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anno XIX • n.199 • ottobre 2012
Perchè io so’ io... www.poliziapenitenziaria.it
in copertina: Nel fotomontaggio il Presidente Giovanni Tamburino nei panni del Marchese del Grillo
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L’EDITORIALE Ancora in piazza a manifestare il nostro disagio di Donato Capece
IL PULPITO Perchè io so’ io...
ANNO XIX • Numero 199 Ottobre 2012
di Giovanni Battista De Blasis
Direttore Responsabile: Donato Capece capece@sappe.it
IL COMMENTO Lavoro über alles: il carcere in Germania
Direttore Editoriale: Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it
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Capo Redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it Redazione Cronaca:Umberto Vitale Redazione Politica: Giovanni Battista Durante
LO SPORT Nuoto, judo e tiro con l’arco: le eccellenze delle Fiamme Azzurre
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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it
Ancora in piazza a manifestare il nostro disagio
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ncora una volta siamo dovuti scendere in piazza a manifestare tutto il nostro malessere. Lo scorso 23 ottobre davanti a Palazzo Chigi a Roma e, contemporaneamente davanti a tutte le sedi delle Regioni, una moltitudine di poliziotti penitenziari, di poliziotti, di forestali e di vigili del fuoco hanno sventolato le bandiere della protesta. Per la prima volta in piazza, insieme a noi, ci sono stati anche i colleghi della Guardia di Finanza che, in congedo ordinario e liberi dal servizio, hanno presenziato alla manifestazione. Migliaia e migliaia di operatori dei comparti sicurezza, soccorso pubblico e difesa hanno manifestato davanti a Palazzo Chigi e in tutta Italia davanti alle sedi delle Regioni contro i nuovi tagli al settore previsti dalla legge di stabilità e contro la riforma pensionistica voluta dal ministro Fornero che costringerà poliziotti, carabinieri e militari ad andare in quiescenza in età geriatrica. I sindacati Siulp, Sap, Ugl Polizia di Stato, Consap, SAPPE, Uil Penitenziari, FnsCisl Penitenziaria, Ugl Penitenziaria, Sapaf, Ugl Forestale, Fesifo, Fns-Cisl Forestale, Uil Cfs, Fns-Cisl Vigili del Fuoco, Conapo, Ugl e Uil Vigili del Fuoco, col sostengo di Cocer Carabinieri, Finanza, Esercito, Marina e Aeronautica , sono scesi in piazza per chiedere alla politica e al Governo il rispetto di quella specificità della professione che dal 2010 è legge dello Stato, ma che ad oggi è rimasta in larga parte inapplicata. Ovviamente, davanti a Palazzo Chigi, adiacente alla Camera dei Deputati, abbiamo ricevuto come al solito la solidarietà di numerosi parlamentari. Tra gli altri Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa che hanno, comunque, subito i fischi e i cori dei manifestanti. In particolare Gasparri ha dichiarato nella circostanza: «Ho incontrato molti operatori delle Forze dell’ordine e anche i segretari di alcune organizzazioni sindacali quali Tanzi, Capece, Innocenzi, oltre ai rappresentanti di alcuni Cocer tra i quali, in particolare, il pre-
sidente del Cocer della Guardia di Finanza. Ho voluto confrontarmi con la rabbia degli operatori in divisa perché ne conosco e ne condivido l’esasperazione, anche considerando il fatto che gli altri politici fuggono di fronte a questi problemi e non cercano il confronto che deve esserci nei momenti positivi come in quelli più difficili. Ed ho potuto incontrarli toccando l’esasperazione di alcuni, ma anche il forte consenso di altri, alla luce dell’ordine del giorno che ho fatto approvare a maggio per evitare che la riforma previdenziale ignori le specificità del comparto difesa-sicurezza, e della mozione da me presentata e fatta approvare in materia di organici delle Forze dell’ordine che non possono essere ridimensionati così come il governo Monti propone. Molti degli operatori presenti hanno apprezzato le mie iniziative parlamentari, tese ad evitare ingiustizie sul piano degli organici, del trattamento economico e di quello previdenziale. Ho rappresentato alla Presidenza del Consiglio la giusta esasperazione, che condivido e faccio mia, degli operatori in divisa ed ho comunicato che se il ministro Fornero non rispetterà in materia di previdenza quanto e’ stato deciso dal Parlamento le sue proposte saranno per noi carta straccia». Sostegno è arrivato anche da Futuro e Libertà che ha dichiarato: «Siamo vicini ai referenti del comparto sicurezza-difesa che stanno manifestando in ogni parte d’Italia contro le misure del Governo, che stanno mettendo a repentaglio non soltanto le potenzialità e l’efficacia del comparto quanto la credibilità dell’intero apparato di pubblica sicurezza del Paese. E’ finito il tempo della facile demagogia e delle promesse lasciate al vento - spiega - è necessario che si proceda in tempi celeri a un tavolo tecnico presso la Funzione Pubblica per discutere i vari nodi della questione,dall’armonizzazione del sistema pensionistico
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al blocco del turn over e ai tagli degli stanziamenti, passando per l’urgente ristrutturazione delle carriere. Tutte questioni nevralgiche per il buon funzionamento della macchina della sicurezza. Non si può considerare il comparto e i professionisti che lo animano, come una zavorra di cui liberarsi o come una voce in capitolo da sforbiciare tutto questo equivale a poca lucidità che rischia di tramutarsi in un’emergenza sociale difficile da gestire. La specificità del settore e le sfide che i lavoratori affrontano ogni non sono assimilabili a nessun altro comparto e non si può prescindere da questo». Insieme a me, i segretari generali dei sindacati sono stati ricevuti, nel corso della mattinata, dal Presidente del Consiglio Mario Monti al quale abbiamo espresso tutto il malessere delle donne e degli uomini in divisa, soprattutto per i costanti tagli alle risorse, per il blocco del turn over che comporterà la chiusura di centinaia di presidi con conseguenze dirette sulla sicurezza dei cittadini e per la riforma delle pensioni che il Ministro del Lavoro sta portando avanti. Il presidente Monti a fronte delle argomentazioni prospettate dai Sindacati e dalla rappresentanze si è impegnato a favorire una ulteriore riflessione con i Ministri interessati sulle questioni sollevate in modo concreto e responsabile dai rappresentanti dei comparti sicurezza, soccorso pubblico e difesa, in vista del prossimo Consiglio dei Ministri. «Questo è un anno orribile, molto difficile. Terrò conto delle vostre richieste, rifletterò». Questo in conclusione, ha affermato il Presidente Monti. Anche alla luce dell’atteggiamento possibilista del Presidente del Consiglio, i sindacati hanno comunque annunciato il proseguimento dello stato di agitazione finché non arriveranno risposte concrete e soluzioni fattive per il personale in uniforme. Insomma, rimaniamo tutti all’erta e pronti a tornare in piazza con nuove e sempre più eclatanti manifestazioni di protesta.
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Giovanni Battista De Blasis Direttore Editoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it
Perchè io so’ io...
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toni e i modi con cui Tamburino si rivolge a noi sindacalisti ricordano un po’ quel «io so’ io ...» con cui il Marchese del Grillo rivendicò la distanza tra lui e il popolino romano. Ovviamente, con tutte le proporzioni del caso. Alberto Sordi impersonò alla perfezione il Marchese Onofrio del Grillo, nobile alla corte di Pio VII che, nella Roma papalina del 1809, passava le giornate nell’ozio, tra bettole e osterie, senza alcun rispetto per niente e nessuno, trattando chiunque con sufficienza, consapevole della superiorità del suo ruolo. A lui tutto era concesso. Giovanni Tamburino è, senza dubbio, un ottimo Magistrato. E’ competente, serio, disponibile, cortese, signorile e preparato. Non ha nulla da invidiare a tanti altri dirigenti e magistrati che sono passati al Dap e tanto vale anche al confronto con l’attuale classe dirigente. Forse per questo il Capo del Dap tratta gli altri con distaccata sufficienza, con sobria superiorità, con elegante menefreghismo. Sembra avere quei modi gentili dei vecchi saggi che nascondo la saccenza con l’educazione. «Me dispiace... ma io so’ io e voi non siete un cazzo!» è forse una delle battute più famose di Alberto Sordi. Seconda, probabilmente, soltanto alla celeberrima «Lavoratori della malta... prrr!» La battuta, tratta dal film Il Marchese del Grillo, è pronunciata da Onofrio del Grillo all’indirizzo di alcuni popolani arrestati insieme a lui dalla polizia, per spiegare perché solo lui viene immediatamente rilasciato dopo aver rivelato la sua nobile identità. La battuta, la scena e l’episodio rendono perfettamente l’idea di una Roma papalina e aristocratica dove, appunto, avevano credito soltanto il clero e la nobiltà, mentre il resto del popolo «non contava un cazzo». Del resto, l’intero film descrive la Roma dello Stato Pontificio di inizio ottocento quando, ancora, la parola di un nobile aveva un peso ed un valore maggiore di quella di qualsiasi altro cittadino.
Memorabile, in tal senso, anche la scena del falegname ebreo al quale il Marchese del Grillo, soltanto per un suo capriccio, decide di non pagare il lavoro fatto: «Aronne Piperno, tu sei giudeo e i tuoi antenati hanno costruito la croce su cui morì Gesù Cristo ...Posso esse ancora incazzato pe’ sto fatto?». Non a caso la vicenda giudiziaria conseguente al rifiutato pagamento si concluderà, contro ogni evidenza dei fatti, con il riconoscimento, da parte del Tribunale, del diritto del Marchese a non pagare e, addirittura, con la condanna del povero falegname ebreo. Ebbene, nel personaggio del Marchese Onofrio del Grillo, calato in quel contesto di Stato Pontificio pervaso da profonde prevaricazioni sociali, intravedo in un certo qual modo profonde analogie con il Presidente Giovanni Tamburino e la sua gestione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Perlomeno per quello che riguarda la gestione della Polizia Penitenziaria e le relazioni con i sindacati del Corpo. Personalmente, infatti, ho sempre percepito nell’atteggiamento del dottor Tamburino tutti gli aspetti di un novello Marchese del Grillo e del suo caratteristico «io so’ io e voi non siete un cazzo». Fin dai primi scambi di opinione ho preso coscienza dell’assertività del suo dire e, soprattutto, della assoluta mancanza di spazio per qualsiasi diritto di replica. In buona sostanza, negli incontri sindacali il dottor Tamburino dà l’impressione di chi ha già deciso e sta semplicemente assolvendo allo sgradito compito di spiegare a fastidiosi interlocutori quello che sta facendo o, il più delle volte, quello che ha già fatto. Peccato, però, che non siamo davvero nella Roma papalina, ma abbiamo voce per parlare e mezzi di comunicazione per diffondere quello che diciamo. E abbiamo già detto, ma ripetiamo, che il Presidente Tamburino sarà pure nobile e aristocratico ma non è immune da critiche e da censure soprattutto quando inciampa su provvedimenti discutibili e confutabili. Mi riferisco, ad esempio, alla Operazione
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Rieti carcere a custodia attenuata dove il Grande Capo ha deciso di sperimentare la vigilanza dinamica e il patto coi detenuti, eclatante esempio di inefficienza e cattiva amministrazione. In questo caso, appunto, il Presidente Tamburino ha dato esempio della sua protervia e del suo dirigismo inaudita altera parte : inizialmente dispone l’invio a Rieti di trenta unità di Polizia Penitenziaria. prelevate da vari istituti, fino al 30 aprile 2012 per essere poi sostituite da altrettanti uomini provenienti dal Dap. Prima sperequazione: le unità provenienti da altri istituti penitenziari non percepiscono alcuna indennità, le unità provenienti dal Dap godono del trattamento economico di missione. Successivamente, Tamburino decide di prorogare il servizio provvisorio delle trenta unità provenienti da altri istituti, senza però revocare l’invio dell’ulteriore personale dal Dap. Seconda sperequazione: a Rieti si arriva ad avere quasi più agenti che detenuti; rapporto 0,68 a 1 (a Viterbo sezione alta sicurezza c’è un rapporto 0,35:1). Ottobre 2012: il Grande Capo, oltre il termine inizialmente previsto del 30 settembre, impone un ultimo ulteriore invio di personale dal Dap a Rieti, salvo poi disporre il distacco di un Ispettore da Rieti al Dap per esigenze del suo palazzo. A causa della pressione della Corte dei Conti, che con una relazione ad hoc denuncia troppo personale della Polizia Penitenziaria distolto dagli istituti, il Presidente Tamburino dirama un comunicato con il quale conferma la propria politica di recupero del personale ai compiti istituzionali. Risultati della gestione Tamburino da febbraio (data del suo insediamento) ad oggi, assegnati al Dap: 6 Commissari, 10 Ispettori, 3 Sovrintendenti, 11 Assistenti e 9 Agenti. Media 5 poliziotti al mese. Davvero niente male come media per chi ha voluto mandare per forza trenta uomini del Dap a Rieti per “dare una mano al servizio di istituto”. Per non parlare poi delle dinamiche vigilanze e dei pacta sunt servanda mutuati dal diritto canonico. Francamente, spero che passino in fretta questi cinque mesi che ci separano dalle elezioni politiche perché, sommati ai tre mesi necessari per nominare un nuovo Capo del Dap, sono davvero tanti da sopportare sotto l’autocrazia di Sua Eccellenza il Presidente Giovanni Tamburino.
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Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it
Lavoro über alles: il carcere in Germania
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Nelle foto in alto a destra porta carraia del carcere di Berlino in basso a destra Luigi Ferrarella sotto un poliziotto penitenziario tedesco in sezione
avoro über alles: potrebbe essere questa un’efficace frase per sintetizzare il sistema penitenziario tedesco così come abbiamo avuto modo di constatare ancora una volta nel corso di una recente visita in Germania. Lo scorso settembre, nell’ambito della stretta collaborazione che da alcuni anni lega il SAPPE con gli appartenenti alla polizia penitenziaria tedesca, aderenti al sindacato BSBD, una delegazione del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria ha infatti visitato alcuni istituti di pena tedesca ed incontro il Ministro della Giustizia del Land di Brandeburgo. La visita segue quella fatta dal SAPPE in Germania a settembre del 2009 e quelle del BSBD nel nostro Paese nel 2010 e 2011. E’ noto, infatti, che da tempo il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (SAPPE) guarda avanti e si è avviato verso l’Europa. Come partner ha scelto l’omologo tedesco: Bund der Strafvollzugsbediensteten Deutschland (BSBD). L’obiettivo precipuo: individuare soluzioni al comune problema del sovraffollamento nelle carceri e di tentare di addivenire ad un’armonizzazione dei sistemi detentivi.
