia: Il Sappe chiede
una Convenzione per l’utilizzo gratuito dei treni regionali La Segreteria Regionale del Sappe ha inviato una nota al Provveditore Regionale della Sicilia per chiedere la stipula di una specifica convenzione in ambito regionale tra la Polizia Penitenziaria e l’azienda Trenitalia, per consentire, a tutto il personale che si reca in servizio, di viaggiare a titolo gratuito per l’anno 2010, come già avviene per appartenenti all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia di Stato in servizio nella Regione Sicilia. Inoltre, altre regioni italiane hanno legiferato in tal senso dando la possibilità agli appartenenti alle forze dell’ordine di utilizzare i mezzi pubblici e, nel contempo, di avere un maggior controllo del territorio e più sicurezza nei cittadini.
Roma: Segreteria Generale Sappe E’ nato Stefano Martinelli, doriano DOC, figlio del Segretario Generale Aggiunto Roberto e di Manuela. Alle felicitazioni del Segretario Generale Donato Capece si aggiungono quelle dell’intera Segreteria, dell’ANPPe e della Redazione della Rivista.
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in convenzione con
Shutter island
In alto, la locandina del film sopra Di Caprio con il regista Scorsese a fianco alcune scene a destra il libro
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artin Scorsese realizza un prisonmovie come thriller psicologico, appassionante, avvincente, pieno di colpi di scena, tratto dal romanzo l’Isola della paura di Dennis Lehane. Due agenti federali, Teddy Daniels, interpretato da Leonardo Di Caprio e Chuck Aule, interpretato da Mark Ruffalo, vengono inviati a Shutter Island, dove si trova un grande complesso penitenziario con annesso manicomio criminale, per indagare sulla misteriosa e improvvisa scomparsa di una delle detenute dell’istituto, Rachel Solando, interpretata da Emily Mortimer, condannata per aver ucciso, annegandoli, i propri tre figli, e letteralmente volatilizzata tra le mura dell’istituto. I due agenti otterranno la collaborazione per le indagini del direttore Cawley e del medico Naehring del carcere, interpretarti rispettivamente da Ben Kisgsley e da Max von Sydow. Per il sopraggiungere del maltempo Daniels e Aule sono costretti a prolungare la permanenza sull’isola e finiscono per notare strane cose che avvengono all’interno dell’istituto e una sospetta reticenza da parte del personale della struttura penitenziaria. Il film riesce appieno nei suoi intrighi psicologici, tutto è il contrario di tutto e nulla è come sembra. Anche lo spettatore finisce per perdersi nei meandri della enorme scala a chiocciola del carcere insieme all’agente Teddy Daniels e come lui non sa di quali personaggi fidarsi e di quali invece diffidare. L’agente Daniels è un uomo forte e deciso ma che nasconde un doloroso passato: è stato in guerra e ha visto il campo di concentramento di Dachau con i suoi orrori e la sua bellissima moglie Dolores (Michelle Williams) è morta a causa di un incendio appiccato da un piromane. La trama è davvero coinvolgente e la storia ha un ritmo incalzante che incolla lo spettatore alla poltrona per tutta la durata del film. Ottima la regia di Scorsese che fa un lavoro magistrale con le inquadrature e l’uso dei colori scuri, inquietanti e claustrofobici. L’apice del pathos è raggiunto nell’inquadratura dal basso verso l’alto della scala a chiocciola. Tutto ruota e si svolge tra le celle e i camminamenti bui dell’istituto, tra i sogni premonitori e gli incubi del passato di Teddy, dalle sue frequenti emicranie, alle piccole e grandi scoperte delle indagini.
La scheda del Film Regia: Martin Scorsese Tratto dal romanzo L'isola della paura di Dennis Lehane Soggetto: Dennis Lehane (romanzo) Sceneggiatura: Laeta Kalogridis Fotografia: Robert Richardson Montaggio: Thelma Schoonmaker Scenografia: Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo Costumi: Sandy Powell, David Davenport (supervisione) Effetti: Ron Ames, R. Bruce Steinheimer, Robert Legato, Richard “Rick” Thompson, Gentle Giant Studios Inc. Produzione: Martin Scorsese, Arnold Messer, Mike Medavoy, Brad Fischer, Joseph P. Reidy, Emma Tillinger, Amy Herman per Phoenix Pictures, Sikelia Productions, Appian Way, Paramount Pictures, Hollywood Gang Productions Distribuzione: Medusa Personaggi ed Interpreti: Teddy Daniels: Leonardo Di Caprio Chuck Aule: Mark Ruffalo Dottor John Cawley: Ben Kingsley Rachel Solando 1: Emily Mortimer Dolores Chanal: Michelle Williams Dottor Jeremiah Naehring: Max von Sydow Rachel Solando 2: Patricia Clarkson George Noyce: Jackie Earle Haley Ragazzina: Ruby Jerins Henry: Drew Beasley Trey Washington: Curtiss Ook Peter Breene: Christopher Denham Andrew Laeddis. Elias Koteas Genere: Drammatico Durata: 138 minuti Origine: USA, 2010
Polizia Penitenziaria - SG&S n. 170 - febbraio 2010
a cura di G. B. De Blasis
17 Agosto Il regista russo Aleksander Gutman osserva il lento ed inesorabile scorrere del tempo nella cella di Boris Bezoteschestvo detenuto condannato all’ergastolo per aver commesso tre omicidi, sottoposto al regime previsto dall’articolo 102 del regolamento penitenziario perché soggetto con pericolo di evasione, particolarmente aggressivo. Gutman, con la macchina da presa fissa sullo spioncino della porta blindata, riprende quasi in tempo reale la giornata del detenuto, filmandone tutte le azioni quotidiane che vanno ad acquistare un vero e proprio valore rituale per il protagonista. Ogni istante passato a lavarsi i denti o a radersi la barba rappresenta un magic moment, un passaggio essenziale per la stessa sopravvivenza di Boris, incatenato ad un lentissimo trascorrere del tempo. Con lo scorrere delle immagini, lo spettatore assiste alla decadenza fisica del detenuto, il cui corpo perde via, via la vitalità e lo slancio originario per rattrappirsi e scalcinarsi come le pareti della sua cella. Il carcerato comincia, così, ad invocare Dio, al quale chiede il perdono nella consapevolezza di essere un grande peccatore. In questa fase di misticismo Boris si prostra davanti alla brandina cominciando a porsi delle domande sulla propria esistenza e sull’esistenza dell’uomo. Il dialogo con Dio diventa, così, un momento particolare che rompe la solitudine incolmabile all’interno della cella e offre al prigioniero un’apertura verso qualcosa d’indefinito che solo lui sembra cogliere. Il regista, infine, sempre con la macchina da presa fissa sullo spioncino della porta blindata, filma in bianco e nero l’angusta dimora di Boris e ritrae senza pietà la sua agonia mentre il detenuto, esausto, fuma una sigaretta e ne accende una seconda.
