Polizia Penitenziaria - Marzo 2011 - n. 182

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anno XVIII • n.182 • marzo 2011

8 marzo: mimose e proteste al DAP www.poliziapenitenziaria.it



in copertina: Una immagine della manifestazione organizzata dal Sappe l’8 marzo a Roma, davanti alla sede del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (foto Roberto Martinelli)

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L’EDITORIALE Il Consiglio dei Ministri approva il Decreto, si riparte con il riordino delle carriere di Donato Capece

ANNO XVIII • Numero 182 Marzo 2011

IL PULPITO Se l’emergenza carceri da patologica si trasforma in fisiologica di Giovanni Battista De Blasis

Direttore Responsabile: Donato Capece capece@sappe.it

IL COMMENTO I Baschi Azzurri in prima linea nella tutela dei minori

Direttore Editoriale: Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it Direttore Organizzativo: Moraldo Adolini

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di Erremme

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di Giovanni Battista Durante

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LO SPORT La solidarietà dei nostri atleti per la tragedia del Giappone

Stampa:Romana Editrice s.r.l. Via dell’Enopolio, 37 - 00030 S. Cesareo (Roma)

di Lady Oscar

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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it

Finalmente il Governo emana il decreto per la copertura economica degli avanzamenti e degli assegni di funzione

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el corso del Consiglio dei Ministri di mercoledì 23 marzo, è stato approvato un importante decreto che andrà a tutelare le nostre prestazioni e la nostra funzionalità per il 2011 e che recepisce le richieste che il SAPPE (con la quasi totalità degli altri Sindacati di Polizia ed i Cocer) aveva presentato nell’incontro con il Governo di martedì 22 marzo scorso. Il Consiglio dei Ministri – come si legge nel documento finale ufficiale - ha approvato un decreto legge che consente l’ erogazione di 345 milioni di euro, nel triennio, al personale delle Forze Armate, dell’ Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato, dei Vigili del Fuoco, del Corpo Forestale e della Polizia Penitenziaria. Le risorse si aggiungono ai 160 milioni gia’ disponibili. Il C.d.M., inoltre, ha preso atto della proposta dei Ministri La Russa e Maroni di procedere quanto prima alla predisposizione di un disegno di legge delega per il riordino dei ruoli e delle carriere del comparto sicurezza e difesa. Ora saranno tutelate le nostre indennità, i nostri assegni di funzione, gli avanzamenti e gli scatti e, cosa altrettanto significativa, l’impegno sul riordino delle carriere che per noi era condizione fondamentale al fine di poter utilizzare le risorse già previste per la riforma. Martedì si era tenuto a Palazzo Chigi un incontro tra il Governo, i Sindacati e le Rappresentanze dei Comparti Sicurezza e Difesa nel quale l’Esecutivo annunciava le iniziative che, di lì a breve, sarebbero state intraprese. L’incontro, ad avviso del SAPPE e della quasi totalità dei Sindacati delle Forze di Polizia, era stato ritenuto soddisfacente in quanto rispettava quanto già preannunciato da molti esponenti del Governo, presenti peraltro alla riunione. L’Esecutivo Berlusconi era infatti rappresentato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, dai ministri Maroni e Alfano e dai sottosegretari Corsetto e Mantovano. Per l’Amministrazione penitenziaria era presente il Direttore Generale del personale e della formazione Riccardo Turrini Vita. Nel corso del mio intervento, dopo aver rappresentato al Governo la necessità di porre rimedio alle sperequazioni causate dalla legge finanziaria, avevo colto l’occasione per tornare ad evidenziare la situazione drammatica delle carceri italiane, sovraffollate e carenti di personale. E’ stato, soprattutto, evidenziata la carenza di fondi per le missioni e per lo straordinario, tant’è che il personale è spesso costretto ad anticipare i soldi dal proprio stipendio per recarsi in missione. I fondi stanziati dovrebbero coprire quelli necessari a retribuire quanti matureranno l’assegno di funzione e gli avanzamenti di carriera. Il Governo assicura di voler varare, già nel primo Consiglio dei Ministri o al massimo in quello successivo attesa la complessità della materia e delle richieste avanzate, un provvedimento che elimini, intanto per l’anno 2011, le ingessature e i danni al funzionamento del sistema sicurezza, difesa e soccorso pubblico, nonché l’aver accolto la proposta dei sindacati e delle rappresentanze, proprio in considerazione della cautela imposta all’azione di governo

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dalla congiuntura negativa a livello economico e quindi di finanza pubblica, di riconvocare un nuovo tavolo di confronto alla fine dell’anno, in concomitanza della predisposizione della nuova manovra finanziaria, sono stati i primi segnali concreti di voler effettivamente e concretamente affrontare la questione specificità di questi comparti dando risposte reali. E al termine dell’incontro, ci siamo ritenuti soddisfatti pur nell’attesa di vedere l’approvazione del provvedimento per verificare che gli impegni annunciati siano corrispondenti alle aspettative della quasi totalità del personale di questi comparti che rappresentiamo. Ma avevamo anche pubblicamente tenuto ad evidenziare che avremmo vigilato attentamente affinchè le dichiarazioni fatte venissero rispettate e solo se fosse venuto meno il provvedimento, avremmo proclamato lo stato di agitazione portando i nostri poliziotti a manifestare in piazza, come peraltro già avevamo fatto in diverse occasioni nei mesi scorsi. Certo è che dopo l’incontro di martedì non avevamo motivi per dubitare della parola data dall’Esecutivo: le dichiarazioni di impegno di interlocutori seri hanno confortato il SAPPE e la quasi totalità dei Sindacati delle Forze di Polizia. Altri invece, martedì dopo l’incontro a Palazzo Chigi, avevano detto che le dichiarazioni di impegno del Governo erano solo chiacchere, che l’Esecutivo aveva messo una pietra tombale sul finanziamento del Comparto Sicurezza e Difesa, che si stava celebrando addirittura «l’eutanasia del Comparto» Sicurezza e Difesa… Avevano tra l’altro scritto, nel loro comunicato stampa, che «... a questo punto è palese che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha, ancora una volta, preso in giro gli operatori della sicurezza e soccorso pubblico con le solite chiacchiere, le solite promesse vane, proferite a margine delle nostre manifestazioni di protesta ma prive di fondamento. La storia di questi anni, l’episodio di oggi ne è l’ennesima riprova, mostra che questo governo perde quotidianamente credibilità nei confronti del personale del Comparto sicurezza e soccorso pubblico...». E sono – strumentalmente – scesi in piazza la mattina della convocazione del Consiglio dei Ministri forse perché preferiscono perseguire più un terreno di scontro (anche politico ed ideologico) fine a se stesso piuttosto che salvaguardare i diritti delle donne e degli uomini in uniforme. Ma, ancora una volta, abbiamo avuto ragione noi: e infatti il Consiglio dei Ministri di mercoledì 23 marzo ha dato il via libera al decreto, che recepisce gli impegni illustrati ed assunti martedi ai Sindacati del Comparto. Ma, si sa, la vittoria ha mille padri mentre la sconfitta è orfana... E subito dopo l’approvazione del decreto in Consiglio dei Ministri abbiamo letto sulle agenzie di stampa le prime inversioni di rotta dei catastrofisti e barricaderi a prescindere... Per fortuna le colleghe ed i colleghi in divisa sono in grado di distinguere da soli chi è impegnato seriamente e concretamente per dare dignità e certezze ai poliziotti da coloro che fanno solo sterili polemiche e demagogia...

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Giovanni Battista De Blasis Direttore Editoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it

Se l’emergenza carceri da patologica si trasforma in fisiologica

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mergenza carceri. Più che l’indicazione della drammatica situazione del sistema penitenziario italiano la frase contratta “Emergenza carceri” è ormai diventata una vero e proprio slogan. Il titolo di un convegno? Emergenza carceri. Il titolo di un articolo? Emergenza carceri. Un’interrogazione parlamentare? Emergenza carceri. Una dichiarazione del Garante? Emergenza carceri. Un’agenzia di stampa? Emergenza carceri. E si potrebbe andare avanti così con decine e decine di esempi ancora. Siamo ad un passo dal rischio che l’emergenza perda completamente il suo carattere patologico e diventi fisiologica al carcere e all’intero sistema penitenziario italiano. E se la patologia muta in fisiologia, si rischia che il sistema abituato a contrastare fenomeni patologici smetta di farlo quando i sintomi cominciano ad essere percepiti come fisiologici alla propria esistenza. In altre parole, se l’emergenza diventa normalità e lo straordinario diventa ordinario finirà che dovremo rassegnarci a gestire il sistema penitenziario come un gigantesco caravanserraglio molto simile allo scenario città-carcere del film di John Carpenter 1997: fuga da New York. Allo stato in cui siamo mi sembra anche inutile, e un po’ frustrante, analizzare ancora una volta le cause ed i motivi che hanno provocato la degenerazione del sistema penitenziario italiano, a partire dall’indulto concesso nel 2006 che, senza essere accompagnato da una riforma strutturale dell’esecuzione penale, è rimasto un provvedimento tampone fine a se stesso e senza alcun effetto contrastante sulla crescita costante della popolazione detenuta. Eppure, paradossalmente, c’è ancora qualcuno come Luigi Manconi che difende sic et simpliciter quel provvedimento affermando che «l’atto di clemenza ha fatto bene al carcere e alla società». A sostegno della sua opinione, Manconi ha citato una ricerca dell’Università di Torino secondo la quale «più carcere si fa, più si delinque» (senza peraltro tener conto di un possibile opposto assunto per il quale più si delinque, più carcere si fa).

Sempre a sostegno della propria opinione l’ex Sottosegretario alla Giustizia ha asserito che su trentamila indultati il tasso di recidiva è stato soltanto del 28,4 per cento, meno della metà del tasso di recidiva della popolazione detenuta che non ha beneficiato dell’indulto. Per questo motivo, secondo lui, l’indulto avrebbe contribuito alla sicurezza collettiva. Peccato che nel suo ragionamento l’ex vice di Mastella omette di specificare che il tasso di recidiva degli indultati non tiene conto di chi è tornato a delinquere ma non è stato scoperto e, soprattutto, non tiene conto del fatto che se quasi diecimila indultati su trentamila sono tornati in carcere, l’indulto ha causato diecimila nuove vittime che, senza indulto, non avrebbero subito alcun reato. Forse sarebbe doveroso sentire anche l’opinione delle vittime di questi reati (o dei parenti superstiti). Per rimanere in tema di ricerche universitarie, è utile ed interessante citare quella della Bocconi di Milano di un paio di anni fa secondo la quale il sistema carcerario italiano risulterebbe assai costoso ed inefficiente. Secondo i ricercatori della Bocconi la situazione è tornata critica, con la popolazione carceraria italiana risalita oltre i livelli che spinsero all’indulto del 2006 e con un sovraffollamento cronico causato dal fatto che l’aumento di ricettività (+5,5% negli ultimi dieci anni) non è stato proporzionato all’aumento di detenuti (+22%) rendendo il sistema molto distante dall’offrire condizioni accettabili per detenuti e personale e risultando inefficacie allo scopo della riabilitazione. Secondo i ricercatori, la soluzione al problema nel breve termine può anche consistere in provvedimenti legislativi o procedurali, come amnistia e misure alternative alla detenzione, ma in un ottica di lungo periodo la soluzione va ricercata soltanto nella gestione più efficiente delle carceri. Per valutare l’efficienza del sistema, l’università ha studiato i dati di 142 carceri (su un totale di 206 presenti in Italia) nel periodo 2003-2005. Dai dati raccolti si è constatata la ridotta dimensione delle carceri italiane, l’ottanta per

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cento delle quali ha meno di 300 posti. La popolazione detenuta è risultata essere il 130% della capacità ricettiva del sistema. Il rapporto medio poliziotti penitenziari-detenuti è di 0,85; la spesa per il personale rappresenta il 70% del costo medio per detenuto, con il rimanente 30% che copre vitto, spese mediche, strutture, ecc. Raccogliendo i vari dati, infine, i ricercatori hanno elaborato un’analisi della funzione di costo delle prigioni italiane, scoprendo un tasso medio di inefficienza pari al 2,5, ovvero le prigioni italiane spendono 2,5 volte più di quanto necessario per essere gestite in modo efficiente.

La spesa media per detenuto è chiaramente correlata negativamente al numero di detenuti presenti nel carcere e, dato che l’80% delle carceri italiane ha meno di 300 posti, ci sono notevoli economie di scala che potrebbero essere sfruttate per guadagnare in efficienza. In conclusione, dunque, i ricercatori indicano come soluzione ottimale programmare nel lungo periodo la costruzione di carceri più grandi, e dunque più efficienti e, in una prospettiva più immediata, uno sforzo di ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse con la chiusura di istituti fortemente sottoutilizzati, che può portare in tempi relativamente brevi a risparmi di spesa strutturali e non effimeri, stimabili in almeno un centinaio di milioni di euro. Secondo quanto è dato sapere il Piano Carceri presentato da Ionta dovrebbe essere orientato proprio verso un programma mirato a prevedere la costruzione di nuovi istituti con un maggior numero di posti, con iter più veloci per l’edilizia carceraria e circuiti differenziati per la detenzione, in linea, tutto sommato, con i suggerimenti dell’Università milanese. Indispensabile, però, che questo Piano Carceri, così come qualsiasi altro intervento strutturale sull’esecuzione penale, arrivi a compimento prima che questa stramaledetta Emergenza Carceri subisca quella mutazione genetica che la potrebbe trasformare da emergenza patologica ad emergenza fisiologica.