A nostro avviso, infatti, l’Europa non può esistere solo per la moneta unica, la libera circolazione delle persone e dei capitali e per gli scambi. Considerato che un passo decisivo è stato compiuto anche nell’ambito della giustizia attraverso il reciproco riconoscimento delle sentenze pronunciate e la possibilità al condannato di poter espiare nel proprio paese di origine la pena detentiva comminata da un altro paese dell’UE, sarebbe logico addivenire anche ad un’armonizzazione dei sistemi di sicurezza. Il problema del sovraffollamento degli istituti di pena tocca senza dubbio entrambi i paesi. Ma, mentre la Germania riesce a contenerlo con politiche mirate attraverso la costruzione di nuovi penitenziari e l’assegnazione di detenuti a misure di recupero sociale che passano attraverso il lavoro e la formazione scolastica e professionale, l’Italia è invece perennemente vicina al collasso. Lo scambio di esperienze, analisi, riflessione e confronto sulle delicate problematiche legate ai sistemi detentivi dei due Paesi potrebbe costituire un vero contributo alla formulazione di valide proposte per strategie di intervento volte ad attenuare il sovraffollamento e a rendere le carceri un laboratorio di recupero sociale e non di accentuata delinquenza. Ne abbiamo avuto l’ennesima conferma nel corso della nostra recente visita ai penitenziari di Brandeburgo e di Berlino e nel confronto e scambio di idee con il Ministro della Giustizia del Land di Brandeburgo, il Justizminister Volkmar Schöneburg. Quello di Brandeburgo, città già appartenente ai territori della vecchia Germania dell’Est, è un carcere di media sicurezza,
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mentre quello di Berlino è di massima sicurezza. Diversi per tipologia ma simili nella concezione stessa di detenzione: in entrambe le strutture, infatti, i detenuti sono ospitati in celle singole e, per quanto è possibile, lavorano tutti o quasi. Queste due condizioni permettono di avere una vivibilità (anche e soprattutto per gli agenti) migliore rispetto alle criticità italiane: non è un caso, infatti, che sia quasi imparagonabile il numero di eventi critici tra Italia e Germania, a tutto favore della realtà tedesca. Luigi Ferrarella, bravissimo cronista del Corriere della Sera, in un interessante articolo pubblicato dal quotidiano milanese ha puntato il dito proprio sul lavoro peniten-
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ziario, sulla sua efficacia e sulla sua funzionalità. Nessun Paese, scrive Ferrarella, accetterebbe che negli ospedali morissero 7 ricoverati su 10 o che nelle scuole fossero bocciati 7 studenti su 10. Invece il carcere vive in Italia una doppia amnesia: non soltanto sullo scandalo di 66.000 detenuti stipati in 45.000 posti (da cui le condanne dell’Italia in Europa), ma ancor più sul fatto che 7 detenuti su 10 tornino poi a delinquere se hanno espiato la loro pena tutta in carcere, mentre soltanto una percentuale tra il 12% e il 19% incorra in questa recidiva se durante la detenzione in carcere ha avuto la possibilità di fare veri lavori per conto di imprese o cooperative esterne che li assumono grazie agli incentivi fiscali (516 euro di credito d’imposta per ogni detenuto) e contributivi (80% di riduzione) introdotti nel 2000 dalla legge Smuraglia (dal nome del senatore allora promotore della legge). Solo che dal 2000 la legge è stata rifinanziata sempre con gli stessi soldi: 4,6 milioni l’anno (dunque assottigliati già solo da inflazione e crisi), stanziamento che al momento consente di entrare in questo circuito lavorativo soltanto a 2.257 detenuti su 66.000. E siccome i soldi per quest’anno arrivavano a malapena ad agosto, i posti di lavoro si sono già ridotti. Ferrarella dice cose a noi note ma certo non all’opinione pubblica: nelle carceri va persino peggio all’altra tipologia di lavoro che in teoria dovrebbe essere assicurata a tutti i condannati e che invece solo per 13.961 detenuti ha dato luogo a miniperiodi da lavoranti per le necessità pratiche dentro il carcere come spesini, scopini, scrivani, portavitto, gabellieri, manutentori. Lavoro certo meno significativo di quello di chi opera per ditte esterne con ben altre pretese di tempi e standard qualitativi, che dunque non funziona da ponte tra la fine della pena e il ritorno nella società, ma che almeno allevia per qualche ora al giorno il sovraffollamento nelle celle, non lascia inattivi i detenuti e offre loro la possibilità di mettere da parte qualche quattrino (in media 200/300 euro al mese). Ma anche qui le mercedi sono ferme al
1994, e il capitolo Industria del bilancio della Direzione dell’amministrazione penitenziaria (Dap), con il quale vengono retribuiti i detenuti che lavorano nelle officine gestite dall’amministrazione penitenziaria per arredi e biancherie dei nuovi padiglioni in realizzazione, ha subìto un taglio addirittura del 71% in due anni, in picchiata dagli 11 milioni di euro del 2010 ai 3,1 milioni del 2012. È un’amnesia sociale ancor più miope se si
E vorrebbe anche dire un risparmio secco per lo Stato di 35 milioni di euro l’anno, visto che le stime più sparagnine indicano in 140 euro al giorno il costo del mantenimento di un detenuto. Proprio quello che il SAPPE sostiene da sempre. Eppure, è l’amara constatazione di Ferrarella, la proposta di legge bipartisan AngeliD’Ippolito-Vitale-Farina-Pisicchio, avanzata dall’intergruppo parlamentare per innal-
pensa a tutti gli sterili allarmi sicurezza lanciati ad ogni eclatante delitto in questa o quella metropoli. Altro che esercito nelle città: ogni punto percentuale di recidiva che si riuscisse ad abbassare vorrebbe infatti dire quasi 700 ex detenuti restituiti alla società senza che delinquano più e senza dunque che infliggano ai cittadini i costi dell’insicurezza (persone ferite da curare, risarcimenti, beni rubati o rapinati o danneggiati, costi di polizie-magistrati-cancellieri per riarrestarli e processarli).
zare ad almeno 6 milioni l’anno il rifinanziamento della legge Smuraglia, incrementare a 1.000 euro al mese il credito d’imposta per ogni detenuto assunto, e applicare gli sgravi alle cooperative anche nei 12/24 mesi successivi alla fine della detenzione, stenta a decollare. Come se trovare i soldi per il lavoro in carcere fosse questione solo di buonismo. E non, invece, l’egoistica convenienza di una società che voglia davvero più sicurezza. La Germania ci insegna che si può fare. Basta volerlo.
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Nelle foto i componenti della delegazione del Sappe con i rappresentanti del Sindacato tedesco BSBD
Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it
Qualche buona ragione per dire no all’ indulto e all’ amnistia
L
a situazione delle carceri è sempre precaria, con gli oltre 66500 detenuti presenti, dei quali circa 24000 stranieri e il 25% tossicodipendenti. Con i tagli alla spesa pubblica nei prossimi tre anni perderemo altri 3.000 agenti circa che andranno a sommarsi ai circa 6.500 che già mancano. Di recente, la deliberazione n. 11/2012/G della Corte dei Conti, tra le altre cose, ha evidenziato la situazione del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria e di quello amministrativo. L’organico del Corpo è stabilito in 45.121 unità, attualmente è di 38.543. Quindi, per un verso c’è la drammatica situazione del personale, dall’altra quella del sovraffollamento e della carenze di risorse economiche. Per quanto riguarda il sovraffollamento, sicuramente, questo è stato determinato dalla forte presenza di detenuti stranieri che negli ultimi dieci/quindici anni sono aumentati in maniera esponenziale. Molti chiedono di far scontare la pena agli stranieri nel loro paese d’origine, questa è una soluzione sicuramente condivisibile, ma difficilmente praticabile, perché i paesi interessati non li accettano facilmente, tranne che l’Italia non stipuli accordi bilaterali che, comunque, non sono a costo zero. Tali accordi, comunque, sarebbero necessari ed utili anche a contenere i flussi migratori. L’altro aspetto che determina sovraffollamento nelle carceri è l’alta presenza di detenuti tossicodipendenti, circa il 25%; soggetti, questi, che potrebbero scontare la pena all’esterno, grazie ad una legislazione molto favorevole, che consente a coloro che sono stati condannati fino a sei anni di reclusione, quattro per i reati più gravi, di poter scontare la pena in strutture esterne, usufruendo della sospensione della pena, ovvero dell’affidamento terapeutico, qualora abbiano superato un programma di recupero, oppure l’abbiano in corso o, ad esso, intendano sottoporsi. Nonostante tale favorevole situazione normativa la maggior parte dei detenuti tossicodipendenti continuano a rimanere in carcere, a volte per mancanza di strutture esterne, a volte per mancanza di risorse. Il Governo Prodi, per risolvere la situazione delle carceri, varò l’indulto, provvedimento votato allora anche da una parte dell’opposizione. Con l’indulto uscirono dalle carceri
più di trentamila detenuti, ma nel giro di tre anni il livello della popolazione detenuta tornò come prima, anzi, peggio di prima, perché quel provvedimento non fu accompagnato da riforme più generali. Il Governo Berlusconi, invece, dopo aver decretato l’emergenza carceri, nominò un commissario straordinario, individuato prima nell’allora Capo del Dipartimento Franco Ionta e, successivamente, nel Prefetto Angelo Sinesio. Il primo piano carceri prevedeva la costruzione di 11 nuovi istituti per 4.750 nuovi posti detentivi e la realizzazione di 20 padiglioni in ampliamento in istituti già esistenti per 4.400 posti detentivi, per un totale complessivo di 9.150 posti. La spesa prevista era di 675 milioni di euro. A seguito dei tagli al bilancio dello Stato che hanno inciso per un importo di quasi 228 milioni di euro, il piano carceri ha dovuto essere rimodulato e riprogrammato, in funzione delle nuove risorse che ammontano a 468,5 milioni di euro. Gli istituti da costruire sono scesi da 11 a 5, per un totale di 2.700 nuovi posti detentivi in meno, mentre i nuovi padiglioni da costruire sono 17, rispetto ai 20 previsti con una diminuzione di 600 posti detentivi. Gli istituti saranno realizzati nelle città di Camerino, Torino, Catania, Pordenone e Bolzano, ciascuno con capienza di 450 posti, salvo Bolzano, di 250. La rinuncia di cui sopra porterà ad una decurtazione complessiva di 3.300 posti che dovrebbero essere compensati dall’utilizzo di altre strutture, come Cagliari e Sassari. Un progetto ambizioso, quello del piano carceri, che sconta però un difetto: la mancanza di personale di Polizia Penitenziaria ed amministrativo, che non consentirebbe l’apertura di queste strutture. Di necessità virtù avrà pensato colui che ha ideato la vigilanza dinamica, termine quantomai infelice, come se finora la vigilanza fosse stata statica. Proviamo a dirlo a quei colleghi che nell’arco di otto ore di servizio in una sezione detentiva percorrono, probabilmente, gli stessi chilometri che percorre un calciatore durante una partita di calcio. Il paradosso è evidente e volutamente provocatorio, ma l’idea della vigilanza dinamica è alquanto bizzarra e dovrebbe sostanzialmente consistere in una ridotta vigilanza, da effettuarsi con meno personale del previsto. Tutto potrebbe funzionare, a condizione che
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ci si ricordi di sgravare il personale di Polizia dalle responsabilità che il codice penale pone in capo al custode, provvedendo, anche, a modificare l’ordinamento che ci riguarda. Oggi il dibattito sulla questione carceri è incentrato sulla richiesta di un altro provvedimento di clemenza, che sia l’indulto o l’amnistia. I principali promotori di tale iniziativa sono i radicali che, da sempre, meritoriamente, si battono per i problemi delle carceri. A fianco dei radicali, negli ultimi tempi, si è autorevolmente schierata anche la CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Credo che esistano tante buone ragioni per dire no ad un provvedimento di clemenza. Proviamo a vederne qualcuna. Bisogna intanto dire che in Italia solo il 3/4 per cento di coloro che commettono reati vengono puniti, molti di questi non vengono individuati, quando ciò avviene non vengono condannati a causa della lungaggine dei processi e quant’altro. Quindi, abbiamo il 96/97 per cento di autori di reati che restano impuniti. Pertanto, la stragrande maggioranza delle vittime dei reati non trova giustizia; un ulteriore colpo di spugna non farebbe altro che ingenerare ulteriore sfiducia nei cittadini e, soprattutto, in coloro che i reati li hanno subiti. Come già evidenziato prima, l’indulto varato qualche anno fa non ha prodotto alcun effetto positivo a lungo termine, anzi, la situazione, nel giro di soli tre anni, è peggiorata. Inoltre, un provvedimento di clemenza interverrebbe ad interrompere eventuali programmi di recupero in corso nei confronti dei condannati. Quindi, le strade da seguire devono essere altre e non quelle relative a provvedimenti di clemenza: bisogna fare in modo che i processi vengano celebrati nel più breve tempo possibile, bisognerebbe fare un provvedimento di depenalizzazione dei reati minori, come il furto, per esempio, che non dovrebbero essere puniti con il carcere, ci vorrebbe un maggior ricorso alle misure alternative al carcere, come la messa alla prova, prevista dal disegno di legge presentato dal Ministro Severino ed avviare un percorso di recupero alternativo al carcere per i detenuti tossicodipendenti, condannati a pene detentive brevi, nonchè un uso più oculato della custodia cautelare. Bisognerebbe poi riorganizzare gi istituti penitenziari, prevedendo tre diversi livelli nell’ambito della stessa regione: massima sicurezza, media sicurezza e custodia attenuata e, se necessario, costruire anche qualche altro istituto o padiglione detentivo, senza però dimenticarsi che le nuove strutture non possono funzionare senza il personale. Infine, è necessario far lavorare i detenuti.
