Polizia Penitenziaria - Aprile 2011 - n. 183

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anno XVIII • n.183 • aprile 2011

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In servizio di ordine pubblico nel campo profughi di Trapani



in copertina: AgentF di Polizia Penitenziaria in servizio di ordine pubblico presso la tendopoli allestita a Kinisia (Trapani)

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L’EDITORIALE Carcere ed emergenza sanitaria: il Sappe al Senato della Repubblica di Donato Capece

ANNO XVIII • Numero 183 Aprile 2011

IL PULPITO 2010-2012: il triennio che cambierà il DAP di Giovanni Battista De Blasis

Direttore Responsabile: Donato Capece capece@sappe.it

IL COMMENTO Nuova strategia di contrasto alla criminalità con il contributo della Polizia Penitenziaria

Direttore Editoriale: Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it Capo Redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it

di Roberto Martinelli

Redazione Cronaca:Umberto Vitale Redazione Politica: Giovanni Battista Durante

IN PRIMO PIANO La Polizia Penitenziaria in servizio di ordine pubblico presso la tendopoli di Kinisia

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L’OSSERVATORIO POLITICO Un breve bilancio dopo tre anni di Governo e di Amministrazione

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di Giovanni Battista Durante

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LO SPORT Campionato italiano di Judo a Novara: risultati importanti per le Fiamme Azzurre di Lady Oscar

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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it

Carcere ed emergenza sanitaria: il Sappe al Senato della Repubblica

I

l 5 aprile scorso ho partecipato, presso la Biblioteca del Senato, alla presentazione del volume Garantire la Speranza è il nostro compito edito dal Centro Studi Cappella Orsini sul tema: L’emergenza sanitaria nei penitenziari italiani a 18 mesi dall’entrata in vigore della legge. Un manuale redatto da medici, infettivologi psicologi, rivolto agli Agenti di Polizia penitenziaria, che nasce da un Convegno sul tema che il Centri Studi Cappella Orsini tenne a Roma nel novembre 2010. Dal Convegno emerse che una prima soluzione al pesante sovraffollamento penitenziario potrebbe essere quella della concreta definizione dei circuiti penitenziari differenziati e, in questo contesto, la costruzione di carceri per così dire leggere per i detenuti in attesa di giudizio, con gravi disabilità e problemi di natura sanitaria, destinando le carceri tradizionali a quelli con una sentenza definitiva da scontare. Secondo i dati recentemente diffusi, è infatti emerso che solo il 20% dei detenuti presenti è sano. L’80% dei circa 70 mila detenuti oggi in carcere in Italia ha infatti problemi di salute, più o meno gravi: il 38% versa in condizioni mediocri, il 37% in condizioni scadenti ed il 4% ha problemi di salute gravi. Un detenuto su tre è inoltre tossicodipendente. Del 30% dei detenuti che si è sottoposto al test Hiv, il 4% e’ risultato positivo. E ancora, il 16% soffre di depressione o altri disturbi psichici, il 15% ha problemi di masticazione, il 13% soffre di malattie osteoarticolari, l’11% di malattie epatiche, il 9% di disturbi gastrointestinali. Circa il 7% è infine portatore di malattie infettive. Tutto questo va ad aggravare le già pesanti condizioni lavorative delle donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, oggi sotto organico di ben 6mila unità. Nel corso del Convegno del Centro Studi Cappella Orsini, cittadini, detenuti, medici, personale penitenziario e associazioni del terzo settore si riunirono nella Rotonda del carcere romano di Regina Coeli si sono riuniti per la prima volta in un pubblico confronto per l’esame dell’applicabilità della legge approvata già nel 2002 in materia di sanità penitenziaria. La pubblicazione presentata nella Biblioteca del Senato fornisce le prime informazioni nella gestione delle malattie infettive: dalla semplice pediculosi alla scabbia, dall’epatiti alla tubercolosi ed è stato concepito per essere utilizzato dagli agenti di Polizia Penitenziaria. Oltre alle informazioni di carattere sanitario il volume racconta l’ambiente penitenziario attraverso la creatività: oltre 50 artisti contemporanei hanno realizzato altrettante opere che costituiscono l’apparato iconografico del manuale. Gli artisti si sono espressi sul tema dell’esclusione sociale derivante dalla privazione di libertà testimoniando con il loro contributo quanto sia importante l’impegno sociale della Polizia Penitenziaria. Tra i vari capitoli del volume, uno è dedicato al rapporto tra penitenziario e storia dell’arte con relativo apparato iconografico mentre un altro tratta un approfondimento della storia del cinema a tema carcerario. Nel mio intervento, che ha riscosso condivisione ed apprezzamento, ho sottolineato come, per il SAPPE, il carcere come istituzione è superato perché non è più un de-

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terrente ma è considerato un contenitore nel quale si getta tutto ciò che la società non accetta: noi riteniamo che una grande occasione è stata, ancora una volta, persa, cioè l’indulto approvato nel 2006, a cui dovevano seguire le riforme strutturali per prevedere un carcere invisibile sul territorio a cui affidare da un lato tutti coloro che commettono un reato che non crea allarme sociale e, dall’altro, un carcere di massima sicurezza, per i 41 bis, o comunque riservato ai soggetti che si macchiano di gravissimi reati. Ho anche ricordato che, pur essendo il sovraffollamento penitenziario una criticità sostanzialmente europea, le caratteristiche uniche del nostro Paese sono il flusso e i periodi di permanenza in carcere. Ogni giorno entrano ed escono centinaia di persone dal carcere, un movimento che comporta uno stress enorme del sistema soprattutto in una fase, quella dell’accoglienza, che è la più delicata e la più difficile da gestire. Il sovraffollamento può peggiorare le capacità dell’Amministrazione di tenere distinti i detenuti in base alla loro posizione giuridica, anche per il numero molto elevato di quelli in attesa di giudizio – circa il 42% dei detenuti oggi in carcere - e di condannati a pene molto brevi. Questo quadro complesso è reso ancor più difficile dalla eterogeneità della popolazione ristretta, in gran parte costituita da stranieri, da tossico-dipendenti e da persone con problemi mentali. Per il SAPPE, ed al Senato della Repubblica l’ho ribadito ancora una volta, serve un nuovo ruolo per l’esecuzione della pena in Italia. E’ statisticamente provato che guadagnare la libertà in modo graduale, con un tutoraggio e un accompagnamento sul territorio da parte degli operatori, abbatte sensibilmente la recidiva. Il lavoro all’esterno rappresenta un modo concreto per sperimentare la volontà reale del detenuto di lavorare e di reinserirsi nella società civile. Più attività lavorative in carcere fanno acquisire la consapevolezza di essere protagonisti loro stessi del proprio futuro. Bisogna pensare un carcere che non peggiora chi lo abita, non lo incattivisce, non crea nei suoi abitanti la convinzione di essere una vittima: questi risultati si possono realizzare con il coinvolgimento del sociale. La Polizia penitenziaria deve connotarsi sempre più come Polizia della esecuzione oltreché di prevenzione e sicurezza ed è dunque certamente quella più propriamente deputata al controllo dei soggetti ammessi alle misure alternative. E’ assolutamente necessario un ‘ripensamento’ organico del carcere e dell’Istituzione penitenziaria, che preveda un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione e l’adozione di procedure di controllo mediante strumenti elettronici o altri dispositivi tecnici (come il braccialetto elettronico) che hanno finora fornito in molti Paesi europei una prova indubbiamente positiva. E se la pena evolve verso soluzioni diverse da quella detentiva, anche la Polizia Penitenziaria dovrà spostare le sue competenze al di là delle mura del carcere, parallelamente all’affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria Polizia dell’esecuzione penale, di prevenzione e sicurezza.

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Giovanni Battista De Blasis Direttore Editoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it

2010-2012: il triennio che cambierà il DAP Quasi azzerata la nomenclatura: 12 dirigenti generali lasciano l’amministrazione penitenziaria

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uello che non poté la politica, ottenne il tempo. Vent’anni dalla riforma, 12 Ministri della Giustizia e 12 Capi Dipartimento non hanno potuto (o non hanno voluto) avvicendare l’Alta Dirigenza del DAP. Chi più, chi meno; chi in un posto, chi in un altro, nel Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (fin dalla sua nascita nel 10 gennaio 1991) si sono avvicendati, nei posti chiave di potere, sempre gli stessi dirigenti. Alcuni posti sono ormai occupati dalle stesse persone da più di dieci anni (oltre 120 mesi, più di 3500 giorni) senza che queste abbiano dato alcun cenno di cedimento. L’unica possibilità di amoveautur che sono disposti a prendere in considerazione è il promoveautur. Ma quello che non sono riusciti a fare Ministri e Capi Dap ha ottenuto il tempo. Su un totale di venti posti in organico hanno già lasciato il servizio, o stanno per lasciarlo, 12 dirigenti generali dell’amministrazione penitenziaria, ovverosia il sessanta per cento della nomenclatura. Massidda, Zaccagnino, Gasparo, Sparacia, Quattrone e Giuliani nel 2010. Cesari (luglio) e Faramo (novembre) nel 2011. Ragosa (gennaio), Culla (luglio), Bocchino (novembre) e Di Somma (dicembre), lasceranno per raggiunti limiti di età, nel 2012. In effetti, ci è anche venuta in aiuto, in questa improvvisa ventata di rinnovamento, la politica del Governo, ed in particolare del Ministro della Funzione Pubblica Brunetta, in materia di pensionamenti della dirigenza pubblica. Infatti, da un lato sono state impartite precise direttive circa il divieto di concedere ulteriori proroghe oltre il sessantacinquesimo anno di età e dall’altro

sono state date altrettanto precise indicazioni circa la facoltà delle amministrazioni di pensionare i dirigenti che abbiamo superato i quaranta anni di contributi. Almeno la metà dei dirigenti in questione rientrano sia nell’una che nell’altra previsione. Certamente, qualcuno (molto probabilmente facente parte degli stessi staff degli interessati) potrebbe manifestare qualche preoccupazione sulla tenuta del sistema complessivo, allorquando verranno a mancare (quasi contemporaneamente) tre dirigenti storici del dipartimento. Vorrei rassicurare questo qualcuno, e qualsiasi altra persona si dovesse preoccupare, nel senso che, a mio avviso, la presenza di questo o di quel dirigente nell’amministrazione penitenziaria centrale è assolutamente ininfluente sulla gestione e sull’organizzazione del Corpo, un po’ come il raffreddore che è una malattia che se viene curata dal medico dura una settimana e se ce la curiamo da soli dura sette giorni. Qualcuno (sempre quel qualcuno) dovrebbe preoccuparsi piuttosto della tenuta psicologica di certi dirigenti che si troveranno – da un giorno all’altro – con un pericolosissimo deficit di onnipotenza allorquando fuori da questa amministrazione non potranno più utilizzare segreterie, autisti, mezzi e assistenti personali, in qualche caso finanche per girare lo zucchero dentro le tazzine del caffè. Sempre per rimanere nel campo delle vicende ininfluenti, da notare anche che nello stesso periodo andranno in congedo per raggiunti limiti di età (e sempre che non abbiano già lasciato il servizio per altra causa) anche sei generali degli Agenti di Custodia: nel 2011 Catalano (febbraio), Savini (aprile) e Cau (luglio) e nel 2012 De Lucia (aprile), Ricci (ottobre) e Sa-

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lerno (novembre). La mia speranza, come quella di tutti, è che questo rinnovamento serva per una evoluzione positiva dell’amministrazione penitenziaria, nell’esclusivo interesse del Corpo e non di nuove élite o, peggio, di altri singoli dirigenti . Proprio in relazione a questo periodo di rinnovamento, parafrasando una bellissima espressione di Papa Paolo VI, vorrei concludere con un suggerimento a tutti noi: «Bisogna spiegare ai giovani dirigenti dell’amministrazione penitenziaria che il Dap esisteva già prima di loro e occorre ricordare ai dirigenti anziani che il Dap esisterà anche dopo di loro.»

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Nella foto, il Dipartimento dell’ Aministarzione Penitenziaria a Roma


Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it

Cambiano i vertici delle organizzazioni di stampo mafioso

Nuova strategia di contrasto alla criminalità, con il fondamentale contributo della Polizia Penitenziaria

L Nella foto Giusy Vitale nell’altra pagina un poliziotto penitenziario in borghese

a notizia è di quelle che non passano certo inosservate e l’ha ripresa con comprensibile evidenza l’ANSA. Sono infatti sempre più rosa i vertici delle mafie ed alle mogli, alle sorelle ed alle figlie dei boss sono affidate non più e non solo ruoli di assistenza. Un tempo saldamente in mani maschili, i posti di vertice delle gerarchie della mafia, ‘ndrangheta e camorra, si stanno tingendo sempre più di rosa, come pure ha dimostrato anche il recente arresto a Napoli della moglie del boss degli scissionisti, Ermelinda Pagano, che avrebbe ricoperto un ruolo apicale nel clan. Ma anche la vicenda di Reggio Calabria dove la pentita Giuseppina Pesce con le sue rivelazioni ha fatto arrestate la madre e la sorella, rispettivamente di 48 e 29 anni per associazione mafiosa. Il fenomeno dell’ascesa dei boss in gonnella - spesso anche favorito dalla latitanza o dalla detenzione dei loro congiunti - è stato più volte segnalato dalla Dia(Direzione distrettuale antimafia). «Dalle condotte declinate nei provvedimenti giudiziari, si è evidenziato che esse non sono più raffrontabili alle passate figure delle cosiddette ‘sorelle d’omertà’, incaricate, secondo la tradizione ‘ndranghetista, di fornire mera assistenza agli associati ma hanno assunto un significativo ruolo di ‘parte attiva’, in particolare nella gestione del patrimonio della cosca’», scrive la Dia in una delle ultime relazioni parlando, appunto, dell’arresto di sette donne della cosca Pesce di Reggio Calabria cui era attribuito, tra l’altro, anche il compito di reinvestire i proventi illeciti del clan. Scendendo dalla Calabria alla Sicilia, le figure femminili continuano ad essere centrali nelle dinamiche mafiose. «Pur se non formalmente affiliate - sottolinea la Dia - le donne di Cosa Nostra hanno assunto un peso di notevole rile-

vanza, risultando coinvolte negli affari delle ‘famiglie’ e beneficiando dei vantaggi, non solo economici, derivanti dal potere dell’assoggettamento e delle attività illecite». L’evoluzione di questi ruoli, causata dalla disarticolazione dei quadri dei sodalizi, «ha lasciato emergere figure di donne emancipate dal contesto familiare, capaci di autodeterminarsi ed ispiratrici di strategie criminali».