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La locandina del film 1997: fuga da New York


Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it

I Baschi Azzurri in prima linea nella tutela dei minori

L Nella foto il prefetto Francesco Cirillo

a tutela dei minori è stata al centro della giornata tradizionalmente (ma soprattutto commercialmente, oserei dire...) dedicata alle donne. Martedì 8 marzo scorso é stata infatti istituita nella sede della Direzione Centrale della Polizia criminale un’unità di crisi che dovrà gestire tutte le emergenze relative alla scomparsa di minorenni a seguito di un reato. Si tratta del sistema di allarme scomparsa minore (child alert alarm) un dispositivo che é stato già adottato in altri Paesi europei e nord americani. La convenzione, che sancisce la collaborazione tra enti pubblici e privati, é stata firmata dal Vice Capo della Polizia di Stato e Direttore Centrale della Polizia criminale il prefetto Francesco Cirillo, e le diverse Forze di Polizia italiane e numerosi enti privati. Scopo principale della convenzione é quella di favorire la massima diffusione di tutti gli elementi che possono essere utili per rintracciare il minore scomparso. In sostanza l’unità di crisi funzionerà come una sorta di call center interforce. Attraverso questa unità di crisi si potrà gestire il flusso informativo tra la popolazione e gli inquirenti. Nella sala operativa, dotata delle più moderne tecnologie, verranno gestite anche le notizie da diffondere attraverso i mezzi di informazione. La convenzione siglata anche grazie ai fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, é stata firmata anche dal Dipartimento per la Giustizia Minorile, dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia Penitenziaria e dal Corpo Forestale dello Stato. Tra gli enti privati che hanno siglato la convenzione: l’Aiscat, la concessionaria autostradale, Autogrill, consorzio Snam servizi nazionali avvistamento marittimo, Ferrovie dello Stato, Enac, Telecom Italia, Sisal, Rai, Mediaset, Sky e Telefono Azzurro. «Con questa convenzione - ha detto il prefetto Francesco Cirillo, vice capo della Polizia - si riuniscono istituzioni pubbliche e private al fine di ricercare i minori scomparsi a seguito di un reato. Il sistema entra in funzione oggi e nel giro di un mese sarà attivo. La sala crisi sarà utile per far diffondere le notizie nell’immediato e quindi attuare le ricerche in tutto il territorio nel giro di poche ore. Viene quindi istituzionalizzato un protocollo di ricerca standard fino ad oggi basato sulla buona vo-

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lontà delle persone oltre al lavoro della polizia e dell’autorità giudiziaria. Dobbiamo essere sicuri di non disturbare con le ricerche le indagini degli inquirenti ma dobbiamo anche essere attivi subito e canalizzare in un protocollo quello che deve essere fatto». Nei prossimi mesi altri enti istituzionali e privati firmeranno la convenzione e non si esclude che il sistema, dall’8 marzo attivo per i minori scomparsi, possa essere esteso in futuro per le ricerche di tutte le persone di cui non si hanno più notizie. Le cifre ed i numeri su questo tragico fenomeno sono a dir poco inquietanti; sono infatti oltre 10mila i minorenni scomparsi dal 1974 a oggi. Nel 2009 sono stati 1.033 i minori italiani e stranieri per i quali sono state attivate le segnalazioni di ricerca sul territorio nazionale e che risultano ancora inseriti nell’archivio delle ricerche. Secondo un rapporto Eurispes-Telefono Azzurro, dal 1° gennaio al 4 marzo 2010 risultavano già 222 casi (158 stranieri e 64 italiani) di minorenni scomparsi. Dal 2007 al 2009 si é verificato un costante incremento che mostra come la maggior parte delle scomparse riguardi minori di nazionalità straniera (240 nel 2007, 631 nel 2008 e 717 nel 2009 contro 68 italiani nel 2007, 173 nel 2008 e 316 nel 2009). La fascia d’età più consistente di minori da rintracciare é quella compresa tra i 15 e i 18 anni, per lo più ragazzi che si allontanano volontariamente dal loro domicilio o dalla comunità (653 nel 2009; 149 al 4 marzo 2010). In tutte le fasce di età il numero di minori stranieri scomparsi é significativamente più elevato rispetto a quello degli italiani. Su 204 minori tra 11 e 14 anni scomparsi nel 2009, 136 sono stranieri; lo stesso accade nella fascia 0-10 dove su 176 piccoli, 97 sono stranieri. Il fenomeno é più consistente tra i 15 e i 18 anni: su 653 minori, 484 sono stranieri. Da tempo presso il Ministero dell’Interno è stata istituita una apposita unità organizzativa, collocata nell’ambito della Direzione Centrale Anticrime della Polizia di Stato - Servizio Centrale Operativo, con il compito di monitorare le fenomenologie criminali nelle quali sono coinvolti i minori, sia vittime che autori di reato, le violenze sessuali e domestiche, la scomparsa e la tratta di minori, nonché le mutilazioni genitali fem-

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minili, con lo scopo di elaborare, successivamente, incisive strategie di contrasto. La Sezione minori gestisce anche il sito www.bambiniscomparsi.it che pubblica le foto di bambini scomparsi, dietro richiesta dei o del genitore (o chi ne fa le veci) e l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria. Il sito www.bambiniscomparsi.it è collegato ad un network internazionale, del quale fanno parte altri siti dedicati al ritrovamento dei bambini scomparsi. Il network è coordinato dal National Centre for Missing and Exploited Children (NCMEC). Nel percorso di tutela dei minori va anche il disegno di legge sulla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, del quale ha scritto Giovanni Battista Durante nel numero di febbraio della Rivista, che proprio l’8 marzo è stato deciso che tornerà in commissione Giustizia del Senato per un approfondimento con l’obiettivo di renderlo, se possibile, ancora più condiviso. La proposta é stata accolta da tutti i gruppi al termine della discussione generale in aula a Palazzo Madama con la condizione che l’iter del d.d.l. non venga allungato ad oltranza. Il presidente della commissione Giustizia, Filippo Berselli, ha quindi accolto l’invito confermando che la conclusione dell’esame avverrà entro 15 giorni. Le mamme di bambini fino a sei anni di età non dovranno più stare in carcere, a meno di particolari esigenze cautelari di «eccezionale rilevanza». E’ quanto prevede la proposta di legge in discussione al Senato che innalza del doppio (attualmente é di tre anni) l’età del figlio perché la donna di non venga detenuta. Il testo, già approvato all’unanimità dalla Camera con la sola astensione dei radicali, dovrebbe ricevere il via libera di Palazzo Madama nella giornata di domani dopo alcuni approfondimenti tecnici di cui si occuperà la commissione. Il provvedimento prevede che quando imputati siano una donna incinta o una madre di prole di età inferiore a sei anni che conviva con lei (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole) non ne possa essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza: in quel caso é

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possibile disporre la custodia cautelare un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM). Sarà un decreto del ministro della Giustizia a definire le caratteristiche tipologiche delle case famiglia (anche con riferimento ai sistemi di sorveglianza e di sicurezza) e l’individuazione delle strutture gestite da enti pubblici o privati idonee ad essere utilizzate come case-famiglia protette. E qui c’é uno dei punti criticati dai Radicali: di Icam al momento ce n’é solo uno, a Milano, e non vengono previste risorse per realizzarne di nuovi. Cambiano anche le regole che disciplinano il diritto di visita al minore infermo, anche non convivente, da parte della madre detenuta o imputata (o del padre, alle condizioni sopra indicate). Il magistrato di sorveglianza - in caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del minore - potrà concedere il permesso, con provvedimento urgente, alla detenuta o all’imputata per visitare il figlio malato, con modalità che, nel caso di ricovero ospedaliero, devono tener conto della durata del ricovero e del decorso della patologia. Nei casi di assoluta urgenza il permesso viene concesso dal direttore dell’istituto. Viene poi stabilito il diritto della detenuta o imputata di essere autorizzata dal giudice ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute. Il provvedimento deve essere rilasciato non oltre le ventiquattro ore precedenti la data della visita. Novità anche per gli arresti domiciliari delle condannate incinte o madri di figli di età non superiore a dieci anni. Potranno espiare condanne fino a quattro anni presso una casa famiglia protetta; se poi non c’é un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e si riscontra la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, le detenute madri possono espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo privato o in un luogo di cura dopo aver scontato almeno un terzo della pena o almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo. Una legge di civiltà, dunque, si appresta ad essere varata per alleviare la triste realtà dei bimbi in carcere. Chi li ha visti, sa a cosa mi riferisco e sa quali sensazioni di pro-

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La Home Page del sito 116000.it


Nelle foto fondo disagio lasciano nell’animo di madri e figli ognuno di noi. Va però messo in luce, su in carcere

questa particolare situazione penitenziaria, l’encomiabile impegno delle donne con il Basco Azzurro del Corpo che, nei 17 asili nido delle carceri italiane, hanno espresso nel tempo ed esprimono quotidianamente una professionalità ed una umanità davvero particolari. Le nostre Agenti (spesso mamme loro stesse) sanno conciliare perfettamente il binomio di tutori dell’ordine e della sicurezza e di operatrici del trattamento rieducativo con una particolare ed apprezzata sensibilità umana. Ed è davvero un peccato ed una ingiustificata grave dimenticanza che la nobiltà d’animo e la lodevole professionalità delle nostre colleghe in questo particolare aspetto della nostra difficile professione non siano state nel tempo adeguatamente valorizzate ed apprezzate, anche a livello sociale e mediatico.

Carceri, manifestazione del Sappe a Roma “contro i burocrati del DAP” e per l’istituzione della Direzione Generale del Corpo di Polizia Penitenziaria

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rano oltre un centinaio i poliziotti penitenziari aderenti al Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, la prima e più rappresentativa Organizzazione dei Baschi Azzurri, che hanno partecipato martedì 8 marzo scorso a Roma al sit-in di protesta in largo Luigi Daga, davanti alla sede del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. La composta manifestazione, che si è svolta senza alcun problema sotto il profilo dell’ordine pubblico e della viabilità ordinaria, era stata annunciata dal SAPPE per contestare «la nomenclatura ed i burocrati del DAP nemici del Corpo» ed ha visto la partecipazione e presentazione di molti iscritti provenienti, oltre che da Roma e dal Lazio, da Piemonte, Liguria, Campania, Marche, Molise, Toscana, Veneto, Puglia, Calabria, Sicilia, Lombardia e Umbria. «Tutti in piazza, sotto le bandiere azzurre del SAPPE - ha spiegato il segretario generale del SAPPE, Donato Capece - contro quella nomenclatura e quella dirigenza dell’Amministrazione Penitenziaria che da vent’anni ostacola ogni evoluzione ed accrescimento professionale della Polizia penitenziaria e quindi condiziona l’operato di tutti i Capi Dipartimento che fino ad oggi si sono avvicendati alla guida del DAP. Sono i burocrati che si preoccupano solo della propria poltrona, sempre gli stessi, che hanno boicottato e boicottano subdolamente e costantemente una non più rin-

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viabile, adeguata e funzionale organizzazione del Corpo di Polizia penitenziaria e l’istituzione della Direzione generale del Corpo, in seno al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, indispensabile e necessaria per raggruppare tutte le attività ed i servizi demandati alla quarta Forza di Polizia del Paese». Una delegazione del SAPPE, guidata dal Segretario Generale Capece e composta dai Segretari Nazionali e Regionali presenti alla manifestazione, è stata quindi ricevuta dal Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta, che ha voluto sottolineare gli sforzi del Ministro della Giustizia Angelino Alfano e del Dipartimento finalizzati ad ottenere, pur in un momento di grave difficoltà economica del Paese, significativi risultati come la realizzazione di circa 50 nuovi padiglioni detentivi, l’avvio delle procedure per le gare di una ventina di nuovi istituti penitenziari per un totale di circa 20mila nuovi posti detentiva e l’assunzione

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di nuovi agenti di Polizia penitenziaria. Il Segretario Generale del SAPPE ha espresso un sincero apprezzamento per le parole espresse da Ionta, sintomo di una progettualità concreta e ha sottolineato: «un Corpo di Polizia dello Stato come la Polizia Penitenziaria non può vedersi chiudere le Scuole di Formazione del Personale di Monastir (in provincia di Cagliari), Portici (in provincia di Napoli) - mentre per quella di Verbania è prevista una riconversione ad altro utilizzo- per colpa dei burocrati dell’Amministrazione penitenziaria, che punta poco alla formazione ed all’aggiornamento professionale dei poliziotti». Ultimo schiaffo, in ordine di tempo, ad un reale riconoscimento della professionalità del Corpo di Polizia Penitenziaria lo ha assestato il Protocollo di intesa sottoscritto l’11 febbraio scorso dall’Amministrazione Penitenziaria DAP e Dipartimento della Pubblica Sicurezza concernente il Piano straordinario contro le mafie. Nelle sue premesse, si riconosce «che l’attività del Corpo di Polizia penitenziaria all’interno degli istituti di pena consente l’acquisizione e l’elaborazione di specifiche informazioni che possono costituire elementi di interesse per le attività di indagine delle altre Forze di polizia” ma poi si affida a generici “Rappresentanti dell’Amministrazione Penitenziaria» (in sede centrale) e «Responsabili degli Istituti di pena» (nelle sedi provinciali) la presenza e partecipazione nei costituendi Gruppi Operativi interforze. E la Polizia Penitenziaria? Perché si è voluto espressamente escludere il Corpo di Polizia Penitenziaria ed i suoi

vertici? Stiamo parlando di un Corpo di Polizia dello Stato che ha oggi in organico ben 500 Funzionari del ruolo Direttivo (tra vice Commissari, Commissari e Commissari Capo della Polizia Penitenziaria), 26 Generali e 6 Colonnelli del disciolto Corpo degli Agenti di Custodia (che espletano servizi di Polizia) ma non a caso non ha una Direzione Generale del Corpo al DAP e ancora vede frammentate in mille rivoli le sue prerogative funzionali. L’ennesima conferma, dunque che, come peraltro denunciato pubblicamente in piazza dal SAPPE a Roma l’8 marzo scorso, c’è chi non vuole una vera valorizzazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, specie nelle sue prerogative di Corpo di Polizia dello Stato. erremme

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Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it

Ospedali Psichiatrici Giudiziari Istituzioni dello Stato o Lager?