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a cura di Lady Oscar Redazione Sportiva rivista@sappe.it
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Nelle foto in alto e sotto Ilaria Bianchi a destra Lorenzo Bagnoli
uoto: Ilaria Bianchi chiude la Coppa del mondo 2012 tra primati e medaglie
Sorride alle Fiamme Azzurre la XXIV edizione della Coppa del Mondo in vasca corta (FINA Swimming World Cup 2012). L’Italia del nuoto è stata presente a tre delle otto tappe della rassegna iridata. Nei programmi del team azzurro sono state infatti previste le date di Stoccolma (13-14 ottobre), Mosca (17-18 ottobre) e Berlino (2021 ottobre), con la decisione di non disputare invece le tappe di Doha (6-7 ottobre), Pechino (2-3 novembre), Tokyo (6-7 novembre) e Singapore (10-11 novembre). In ogni appuntamento continentale nel quale gli italiani sono scesi in acqua, ha brillato Ilaria Bianchi, la farfallista della Polizia Penitenziaria che è in continua crescita praticamente sin dalle gare di avvicinamento alla buona prova olimpica di Londra in cui è giunta quinta, ma dopo aver ritoccato per ben due volte il record italiano nei 100m: in semifinale aveva infatti fatto registrare il tempo di 57” 79 migliorando il suo personale fermo a di 58” 12 ed in finale ha nuovamente abbassato il freschissimo primato italiano con 57’’27. In
quella finale è stato stabilito il record del mondo dall’americana Dana Vollmer (55’’98), che ha cancellato il 56’’06 stabilito dalla svedese Sarah Sjostrom ai Mondiali di Roma 2009. L’americana ha quindi vinto l’oro e alle sue spalle ha chiuso la cinese Ying Lu, argento in 56’’87. Il podio è stato completato dall’australiana Alicia Coutts, bronzo con 56’’94. Da Londra alla tappa inaugurale di Coppa a Stoccolma (13/14 ottobre), dove l’Atleta di Castel San Pietro ha ottenuto due piazzamenti in finale, quinta nei 50 metri (26”30) e sesta nei 100 metri farfalla (58”94). Nella seconda uscita indoor di Mosca Ilaria ha fatto suo l’oro migliorando ancora il record italiano con il tempo di 57”18, mettendosi alle spalle la svedese Louise Hansson e la russa Veronika Popova, che hanno toccato rispettivamente in 57”76 e 58”42. Sempre a Mosca ma nei 50 metri, la Bianchi è arrivata seconda con 26”21 dietro all’olandese Inge Dekker , prima con 25”65.
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L’ultimo appuntamento di Berlino (20/21 ottobre) si è chiuso con una doppietta d’oro, un record italiano e una medaglia d’argento. L’Italia ha nuotato veloce anche nella tappa tedesca, ed in particolare Fabio Scozzoli e Ilaria Bianchi hanno continuato a distinguersi e scalare posizioni. Mentre l’atleta dell’esercito ha conquistato il gradino più alto nei 100 rana con un buon 57” 61, la nostra fiamma azzurra si è imposta nei 100 farfalla con 56”86, avanti alla svedese Louise Hansson, seconda in 57”55, e all’olandese Inge Dekker, terza in 57”65. L’atleta della Polizia Penitenziaria ha così rafforzato per la terza volta il crono italiano della specialità, impreziosendo la serie personale di incredibili piazzamenti, raccolti in un periodo agonistico davvero da incorniciare.
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udo: argento a Bagnoli e bronzo alla Celletti alla European Cup di Belgrado
Per il judo targato Fiamme azzurre ottimi risultati a Belgrado per l’European Cup in programma sabato 20 e domenica 21 ottobre alla Sports Hall Sumice.
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Per il Serbia Open sono stati registrati in gara ben 380 atleti di oltre 30 nazioni, con un sensibile incremento rispetto all’edizione precedente (198 atleti, 21 nazioni) determinato dall’attenzione rivolta al circuito delle European Cup per poter accedere poi a quello valido per la World Ranking List. Gli azzurri sul tatami di gara sono stati Fabio Andreoli, Guido Carnebianca, Giovanni Carollo, Juri Contegreco, Giovanni Di Cristo, Walter Facente, Valentina Giorgis, Odette Giuffrida, Monica Iacorossi, Marianna Marinosci, Alessio Mascetti, Fabrizio Piatti, Alessia Regis, Gesualdo Scollo e le nostre Fiamme Azzurre Lorenzo Bagnoli, Diego Cressi, Matteo Celesti e Marisa Celletti. Dall’impegnativa due giorni i nostri portacolori tornano con due medaglie: l’argento di Lorenzo Bagnoli nei 90 kg e il bronzo di Marisa Celletti nei 70kg e l’Italia complessivamente con il quarto posto nella classifica per nazioni dietro all’Ungheria, la Slovenia e la Romania.
In una pole impegnativa ma abbordabile Lorenzo Bagnoli ha superato per ippon gli ungheresi Zalan Ohat e Krisztian Toth il ceco Alexandr Jurecka, lo sloveno Rok Leskovsek. In finale ha ceduto solo al padrone di casa serbo Aleksandar Kukolj, già oro in Coppa del Mondo. Marisa Celletti ha invece superato Kristyna Plevova al 1° turno, ma poi è stata sconfitta dalla forte croata Kristina Marjanovic, superata in finale dalla slovena Anka Pogacnik. Nei ripescaggi per il bronzo la nostra fiamma azzurra ha poi vinto agevolmente
sulla slovena Aja Gacnik-Zupanc, sulla canadese Sarah-Myriam Mazouz, e poi sulla serba Ivana Jandric prima di completare l’opera nella finale per il bronzo portando a casa la medaglia ai danni della svizzera Desirée Gabriel. Minor fortuna per Diego Cressi nei 66kg: dopo aver superato il romeno Catalin Bratulescu e il ceco David Vodicka nei quarti è incappato nel serbo Nenad Vukolic. La sconfitta per mano dell’ungherese Laszlo Juracsek nei recuperi l’ha poi relegato al 9° posto finale. Matteo Celesti nella categoria degli 81kg è stato subito sconfitto dall’ungherese-nonché vincitore della categoria- Laszlo Csoknyai. Nel turno di recupero con il serbo Dusan Nikolic, il nostro atleta non è riuscito ad andare oltre chiudendo diciassettesimo.
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iro con l’Arco: bronzo alla Franchini e Seimandi agli Assoluti di Aprilia
Al Campionato Italiano Assoluto di tiro con l’arco tenutisi ad Aprilia il 6/7 ottobre 2012 due bronzi per le Fiamme Azzurre rappresentate da Irene Franchini nel compound e Giuseppe Seimandi nell’arco nudo. Un doppio risultato che però delude considerando la buona prova messa in campo da entrambi (primi in classifica per tutta la fase delle eliminatorie). Nelle semifinali Irene è stata battuta da Sonia Bianchi (poi campionessa assoluta) per 34-38, ed ha poi vinto il bronzo contro la toscana Tiziana Crocioni (3432), mentre Giuseppe, dopo aver perso contro Simone Pisola per 37-40, ha trovato il riscatto contro Maurizio Robasio per il 3° posto, superandolo per 36-33. Sempre nell’arco Alberto Simonelli è diventato vice campione italiano nell’arco compound il 22 settembre a Cherasco (Cn) 2012, giungendo a cinque punti dal primo, il normodotato Sergio Pagni (il finale è stato di 145 a 140). Solo pochissime misure gli hanno negato il podio più alto ed il titolo. Forte anche di questo il nostro arciere ha lan-
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ciato una provocazione per le prossime olimpiadi di Rio 2012: dopo l’argento di Pechino ed il non classificato di Londra, con questo risultato utile a rinfrancare il morale, Alberto vorrebbe poter gareggiare nel compound anche con i normodotati così come è stato possibile per i mondiali Open di Las Vegas dello scorso anno e come non è invece ugualmente permesso per la massima rassegna a cinque cerchi dei giochi olimpici. Tutto ciò, ha dichiarato all’indomani della piazza d’onore al campionato italiano, potrebbe consentirgli di dedicarsi ad un altro
obiettivo, stavolta in chiave paralimpica: il lancio del peso. Non ci sono molte affinità tra i due sport, ma evidentemente la capacità di spaziare non manca al nostro Alberto che prima di essere un atleta del tiro con l’arco è stato anche un buon agonista del tiro con la pistola. La freccia in tal senso ormai l’ha scoccata, speriamo che ci sia anche la voglia di raccoglierla, per consentire a tanti come lui di dimostrare che le abilità hanno pochi limiti, tranne che non sia un regolamento a diminuire la possibilità di essere manifestate pienamente.
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Nelle foto sopra Giuseppe Seimandi sotto Irene Franchini a sinistra Marisa Celletti
Aldo Maturo Avvocato, già Dirigente A. P. avv.maturo@gmail.com
Antimafia: uomini contro
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NA (Direzione Nazionale Antimafia) La Direzione Nazionale Antimafia (DNA) è stata istituita, con legge 20 gennaio 1992 n.8, nell’ambito della Procura Generale presso la Corte di Cassazione con il compito di coordinare, a livello nazionale, le indagini relative alla criminalità organizzata. La DNA è composta dal Procuratore nazionale antimafia (attualmente il Dr.Pietro Grasso), nominato direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura, e da 20 magistrati del pubblico ministero, che prendono il nome di sostituti procuratori nazionali antimafia. A livello territoriale sono istituite le Direzioni Distrettuali Antimafia (D.D.A) che hanno sede presso la Procura della Repubblica del Tribunale dei 26 capoluoghi di Distretto di Corte di Appello. Il Procuratore nazionale antimafia, sottoposto alla vigilanza del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, esercita le sue funzioni direttamente o delegandole ai suoi sostituti. Coordina anche le attività investigative condotte dalle singole Direzioni Distrettuali Antimafia (D.D.A), coordinamento finalizzato ad assicurare la conoscenza delle informazioni tra tutti gli uffici interessati e a collegare le D.D.A tra loro quando emergano fatti o circostanze rilevanti tra due o più di esse. L’attività investigativa riguarda essenzialmente lo studio e la lotta su scala nazionale ed internazionale delle seguenti attività criminose: • mafia, • camorra, • ’ndrangheta, • narcotraffico, • tratta di esseri umani, • riciclaggio, • appalti pubblici, • misure di prevenzione patrimoniali, • ecomafie, • contraffazione di marchi, • operazioni finanziarie sospette, • organizzazioni criminali straniere Per lo svolgimento delle sue attività la
rio e la lotta all’infiltrazione negli investimenti pubblici.
D.N.A. si avvale di strutture investigative altamente specializzate, quali la Direzione investigativa antimafia (D.I.A), il Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri (R.O.S), Il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (S.C.I.C.O). D.I.A (Direzione Investigativa Antimafia) E’ un organismo investigativo specializzato di cui fanno parte uomini delle diverse forze di polizia ed ha competenza su tutto il territorio nazionale. E’ stata istituita con legge 30 dicembre 1991 n. 410 ed ha il compito di coordinare ed assicurare lo svolgimento delle attività di investigazione attinenti la criminalità organizzata, ne studia le espressioni e le connessioni, svolge indagini di polizia giudiziaria per i delitti di associazione di tipo mafioso o ad essa ricollegabili. Al vertice della struttura c’è un Direttore scelto, a rotazione, tra gli alti funzionari della Polizia di Stato, Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza. Attualmente il Direttore è il Dott. Alfonso D’Alfonso Dirigente Generale di Pubblica sicurezza. Per l’esercizio delle sue funzioni lo stesso si avvale della collaborazione di due Vice Direttori - ad uno dei quali è anche affidata la funzione Vicaria - che hanno il compito di sovrintendere rispettivamente alle attività operative ed a quelle amministrative. La D.I.A., che per il perseguimento dei propri obiettivi istituzionali gode di autonomia gestionale amministrativo-contabile, si compone di una struttura centrale e di una struttura periferica, costituita da dodici Centri e sette Sezioni Operative che coprono l’intero territorio nazionale. Tra gli obiettivi strategici perseguiti, assume particolare rilievo quello del contrasto alla forza economico-finanziaria della criminalità organizzata. I patrimoni illecitamente accumulati sono restituiti all’utilità collettiva. Particolarmente impegnativo è il contrasto alla penetrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale del territo-
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R.O.S. (Raggruppamento Operativo Speciale) Costituito il 3 dicembre 1990, ha sede a Roma e dipende dal Comando Generale dei carabinieri. E’ un’articolazione specializzata dell’Arma e si avvale di una struttura centrale e 26 sezioni periferiche. Assicura il collegamento delle attività investigative relative ai delitti di criminalità organizzata, con una strategia unitaria che supera gli stretti limiti delle competenze territoriali. I suoi principali compiti sono: contrasto alla criminalità organizzata, all’eversione ed al terrorismo interno ed internazionale, mediante l’analisi e il raccordo informativo, nonché il supporto tecnico-logistico alle attività investigative. S.C.I.C.O (Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata) Lo S.C.I.C.O. è un reparto speciale della Guardia di Finanza, istituito il 10 luglio 1993. La struttura è articolata in Uffici e Gruppi. L’attuale comandante è il generale di Brigata Umberto Sirico. Il reparto ha diverse competenze: • cura la raccolta dei dati e delle notizie concernenti l’attività investigativa svolta dai reparti del Corpo sul territorio, analizzandone i dati ed elaborando le metodologie investigative più idonee; • intrattiene i rapporti, a livello centrale, con il Procuratore nazionale antimafia e procede all’interscambio informativo con i paritetici Servizi centrali delle forze di polizia, con la D.I.A., nonché con gli organi e i servizi di polizia ; • cura il collegamento informativo interforze per le attività dirette alla prevenzione e repressione dei delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione; • fornisce supporto tecnico-logistico ai G.I.C.O., mediante l’impiego di attrezzature tecnologicamente avanzate. I G.I.C.O sono reparti della Guardia di Finanza ad alta specializzazione nelle investigazioni di polizia tributaria/giudiziaria, economica e finanziaria, che operano nel contrasto dei reati di criminalità organizzata, con particolare riferimento al riciclaggio di denaro e nella lotta al finanziamento al terrorismo internazionale.
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a cura di Ciro Borrelli Coordinatore Nazionale Sappe Minori per la Formazione borrelli@sappe.it
Grazie alla Polizia Penitenziaria dell’Istituto Minorile di Nisida
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l 3 ottobre 2012 il Ministro della Giustizia Paola Severino, accompagnata dal nuovo Capo Dipartimento della Giustizia Minorile dott.ssa Caterina Chinnici, ha visitato l’Istituto Penale Minorile di Nisida (NA) che sin dagli anni settanta è luogo di interesse delle più importanti figure istituzionali. Ricordiamo la visita del Presidente Giorgio Napolitano il 30 settembre 2011.