Così nel tempo Giusy Vitale (poi collaboratrice di giustizia) guadagnò la reggenza della famiglia di Partinico; Mariangela Di Trapani, moglie di Salvino Madonia, impartiva direttive sulle attività della cosca, intervenendo sulla nomina dei capi e dei reggenti; Emanuela Gelardi, l’anziana vedova di Francesco Ciccio Madonia, custodiva le chiavi della cassaforte contenente il denaro della cosca; Rosalia Di Trapani, moglie di Salvatore Lo Piccolo, curava gli interessi del clan durante la latitanza dei congiunti. Questa notizia è significativa ed importante per conoscere, capire e comprendere le evoluzioni in atto in capo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, rispetto alle quali è opportuno una evoluzione anche nel contesto info-investigative. E proprio in questo contesto un ruolo centrale lo deve garantire, a nostro avviso,

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anche la Polizia Penitenziaria, che vuole dare il suo fondamentale contributo. Recentemente la Segreteria Generale del SAPPE è tornata a chiedere, ai vertici del Ministero della Giustizia e dell’Amministrazione Penitenziaria, interventi concreti per assicurare proprio l’auspicato ruolo centrale del Corpo di Polizia Penitenziaria nelle attività di contrasto interforze alla criminalità, stanti anche la specificità e le prerogative istituzionali dei Baschi Azzurri. La Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.), ad esempio, istituita nell’ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza con legge 30 dicembre 1991, n. 410, è un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, fatta eccezione per il Corpo di Polizia Penitenziaria, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all’associazione medesima. La mancata inclusione del Corpo di Polizia Penitenziaria tra l’organico della D.I.A. appare oggi ancora più ingiustificabile a fronte del recente Protocollo d’Intesa, sottoscritto in data 11 febbraio 2011, tra il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza e il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria avente ad oggetto proprio la lotta alle mafie, ma anche in virtù della istituzione, nell’ambito dell’Ufficio per l’attività ispettiva e di controllo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, del Nucleo Investigativo Centrale (ex D.M. 14 giugno 2007) i cui successi operativi, anche all’estero, sono noti e frequenti. Eppure l’articolo 55 c.p.p. ( ex D.P.R. 447/1988) identifica tra gli ufficiali e gli

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a cura di Erremme

agenti di polizia giudiziaria gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria (ex Legge 395/1990) senza eccezione alcuna che, nell’ambito di loro pertinenza, possono fornire e forniscono un contributo notevole al contrasto alla criminalità organizzata, dal momento che sono chiamati a gestire istituzionalmente detenuti appartenenti al regime di cui al 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario nonché detenuti ad elevato indice di vigilanza unitamente a quelli appartenenti al circuito dell’Alta Sicurezza, che, ancorché ristretti, costituiscono una preziosa fonte investigativa nella decodificazione delle dinamiche mafiose oltreché nell’opera di disgregazione delle articolazioni criminali di stampo mafioso nonché eversivo che talvolta presentano elementi di contiguità con le prime. La Polizia Penitenziaria nella D.I.A., dunque, ma non solo. Con altra separata corrispondenza, la Segreteria Generale del SAPPE ha espresso alcune considerazioni anche rispetto all’approvazione in Parlamento di un recente provvedimento concernente il Corpo Forestale dello Stato. La Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha infatti approvato, in via definitiva, il disegno di legge Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari, il cui articolo 4 prevede che il personale del Corpo Forestale dello Stato entri stabilmente a far parte delle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso ogni Procura della Repubblica. In effetti, proprio l’articolo 4, comma 7, della Legge 03/02/2011, al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione degli illeciti in materia agroambientale, nonché di favorire il contrasto della contraffazione dei prodotti agroalimentari protetti e le azioni previste dall’articolo 18, comma 1, della legge 23 luglio 2009 n. 99, all’articolo 5, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271, ha aggiunto, in fine, le seguenti parole: «nonché del Corpo Forestale dello Stato». Il novellato testo dell’articolo 5, comma 1 del D.lgs, 1989 n. 271 risulta dunque essere il seguente: Composizione delle sezioni di polizia giudiziaria. 1) Le sezione di polizia giudiziaria sono composte dagli ufficiali e dagli

agenti di polizia giudiziaria della polizia di stato, dell’arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza nonché del corpo forestale dello stato. E’ quindi palese l’autentica contraddizione con l’articolo 55 c.p.p. ( ex D.P.R. 447/1988), che identifica tra gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria (ex Legge 395/1990). Neppure può sottacersi quanto previsto dal D.lgs 9/9/2010, n. 162 Istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia penitenziaria, a norma dell’articolo 18 della Legge 30 giugno 2009, n. 85 e tanto meno la sottoscrizione del già richiamato Protocollo d’Intesa tra il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza e il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: tutti provvedimenti che prevedono una intensificazione dell’attività istituzionale ed operativa del Corpo di Polizia Penitenziaria, per cui la relativa presenza nelle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica è essenziale e fondamentale.

FABIO FIORENTIN

MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE E TOSSICODIPENDENZA GIUFFRE’ Edizioni pagg. 269 - euro 26,00

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a disciplina dell'esecuzione penale e delle misure di recupero nei confronti dei tossicodipendenti costituisce, anche in seguito alle recenti riforme portate al Testo Unico in materia di stupefacenti (d.P.R. n. 309/1990), un vero e proprio sottosistema normativo, che opera con regole e finalità peculiari, spesso molto diverse da quelle stabilite per i condannati comuni. Il volume di Fiorentin illustra in modo completo ed esaustivo l'istituto dell'esecuzione penale a carico dei condannati tossicodipendenti, che viene analizzato dall'emissione dell'ordine di carcerazione da parte del P.M. fino alle complesse dinamiche delle misure alternative al carcere (affidamento terapeutico e sospensione della pena). L'opera, arricchita dalle pronunce della Corte Costituzionale e della più recente giurisprudenza di legittimità in materia, è un utile strumento di lavoro e un prezioso ausilio per l'operatore e il professionista ed offre al lettore le linee-guida della corrente interpretazione ed applicazione di tali misure.

Ancora una volta il Corpo di Polizia Penitenziaria deve assistere da spettatore ad una legislazione di settore che penalizza la quarta Forza di Polizia, a cui rimane ancora precluso l’accesso alle sezioni di Polizia giudiziaria, nonostante ne abbia pienamente diritto. Non è accettabile questa assurda discriminazione, che non appare in alcun modo giustificata e che penalizza indebitamente e in maniera significativa personale del Corpo la cui professionalità è indiscutibile. Per la nostra professionalità e per la sicurezza del Paese.

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di Nuvola rossa rivista@sappe.it

La Polizia Penitenziaria in servizio di ordine pubblico nella tendopoli di Kinisia (Trapani)

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In alto la foto pubblicata sul quotidiano Trapani OK Nel riquadro l’ Isp. Di Via con l’Ass. Calega a destra, nella foto grande, gli Ass. Capo Patti e Calega in tenuta antisommossa sotto il Questore di Trapani Carmine Esposito

razie agli ottimi rapporti tenuti con l’esterno dal Comandante di Reparto Commissario Giuseppe Romano e dal direttore della Casa Circondariale di Trapani, Renato Persico, il Prefetto di Trapani, Marilisa Magno su indicazione del Questore Carmine Esposito ha chiesto che la Polizia Penitenziaria di Trapani partecipasse con una sua aliquota di personale, nei servizi di Ordine Pubblico connessi allo sbarco a Trapani della nave Excelsior proveniente da Lampedusa con a bordo oltre 700 migranti. Richiesta ufficiale che ha inorgoglito gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria di Trapani ma credo anche di tutta Italia essendo, credo, la prima volta che la Polizia Penitenziaria si misura con un servizio di ordine pubblico di grande interesse nazionale.Destinazione del viaggio la tendopoli allestita in fretta e furia a Trapani, contrada Kinisia, nei pressi di un vecchio aeroporto militare in uso fino alla II Guerra Mondiale. Tende, container e polvere oltre che un numero consistente di appartenenti a tutte le Forze dell’Ordine. Grande è stato l’entusiasmo del personale di Polizia Penitenziaria che finalmente si è visto riconoscere un ruolo esterno di rilevante importanza e seguito mediaticamente dalle testate giornalistiche di tutto il mondo. Finalmente l’occasione di dare una buona immagine all’esterno della Polizia Penitenziaria e della sua grande professionalità. Il primo giorno, un gruppo di 7 unità di Polizia Penitenziaria comandate dall’Ispettore

Capo Vincenzo Di Via, ha aspettato i migranti al porto e partecipato attivamente al trasbordo degli stessi sui pullman.

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Successivamente, arrivati nella tendopoli di Kinisia, la Polizia Penitenziaria ha dato il meglio di se, dimostrando agli altri colleghi delle forze dell’ordine presenti (PS, Carabinieri, Guardia di Finanza e Forestale) come si inquadrano i migranti e come si effettua la perquisizione sulla persona, lasciando letteralmente a bocca aperta noti

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funzionari di PS, e ufficiali dei Carabinieri, che hanno elogiato pubblicamente la professionalità degli agenti dimostrata sul campo, soprattutto in materia di perquisizione e di rispetto delle regole. Successivamente, sul posto sono rimaste due unità della Polizia Penitenziaria per turno, a presidiare il perimetro in collaborazione con le altre Forze di Polizia. La Polizia Penitenziaria ha conquistato la prima pagina del noto giornale quotidiano TRAPANI OK, con foto a colori dell’ispettore Di Via che mette in riga i migranti, servizi giornalistici sulle tivù che inquadrano i colleghi della Polizia Penitenziaria in divisa antisommossa. Finalmente, tutta pubblicità positiva per il Corpo della Polizia Penitenziaria e per il nostro Dipartimento. In seguito, la Polizia Penitenziaria, è stata protagonista attiva nella cattura di tre fuggitivi da Kinisia, ad opera degli Assistenti Capo Cirrone e Parisi, cosa che ha inorgoglito oltremodo il personale di Trapani; ma ancora i poliziotti penitenziari sono stati bravi a contenere almeno un paio di tentativi di rivolta presso Kinisia e presso il centro accoglienza di Salinagrande. Insomma, hanno operato così bene da farsi elogiare pubblicamente dal Questore che ha avuto parole di stima verso il direttore Persico e abbracci calorosi nei confronti

del Commissario Giuseppe Romano in occasione del precetto Pasquale delle Forze di Polizia e Militari. Sicuramente per la Polizia Penitenziaria di Trapani è stato un grosso sacrificio dare 8 unità al giorno per l’Ordine Pubblico ma è pur vero che i sacrifici sono stati compensati dai numerosi attestati di stima provenienti da più parti, per la professionalità messa in campo in un settore che non è quello in cui abitualmente ci si muove.

Queste sono le cose di cui ci piace scrivere. Umili funzionari del Corpo (o addirittura per il segretario generale del secondo sindacato della Polizia Penitenziaria – il miglior Comandante d’Italia!!) che tessendo abilmente rapporti interpersonali vengono chiamati nella stanza dei bottoni, fornendo unità di Polizia Penitenziaria in aiuto agli altri colleghi delle forze dell’ordine al fine di contenere il problema dei migranti.