A fianco, la locandina sotto, alcune scene del film e il regista Aleksander Gutman
La scheda del Film Regia: Aleksander Gutman Titolo Originale: 17 Avgusta Altri titoli: The 17th of august Soggetto: Aleksander Gutman Sceneggiatura: Aleksander Gutman Fotografia: Maksim Efros, Nikolay Volkov Musiche: Władymir Tarasow Montaggio: Aleksander Gutman Suono: Leonid Lerner Produzione: Atelier-Film-Alexander, Yleisradio Helsinki (Finland), Eureka media(Poland) Personaggi ed Interpreti: per questo film sono stati impiegati attori non professionisti Genere: Drammatico Durata: 63 minuti, Origine: Russia, 2009
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Aldo Maturo* avv.maturo@gmail.com
E sognavano “la Merica” 1890: caccia agli italiani nel carcere di New Orleans
Linciaggio di italiani a New Orleans
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e ore non passavano mai quella notte nel vecchio carcere di New Orleans. I detenuti italiani che l’indomani dovevano essere scarcerati vissero la loro notte più lunga, con l’ansia della vigilia di un grande evento. L’interminabile attesa con gli occhi sbarrati nel buio era comprensibile perchè, riconosciuti innocenti, stavano per riassaporare il sapore della libertà. La loro brutta avventura era iniziata sei mesi prima, il 15 ottobre 1890, quando David Hennessy, capo della polizia di New Orleans, rientrando a casa era stato circondato da alcuni uomini e brutalmente assassinato. Come era prevedibile per il personaggio ucciso, si scatenò una immediata caccia all’uomo con centinaia di perquisizioni e l’immediato arresto di diversi italiani, teste calde della città, ospiti inopportuni. Il sindaco tuonò contro questi «...emigranti appartenenti alla peggiore specie di europei, i meridionali italiani…gli individui più pigri, depravati e indegni che esistono…più indesiderabili dei polacchi...» Il processo che ne seguì tradì le aspettative e gli italiani furono assolti, «per aver corrotto i giurati...» dissero i giornali e la città. Vennero comunque riportati al carcere per essere scarcerati il giorno dopo. Fuori la comunità italiana aveva festeggiato e qualcuno nel rione aveva osato alzare la bandiera italiana su un pennone più alto di quella americana. Per gli yankee era il massimo degli oltraggi. E così quel 14 marzo 1891, fin dalle prime ore del mattino, cominciò ad arrivare gente davanti al carcere, decine di persone,centinaia, migliaia e alla fine erano quasi 20.000.
Le guardie capirono subito e su ordine del Direttore rinchiusero tutti i detenuti in cella ma lasciarono fuori gli italiani, undici uomini appartenenti alla comunità siciliana, quella comunità che, giunta per sostituire gli schiavi neri nei campi di cotone, si era fatta odiare dagli americani perché aveva scalato in breve tutti i passaggi, conquistando una fortissima posizione nel mercato del pesce e della frutta. L’attacco al carcere non trovò alcuna resistenza, il portone fu abbattuto e centinaia di uomini inferocititi irruppero all’interno a caccia degli italiani. In un corridoio trovarono i primi tre e gli spararono al volto a bruciapelo: due morirono immediatamente ed uno restò agonizzante tutto il giorno in una pozza di sangue. Altri sei scapparono verso la sezione femminile ma le detenute, all’arrivo delle squadre della morte, si misero ad urlare indicando il lato dove erano fuggiti gli italiani che si trovarono imbottigliati in un angolo cieco e furono crivellati senza pietà con centinaia di colpi. All’appello mancavano altri due. Li cercarono dappertutto mettendo ogni angolo
del carcere a ferro e fuoco. Ne trovarono uno nascosto sotto il letto di una cella. Parlava da solo, non si sa se perché psicopatico o per la paura. Lo afferrarono, lo portarono nel corridoio e gli spararono al volto ma l’uomo non morì. Lo trascinarono allora, come un sacco, davanti al carcere dove la folla impazzita degli assalitori sostava e rumoreggiava. Lo appesero a un lampione fra mille imprecazioni e invettive. L’uomo con un ultimo istinto di sopravvivenza si rigirò su se stesso e cominciò a tirarsi su lungo la corda. Crollò ciondoloni quando la gente cominciò a sparargli come a un bersaglio mobile, riempiendolo di sputi. L’ultimo detenuto si finse morto in un angolo del carcere. Lo scoprirono, lo presero e lo portarono in un cortile per fucilarlo poi ci ripensarono e lo diedero in pasto alla folla inferocita. Lo impiccarono, la corda si spezzò, lo appesero di nuovo e questa volta gli spararono da tutti i lati, inebriati dall’acre odore del sangue che fluttuava dalle ferite. Gli undici cadaveri restarono esposti per giorni in uno spiazzo vicino al carcere. Le donne passavano, li indicavano ai figli ed inzuppavano i loro fazzoletti nel sangue per un macabro souvenir. La reazione dell’Italia fu immediata. Ritirò il suo ambasciatore a Washington e altrettanto fece l’America con Roma. Alla partenza dell’ambasciatore italiano il Governatore del Kansas dichiarò : «la partenza dell’ambasciatore non ci recherà più danno di quanto farebbe il venditore italiano di banane davanti alla Casa Bianca se decidesse di tornarsene a casa». Il New York Times scrisse che il linciaggio aveva messo al sicuro la vita e la proprietà della gente di New Orleans mentre il Globe Democrat aggiunse che gli abi-
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tanti si erano limitati ad esercitare i loro diritti di sovranità popolare e legittima difesa. In diversi States continuò a lungo la caccia all’italiano. L’11 maggio di quell’anno nel West Virginia vennero linciati altri tre italo americani. Sul conto degli italiani fiorirono storielle e barzellette ma per noi c’era poco da ridere in un’America dove la corda e il sapone erano la soluzione più immediata e in qualche Stato era vietato l’ingresso dei bambini italiani nelle scuole dei bianchi. La diplomazia lavorò ininterrottamente ed al risultato finale contribuì anche il divario degli armamenti. Era il tempo della Triplice Alleanza e l’Italia aveva investito tutto sulla Regia Marina per stare all’altezza della portentosa macchina da guerra prussiana. Avevamo 11 corazzate da 14 mila tonnellate l’una, 54 navi da guerra e due milioni e mezzo di soldati. L’America non era ancora la potenza di oggi ed aveva tre piccole navi da guerra e 130.000 soldati! La pace ritornò al solito modo, comprandola: 2.500 dollari ad ogni famiglia di italiano ucciso ed una dichiarazione del Presidente USA al Congresso dove riconosceva che il linciaggio era stato un incidente deplorevole e disonorevole. Ma per quel linciaggio nessuno pagò. La drammatica storia ci ricorda che anche questa fu la Merica, come diceva tanta nostra gente del Sud, terra sognata da milioni di italiani che vi emigrarono senza meta con il peso delle umiliazioni accettate solo con la speranza di dimenticare la fame e la miseria. Vi sbarcavano da annerite navi a vapore dopo un mese di mare. Poi lì, sperduti sul molo, trascinandosi dietro la mappatella e la valigia di cartone marrone, con gli angoli scrostati. Panciuta e rigonfia per le tante piccole misere cose necessarie per la sopravvivenza dei primi giorni, era legata tutt’intorno con l’immancabile spago per evitare che esplodesse durante il viaggio disperdendo al vento gli oggetti più cari. ✦ *Avvocato, già Dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria
Foto che ritrae personale del Corpo degli Agenti di custodia nei primi anni del ventesimo secolo. Corpo appena riformato dal R.D. n. 7011, 6 luglio 1890, che istituì, appunto, il Corpo degli Agenti di Custodia.
Festa del Corpo presso l’isola di Capraia, foto scattata il 20 ottobre 1966 ed inviata dall’Ispettore Alvaro Nencioni.
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Ormai siamo alla farsa: Il Manifesto chiede di far entrare liberamente i giornalisti in tutte le carceri
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E’ di l’altro ieri appena la richiesta/proposta del quotidiano Il Manifesto in collaborazione con Antigone, di consentire l’accesso ai giornalisti senza richiedere l’autorizzazione al DAP, cosa che di fatto, estenderebbe quanto previsto dall’art. 67 dell’Ordinamento penitenziario L. 354/1975. Hanno aderito alla proposta numerose personalità del mondo politico, accademico, giornalisti stessi e cittadini. La premessa che sostengono è che «Non esiste alcuna norma che vieti espressamente alla stampa di visitare gli istituti carcerari». Ma come abbiamo visto (se avete cliccato sul link precedente della Legge 354/1975), se esiste una norma che prevede una lista precisa di persone giuridiche che hanno la facoltà di accedere senza permesso, evidentemente tutte le altre sono escluse dall’accedere senza permesso... Ma questa è un’incongruenza su cui torneremo dopo. L’altra argomentazione che viene tirata in ballo è che c’è poca informazione sul carcere: «L'opinione pubblica ha diritto di conoscere quanto accade nei penitenziari italiani - e ancora, rivolgendosi al Ministro Alfano che ha dichiarato l’emergenza carceri - segnaliamo che esiste anche un'emergenza informazione». Chiariamo subito una cosa: non è vero che di carcere se ne parla poco. Tolta l’Amministrazione penitenziaria che non ne parla affatto se non nella sua rivista auto-celebrativa de Le Due Città, ci sono diversi soggetti che si occupano di diffondere notizie di quanto avviene nelle carceri e gira loro intorno. Ci sono gli addetti del settore come noi del Sindacato, le associazioni di volontariato, le associazioni in difesa dai diritti dei detenuti, i detenuti stessi si sono organizzati per diffondere le loro richieste/denunce, le categorie dei medici, degli educatori, avvocati, criminologi, etc. Ma a chi è rivolto questo flusso di informazioni? Ovviamente si cerca di raggiungere l’opinione pubblica, ognuno prospettando la propria visuale e i propri interessi, con la speranza che aumenti la sensibilità delle persone sulle tematiche penitenziarie, in modo tale che si metta in moto un interesse generale, con la speranza che questo interesse venga captato da qualche parlamentare e che quindi tutti questi passaggi si traducano in un’azione politica (a proprio favore). Così funziona la ricerca del consenso in una democrazia a rappresentanza parlamentare come la nostra. Il compito di mediare/divulgare tutte queste informazioni tra le persone che parlano e la massa delle altre che dovrebbero ascoltare è demandato a quei soggetti che hanno la possibilità di fornire informazioni attraverso i mass media. I mass media sono: la radio, il cinema, la televisione, il telefono, internet (nuovi media in generale) e guarda caso anche la stampa che viene alimentata dall’attività lavorativa delle persone iscritte all’Albo dei Giornalisti, dei Pubblicisti e quello Speciale dei Direttori consultabile presso il sito dell'Ordine dei Giornalisti. Quindi, riassumendo: alcune persone stanno chiedendo ad un Ministro della Repubblica di cambiare una Legge dello Stato (è il Parlamento che ha la facoltà di modificare le Leggi), per consentire l’accesso di visitare “ad libitum” (a piacimento) le carceri italiane, in modo tale da poter informare l’opinione pubblica, la quale soffre di una mancanza di informazioni sui problemi penitenziari. Tra i promotori e firmatari di questa proposta (elenco consultabile sul sito de Il Manifesto), ci sono persone che, per lavoro, dovrebbero svolgere proprio questa attività di informazione e mediazione... Dal mio personalissimo punto di vista, scorgo qualche contraddizione ed incongruenza nell’agire dei soggetti che hanno promosso l’iniziativa di far accedere in carcere, senza autorizzazione, migliaia di giornalisti e ritengo che non ci sia un problema di mancanza di
informazione, semmai, c’è un problema di mediazione delle informazioni. Infatti, come ogni appartenente alla Polizia Penitenziaria ben sa, l’attività giornalistica se ne guarda bene dall’approfondire i temi e le proposte concrete che possono risolvere i reali problemi del sistema penitenziario italiano. Tranne rarissime eccezioni, l’attività giornalistica si è sempre limitata: • alla diffusione di chicche e veline fatte trapelare dal DAP e dal Ministero della Giustizia, come quando si da amplissimo risalto al progetto di formazione e recupero per i quattro detenuti di turno; • alla goccia nel mare del concerto, della messa di Pasqua e Natale, dell’attività teatrale del momento; • alla diffusione del fatto di cronaca evidenziandone i tratti più macabri e truci elargendo facili condanne senza cercare di capire e di spiegare il contesto e i precedenti etc. Ma quale credibilità possiamo offrire a persone che lavorano nel settore dell’informazione e che dopo venti anni di lavoro quotidiano, non riescono a capire che gli Agenti di Custodia sono ora il Corpo di Polizia Penitenziaria, la qual cosa ha comportato decenni di riforme e di conquiste che come giornalisti dovrebbero ben conoscere e ci chiamano ancora secondini o guardie carcerarie ? Se si volesse fare una