Nelle foto sopra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la sua recente visita a Nisida
L’attuale Ministro della Giustizia, Paola Severino, ha descritto la visita a Nisida come «una grande lezione di vita», una visita che ha voluto fare con la dott.ssa Caterina Chinnici proprio per dare certezze ad un settore importante, quale quello minorile, a cui è particolarmente legata. Fondamentale, per il Ministro, il ruolo delle famiglie che «spesso indu-
cono ...i ragazzi a rimanere sulla strada della delinquenza». Le famiglie - ha dichiarato la Severino, «vanno rieducate assieme ai ragazzi». Del carcere minorile di Nisida, la Severino spiega di aver apprezzato «gli esperimenti lavorativi unici, fondamentali per abbattere la recidiva. La strada da seguire e’ quella di strutture capaci di garantire risultati come questi». Attualmente grazie all’impegno del contingente di Polizia Penitenziaria, i minori detenuti, circa 60, vengono impegnati in laboratori di pittura, scrittura, musica così come di cucina e falegnameria. «Ho parlato con un ragazzo - ha raccontato il Ministro - che mi ha detto di aver chiesto la grazia. Alcuni hanno la grinta per spezzare la catena ma a volte la societa’ non aiuta. Dipende anche da noi - ha concluso - insegnare alle famiglie che è possibile uscire dal cerchio della delinquenza». In occasione della visita al carcere minorile di Nisida il Ministro della Giustizia avrebbe ancora detto che non ci sono le condizioni per un provvedimento di amnistia, e, comunque, oltre a questa misura eccezionale, è bene comunque
lavorare su quelle strutturali di alternativa al carcere. Il provvedimento, ricorda il Ministro «dipende dal Parlamento e richiede una maggioranza qualificata dei due terzi e non sembra ci siano le condizioni per raggiungerla. Nell’attesa, non si può rimanere con le mani in mano». Infine il nostro pensiero va ai colleghi della Polizia Penitenziaria di Nisida che con professionalità e competenza hanno organizzato e gestito la visita delle autorità, come sempre in prima linea guidati dal Comandante di Reparto ed in collaborazione con le altre forze di Polizia.
a fianco il Ministro della Giustizia Paola Severino a destra il Capo DGM Caterina Chinnici subito sotto l’ingresso dell’ Istituto Minorile
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La convenzione Sappe/Studio Legale Guerra Per rispondere ad una richiesta sempre più pressante dei propri iscritti, • assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; il Sappe ha stipulato una convenzione con lo Studio Legale Associato •assistenza nella fase giudiziale contro il relativo provvedimento negativo; Guerra, come partner legale in materia previdenziale. • compenso professionale convenzionato. Lo Studio Legale Associato Guerra è specializzato in materia di diritto pen- in materia di PENSIONE PRIVILEGIATA per il personale cessato dal servizio e/o i superstiti sionistico pubblico, civile e militare. L’assistenza interessa: La convenzione tra il Sappe e lo Studio Legale Associato Guerra comprende • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria che possa ancora chiedere il riconoscimento della dipendenza • la causa di servizio e benefici connessi; da causa di servizio di infermità o lesioni riferibili al servizio stesso e la • le idoneità al servizio e provvedimenti connessi: conseguente pensione privilegiata; • i benefici alle vittime del dovere; • la pensione privilegiata (diretta, indiretta e di riversibilità) e gli assegni • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria, al quale sia stata negata la pensione privilegiata per non dipenaccessori su pensioni direttte e di riversibilità. denza da causa di servizio di infermità e lesioni o per non ascrivibilità delle La consulenza si avvale di eccellenti medici esperti di settore, collaboratori stesse; dell Studio Guerra, in grado di assistere l’interessato anche nel corso delle • il personale cessato per inidoneità dal ruolo della Polizia Penitenziaria, già transitato o che debba transitare ai ruoli civili della stessa amministravisite mediche collegiali in sede amministrativa e giudiziaria. In particolare, attraverso lo Studio Legale Associato Guerra , il Sappe ga- zione o di altre amministrazioni, ai fini della concessione della pensione privilegiata per il servizio prestato nella polizia Penitenziaria; rantisce ai propri iscritti: • il personale deceduto in servizio, ai fini della pensione indiretta privilegiata ai superstiti e di ogni altro beneficio previsto a favore degli stessi; in materia di CAUSA DI SERVIZIO • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento della do- • il personale già titolare di pensione privilegiata deceduto a causa delle manda per il riconoscimento della causa di servizio anche ai fini dell’equo medesime infermità pensionate, ai fini dei conseguimenti spettanti ai suindennizzo; perstiti. • assistenza legale nella fase amministrativa; L’assistenza comprende: • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso • esame gratuito, legale e medico legale, del fondamento della domanda contro il provvedimento negativo di riconoscimento della causa di servizio per la concessione della pensione privilegiata anche per i transitati al ruolo e del’equo indennizzo; civile; • assistenza legale nella fase giudiziale dinanzi alle competenti Sedi Giu- • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso risdizionali; contro il provvedimento negativo della pensione privilegiata; • compenso professionale convenzionato. • valutazione gratuita, legale e medico legale, delle pensioni indirette e di riversibilità ai fini del trattamento privilegiato e dell’importo pensionistico in materia di INIDONEITA’ AL SERVIZIO liquidato; • valutazione legale e medico legale delle infermità oggetto di accerta- • assistenza nella relativa fase amministrativa e nella fase giudiziale contro mento della idoneità al servizio, per la scelta strategica delle azioni da pro- il provvedimento pensionistico negativo; muovere secondo gli obiettivi che intende raggiungere l’interessato; • compenso professionale convenzionato. • assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; •assistenza nella fase giudiziale contro il provvedimento amministrativo; PER BENEFICIARE DELLA CONVENZIONE • assistenza amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento di Gli iscritti al Sappe possono: trensito; • rivolgersi alla Segreterie Sappe di appartenenza; • rivolgersi agli avvocati Guerra presso le sedi degli studi di Roma (via Ma• compenso professionale convenzionato. gnagrecia n.95, tel. 06.88812297), Palermo (via Marchese di Villabianca n.82, tel.091.8601104), Tolentino - MC (Galleria Europa n.14, tel. in materia di VITTIME DEL DOVERE • valutazione gratuita per l’accertamento della sussistenza delle condizioni 0733.968857) e Ancona (Corso Mazzini n.78, tel. 071.54951); di legge richieste per il diritto ai benefici previsti a favore delle vittime del • visitare il sito www.avvocatoguerra.it dovere;
Giovanni Passaro passaro@sappe.it
Concorso pubblico 271 Vice Ispettori di Polizia Penitenziaria
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alve, volevo farle i complimenti per l’impegno con cui cura la rubrica giuridica, sollevando diversi dubbi, ma anche per l’importantissimo lavoro di pubblicizzazione attraverso la rivista e tramite la pagina internet www.poliziapenitenziaria.it . Io faccio parte degli idonei dell’”anomalo” concorso pubblico a 271 v.ispettori che ricalca completamente la mia “anomala” esistenza dal punto di vista professionale, e non immagina neanche come insperata per me è stata questa opportunità piovuta letteralmente addosso nel 2008. Quando sono stato chiamato nel 2008 a ripetere la prova (nel 2004 facevo parte di coloro che non hanno superato le prove preselettive, e questo è anche l’unico concorso della mia vita che ho fatto in questa amministrazione) mi hanno cercato con raccomandata in ben 3 residenze prima di trovarmi “facendomi presente” che avevo omesso di indicare i vari cambiamenti di residenza all’amministrazione! (per me il concorso era finito nel 2004 e come tanti altri in cui non sono riuscito, per mancanza di risorse economiche non ho mai fatto ricorsi anche quando in alcune occasioni i motivi sarebbero stati validi!). Faccio parte di quella classe di cittadini “quasi invisibili” per lo stato e per la società a causa dell’assenza di peso economico e di posizione sociale raggiunta nell’arco di 40anni di vita (da quest’anno non abbiamo più neanche la TV perchè ho deciso di non pagare più quella tassa assurda chiamata canone RAI e l’informazione la seguo solo su internet e alla TV guardo solo DVD!) ignoravo assolutamente tutto quello che si era sviluppato intorno a questo incredibile concorso subito dopo la prova preselettiva del 2004 (se non erro). Non sapevo affatto che nel frattempo a suon di sentenze del Tar tutto era stato annullato e tutto andava ripetuto, ancor di più, non riesco a credere che il CDS annullava tutto defini-
tivamente nel 2006 perchè sostanzialmente le domande della prova preselettiva del 2004 erano troppo difficili! Di concorsi pubblici e di selezioni private importanti dal 1991 ne ho fatte veramente tante (ma ancora oggi sono più che precario). Nel 2008 ricordo che un giorno prima circa della prova preselettiva ero a letto con la febbre alta e non volevo andare assolutamente a “ripetere” questo concorso. Devo ringraziare Dio e mia madre che mi ha convinto ad andare. Ricordo che sono partito il pomeriggio (14,30) prima della prova e dopo 16 ore circa di autobus sono arrivato alle 6 di mattina a Roma Tiburtina per fare le prove alle 10 della stesso giorno. Immaginerà quanto ero “cotto” per il viaggio e per i postumi della febbre. Dopo tutte queste peripezie, affrontate anche nelle altre prove, mentre leggevo sul gruppo facebook relativo al concorso, per caso mi sono imbattuto nel link: http://comitatoidoneisppolpen. weebly.com/index.html dove ho appreso con immenso dispiacere della fase di stallo che ha coinvolto il concorso a causa di alcuni ricorsi al TAR. Ed eccomi qui a chiedere quale potrebbe essere la risoluzione al problema. SE HA SBAGLIATO L’AMMINISTRAZIONE E’ UN PROBLEMA DELL’AMMINISTRAZIONE CON I RICORRENTI E DEI RICORRENTI. QUESTO NON PUO’ NE DEVE NE DOVREBBE METTERE IN FORSE LA MIA IDONEITA’ IN QUESTO CONCORSO, E QUANTO NE DEVE E NE DOVREBBE CONSEGUIRE, CIOE’ LA PARTENZA PER IL CORSO DI FORMAZIONE!! Aspetto vostre notizie. Cordialmente
stante il SAPPe ha più volte segnalato la illegittimità della procedura nonché la protervia con cui l’Amministrazione ha ritenuto di disattendere i contenuti precettivi del bando di concorso, circa la nomina di componenti della Commissione esaminatrice in quiescenza. A seguito di dodici ricorsi (nove al Tar e tre al PdR) avanzati da alcuni candidati non idonei alla prova orale del concorso de quo, sono intervenute delle ordinanze del T.A.R. (e del C.d.S.) che hanno sospeso gli atti della procedura concorsuale, in particolare le singole valutazioni delle prove d’esame orale dei vari ricorrenti e, in alcuni casi, l’atto di nomina dei componenti della commissione concorsuale. La questione è molto controversa perché non ci sono precedenti giurisprudenziali specifici in materia. Per la risoluzione del problema il competente Dipartimento dell’Amministrazione
Egregio idoneo, il concorso pubblico, per esami, per il conferimento a 271 posti di allievo vice ispettore del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria, è oggetto di contenzioso amministrativo, nono-
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Penitenziaria, secondo il mio parere, ha a disposizione due soluzioni che possono salvaguardare la posizione dei candidati risultati idonei all’esito della prova orale del concorso. La prima soluzione potrebbe risiedere nella predisposizione di un provvedimento che disciplini la composizione delle commissioni d’esame in modo da costituire il presupposto di una soluzione normativa volta a superare la situazione in cui versa la procedura in oggetto. La seconda soluzione discutendo dell’efficacia inter partes ovvero erga omnes, trovandosi conseguentemente di fronte alla necessità di adottare provvedimenti amministrativi che, dando esecuzione alle ordinanze del giudice, ora, ed a tal proposito, preme evidenziare come, sotto un profilo generale, è principio pacifico quello secondo il quale degli effetti della pronuncia cautelare non si possono giovare soggetti terzi rispetto a quelli costituiti nel giudizio in cui la stessa interviene (cfr. Cons. Stato, VI, sent. n. 49/1982; sent. TAR Lazio, I, n. 1168/1985; sent. Cons. Stato, V, sent. n. 548/1986). In tali termini, si parla della c.d. “efficacia intuitu personae” dell’ordinanza cautelare. Poiché, dunque, le ordinanze di cui trattasi hanno espressamente sospeso gli atti di valutazione delle prove dei soli ricorrenti, ne consegue che – in caso di mancata impugnazione da parte di altri soggetti ritenuti non idonei - si devono ritenere vigenti nei confronti degli stessi le valutazioni di non idoneità agli stessi già riservate. In prima battuta, dunque, si può ritenere che le ordinanze cui dare esecuzione non abbiano efficacia generalizzata. Chiarito quanto sopra sotto un profilo sistematico, si deve valutare se dalla natura di “atto generale” del provvedimento di nomina dei membri della Commissione, oggetto del contenzioso al pari delle valutazioni di non idoneità dei singoli ricorrenti, possa discendere una “efficacia generalizzata” delle dette ordinanze. In questi termini, si rinviene un precedente giurisprudenziale del TAR Lombardia, Milano, secondo il quale “la sospensione degli effetti dell’atto impugnato disposta dal Giudice Amministrativo riguarda solo i soggetti ricorrenti, anche se l’atto sospeso abbia
carattere generale” (ord. TAR Lombardia, Milano, 11.2.1987, n. 326). Nel medesimo senso, è affermato sempre rispetto ad atti con valenza generale e indivisibile che “il contenuto decisorio dell’ordinanza cautelare del giudice amministrativo non acquista mai efficacia definitiva che, in ordine al caso concreto, acquisisce la sentenza finale inoppugnabile”(T.A.R. Lazio, sez. I, 16 ottobre 1985, n. 1188); legittimamente pertanto l’Amministrazione mantiene la validità ed efficacia dei giudizi di non idoneità a quei soggetti che non siano stati destinatari delle pronunce di sospensione. Ed, ancora, si è affermato che “se è vero che l’efficacia erga omnes caratterizza il giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo, non potendo logicamente l’atto annullato non esistere per alcuni soggetti ed esistere per altri, è anche vero che non sussistono ostacoli logici e giuridici a concepire la ‘sospensione dell’esecuzione’... di un atto (sia pure a contenuto generale) come naturaliter limitata tra le parti in causa ed a beneficio soltanto di alcuni soggetti e cioè di quelli che l’abbiano richiesta, e che tale è la (limitata) funzione che si deve riconoscere in linea di principio alle ordinanze sospensive” (TAR Calabria, sent. n. 340 del 22.7.1987). D’altra parte, conforme a tali principi è altresì la conclusione per cui “l’effetto c.d. caducante sull’atto conseguenziale può conseguire solamente a seguito di una pronunzia di annullamento dell’atto presupposto e non ad una semplice ordinanza cautelare di sospensiva dell’efficacia del provvedimento medesimo” (Consiglio Stato, sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3774). Alla luce di quanto sopra, dunque, non pare possa ritenersi che dalla natura di “atto generale” del provvedimento di nomina dei componenti della Commissione concorsuale possa discendere una “efficacia generalizzata” delle ordinanze di cui si discute. Se così fosse, infatti, sarebbe da ritenersi violato il principio secondo il quale le ordinanze cautelari esplicano i propri effetti in ambito circoscritto al solo giudizio nel quale sono emesse e non anche rispetto a giudizi differenti. Ciò precisato, si ritiene che la corretta
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esecuzione delle ordinanze di sospensiva Nella foto di cui si discute potrebbe consistere nella un incendio rinnovazione della prova orale e, conseguentemente, della valutazione, solo per i singoli ricorrenti, da parte di una commissione in diversa composizione rispetto a quella che ha operato la valutazione impugnata e sospesa. La circostanza – in disparte ogni valutazione in ordine alla fondatezza o meno dei ricorsi - comporterebbe l’indiscutibile beneficio processuale di produrre la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso per tutti i soggetti ricorrenti che
tale prova avessero sostenuto (e, si badi, non necessariamente superato). Consentirebbe altresì di mantenere inalterato l’effetto delle positive valutazioni dei soggetti già ritenuti idonei. Consentirebbe poi, si ritiene entro breve tempo, di procedere con la pubblicazione della graduatoria concorsuale, così tra l’altro imponendo ad eventuali altri soggetti interessati rimasti inerti fino ad oggi, di procedere con l’impugnazione anche di tale fondamentale atto della procedura (laddove, ovviamente, la mancata impugnazione della graduatoria stessa comporterebbe l’inammissibilità del ricorso mirato ad ottenere solo l’annullamento della valutazione di inidoneità o del provvedimento di nomina della Commissione). Nel bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, le esigenze di speditezza dell’azione amministrativa verrebbero a coincidere con quelle dei soggetti già valutati come idonei e sarebbero senza dubbio prevalenti rispetto a quelle di candidati giudicati non idonei che fossero fino ad oggi rimasti del tutto inerti e, quindi, all’apparenza disinteressati. I migliori auguri.