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uesto mese pubblichiamo l’intervista fatta al dott. Rosania, direttore dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, dal segretario del Sappe Vito Fazio. In questi ultimi tempi gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono spesso al centro dell’attenzione, anche in considerazione del fatto che è stata prevista la progressiva dismissione degli stessi. Nella foto Fatto, questo, che stenta a trovare un’adeil direttore guata soluzione, a causa delle difficoltà orRosania ganizzative di alcune regioni. Infatti, è stata prevista la territorializzazione dell’esecuzione della misura di sicurezza in O.P.G.. Gli attuali O.P.G. di Messina, Napoli, Aversa, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere (Mantova), costituiscono un bacino d’utenza extraregionale. Il piano prevede che ogni regione si doti di autonome strutture che dovrebbero essere gestite dagli stessi Enti, con personale medico e paramedico. La Polizia Penitenziaria dovrebbe gradualmente abbandonare il servizio negli O.P.G.. Si pone, però, il problema della gestione dei detenuti più pericolosi. Si tratta di un processo in divenire rispetto al quale come sindacato siamo attenti all’evolversi dei fatti, anche per dare la giusta collocazione al personale di polizia penitenziaria che dovesse essere costretto a lasciare l’attuale servizio. Dott. Rosania in questi giorni come completamento di un attacco ciclico all’Istituzione O.P.G. è stata svolta da parte dei Mass Media un’operazione di divulgazione di immagini e commenti relativi agli O.P.G. della Nazione. Quali sono, secondo il suo giudizio, le ragioni delle precarietà che sta colpendo i nostri Istituti in questo periodo?

sima,direi drammatica, della loro storia. Il sovraffollamento inarginabile di tutti gli ambiti di degenza registratosi negli ultimi anni; la carenza di risorse economiche(fino al 60% in meno) inesorabilmente sopravvenuta e via via aggravatasi nel corso degli anni (con conseguente annichilimento di ogni possibilità di provvedere ad una manutenzione efficace dei locali e delle strutture, di provvedere alle pulizie-che negli O.P.G. sono affidate ai pazienti stessidegli ambienti di soggiorno,di incrementare ed ammodernare i presidi terapeutici e diagnostico-strumentali, di adeguare il personale medico e paramedico all’enorme aumento degli internati); il mancato transito, in Sicilia, della sanità penitenziaria al servizio sanitario regionale; il ridursi ai minimi termini dell’organico di Polizia Penitenziaria; il mancato recepimento delle sentenze della Corte Costituzionale del 2003-2004 che indicavano gli O.P.G. solo

Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani vivono da anni una fase difficilis-

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come risposta estrema al problema psichiatrico-giudiziario sollecitando soluzioni più sanitarie e volte ad una migliore assistenza,terapia, riabilitazione dei pazienti psichiatrici autori di reati; la mancata accoglienza, da parte dei territori di provenienza, dei ricoverati i quali rimangono assai spesso in O.P.G.,in regime di proroga della misura di sicurezza, per la mancanza di soluzioni all’esterno e spesso in O.P.G. ritornano perché ritenuti “ingestibili”dalle strutture di ricovero cui,dopo defatiganti confronti, si era riusciti ad affidarli; il ritardo dell’avvio della ridistribuzione, su scala nazionale, dei pazienti sulla base dei bacini d’utenza geografici definiti in sede di Conferenza Stato-Regioni; la presenza in O.P.G. di soggetti ristretti sulla base di posizioni giuridiche che dovrebbero essere gestite in carcere(sia pure in sezioni a custodia attenuata e con maggiori dotazioni sanitarie) e di un elevatissimo numero di internati provvisori che attendono per anni la celebrazione dei loro processi. Ritiene che i recenti dibattiti (unidirezionali) avuti luogo nascono da un approfondito studio della situazione o da una visione meramente sommaria? Tutto quanto sopra argomentato non trova in alcun modo cittadinanza nel discorso, fin qui unidirezionale e meramente scandalistico, sugli O.P.G. dei quali continua ad ignorarsi, di fatto, la storia, l’organizzazione ,il loro essere parte integrante del sistema penale di questo Paese, i tanti progetti che (nati dalla collaborazione fra Amministrazione Penitenziaria, le organizzazioni della società civili e del volontariato, le Istituzioni locali) ambiscono a superare nel concreto,attraverso prassi virtuose, questi “contenitori” vieppiù drammaticamente affollati e di difficilissima con-

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duzione a cagione della richiamata povertà di risorse, per approdare ad una modalità di affrontamento della questione psichiatrico-giudiziaria davvero alternativa laddove tarda da anni , e non certo per responsabilità di chi dirige od opera a vario titolo all’interno di queste realtà, a concepirsi un condiviso iter di radicale riforma che appare quanto mai urgente e necessario. Cosa pensa del personale di Polizia Penitenziari e le esigenze del personale che si trova a convivere con questa difficile situazione lavorativa ? Il personale di Polizia Penitenziaria, ridottosi di quasi 50(!) unità negli ultimi 4 anni senza venire in alcun modo rim-

piazzato,si trova a dover affrontare quotidianamente un lavoro divenuto improbo ed assai poco gratificante. Un lavoro svolto in continuo affanno per la gravissima carenza d’organico, a costante contatto con una popolazione internata che vive in condizioni di tragica promiscuità la quale ultima ingenera frequentissimi atti di aggressività auto-eterodiretta. E’ un personale che ha dovuto imparare sulla propria pelle a lavorare in questi iustituti essendo privo di una specializzazione professionale. Questo personale (spesso,per altro, chiamato in gran numero a svolgere servizi esterni su disposizione del nucleo regionale di traduzione e piantonamento con conseguente ulteriore penalizzazione del ser-

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vizio intramoeniale) merita rispetto e condizioni di lavoro meno frustranti. E va detto anche che gli infermieri sono parimenti diminuiti riducendo gli standard dell’assistenza ed appesantendo ulteriormente l’impegno della polizia penitenziaria la quale finisce per vedere compromesso, addirittura, il soddisfacimento dei diritti soggettivi.

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Nel riquadro l’ingresso dell’O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto Sotto l’O.P.G. di Montelupo Fiorentintino


Lionello Pascone • Coordinatore Nazionale Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria info@anppe.it

Tempi sui ricorsi al TAR del personale ANPPe

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ome già pubblicato più di una volta, è fatto notorio la mole di ricorsi pendenti davanti ai Giudici Amministrativi e, in particolare al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. La situazione è talmente esplosiva che il nuovo codice del processo amministrativo, in vigore dal 16 settembre 2010, ha previsto nuovi e più rigidi criteri di competenza territoriale, precludendo la possibilità di concentrare il contenzioso al TAR Lazio. A tale proposito abbiamo inviato al nostro legale una nota per evidenziare circa i tempi di definizione dei ricorsi giurisdizionali presentati avanti al TAR del Lazio nove dieci anni or sono, relativamente a diversi contenziosi e abbiamo chiesto di voler valutare se vi siano gli estremi per una richiesta di risarcimento danni per irragionevole durata del processo ex Legge 89/2001, meglio conosciuta come legge Pinto. La questione circa la natura propedeutica dell’istanza di prelievo alla richiesta di equa riparazione del danno è stata definitivamente affrontata e risolta dalla Corte di Cassazione con la sentenza 12 gennaio 2007 n. 575, ove si osserva che, in tema di equa riparazione per la durata irragionevole del processo, tale durata deve computarsi dalla data del deposito del ricorso dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa fino a quella della decisione, dovendosi negare che esso abbia inizio dalla presentazione della c.d. istanza di prelievo di una delle parti, avendo questa natura sollecitatoria e non interruttiva. Appare appena il caso di osservare, altresì, che per lunghi anni i giudici italiani hanno negato l’applicabilità diretta della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 4.11.1950 all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale, costringendo le vittime di potenziali ed eventuali violazioni alla stessa Convenzione a far ricorso alla Corte Europea dei

Diritti dell’Uomo, con sede a Strasburgo, presso il Consiglio d’Europa. Dopo tali condanne il Parlamento ha finalmente emanato la Legge 24 marzo 2001 n. 89, sopra richiamata, che ha previsto che la parte che lamenti la eccessiva durata dei processi davanti ai giudici italiani possa presentare in Italia un ricorso alla Corte di Appello per ottenere, a carico del Governo italiano, il risarcimento dei danni morali o patrimoniali conseguiti per la eccessiva durata del processo anche alla luce del novellato articolo 111 della Costituzione. Lo studio dell’Avv. Nicolini in relazione all’istituto teso a consentire la rifusione del cittadino dalle conseguenze pregiudizievoli connesse all’irragionevole durata del processo, ha rappresentato quanto segue. La normativa in epigrafe, allineandosi alla disciplina comunitaria e, in particolare, all’art, 6 par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, considera ragionevole per un giudizio di primo grado una durata di tre anni. Il superamento di detto periodo determina conseguenze pregiudizievoli per il cittadino, connesse alle lungaggini processuali, costituite in primo luogo dall’angoscia per l’incertezza circa la propria complessiva situazione economica e giuridica. Di qui la possibilità di ricorrere alla Corte d’Appello competente territorialmente secondo i criteri di cui all’art. 11 cpp (Roma per Cagliari, Perugia per Roma e così via) onde ottenere un ristoro quantificabile secondo i principi che si vanno ad indicare. Infatti, in ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale, appare quanto mai opportuno richiamare i parametri stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In particolare, la Cassazione, Sezioni Unite Civili con le sentenze n° 1338, n° 1339, no 1340, n° 1341 del 26 gennaio 2004, ha statuito che “ i criteri dl determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possano essere ignorati dal giudice

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nazionale, anche se questi può discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili ... omissis .... la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte d’Appello a norma dell’art. 2 della legge n. 89/2001, pur consentendo la sua natura equitativa, è tenuta a muoversi entro un ambito che è definito dal diritto, perché deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui è consentito discostarsi purchè in misura ragionevole. L’ambito giuridico della riparazione equitativa del danno non patrimoniale è, in altri termini, segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei Diritti Umani, per come essa vive nelle decisioni, da parte di detta Corte, di casi simili. L’accertamento dei casi simili e delle eque soddisfazioni del danno non patrimoniale in essi operate dalla Corte di Strasburgo, pur rientrando nei doveri di ufficio del giudice, può giovarsi della collaborazione delle parti, ed in particolare dell’attore, che ha interesse a fornire al giudicante ogni elemento utile alla determinazione del quantum del danno nella misura da lui richiesta”. Per quanto sopra, attualmente la misura del risarcimento è fissata mediamente in euro 1.000,00 (mille) per ogni anno successivo al terzo a prescindere all’esito della vertenza la cui durata irragionevole ha originato il diritto ex Legge n°89/2001, dalla presentazione di eventuali istanze di anticipazione, nonché dalla definizione del giudizio, ben potendo l’interessato procedere giudizialmente ancor prima della sentenza. Tuttavia, al fine di evitare la presentazione di due ricorsi per il medesimo processo dalla durata irragionevole appare opportuno attenderne la conclusione e proporre l’azione per il risarcimento connesso all’intero periodo ulteriore rispetto al triennio consentito.

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Pensioni indirette Assegno di a coniugi separati superinvalidità

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a pensione ai superstiti (di reversibilità o indiretta che sia) spetta, tra gli altri, tanto al coniuge divorziato (titolare di relativo assegno) quanto a quello separato (con l’eccezione di chi è separato con addebito, ovvero per colpa, per il quale il diritto matura solo nell’ipotesi che il giudice gli abbia riconosciuto nella sentenza il diritto agli alimenti). Questa può essere liquidata ai superstiti esclusivamente se a favore del deceduto erano già stati versati almeno 780 contributi settimanali ovvero per 15 anni, né più né meno i requisiti che erano necessari per richiedere la pensione di vecchiaia prima dell’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 503 del 1992 o, in alternativa, se il de cuius aveva maturato le condizioni di base per l’assegno ordinario di invalidità (cioè un minimo di 260 versamenti settimanali, dei quali almeno 3 effettuati nei cinque anni precedenti il decesso). Le percentuali che spettano, così come le individua la Legge n. 335 del 1995, più conosciuta quale Riforma Dini agli aventi diritto sono: • il 60% nel caso che i sopravvissuti si riducano al solo coniuge (senza figli); • l’80% se oltre al coniuge è presente un figlio, arrivando al 100% quando, con il coniuge, ci sono due o più figli oppure, senza il coniuge, tre o più figli. Qualora, invece, il defunto non avesse maturato nessuna delle condizioni minime sopra riportate, non è detto che tutto sia perduto: se, infatti, risultava assicurato al 31 dicembre 1995, i superstiti hanno ancora la possibilità di richiedere le cosiddette indennità: quella per morte e/o la una tantum. Ma attenzione! Le domande relative vanno presentate, pena la decadenza, entro un anno dalla data dell’avvenuto decesso.

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n merito all’assegno di superinvalidità, informiamo che l’art. 100 del DPR 1092/ 1973 prevede, in realtà, per gli invalidi per servizio affetti da mutilazioni o da infermità previste dalla tabella E annessa al DPR 914/1978, modificata dal DPR 834/1981, uno speciale assegno, la cui misura è fissata in nove categorie, come stabilito dall’allegato I della Legge 422/1990. Tale assegno viene erogato ai soggetti che abbiano subìto un’invalidità permanente per effetto di ferite o lesioni per gli atti di terrorismo e di eversione dell’or-

dine democratico di cui all’art. 1 della Legge 302/ 1990. Se non si percepisce già il suddetto assegno, occorre verificare se le infermità riscontrate siano quelle indicate dalla suddetta tabella E; mentre, qualora l’emolumento venisse corrisposto, si tratterebbe di di controllarne l’esatta misura. Per quanto riguarda l’IRPEF, confermiamo che l’art. 16 del DPR 510/1999 prevede l’esenzione dell’imposta in argomento sul trattamento privilegiato di 1ª categoria con assegno di superinvalidità. Precisiamo, però, che l’esenzione viene applicata d’ufficio, a decorrere dal 1° dicembre 1998, per gli eventi verificatisi successivamente a tale data, per gli eventi verificatisi prima, occorre la domanda degli interessati.

Il Capo del DAP risponde all’ANPPe sulla richiesta di vestiario in disuso

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n esito alla richiesta da parte di codesta Associazione di vestiaro in disuso comunico ciò che segue; 1. la valutazione di quanto richiesto con la nota in esame non può essere portata a compimento in assenza di indicazioni in punto di fatto e in punto di diritto già richieste al Gabinetto dell’On.le Ministro, ai fini della migliore applicazione del D.M. 25 febbraio 2010; 2. in assenza pertanto di un corretto e confortato inquadramento giuridico

dell’Associazione e dei suoi rapporti con l’Amministrazione, non si ritiene possa darsi corso alla cessione di effetti di vestiario della Polizia Penitenziaria (sia pure non più in uso), così come richiesto. Per tali ragioni, si ritiene che anche in relazione alla cortese istanza non possano che trovare applicazione le disposizioni interlocutorie di cui alla nota n. 399307 del 1.10.2010, conosciuta e citata da codesta Associazione.