proposta seria ed efficace per risolvere in parte il problema della mancanza di informazioni sul carcere, bisognerebbe allora fare pressioni al DAP e al Ministero della Giustizia, affinché vengano divulgati quei dati che, interpretati con cognizione di causa da parte di giornalisti competenti ed esperti nel settore, possano chiarire all’opinione pubblica le reali problematiche che affliggono il sistema penitenziario italiano, in modo da generare una pressione verso i rappresentanti politici che dovranno poi prospettare delle soluzioni politiche/amministrative a tali problemi. Queste apparenti contraddizioni ed incongruenze da parte dei promotori e sostenitori della proposta di far accedere i giornalisti in carcere senza alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’Amministrazione penitenziaria, sono facilmente riconducibili ad una prassi (legittima ma deprecabile) di guadagnare consenso politico attraverso lo sfruttamento delle informazioni che provengono dalle oltre 200 carceri italiane, in cui sono rinchiuse oltre 65mila persone e in cui ci lavorano (24 ore su 24, 365 giorni l’anno) quasi 40mila poliziotti penitenziari. Se questi paladini del Diritto volessero affrontare seriamente il problema-carceri e contribuire a risolvere i problemi, invece di dedicarsi solamente alle proteste e alle denunce dei detenuti e di alcuni Sindacati di Polizia Penitenziaria che ricorrono sistematicamente ed esclusivamente all’amplificazione di fatti eclatanti, dovrebbero anche mediare le proposte e le richieste di intervento di chi, come noi del Sappe, puntiamo anche alla divulgazione di soluzioni per affrontare concretamente i reali problemi che il sistema penitenziario sta affrontando. Sono anni (e non perdiamo occasione per continuare a farlo) che chiediamo al DAP di elaborare quel Piano della Comunicazione che ogni Amministrazione pubblica deve presentare per Legge ogni anno, che lo stesso DAP aveva annunciato nel 2004, sulla cui imminente elaborazione aveva anche ottenuto riconoscimenti pubblici e che ancora è lungi dal concretizzarsi. Se proprio si avesse a cuore la ricerca di notizie e di informazioni su quanto avviene in carcere, si farebbero pressioni direttamente al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria presso l’ufficio addetto alle Relazioni Esterne che ben si conosce e si pretenderebbe che a livello locale e centrale, l’Amministrazione Penitenziaria desse piena attuazione alla circolare n. 3519/5969 del 29 marzo 2000 che ha per oggetto Rapporti con gli organi di informazione, che lo stesso Capo del Dipartimento aveva divulgato. Dieci anni fa (10 anni fa) la Circolare recitava testualmente: «La società reclama conoscenza di ciò che avviene nelle amministrazioni che, in quanto “pubbliche”, le appartengono. Anche la normativa si è evoluta nel senso di spingere verso la comu-
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nicazione con l’esterno. Il bisogno di comunicare, d’altronde, è intrinseco alle finalità istituzionali dell’Amministrazione Penitenziaria. Tali finalità si giovano dell’esistenza di un corretto canale informativo che consenta al cittadino di conoscere, in un quadro di trasparenza, il mondo dell’esecuzione penale e del carcere in particolare, del quale spesso viene diffusa un’immagine distorta e condizionata da pregiudizi. Tale immagine si ripercuote molto negativamente, tra l’altro, sul personale che con tanto generoso impegno ed elevato sacrificio individuale si applica in uno dei settori delicati dello Stato»: dieci anni fa. Alla mancata attuazione di quella circolare abbiamo anche già dedicato un altro intervento su questa stessa rivista: I bluff del DAP: gli addetti stampa e i portali della formazione. Noi del Sappe la nostra parte la facciamo. Siamo in prima linea quando c’è da divulgare ed informare i cittadini su quanto avviene dentro ed intorno al mondo penitenziario. Lo facciamo dal nostro punto di vista, ma lo facciamo anche con quel senso di obbiettività, di realismo e di senso pratico che da sempre ci contraddistingue in virtù del nostro compito: quello di difesa e tutela dei diritti delle quasi 40mila persone appartenenti alla Polizia Penitenziaria e delle loro famiglie e non potrebbe essere altrimenti in quanto noi (noi) prendiamo sul serio il nostro lavoro. Da circa un anno collaboriamo con l’Associazione Pianeta Carcere per la divulgazione dei dati sulla capienza degli istituti penitenziari italiani e sugli organici di Polizia Penitenziaria. Dai dati emerge da molto tempo la linea di tendenza ad avere sempre più detenuti controllati e tutelati (il nostro Corpo svolge anche il ruolo di garantire la sicurezza agli stessi detenuti) dalla Polizia Penitenziaria a fronte
di un progressivo assottigliamento dei nostri organici. I dati sono pubblici, ampiamente pubblicizzati e forniti dalla stessa Amministrazione penitenziaria, eppure ancora oggi leggiamo di dati sparati letteralmente a casaccio che non prestano di certo un servizio né alla popolazione detenuta né a noi operatori del settore né, tanto meno, alla collettività intera. Per tutti questi motivi, non possiamo non porci alcune domande: 1. Che senso ha fare una richiesta ad una persona se poi si sa (si sa?) che non potrà esaudire quella richiesta? 2. Cosa si vuole ottenere permettendo a migliaia di persone di entrare in carcere a loro piacimento? 3. Con che faccia si denuncia la mancanza di informazione da parte dei cittadini, quando il proprio ruolo/lavoro è informare i cittadini? 4. Con quale dignità politica, in qualità di Rappresentante dei cittadini presso il Parlamento, ci si schiera dietro un quotidiano per appoggiare una richiesta che semmai dovrebbe essere oggetto proprio della propria attività parlamentare? E’ lecito allora aspettarsi che questa sia l’ennesima proposta inutile (anzi potenzialmente dannosa viste le ripercussioni sulla sicurezza in carcere) volta a cercare facile consenso immediato, senza che a breve ci sia realmente una prospettiva di veder soddisfatta la propria richiesta. Il tutto sprecando la propria attività che invece potrebbe essere spesa a favore di un serio approfondimento (e mediazione presso l’opinione pubblica) di quelle che sono le attività in carcere, di quelle che sono le possibili soluzioni al problema, di quelle che sono le rivendicazioni e le proposte di chi, unica istituzione dello Stato, in carcere ci lavora 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno: la Polizia Penitenziaria.