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Conoscenza, consapevolezza, sapere critico
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Nelle foto Vice Commissari schierati
da poco terminato questo importante step nel percorso di formazione che ci ha visti impegnati, per la terza volta, presso una struttura penitenziaria, in attività di tirocinio. Il giro di boa è portato a compimento ed al nostro rientro a scuola siamo pronti a portare la testimonianza di un’esperienza che, a differenza delle altre due, è connotata da una maggiore maturità e consapevolezza del ruolo rivestito, delle problematiche di questo lavoro ma anche di sfumature che difficilmente avremmo potuto cogliere nei tirocini precedenti. Già dal primo giorno di rientro all’I.S.P.P. siamo stati introdotti all’intensa attività didattica, con la restituzione – prima in aule separate, poi in seduta plenaria – delle esperienze vissute nelle sedi di tirocinio, alla presenza del Direttore della Scuola il quale è apparso soddisfatto del livello sino a questo momento raggiunto. Le poche settimane di didattica prima dell’inizio del prossimo (ed ultimo) periodo on the job saranno cruciali: alle materie sin qui trattate si è aggiunto il corso di difesa personale (Metodo Globale di Autodifesa) e di lingua inglese, fondamentali per una formazione moderna e completa. La fine di questo periodo di didattica dovrà anche coincidere con la consegna, da parte di ogni corsista, della proposta di titolo della tesi da discutere all’esame finale. L’adrenalina è alle stelle! Mario Salzano
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Girando sempre su se stessi, vedendo e facendo sempre le stesse cose, si perde l’abitudine e la possibilità di esercitare la propria intelligenza. Lentamente tutto si chiude, si indurisce e si atrofizza come un muscolo”. Camus Il cambiamento è la chiave di volta dell’evoluzione umana. Tutto si evolve, scorre, si modifica, per dirla alla maniera dei sofisti:“panta rei”. I corsisti sono tornati in sede, sono rientrati all’ISSP dopo aver superato l’esame dei tirocini, l’esame della vita vera in istituto. L’esperienza ha preso il posto dei manuali nella loro formazione, la divisa comincia ad aderire addosso come una seconda pelle. Sono tornati, non più come allievi inconsapevoli, ma con l’orgoglio dell’appartenenza al Corpo. Li attende un modulo particolarmente impegnativo. I corsisti saranno chiamati alla scelta del titolo della tesi finale, all’esame delle armi, alla disciplina delle arti marziali. Presto però dovranno partire di nuovo, dovranno lasciare quella che per alcuni mesi hanno considerato come la loro base operativa, il loro porto sicuro, la loro casa. Dovranno recarsi ancora in on the job per affrontare l’ultimo esame, quello che li condurrà verso il sapere critico, verso la loro meta. L’ Agogè la chiamavano gli Spartani, il processo attraverso il quale i giovani diventavano uomini. Così i giovani allievi entrati all’ISSP circa un anno fa si apprestano adesso ad affrontare la loro Agogè: diventare Commissari di questo glorioso ed antico corpo di Polizia. Ma nel frattempo, rientrati all’ISSP, c’è ancora un po’ di tempo per riabbracciare i vecchi amici, per ritrovarci ancora con lo staff dell’ISSP, con il dott. De Pascalis e il dott. Pandolfi per restituire le esperienze fatte in tirocinio, con il commissario Cuomo ed i tutor per confrontarci sugli impegni che verranno, per salutare colleghi che avevamo perso di vista, per imparare a conoscere le persone con cui domani
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cammineremo fianco a fianco lungo il difficile percorso della nostra professione. Coraggio colleghi, affrontiamo insieme quest’ultima parte del percorso! Gianluca Mazzei
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a pochi giorni, i corsisti neo funzionari del Corpo hanno fatto rientro all’ISSP. In attesa di vivere l’ultimo periodo in tirocinio, devono, entro la fine del mese, presentare il titolo della tesi da discutere subito dopo la fine del corso. Nel mentre le lezioni proseguono a ritmi serrati, nel corso di questo modulo molta attenzione è stata incentrata al corso di inglese ed alle armi. Dal cinque novembre prossimo, avrà inizio l’ultimo periodo on the job, con la possibilità per ognuno di perfezionare le proprie conoscenze professionali ed ultimare quindi il percorso negli istituti di tirocinio. Il ritorno a scuola, dalla maggior parte dei neo vice commissari, tutto sommato, è stato sicuramente positivo, forte il desiderio di ognuno di confrontare le proprie esperienze vissute in tirocinio e quindi di arricchire di contenuti le singole esperienze. Le sedi che ospiteranno per sette settimane i corsisti, complessivamente, restano le stesse dei predenti moduli, quindi con la possibilità di poter trascorrere, per chi ne abbia esigenza, periodi anche vicino alle residenze dei vice commissari. Completato l’ultimo tirocinio, inizierà la fase finale del corso, con l’attesa (sicuramente spasmodica) di conoscere le sedi oggetto di destinazione e quindi anche la piena immersione nella realtà quotidiana della vita d’istituto. Francesco Campobasso
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Sulmona: grande partecipazione di pubblico al giuramento degli Agenti del 164° Corso
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n giuramento inconsueto, suggestivo, spettacolare e in notturna quello degli Allievi del 164° Corso degli Agenti di Polizia Penitenziaria che si è svolto a Sulmona, davanti a un pubblico di 2.500 persone nell’ incantevole scenario di Piazza Maggiore allestita a campo di gara per la diciottesima edizione della Giostra Cavalleresca di Sulmona che si terrà nel prossimo fine settimana. Alle ore 21 il reparto degli Allievi Agenti, preceduto dalla banda dei Diavoli Rossi della città di Pianella, ha attraversato il centro cittadino fino ad entrare in Piazza Maggiore, dove il folto pubblico intervenuto era stato intrattenuto dagli sbandieratori, dai suonatori di chiarine e dai tamburini del Borgo San Panfilo in rappresentanza della Giostra Cavalleresca, associazione con la quale sia la Scuola sia gli Istituti Penitenziari di Sulmona intrattengono da sempre rapporti di collaborazione. Dopo l’ingresso della bandiera della Scuola, dei labari delle associazioni com-
battentistiche e d’Arma, dell’ Associazione Pensionati della Polizia Penitenziaria e del gonfalone della Città di Roccaraso insignito della Medaglia d’Oro al valore militare, alla presenza delle autorità politiche e militari della Regione, dei parenti degli allievi e della cittadinanza di Sulmona, il direttore della Scuola dott. Tullio Scarsella ha espresso il suo apprezzamento per i brillanti risultati conseguiti dai nuovi Agenti agli esami finali e li ha stimolati all’amore per il compito che dovranno svolgere nell’Amministrazione Penitenziaria. Il Comandante della Scuola Giuseppe Ninu ha pronunciato la formula del giuramento, espressa ad alta voce tra le ovazioni del pubblico entusiasta, e il Provveditore Regionale dell’Abruzzo e Molise, dott.ssa Bruna Brunetti, ha rivolto il suo saluto e manifestato la sua soddisfazione per il successo dell’evento. A conclusione della manifestazione il cappellano degli II.PP. di Sulmona, sac. Sante Inservili, ha recitato la preghiera a San Basilide.
Civitavecchia: una nuova segreteria per il Sappe
Rovigo: 6° Memorial Fabio Visentin
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radito ritorno tra le fila del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria di Marco Rasicci (nella foto con alcuni iscritti e Segretari posare per la scatto inaugurale) che ha ricostituito, nel mese di agosto, la storica Segreteria di Civitavecchia.
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Tra gli applausi di un pubblico partecipe, alle 22,30, il reparto ha lasciato Piazza Garibaldi lasciando il posto al Gruppo di Rappresentanza del Borgo San Panfilo. Giuseppe Ninu
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i è svolto il 12 Ottobre 2012 il 6° Torneo Interforze di calcetto Memorial Fabio Visentin presso il Palazzetto Comunale San Pio X di Rovigo organizzato e curato dalla Polizia Penitenziaria di Rovigo per ricordare Fabio Visentin Agente in forza presso la C.C. di Rovigo negli anni ’90 e scomparso prematuramente. La manifestazione ha avuto come protagoniste la squadre di: Carabinieri, Polizia di Stato, 5° Reggimento Artiglieria Contraerea, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato. Il primo posto è stato conquistato dal 5° Reggimento Artiglieria seguito da Polizia Penitenziaria, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e in ultimo dal Corpo Forestale. L'A.N.P.Pe. di Rovigo ha partecipato all'evento offrendo una Coppa (vedi foto
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con il Commissario Opipari della C.C. di Rovigo) e premiando con una targa il rappresentante della Polizia di Stato (nella foto con il Cav. Roberto Tramacere). R. T.
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Luca Pasqualoni Segretario Nazionale ANFU pasqualoni@sappe.it
Messina: Medaglia d’Oro alle Olimpiadi cinofile per l’ Ispettore Mariano Cutugno
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Nelle foto in alto l’Ispettore Cutugno mostra, orgoglioso, le medaglie conquistate sopra ancora Cutugno con il Maresciallo Rappazzo sotto il Team dell’ ACDOS
Operazione interforze, collaborazione tra le forze dell’ordine: frasi che si rivolgono a ben altri contesti ma che ci piace riportare per far conoscere a tutti i lettori il frutto di un’amicizia nata per caso e che ha portato a costituire l’Associazione Cinofila Dog Obedience Society Acdos. Gli istruttori Mariano Franco Cutugno Ispettore Capo della Polizia Penitenziaria in servizio a Messina - e Antonio Ugo Rappazzo - Maresciallo Capo Carabinieri di Barcellona P.G. - con impegno e passione sono riusciti a portare avanti un progetto di assoluto rilievo considerato che queste discipline nel sud Italia sono ancora poco praticate. Progetto che ha portato ad un crescendo di risultati, in ultimo quelli provenienti dalla partecipazione ai Dog Olympic Games 2012 (Olimpiadi Cinofile) che si sono svolti nella località di Lignano Sabbiadoro dal 19 al 23 settembre 2012. L’Acdos ha partecipato con 11 cani e 9 conduttori ed a conclusione della tre giorni olimpica il bottino è stato di ben 12 medaglie che ha permesso al team di distinguersi tra 1200 partecipanti provenienti da 15 nazioni dell’Europa. Il nostro Ispettore di Polizia Penitenziaria si è distinto con la sua Lady, bellissimo esemplare di border collie, nella specialità Disc Dog Freestyle Open vincendo la medaglia d’argento e 4° classificato in Disc Dog Distance Open; con Schiningstar, altro esemplare di border collie, ha vinto la medaglia d’oro nella disciplina combinata di RallyObedience Elite e 5° classificato nella RallyObedience Elite Classe 3, nonché un 5° posto in Obedience classe debuttanti. Per dovere di cronaca si riportano comun-
que gli altri risultati più importanti del team Acdos: Antonio Rappazzo e Scoobydoo (Border-Collie) Oro nel Disc Dog Freestyle Elite e Argento nel Disc Dog Distance Open; Antonio Rappazzo e Sabbia (Labrador) Bronzo nella Rally-Obedience Open Classe 2; Petronilla Bonavita e Ermes (meticcio di Pastore Tedesco) Argento nella Rally-Obedience Open classe 1; Stefano Greco e Ariel (meticcio di Pastore Tedesco) 4° classificato nella Rally-Obedience Open classe 1; Antonio Rappazzo e Sabbia (Labrador) 5° classificato in Obedience classe 1; Barbara Soprani e Ghighi (Border Collie) argento in Obedience classe debuttanti. Non da meno i restanti componenti del team, che hanno occupato ottimi piazzamenti nella disciplina Rally-Obedience Open classe 1: Iolanda Gitto e Pupetta (meticcia di volpino); Cosma Catalfamo e Ares (Dobermann); Cristina Filocamo e Tequila (meticcio di cirneco dell’Etna). E’ ovvia la soddisfazione che serpeggia in entrambi gli istruttori che speranzosi che i risultati ottenuti siano di buon auspicio per ulteriori traguardi unitamente a tutto il team. Riferiscono che da subito continueranno la loro attività per un prossimo obiettivo importante che potranno essere i Mondiali Cinofili. L’Associazione cinofila si trova in via Eolie a Barcellona P.G., e offre corsi di educazione di base e risoluzione di problemi comportamentali e chiunque abbia voglia di divertirsi col proprio cane può entrare a farne parte, imparando a comprendere il linguaggio degli amici a quattro zampe per meglio comportarsi con loro. L’Acdos consegna inoltre, dietro superamento di un esame, dei patentini di Buon cane cittadino, e svolge attività di Dog trekking. Sito internet: http://www.dogobediencesociety.it/index.htm
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Ritenuta previdenziale del 2,50% a carico del lavoratore. Illegittimità
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a Corte Costituzionale con la sentenza 223/2012 dell’8 ottobre 2012, ha dichiarato, tra l’altro, la illegittimità dell’articolo 12, comma 10, del Decreto legge n. 78 del 2010 in riferimento alla violazione degli articoli 3 e 36 della Costituzione. In particolare, la Corte ha osservato in merito quanto segue. Fino al 31 dicembre 2010 la normativa imponeva al datore di lavoro pubblico un accantonamento complessivo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50% calcolato sempre sull’80% della retribuzione, quando la pregressa e differente normativa prevedeva un accantonamento determinato su una base di computo inferiore e, a fronte di un miglior trattamento di fine rapporto, esigeva la rivalsa sul dipendente. Invero, nel nuovo assetto dell’istituto determinato dalla norma impugnata la percentuale di accantonamento opera sull’intera retribuzione, con la conseguenza che il mantenimento della rivalsa sul dipendente, in assenza peraltro della fascia esente, determina una riduzione della retribuzione e, nel contempo, la diminuzione della quantità del trattamento di fine rapporto maturata nel tempo. Pertanto, la disposizione censurata, a fronte della estensione del regime di cui all’articolo 2120 del cod. civ. (ai fini del computo di TFR) sulle anzianità contributive maturate a far tempo dal 1° gennaio 2011, determina irragionevolmente l’applicazione dell’aliquota del 6,91% sull’intera
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retribuzione, senza escludere nel contempo la vigenza della trattenuta a carico del dipendente, pari al 2,50% della base contributiva della buonuscita, operata a titolo di rivalsa sull’accantonamento per l’indennità appunto di buonuscita, in combinato disposto con l’articolo 37 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032. Ne deriva che, nel consentire allo Stato una riduzione dell’accantonamento, irragionevole perché non collegata con la qualità e quantità del lavoro prestato e perché, a parità di retribuzione, determina un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore del lavoro, la disposizione impugnata viola per ciò stesso gli articolo 3 e 36 della Costituzione. Sulla scorta, pertanto, delle suddette argomentazioni la Corte Costituzionale ha, quindi, pronunciato l’illegittimità costitu-
zionale dell’articolo 12, comma 10, del D.L. n. 78 del 2010 convertito con Legge 122/2012, nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’articolo 37, comma 1, del D.P.R. n. 1032 del 1973. Dunque, la Corte Costituzionale mediante una sentenza c.d. ablativa, nell’ambito della più ampia categoria delle decisioni manipolative, valutando impossibile superare la censurata incostituzionalità per via di interpretazione, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la disposizione de qua nella parte in cui non esclude a carico del dipendente la ritenuta previdenziale del 2,50%. Si tratta di sentenza particolarmente importante, dal momento che le somme indebitamente trattenute in questi due anni riguardano circa 3.350.000 dipendenti pubblici.