Sopra i colleghi Tammaro e Montalto in tenuta antisommossa nel campo di Kinisia a fianco il Comm. Giuseppe Romano tra gli Ass. Capo Montalto e Tammaro e altri colleghi della Guardia Forestale e dell’Arma dei Carabinieri

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Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it

Un breve bilancio dopo tre anni di Governo e di Amministrazione

S Nella foto il Ministro della Giustizia Angelino Alfano

iamo ormai giunti al terzo anno dall’insediamento del nuovo Governo e dei nuovi vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Se il governo riuscirà a terminare la legislatura, come sembra, tra circa due anni torneremo alle urne per decidere chi dovrà governare il nostro Paese per i prossimi cinque anni. Dopo tre anni riteniamo sia il caso di cominciare a fare qualche bilancio delle cose fatte e di quelle da fare. Il governo delle carceri si base su due aspetti fondamentali, rispetto alle quali incidono, inevitabilmente, le scelte politiche del governo di turno. I due aspetti sono i seguenti: si può decidere di affrontare il problema della penalità con un maggiore ricorso al carcere, quindi alla reclusione come sanzione più frequente, oppure lo si può affrontare con un maggior ricorso alle sanzioni alternative alla pena detentiva. Se analizziamo quanto hanno fatto gli ultimi due governi, il primo di centrosinistra e quello in carica di centrodestra, possiamo notare la diversa impostazione del problema. Quello di centrosinistra ha fatto ricorso ad un ampio indulto, sostenuto anche dal SAPPE, non per convinzione ma per necessità, vista la crescita continua della popolazione detenuta. A seguito di quel provvedimento uscirono dal carcere più di trentamila detenuti, senza che, però, seguissero riforme adeguate, per evitare che in meno di tre anni, come peraltro avevamo facilmente pronosticato, la situazione tornasse ai livelli di partenza. Qualcuno dirà che le riforme non sono state fatte perché il governo è caduto anzitempo, potremmo dire che è imploso, visto che le cause sono da ricercare all’interno della maggioranza. L’allora ministro Mastella aveva insediato una commissione por la riforma dei codici

penale e di procedura penale che avrebbero dovuto introdurre nel procedimento penale quanto già previsto per i minori, come, per esempio, gli istituti della messa in prova e della sospensione della pena, per reati di minore entità e che non destano grave allarme sociale. iniziative che sostenemmo con convinzione. Sta di fatto che, comunque, l’indulto ha portato fuori tanti detenuti, senza risolvere il problema del sovraffollamento.

Il nuovo esecutivo, invece, ha dato un’impostazione diversa alla questione, avendo deciso di dare maggiore rilievo alla penalità in carcere ed è per questo che è stato nominato un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, per la costruzione di nuovi istituti e padiglioni detentivi. Entro il 2013 dovrebbero essere costruiti venti nuovi padiglioni e undici nuovi istituti. Inoltre, la legge 199, cosiddetta legge Alfano, ha previsto l’incremento di organico della polizia penitenziaria, le assunzioni dovrebbero riguardare di circa 1600 agenti, ma il provvedimento non è stato ancora finanziato. Sempre lo stesso provvedimento legislativo

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prevede che coloro che hanno un residuo pena di un anno possano scontarla agli arresti domiciliari. Secondo le previsioni del Dipartimento i potenziali fruitori di questa misura dovevano essere circa 10.000, molti dei quali stranieri extracomunitari e senza fissa dimora, quindi, esclusi a priori dal beneficio. Alla prova dei fatti coloro che ad oggi sono usciti dal carcere sono circa 1800 e, in base alle proiezioni del Dipartimento, a regime potrebbero essere circa 3.000. Un fallimento? No! Si sapeva fin dall’inizio che molti di loro erano senza fissa dimora, anche se i dati risentono molto dell’interpretazione che fanno della legge i magistrati di sorveglianza. Noi tendiamo a non propendere per l’una o l’altra soluzione, nel senso che può andar bene sia costruire nuove carceri, sia considerare la pena della reclusione come estrema ratio. Nel primo caso, se si sceglie di costruire altre carceri, bisogna anche ricordarsi di assumere il personale di polizia penitenziaria e quello amministrativo necessari a far funzionare le nuove strutture, oltre a quelle esistenti. Oggi, in Italia, mancano 6.500 agenti nel Corpo di polizia penitenziaria, rispetto alla previsione delle piante organiche e ci sono 6.000 posti detentivi disponibili, tra nuove carceri e nuovi padiglioni o sezioni detentive chiuse che non possono funzionare per mancanza di personale. Se costruiamo 20 nuovi istituti e 11 nuovi padiglioni, alla fine avremo circa 10.000 posti detentivi che non potranno essere utilizzati, sempre per mancanza di personale. Quindi, costruire nuove carceri non servirà a niente se non ci sarà un piano di assunzioni straordinarie di almeno 4.000 o 5.000 agenti di polizia penitenziaria e di altro personale amministrativo. Se dobbiamo proprio fare una scelta netta,

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stando anche alle statistiche che ci dicono che coloro che usufruiscono delle misure alternative hanno una recidiva molto più bassa di coloro che passano direttamente dal carcere all’esterno, forse sarebbe più opportuno investire sull’esecuzione penale esterna e sull’ammodernamento delle strutture esistenti, nel senso di adeguarle al nuovo regolamento di esecuzione alla legge penitenziaria, con la costruzione delle docce in camera e con un maggiore uso delle tecnologie, come è stato fatto per il nuovo carcere di Trento, al fine di risparmiare personale. A ciò si dovrebbe aggiungere, come abbiamo già detto, un adeguato incremento dell’organico della Polizia Penitenziaria e poi, magari, si potrebbe investire in strutture esterne per far uscire dal carcere i tossicodipendenti che sono il 25% delle popolazione detenuta e che, nonostante una legislazione all’avanguardia, conti-

nuano a rimanere nei penitenziari per mancanza di risorse e strutture esterne che possano accoglierli per il percorso di recupero previsto dal d.P.R. 390/90, testo unico sulla droga. I nostri sono solo alcuni suggerimenti, senza velleità particolari, consapevoli che non saranno ascoltati. Ciò che ci preoccupa maggiormente, in quest’ultimo periodo, è l’inversione di tendenza che sta facendo l’Amministrazione,

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rispetto ad una politica di crescita del Corpo, intrapresa alcuni anni addietro e che ha portato ad ottimi risultati. Nel corso degli ultimi anni la Polizia Penitenziaria ha svolto le missioni all’estero, sono state istituite alcune importanti specializzazioni e servizi, come quello della polizia stradale, purtroppo mai decollato, il Nucleo Investigativo Centrale, ormai in via di rottamazione, le Unità cinofili, presenti solo in alcune regioni; lo scorso anno era stato emanato un interpello per le regioni in cui non erano ancora state istituite, ma nei giorni scorsi ci hanno fatto sapere che non ci sono i fondi per realizzarle. Per finire, abbiamo appreso che per la prima volta non parteciperemo alla festa della Repubblica, il prossimo 2 giugno. Sembra che in quest’ultimo periodo stiano prevalendo le forze reazionarie che hanno sempre ostacolato la crescita della Polizia Penitenziaria.

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Nel la foto ancora il Ministro Alfano con il Capo del DAP Franco Ionta


a cura di Lady Oscar Redazione Sportiva rivista@sappe.it

Agli assoluti di Judo di Novara risultati importanti per il GS Fiamme Azzurre

N Nelle foto a fianco Maria Clara Bellone (al centro) sotto a sinistra: Marco Caudana, e a destra Alberto Borin.

el piccolo microcosmo di una disciplina sportiva che racconta di una storia propria all’interno di quella più grande di ogni Paese, uomini e donne contribuiscono a che gli eventi seguano un corso che a distanza di tempo riconosciamo al dispiegarsi di quella disciplina. Altre storie quindi, altri vissuti che come i cerchi concentrici nel tronco di un albero creano la struttura finale. Nel judo italiano ad esempio la grande forza di volontà di Maria Clara Bellone, classe 1932, ha fatto si che la disciplina marziale giapponese, da sempre prerogativa dell’attività motoria dei soli maschi, si sia diffusa anche tra le donne. E’ lei la fondatrice riconosciuta del movimento judoistico femminile italiano. Con grande forza di volontà e determinazione organizzò nel 1966 (a sue spese) il primo campionato italiano femminile di judo, che si disputò a Milano, portando poi a Novara la terza edizione il 9 ottobre 1968 nella Palestra della ex Casa del Popolo. Lei che tra l’altro è stata la prima donna italiana a raggiungere il 6° Dan, vinse entrambi le edizioni tricolore, e molto altro. Maria Bellone promosse anche i primi incontri internazionali femminili cui prese parte, poi fu arbitro internazionale ed il primo allenatore della Nazionale Italiana Femminile di Judo. È morta prematuramente nel 1999. Nell’edizione 2011 degli assoluti di judo ( la 66° edizione maschile e la 45° femminile), caduta nel periodo di festeggiamenti per il 150° anniversario dell’unità d’Italia, il Comune di Novara e la Fijlkam del Piemonte, la regione culla dell’unità italiana, hanno voluto rendere omaggio a questa grande donna della storia sportiva marziale riportando i campionati italiani a Novara, dove tutto cominciò. Lo Sporting Palace di Novara sabato 2 e domenica 3 aprile ha ospitato trecentosettantadue atleti in quattro tatami (quadrati di gara) allestiti nelle due giornate di gara, con 254 atleti per sette titoli maschili il sabato e 118 per i sette tricolori femminili la domenica. Per le Fiamme Azzurre presenti in entrambi le gare è

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stata una rassegna carica di soddisfazioni e risultati importanti. Tra gli uomini si sono registrati due ori in categorie difficili: nei 66 kg Marco Caudana lo ha vinto ai danni di Enrico Parlato (Fiamme Oro) e nei 100 kg Alberto Borin ha trionfato su Terry Yosvane Despaigne (Judo Camerano). I due talentuosi atleti hanno regalato inoltre, con i loro risultati, il secondo posto della classifica maschile per la compagine della Polizia Penitenziaria, dietro ai Carabinieri. Sul possibile sorpasso dei cugini della Benemerita hanno influito le assenze di Francesco Bruyere negli 81 kg, di Franceso Faraldo nei 66kg e di Lorenzo Bagnoli nei 90 kg, per scelte agonistiche dovute agli imminenti campionati d’Europa di Istanbul (Turchia), nei quali i nostri si dovranno cimentare nel week end di Pasqua. Fino ad allora, per loro e per gli altri convocati delle Fiamme Azzurre ci sarà il ritiro azzurro all’Infernetto, presso il Centro Sportivo della Guardia di Finanza, con il toto partenze ancora in corso sui nomi definitivi chiamati a gareggiare. Ad alimentare certezze e speranze dei presenti al raduno c’è anche l’elemento non trascurabile che il prossimo Europeo sarà il primo a consentire ai DT nazionali di poter schierare due atleti nella medesima categoria di peso. Per questo motivo e considerando la possibilità di accumulare punti per la qualificazione olimpica, la competizione si preannuncia alquanto interessante. Ancora non è stata ufficializzata la squadra titolare alla manifestazione continentale, ma le indiscrezioni considerano sicure le partenze di Elio Verde nei 60 kg, di Francesco Faraldo nei 66 kg, di Giovanni Di Cristo nei 73 kg, di Antonio Ciano e Francesco Bruyere negli 81 kg, di Roberto Meloni e Lorenzo Bagnoli nei 90 kg e di Paolo Bianchessi nei +100 kg, mentre tra le donne sembrano siano certe le partenze di Valentina Moscatt ed Elena Moretti nei 48 kg, Rosalba Forciniti nella categoria 52 kg, Giulia Quintavalle nei

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60 kg: 1) Fabrizio Piatti (Carabinieri); 2) Roberto Maserin (Centro Ginnastico Torino); 3) Carmine Di Loreto (Nippon Napoli) e Salvatore Aliberti (New olimpic Center Napoli). 66 kg: 1) Marco Caudana (Fiamme Azzurre); 2) Enrico Parlati (Fiamme Oro); 3) Yuri Contegreco (Carabinieri) e Matteo Piras (Akiyama Settimo). 73 kg: 1) Gesualdo Scollo (Forestale); 2) Fabrizio Chimento (Carabinieri); 3) Massimiliano Carollo (Akiyama Settimo) e Augusto Meloni (Judo Frascati). 81 kg: 1) Giovanni Carollo (Carabinieri); 2) Matteo Marconcini (Carabinieri); 3) Luca Palatini (Kodokan Varese) e Luca Poeta (FF. OO.) 90 kg: 1) Walter Facente (Carabinieri); 2) Pablo Tomasetti (Fiamme Oro); 3) Angelo Vitale (Centro Pielle Napoli) e Giuliano Loporchio (Fiamme Gialle). 100 kg: 1) Alberto Borin (Fiamme Azzurre); 2) Terry Yosvane Despaigne (Judo Camerano); 3) Nicandro Buono (Champion Sport Venafro) e Luca Ardizio (Akiyama Settimo). +100 kg: 1) Igor Lambertucci (Quality La Spezia); 2) Alessandro Frezza (Carabinieri); 3) Ignazio Capezzuto (Fiamme Oro) e Fabio Dell’Anna (Kodokan Napoli). Società: 1) Carabinieri, 70; 2) Fiamme Azzurre, 28; 3) Fiamme Oro, 28; 4) Forestale, 20; 5) Akiyama Settimo, 18.

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57 kg con Sharon Dinasta e nei 70 kg con Giulia Cantoni. Risultati più che lusinghieri in considerazione del fatto che le 7 campionesse d’Italia sono state tutte appartenenti a società differenti e quindi la differenza di risultati si è fatta prevalentemente in considerazione degli argenti e dei bronzi totalizzati dai vari club. Come il giorno precedente, anche nella gara femminile comunque, a conti fatti, la classifica ha visto il team della Polizia Penitenziaria secondo dietro al G.S. Carabinieri. Oltre al podio e le belle finali, altro momento importante per la visibilità dei nostri ragazzi è stata inoltre l’attivazione delle postazioni Wacko’s, l’area dello sponsor dell’evento, in tre postazioni diverse ,che ha consentito di far vedere e conoscere i campioni azzurri. Alle 11 e alle 15 di sabato ed alle 11 di domenica, Francesco Bruyere ed i vincitori delle categorie maschili e femminili in gara, sono rimasti a disposizione dei piccoli fans per autografi, fotografie, interviste e suggerimenti. Per ora occhi puntati sulla rassegna continentale di Istanbul, sperando di raccontarvi di altri successi e medaglie delle nostre Fiamme Azzurre convocate.