Reggio Calabria: nuovi appuntamenti per la sezione locale dell’ANPPe

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a Sezione ANPPe di Reggio Calabria molto attiva sul territorio è stata invitata per i prossimi mesi a vari appuntamenti istituzionali: tra questi citiamo il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, organizzato dall’Istituto d’Istruzione Superiore R. Pirla di Rosarno, la ricorrenza del’88° anniversario della Fondazione dell’Aeronautica Militare, or-

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ganizzata dalla Sezione Provinciale di Reggio Calabria e la commemorazione ai Caduti e combattenti, organizzata dall’Associazione Culturale ANASSILAOS di Reggio Calabria, che si è svolta il 17 marzo 2011 presso la Chiesa di San Girogio al Corso / Tempio della Vittoria, in occasione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia.

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Protocollo di adesione tra ANPPe e Guardia Nazionale Ambientale Onlus

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l 15 marzo 2011, è stato stipulato un protocollo di adesione tra l’Associazione Nazionale denominata Guardia Nazionale Ambientale - Onlus, con sede in Terni e l’A.N.P.Pe (Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria) con sede in Roma.

• di fornire consulenza e assistenza legale in materia pensionistica;

Reggio Calabria: Alessia Denisi vola in finale

CONSTATATO CHE Gli Enti suddetti condividono di massima, le rispettive finalità statutarie; VISTI Gli statuti dei due Enti, i sottoscritti Organismi; RITENGONO Che sia interesse reciproco intraprendere un rapporto di collaborazione nel rispetto delle relative autonomie, finalizzato alla promozione di iniziative comuni, per la tutela degli interessi dei propri aderenti

L’Associazione Nazionale Guardia Nazionale Ambientale – Onlus è un’Associazione indipendente e senza fini di lucro, che ha lo scopo di esercitare attività di protezione e tutela della fauna e dell’ambiente inteso oltreché come habitat naturale anche quale patrimonio di tradizioni, attività economiche e sociali che da questo ne derivano, come da Statuto; L’A.N.P.Pe. che è un’Associazione apolitica, apartitica, e interclassista, ha, tra le finalità statutarie, quelle: • di tramandare e mantenere vive le tradizioni del Corpo; • di partecipare a cerimonie e manifestazioni ufficiali; • di attuare rapporti di solidarietà con altre Associazioni; • di rappresentare l’assistenza morale, materiale, culturale e ricreativa dei soci; • di contribuire alla prevenzione della criminalità; • di promuovere attività e scambi culturali; • di collaborare con Organi istituzionali in opere di protezione civile per la tutela dell’ambiente, per soccorso pubblico e per calamità naturali; • di disporre di locali per riunioni e incontri;

VISTI L’attività svolta e i servizi forniti dall’Associazione Nazionale Guardia Nazionale Ambientale –ONLUS, nonchè i servizi forniti dal A.N.P.Pe.

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l 27 febbraio 2011, Alessia Denisi, figlia del Segretario Locale ANPPe di Reggio Calabria, ha partecipato, per la scuola Accademia Hen Dance Center al Campionato Regionale Calabria 2011 di danza, gara valevole per la qualificazione al campionato nazionale. La giovane atleta si è qualificata al primo posto in due categorie, conquistando 2 medaglie d’oro, vincendo così il Campionato Regionale della Calabria; in considerazione del podio raggiunto nel mese di giugno a Bologna andrà a rappresentare la Regione Calabria ai campionati nazionali di Sincro e Show Danze.

CONVENGONO Di aderire al presente Protocollo, impegnandosi a collaborare e a sostenere le iniziative poste in essere dai firmatari. Gli iscritti agli Organismi hanno diritto alla consulenza sulle problematiche concernenti quanto riportato negli Statuti. Gli iscritti all’ANPPe sono di diritto anche soci dell’Associazione Nazionale denominata Guardia Nazionale Ambientale – Onlus e viceversa.

Rovigo: incontro dell’ANPPe con il Provveditore Regionale del Triveneto

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a Segreteria Provinciale Anppe di Rovigo esprime grande soddisfazione per l’incontro avuto nel mese di febbraio 2011 con il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per il Triveneto Felice Bocchino.

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Nella riunione si è discusso, oltrechè delle tematiche relative al sovraffollamento degli istituti penitenziari del Nord Est, della possibilità di impiegare i soci dell’Anppe per svolgere incarichi su base volontaria all’interno delle strutture carcerarie.

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Campobasso: l’ANPPe incontra l’Assessore Benevento e Portici: l’ANPPe alla Regionale alle Politiche sociali Festa per i 150 anni dell’Unità d’Italia

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Gonfaloni dell’ANPPe presenti alle manifestazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Sopra la delegazione di Benevento e, sotto, quella di Portici.

l giorno 2 marzo 2011, si è svolta a Campobasso una riunione della Sezione ANPPe, a cui sono intervenuti il Coordinatore Nazionale Lionello Pascone, il Delegato Nazionale Aldo Di Giacomo e il Segretario Provinciale Pasquale Iannaccone. L’intervento è stato particolarmente cordiale e sentito; estremamente significativo il saluto dell’Assessore alle Politiche sociali della Regione Molise con delega alle Associazioni Angela Fusco Perrella.

Venezia: un grazie a UNCI e Rialto Mio

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a Segreteria provinciale dell’ANPPe intende ringraziare le Associazioni UNCI E Rialto Mio di Venezia per il materiale donato in occasione della celebrazione della Befana del Corpo che si è svolta presso la Casa Circondariale di Venezia ed ha reso felici i numerosi bambini intervenuti, figli del personale in servizio, nella struttura penitenziaria.

Rovigo: l’ ANPPe è presente ai funerali del Cap. Ranzani

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l 4 marzo 2011, a S. Maria Maddalena, una frazione di Occhiobello in prov. di Rovigo, si sono svolti i funerali privati del Capitano Massimo Ranzani del V° Reggimento degli Alpini, deceduto in Afghanistan. La bara del Capitano degli Alpini, 37 anni, è stata posta nella Sala Consiliare, dove è stata allestita la camera ardente. I funerali privati si sono svolti alla presenza di oltre 2.000 persone. Tra gli ospiti, anche alte autorità militari come il Comandante delle truppe alpine Alberto Pimiceri e il Generale dell’Esercito Francesco Taricone. Presente anche il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia. La bara è stata portata a spalle dagli alpini del Reggimento di Vipiteno di cui faceva parte il Capitano Ranzani.

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Alla mesta cerimonia ha partecipato una folta delegazione A.N.P.Pe. del Nord Est Italia rendendo gli onori militari insieme a tutte le altre Associazioni d’Arma e Combattentistiche. Cav. Roberto Ernesto Tramacere

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inviate i vostri articoli a rivista@sappe.it

Reggio Calabria: il Sappe partecipa al Convegno sull’Emergenza Carceri

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l 4 marzo 2011, presso il Consiglio Regionale della Calabria si è svolto il Convegno Emergenza Carceri. Particolare interesse ha suscitato l’intervento di Donato Capece Segretario Generale del Sappe. Erano presenti alla manifestazione il Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, il Presidente del Consiglio Regionale FrancescoTalarico, S.E. il Prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta, Il Sindaco della Città di Reggio Calabria Giuseppe Raffa, l’On. Giovanni Nucera e i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria con Sebastiano Ardita e il Provveditore Regionale Nello Cesari.

E’ intervenuto per le conclusioni finali il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio On. Carlo Giovanardi.

Massa: festa per i 150 anni dell’Unità d’Italia

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i è svolta a Massa, nella prestigiosa cornice di Piazza degli Aranci, la festa del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, alla presenza del Prefetto Giuseppe Merendino, e delle piu’ alte cariche istituzionali della provincia. Anche l’Amministrazione Penitenziaria, rappresentata dal Direttore della Casa Reclusione di Massa Alessandra Beccaro, era presente alla cerimonia, unitamente al Comandante del Reparto Commissario Gisberto Granucci, oltre ad un nucleo di poliziotti penitenziari che costituivano la Compagnia di formazione. Ospite di eccezione, una delegazione di Telefono Azzurro, con la Responsabile del Comitato Mariagiovanna Guerra, che da qualche anno collabora attivamente con il Reparto di Polizia Penitenziaria nel progetto Bambini e carcere - ludoteca in carcere: un’attività destinata ai figli minori di anni 12, i cui genitori si trovano detenuti nel carcere di Massa. Mario Novani

Ciro Borrelli premiato dalla Federazione Motociclistica Italiana per il suo impegno

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el bellissimo scenario di San Leucio a Caserta presso lo storico presidio dell’ex setificio, si sono svolte le premiazioni dei piloti campani FMI che meglio si sono espressi nella stagione 2010. Per noi della Polizia Penitenziaria era presente il Vice Sovrintendente Ciro Borrelli (Ufficiale della Federazione Motociclistica Italiana), premiato dal Presidente della Federazione Motociclistica Italiana Paolo Sesti, per il grande impegno nella direzione delle gare di Motocross 2010.

Una manifestazione fortemente voluta dal Comitato Regionale Campano che ha accolto l’invito di Gaetano De Filippo, pilota di Rally e titolare del dealer FUORIGIRI MOTO PASSION di Caserta, che ha organizzato nel migliore dei modi le premiazioni del Co.Re. Campania. Insieme a De Filippo hanno ricevuto i premi tutti i vincitori dei campionati regionali nelle varie discipline e da padrone l’hanno fatta come sempre i tanti crossisti che hanno ritirato anche i trofei Ultracross.

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Trapani: pubblicato sulla rivista CULT un articolo dedicato al carcere S. Giuliano


Trapani: Memorial Sorrentino, una rappresentativa delle Forze dell’Ordine incontra il Trapani Calcio

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opo la sua ultimazione e la consegna al Trapani Calcio che dal mese di dicembre ne ha fatto il suo quartier generale sia per la prima squadra e soprattutto per il settore giovanile, si è inaugurato in data 2 marzo 2011 il Centro sportivo di Fontanelle sud che porterà il nome dell’ex bandiera del Trapani Calcio, Roberto Sorrentino. Si tratta di un impianto sportivo all’avanguardia che contiene tre campi: uno di calcio ad 11 regolare con fondo in erba sintetica di ultima generazione, uno di calcio a cinque sempre in erba sintetica anch’esso di ultima generazione ed uno di tennis. Roberto Sorrentino è stato uno degli attaccanti più prolifici della centenaria storia del Trapani calcio, vestendo a più riprese la maglia granata dalla fine degli anni ’60 fino

ai primi anni ’80, disputando con il Trapani 146 partite con 30 gol fatti, secondo marcatore trapanese di tutti i tempi e nei primi dieci in assoluto. Roberto Sorrentino quando è scomparso aveva 61 anni. Il Sindaco di Trapani, avv. Girolamo Fazio, per l’occasione ha fortemente voluto che si giocasse una partita di calcio tra i rappresentanti delle forze dell’ordine (e tra questi anche la Polizia Penitenziaria) e il Trapani Calcio del patron Morace. Nella rappresentativa Antonio Sardo e Dario Schifano (in servizio alla C.C. Palermo Pagliarelli) e Francesco Napoli in servizio alla C.C. Trapani. Per la cronaca la manifestazione è stata guastata da una terrificante grandinata, un nubifragio dalla violenza inaudita che ha fatto da inaspettata cornice a questa giornata di festa che ha visto, comunque, an-

cora una volta, la Polizia Penitenziaria protagonista di un evento con rilevanza esterna. G. R.

Trapani: l’ipermercato Grande Migliore dona un televisore al carcere S. Giuliano

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stato accolto come una testimonianza concreta di solidarietà, proprio nella celebrazione della giornata dell’8 marzo, il dono di un televisore che l’ipermercato Grande Migliore di Trapani, ha voluto fare alle detenute ristrette presso il carcere di San Giuliano. Un segnale della vicinanza dell’intera città a donne che, per ragioni diverse, stanno vivendo un percorso esistenziale ed umano sicuramente difficile, ma nella prospettiva di sapersi reinserire nella società civile. Il televisore è stato installato nell’aula della socialità della sezione Egeo ove sono ristrette le detenute. (tratto dal Giornale di Sicilia dell’8/3/2011).

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Nella foto da sinistra l’ispettore Giuseppe La Torre, il Vice Commissario Michele Buffa, il direttore dell’ipermercato Salvatore Zarcone, il direttore della Casa Circondariariale di Trapani dott. Renato Persico, il Comandante di Reparto Commissario Giuseppe Romano.