Quasi 150 anni dopo tornano di attualità le teorie di Cesare Lombroso. Altri scienziati sostengono che criminali si nasce, non si diventa Si torna a parlare di cervello criminale e non più di mente criminale, nuovamente nella convinzione che la criminalità possa essere un tratto innato della personalità o, quantomeno, sviluppata nel primissimo periodo di vita. Il gene della criminalità sarebbe residente nella corteccia prefrontale, laddove è possibile dedurre se un soggetto è un potenziale assassino o un futuro criminale. Questa sconvolgente teoria scientifica sarebbe stata formulata dopo una lunga ricerca effettuata su bambini, nei quali (secondo i ricercatori) sarebbero individuabili i primi segnali di devianza. La teoria, però, è tutt’altro che originale visto che, già nel lontano 1871, il fisico italiano Cesare Lombroso, scoprendo l’anomala configurazione del cranio (simile a quello di api, roditori ed uccelli) durante l’autopsia del cadavere del bandito Giuseppe Villela, teorizzò che i criminali erano tali perché nati cattivi, a seguito della regressione ad uno stato primitivo dell’evoluzione. Pur tuttavia, nel corso del ventesimo secolo, le teorie di Lombroso vennero confutate sulla base di accuse di eugenetica e fascismo, nel mentre la criminologia si andava orientando verso teorie sociologiche basate su fattori esterni all’uomo che ne influenzano l’agire. Adrian Raine, professore di criminologia dell’Università di Philadelphia, è ritornato, oggi, ad applicare la neuroscienza alla criminologia. L’interesse di Raine in questo campo pare sia nato riflettendo sul fatto che egli stesso da piccolo fu protagonista di alcuni crimini infantili insieme a un gruppo di coetanei e che i suoi amici, a differenza di lui, divennero veramente dei criminali. Ovviamente, a seguito di questa evenienza, si convinse che la differenza tra di loro non poteva essere di origine sociologica.
Il Prof. Raine eseguendo numerosi esami di scansione celebrale su molti detenuti, ebbe modo di scoprire che la loro corteccia prefrontale (deputata alla regolazione degli impulsi, delle decisioni e dei sentimenti) funzionava male. In effetti, tutti quanti possiedono istinti violenti, ma la corteccia prefrontale serve proprio a tenerli a bada, a meno che non sia rotta. Sempre Raine, ha scoperto che altri criminali soffrivano di deficit di capacità emotiva, individuandone alcuni che, più che non distinguere il bene dal male, non sentivano il bene o il male a causa di una ridotta funzionalità dell’amigdala. Secondo Raine controllare il cervello fin da piccoli sarebbe un buon modo per prevenire gli istinti criminali, anche se il cervello degli infanti è sempre malleabile e perciò ha sempre modo di cambiare per un certo periodo di tempo. Peraltro, gran parte del problema sarebbe già presente durante la gravidanza. La ricerca è stata effettuata su detenuti danesi, molti con madri che fumavano o bevevano durante la gravidanza, alcuni nati in modo forzato o con mancanza di ossigeno, altri abbandonati dalle madri. Un altro fattore riscontrato, sempre di origine biologica, è la totale assenza di paura nel processo mentale, che a volte può aiutare (come nel caso degli sportivi), ma, insieme ad altri fattori, è un ulteriore grave rischio per la liberazione di istinti criminali.
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MONGOLIA Abolita la pena di morte Nella terra in cui Gengis Khan instillava la disciplina a colpi di pena di morte, il presidente invoca la moratoria delle esecuzioni. «La maggior parte dei paesi del mondo ha scelto di abolire la pena di morte – ha dichiarato Tsakhia Elbegdorji, presidente della Mongolia dal maggio del 2009 – Noi dobbiamo seguire l’esempio». La moratoria è entrata già in vigore. «A partire da domani – ha spiegato il presidente – condoneró le pena di morte e suggerisco di commutarle in 30 anni di carcere duro». Il numero di esecuzioni in Mongolia, un paese grande quanto l’Europa occidentale ma con solo tre milioni di abitanti, è segreto di stato.
INGHILTERRA Ordini dal carcere grazie a Facebook
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Internet e le nuove tecnologie sfondano ogni barriera, ma chi poteva immaginare che potessero aprire anche le porte di un carcere? E’ questo infatti quello che è accaduto in un penitenziario di massima sicurezza della Gran Bretagna dove uno dei gangster più pericolosi del Regno è stato pizzicato a minacciare ed intimidire i suoi nemici attraverso Facebook. Colin Gunn, una celebrità nel mondo della criminalità, è infatti riuscito per mesi a comunicare con oltre cinquecento amici grazie al famoso social network. L’impero criminale di Colin a Nottinghan è uno dei principali motivi per cui la città è stata conosciuta a lungo come il capoluogo degli assassini. L’uomo, che sta scontando una condanna a 35 anni di carcere, è accusato di essere il mandante di numerosi omicidi. Grazie al suo legale è però riuscito a farsi riconoscere il privilegio di Internet e, di conseguenza, di chattare online. Ed è così che l’uomo ha continuato a controllare i cartelli della droga impartendo ordini dalla sua cella. In un messaggio scrive: «Un giorno sarò fuori, che nessuno si faccia cogliere sorpreso o impaurito per questo».