Nelle foto a sinistra: Elena Moretti a destra Marisa Celletti nei riquadri sotto le classifiche, da sinistra: Marco Caudana, Alberto Borin. Sharon Dinasta e Giulia Cantoni

48 kg: 1) Valentina Moscatt (Fiamme Oro); 2) Ilaria Ugon (Igea Fitness Napoli); 3) Odette Giuffrida (Judo Pavoni Roma) e Giulia Mongiello (Akiyama Settimo). 52 kg: 1) Elena Moretti (Fiamme Azzurre); 2) Camilla Magnolfi (Fiamme Gialle); 3) Marta Pinotti (Fiamme Gialle) e Noemi Boccanera (Nobel Roma). 57 kg: 1) Valentina Aloisi (Esercito); 2) Sonia Arduini (Judo Valpolicella); 3) Sharon Dinasta (Fiamme Azzurre) e Alessia Regis (Carabinieri) 63 kg: 1) Edwige Gwend (Fiamme Gialle); 2) Flavia Paganessi (Esercito); 3) Marianna Marinosci (Carabinieri) e Valentina Giorgis (Akiyama Settimo). 70 kg: 1) Erica Barbieri (Carabinieri); 2) Marisa Celletti (Fiamme Azzurre); 3) Francesca Busto (Forza e Costanza Brescia) e Giulia Cantoni (Fiamme Azzurre). 78 kg: 1) Valeria Ferrari (Judo Valpolicella); 2) Gilda Rovere (Carabinieri); 3) Linda Politi (Ren Shu Kan Marina) e Miranda Giambelli (Isao Okano Cinisello). +78 kg: 1) Tania Ferrera (Team Romagna); 2) Lucia Tangorre (Fiamme Oro); 3) Marika Franchini (Ginnic Valenza) e Annarita Trotta (Cus Cosenza). Società: 1) Carabinieri, 32; 2) Fiamme Azzurre, 30; 3) Esercito, 28; 4) Fiamme Gialle, 24; 5) Akiyama Settimo, 23.

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classifiche femminili

classifiche maschili

57 kg, Edwige Gwend nei 63 kg, Erica Barbieri nei 70 kg, Assunta Galeone nei 78 kg e di Lucia Tangorre nei + 78 kg. Le voci di corridoio parlano anche della partenza di Giulia Cantoni (altra bravissima atleta delle Fiamme Azzurre) come seconda atleta nella categoria dei 70 kg, mentre per la categoria dei 100 non dovrebbe partire nessuno. Ormai, nel momento in cui stiamo andando in stampa, sono ancora poche le ore di attesa per sapere con certezza la lista definitiva ed ufficiale dei nostri atleti in partenza. Sicuramente buona parte della compagine azzurra nei settori maschile e femminile sarà composta da campioni della Polizia Penitenziaria e questo già è un primo elemento fondante per essere orgogliosi. Tornando alla rassegna tricolore di Novara, dopo la prima giornata è stata la volta delle donne in gara la domenica mattina. Anche tra le quote rosa dei combattenti in judogi abbiamo potuto festeggiare l’oro di Elena Moretti nei 52 kg, conquistato a i danni di Camilla Magnolfi (Fiamme Gialle), l’argento di Marisa Celletti nei 70 kg conquistato nella finale contro la carabiniera Erica Barbieri, e due bronzi arrivati nei


a cura di Ciro Borrelli* e Carmine D’Avanzo* rivista@sappe.it

Il Dipartimento per i minori

P Nella foto l’ingresso del Dipatimento della Giustizia Minorile a Roma nell’altra pagina lo stemma del DGM

rima di affrontare più da vicino il tema della Giustizia Minorile e i compiti del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, è opportuno cominciare con il fornire ai lettori un po’di notizie relative al Dipartimento che è l’ultimo nato dei quattro Dipartimenti del Ministero della Giustizia, anche se per la precisione il D.G.M. è l’evoluzione dell’ex Ufficio Centrale Giustizia Minorile del D.A.P. istituito nella metà degli anni novanta. Attualmente dipendono dal Dipartimento Giustizia Minorile circa novecento unità appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, assegnate in pianta organica alla Giustizia Minorile con D.P.C.M. 08 febbraio 2001. Di questi, circa cinquanta sono in servizio presso la sede centrale di Roma e sono preposti alla sicurezza della struttura centrale e alla tutela del Capo Dipartimento Presidente Bruno Brattoli. Nel 2010, grazie anche al contributo del Pres. Bruno Brattoli, il D.G.M. si è trasferito dalla vecchia sede storica di via Giulia alla nuova sede di via Damiano Chiesa, sempre a Roma. Questo trasferimento ha segnato un passaggio importante nella storia del D.G.M. anche a livello logistico, migliorando notevolmente la funzionalità del servizio.

Il Dipartimento per la giustizia minorile, costituito da una articolazione amministrativa centrale e territoriale, provvede ad assicurare l’esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile, garantendo la certezza della pena, la tutela dei diritti soggettivi, la promozione dei processi evolutivi adolescenziali in atto e perseguendo la finalità del reinserimento sociale e lavorativo dei minori entrati nel circuito penale. Si occupa della tutela dei diritti dei minori e dei giovani-adulti, dai 14 ai 21 anni, sottoposti a misure penali, mediante interventi di tipo preventivo, educativo e di reinserimento sociale. Altra finalità è quella di attivare programmi educativi, di studio e di formazione-lavoro, di tempo libero e di animazione, per assicurare una effettiva integrazione di detti minori e giovani-adulti con la comunità esterna. L’istruzione, insieme alla formazione professionale e il lavoro, è uno degli strumenti principali del trattamento sia per il valore intrinseco e sia in quanto mezzo di espressione e realizzazione delle singole capacità e potenzialità. Gli uffici del Capo del Dipartimento concorrono con le altre Direzioni Generali alla realizzazione degli interventi di giustizia mi-

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norile e all’attuazione dei provvedimenti giudiziari, attraverso un adeguato supporto alle attività del Capo del Dipartimento e delle Direzioni Generali stesse. La formazione del personale della giustizia minorile è curata dall’Istituto centrale di formazione del personale con sede centrale in Roma. L’Istituto ha proprie sedi decentrate a Castiglione delle Stiviere (Mantova) e a Messina. Le strutture territoriali che compongono il dipartimento sono: I 12 Centri per la Giustizia Minorile (CGM) sono organi del decentramento amministrativo che possono avere competenza sul territorio di più regioni e in questi casi fanno riferimento a più corti d’appello. Ogni centro opera sul territorio attraverso i servizi minorili della giustizia previsti dall’articolo 8 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 272. I 19 Istituti penali per i minorenni (IPM) assicurano l’esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria quali la custodia cautelare o l’espiazione di pena nei confronti di minorenni autori di reato. In tale ambito vengono garantiti i diritti soggettivi dei minori, tra cui il diritto alla salute e alla crescita armonica sia fisica che psicologica, il diritto alla non interruzione dei processi educativi in atto e a mantenere i legami con le figure significative per la loro crescita. I 29 Uffici di servizio sociale per i minorenni (USSM) forniscono assistenza ai minorenni autori di reato in ogni stato e grado del procedimento penale. Questi uffici raccolgono e forniscono elementi conoscitivi concernenti il minorenne soggetto a procedimento penale e concrete ipotesi progettuali concorrendo alle decisioni dell’autorità giudiziaria minorile. Gli uffici di servizio sociale per i minorenni svolgono attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione del provvedimento dell’autorità giudiziaria a favore dei minori sottoposti a misure cautelari non detentive in accordo con gli altri servizi minorili della giustizia e degli enti locali. I 25 Centri di prima accoglienza (CPA) ospitano i minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento fino all’udienza

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Giovanni Passaro passaro@sappe.it

di convalida che deve aver luogo entro 96 ore dall’arresto fermo o accompagnamento, assicurando la custodia dei minorenni pur non essendo strutture di tipo carcerario. L’équipe del servizio predispone una prima relazione informativa sulla situazione psicologica e sociale del minorenne e sulle risorse disponibili sul territorio per quel caso con l’obiettivo di fornire all’Autorità giudiziaria competente, tutti gli elementi utili ad individuare, in caso di applicazione di misura cautelare, quella più idonea alla personalità del minorenne. Le 12 Comunità assicurano l’esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria nei confronti di minorenni autori di reato. A tale scopo viene predisposto un programma educativo individualizzato, con l’adesione del minore, tenuto conto delle risorse personali e familiari dello stesso e delle opportunità offerte dal territorio. In questo modo si avvia il processo detto di responsabilizzazione. Nel 2009 con un provvedimento del Ministro della Giustizia è stata istituita la specializzazione di Specialista nel Trattamento dei detenuti minorenni come previsto a suo tempo dall’art. 19 Accordo Nazionale Quadro 2002-2005 sottoscritto il 24 marzo 2004. Nei prossimi mesi seguiranno altri servizi relativi alle tematiche del settore minorile.

*Ciro Borrelli rappresentante Sappe ICF Roma *Carmine D’Avanzo Coordinatore Nazionale Sappe Minori

Il tempo impiegato per la consumazione del pasto presso la mensa deve essere recuperato? Mensa obbligatoria di servizio per il personale di Polizia Penitenziaria Sono un iscritto al SAPPe, credo di essere stato uno dei primi a sottoscrivere l’adesione, orgoglioso di far parte del sindacato più rappresentativo del Corpo. Vorrei conoscere se il personale addetto all’ufficio matricola, con turno 08.0015.12, deve recuperare il tempo impiegato per la consumazione del pasto. Cordiali saluti. Lettera firmata

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entile iscritto, è opportuno premettere che la mensa obbligatoria di servizio, per il personale della polizia penitenziaria (legge 203/89 “nuove disposizioni per i servizi di mensa per le Forze di Polizia di cui all’art. 16 della legge 121/81), spetta a chi si trova nelle seguenti particolari situazioni di impiego e ambientali: a) personale impiegato in servizi di ordine e sicurezza pubblica o di soccorso pubblico in reparto organico o a questo aggregato, ovvero impiegato in speciali servizi operativi, durante la permanenza nel servizio; b) personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio; c) personale impiegato in servizi di istituto in località di preminente interesse operativo ed in situazioni di grave disagio ambientale (personale impiegato nel servizio dei piantonamenti e/o traduzioni dei detenuti e degli internati presso le aule di giustizia o luoghi esterni di cura); d) personale alloggiato collettivamente in caserma o per il quale l’alloggio collettivo in caserma è specificatamente richiesto ai fini della disponibilità per l’impiego. Ricorrendone i presupposti, la mensa obbligatoria di servizio compete, limitatamente al pasto giornaliero corrispondente al turno di servizio espletato, esclusivamente:

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al personale il cui turno di servizio si protrae oltre le ore 14.30 per il pranzo ed oltre le ore 20.30 per la cena; al personale che, a causa dell’orario di inizio del turno di servizio, si trovi nell’impossibilità di consumare il pasto presso il proprio domicilio. In primis, bisogna marcare l’attenzione alla lettera b) della legge sopracitata che stabilisce il diritto alla fruibilità della m.o.s. per coloro che svolgono compiti istituzionali ed ha come presupposto l’essere specificatamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio. Il personale impiegato in servizi che per la loro tipologia, ossia per le modalità con cui in concreto si svolgono, sopportano l’interruzione dell’attività prestata ha diritto a partecipare alla mensa obbligatoria di servizio ma, il tempo trascorso per la consumazione del pasto (30 minuti) è soggetto a recupero. Tali servizi vanno identificati, con riferimento alle situazioni concrete di ciascuna realtà penitenziaria, dall’autorità dirigente, significando che, di norma essi devono individuarsi nei settori specificatamente amministrativi ed amministrativo-contabili. Al contrario, ci sono tipologie di lavoro che, per la loro peculiare natura, possono essere equiparate ai servizi a turno: si pensi agli uffici matricola nei maggiori istituti, alla sorveglianza generale, ai capiposto, alle portinerie, al rilascio colloqui e alla sala regia. Pertanto, solo al personale impiegato in compiti istituzionali per i quali è richiesta la sostituzione sul posto di servizio in caso di allontanamento anche temporaneo, il tempo di consumazione dei pasti fruiti presso la m.o.s. è considerato a tutti gli effetti quale orario di servizio. Circolari DAP di riferimento: prot. n.151391/3-670 art. 12 del 24/07/1998; prot. n.144536/4.5 del 05/11/1997; n.3488/5938 del 23/11/1998. Cordialmente

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Lionello Pascone • Coordinatore Nazionale Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria info@anppe.it