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Roma: Convegno API, un’altra idea di giustizia per un altro carcere

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In alto il logo di Alleanza perl’Italia sotto Francesco Rutelli

l segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, Donato Capece, è intervenuto come relatore al Convegno Un’altra idea di giustizia per un altro carcere organizzato da Alleanza per l’Italia presso la Sala delle Conferenze di Palazzo Marini a Roma il 1° marzo scorso. Nel suo apprezzato intervento, seguito con molta attenzione dal Presidente dell’API Francesco Rutelli, da qualificati relatori e da un numeroso pubblico, il Segretario Generale del Sappe ha sottolineato come il sovraffollamento delle strutture penitenziarie italiane è certamente un problema storico ed è un problema comune a molti Paesi europei, che hanno risolto il problema in maniera diversa. Caratteristiche uniche del nostro Paese sono il flusso e i periodi di permanenza in carcere. Ogni giorno entrano ed escono centinaia di persone dal carcere, un movimento che comporta uno stress enorme del sistema soprattutto in una fase, quella dell’accoglienza, che è la più delicata e la più difficile da gestire: questo quadro complesso è reso ancora più difficile dalle caratteristiche della popolazione ristretta, in gran parte costituita da stranieri, tossicodipendenti e da persone con problemi mentali. «L’osservazione della tipologia dei detenuti che fanno ingresso in carcere e dei reati di cui sono accusati consente di af-

fermare come il sistema della repressione penale colpisca prevalentemente la criminalità organizzata e le fasce deboli della popolazione: in effetti, il carcere è lo strumento che si usa per affrontare problemi che la società non è in grado di risolvere altrimenti» ha detto Capece. Fino a qualche decennio fa, si era riusciti a portare al centro dei problemi della sicurezza e della giustizia il mondo delle carceri, avviando un profondo processo di riforma, coniugando sicurezza con ragionevolezza, con trattamento, con umanità. «Per il SAPPE - ha quindi proposto il Segretario Generale del SAPPE - è giunta l’ora di ripensare la repressione penale mettendo da un lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità da imporre una reazione dello Stato con la misura estrema che è il carcere: e dall’altro, anche mantenendo la rilevanza penale, indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere: una opzione di questo tipo dovrebbe ridisegnare il sistema a partire dalle storture determinate dal doppio binario per i recidivi, dalle norme in materia di immigrazione e dalla individuazione delle risorse per affrontare il tema delle dipendenze e dei disturbi mentali fuori dal carcere. Si potrebbe quindi ipotizzare un nuovo sistema penitenziario articolato su tre livelli. Il primo, per i reati meno gravi con una pena detentiva non superiore ai

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3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale è l’istituto della messa alla prova. In proposito, non può sottacersi che la recente Legge 199/2010 non ha dato i risultati sperati, dal momento che ha interessato circa 1.000 detenuti. ll secondo livello è quello che riguarda le pene detentive superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare. Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario». «Nell’ambito delle prospettive future - ha concluso - occorre dunque che lo Stato, pur mantenendo la rilevanza penale, indichi le condotte per le quali non è necessario il carcere, ipotizzando sanzioni diverse, ridisegnando in un certo senso l’intero sistema. E la Polizia penitenziaria che riteniamo debba connotarsi sempre più come Polizia dell’esecuzione penale, oltrechè di prevenzione e di sicurezza per i compiti istituzionali ad essa affidati dall’ordinamento, è sicuramente quella propriamente deputata al controllo dei soggetti ammessi alle misure alternative». Molto apprezzate le proposte del Sappe, sottolineate anche dagli applausi dei presenti. «Il progetto del governo sulle carceri va troppo per le lunghe mentre la situazione di chi sta dietro le sbarre si aggrava», ha detto invece Francesco Rutelli a margine del convegno. «È indispensabile - ha aggiunto l’ex ministro dei Beni Culturali - restituire al più presto dignità alla detenzione e nello stesso tempo sicurezza ai cittadini. Troppi lasciano la vita nei luoghi di detenzione. Ci sono gravose condizioni di lavoro anche per gli agenti penitenziari. È evidente che questa disattenzione è anche dovuta al fatto che il premier invece di occuparsi delle emergenze del Paese pensa solo alle sue leggi ad personam». erremme

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a cura di Giovanni Battista De Blasis

ruolo di uno psicopatico che si esprime solo con battute e rumori gutturali. La storia, tutta incentrata sull’amicizia che nasce tra i tre sventurati detenuti, si svolge nzo Salvi interpreta Romolo, avvo- praticamente per novanta minuti in una cato romano, di nome e di fatto, cella, facendo il verso a collaudati format coatto ed imbroglione (sostiene di televisivi come Camera Cafè o Belli Denprendere il viagra come tranquillante) de- tro. nunciato per vendetta dalla moglie, che ha Una cella in due (Un film d’evasione) è scoperto il tradimento con la segretaria, in buona sostanza un film comico ispirato e per questo condannato e rinchiuso in un un pò alla tipica commedia all’italiana, quella che affrontava temi e personaggi penitenziario. In carcere, Romolo viene sistemato in reali, e un pò ai Buddy Movies americani cella con Angelo (altro romanaccio inter- con le loro strane coppie e l’aggiunta di pretato da Maurizio Battista) un disoccu- un tocco di commedia leggera con tanto pato con la sindrome di Peter Pan e una zucchero e happy end. fissa per i robot-manga giapponesi che Ma l’esperimento, purtroppo, non è afporta stampati dietro la camicia, finito in fatto riuscito e la pellicola alla fin fine si prigione dopo aver tentato una rapina per rivela soltanto una lunga sequela di gags televisive che, se da un lato si avvalgono disperazione. Alla coppia di romani de Roma si aggrega della indubbia verve comica dei due coil toscanaccio Manolo (interpretato da mici romani e di Ceccherini, dall’altro uno spassoso Massimo Ceccherini) nel sono e rimangono soltanto una trasposi-

Una cella in due

E In alto la locandina sotto il cast e una scena del film nel riquadro Enzo Salvi e Maurizio Battista

Regia: Nicola Barnaba Soggetto e Sceneggiatura: Luca Biglione, Enzo Salvi Fotografia: Federico Del Zoppo Montaggio: Ugo De Rossi, Francesca Forletta Scenografia: Massimiliano Mereu Costumi: Antonio De Petrillo Musiche: Andrea Felli Effetti: Cane Cane s.r.l. Produzione: Bruno Frustaci, Alessandro Carpigo, Marcello Frustaci, Giordano Carioti per A&B Production e GM Production Distribuzione: Iris Film Personaggi ed Interpreti: Romolo Giovagnoli: Enzo Salvi Angelo Zingoni: Maurizio Battista Manolo Badilanti: Massimo Cecchini Ilde Aldobrandi: Simona Borioni

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zione cinematografica di un anonimo spettacolo cabarettistico.

Monica: Serena Bonanno Pamela Rovere: Jane Alexander (II) Carlotta Giovagnoli: Nicole Murgia O' Avvocato: Gianni Ferreri Valeria: Melita Toniolo Corrado: Riccardo Angelini Don Mario: Mario Corsi (II) Segretaria Dott. Lavinio: Sara Tommasi PM Rosati: Elena Ossola Piero: Lallo Circosta Capo Banda: Nicola Di Gioia Dott. Gioffredi: Mariano D'Angelo Dott. Lavinio: Riccardo Valeriani Primo: Primo Parmeggiani Animatrici Zoomarine: Pasqualina Sanna, Ludovica Leoni Genere: Commedia Durata: 90 minuti Origine: Italia, 2011

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La convenzione Sappe/Studio Legale Guerra Per rispondere ad una richiesta sempre più pressante dei propri iscritti, il Sappe ha stipulato una convenzione con lo Studio Legale Associato Guerra, come partner legale in materia previdenziale.

• assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; •assistenza nella fase giudiziale contro il relativo provvedimento negativo; • compenso professionale convenzionato.

Lo Studio Legale Associato Guerra è specializzato in materia di diritto pensionistico pubblico, civile e militare.

in materia di PENSIONE PRIVILEGIATA per il personale cessato dal servizio e/o i superstiti L’assistenza interessa: • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria che possa ancora chiedere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità o lesioni riferibili al servizio stesso e la conseguente pensione privilegiata; • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria, al quale sia stata negata la pensione privilegiata per non dipendenza da causa di servizio di infermità e lesioni o per non ascrivibilità delle stesse; • il personale cessato per inidoneità dal ruolo della Polizia Penitenziaria, già transitato o che debba transitare ai ruoli civili della stessa amministrazione o di altre amministrazioni, ai fini della concessione della pensione privilegiata per il servizio prestato nella polizia Penitenziaria; • il personale deceduto in servizio, ai fini della pensione indiretta privilegiata ai superstiti e di ogni altro beneficio previsto a favore degli stessi; • il personale già titolare di pensione privilegiata deceduto a causa delle medesime infermità pensionate, ai fini dei conseguimenti spettanti ai superstiti. L’assistenza comprende: • esame gratuito, legale e medico legale, del fondamento della domanda per la concessione della pensione privilegiata anche per i transitati al ruolo civile; • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso contro il provvedimento negativo della pensione privilegiata; • valutazione gratuita, legale e medico legale, delle pensioni indirette e di riversibilità ai fini del trattamento privilegiato e dell’importo pensionistico liquidato; • assistenza nella relativa fase amministrativa e nella fase giudiziale contro il provvedimento pensionistico negativo; • compenso professionale convenzionato.

La convenzione tra il Sappe e lo Studio Legale Associato Guerra comprende • la causa di servizio e benefici connessi; • le idoneità al servizio e provvedimenti connessi: • i benefici alle vittime del dovere; • la pensione privilegiata (diretta, indiretta e di riversibilità) e gli assegni accessori su pensioni direttte e di riversibilità. La consulenza si avvale di eccellenti medici esperti di settore, collaboratori dell Studio Guerra, in grado di assistere l’interessato anche nel corso delle visite mediche collegiali in sede amministrativa e giudiziaria. In particolare, attraverso lo Studio Legale Associato Guerra , il Sappe garantisce ai propri iscritti: in materia di CAUSA DI SERVIZIO • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento della domanda per il riconoscimento della causa di servizio anche ai fini dell’equo indennizzo; • assistenza legale nella fase amministrativa; • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso contro il provvedimento negativo di riconoscimento della causa di servizio e del’equo indennizzo; • assistenza legale nella fase giudiziale dinanzi alle competenti Sedi Giurisdizionali; • compenso professionale convenzionato. in materia di INIDONEITA’ AL SERVIZIO • valutazione legale e medico legale delle infermità oggetto di accertamento della idoneità al servizio, per la scelta strategica delle azioni da promuovere secondo gli obiettivi che intende raggiungere l’interessato; • assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; •assistenza nella fase giudiziale contro il provvedimento amministrativo; • assistenza amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento di trensito; • compenso professionale convenzionato. in materia di VITTIME DEL DOVERE • valutazione gratuita per l’accertamento della sussistenza delle condizioni di legge richieste per il diritto ai benefici previsti a favore delle vittime del dovere;

PER BENEFICIARE DELLA CONVENZIONE Gli iscritti al Sappe possono: • rivolgersi alla Segreteria Provinciale Sappe di appartenenza; • rivolgersi agli avvocati Guerra presso le sedi degli studi di Roma (via Magnagrecia n.95, tel. 06.88812297), Palermo (via Marchese di Villabianca n.82, tel.091.8601104), Tolentino - MC (Galleria Europa n.14, tel. 0733.968857) e Ancona (Corso Mazzini n.78, tel. 071.54951); • visitare i siti www.sappe.it oppure www.avvocatoguerra.it


Giovanni Passaro* passaro@sappe.it

E’ possibile accedere ad atti riservati? Caro collega, nel complimentarmi per la qualità e la dedizione posta alla rubrica, colgo l’occasione per porre il seguente quesito: a seguito di una nota del coordinatore del reparto dove prestavo servizio, sono stato rimosso ed assegnato ad altro incarico. Ritenendo di essere stato vittima di un sopruso da parte del superiore, a causa di frequenti incomprensioni, ho richiesto formalmente al Direttore dell’Istituto di accedere alla relazione del coordinatore. Tale diritto mi è stato negato, con la motivazione: “relazione di servizio riservata”. Vorrei sapere se il comportamento dell’Amministrazione è legittimo. Ringrazio anticipatamente. Lettera firmata

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ortese collega, per “diritto di accesso” si intende, in base alla normativa vigente, il diritto degli interessati a prendere visione e ad estrarre copia di documenti amministrativi. Ne sono titolari tutti i cittadini, società e associazioni, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento di cui si chiede l’accesso. Va, in ogni caso, ricordato in proposito che l’accesso ai documenti amministrativi previsto dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 è finalizzato a consentire al privato richiedente, che vi abbia un apprezzabile interesse, la conoscenza di un atto fisicamente esistente negli archivi dell’Amministrazione e puntualmente individuato (ex plurimis: T.A.R. Lazio – Roma – Sez. III - 31 ottobre 1998 n. 2928). Con riguardo all’influenza della normativa sopravvenuta, che ha modificato ed integrato la legge in generale, di cui alla l. 11 febbraio 2005, n. 15, laddove, ai sensi dell’art. 22, comma 2, della modificata l. n. 241/1990, si qualifica il diritto di accesso come inerente “ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Ai sensi dell’art. 22 della legge 241/90 è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, oto cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati

dalle pubbliche amministrazioni o, comunque utilizzati ai fini dell’attività amministrativa. I documenti possono essere interni o non, relativi ad uno specifico procedimento, che siano detenuti dalla PA e che concernano attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla loro natura sostanziale pubblica o privata. Il diritto di accesso è escluso : a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo e dalle pubbliche amministrazioni; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui sopra sono considerati segreti solo nell’ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l’eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all’accesso. Nell’ambito dei criteri i documenti amministrativi possono essere sottratti all’accesso: a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, nonché all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste nei trattati e nelle relative leggi di attuazione; b) quando possa arrecarsi pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; c) quando i documenti riguardino le strut-

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ture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, nonché all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini; d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono. Deve comunque essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici. In caso di diniego totale o parziale o di differimento all’accesso ad atti amministrativi, gli interessati possono far valere il proprio interesse all’accesso ai documenti mediante ricorso in via amministrativa alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, organismo concretamente in grado di guidare il costume amministrativo verso forme sempre più chiare di trasparenza democratica e di leale collaborazione tra pubbliche amministrazioni, al quale possono rivolgersi privati cittadini e pubbliche amministrazioni avverso le determinazioni (diniego, espresso o tacito, o differimento dell’accesso) concernenti il diritto di accesso adottate dalle amministrazioni statali o dai soggetti ad esse equiparati. La presentazione del ricorso innanzi alla Commissione sospende i termini per il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, pertanto questo ricorso amministrativo non è alternativo a quello giurisdizionale. Il procedimento innanzi alla Commissione si svolge in tempi particolarmente rapidi e garantisce il rispetto del contradditorio; le parti possono infatti essere udite anche personalmente senza necessità dell’assistenza del difensore. La Commissione, in caso di accoglimento del ricorso, ordina all’amministrazione l’esibizione del documento richiesto, fissando, ove necessario, un termine perentorio. In tal caso l’ente pubblico deve emanare il provvedimento confermativo della decisione della Commissione per l’accesso entro trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione della Commissione che ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso. Decorso il suddetto termine, l’accesso è consentito (ar-