Il suo account, aggiornato ogni giorno con scrupolo, è stato immediatamente bloccato dopo che il Sunday Times ha dato l’allarme. Jack Straw, ministro della Giustizia, ha affermato che verrà chiuso l’accesso a Facebook per tutti i detenuti. In molti insistono però che i social network erano già stati vietati. Ciononostante, quello di Colin Gunn non è l’unico caso di questo genere: in precedenza, infatti, Jade Braithwaite, in carcere per la morte del 16enne Ben Kinsella, si è connesso a Facebook per contattare i famigliari della sua vittima.
VENEZUELA Rivolta nel carcere di Caracas, otto morti e sedici feriti Una rivolta nel carcere La Planta di Caracas ha provocato almeno otto morti e 16 feriti. Il portavoce del ministero dell’Interno, Consuelo Serrada, ha dichiarato che i disordini sarebbero iniziati durante un tentativo di fuga. «Stiamo lavorando tutti insieme in questo momento, indagando per poter chiarire la situazione - ha dichiarato Serrada ai giornalisti - Le autorità sono presenti non soltanto quando si verifica un fatto di sangue». La rivolta è iniziata durante l’orario delle visite, e ha provocato disordini anche davanti alle porte del carcere, dove madri e mogli dei detenuti hanno protestato per avere informazioni sulle condizioni dei loro cari, dopo aver sentito il rumore di numerosi colpi di arma da fuoco provenire dall’edificio. Sessanta soldati, inviati come rinforzi nella prigione per sedare la rivolta, sono stati accolti dai familiari dei prigionieri con fischi e urla.
FRANCIA Carceri fatiscenti, ricercato fa causa a Sarkozy Un leader spirituale francese e la sua compagna - entrambi pregiudicati e ricercati dalla giustizia parigina - hanno fatto ricorso contro il Presidente francese Nicolas Sarkozy ed il Presidente della Commissione Ue José Durao Barroso contro quelle che hanno definito «condizioni terrificanti» delle carceri francesi. Alan Schmidtt 49 anni e la sua compagna
Laurence Liegois, 42, sono stati arrestati dalla polizia maltese su mandato di cattura europeo emesso da un tribunale di Parigi. Schmidtt e Liegois sono ricercati per sequestro di persona, torture e sevizie, ed istigazione alla violenza. I due sono fuggiti dalla Francia due anni fa, ed avevano stabilito domicilio sull’isola dei cavalieri. Il procedimento istituito dall’avvocato maltese Emmy Bezzina, chiama in causa sia la Francia che Malta per il trattamento dei suoi clienti in carcere. I due hanno fatto anche causa al Primo Ministro maltese Lawrence Gonzi ed il Ministro dell’Interno Carmelo Mifsud Bonnici.
SVIZZERA 200 Enti per dare lavoro “alternativo” a 137 detenuti Sempre numerosi i carcerati che chiedono di saldare il conto con la giustizia (per pene decise dal magistrato sino a sei mesi) operando nei Comuni, Consorzi, case per anziani, biblioteche, ecc svolgendo lavori di utilità pubblica. Lo scorso anno sono stati 137. La lista d’attesa, attualmente, resta lunga. Salito a 200 il numero di Enti disposti ad accogliere coloro che hanno scelto questa alternativa al carcere.
NORD COREA Oltre 200 mila i prigionieri politici e religiosi I prigionieri politici in Corea del Nord «sono circa 200mila, divisi in sei campi di concentramento diversi». Lo denuncia il nuovo rapporto della Commissione coreana per i diritti umani, pubblicato nella capitale sudcoreana. Secondo un rappresentante della Commissione, «abbiamo compiuto un lungo lavoro di indagini per questo rapporto. Nei sei campi, escluse alcune aree di quello di Yodok, i prigionieri politici sono tenuti in catene». Per quanto riguarda la situazione dei diritti umani nel Paese, uno degli ultimi regimi stalinisti al mondo, la Commissione non ha dubbi: «Si commette praticamente ogni tipo di abuso, fra cui senza dubbio il più grave è la condanna a morte in segreto e senza processo dei dissidenti. Il governo
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fonte: www.pianetacarcere.itw
sudcoreano dovrebbe persuadere quello del Nord a risolvere questi problemi tramite la cooperazione con le organizzazioni, domestiche e straniere, che si occupano di diritti umani». Una fonte di AsiaNews nella penisola coreana sottolinea: «La situazione è ancora più grave se si pensa che non esistono dati, ufficiali o ufficiosi, su queste incarcerazioni. Il regime di Kim Jong porta avanti una legge secondo cui, se sei un ladro, tuo figlio e tuo nipote saranno ladri. Con questa folle teoria iscritta nel codice penale, le carceri e i campi di concentramento si riempiono molto presto”. Va poi considerato che, secondo il governo di Pyongyang, «ogni attività religiosa, escluso il culto del leader, è un atto di sottomissione all’imperialismo straniero. Per questo, i credenti di ogni fede sono fra i più colpiti dalla repressione statale e non aiuta la crisi economica che colpisce il Paese: la gente che non mangia da giorni è più pronta a com-
mettere un reato». Il rapporto della Commissione è il primo condotto da un ente statale sudcoreano. Per ottenere i dati, i funzionari di Seoul hanno intervistato 17 esuli dal Nord che sono stati incarcerati nei campi ed altri 322 che sono passati nel corso dell’anno dalla Corea del Sud. Tuttavia, i risultati presentati sono stati anche oggetto di critica. Seo Bo-hyuk, professore presso il Centro per gli studi sulla pace dell’Università di Ewha, dice: «I risultati sui diritti umani si ottengono soltanto con la cooperazione fra le due Coree. Chiedere e basta non servirà a nulla, specialmente in questa situazione politica».
INDIA Sconti di pena con lo Yoga Esperimento di rieducazione dei detenuti in un carcere indiano: sconti di pena in cambio della partecipazione a corsi di yoga.In caso di risultati positivi la novità
del carcere dello dello Stato del Madhya Pradesh potrebbe essere esteso a tutta l’India. Per un corso di 100 giorni si possono ottenere fino a 36 giorni di riduzione della detenzione. All’esperimento partecipano circa 400 detenuti e dei corsi finora realizzati hanno beneficiato 68 carcerati.