Aumento perequativo ma niente assegno funzionale

C

ome è noto il personale del Comparto Sicurezza collocato a riposo dal 10 gennaio 2006 al 31 dicembre 2007, ha diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico, per effetto dei benefici economici previsti dalla cosiddetta coda contrattuale, recepita con il D.p.r. n. 51/2009 (Gazzetta Ufficiale n. 119 del 25 giugno 2009). Lo stesso decreto, infatti, ha previsto: 1) la retrodatazione dal 1° ottobre 2007 al 1° febbraio dello stesso anno, della decorrenza dell’indennità pensionabile di cui all’art. 4 del D.p.r. 170/2007; 2) la terza fascia dell’assegno funzionale pensionabile al compimento del trentaduesimo anno di servizio, nella misura pari a quella già prevista a 29 anni, maggiorata del 15%: 3) l’anticipazione di 2 anni (da 29 a 27) per quanto riguarda la seconda fascia; 4) un significativo aumento dello stesso assegno per il ruolo degli Agenti e Assistenti. L’art. 1 comma 2 di tale Decreto stabilisce che: Le disposizioni del presente decreto integrano, quelle relative ai periodi dal 10 gennaio 2006 al 31 dicembre 2009 per la parte normativa e dal 1° gennaio 2006 al 31 dicembre 2007 per la parte economica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, di recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare; all’art. 8, poi, fissa al 1° dicembre 2008 la decorrenza per quanto riguarda le modifiche e gli incrementi relativi all’assegno funzionale pensionabile. Sulla base del disposto di cui al 2° comma dell’art. 1, al personale delle Forze di Polizia, collocato in quiescenza nel corso di vigenza contrattuale 2006/2007 e che, al momento della ces-

sazione aveva maturato il requisito (27 e 32 anni di effettivo servizio), spetta la riliquidazione della pensione, a decorrere dal 1° dicembre 2008, con il computo delle nuove misure dell’assegno funzionale pensionabile. Allo stesso personale, però, viene attribuito il beneficio in questione in alternativa all’aumento perequativo dell’1,7% previsto sulle pensioni a decorrere dal 1° gennaio 2008, peraltro già attribuito agli interessati in sede di prima liquidazione. Infatti, l’Inpdap, in sede di applicazione degli adeguamenti perequativi annuali, di cui all’art. 11 del D. Lgs. 503/92 e successive modificazioni, ritenendo, evidentemente, che l’ultima aumento previsto dal D.p.r. n. 51/2009 fosse riferito a beneficio contrattuale per l’anno 2008, applica, nella fattispecie, la direttiva emanata dal Ministero del Tesoro, Direzione Generale dello Stato, con circolare n. 756 del 2 maggio 1997, che prevede: in sede di riliquidazione della pensione per effetto dei miglioramenti economici scaglionati in più tranches nel corso della stessa vigenza contrattuale, il conferimento del trattamento più favorevole dal confronto tra l’importo determinato dal provvedimento di riliquidazione e quello complessivamente in pagamento. Si ritiene, invece, che a detto personale, oltre ovviamente ai benefici derivanti dalle cosiddette code contrattuali, spetti anche l’aumento perequativo per l’anno 2008, per le seguenti ragioni: 1°) L’art. 1, comma 2, del D.p.r. 51/2009 stabilisce che: Le disposizioni del presente decreto integrano, per la parte economica, quelle relative al periodi 1° gennaio 2006 / 31 dicembre 2007 di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170; 2°) L’art. 7 comma 12 del Decreto Legislativo 12 maggio 1995, n. 195, richia-

Polizia Penitenziaria • SG&S

mato dal D.p.r. 51/2009, precisa che: la disciplina emanata con i decreti del Presidente della Repubblica di cui al comma 11 (accordi sindacali) ha durata quadriennale per gli aspetti normativi e biennali per quelli retributivi, a decorrere dai termini di scadenza previsti dai precedenti decreti, e conserva efficacia fino all’entrata in vigore dei decreti successivi. Ciò premesso, appare evidente che il personale del Corpo di Polizia Penitenziria, come pure quello delle altre Forze di Polizia, cessato dal servizio nel corso di vigenza contrattuale 2006/2007, risulterà penalizzato da questa situazione, soprattutto quello appartenente ai ruoli di Ispettore e di Sovrintendente, per i quali l’aumento dell’assegno funzionale stabilito, con decorrenza 1° dicembre 2008, risulterà, ai fini pensionistici, inferiore all’incremento perequativo previsto dal 1° gennaio dello stesso anno. Allo stesso personale, pertanto, sarà attribuito l’aumento perequativo e non quello dell’assegno funzionale. Occorre precisare, infine, che il criterio applicato dall’Inpdap causerà anche una sperequazione di trattamento tra il personale militare, cessato dal servizio nel biennio 2006/2007 con diritto a fruire dell’istituto dell’ausiliaria, e il restante personale (civile e militare), collocato in quiescenza nello stesso periodo. Questo perché al personale prima menzionato, allo scadere del periodo di permanenza in ausiliaria, viene riliquidata la pensione con l’attribuito dell’aumento dell’assegno funzionale con decorrenza 1° dicembre 2008, sebbene nella misura del 70% (art. 3 comma 6 del D.p.r. 165/97), più l’incremento perequativo dell’1,7% dal 10 gennaio 1996, computato sull’importo del trattamento pensionistico liquidato alla data di cessazione dal servizio permanente.

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Trattamento di Buonuscita

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li emolumenti/indennità previsti dalla vigente normativa dopo la cessazione dal servizio attivo sono molteplici e discendono da norme che interessano svariati casi. Altri assegni/indennità sono riconosciuti esclusivamente a quel personale che, durante il servizio attivo, si sia trovato in particolari condizioni di impiego. Tra questi citiamo le Speciali Elargizioni per le vittime del dovere (che, in genere, vengono erogate ai familiari dei caduti), le “Provvidenze” per i mutilati e invalidi per servizio, l’Indennità di “accompagnamento”, e così via. Un altro gruppo (o categoria) di benefici è costituito da assegni/indennità spettanti in virtù del fatto che il personale, durante il servizio attivo, è stato assoggettato a ritenute sullo stipendio. Qui troviamo la Buonuscita”che viene erogata dall’INPDAP subito dopo la fine del servizio attivo. In merito precisiamo che il dipendente statale, cessato dal servizio, ha diritto alla liquidazione dell”Indennità purché abbia maturato almeno un anno di iscrizione al Fondo di Previdenza e Crediti. L’iscrizione avviene d’ufficio e, per il personale del Corpo decorre dalla data di arruolamento. Detta Indennità di Buonuscita è costituita da una somma di denaro, corrispondente a tanti dodicesimi dell’80% dell’ultima retribuzione annua lorda percepita per quanti sono gli anni di iscrizione al Fondo. L’ultima retribuzione percepita è costituita dalla somma degli importi relativi allo stipendio annuo lordo, alle quote aggiuntive (Legge 312/1980), agli scatti aggiuntivi (Leggi: 336/1970, 804/1973, 2411986, ecc.), alla tredicesima mensilità, all’indennità integrativa speciale e alla indennità di impiego operativo/indennità pensionabile.

L’importo così ottenuto è sottoposto all’IRPEF, considerando esente una quota corrispondente al contributo a carico del dipendente e applicando un’aliquota ragguagliata alla retribuzione media fruita da ciascun interessato. Per la liquidazione occorre presentare all’INPDAP apposita domanda. Quest’ultima, in genere, viene fatta compilare e firmare agli interessati, unitamente agli altri documenti pensionistici, a cura dell’ultimo Ente Amministrativo. Qualora cio non fosse avvenuto è necessario provvedere al più presto, anche perché il diritto alla riscossione dell’indennità, ai sensi dell’art. 20 del Testo Unico, deve essere esercitato, pena la decadenza, entro il termine massimo di 5 anni dalla data di cessazione dal servizio per qualsiasi causa. La relativa erogazione deve avvenire, da parte dell’INPDAP, entro novanta giorni dalla data di ricezione della pratica (completa) dal suddetto Istituto. L’indennità di Buonuscita è reversibile. Infatti, qualora il dipendente avente diritto deceda in attività di servizio, tale Indennità compete agli eredi. Essi, ai sensi dell’art. 5 del Testo Unico sopracitato, hanno titolo a riscuotere l’indennità nel seguente ordine prioritario: coniuge superstite, orfani, genitori, fratelli e sorelle. Nel caso in cui il dipendente deceda in data successiva al collocamento a riposo, comunque prima di aver materialmente riscosso l’indennità in esame, la stessa deve essere suddivisa secondo il diritto di successione previsto dal Codice Civile. Per avere diritto a tale beneficio occorre aver versato al Fondo di Previdenza e Crediti dei contributi di cui una quota è a carico della Amministrazione, mentre l’altra quota è pagata dal dipendente. La quota parte a carico del personale dipendente è pari al 2,50% dell’80% di quegli emolumenti percepiti in attività di servizio e che costituiscono la base su cui viene calcolata la misura dell’indennità stessa.

Niscemi: Festa per i 150 anni dell’Unità d’Italia

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l Segretario Locale Gian Luca Brando dell’ANPPe Sezione di Caltagirone, con il Presidente Pino Farruggia dell’ANPPe Sezione di Niscemi e altri Soci ANPPe, hanno partecipato alla Festa del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia a Niscemi il 16 marzo 2011. La manifestazione è iniziata con un corteo partito da piazza Mascione e arrivato a piazza Vittorio Emanuele. L’iniziativa è stata organizzata dal Comune di Niscemi e dall’assessore alla cultura Nunzio Pardo.

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N. 183 • aprile 2011 • pag. 17


Rovigo: terzo anniversario per la sezione Nord Est della città veneta

Trieste: incontro ANPPe nell’istituto triestino

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ella giornata di Domenica 3 Aprile 2011 si è svolta la celebrazione del 3° Anniversario della istituzione della Sezione di Rovigo (Segreteria del Nord Est Italia).

La cerimonia è stata celebrata nel Tempio della B.V. del Soccorso La Rotonda con una Santa Messa a cui hanno partecipato alte cariche Istituzionali civili e militari seguita da una visita guidata alla Chiesa. Dopo la cerimonia si è tenuto un pranzo con circa 100 invitati con altre Associazioni d’Arma, creando un vero e proprio

connubio e rinsaldando cosi i rapporti di amicizia e fratellanza. Motivo di grande soddisfazione è stata la lettura dei messaggi augurali pervenuti da parte del Questore di Rovigo De Matteo, del Vicario Prefetto Fruncillo, del Presidente della Provincia Virgili e del Presidente del Consiglio Comunale Montagnolo. Corre l’obbligo di ringraziare le Sezioni dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria di Trieste, Treviso, Verona, tutti i Soci della Sezione di Rovigo (in maniera particolare l’instancabile Vice Presidente Meloni) e soprattutto il Corpo di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Rovigo con la presenza del Commissario Dott.ssa Marino. Si ringraziano inoltre: l’Associazione Nazionale Polizia di Stato, l’Associazione Finanzieri d’Italia, l’Istituto del Nastro Azzurro e l’Associazione Carristi. Cav. Roberto Tramacere

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ella Saletta Convegni della Casa Circondariale di Trieste, lunedi’ 21 Marzo 2011, si è tenuta una riunione con i Soci A.N.P.Pe. per una ampia discussione sul Corporativismo e gli scopi prefissati dalla Associazione. Al dibattito sono intervenuti, oltre il personale di Polizia Penitenziaria il Direttore dell’istituto Enrico Sbriglia e il referente ANPPe per il Nord Est Roberto Tramacere che ha illustrato ai presenti la storia e i compiti che l’Associazione svolge nell’ambito della Comunità. In segno di stima e ospitalità la Segreteria del Nord Est ha voluto ringraziare le oltre 30 persone intervenute e il Dott. Sbriglia, consegnandogli un quadro commemorativo per la sinergia creata con la Sezione di Rovigo. Infine, un particolare elogio va per l’ottima organizzazione dell’evento curata dall’Ispettore Superiore Incarnato, dal Segretario Altomare e dal Vice Segretario Russo. Giovanni Meloni

N. 183 • aprile 2011 • pag. 18


Reggio Calabria: ventennale del Cappellano dell’istituto

Reggio Calabria: ricorrenza per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia

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i è svolto il 6 aprile 2011 presso il Santuario San Paolo alla Rotonda, il 20° anniversario di Sacerdozio del Cappellano dell’Istituto di Reggio Calabria. Alla cerimonia presieduta dall’arcivescovo S.E. Mons. Vittorio Mondello, ha presenziato con il proprio labaro la sezione provinciale dell’ANPPe.

l 17 marzo 2011, presso la chiesa di San Giorgio al Corso di Reggio Calabria si è svolta la ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Una nutrita rappresentanza dell’ANPPe ha partecipato all’evento, ricevendo un significativo ringraziamento da parte degli organizzatori.

Reggio Calabria: la sezione ANPPe all’inaugurazione di una palestra dei Vigili del Fuoco Convenzione TIM – Polizia Penitenziaria, l’ Anppe scrive al DAP. Viene segnalato che al personale del Corpo, al momento del collocamento in congedo, viene chiesto di consegnare la scheda SIM, a suo tempo rilasciata nell’ambito della Convenzione TIM – Polizia Penitenziaria. Questa Associazione non può fare a meno di sollecitare un intervento affinchè tale procedura non venga più posta in essere, tenuto conto della importanza della agevolazione. Anzi, in proposito, non può sfuggire quanto sarebbe utile e significativo estendere la Convenzione medesima a tutto il personale del Corpo che ne faccia esplicita richiesta: sarebbe davvero una iniziativa di rilievo con riflessi immediati nei confronti dell’Amministrazione.