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a cura di Lady Oscar Redazione Sportiva rivista@sappe.it

ticolo 25, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241). Nel caso ciò non avvenisse, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 25, legge 241/90 è possibile ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente competente entro trenta giorni dal ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Non si può presentare ricorso contemporaneamente alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi e al T.A.R. contro la medesima determinazione concernente il diritto di accesso. La presentazione di un ricorso amministrativo alla Commissione non esclude la possibilità di presentare, in una fase successiva, un ricorso giurisdizionale al T.A.R.: il ricorso amministrativo costituisce, comunque, una fase eventuale, e non necessaria, che, in ogni caso, precede la fase giurisdizionale. Il ricorso amministrativo interrompe i termini per il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, che riprendono a decorrere ex novo dalla pronuncia della Commissione. L’interessato che sceglie di rivolgersi prima alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, può presentare ricorso - nei trenta giorni successivi alla decisione della Commissione - al Tribunale Amministrativo Regionale, nel caso in cui l’amministrazione resistente nonostante una decisione favorevole della Commissione stessa emetta un provvedimento motivato, confermativo del diniego espresso, nei successivi trenta giorni, decorrenti dalla data di ricevimento dell’esito della stessa decisione favorevole della Commissione. Nel silenzio dell’amministrazione resistente, che non emette il suddetto provvedimento nei termini previsti, l’interessato può rivolgersi al T.A.R. per chiedere che l’amministrazione si adegui alla decisione favorevole della Commissione. In conclusione, nel caso in esame la relazione del coordinatore di reparto non può considerarsi “riservata”, in quanto carente dei presupposti di legge. Pertanto, si può ricorrere ad uno dei strumenti di tutela sopra illustrati, al fine di far valere il proprio interesse legittimo. Le norme che regolano il diritto di accesso ai documenti amministrativi sono: Legge 241/90 e s.m.i.- Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi; DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 1992, n. 352 - Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi; Legge 11 febbraio 2005, n. 15 - “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”; Legge 14 maggio 2005, n. 80 - “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali”; DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 aprile 2006, n. 184 – Regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi. Cordialmente. *Giovanni Passaro Vice sovrintendente in servizio a Roma – Regina Coeli, laureato in Scienze Giuridiche e in Giurisprudenza

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La solidarietà dei nostri atleti per la tragedia del Giappone

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ontro l’acqua ed il fango nulla ha potuto il Giappone per salvare le vite della sua gente. Moderno, antisismico, incredibilmente votato all’efficienza e alla prevenzione persino delle scosse più forti con palazzi costruiti per reggere a terremoti graduati ben oltre quello che ha raso al suolo l’Aquila nell’aprile 2009, il Paese nipponico si è dovuto arrendere alla furia dell’acqua alimentata dallo tsunami e all’inesorabilità del fango che nasconde tutto per restituire senza vita in seguito, quando quella riconsegna può servire solo a conservare un ricordo di qualcuno strappato alla terra o a tributare un pietoso omaggio a chi si è atteso invano tra i dispersi e non è poi ritornato più. Per la beffa delle beffe che si consuma senza che nulla manchi a completare un quadro di devastazione totale, in mezzo a quel mare d’acqua che ha sommerso le case, le scuole, i prati e le macchine, il meccanismo di raffreddamento della centrale di Fukushima, necessario affinché continuasse cheta a fornire energia senza urti nel suo funzionamento, improvvisamente si è bloccato. Senza quello il nocciolo nel quale sono contenute le barre di uranio radioattive si è surriscaldato e gli esperti di diversi paesi cercano di arginare un disastro radioattivo che fa tornare alla mente l’epoca di Cernobyl con le sofferenze che ha comportato nella popolazione vivente e successiva all’epoca delle radiazioni. Il mondo sta a guardare e l’isola del sol levante attende di tirare il fiato almeno sul fronte nucleare dopo il suo personale 11 settembre di disastri. In questo clima e con questi timori, l’Unione Internazionale di Pattinaggio (Isu) ha annunciato che non si terranno i Mondiali di pattinaggio artistico, in programma dal 21 al 27 marzo a Tokyo. Alla rassegna iridata avrebbero partecipato, dalle fila delle Fiamme Azzurre, la nostra portacolori Carolina Kostner e la coppia Luca Lanotte e Anna Cappellini che convincentemente hanno raccolto il testimone dall’ormai ex duo Faiella-Scali nelle competizioni di danza sul ghiaccio. E’ stato però giusto, in vista della disputa di un campionato fatto di leggerezza, di gioia e di evoluzioni artistiche a caccia di un risultato

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che conta, fermarsi a riflettere, dare la giusta dimensione e la priorità ad una tragedia che lascia poco spazio al resto, perché col carico di morte e distruzione di cui si è fatta portatrice, spegne la festa di bandiere e atleti, rende relativo tutto ed imporrebbe coscienziosamente di fermarsi in onore di chi non potrà né vedere né godere più di feste, di sport e sopratutto di vita. L’Isu, attraverso il suo presidente Ottavio Cinquanta, ha spiegato inoltre che la situazione nel Paese, dopo il devastante terremoto e lo tsunami, non consente di garantire la sicurezza di atleti e spettatori. La Federazione Internazionale non ha ancora deciso se cancellare definitivamente l’evento o rinviarlo a una data successiva nel caso le autorità nipponiche fossero in grado di consentire uno svolgimento in sicurezza. Annullata anche una nuova competizione a squadre in programma a Yokohama dal 14 al 17 aprile. L’ipotesi è che la rassegna non si disputerà a breve in altra località. Dice Cinquanta che: «In un momento come questo non sarebbe giusto nei confronti di un Paese colpito da una simile tragedia. In più, in chiave organizzativa, molto difficilmente ci sarebbero i tempi necessari». Ha aggiunto infatti che «mettere in piedi un Mondiale non è cosa da poco». Presumibilmente si opterà per la cancellazione definitiva ed il posticipo della gara ad ottobre, sempre a Tokyo, se le condizioni lo consentiranno, o in una città diversa con la promessa di attribuire al Giappone una delle prossime edizioni future quando la situazione si sarà ristabilita, magari dopo Nizza 2012 e Canada 2013. Nella storia del pattinaggio l’unica edizione dei Mondiali cancellata è stata quella del 1961, quando l’aereo che trasportava la squadra statunitense si schiantò mentre stava per atterrare a Bruxelles: ci furono 72 morti in totale con 34 solo della delegazione Usa. Il campionato di calcio giapponese sarà fermo per tutto marzo. Lo ha annunciato la J-League, la Lega calcio nipponica, secondo cui saranno sospese tutte le partite delle prime due divisioni, J1 e J2, e le eliminatorie della Nabisco Cup, la Coppa di Lega giapponese. La Lega aveva già deciso la cancellazione degli incontri di campionato previsti all’indomani della situazione di crisi nazionale seguita al sisma. Il presidente della J-League, Kazumi Ohigashi, ha spiegato che, considerata l’emergenza, l’organizzazione punta a riprendere le gare in aprile e recuperare le partite non disputate in luglio. Intanto, dopo la richiesta della Fuji television (la tv giapponese omologa della nostra Rai) che doveva curare la messa in onda e la trasmissione internazionale delle immagini dei mondiali 2011, la nostra Carolina (amatissima dai giapponesi), si è fatta ambasciatrice di speranza e portatrice di affetto nell’esprimere tutti i suoi sentimenti di solidarietà per la drammatica situazione venutasi a creare al di là del Pacifico. Dal suo sito ufficiale si può leggere: «Condivido la decisione dell’ISU e del presidente Ottavio Cinquanta. Sono molto dispiaciuta perché amo il popolo giapponese ed anche loro hanno sempre mostrato grande affetto

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nei miei confronti. Il mio dispiacere però non Nella foto è niente confronto a quello che stanno pro- a fianco Carolina Kovando. Sono molto vicina alle mie colleghe nip- stner sul poniche e spero che non abbiano persone care podio coinvolte in questa tragedia. Il Giappone è uno dei luoghi dove il pattinaggio è più amato e lasotto richiesta sono convinta che torneremo a gareggiare in della Fuji quella sede prima di quanto si possa immagi- Television nare». nell’altra Un comunicato questo che fa molto onore alla pagina portacolori azzurra delle Fiamme Azzurre: non Anna risolve nulla di pratico ma ricordare al Giappone Cappellini e che non è solo in questa fase drammatica della sua Luca Lanotte storia, con contributi come il suo, è un primo piccolo ma fondamentale passo verso la ripresa della fiducia nel domani e la prossima risalita. E’ proprio questo il senso della richiesta di partecipazione della nostra Carolina fatta da parte della tv giapponese. In una parte della lettera, che vi riportiamo in versione originale, si parla proprio di programmi televisivi ad hoc che possano essere di supporto ed incoraggiamento alla popolazione così duramente colpita. A loro volta, per i Fuji Television lettori della rivista, on giapLa richiesta della i della Fuji televisi i due campioni Sono il Sig. Megum ano?) la televisione uferav della danza portaponese. Siamo (o Tokyo 2011 onati del mondo colori delle ficiale dei campi . ISU di pattinaggio terviste dei Fiamme Azzurre derle video ed in ie ch r pe vo ri sc Le Anna Cappellini e . vostri pattinatori l’ISU, l'evento non si svolLuca Lanotte hanno to ia nc nu Come ha an voluto commentare rremoto. te l de a us gerà a ca l'annullail difficile momento so il rinvio oppure A breve sarà deci l frattempo, stiamo valu. Ne della storia attuale mento definitivo ogramma di produrre un pr tà ili ib ss del Giappone in conpo la o tand one della enere la popolazi st so r pe o tinuo divenire ed ut ai di te colpita. esprimere la loro solizona maggiormen questo programma, grae di Come component ttinatori. darietà: «Ogni volta iste e i video dei pa cevere rv te in le o m m re di o m che lo sconforto per il e vorrem ri natrice dalla qual tti pa rolina La destino dei Mondiali di pattinaggio è Ca interviste e video le ci assale, viene subito Kostner. collaborascacciato dal pensiero la vostra gentile r pe to ol m ie az Gr luti, dei giapponesi e delzione. Cordiali sa Fuji TV Sports a w ga l’immenso dramma che Megumi Hase affrontano in queste ore. Preghiamo affinché il Giappone rimanga unito e si faccia forza. La determinazione che li contraddistingue sia loro d’aiuto nel risollevarsi da questo disastro che li ha improvvisamente colpiti». Al posto dei mondiali, delle meravigliose e leggere evoluzioni sul ghiaccio di molti campioni di razza che costituiscono il ghota delle loro rispettive discipline e che si sarebbero confrontati in terra nipponica, la sfida più difficile da vincere per il Giappone, quella per la sopravvivenza e la ripresa dei superstiti del disastro, è già iniziata.

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di Aldo Maturo* avv.maturo@gmail.com

Handicap e assistenza: viaggio nella nuova normativa

STONO FIGLI DI ETA’ SUPERIORE AI 3 ANNI CON DISABILITA’ GRAVE (a scelta ma alternativa nel mese e non cumulativa) • 3 giorni di permesso al mese; • 18 ore mensili da distribuire nei giorni lavorativi frazionabili per un tempo pari o superiore ad un’ora.

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invalidi di guerra per i quali è prevista una GENITORI CHE ASSISTONO FIGLI DISABILI procedura semplificata. GRAVI DI ETA’ INFERIORE A 3 ANNI (a scelta ma alternativa nel mese SOGGETTI AVENTI DIRITTO AI PERe non cumulativa) MESSI PER ASSISTERE UN FAMILIARE • Prolungamento del congedo parentale DISABILE GRAVE retribuito fino al 3° anno di età del bam• Coniuge bino, dopo aver fruito del congedo di ma• Parenti ed Affini entro il 2° grado ternità e del congedo parentale ordinario; • Parenti ed affini entro il 3° grado. A • 2 ore di permesso giornaliero questi ultimi la normativa si applica solo se • 3 giorni di permesso al mese il coniuge e/o i genitori del disabile hanno In questo caso i permessi, in alternativa ai compiuto i 65 anni di età sono affetti da pagenitori,possono essere richiesti anche dai tologie invalidanti sono deceduti o manparenti ed affini aventi diritto. canti. Mancanti significa uno stato di assenza naturale e giuridica (celibato, stato ULTERIORI REGOLAMENTAZIONI di figlio naturale non riconosciuto, divor• La richiesta di fruizione va presentata al zio,separazione legale, abbandono) certifiproprio Direttore all’inizio del mese indicato dall’A.G. o altra pubblica autorità. Per cando la modalità di fruizione (è esclusa la i parenti di 3° grado è prevista una procefruizione mista); dura più elaborata e si rinvia alla circolare • E’ possibile assistere più persone disabili quivi in esame. e quindi fruire di permessi cumulativi; • Un lavoratore disabile grave può fruire di Ricordiamo intanto i rapporti di parenpermessi per se stesso e,se ricorrono le tela secondo il nostro codice: condizioni, anche per assistere lui stesso I RAPPORTI DI PARENTELA altro familiare disabile che nello stesso • Parenti di 1° grado: genitori e figli; giorno non abbia prestato attività lavorativa; • Parenti di 2° grado: nonni, fratelli, • I permessi non incidono sulle ferie, sulla sorelle, nipoti (figli di figli); 13ª, sul compenso incentivante; • Parenti di 3° grado: Bisnonni, zii, • I permessi orari che non interessano l’innipoti (figli di fratelli e/o sorelle); tera giornata lavorativa danno diritto al • Affini di 1° grado: suocero/a, nuora, gebuono pasto; nero; • E’ prevista la regolamentazione per i di• Affini di 2° grado: cognati; pendenti part-time; • Affini di 3° grado: Zii acquisiti, • La persona affetta da disabilità grave non nipoti acquisiti. deve risultare ricoverata a tempo pieno in strutture ospedaliere o simili a meno che: MODALITA’ DI FRUIZIONE - via si interruzione di ricovero per portare DIPENDENTE IN SITUAZIONE DI DISABIil disabile a effettuare visite o terapie LITA’ GRAVE (a scelta ma alternativa nel PRESUPPOSTI esterne; Il soggetto disabile deve essere in possesso mese e non cumulativa) - il ricovero sia a tempo pieno per un disadella certificazione di disabilità con conno- • 2 ore di permesso al giorno per ciascun bile in coma vigile o situazione terminale; tazione di gravità prevista dall’art.3 comma giorno lavorativo del mese; - il ricovero a tempo pieno riguardi un mi• 3 giorni interi di permesso al mese; 3 L.104/92 nore cui i sanitari della struttura hanno cer• 18 ore mensili da distribuire nei giorni tificato il bisogno di assistenza da parte di lavorativi frazionabili per un tempo pari o LE PATOLOGIE INVALIDANTI un genitore o familiare. Sono quelle indicate nell’art.2 comma 1 let- superiore ad un’ora. tera D del Decreto Interministeriale 278 del *Avvocato, 21.7.2000 cui si aggiungono le categorie di DIPENDENTE CHE ASSISTE UN FAMILIARE già Dirigente dell’Amministrazione persone con sindrome di Down e/o grandi DISABILE GRAVE E GENITORI CHE ASSIPenitenziaria isabili gravi ci si nasce o ci si diventa, per traumi o per l’età, e chi ne è portatore vive spesso in uno stato di sopravvivenza che stravolge lui stesso e chi lo assiste. Per il 2011 i drastici tagli di bilancio non promettono nulla di buono (si parla di stanziamenti inferiori alle spese già approvate) e nel contempo si è arenata la proposta sul prepensionamento dei familiari dei disabili gravi e gravissimi che avrebbe dovuto riconoscere come lavoro usurante quello svolto da chi li assiste dopo una normale giornata lavorativa. E dal 1° marzo 2011 è operativa la Circolare INPS n. 45 - che detta nuove disposizioni sui permessi retribuiti previsti dall’art.33 della L.104/92 emanata a seguito della L.183 del 4.11.2010 entrata in vigore il 24.11.2010 - che ho esemplificato al massimo ad uso di quei lettori che purtroppo ne fossero interessati. La nuova legge : • specifica tassativamente la tipologia di soggetti legittimati a fruire dei permessi; • esclude l’alternatività tra più beneficiari per lo stesso soggetto, fatta salva l’ipotesi dei genitori di figli disabili ma sempre nel limite dei tre giorni; • non richiede più i requisiti della convivenza, della continuità ed esclusività dell’assistenza; • consente al lavoratore di scegliere – se possibile – la sede di servizio più vicina al domicilio della persona da assistere; • prevede che hanno diritto ai permessi il coniuge, i parenti e gli affini entro il 2° grado. Per quelli di 3° grado devono ricorrere alcune condizioni che vedremo.