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Appare, pertanto, ragionevole ritenere che, in occasione della prossima approvazione della Legge di stabilità, ex Legge finanziaria, l’Esecutivo possa prevedere forme di dilazione dei rimborsi in questione, alla luce sia del numero di soggetti interessati dagli stessi sia in considerazione della rilevante crisi economica ancora in atto. Non rimane, pertanto, allo stato, che attendere le apicali determinazioni tecnico-politiche, prima di intraprendere ogni possibile ed eventuale iniziativa di recupero.
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a cura di Giovanni Battista De Blasis
Sotto massima sorveglianza
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In alto la locandina sotto alcune scene del film
utger Hauer, indimenticabile androide di Blade Runner, impersona in questo film Frank Warren un abile ladro autore di un clamoroso furto di diamanti per il quale finisce in galera. La galera, però, non è un carcere normale ma il penitenziario Holiday Prison, carcere modello dal quale è impossibile fuggire a causa di un collare elettronico, attivato a coppie di detenuti, che può esplodere se il proprio compagno, peraltro sconosciuto, si allontana per più di cento metri. A rendere ancor più dura la detenzione di Warren, si aggiungono le persecuzioni del direttore Warden Holiday che mira ad impossessarsi dei diamanti rubati con l’aiuto di due complici di Frank, l’amante Noelle e il suo ex compagno d’armi Sam. Il regolamento della prigione permette ai detenuti di appartarsi con un partner consenziente per soddisfare desideri sessuali. Anche questo aspetto, però, creerà ulteriori
guai a Frank per via di un grosso antagonismo con Emerald, gigantesco nero che tiene sotto controllo gli altri detenuti in collaborazione con il direttore. Warren scopre che la detenuta Tracy Riggs è la sua corrispettiva del collare e tenta di fuggire con lei. Ucciso il nero Emerald i due riescono a fuggire e, pur braccati dalla polizia, si rifugiano in un motel dove passano una notte d’amore. Qui compaiono a sorpresa Sam e Noelle che dichiarano di voler aiutare Frank nella fuga e, allo stesso tempo, cercano di metterlo in guardia su Tracy che, a loro dire, è una collaboratrice del direttore Holiday. La vicenda, però, evolve in un crescendo di violenza laddove Noelle uccide Sam e tenta di far fuori anche Frank che viene salvato da Tracy, pentita del tradimento e ormai innamorata di lui. Frank Warren, a questo punto, riesce a disattivare i collari esplosivi e a liberarsi di loro raggiungendo una vecchia Chiesa diroccata dove si trovavano nascosti i soldi ricavati dalla vendita dei diamanti. Qui, però, viene raggiunto da Noelle e da Holiday che l’hanno seguito grazie ad una radiospia inserita nella sua automobile, ed è costretto a consegnare loro tutto il danaro recuperato. Insieme al denaro, però, Frank consegna di nascosto a Noelle
Regia: Lewis Teague Titolo originale: Deadlock Soggetto e Sceneggiatura: Broderick Miller Fotografia: Dietrich Lohmann Montaggio: Carl Kress Musiche: Richard Gibbs Scenografia: Winnifred Clements, Stephen M. Chudej, Penny Hadfield Produzione: Branko Lustig - Chris Sacani - Broderick Miller Distribuzione: ITC - Chance Film - Eden Video, Multivision, Video Più Entertainment Personaggi ed Interpreti: Frank: Rutger Hauer Tracy: Mimi Rogers Noelle: Joan Chen Deborah: Belle Avery
anche l’esplosivo estratto dai due collari così che quando la perfida donna tenta di far esplodere i collari dell’ex amante e di Tracy finisce per far esplodere se stessa e l’elicottero sul quale era a bordo insieme al direttore Holiday. Happy end con Frank e Tracy liberi e innamorati.
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Sam: James Remar Emerald: Basil Wallac Jasper: Grand L. Bush Melanie: Marcie Jo Warren Direttore Warden Holliday: Stephen Tobolowsky Capo delle guardie: Ismaele E. Carlo Guardia: Richard Girlbert Hill Puce: Denis Forest Sergente: Ed Crick Michael Travis: Preston Maybank Beverly Salinger: Sherri Paysinger Teal: Glenn Plummer Senator Travis: Albert Stratton Senatore A. Tudal: Charles Walker
Genere: Fantasy - Prison movie Durata: 101 minuti Origine: USA, 1991
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Aldo Di Giacomo Consigliere Nazionale del Sappe digiacomo@sappe.it
Il carcere di Pianosa
I Nelle foto sotto una veduta del porto dell’isola a destra l’ingresso del carcere
l carcere di Pianosa nasce nel 1863 con apposito decreto del Ministero dell’Interno, che approvò regolamento e norme per la Colonia Penale di Pianosa. L’anno seguente fu terminato un edificio in grado di ospitare 350 carcerati, ma nel 1872 si preferì dividere l’isola in diversi centri di produzione agricola detti poderi dislocando così i reclusi in piccole comunità. Fu in questi anni, che Pianosa venne quasi completamente edificata, fino ad assumere, a grandi linee, l’aspetto attuale. Morirà in quel periodo a Pianosa l’anarchico Passanante, attentatore di re Umberto I.
Nel 1869 un Decreto Regio istituì la colonia penale di Gorgona, come succursale di Pianosa, rendendola poi autonoma con 250 reclusi quattro anni dopo. Nel 1880 il carcere ospitava ben 960 reclusi. A partire dal 1884, nella Casa Penale di Pianosa vennero trasferiti dalle carceri di tutta Italia i detenuti ammalati di t.b.c., che si unirono così ad altri già presenti sull’isola, rimanendovi fino al 1965. Il trattamento dei detenuti tubercolosici avveniva in tre strutture: Preventorio (attuale Centrale) dove venivano accolti i supposti malati per le prime visite; il Sanatorio (attuale Agrippa) un ospedale ben attrezzato per la cura delle malattie polmonari; il Convalescenziario dove i detenuti guariti trascorrevano un periodo di convalescenza. Dal 1860 al 1946 i deceduti
per tale malattia ammontavano a circa 2350, e numerosissimi furono i reclusi trattati nelle strutture ospedaliere di Pianosa, è da tener comunque presente che i malati godendo di vitto, alloggio e disciplina migliori di quelli degli altri carcerati, probabilmente molti comuni detenuti riuscirono a farsi passare per ammalati. Il botanico Somier, recatosi più volte sull’isola nel periodo a cavallo tra i due secoli, compilò un breve censimento della popolazione residente sull’isola nel 1909: «Tutta la popolazione libera di Pianosa consiste in un direttore, un vicedirettore, un contabile, un segretario, due computisti, un’agronomo con due assistenti, due medici, un prete, una maestra elementare, un rappresentante della Navigazione Generale, che cumula le mansioni di ufficiale postale, ufficiale dello stato civile ecc., due fanalisti, una guardia di finanza, uno spazzino comunale, il guardiano del laboratorio batteriologico e due barcaioli proprietari delle due botteghe. Le guardie carcerarie sono un’ottantina. Vi è poi un presidio di 40 soldati comandato da un tenente, i condannati erano 800. Può destare curiosità la presenza di un laboratorio batteriologico, per tenervi gli animali ai quali si inoculano malattie infettive. In prossimità è stato costruito un piccolo forno crematorio dove questi animali venivano poi inceneriti«. Fu ospite della diramazione del Sembolello nel 1932 anche il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini, incarcerato per motivi politici. In quegli anni a Pianosa abitavano circa 60 famiglie, forse è il momento di maggior presenza di civili a Pianosa. Nel 1938 venne installato sull’isola il primo motore diesel per la produzione di energia elettrica a 160 volt. L’energia elettrica è stata sempre fornita da motori diesel fino ai primi anni ‘90, quando l’isola venne collegata all’Elba mediante un cavo sottomarino.
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Con la disponibilità di energia elettrica, i pianosini poterono vivere i primi anni del secondo conflitto mondiale ascoltando per radio le notizie dai vari fronti, ma tra il 16 e il 17 settembre 1943 l’Isola d’Elba e Pianosa venivano investite da paracadutisti tedeschi, cui poco dopo seguivano sbarchi di uomini e materiali. Iniziava l’occupazione che sarebbe durata nove mesi. Il 19 marzo 1944 una piccola pattuglia di truppe franco-coloniali, provenienti dalla Corsica, sbarcava sull’isola. Seguì un breve scontro, nel quale persero la vita un sottufficiale tedesco e, per errore, un agente di custodia. I francesi si allontanarono por-
tando via una quarantina di ostaggi, tutti Agenti di Custodia. A quei tempi gli Agenti indossavano una divisa nera, e vennero forse scambiati per fascisti. Un mese dopo, il 17 aprile 1944 un bombardiere alleato sganciò alcune bombe presso il carcere, il bilancio fu di sei morti, tutti italiani, tra cui il medico del carcere, il comandante degli agenti di custodia, un impiegato e tre reclusi. Il 16 giugno iniziava l’operazione Brassard, cioè l’invasione dell’Elba da parte delle forze golliste francesi. A Pianosa furono destinati reparti di commandos e truppe d’assalto coloniali. La fine delle ostilità significava per Pianosa il ritorno alla sua funzione originaria, cioè luogo di reclusione e pena. Non pochi, infatti, furono gli ex-fascisti e i reduci della
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La tranquilla routine veniva talvolta interrotta dai veri o presunti tentativi di rivolta o evasione da parte dei reclusi meno adattabili alla detenzione sull’isola. In sintonia con i cambiamenti in atto nel Paese, gli anni ‘70 segnarono una brusca interruzione nel clima generalmente sereno dell’isola. Ad alcuni momenti festosi, come l’arrivo, ogni estate, dei calciatori di serie A, impegnati in tornei calcistici con gli Agenti di Custodia e i reclusi, si alternarono avvenimenti illeciti o violenti, come il traffico delle donnine e l’omicidio, nel 1974, del direttore del carcere Massimo Masone, ad opera del detenuto addetto ai servizi della foresteria. In quegli anni vennero costruiti una pista di atterraggio per piccoli aerei e il nuovo pontile di attracco; per volere del Generale Dalla
Chiesa la Diramazione Agrippa (l’ex Sanatorio) fu trasformata in carcere di massima sicurezza e nel 1979 venne portato a termine il nuovo muro di cinta in cemento armato, vera barriera fisica ma anche simbolica che divise così l’isola in due comunità ben distinte: i reclusi e i liberi. Nonostante la pesantezza del clima carcerario instauratosi sull’isola durante gli anni di piombo, già nel 1970 troviamo la prima proposta di creazione di un Parco Naturale a Pianosa, ad opera del Gruppo di Ricerche Scientifiche e Tecniche Subacquee di Firenze (G.R.S.T.S.), alla quale è seguito però un lungo silenzio da parte delle autorità competenti, rotto soltanto dall’istituzione di una riserva marina nel 1979, attuata solo sulla carta. Negli anni ‘80 si comincia a prospettare, da più parti, l’ipotesi di chiusura del carcere e la restituzione di Pianosa alle competenti
autorità civili, in previsione di questa possibilità, il numero dei reclusi viene drasticamente ridotto e di conseguenza cessano le varie attività svolte dai detenuti. E’ da tenere presente che a questa data non esisteva nulla di ufficiale per un eventuale rilancio di Pianosa. Nel persistere di questa situazione di stallo, in seguito all’emergenza dettata dagli attentati ai magistrati Falcone e Borsellino, il governo decide la immediata riapertura del carcere di massima sicurezza sull’isola, relegandovi i detenuti per reati di tipo mafioso. Questa nuova situazione trasforma Pianosa in una fortezza, inaccessibile a tutti, con la sezione Agrippa a sua volta separata dal resto dell’isola; Pianosa viene vigilata giorno e notte da Polizia Penitenziaria, Ca-
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rabinieri, Polizia e vengono istituiti rigidissimi divieti di sorvolo e di navigazione nelle acque circostanti. L’emergenza si protrae fino al luglio 1997, quando l’ultimo detenuto per mafia viene trasferito dall’isola ad altre sedi di reclusione sul continente, e per il carcere di Pianosa si ricomincia a parlare di chiusura. Una chiusura quasi definitiva nell’agosto del 1998, non essendo rimaste sull’isola che poche Forze dell’Ordine con compiti di vigilanza e di guardia alle strutture. Con l’istituzione dell’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano (Decreto del Presidente della Repubblica 22/7/96) il territorio di Pianosa risulta formalmente inserito nel Parco e le sue acque lo saranno poco dopo. Il futuro di Pianosa rimane al momento ancora incerto. Attualmente sull’isola ci sono una decina di detenuti in semilibertà i quali gestiscono un ristorante aperto il periodo estivo e cercano di fermare la rovina degli edifici, e una sparuta pattuglia di Polizia Penitenziaria vive ancora la solitudine di Pianosa. Vengono dal carcere elbano di Porto Azzurro. L’esistenza di un Ente quale il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano dovrebbe comunque costituire una valida garanzia per la salvaguardia e il mantenimento del notevole patrimonio archeologico e ambientale presente sull’isola, nonché la definitiva restituzione di Pianosa al mondo libero, conosciuta non più come luogo di sofferenza ma esclusivamente per le sue bellezze e la sua storia.