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l 25 marzo 2011 il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Reggio Calabria ha intitolato la palestra della sede centrale del Comando Provinciale al Capo Reparto Paolo Canale. Alla manifestazione ha partecipato la sezione provinciale dell’ANPPe, guidata dal segretario Franco Denisi. E’ intervenuto alla cerimonia il Sottosegretario Sen. Francesco Nitto Palma.

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N. 183 • aprile 2011 • pag. 19


inviate i vostri articoli a rivista@sappe.it

Cagliari: la PoliziaPenitenziaria in Fiera per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia

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l 16 marzo 2011, nella passeggiata coperta del Bastione Saint-Remy di Cagliari, è stato allestito uno stand del Corpo di Polizia Penitenziaria, in occasione dei festeggiamenti del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. Alla mostra hanno partecipato le Forze di Polizia, Forze Armate locali e Istituti scolastici della città. L’evento ha suscitato particolare interesse da parte dei visitatori che si sono soffermati a visionare il materiale esposto nello stand del Corpo, che comprendeva una serie di accessori in dotazione ed in uso al Corpo di Polizia Penitenziaria. Presente, inoltre, l’atleta delle Fiamme Azzurre Sandro Floris. Importante è stata la visita allo spazio espositivo del Prefetto di Cagliari Giovanni Balsamo. Il 20 marzo, inoltre, il Nucleo Regionale Cinofili della Polizia Penitenziaria, ha partecipato con un proprio stand espositivo. La manifestazione ha richiamato l’interesse di migliaia di visitatori;

le unità cinofili della Polizia Penitenziaria hanno simulato alcune attività operative che hanno destato molto interesse tra il pubblico. Gli eventi sono stati organizzati dall’Ufficio del Cerimoniale del Provveditorato Regionale della Sardegna.

Cassino: il Comm. Giovanni Merola va in pensione

I Reggio Calabria: fiocco rosa in segreteria

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l 26 gennaio 2011, nella casa dei nostri delegati Claudio Cuzzola e Elisa Borghese, è arrivata una bella bambina di nome Greta. Agli auguri delle Segreterie del Sappe di Reggio Calabria si aggiungono quelli della Segreteria Nazionale del Sappe e della Rivista

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l Commissario Giovanni Carmine Merola, Comandante del Reparto di Polizia Penitenziaria della locale Casa Circondariale San Domenico di Cassino, si è arruolato nel corpo degli Agenti di Custodia nel 1974 e ha praticamente ricoperto tutti i gradi sino a raggiungere quello massimo attualmente presente nel Corpo di Polizia Penitenziaria. Nel corso della sua lunga carriera ha svolto vari servizi negli istituti penitenziari di Milano San Vittore, Pianosa Isola, Roma Rebibbia N.C., Cuneo, Ivrea, Frosinone e con funzioni di Comandante a Palmi (RC), Cassino (FR), Genova Marassi, Roma Rebibbia Reclusione, quindi di nuovo Cassino da dicembre 2006. Componente di numerose commissioni anche ministeriali, ha svolto attività di docenza in molteplici corsi di formazione diretti al personale di Polizia Penitenziaria di tutti i ruoli nelle scuole di Roma Via

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di Brava, Roma Istituto Superiore Studi Penitenziari, Cairo Montenotte (SV), Catania e negli istituti di Roma Rebibbia Femminile, Frosinone e Cassino (FR). Ha svolto inoltre attività di Direttore di tiro nei poligoni di Rapallo (GE), Roma via di Brava, Vetralla (VT), Bassiano (LT), oltre alla partecipazione agli annuali del Corpo svolti a Roma e Napoli e nelle sfilate del 2 giugno a Roma.


Piacenza: nuova segreteria Sappe

Reggio Calabria: anche l’ ANPPe al Convegno Carceri

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el mese di marzo 2011, è stata indetta l’Assemblea annuale della Segreteria Provinciale e locale di Piacenza; sono state elette al vertice del sindacato locale con grande soddisfazione tre rappresentanti donne. Il nuovo organigramma prevede Maria Murano Segretario Provinciale, Rachele Nobile Vice Segretario Provinciale e Giusy Mereu Segretario Locale della Casa Circondariale di Piacenza. Ai vertici piacentini del Sappe vanno i migliori auguri da parte della Segreteria Generale e della Rivista.

Gentilmente invitata dal Segretario Questore della Regione Calabria On. Giovanni Nucera, la sezione ANPPe di Reggio Calabria ha partecipato, con una sua rappresentanza al convegno Emergenza Carceri, che si è tenuto in data 4 marzo presso la sala del Consiglio Regionale Calabria. Nella foto da sx : il segretario Franco Denisi il socio Emanuele Lupo, il Senatore Carlo Giovanardi, il socio onorario ANPPe On. Giovanni Nucera e il socio Salvatore Massaria.

C

ontinuano i successi per il collega Stefano Pressello (Assistente in servizio presso il Centro Amministrativo G. Altavista), con l’ultimo oro ottenuto in occasione dell’Open d’Italia Master disputato nel mese di aprile 2011 a Follonica, valido per le fasi del Campionato Italiano Master 2011. Con questa vittoria Pressello è vicinissimo ai primi posti in classifica per il titolo di Campione Italiano di categoria. Per i risultati ottenuti in campo internazionale negli ultimi anni, la Federazione, per tramite del presidente del Comitato Regionale della Toscana, ha conferito al nostro atleta il grado di IV Dan. Ora l’attenzione del Nazionale Master è rivolta ai prossimi Campionati Mondiali di judo della IJF (International Judo Federation), che si terranno in Germania ( Francoforte dal 13 al 19 Giugno 2011.) Sara cura della FIJLKAM, organizzare la spedizione degli Azzurri Master, tra i quali Pressello sarà di nuovo protagonista a Francoforte.

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Roma: ancora successi per Stefano Pressello nello judo

Auguriamo al collega Stefano Pressello, il nostro più sincero in bocca al lupo.

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a cura di Giovanni Battista De Blasis

Virtuality

L’

In alto la locandina sotto alcune scene del film nel riquadro Russel Crowe

ex poliziotto Parker Barners (aspetto poco raccomandabile e i capelli lunghi) è un detenuto che deve lottare nell’ambiente disumano del carcere. Ben presto però viene scarcerato perché le Autorità hanno un grave problema da risolvere, e lui può aiutarli. Il problema risiede in un piano dell’esistenza del tutto diverso da quello reale. Si tratta di un programma informatico molto evoluto, un software, che è stato creato per pensare di essere un uomo, ma che esiste in una realtà puramente virtuale, con cui si può interagire solo con apposite interfacce uomo-macchina. Il programma però è molto intelligente e al tempo stesso molto pericoloso: è stato messo a punto con i tratti psicologici di 200 criminali, tra cui l’uomo che è stato ucciso da Parker Barnes anni prima. Il software ad un certo punto decide di entrare nella realtà, e costruisce una macchina speciale,

con fattezze umane. Con l’istallazione della sua memoria in un processore interno a questo corpo artificiale, si completa il passaggio tra virtualità e realtà. Anche i sentimenti sono gli stessi che questa personalità sintetica aveva quando era incorporea e così l’androide scappa dal laboratorio seminando morti dietro di sé. L’androide è praticamente invincibile e inizia una vera e propria guerra personale con Barnes.Il corpo dell’umanoide non è fatto di sostanze metalliche, ma di una schiera di nanorobot che utilizzano il silicio per assumere una forma, usando il vetro per ripararsi e rigenerarsi. Il film è pieno di scene di azione, come quella in cui l’androide va in una discoteca e si diverte a terrorizzare i presenti e indossa un vestito blu cobalto. Alla fine di una violentissima battaglia combattuta sopra un grattacielo, il poliziotto riesce a strappargli il processore dalla testa, uccidendolo. L’androide, però, aveva preso in ostaggio la figlia della collega di Barnes, legandola

Regia: Brett Leonard Titolo originale: Virtuosity Soggetto e Sceneggiatura: Eric Bernt Fotografia: Gale Tattersall Montaggio: Rob Kobrin, B.J. Sears Scenografia: Nilo Rodis-Jamero (Nilo Rodis) Arredamento: Jay Hart Costumi: Francine Jamison-Tanchuck Musiche: Peter Gabriel, Christopher Young Effetti: Jon Townley, Ken Pepiot,(Kenneth D.Pepiot), Tim McGovern, Sony Pictures Imageworks Inc., MetroLight Studios, L2 Visual Effects, 525 Postproduction, Newkirk Special Effects Produzione: Paramount Pictures Distribuzione: Paramount Home Entertainment Personaggi ed Interpreti: Parker Barnes: Denzel Washington

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sopra una bomba a pressione e nascondendola in un posto sconosciuto. Barnes porta i resti al laboratorio, inserisce il processore nel computer principale e ricrea l’ambiente dove si sono scontrati facendogli credere di aver vinto lui per sapere dove ha nascosto la bambina. A questo punto, però, Barnes deve uscire dalla realtà virtuale prima di essere sopraffatto dall’entità. Improvvisamente, però, lui e gli altri poliziotti dentro il centro vengono attaccati dallo scienziato che ha creato il droide, che uccide un poliziotto prima di essere ucciso dalla compagna di Barnes. Nonostante tutto alla fine, la bimba viene salvata, e il processore viene distrutto.

SID 6.7: Russell Crowe Dottor Madison Carter: Kelly Lynch Dottor Darrel Lindenmeyer: Stephen Spinella William Cochran: William Forsythe Elizabeth Deane: Louise Fletcher Wallace: William Fichtner John Donovan: Costas Mandylor Clyde Reilly: Kevin J. O'Connor Karin: Kaley Cuoco Christine Barnes: Miracle Vincent Big Red: Gordon Jennison Noice Linda Barnes: Mari Morrow Sheila 3.2: Heidi Schanz Matthew Grimes: Christopher Murray Cantante: Traci Lords Genere: Fantathriller Durata: 106 minuti Origine: USA, 1995

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di Freddy S.B. rivista@sappe.it

Una visita al Corrections Museum Kook Kao: la vecchia prigione di Bangkok

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ailandia... Paese asiatico fra i più gettonati degli ultimi decenni; destinazione esotica per eccellenza per ognuno di noi, forzati del lavoro e vittime del nostro clima talvolta ostico ed impervio, che a molte delle nostre latitudini ci fa sognare per mesi agognate ambientazioni tropicali e tanto sole che ci possa scaldare le membra intorpidite e dolenti... Alcuni fortunati ci possono anche andare, talvolta; ma molti di questi, parecchi dei circa quattordici milioni di turisti che ogni anno possono fregiarsi di possedere sul passaporto il timbro triangolare della Thai Immigration, prima di potersi distendere e crogiolare su una delle centinaia di spiagge sul Mar delle Andamane, o del Golfo del Siam, devono (vogliono?) patire la pena, o godersi il privilegio e la gioia (dipende dai punti di vista...) di spendere un pochino di tempo nella sua capitale: la famosa, a volte famigerata ...comunque semi-mitica Bangkok. E qui a Bangkok (che, a proposito, vanta di detenere il record mondiale del nome più lungo... Krung Thep ...seguito da un’altra ventina di parole piuttosto ...impronunciabili..., in pratica grande città degli angeli ecc. ecc.), in genere, che si fa? Per la verità, questa megalopoli, che comunque resta fra le più economiche del mondo, presenta possibilità tali da poter trattenere l’ospite curioso realmente per mesi; ci sono dozzine di luoghi che si devono vedere e decine di attività che si devono fare ...e fra questi doveri/piaceri l’attrazione incontestata più nota e visitata è il Palazzo reale e le zone adiacenti (come il Wat Po, venerata sede fra l’altro di un’enorme statua del Budda sdraiato e culla di molta della cultura thai, come per esempio negli insegnamenti della medicina tradizionale: i massaggi tailandesi...).

L’indirizzo esatto del Museo è: “Corrections Museum, 436 Mahachai Road, Samranrach, Bangkok”, anche se molti tassisti e guidatori di tuk-tuk in realtà lo conoscono col nome (translitterato) di “ Kook Kao” (vecchia prigione); orario d’apertura: dalle 9.00 alle 16.00, chiuso sabato e domenica.

Nella foto: l’altana circolare simbolo del vecchio carcere, Nei riquadri, alcuni particolari dell’interno del museo

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Noi però abbiamo deciso di saltare le lunghe code e le trappole turistiche ben oliate che aspettano i turisti frettolosi al varco dei cosiddetti must, ed usare del nostro tempo per visitare - e provare a descrivere - due attrazioni di Bangkok ben poco note ed ancor meno conosciute: il Corrections Museum del Dipartimento carcerario del ministero della Giustizia e l’insieme dei musei presenti nell’ospedale Siriraj, organizzati dalla facoltà di medicina dell’omonima Università (l’indicazione in inglese è Siriraj Medical Museum –Faculty of Medicine Siriraj Hospital - Mahidol University).