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Luca Pasqualoni Segretario Nazionale ANFU info@sappe.it

Detenuti affetti da disturbi psichici

L

a popolazione detenuta ristretta negli Istituti di pena si presenta, in termini soggettivi ed oggettivi, alquanto variegata ed oggi assai costipata; da qui l’esigenza della previsione di differenziati circuiti penitenziari; nondimeno il progressivo aumento dei detenuti affetti da disturbi psichici, soventi portatori di doppia diagnosi, ha indotto l’Amministrazione penitenziaria ad istituire, in alcune strutture penitenziarie, ulteriori reparti dedicati al loro specifico trattamento, stante anche l’esigenza pratica di isolarli dalla restante popolazione detenuta. Eppure, è di piana intuizione che detenuti del genere non dovrebbero essere associati in carcere, giacché la commissione del reato dovrebbe recedere di fronte all’aspetto psico-patologico. A tal proposito non vale la pena obiettare che il codice penale prevede, in via preventiva, le misure di sicurezza in luogo della pena, fintantoché la pericolosità sociale non sia accertata cessata, poiché la disciplina codicistica del doppio binario sul punto risulta assai lacunosa. Infatti, sfuggono alla predetta disciplina, fondata sulla compresenza sia della commissione di un reato (o di un quasi reato) che della pericolosità del soggetto (da determinarsi in base agli indici di pericolosità previsti dall’articolo 133 c.p.), evenienze non infrequenti, rispetto alle quali la previsione di una applicazione provvisoria delle stesse misure di sicurezza appare niente affatto risolutiva, quanto meno sotto l’aspetto della tempestività dell’applicazione. Si ponga mente a quei soggetti affetti da problemi mentali che, tratti in stato di arresto o di fermo e associati in carcere magari il venerdì sera, in attesa dell’udienza di convalida il lunedì mattina (giorni questi in cui figure quali lo psicologo, lo psichiatra e gli educatori sono spesso assenti), compiano atti auto - eterolesivi. Alla luce di ciò, il preposto alla Sorveglianza Generale si vede costretto ad ubicare il nuovo associato nella c.d. cella liscia, nonché a denudarlo, fatta eccezione degli slip, previo nulla osta del medico di turno, qua-

lora vi sia, e non avendo personale a disposizione, a sottoporlo a grande sorveglianza, anziché a sorveglianza a vista, al fine di preservarne, per quanto possibile, l’incolumità. Ora può accadere che, in quel turno, ad espletare il servizio di sezione non vi sia il solito aguzzino, ma un agente umano che mosso a compassione si lasci impietosire e consegni al detenuto sedato una coperta per riscaldarlo dal freddo. Supponiamo che il detenuto, apparentemente tranquillo, con i denti riesca a staccare una striscia della coperta e la usi per impiccarsi. A questo punto il preposto alla Sorveglianza Generale, oltre a chiamare il Direttore ed il Comandante, avvisa il magistrato di turno per quanto di competenza, il quale, anziché dare disposizioni, riferisce all’Ispettore di interdire l’accesso alla cella in attesa del suo arrivo. Così il solerte magistrato unitamente alla squadra di polizia giudiziaria e il medico legale giungono presso il carcere e si portano presso la cella dove è avvenuto il suicidio e compiono tutti gli accertamenti del caso. All’indomani, all’Ispettore di Sorveglianza, al Comandante di Reparto e forse anche al Direttore viene notificato l’avviso di garanzia per il reato di cui all’art. 608 c.p. atteso che la cella liscia viola il divieto di pene disumane, mentre all’agente di sezione viene notificato un avviso di garanzia per il reato di cui all’art. 589 c.p. per omicidio colposo per inosservanza della grande sorveglianza. Allora l’Ispettore si interroga, ma se avessi allocato il detenuto in una cella normale sarei incorso ugualmente in qualche addebito penale? La risposta non può che essere affermativa poiché sarebbe stato incriminato, insieme all’agente, di omicidio colposo, per non aver adottato tutte le misure cautelari necessarie ad evitare il suicidio:

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siamo di fronte ad una aporia giuridica. Tutti i giorni gli operatori penitenziari si trovano a dover compiere scelte al limite della rilevanza penale o addirittura a dover scegliere, come in questo caso, l’azione meno pregiudizievole in termini di conseguenze penali. Eppure continuiamo ad assistere, da parte dell’Amministrazione, ad una ipertrofia di circolari e lettere circolari che nulla dicono in merito. E’ mai possibile che l’Amministrazione non riesca a disciplinare aspetti della vita penitenziaria di estrema rilevanza, consentendo agli operatori di poter lavorare serenamente nel momento in cui attuano puntualmente quanto previsto dagli Uffici Superiori? E’ mai possibile sapere se la c.d. cella liscia sia vietata o meno. E qualora sia vietata, dove deve essere allocato il detenuto affetto da tare mentali che manifesti aggressività verso se stesso e verso gli altri, laddove non sia possibile applicare la sorveglianza a vista per carenza di personale? A queste pressanti domande vorremmo che rispondesse, una volta per tutte, in modo chiaro l’Amministrazione che per contro mostra sempre estrema solerzia nel sospendere il dipendente sottoposto a procedimento penale dal servizio e nell’instaurare, all’esito, il conseguente procedimento disciplinare. Analogamente si può fare il caso del detenuto che, in costanza di detenzione, manifesti disturbi mentali sempre più accentuati, tanto da rendersi pericoloso per se stesso e per gli altri. Di fronte all’ennesimo gesto di autolesionismo, nelle more di un agognato quanto sollecitato trasferimento da parte degli Uffici Superiori presso un Centro clinico, l’unica soluzione è l’allocazione al reparto isolamento, magari in una cella singola, ma a ciò osta il sovraffollamento dell’Istituto. Anche in questo caso il preposto alla Sorveglianza Generale si vede costretto a lasciare il detenuto nella sezione di pertinenza costringendo il compagno di cella di quest’ultimo a sottostare a indirette restrizioni tese a tutelarne l’incolumità, ossia a privarsi delle lamette, dello specchio, delle cinte, delle stringhe delle scarpe

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e della bomboletta del gas per cucinare, oltre ad assumere una sorta di posizione di garanzia, da cui discendono obblighi di protezione che poi si sostanziano nelle mansioni di piantone, mentre l’agente di sezione, costretto a vigilare al contempo su tre sezioni posizionate su tre piani per un totale di 150 detenuti, dovrebbe adottare una grande sorveglianza che non può attuare. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un’aporia, che le innumerevoli circolari e lettere circolari non risolvono, poiché il tema non è stato mai affrontato nei suoi esatti termini. Le situazioni sopra descritte lungi dal rappresentare casi rari, sono la norma e pongono l’operatore penitenziario in una situazione di continua tensione e in una sovraesposizione a procedimenti penali tale da non avere paragoni con nessun altro lavoro. Invero, il carcere continua ad essere concepito come una discarica sociale in cui riversare materiale umano di ogni natura e tipo, salvo poi ricordarsi dello stesso quando il contenitore va in corto circuito. Come possono essere trattati soggetti che presentano al contempo disturbi psichici e dipendenze da droghe e/o da alcool, da personale che nella migliore delle ipotesi ha appena un diploma a fronte di uno psichiatra uno psicologo per 400 detenuti? Una cosa è certa: certe aporie possono essere risolte e superate solo mediante una interazione tra l’Amministrazione, le Procure e la Politica, poiché gli Istituti penitenziari, allo stato, necessitano di regole ulteriori e diverse anche a livello penale, senza che questo induca allo scandalo, dal momento che situazioni diverse impongono un trattamento diverso, pena la violazione del canone di ragionevolezza: oggi, viceversa, violato dall’enorme scollamento che si registra tra il dato normativo di settore e la sua concreta realizzazione ed attuazione che solo una visione ipocrita continua a non mettere in discussione. Del resto, anche alcune legislazioni straniere, in ambito penitenziario, hanno adottato leggi di settore specifiche prevedendo regimi penali differenziati per gli operatori penitenziari, non solo e non tanto per la disastrata condizione penitenziaria ma per la immanente atipicità e complessità della stessa realtà carceraria.

Scuola di Portici (Napoli) 62° Corso Allievi AA.CC.

1982 - Casa Circondariale di Locri Aperitivo nel cortile, dopo la Festa del Corpo (foto inviata da Giuseppe Milano)

1982 - Scuola di Portici (NA) Caserma “La Favorita” di Ercolano 73° Corso Allievi AA.CC. (foto inviata da Ugo Cabiddu

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inviate le vostre foto a: rivista@sappe.it

1987 - Scuola di Monastir (Cagliari) Giuramento del 96° Corso Allievi AA.CC. “Limbara” (foto inviata da Armando Farci)

1989 - Scuola di Parma “La Certosa” 103° Corso Allievi AA.CC. (foto inviata da Federico Monte)

1974 - Scuola di Cairo Montenotte (Savona) 1° Corso Allievi Sottufficiali (foto inviata da Armando Farci)

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a cura di Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it

La Polizia Penitenziaria nella D.I.A. Specificità della Direzione Investigativa Antimafia ed ambito operativo di Roberto Martinelli

I

La copertina e il sommario del numero di novembre 1994

Q

uasi venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato quindici e più anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.

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l dilagante fenomeno della criminalità organizzata, in particolare quella a carattere mafioso, ha imposto allo Stato la necessità di studiare ed adottare nuove e radicali soluzioni di contrasto che si avvalgano del fondamentale e proficuo coordinamento delle varie Forze di Polizia. In tale contesto con D.L. n.345 del 1991, è stata istituita la Direzione Investigativa Antimafia (DIA), nell’ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, con i compiti di assicurare lo svolgimento - in forma coordinata - delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata e di effettuare indagini di Polizia Giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili all’associazione medesima. Oggetto dell’attività investigativa della DIA sono le connotazioni strutturali, le articolazioni ed i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali, gli obiettivi e le modalità operative di dette organizzazioni nonchè ogni altra forma di manifestazione delittuosa alle stesse riconducibili ivi compreso il fenomeno delle estorsioni. Nell’assolvimento dei suoi compiti la Direzione Investigativa Antimafia opera in stretto collegamento con gli uffici ele strutture delle Forze di Polizia esistenti a livello centrale e periferico: tutti gli Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria debbono fornire ogni possibile cooperazione al personale investigativo della DIA. AI Direttore della Direzione Investigativa Antimafia è attribuita la responsabilità generale delle attività svolte edei risultati conseguiti dalla DIA, di cui riferisce periodicamente al Consiglio Generale per la lotta alla criminalità organizzata, insediato presso il Ministero dell’Interno ecomposto dal Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, dal Comandante generale del Corpo della Guardia di Finanza, dal predetto Direttore, dai Direttori dei Servizi per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE) e per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI). L’organizzazione della DIA, composto da personale appartenente alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri ed alla Guardia di Finanza, è articolata in tre reparti: a) reparto investigazioni preventive; b) reparto investigazioni giudiziarie; c) reparto relazioni internazionali ai fini investigativi;

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a loro volta suddivisi in Sezioni, con modalità di assegnazione del Personale basate principalmente sul criterio delle competenze tecnico-professionale. Attuale capo della DIA, dal 26 agosto 1994, è stata nominato il Generale di Divisione della Guardia di Finanza Giovanni Verdicchio. E proprio l’inserimento della Polizia Penitenziaria all’interno della struttura della Direzione Investigativa Antimafia - esclusa da essa probabilmente per incomprensibili ragioni politiche della Prima Repubblica ... - è una delle rivendicazioni più ricorrenti e più datate del S.A.P.Pe. La specificità delle attribuzioni proprie e, soprattutto, l’attività di controllo posta in essere all’interno degli Istituti penitenziari consentono al Personale di Polizia Penitenziaria - in particolar modo quando in servizio in Sezioni di massima sicurezza - di rilevare, e quindi segnalare, il comportamento e la tipologia di appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso sia in rapporto alla possibile ascendenza sulla rimanente popolazione detenuta che all’adattamento alle regole ed agli obblighi propri dell’Ordinamento Penitenziario. Pensiamo all’acquisizioni di elementi investigativi o di notizie di reato nel circuito penitenziario (da noi rilevati e successivamente passati alla DIA), il più delle volte fondamentali per accertare le articolazioni, le connotazioni strutturali, i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali. Pensiamo, inoltre, alla gestione dei detenuti collaboranti con la Giustizia, la cui contenzione in ossequio ad un regime penitenziario differenziato - permette al Personale di custodia di venire a conoscenza di notizie di reato estremamente utili ai fini investigativi. Ancor più valida è la nostra richiesta se si considera che, con sempre maggior frequenza, la gestione dei pentiti e, talvolta, la stessa attività investigativa viene affidata, per esplicita richiesta delle varie Autorità giudiziarie, al personale specializzato del Servizio Coordinamento Operativo Polizia Penitenziaria il quale collabora in supporto a quello dello DIA, riscuotendo - e dagli Organi giudiziari e dal personale della Direzione Investigativa Antimafia - prestigiosi riconoscimenti in ordine alla professionalità, allo spirito di sacrificio e al senso del dovere.