MESSICO 23 morti in carcere Uno scontro tra bande rivali di detenuti ha provocato 23 morti nel carcere di Durango, nel nord del Messico. Si tratta dell’ennesimo episodio di violenza avvenuto nelle prigioni del paese, sempre più affollate a causa dell’aumento degli arresti per la guerra ai narcotrafficanti. I prigionieri hanno usato coltelli e armi artigianali costruite in carcere. Secondo le autorità penitenziarie, lo scontro sarebbe avvenuto tra i detenuti del gruppo Sinaloa e quelli del gruppo Los Zetas. ✦
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Paul Hoffman
LA MANO SINISTRA DI DIO NORD Edizioni pagg. 444 - euro 19,60
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on lasciatevi ingannare. Si chiama Santuario dei Redentori, quello in cima a Shotover Scarp, ma è un luogo che non dà nessun rifugio e offre ben poca redenzione. Anzitutto è circondato, a perdita d’occhio, da un’arida boscaglia, è avvolto da una perenne coltre di fuliggine ed è così grande che è facilissimo perdersi, proprio come ci si perderebbe in una landa desolata. Poi ci vivono più di diecimila ragazzi, tormentati dalla fame e dal gelo, costretti a pregare e a fare penitenza, stremati da punizioni brutali e da un addestramento sfibrante. E tutto perché i Redentori hanno un disperato bisogno di soldati da mandare in guerra contro gli Antagonisti, contro coloro che non credono in nessun Dio. Una guerra che dura ormai da due secoli. Questa è stata la vita di Cale da quando, dieci anni prima, è stato strappato alla sua famiglia e condotto nel Santuario. Adesso Cale di anni ne ha quattordici: il suo passato è stato cancellato, il suo presente è un inferno e il suo futuro è la morte sul campo di battaglia. La stessa fine di tutti suoi compagni. Però Cale non è come gli altri. Non si lamenta, non rimpiange, non protesta. Il suo sguardo è freddo e spietato, il suo cuore è calmo e risoluto, la sua mente è lucida e determinata. Perché Cale ha un piano. Deve fuggire. Ma non si può sfuggire al destino. Perché, dopo aver abbandonato il Santuario, Cale si ritroverà in
un mondo ancora più crudele e pericoloso. Un mondo in cui bisogna combattere con le armi e con l’astuzia. Un mondo che regala l’amore soltanto per strapparlo via. Un mondo in cui amici e nemici hanno lo stesso volto. Un mondo che aspetta e teme colui che forse lo distruggerà: la Mano Sinistra di Dio... Carrie Brebris Lars Kepler
L’IPNOTISTA
L’ENIGMA DI MANSFIELD PARK
LONGANESI Edizioni pagg. 594 - euro 18,60
TEA Edizioni pagg. 266 - euro 10,00
Si chiama Erik Maria Bark ed era l’ipnotista più famoso di Svezia. Poi qualcosa è andato terribilmente storto e la sua vita è stata a un passo dal crollo. Ha promesso pubblicamente di non praticare mai più l’ipnosi e per dieci anni ha mantenuto quella promessa. Fino a oggi. Oggi è l’8 dicembre e a chiamarlo è Joona Linna, un commissario della polizia criminale con l’accento finlandese. C’è un paziente che ha bisogno di lui. È un ragazzo di nome Josef Ek che ha appena assistito al massacro della sua famiglia: la mamma e la sorellina sono state accoltellate davanti ai suoi occhi, e lui stesso è stato ritrovato in un lago di sangue, vivo per miracolo. Josef è ricoverato in grave stato di shock, non comunica con il mondo esterno. Ma è il solo testimone dell’accaduto e bisogna interrogarlo ora. Perché l’assassino vuole terminare l’opera uccidendo la sorella maggiore di Josef, scomparsa misteriosamente. C’è solo un modo per ottenere qualche indizio: ipnotizzare Josef subito. Mentre attraversa in auto una Stoccolma che non è mai stata così buia e gelida, Erik sa già che infrangerà la sua promessa. Accetterà di ipnotizzare Josef. Perché, dentro di sé, sa di averne bisogno. Sa quanto gli è mancato il suo lavoro. Sa che l’ipnosi funziona. Quello che l’ipnotista non sa è che la verità rivelata dal ragazzo sotto ipnosi cambierà per sempre la sua vita. Quello che non sa è che suo figlio sta per essere rapito. Quello che non sa è che il conto alla rovescia, in realtà, è iniziato per lui.
È appena tornata la quiete nell’amata Pemberley, dove i coniugi Darcy, reduci dall’ultima recente avventura, non vedono l’ora di ritirarsi e godere finalmente della bambina appena nata. Ma, ancora una volta, è un desiderio destinato a restare insoddisfatto. Per salvare la reputazione della famiglia, infatti, Darcy ed Elizabeth dovranno precipitarsi a Mansfield Park, dove la loro presenza è richiesta, o meglio pretesa, dalla zia di Darcy, Lady Catherine de Bourgh. Sua figlia Anne, infatti, è sparita per fuggire alle trame della madre, che la voleva sposata a un uomo ricco e di nobili natali, di cui la giovane non era innamorata. Darcy ed Elizabeth non possono lasciare che la vita della giovane rischi di essere distrutta dalle mire di una madre troppo ambiziosa, né che la reputazione della famiglia stessa sia messa in gioco. Ma non appena incominciano a indagare per ritrovare Anne e riportarla a casa, emergono segreti e inganni, che renderanno la situazione sempre più complicata, fino a farla precipitare, rischiando di trascinare nel fango dell’infamia e della menzogna l’intera famiglia Darcy...