N. 183 • aprile 2011 • pag. 24


Attrazioni secondarie, certamente fuori dagli obiettivi del turismo di massa, se vogliamo minimali, per certi versi culturalmente elitarie ma di sicuro interesse e piuttosto istruttivi per noi, che lavoriamo nel settore giustizia e sicurezza e quindi sappiamo apprezzare certi dettagli (anche ma non solo scientifici), ben oltre le apparenti caratteristiche di bizzarria e di macabro che possono saltare agli occhi ai più; subito prima, spesso, di distoglierli... Nella grande area centrale di Rattanakosin, la parte originaria e ‘storica’ di Bangkok, che è stata inizialmente costruita nell’ansa del grande fiume Chao Praya che ora la attraversa e che sostanzialmente è il quartiere che ospita tutte le attrazioni di una certa rilevanza storica; nel caos quotidiano del traffico roboante della capitale, partendo dalla famosa area-ghetto turistico di Khao San Road, deviando dapprima verso il solido, abbacinante piccolo fortino di difesa dell’antica città e seguendo poi il profilo bianco del muro merlato di confine, sfiorando nel cammino alcuni attraenti, onnipresenti e caratteristici templi buddisti ed incontrando i primi accenni di Chinatown, arriviamo in breve tempo al luogo che ci interessa. All’improvviso, quasi impercettibile fra gli alberi cresciutigli attorno e che oramai lo sopraelevano, spunta un torrione rotondo dalla altana circolare, riparata da un tipico tetto dall’architettura siamese: un caposaldo delle vecchie carceri, simbolicamente ancora di guardia alle mura di cinta che, più modestamente, ora quasi tutte demolite, scrostate ed abbandonate si perdono nel verde del parco pubblico Rommaninat, uno delle poche oasi silenziose e tranquille in questa parte della città, inaugurato nel 1992 e piuttosto piacevole da frequentare. E’ la prima immediata avvisaglia di quell’area dove insisteva, temibile e rispettata, la Special Bangkok Metropolian Prison (o Bangkok Remand Prison), fatta costruire nell’anno 1889 - all’inizio della cosiddetta Era di Ratanakosin- dal re Chulalongkorn (detto Rama V, riverito ancor oggi per le sue intuizioni ed opere innovative. Il Re attuale, Bhumibol Adulyadej, suo diretto discendente nella dinastia Chakri, incoronato nel 1946, Decano fra i regnanti del Mondo, è Rama IX). Quest’istituto cittadino è stata usato come tale sino al 1987, quando, dopo un onorato servizio di quasi 100 anni, ha dovuto cedere il passo a nuove richieste di modernità e, anche sotto la pressione di necessità dovute al sovraffollamento e ad altre esigenze operative, la Bangkok Remand Prison è stata trasferita nel notorio complesso di Lad-yao (molti ne avranno sentito parlare, col soprannome Bangkok Hilton, oggetto di innumerevole libri e pellicole: una dal titolo omonimo con la titolata Nicole Kidman...). Una volta tanto però, cosa che non è accaduta tanto spesso in Asia, dove la fretta e la velocità di esecuzione delle opere fanno in genere il paio con la mancata considerazione della realtà pregressa e del suo importante valore storico, si è deciso di ritenere traccia e memoria del passato e farne retaggio, conservando intatto qualche edificio, mantenendolo e trasformandolo in museo (e cioè fondando il Corrections Museum, dipendente dal Dipartimento delle carceri del Ministero della Giustizia, di che parliamo). Purtroppo, di recente detto Dipartimento ha inspiegabilmente introdotto il divieto di scattare fotografie all’interno (connotato, è

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vero, comune a molti altri posti in giro per il mondo, ma sempre difficile da digerire, quando non v’è evidente ragione pratica...), ma speriamo che le poche immagini che per ragioni di spazio possiamo pubblicare qui rendano l’atmosfera e l’idea... in cambio però possiamo dire che non si paga nessun biglietto di entrata (e d’altronde, è probabile d’essere gli unici turisti della giornata, o quasi); donazioni benvenute... Gli edifici d’interesse, dei quattro conservati, sono essenzialmente due, ai quali si accede passando davanti alla vecchia entrata principale dell’istituto, costruita in stile europeo di fine ‘800, dal che si coglie immediatamente l’intento dichiarato di imitare le carceri londinesi di Brixton. Nel primo edificio, ove insistevano gli uffici della prigione e a cui si accede a piedi scalzi (nel puro rispetto della tradizione orientale: facile ed intuitiva visto che i pavimenti interni di legno sono estremamente puliti e lucidati), sono conservati vari reperti ed è principalmente deputato alla illustrazione e spiegazione della vita condotta in prigione ed al trattamento irrogato agli offensori ed agli indisciplinati, nonchè alla illustrazione delle metodiche d’inflizione della pena capitale in Tailandia in epoca moderna. Al piano terra, la rappresentazione pittorica di quelli che la letteratura ufficiale locale riferisce come antichi metodi di punizione. La crudezza dei supplizi dipinti quasi accenna metaforicamente alla crudeltà insita in certe violenze fisiche e fa sorgere più di un dubbio, in ordine alle nostre sicurezze sulla distinzione fra punizione e tortura. La loro essenza non è molto dissimile e la separazione concettuale (e pratica!) è certamente sottile: dopo un breve ragionamento, noi tendiamo ad essere particolarmente comprensivi, specie tenuto conto dei tempi che sono rappresentati (i secoli scorsi, sino all’inizio del ventesimo). Ci chiediamo veramente, comunque, quanto i tempi passati devono essere stati violenti, a tutti i livelli della vita di taluni dei nostri antenati (e ci sovvengono le somiglianze con le evidenze presenti, per esempio, nel museo delle torture che con vari nomi ci sono in molte città, anche italiane, come quello per esempio di Milano o quello dell’Inquisizione a Cartagena in Colombia)... Lo scheletro di un uomo chiamato Uncle (zio) Tow, appoggiato ad un minuscolo modesto tempietto costruito attorno ad un cranio umano, consumato e quasi frantumato (e qui veramente il divieto di scattare foto è imperativo), appartenente ad “un uomo che alla prigione, al servizio e al dovere ha dato tutto se stesso” (frase piuttosto criptica, presente a spiegazione...), tanto da essere venerato e riverito con preghiere ed offerte votive, ci attrae e colpisce, riportandoci ad uno spirito men che concreto e forse poco consono al luogo, in una certa dimensione spirituale probabilmente rara nel contesto che siamo venuti a conoscere... continua sul prossimo numero

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Sopra, il dipinto di una punizione



Luca Pasqualoni Segretario Nazionale ANFU info@sappe.it

Sciopero della fame: vuoto normativo nell’Ordinamento Penitenziario

I

l digiuno da parte dei prigionieri è forse la forma di protesta più antica: non a caso fu usato come strumento di rivendicazione già nell’Irlanda pre-cristiana. Lo sciopero della fame è, infatti, pratica diffusa e radicata nella popolazione detenuta, nondimeno i casi di decesso legati a tale causa, nel panorama penitenziario italiano, sono rari e questo grazie anche e soprattutto alla professionalità della Polizia Penitenziaria. Sarà per questo, forse, che nel nostro ordinamento manca una disciplina specifica. In assenza di qualsivoglia normativa, continua, pertanto, a rimanere discussa la liceità della alimentazione forzata del soggetto che rifiuta di nutrirsi in relazione all’eventuale responsabilità penale del medico e dei funzionari dell’Amministrazione penitenziaria. Sul punto si fronteggiano due orientamenti. Da un lato, si sostiene il dovere dell’Autorità di intervenire, tanto che l’omesso intervento, ove sussista imminente pericolo di vita, potrebbe integrare una ipotesi di reato. Dall’altro, si esclude che tale intervento sia obbligatorio e si sostiene che esso sia addirittura illecito, in quanto violerebbe il diritto della persona all’autodeterminazione, in forza dell’articolo 32 della Costituzione laddove vieta trattamenti sanitari obbligatori non previsti espressamente dalla legge. La tesi opposta è, invece, basata sull’applicabilità dell’articolo 54 c.p. (stato di necessità) e, comunque, del combinato disposto degli articoli 589 c.p. (omicidio colposo) e 40 c.p. (equivalenza dell’omissione all’azione), in base al quale gli operatori penitenziari avrebbero l’obbligo di intervenire per non sottostare a responsabilità penale per mancato impedimento dell’evento morte (articolo 51 c.p. : adempimento di un dovere). Si deve, infatti, porre in evidenza, da un lato, il fatto che grava sul personale direttivo e sanitario degli Istituti penitenziari

nonché sui sanitari operanti nelle strutture sanitarie esterne nelle quali sia stato disposto il ricovero del soggetto, l’obbligo di garantire al ristretto l’incolumità personale, dal momento che lo Stato, privando coattivamente l’individuo della sua libertà, ne assume la piena responsabilità dell’integrità psico-fisica, e, dall’altro, il fatto che la scelta di lasciarsi morire in carcere per fame è libera soltanto in apparenza, essendo, il comportamento del soggetto, influenzato dallo stato detentivo che certamente può portare a distorcere, a livello significativo, la percezione della realtà. Sotto questo profilo, il dissenso dell’interessato agli interventi di sostegno sarebbe, quindi, irrilevante. In questa ottica si pone il Tribunale penale di Milano che, sul punto, ha avuto modo di affermare: «pur non potendosi ammettere alcun intervento coattivo per la nutrizione del soggetto che volontariamente rifiuti il cibo, l’alimentazione forzata avrebbe dovuto essere praticata dai sanitari, ad evitare l’evento letale verificatosi, mediante l’utilizzo del trattamento sanitario obbligatorio previsto dagli articoli 34 e 35 della Legge 833/1978, dal momento in cui il detenuto digiunante era pervenuto a condizioni tali da trovarsi in stato di alterazione della propria volontà a causa di anormalità psichica e, ciò nonostante, proseguiva nel rifiuto dell’alimentazione». Alla luce di ciò, l’intervento degli operatori e dei sanitari per prevenire la morte o i danni da denutrizione del recluso che volontariamente rifiuti di nutrirsi, sarebbe doveroso. Orbene, a prescindere che il richiamo al trattamento sanitario obbligatorio non sembra del tutto conferente, apparendo più pertinente, per i detenuti affetti da infermità psichica sopravvenuta, il disposto dell’articolo 148 c.p., la considerazione che lo stato di detenzione può alterare l’autode-

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terminazione del soggetto ristretto implica una valutazione da parte del sanitario per così dire diabolica, poiché quest’ultimo dovrebbe riuscire a rilevare il punto in cui la volontà che sorregge l’astensione dal vitto non sia ancora alterata o, per contro, sia talmente degradata da non costituire più una libera scelta intangibile.

In particolare, il ricorso al trattamento sanitario obbligatorio, di cui alla Legge 833/1978, presuppone una valutazione del medico penitenziario particolarmente delicata, legata, sul piano cronologico, ad una sequela del calo ponderale densa di molteplici implicazioni, senza considerare che la procedura di attivazione affidata al sindaco, quale autorità sanitaria locale, niente affatto aderente e assai burocratizzata, mal si concilia con l’urgenza dell’intervento, rispetto ad un indotto stato patologico, che nella sua fase avanzata può dar luogo ad uno stadio di non ritorno, rendendo vana qualsiasi alimentazione forzata. In altri termini, si richiederebbe al sanitario incaricato di indicare il momento esatto in cui il deperimento organico costituisca imminente pericolo di vita per il detenuto ovvero di individuare quando lo stato di detenzione, in stretta connessione con l’astensione dall’alimentazione, determini un’alterazione dell’autodeterminazione. Appare evidente che l’individuazione della linea di demarcazione oltre cui l’alimentazione forzata può considerarsi legittima esige una chiara opzione politico-legislativa.

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Del resto, non è pensabile, che a fronte di uno sciopero della fame condotto ad oltranza, il più delle volte utilizzato quale forma di ricatto, i sanitari debbano, in caso di esito fatale, soggiacere a procedimento penale con la sola alternativa: • di essere imputati di violenza privata o di lesioni volontarie qualora intervengano per forzare l’ingestione di cibi o bevande ovvero procedano con strumenti atti ad alterare la superficie cutanea, nella misura in cui non si configuri lo stato di necessità o l’adempimento di un dovere quale cause di giustificazione, sottoposte pur sempre al canone di proporzionalità; • di essere imputati di omicidio colposo, qualora si ometta di intervenire coattivamente.

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uasi venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scrivevamo che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato quindici e più anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato. La copertina del numero di ottobre 1994

Diventiamo editori di noi stessi (il primo numero) di Giovanni Battista De Blasis

Il recente caso occorso presso la Casa Circondariale di Pavia riporta, dunque, alla ribalta tale problematica: oggi, ancora affidata alla giurisprudenza, chiamata, in assenza di una pertinente normazione, a svolgere un ruolo di supplenza con esiti penali, allo stato, imprevedibili. Tanto rilevato, pertanto, appare intollerabile la presenza nel nostro ordinamento di una lacuna normativa di tal fatta, anche alla luce della matrice giudiziaria che da sempre connota i vertici dell’Amministrazione penitenziaria che avrebbero dovuto sollecitare, o meglio pretendere, un intervento normativo in tal senso.

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ppena tre anni fa il S.A.P.PE. era semplicemente una possibilità, uno scommessa sulle capacità del Personale del Corpo di Polizia Penitenziario di rappresentare se stesso. Le quote offerte dai Bookmakers erano molto alte perchè nessuno accreditava possibilità di successo. Oggi il S.A.P.PE. è diventato adulto. Ha lasciato alle spalle adolescenza e pubertà raggiungendo la pieno maturità politica e sindacale. Durante il processo di crescita il S.A.P.PE. è riuscito ad acquisire quella cultura sindacale che, all'inizio, nessuna credeva potesse mai raggiungere. E' stato abbattuto quello steccato culturale al quale veniva attribuita lo respon-

Polizia Penitenziaria • SG&S

sabilità della discrasia di linguaggio tra l'autonomia sindacale ed il sindacalismo confederale. E' ancora vivo in me il ricordo dello snobismo, dello supponenza, dell'alterigia, del sarcasmo che si poteva percepire nell'aria le prime volte che ci siedevamo, non invitati nè desiderati, al Tavolo degli Dei (tanto che mi venne in mente una battuta di Brecht: «Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati»). Ebbene nonostante ciò, e nonostante tutto, siamo qui, sopravvissuti allo scetticismo generale e con tutti gli strumenti materiali, morali e culturali per competere con chiunque.