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Nelle foto sopra un’ immagine satellitare dell’isola di Pianosa da sinistra il muro di cinta e la porta carraia sotto Agenti di Custodia in una vecchia foto del 1954 (per gentile concessione di Fabrizio Minicozzi, il padre Antonio è il primo a sx)
Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it
La banda Baader-Meinhof
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el mese di settembre, nell’ambito di un progetto d’interscambio tra Sindacati della Polizia Penitenziaria, con una delegazione del S.A.P.Pe., mi sono recato in Germania e lì ho avuto modo di visitare gli Istituti penitenziari di Brandeburgo e Berlino nei quali il trattamento, seppur demandato agli stati federali (Länder), trova piena attuazione grazie soprattutto al lavoro che ne costituisce l’elemento fondamentale. Non è mia intenzione dilungarmi sul sistema penitenziario tedesco bensì, prendendo spunto dalla visita nelle carceri, voglio raccontarvi la storia di un’organizzazione terroristica che vide l’epilogo dei suoi capi proprio in un carcere tedesco e che, conosciuta inizialmente come la banda Baader-Meinhof, nel giro di pochi anni, divenne l’organizzazione terroristica più temuta della Germania. La Rote Armee Fraktion (Frazione Armata Rossa), comunemente denominata R.A.F., è ritenuta l’organizzazione terroristica di sinistra più violenta del dopoguerra in Germania. Fondata il 14 maggio 1970 da Andreas Baader (capo e teorico del gruppo), Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin e Horst Mahler si è resa responsabile di numerose operazioni
Nelle foto in alto Andreas Baader a fianco Ulrike Meinhof al centro Gudrun Ensslin
terroristiche causando 34 vittime e con 21 membri della stessa RAF uccisi. Fu scelto il nome Rote Armee Fraktion per chiarire che gli esponenti dell’organizzazione si ritenevano appartenenti (Fraktion è traducibile come un plotone) ad un unico grande movimento di lotta marxista internazionale, al quale partecipavano organizzazioni d’estrema sinistra di altri paesi. Ulrike Meinhof è una giornalista; si reca in carcere per intervistare una donna arrestata a seguito di una manifestazione studentesca degli anni sessanta, degenerata in scontri di piazza con la polizia. La donna è Gudrun Ensslin che è anche la compagna politica e di cuore di Andreas Baader.
La giornalista, affascinata dalla forza delle loro idee e dell’azione politica, aiuta la Ensslin a far evadere il suo compagno nella primavera del ‘70. L’evasione di Baader sancisce la nascita della RAF e avvia alla clandestinità la Meinhof. Elaborato il manifesto programmatico del gruppo armato, la Meinhof, segue i compagni nei campi militari palestinesi, dove sono addestrati alle armi e alla guerriglia urbana. Baader, Meinhof e Gudrun, rientrati in pa-
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tria, iniziano a rapinare banche, a compiere attentati dinamitardi e omicidi per abbattere il capitalismo. La guerra terroristica turba e disorienta l’intera Germania, scuote l’indifferenza della borghesia, mette in crisi il meccanismo di rimozione del dopoguerra. Fra l’1 e il 15 giugno del 1972 Baader, Meinhof e i militanti armati del suo gruppo: Jan-Carl Raspe, Holger Meins e Gudrun Ensslin, vengono catturati definitivamente nei dintorni di Francoforte al termine di un esasperato conflitto a fuoco. Baader, Ensslin e Raspe, furono riconosciuti colpevoli di quattro omicidi e di 54 tentati omicidi, in quello che fu individuato come il più lungo e costoso processo della storia tedesca. Gli arrestati appartengono alla prima generazione di terroristi che finisce in carcere, condannati a 5 anni in isolamento a Stammheim; per loro si allestiscono prigioni ad alta sicurezza, dove le condizioni di detenzione sono durissime. Le azioni terroristiche attribuibili alla RAF sono numerosissime e spaziano nell’arco temporale di un ventennio, nel quale si sono alternate tre generazioni di terroristi. Nel 1974, nel corso di un sequestro fallito, muore il presidente del Tribunale di Berlino; l’anno successivo viene rapito il capo della Cdu (Christian Democratic Union of Germany) Peter Lorenz, che viene in seguito liberato solo dopo il rilascio di cinque prigionieri della RAF. Nel 1976, alcuni militanti della RAF uccidono il Procuratore Generale Buback e il Presidente della Dresder Bank, Jürgen Ponto. Il periodo sicuramente più intenso della sua storia è l’autunno del 1977, quando la RAF si configura tra le maggiori responsa-
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bili di un drammatico momento di crisi nazionale: il cosiddetto autunno tedesco. Il 5 settembre del 1977, un commando della seconda generazione della Raf rapisce, uccidendo le quattro persone di scorta, il presidente degli industriali tedeschi, Hanns Martin Schleyer, ex ufficiale delle SS, e chiede al governo la liberazione di 11 carcerati, compresi i compagni di Stammheim. L’allora cancelliere Helmut Schmidt rifiuta il ricatto e adotta la linea dura. La tensione cresce fino al 13 ottobre, quando quattro palestinesi dirottano un Boeing 737 della compagnia aerea Lufthansa, partito da Palma di Maiorca e diretto a Francoforte, sequestrando le ottantotto persone a bordo.
Il collegamento con la RAF è evidente perché i dirottatori avanzano le stesse richieste dei rapitori del capo degli industriali: la liberazione di undici militanti detenuti in Germania, quella di due militanti del Fronte di Liberazione della Palestina tenuti prigionieri in Turchia e la somma di un milione di dollari. Dopo atterraggi in diversi aeroporti, tra i quali anche lo scalo romano di Fiumicino, il Boeing atterra a Mogadiscio dove, con l’assenso del presidente Siad Barre, nella notte del 18 ottobre, le teste di cuoio tedesche (GSG-9) liberano passeggeri ed equipaggio e uccidono tre dei quattro dirottatori. Nelle stesse ore del mattino, sono rinvenuti morti nel carcere di massima sicurezza di Stammheim nei sobborghi di Stoccarda: Baader e Jan-Carl Raspe con un colpo di pistola alla testa e Gudrun Ensslin impiccata; mentre Irmagard Moeller, pur presentando numerose ferite da coltello, si salverà. Accanto alla versione ufficiale fornita, quella del suicidio collettivo, vi sono nume-
rosi scritti che attribuiscono le morti dei tre terroristi ad un’esecuzione sommaria. Non ci saranno mai inchieste, ma i dubbi resteranno sulla cosiddetta Notte della Morte. Secondo la tesi del complotto, furono rinvenuti resti di sabbia sugli abiti delle vittime, simile a quella di Mogadiscio, che hanno alimentato l’ipotesi di un loro trasferimento in quel luogo, forse per trattare con i dirottatori; la congettura però non risulta mai essere stata provata. Nei sei giorni successivi sarà ritrovato nel portabagagli di un’auto anche il corpo senza vita di Hanns Martin Schleyer. Alcuni degli esponenti politici di allora e diversi giornalisti, ancora oggi, sono convinti della necessità di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sul suicidio collettivo e su come sia stato possibile che A. Baader e Jan-Carl Raspe si siano potuti togliere la vita a colpi di pistola la mattina del 18 ottobre 1977. La domanda, a cui oggi non è stata data ancora alcuna risposta, è: com’è possibile che i detenuti fossero in possesso di armi da fuoco nelle loro celle? Nei primi anni ottanta, la RAF con la sua terza generazione, si alleò con il gruppo francese Action directe. L’esplosione di una bomba che distrusse una prigione a Weiterstadt nel 1993, risulterebbe essere stato l’ultimo colpo di coda della RAF. L’epilogo della RAF avvenne nell’aprile del 1998, quando una lettera recapitata alla Reuters, dichiarava ufficialmente disciolto il movimento. Il 27 marzo del 2007, il tribunale di Stoccarda ha deciso il rilascio di Brigitte Mohnhaupt, 57 anni, una delle ultime terroriste della Raf a cui Baader, dopo il suo arresto, aveva affidato il compito di riorganizzare le fila disperse della RAF. Condannata a diversi ergastoli per sequestri e uccisioni negli anni di piombo e ritenuta una delle figure storiche del terrorismo tedesco, la
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donna lascerà il carcere di Aichach (Baviera), dopo 24 anni di detenzione. I giudici hanno motivato la loro decisione con il fatto che l’ex terrorista non rappresenta più un pericolo per la società. Arrestata nel 1982, Brigitte Mohnhaupt fu condannata nel 1985 a cinque ergastoli più altri 15 anni di carcere per i sequestri e le uccisioni di nove persone, tutte nel 1977, tra cui: il Presidente degli industriali tedeschi Hanns Martin Schleyer, il Procuratore Generale federale Siegfried Buback e il Presidente di Dresdner Bank Jürgen Ponto. A giugno dello scorso anno è uscita dal carcere tedesco di Bad Kleinen, nell’estremo nord della Germania, l’ultima ex terrorista della RAF: Birgit Hogefeld. Condannata a tre ergastoli, le è stata concessa la libertà condizionale alla prima revisione prevista per la sua detenzione, dopo quindici anni di carcere. Nelle motivazioni del rilascio, il giudice ha scritto che «l’autrice del reato si è chiaramente allontanata dalla RAF, e da parte sua ha assunto la responsabilità personale per i crimini commessi». Hogefeld, 54 anni, che nel maggio 2010 si era vista rifiutare la grazia dal Presidente della Repubblica, ha scontato 18 anni di prigione. Si suppone che le stesse Brigate Rosse ebbero collegamenti con la RAF, tale supposizione è confermata dalle memorie della brigatista Anna Laura Braghetti e da un’intervista a Mario Moretti. Alla prossima...
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Nelle foto sopra il carcere tedesco di Stammheim a sinistra il Boeing della Lufthansa sotto Birgit Hogefeld
a cura di Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it
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uasi venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato quindici e più anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.
La copertina e la vignetta del numero di novembre 1996
L’omicidio Bonincontro di Giuseppe Romano
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uscetta viene gratificato di colloqui straordinari in carcere, nel senso che entravano delle persone del calibro di Bontade, Michele Greco, Giuseppe Calderone, Nino e Rosario Riccobono (latitante) e in un angolo dell'ufficio matricola colloquiavano e avevano la possibilità di parlare con qualsiasi persona. Buscetta dice che fino al 1977 quando lui voleva, lo faceva. Telefonava in Brasile a sua moglie e lo faceva quando voleva e il giorno da lui stabilito: «...quando alle volte veniva mia moglie per periodi di 15-20 giorni, un mese, facevo dei colloqui tutti i giorni, sempre alla matricola e senza permesso dei giudici ... ». E' in questo clima politico di indifferenza verso il fenomeno mafioso che operano centinaia di Agenti di Custodia lasciati alla mercè di criminali spietati, abbandonati a se stessi dai propri superiori, ed è proprio in quell'ufficio matricola più volte menzionato nelle sue dichiarazioni che incontriamo la figura del brigadiere Attilio Bonincontro, Capo ufficio matricola e uomo simbolo dell'Ucciardone ucciso sotto casa la sera del 30 novembre del 1977. Arruolatosi nel 1945, nel 1954 dopo un breve periodo passato a Nicosia, Bonincontro venne trasferito all'Ucciardone. Nel suo stato di servizio dal 1948 in poi figurava sempre la parola ottimo; era stato promosso brigadiere nel 1963. Per 23 anni e 5 mesi Bonincontro aveva prestato servizio dalle ore 7:30 alle 13:30 e dalle ore 15:30 alle 18:30. Stressato dal lavoro aveva chiesto ed ottenuto di mettersi in ferie con il 1° di dicembre. La sera prima lo assassinarono. Bonincontro era l'archivio vivente dell'Ucciardone. Giunto all'Ufficio Matricola nell'epoca calda della Banda Giuliano, dal suo ufficio erano passati almeno tre generazioni di malviventi e altrettante di avvocati e magistrati. Si trovava lì quando fu avvelenato Pisciotta (luogotenente di Salvatore Giuliano n.d.r.) e anche quando fu avvelenato Angelo Russo (1956) altro componente della banda. Nel 1957, dopo la violenta sommossa che aveva devastato gran parte dell’Ucciardone, Bonincontro era stato costretto ad un duro e difficile lavoro di ricostruzione di registri e schedari. Se l'era cavata egregiamente. Alla fine degli anni ’60 aveva conosciuto i big della mafia siculoamericana da Genco Russo a Frank Coppola, da Gaspare Magaddino a Paolino Bontà, da Vincent Martinez a John Bonventre, da Diego Plaia a Vincenzo e Filippo Rimi. LA CRONACA Il Brigadiere Bonincontro quando era di buonumore diceva che non appena in pensione avrebbe potuto scrivere un libro sulla
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storia dei personaggi che in 23 anni si erano susseguiti all’Ucciardone e di cui aveva registrato nominativi e impronte digitali. Ma Bonincontro non scriverà mai il suo libro, verrà crivellato da sette colpi di pistola. Ricostruiamo le fasi dell'omicidio così come ci viene descritto dal cronista dell'epoca. Attilio Bonincontro è rimasto fino alle 20,00 all’Ucciardone ed è uscito dalle carceri disarmato come sempre; a tutti era solito dire: «Ho fatto solo del bene e non temo nulla », si è messo al volante della sua 500 per fare ritorno a casa dove l'attendeva la moglie Angela Lo Jacono. Bonincontro ha posteggiato la vettura a pochi metri dallo stabile dove abitava al n.218 di via Sanpolo. Davanti all'ingresso dell'edificio viene avvicinato da due giovani sui vent'anni che iniziano a discutere animatamente con il brigadiere per circa un minuto. Bonincontro tronca il dialogo e si avvia a passi svelti verso l'atrio del palazzo. La portiera preme il pulsante elettrico che fa scattare la serratura. Dopo lo scatto Bonincontro entra e sta per chiudere quando i giovani gli sparano davanti impedendogli di chiudere, probabilmente uno dei due ha inserito il piede tra i battenti. l due giovani tirano fuori le pistole e aprono il fuoco. Il Brigadiere viene raggiunto da sette proiettili cal. 7,65 alla nuca e al volto, quindi, con estrema rapidità i due fuggono a bordo di una Fiat 128 (che risulterà rubata dieci giorni prima) ritrovata abbandonata mezz'ora dopo in via Maggiore Toselli a poche centinaia di metri dal luogo del delitto. Attirati dai colpi di pistola escono da una vicina trattoria, per accertarsi dell'accaduto, i clienti del locale. Il delitto non ha tolto loro l'appetito visto che subito dopo tornano a mangiare! Pochi minuti dopo avvisato il 113 giungono sul luogo il vice questore Boris Giuliano, il Dirigente della Criminalpol Bruno Contrada, il Magistrato di turno Domenico Signorino (personaggi ai quali la mafia ha stroncato la vita come Giuliano assassinato e Signorino suicida dopo le dichiarazioni di un pentito, o la carriera come Contrada processato per collusione con la Mafia). Alle 20.55 una telefonata al giornale L'ora con frasi smorsicate che parlano di un gruppo politico e rivendicano la morte di un aguzzino. Ma pare subito un'abile manovra per sviare le ricerche, poichè il giorno scelto per l'esecuzione c'era lo sciopero dell'informazione con conseguente ritardo della pubblicità al caso. Gli inquirenti scavano nel passato di Bonincontro non rilevando alcuna ombra; egli godeva di buona fama ed un certo prestigio all'interno dell'Ucciardone. Tutti sono concordi nell'affermare che il Brigadiere trattava i detenuti con molta umanità non tralasciando di venire incontro ai
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loro bisogni. Era insomma considerato come un intoccabile ed a sottolineare la figura del personaggio gioca anche il particolare che Bonincontro non era mai armato. Un delitto che comunque ha una sua chiave di lettura all'interno dell'Ucciardone. Bonincontro, quale Capo ufficio matricola, redigeva per ogni aspirante ai benefici introdotti con la riforma del 1975, la relazione illustrativa del comportamento del detenuto e delle possibilità o meno di un suo reinserimento nella vita sociale. Una relazione, in un certo senso, vincolante della decisione camerale del Tribunale di Sorveglianza. Bastava così che Bonincontro predisponesse una relazione negativa perché naufragassero le speranze di chi aspirava a trascorrere i rimanenti anni di galera in semilibertà. In quella direzione gli inquirenti esaminarono i fascicoli di tutti i detenuti che avevano avuto istanze respinte; si cercava di capire se Bonincontro si fosse attirato l'odio di qualche aspirante ad uno dei benefici. Ancora oggi non sappiamo il motivo per cui fu ucciso Bonincontro, anche se alla luce delle dichiarazioni di Buscetta si potrebbe collegare la sua morte come necessità da parte dei mafiosi di chiudere la bocca a chi, probabilmente costretto ad operare in certo modo, sapeva veramente troppe cose, o considerate le modalità dell'esecuzione si potrebbe ipotizzare il netto rifiuto a far qualcosa di illecito data la sua posizione privilegiata di Capo ufficio matricola e uomo simbolo dell'Ucciardone.