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a cura di Erremme
P.C. & Kristin Cast
CHOSEN NORD Edizioni pagg. 320 - euro 16,50 Mi chiamo Zoey Redbird, ho una mezzaluna blu tatuata sulla fronte – il Marchio che contraddistingue i vampiri – e oggi compio diciassette anni. Ma non sono proprio in vena di festeggiare. Essendo una novizia della Casa della Notte, so benissimo che il corpo può rifiutare la Trasformazione e che quindi tutti noi rischiamo di morire da un momento all’altro. Però non riesco ad accettare che questo destino sia toccato alla mia migliore amica, Stevie Rae. Senza contare, poi, che non è morta davvero. È diventata una creatura strana, costretta a vivere nel sottosuolo insieme con altre... cose simili a lei. Nessuno mi toglie dalla testa che Stevie Rae può essere salvata. Il problema è come. Infatti, a ridurla così, è stata nientemeno che la Somma Sacerdotessa, la mia adorata mentore, e questo è un bel guaio, soprattutto perché quella donna legge nel pensiero: se mi confidassi con un insegnante o coi miei amici, lo scoprirebbe subito e di certo farebbe loro del male. A quanto pare, le uniche immuni al suo potere siamo io e Afrodite, la mia peggior nemica, la ragazza più spregevole ed egoista della scuola. Non sopporto l’idea di doverle chiedere aiuto, ma non posso liberare Stevie Rae da sola: quella strega insopportabile è la mia unica speranza… Elena e Michela Martignoni
AUTUNNO ROSSO PORPORA CORBACCIO Edizioni pagg. 320 - euro 17,60 Roma, autunno 1497. Nessuno conosce l’identità di Segundo. Non ha volto, non ha casa, non ha pas-
sato. Ma ha una vendetta da compiere. Nascosto dietro studiati travestimenti, falcia le vite di comuni sicari e di cardinali viziosi e corrotti, sfruttando le loro debolezze, e lascia dietro di sé una scia di sangue. Andrea Gianani invece è un giovane sensibile, appassionato d’arte, in contrasto con i fratelli che non condividono le sue scelte. In un momento fatale i destini di questi due uomini diversi si incrociano, cambiando in modo drastico le loro esistenze. Nel dramma sono coinvolti il popolo quotidiana lotta contro fame e ingiustizie, i frati del convento di San Francesco a Ripa che prestano la loro opera caritatevole, gli artisti del Rinascimento, tra cui un giovane Michelangelo ancora sconosciuto e la corte papale con i suoi velenosi intrighi. Anche amare è difficile, sia per Gemma, schiava di un debito e delle sue insicurezze, sia per Isabella, giovane incupita dalla vedovanza: entrambe inseguono sogni d’amore impossibili. Al funzionario Riccardo Fusco è affidato il compito di sbrogliare l’intricata vicenda. Intuitivo e caparbio, rifiuta il ruolo di semplice pedina nelle mani del papa spagnolo e inventa uno stratagemma per far prevalere la Giustizia sulle contingenti leggi degli uomini.
Anne Rice
BLOOD LONGANESI Edizioni pagg. 360 - euro 18,60 «Voglio essere santo. Voglio salvare anime a milioni. Voglio fare del bene ovunque.» A pronunciare queste parole non è un uomo comune. Non è nemmeno un uomo. È una creatura della notte: il vampiro Lestat. Cristallizzato in un’eterna giovinezza, il vampiro Lestat è bello come il sole che lo respinge, ma l’oscurità che ha dentro lo tormenta da secoli. La sua brama di redenzione, bontà e amore contrasta con la sua natura di viaggiatore della notte e il suo unico rifugio è la residenza di Blackwood Farm. E proprio qui giunge la bellissima Mona Mayfair, il grande amore del padrone di casa, Quinn, compagno di Lestat il vampiro. La ragazza è fuggita dall’ospedale dove era rinchiusa da più di un anno, ed è in fin di vita. Una sola cosa può salvarla, il Battesimo del Sangue. Lestat deve così abbandonare i suoi impossibili sogni di purezza e redenzione per trasformarla in un vampiro. Sulle tracce della fuggitiva giunge a Blackwood anche Rowan Mayfair, per la quale il vampiro Lestat prova una forte attrazione. Ma l’amore a lui non è concesso... Soprattutto ora, che deve aiutare Mona a fare i conti con la sua nuova, tormentata identità di vampiro e con il terribile segreto che ha quasi rischiato di ucciderla. ✦
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Lettera al Direttore entile Segretario Generale, abbiamo appreso dall’Ansa e da una circolare del Dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria (DAP) - Ministero della Giustizia (n. 32296-2010) che il DAP intende istituire un servizio di ascolto per la prevenzione dei suicidi, lamentando nel contempo la mancanza di psicologi. E’ una notizia che si commenta da sola alla luce della vicenda della mancata assunzione dei 39 psicologi vincitori del concorso che il DAP si rifiuta di assumere. Ci sembra un fatto gravissimo , oltre che assurdo che ai 39 psicologi si rifiuti l’assunzione e si deleghi il loro lavoro ai poliziotti penitenziari.
Nel contempo esprimiamo tutta la nostra stima al Corpo di Polizia Penitenziaria per il lavoro che quotidianamente, con alto senso del dovere e professionalità, svolge a favore dei cittadini ed in un ambiente di privazioni e costrizioni quali sono le carceri in generale e quelle italiane in particolare. Ciò che contestiamo è che la circolare si ponga l’ obiettivo di prevenire gli episodi di suicidio tra la popolazione carceraria, funzione precipua del lavoro degli psicologi utilizzando altro personale. In merito alla circolare l’Ordine Nazionale degli Psicologi è intervenuto con una nota invita al Ministero e al DAP. Il Presidente dell’Ordine degli Psicologi, pur condividendo il proposito di intervenire sul grave fenomeno dei suicidi in carcere, non può che dissentire sull’uso di strumenti propri della professione di psicologo da parte di altro personale,
quindi chiede il ritiro della circolare emanata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e si riserva, in caso contrario, di ricorrere alle vie legali configurandosi il reato di abuso professionale. Ci auguriamo che ci possa essere collaborazione tra psicologi e poliziotti evitando inutili e immotivate sovrapposizioni di ruolo. Cordiali saluti. Mariacristina Tomaselli Coordinatrice nazionale 39 psicologi vincitori di concorso al DAP Cosa possiamo aggiungere? Condividiamo pienamente le osservazioni della dott.ssa Tomaselli e rimandiamo la questione al nostro dossier sui ruoli tecnici nel quale abbiamo ampiamente esposto a nostra opinione sulla vicenda.
IL MONDO DELL’APPUNTATO CAPUTO
CARCERI S.R.l.
Si, ho letto... non faranno più “protezione civile società per azioni”, ma soltanto “protezione carceri società a responsabilità limitata”!
© 2010 Caputi & De Blasis
Hey caputo, hai letto la novità? ... hanno separato il problema delle carceri da quello della protezione civile
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