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a cura di Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it

Lo maturità raggiunta, la consapevolezza e lo coscienza dei nostri mezzi e delle nostre possibilità ci ha convinto della necessità di relizzare una nuova rivista tutta nostra; cioè abbiamo pensato di diventare editori di noi stessi nel senso di realizzare anche sulla carta stampata quella autonomia che è la nostra bandiera. La decisione di editare noi stessi ho consentito lo nascita di questa rivista, Polizia Penitenziaria - Società, Giustizia & Sicurezza, che sarà la libera voce del nostro libero Sindacato. La nostra intenzione è di realizzare un periodico che sia qualcosa di più di un semplice foglio sindacale, vorremmo farlo diventare uno vera e propria rivista che si occupa, appunto, di società, di giustizia e di sicurezza dal punto di vista della Polizia Penitenziaria; uno sorta di newsmagazine da e per la Polizia Penitenziaria nell'ambito, però, di un contesto di ben più ampio respiro.

Nell'impostare la linea editoriale della testata ci vorremmo ispirare ad una delle regole fondamentali del buon giornalismo ovvero quello di separare, sempre e comunque, i fatti dalle opinioni. Sulla scorta di questo semplice, quanto importantissima, regola ci auguriamo che Polizia Penitenziaria - Società, Giustizia & Sicurezza possa diventare un mensile apprezzato al quale tutti desiderino rivolgere uno sguardo attento e, perchè no, preoccupato. Vorremmo cercare di svolgere una funzione informativa attraverso i contenuti redazionali, quali servizi, inchieste, anticipazioni e comunicati, che abbiano come obiettivo di esplorare lo specifico universo penitenziario.

Non appena possibile vorremmo rivolgere una certa attenzione a temi e personaggi extrapenitenziari pur se, come ovvio, questi sarranno "interpretati" in una chiave più consona alla nostra categoria professionale. Cercheremo, in definitiva, di avvicinarci alla stampa di attualità preoccupandoci di fornire un prodotto editoriale che vada ben oltre i suoi limiti, per così dire, istituzionali, di informazione settoriale. Non so dire sin d'ora se riusciremo a raggiungere gli obiettivi prefissati ma posso sicuramente garantire che non lesineremo il nostro impegno affinchè la testata possa acquisire quello autorevolezza che trasforma un "giornalino" in uno "Rivista" che fa opinione. Pubblicare uno rivista a cura del S.A.P.PE. da e per la Polizia Penitenziaria non significa, comunque, precludere lo collaborazione di chi rappresenta altre componenti sociali, culturali e politiche. Anzi intendiamo favorire una accesa (quanto corretta) dialettica sulle pagine del nostro giornale purchè ciò sia costruttivo e finalizzato a consentire una positiva penetrazione nel tessuto sociale. Per quanto ci riguarda, in particolare, non rinunceremo certo alla satira, alla vignettistica, alle prese in giro ed agli sberleffi cercando di avere cura che questi non siano di cattivo gusto nè offendano la dignità e l'onore di qualcuno perchè condividiamo ciò che disse, a tal riguardo, Sigmund Freud: «il motto di spirito è un momento regressivo della personalità, una esplosione liberatoria delle censure culturali e sociali, un modo di tornare liberi come bambini».

Polizia Penitenziaria • SG&S

Tutti noi crediamo, infine, che «il peggior errore è quello di soggiacere alla paura di commetterne» e, pertanto, chiediamo fin d'ora scusa per tutti gli inconvenienti, i refusi, le imprecisioni o gli errori che potranno capitare: perdonateci perchè siamo ben lontani dallo perfezione. Ma, d'altronde, si crede perfetto soltanto colui che «non chiede molto a se stesso».

Nelle immagini il sommario e la vignetta

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inviate le vostre foto a: rivista@sappe.it

198/1989 - Cairo Montenotte 2° Corso Allievi Sottufficiali AA.CC. (foto inviata da Giuseppe Ruta)

1968 - Roma Rebibbia Subito dopo la Parata Militare con il Tenente Sibilio (foto inviata da Sebastiano Piscitelli)

1978 - Casa di Reclusione di Campobasso Festa del Corpo (foto inviata da Gennaro Cuomo)

1969 - Casa penale di Sulmona (AQ) Festa del Corpo. (foto inviata da Carmelo Parente)

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1981 - Scuola di Cairo Montenotte (Savona) 3° Corso Allievi Sottufficiali (foto inviata da Francesco Raucci)

1965 - Trapani Inaugurazione Carcere San Giuliano (foto inviata da Mario Di Menna)

1988 - Scuola di Monastir (Cagliari) 43° Corso Allievi Ausiliari AA.CC. (foto inviata Antonino Piacentino)

Polizia Penitenziaria • SG&S

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LUCIANO BOLOGNA, FABRIZIO COLCER ASA, DOMENICO A. DE’ ROSSI E STEFANIA RENZULLI

MANLIO CANCOGNI

GLI ANGELI NERI UGO MURSIA Edizioni pagg. 368 - euro 26,00

L’UNIVERSO DELLA DETENZIONE Storia, architettura e norme dei modelli penitenziari

L’

UGO MURSIA Edizioni pagg. 368 - euro 26,00

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edatto da qualificati esperti nei settori di economia, sistemi di emergenza e architettura delle carceri, questo libro si inserisce con uno straordinario tempismo nell’attuale dibattito che vede lo stato italiano interrogarsi sulla questione carceraria, cercando risposte ora procedurali, ora finanziarie. Corredato da disegni e fotografie di progetti italiani e stranieri, è uno strumento utile a chi progetta e a chi si interessa a vario titolo alla vicenda penitenziaria, oltre che una lettura appassionante per i non addetti ai lavori. Offre un approfondimento storico e giuridico dell’universo penitenziario ed è quindi una lettura da non perdere per gli operatori penitenziari tutti.

attualità ci porta collegare l’anarchia spesso e volentieri alle cronache di nera, anche di riflesso alle azioni di un’area antagonista che persegue l’eversione con atti quali, ad esempio, l’invio di pacchi bomba ad Istituzioni e Sindacati, come quella recapitata agli uffici della nostra Segreteria Generale di Roma nel dicembre 2004. In questa Storia degli anarchici italiani da Pisacane ai circoli di Carrara l’autore narra l’epopea dei libertari nostrani, a cominciare dal precursore, Carlo Pisacane, che perde la vita tentando di sollevare le plebi del Mezzogiorno. Sarà poi la volta del russo Bakunin, l’anti-Marx per antonomasia, che nella penisola fa il pieno di consensi fra la gioventù post unitaria. Un influsso potente che se diminuisce nel Novecento non scompare mai del tutto. Una folla di personaggi descritti con il garbo di uno scrittore di vaglia che mescola ritmo narrativo a un’accurata conoscenza di fatti e circostanze. E che, non a caso, scrive: “Chi è un anarchico? È sufficiente dire che l’anarchia è una società senza Stato e che anarchico è chiunque combatte contro ogni forma di autorità politica, economica e religiosa? Scrivendo questa storia ho cercato di essere il più possibile accurato e obiettivo.»

MARGARET MAZZANTINI

NESSUNO SI SALVA DA SOLO MONDADORI Edizioni pagg. 192 - euro 19,00

Polizia Penitenziaria • SG&S

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elia e Gaetano erano una coppia. Ora non lo sono più, e stasera devono imparare a non esserlo. Si ritrovano a cena, in un ristorante all’aperto, poco tempo dopo aver rotto quella che fu una famiglia. Lui si è trasferito in un residence, lei è rimasta nella casa con i piccoli Cosmo e Nico. Delia e Gaetano sono ancora giovani - più di trenta, meno di quaranta, un’età in cui si può ricominciare. La loro carne è ancora calda e inquieta. Sognano la pace ma sono tentati dall’altro e dall’altrove. Ma dove hanno sbagliato? Il fatto è che non lo sanno. La passione dell’inizio e la rabbia della fine sono ancora pericolosamente vicine. C resciuti in un’epoca in cui tutto sembra già essere stato detto, si scambiano parole che non riescono a dare voce alle loro solitudini, alle loro urgenze, perché nate nelle acque confuse di un analfabetismo affettivo. Eppure parole capaci di bagliori improvvisi, che sanno toccare il nucleo ustionante dei ricordi, mettere in scena sul palcoscenico quieto di una sera d’estate il dramma senza tempo dell’amore e del disamore. Margaret Mazzantini ci consegna un romanzo che è l’autobiografia sentimentale di una generazione. La storia di cenere e fiamme di una coppia contemporanea con le sue trasgressioni ordinarie, con la sua quotidianità avventurosa. Una coppia come tante, come noi. Contemporaneamente a noi.

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a cura di Erremme

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ANDY MC NAB

FORZA BRUTA LONGANESI Edizioni pagg. 400 - euro 18,60

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987, porto di Tripoli. Nick Stone è una macchina da combattimento al massimo dell’efficienza nonostante la giovane età. Forse per questo è l’unico che può impedire che il governo di Gheddafi consegni ai terroristi dell’IRA un carico di armi e munizioni. E c’è un solo modo per fermare l’operazione: uccidere il terrorista che ne è responsabile, Benjamin Lesser. Vent’anni dopo quella missione, Nick Stone si trova in Irlanda. Dovrebbe essere una vacanza di Natale insieme alla vedova e alla figlia del suo amico Pete, morto per salvargli la vita. Diventa presto un incubo. Un uomo è morto. Non un uomo qualunque. E le torture che ha subito hanno una firma inconfondibile: Benjamin Lesser. Consapevole di essere il prossimo della lista, per scoprire chi lo vuole morto e salvare se stesso e chi ama Nick deve intraprendere un viaggio attraverso l’Inghilterra e l’Italia, fino a una Tripoli misteriosa dominata dallo sguardo imperscrutabile dell’onnipresente Colonnello. Un viaggio a ritroso nel tempo, fino alle viscere di quella nave foriera di distruzione dove, vent’anni prima, si era annidato anche lui per colpire, silenzioso e letale, il suo obiettivo...

opo l’ottimo successo del Manuale di Diritto Penitenziario edito dalla Tribuna di Piacenza, gli Autori presentano un nuovo interessante Volume, edito dalla Simone, completamente riveduto ed aggiornato. Il libro si occupa in materia organica e completa delle Scienze Penitenziarie ed è un vero e proprio caposaldo per tutti gli operatori e per coloro che sono interessati ad avere una prima presa di contatto ed un approccio alla delicata tematica del diritto e del mondo penitenziario. Offre non pochi spunti di riflessione sull’affascinante mondo dell’esecuzione della pena detentiva e descrive nei suoi elementi essenziali anche il recentissimo provvedimento relativo all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno. Una serie di agili tavole sinottiche e di utili questionari completano l’ottima pubblicazione. Nel sito della Casa editrice, all’indirizzo www.simone.it, si può prendere visione di un congruo numero di pagine del libro stesso. Imperdibile.

CHARLES BROKAW

CODICE ATLANTIDE NORD Edizioni pagg. 432 - euro 18,60

CARLO BRUNETTI MARCELLO ZICCONE

DIRITTO PENITENZIARIO SIMONE Edizioni pagg. 608 - euro 36,00

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gitto. Una campana di ceramica, antecedente all’epoca egizia, che presenta iscrizioni non riconducibili a nessuna lingua conosciuta: è questo il reperto che incuriosisce maggiormente Thomas Lourds, linguista di fama mondiale, giunto ad Alessandria per girare un documentario della BBC su alcune recenti scoperte archeologiche. All’improvviso, però, un gruppo di uomini armati irrompe negli studi televisivi e ruba il manufatto... Russia. Julija Hapaeva è consapevole di aver fra le mani un oggetto straordinario: un cembalo antichissimo decorato con iscrizioni indecifrabili. Ma, poco dopo aver mandato un messaggio al suo amico e collega Thomas Lourds, la donna viene uccisa e il suo ufficio messo a soqquadro. Sconvolto dall’aggressione subita e dalla notizia della morte di Julija, Lourds decide quindi di partire per la Russia, convinto che i due episodi siano collegati... Città del Vaticano. Il cardinale Stefano Murani è ossessionato dalla decadenza della Chiesa contemporanea. Anni di studi, però, lo hanno portato a credere che cinque strumenti musicali sono la chiave per svelare un segreto di enorme potere. E, quando una spedizione archeologica finanziata dal Vaticano individua una città sommersa nei pressi di Cadice, in Spagna, Murani è sicuro che quello sia il luogo dov’è nascosto il più grande dono che Dio ha fatto agli uomini...

Polizia Penitenziaria • SG&S

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inviate le vostre lettere a rivista@sappe.it

il mondo dell’appuntato Caputo©

di Mario Caputi & Giovanni Battista De Blasis - © 1992 - 2011

Dipartimento Avviamento Pensione

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N. 183 • aprile 2011 • pag. 34




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