L’adoperarsi, quindi in ogni sede legislativa affinchè anche la Polizia Penitenziaria entri, a pieno titolo e a parità di diritti, nella struttura della Direzione Investigativa Antimafia si da evidenziarne ulteriormente lo professionalità ed il quotidiano impegno contro lo cancrena mafiosa - è il doveroso riconoscimento per legittimare la fondamentale collaborazione fino ad oggi prestata. E uno dei principali impegni del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, oggi come nell’immediato futuro, è proprio questo. LE PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI MAFIOSE Con l’ausilio degli atti edegli elaborati redatti dalla XI Commissione Parlamentare Antimafia eriservandoci di approfondire meglio nei prossimi numeri della rivista lo conoscenza delle principali organizzazioni criminali presenti nel Paese, riteniamo opportuno pubblicare brevi note informative sicuramente utili ai lettori. COSA NOSTRA Rappresenta, indubbiamente, l’organizzazione più pericolosa, meglio strutturata epiù antica sul fronte criminale se si considera che, per lungo tempo, èstata identificata con il fenomeno mafioso nel suo complesso. Presente, prevalentemente, in Sicilia, ha una struttura piramidale - con al vertice lo c.d. “Commissione” della quale sono componenti i principali capimafia - e si avvale di circa 5.000 uomini (1 ogni mille abitanti se si considera che sono circa 5.000.000 le persone che vi vivono stabilmente). Impone il proprio controllo sul territorio grazie alla intimidazione che deriva dalla sua struttura unitaria. E’ responsabile di centinaia di terrificanti omicidi (tra i quali quelli di Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, Mattarella, La Torre e delle decine di uomini e donne appartenenti alle Forze di Polizia) che tanto hanno scosso la società civile. CAMORRA Ha sede principale in Campania econta più di cento organizzazioni con circa 6.700 affiliati (1 ogni 855 abitanti circa). Si avvale di una struttura “irregolare” (i gruppi si aggregano e si disgregano con facilità), non ha vertici provinciali e regionali e non si è resa responsabile di omicidi “eccellenti” come Cosa Nostra.

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Adotta una specifica tecnica di controllo del territorio intervenendo nell’economia delle famiglie e degli strati sociali più deboli.

punteggio sulla carta di qualificazione del PRONTUARIO DELLE conducente VIOLAZIONI AL NUOVO e del certifiCODICE DELLA STRADA E cato di abiliLEGGI COMPLEMENTARI tazione professionale di tipo KB, derivante dalle modifiche intervenute sull’articolo MAGGIOLI Edizioni 126-bis del codice della strada); D.Lgs. 13 pagg. 1.103 - euro 17,00 agosto 2010, n. 155 (Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità deluesto agile volume, della Collana I l’aria) nonché il nuovo D.M. sui nuovi Tascabili della Maggioli Editore, importi dei diritti di competenza del Minigiunge alla XII edizione con gli ag- stero infrastrutture e trasporti. giornamenti apportati dal Decreto ministeCARLO BARBERA riale del 22 dicembre 2010. GIUSEPPE E LUCA DE CARLO Il prontuario si conferma ancora una volta il mezzo più utile a disposizione dell’OpeTESTO UNICO DI P. S. ratore di Polizia per il verbale di contestaT.U.L.P.S E REGOLAMENTO zione di una violazione del Codice della ANNOTATI CON Strada. Dal 1 gennaio 2011 è scattato poi GIURISPRUDENZA l’adeguamento biennale della misura di buona parte delle sanzioni amministrative Leggi complementari con pecuniarie, puntualmente riportate nel voCodice penale e di procedura penale lume che si conferma punto di riferimento MAGGIOLI Edizioni per tutti gli operatori con competenze di pagg. 1.433 - euro 49,00 Polizia Stradale.

VINCENZO MANNA GAETANO NOE’ (parte speciale)

Q Sopra il logo della Direzione Investigativa Antimafia

’NDRANGHETA Nasce ed opera in Calabria per mezzo di 144 organizzazioni e circa 5.600 affiliati (1 ogni 383 abitanti) impone il controllo del territorio grazie all’altissimo rapporto tra affiliati ecittadini. Dotata di una struttura orizzontale, che delinea rapporti tra i diversi gruppi della ‘Ndrangheta, non risultano esistenti vertici provinciali e regionali. Si è resa responsabile dell’omicidio Scopelliti (agosto 1991) Magistrato che avrebbe dovuto sostenere l’accusa in Cassazione contro i boss imputati nel maxiprocesso provenienti da Palermo e, nel. 1989, di quello dell’ex Presidente delle Ferrovie dello Stato, Ludovico Ligato. SACRA CORONA UNITA Prevalentemente presente in Puglia, è l’organizzazione più recente essendosi manifestata nel 1980. Conta 7 organizzazioni e 536 affiliati, presenti soprattutto nelle provincie di Brindisi, Lecce e Taranto. Rispetto alle altre organizzazioni criminali, minore è la sua incidenza sul territorio ed il giro d’affari ma nelle aree territoriali dove è più presente opera con determinazione espietatezza. Incentra la sua attività a delinquere con estorsioni ed attentati dinamitardi egestisce il traffico di tabacchi di contrabbando e quello degli stupefacenti con mezzi tecnici sofisticati.

NUOVO CODICE DELLA STRADA E LEGGI COMPLEMENTARI. REGOLAMENTO DI ESECUZIONE MAGGIOLI Edizioni pagg. 2.246 - euro 44,00

I

l testo è stato aggiornato con tutte le ultime novità normative in materia. In particolare: con il il d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, che ha apportato modifiche alla legislazione in materia di commercio e di somministrazione di alimenti e bevande; con il d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito in l. 122/2010), che ha introdotto nuove norme in materia di procedimenti amministrativi; con la l. 29 luglio 2010, n. 120, che ha apportato modifiche alla legi-

E

dizione numero 20 per l’imperdibile volume della Maggioli, che riporta gli ultimi aggiornamenti della specifica materia tra i quali: Legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale); D.M. 22 dicembre 2010 (Aggiornamento degli importi delle sanzioni ammini-strative pecuniarie conseguenti a violazioni al codice della strada); D.M. 22 ottobre 2010 (Nuove disposizioni in materia di rilascio della carta di qualificazione del conducente, di gestione del

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a cura di Erremme

slazione concernente la vendita e somministrazione di bevande alcoliche; con il d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, che modifica la disciplina relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi; con il d.l. 12 novembre 2010, n. 187 (convertito in l. 217/2010) concernente misure urgenti in materia di sicurezza; infine, con la l. 13 dicembre 2010, n. 220, che ha modificato l’articolo 110 del t.u.l.p.s. e altre disposizioni in materia di apparecchi e congegni da giuoco. I lettori potranno aggiornare il volume collegandosi al sito della Maggioli Editore, dove troveranno nell’apposita sezione il file in formato “PDF” contenente gli articoli del codice novellati e già coordinati, in modo da dover essere semplicemente stampati e inseriti nello stesso.

LEONARDO DEGLI INNOCENTI e FRANCESCO FALDI

MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE E PROCEDIMENTO DI SORVEGLIANZA GIUFFRE’ Edizioni pagg. 377 - euro 33,00

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opera è aggiornata alle rilevanti novità introdotte dal legislatore negli ultimi anni sino alla recente legge 29 luglio 2010, n. 120, recante Disposizioni in materia di sicurezza stradale. L’imperdibile monografia delinea un quadro completo in tema di esecuzione penale e penitenziaria e analizza le varie misure alternative alla detenzione, l’espul-

sione dal territorio dello Stato, la sospensione condizionata della pena (c.d. indultino), nonché i relativi meccanismi di applicazione, dedicando, infine, un apposito capitolo al procedimento di sorveglianza. Uno strumento utile per avvocati e magistrati e in particolare per tutti gli operatori penitenziari (su tutti, il Personale di Polizia) che offre una sintesi esaustiva dei più significativi orientamenti della dottrina e della giurisprudenza, della quale sono state richiamate le più importanti decisioni, molte delle quali inedite, intervenute sino al 2010.

LUCA TUMMINELLO

IL VOLTO DEL REO L’individualizzazione della pena tra legalità ed equità

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a singola decisione giudiziale è il risultato di una complessa mediazione fra le esigenze di universalizzazione della legge e le esigenze di individualizzazione legate al singolo caso concreto. In questo lavoro si tenta di dimostrare come la questione della commisurazione della pena sia più complessa di quanto comunemente si pensi. Nel primo capitolo è affrontata, perciò, la questione dell’individualizzazione delle pena nella dinamica giuridica coesistenziale, avendo come presupposto l’idea che sia il caso concreto a dettare la deontologia della pena. Tracciate le basi teoriche della ricerca si applicano, nel secondo capitolo, i principi individuati al profilo quantitativo dell’individualizzazione della pena. Nel terzo capitolo si affronta, invece, il problema del ruolo

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delle tipologie sanzionatorie in un processo di individualizzazione di tipo qualitativo, vale a dire il carcere come extrema ratio e le misure alternative come pene principali. Nell’ultimo capitolo, in una prospettiva de iure condendo, si tenta di verificare la possibilità di adozione, nel nostro sistema penale, di un processo bifasico, si intraprende, inoltre, lo studio della personalità del reo, anche tramite la perizia criminologica, e si chiude la ricerca, infine, con alcune riflessioni sulla formazione dei giudici.

MASSIMO RUARO

LA MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA GIUFFRE’ Edizioni pagg. 499 - euro 55,00

L’

opera fornisce un approfondimento chiaro ed esauriente sulla funzionalità e le competenze della Magistratura di Sorveglianza. Dalla disamina dei profili sistematici della giurisdizione di sorveglianza si passa poi al perimetro applicativo del procedimento per giungere successivamente all’illustrazione di tutti gli aspetti connessi alla competenza per territorio, all’instaurazione del territorio e all’esame degli atti preliminari all’udienza. L’opera si conclude con lo studio dell’udienza camerale e dell’ordinanza decisoria ed i successivi gradi di giudizio.

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inviate le vostre lettere a rivistae@sappe.it

Lettera al Direttore

S

pett.le Direttore, sono un orgoglioso iscritto al sidacato più rappresentativo e ne vado fiero. Con la presente vorrei ricordare che il nostro dovere è quello di garantire su tutto il territorio nazionale, la sicurezza e la tranquillità di ogni singolo cittadino, nonchè quella di tutti noi all’interno della struttura, ma per poterlo fare abbiamo diritto a svolgere un servizio che ci dia dignità, tranquillità e soddisfazione, che spesso ci vengono negati. In particolare, mi riferisco al servizio della prima rotonda, più l’isolamento che frequentemente vede impegnato il perso-

nale di Polizia Penitenziaria con 50 anni di età e che sfiora i quasi 30 anni di servizio e per ben 8 ore, avendo anche la responsabilità di un reparto ove di norma vengono ristretti un numero di 7/8 detenuti per cella che si recano ai cortili passeggio e che da parte del personale impiegato alla prima rotonda è pressochè impossibile tenerli sotto controllo, visto che colui che svolge dette mansioni deve occuparsi di aprire ben 5 porte blindate presso la prima rotonda per il passaggio di personale sanitario, e permettere anche l’ingresso al passeggio dei detenuti ristretti nei relativi padiglioni. Si può restare indifferenti di fronte alla sofferenza di chi svolge servizio in questo luogo? Come può chi ha il compito di verificare il disagio e il malcontento del personale far finta di nulla?

Mi auguro che vengano presi provvedimenti da parte del sindacato al fine di poter trovare una soluzione ottimale per garantire un servizio più dignitoso e che dia a tutti la giusta serenità in servizio. Cordiali saluti Lettera Firmata Abbiamo volutamente lasciato ignota la provenienza della lettera del collega, perchè la “rotonda” da lui indicata può essere collocata in qualsiasi istituto della Repubblica. Così come sono comuni a tutti gli istituti della Repubblica i problemi citati dal collega. Ovviamente trovare “soluzioni ottimali per garantire un servizio più dignitoso” non può che essere l’obiettivo primario del sindacato e non abbiamo alcuna esitazione ad assicurare al collega che questo è quello che abbiamo sempre fatto, stiamo facendo e faremo nel futuro.

di Mario Caputi & Giovanni Battista De Blasis - © 1992 - 2011

il mondo dell’appuntato Caputo ALLORA CAPUTO, COSA E’ SUCCESSO NEL TURNO DI NOTTE?

GLIELO DICO SUBITO COMMISSARIO, COME SEMPRE HO PRESO QUALCHE APPUNTO...

Polizia Penitenziaria • SG&S

ACC... FORSE ERA MEGLIO SE GLI CHIEDEVO COSA NON ERA SUCCESSO...

N. 182 • marzo 2011 • pag. 34




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