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A fianco il Brigadiere Attilio Bonincontro in un disegno di Giuseppe Romano sotto il sommario del numero 11 / 1996
inviate le vostre foto a: rivista@sappe.it
1968 - Scuola Agenti di Custodia di Cairo Montenotte (SV) - 22° Corso “Isonzo” esercitazioni di tiro (foto inviate da Francesco Lentino )
Anni ‘80 - Astrea Calcio in piedi: Gerardo Pepe, Calce, De Pasquale, Fronti, Carletti, Bellini, Gufi, accosciati: Barba, Botti, Miracapillo, Recchioni, Mirto (foto inviata da Leonardo De Pasquale)
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1981 - Agenti nella portineria di Roma- Rebibbia (foto inviata da Aldo Coviello)
1982 - Comando Regionale di Torino da notare la targa della prima autovettura AA.CC. (foto inviata da Aniello Peluso )
1959 - Casa di Reclusione di Paliano (foto inviata da Cosimo Dellisanti)
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1960 - Casa Circondariale di Palermo Festa del Corpo (foto inviata da Bernardino Corzani)
F. CORLEONE - A. PUGIOTTO
IL DELITTO DELLA PENA. Pena di morte ed egastolo, vittime del reato e del carcere EDIESSE Edizioni pagg. 284 - euro 15,00
I DAVIDE GALLIANI
LA PIU’ POLITICA DELLE PENE. LA PENA DI MORTE CITTADELLAEdizioni pagg. 136 - euro 10,50
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Per quello che ha fatto meriterebbe la ghigliottina!»: alzi la mano chi non ha sentito almeno una volta questa frase, magari commentando un delitto efferato o un grave episodio di cronaca. La pena di morte è da sempre materia di discussione tra studiosi di diversa provenienza ed estrazione culturale. In questo libro la questione viene affrontata da un punto di vista giuridico-politico: dopo averne evidenziata l’attualità, ci si sofferma sulle posizioni, a loro modo paradigmatiche, di due Paesi, l’Italia e gli Stati Uniti, sottolineandone le significative differenze ma anche le notevoli somiglianze. Un libro interessante, che offre una disamina attenta e puntuale su di un argomento sempre attuale.
l Capo dello Stato ha recentemente sottolineato con forza come le criticità penitenziarie siano dovute al peso gravemente negativo di oscillanti e incerte scelte politiche e legislative, tra tendenziali depenalizzazione e depenitenziarizzazione e ciclica ripenalizzazione, con un crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione della carcerazione preventiva. L’emergenza carceri è sotto gli occhi di tutti e servono quindi strategie di intervento concrete: quel che serve, lo andiamo dicendo da tempo, sono vere riforme strutturali sull’esecuzione della pena: riforme che non vennero fatte con l’indulto del 2006, che si rileverò un provvedimento tampone inefficace. Il sovraffollamento degli istituti di pena è una realtà che umilia l’Italia rispetto al resto dell’Europa e costringe i poliziotti penitenziari a gravose condizioni di lavoro. Questo agile libro ci conduce ad una riflessione plurale, documentata, non reticente sulle criticità del sistema, proponendo gli interventi svolti nel ciclo di quattro incontri, promosso tra settembre e ottobre 2011 a Ferrara, per iniziativa del dottorato di ricerca in Diritto costituzionale dell’ateneo estense, sul tema del carcere, della pena e delle vittime (della detenzione e del reato). Adoperando come detonatore recenti pubblicazioni di larga diffusione, i vari contributi si misurano, spesso dialetticamente, con alcuni dei limiti più estremi e insostenibili del momento punitivo ed espiativo: la pena di morte, l’ergastolo, lo statuto delle vittime del reato, le morti e le violenze in regime di detenzione e di privazione di libertà. Preziosa, infine, l’appendice, con inediti interventi sul tema svolti dal Presidente Napolitano.
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GIANCARLO DE CATALDO
IO SONO IL LIBANESE EINAUDI Edizioni pagg. 136 - euro 13,00 oma, 1976. Un anno prima che tutto accada. Il Libanese freme. Il Libanese ha tre amici, Dandi, il Bufalo, Scrocchiazeppi. Passa con loro da un colpetto all’altro, tiene le armi delle altre bande. Il Terribile, che aspira a diventare il capo dei capi, tratta lui e gli altri pischelli come miserabili. Ma il Libanese non è uno dei tanti. Il Libanese ha un sogno. Un sogno ancora troppo grande per lui. Poi, una sera, il Libanese incontra Giada. Lei è bella, ricca, inquieta. Lei vuole cambiare le cose. Lei vuole fare la rivoluzione. Giada appartiene a un altro mondo. Il Libanese ne è stregato. E nello stesso tempo comincia a intuire che proprio da quel mondo potrà venire l’idea che gli permetterà di rendere il suo sogno una realtà. È grazie a lei, inconsapevole guida, che il Libanese penetra nel mondo dei ricchi, prima come pusher di un grande artista schiavo dell’eroina, e poi organizzando, con i suoi compari, un primo sequestro di persona (preludio di quello che segnerà, appena pochi mesi dopo, la nascita della Banda): il sequestro di un ricchissimo palazzinaro, padre di Sandro, l’amico del cuore di Giada...
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a cura di Erremme
anche i resti di Emanuela Orlandi - il quale iniziò a ripulire fiumi di denaro insieme al cassiere Enrico Nicoletti. La banda finì per autodistruggersi, decimata prima da una faida interna e poi da una catena di clamorosi pentimenti che illumineranno tanti misteri d’Italia. Sebbene gelosi della loro autonomia, i banditi furono abbastanza spregiudicati da vendere l’anima a Cosa nostra, camorra, terrorismo... Introduzione di Otello Lupacchini.
ANGELA CAMUSSO
MAI CI FU PIETA’. La vera storia della banda della Magliana dal 1977 fino ai giorni nostri
CATERINA MALAVENDA, CARLO MELZI D’ERIL, GIULIO E. VIGEVANI
LE REGOLE DEI GIONALISTI. Istruzioni per un mestiere pericoloso
CASTELVECCHI Edizioni pagg. 271 - euro 14,90
IL MULINO Edizioni pagg. 178 - euro 15,00
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ggiornato fino agli ultimi inquietanti sviluppi sulla più violenta organizzazione criminale romana. Centinaia di verbali e informative riservate con cui la giornalista Angela Camuso descrive e fa parlare i protagonisti senza omettere nomi, luoghi e circostanze in una sequenza agghiacciante e avvincente di delitti, intrighi e misteri raccontata con la voce dei criminali, figli maledetti del popolo e della miseria, che iniziano la loro sanguinosa parabola nell’ultimo scorcio dei turbolenti anni Settanta. Lo stesso Antonio Mancini - ex capo storico della banda - definisce questo libro “l’unico che ricostruisce le cose senza aggiungere nulla di suo, scrive la verità. Qui c’è la storia”. I vertici della banda della Magliana conquistano il mercato romano dell’eroina, eliminando i concorrenti e mantenendo saldo il potere grazie al fiuto per gli affari di uno dei suoi capi, Enrico De Pedis la cui tomba, situata all’interno della cripta della chiesa di Sant’Apollinare, è stata recentemente aperta perché si sospettava contenesse
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e tutti i giornalisti si limitassero a pubblicare le notizie ufficiali, provenienti dalle fonti istituzionali o dai diretti interessati l’informazione sarebbe non solo più povera, ma soprattutto più prona. Sarebbe però indenne da ogni rischio. Succede tuttavia che per garantire informazione di interesse pubblico ogni giornalista debba trasformarsi in un bravo segugio che le notizie se le va a cercare. Inizia qui un acrobatico districo nel mondo delle regole, tra il diritto di informazione, la libertà d’espressione, il diritto alla privacy, la diffamazione. Innumerevoli casi di cronaca ci dicono continuamente della tensione tra ciò che può e non può essere detto o scritto, tra ciò che è informazione e ciò che è insinuazione, tra ciò che è giornalismo e ciò che è puro gossip. Le norme in materia sono complesse e di difficile interpretazione: di fatto è praticamente impossibile oggi far bene questo mestiere senza finire sotto processo.
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MIMMO FR ANZINELLI
IL PRIGIONIERO DI SALO’. Mussolini e la tragedia italiana del 1943-1945 MONDADORI Edizioni pagg. 202 - euro 19,00
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a tragica avventura della Repubblica di Salò è stata fra le più pesantemente colpite dalle semplificazioni ideologiche. Tanto le versioni dei vincitori quanto quelle dei vinti hanno trascurato, e mistificato, la realtà storica a favore dell’esaltazione di amor di patria, sentimento nazionale, passione civile e - da ultimo consacrazione eroica delle vittime. Mimmo Franzinelli si lascia alle spalle queste logiche e sulla base di fonti inedite o sinora trascurate descrive la tentata resurrezione del fascismo nel settembre 1943 e i successivi sviluppi fino all’aprile 1945. Gli scritti di Mussolini, i rapporti di Kappler per Hitler, le carte di Claretta Petacci, i notiziari della Guardia nazionale repubblicana, le note della Segreteria particolare del duce rivelano una storia inedita di equilibri estremamente instabili, dove Mussolini, inseguendo il sogno di una rinascita improbabile anche sul piano personale -, svolge comunque un ruolo da protagonista nella guerra civile innescata dalla costituzione della RSI e dall’insediamento del suo quartier generale sul lago di Garda. Consapevole di essere ostaggio dei nazisti, il vecchio dittatore, esautorato dai tedeschi, criticato dai suoi stessi colonnelli e lontano dal suo popolo, è costretto in un microcosmo di sopravvissuti dove unico referente resta Claretta, la giovane amante, e obiettivo primario - ossessivamente quanto vanamente perseguito - è spostare la sede di governo lontano da Salò.
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inviate le vostre lettere a rivista@sappe.it
la lettera LA VERGOGNA DEGLI UEPE Se dovesse passare la proposta che vuole omologare le segreterie tecniche degli Uepe (Ufficio Esecuzione Penale Esterna ) alle matricole degli istituti, il personale di Polizia Penitenziaria che si occupa di sicurezza e inserimento SDI diverrebbe finalmente ufficiale nelle piante organiche e sarebbe da implementare. Questo comporterebbe, secondo equità e giustizia, il varo di interpelli in modo tale da fornire una chance a tutti i colleghi che hanno motivi validi (familiari o personali) per poter accedervi. Invece che cosa sta succedendo?
L'Uepe di Roma per esempio, vede in servizio tre colleghi, sindacalisti che, fregandosene delle esigenze dei propri iscritti, si sono accaparrati una presenza che è destinata a consolidarsi nei prossimi mesi. Tutto ciò secondo le solite modalità: sindacato o pressione di conoscenti, mentre molti di noi sono costretti a effettuare servizi massacranti negli istituti di appartenenza, chiedendo magari un distacco da anni, distacco che viene puntualmente negato, questi furbetti del quartierino si curano i propri affari senza colpo ferire. E' forse giunta l'ora di rivolgersi alle varie Procure della Repubblica per analizzare la bontà di dinamiche che vedono alcuni spostarsi a piacimento da un ufficio all'altro dell'amministrazione, altri patire le pene dell'inferno senza nemmeno essere ascoltati... Lettera firmata
l’appuntato Caputo©
il mondo dell’appuntato Caputo© 1992•2012 VENTI ANNI
di Mario Caputi & Giovanni Battista De Blasis © 1992 - 2012
PILLOLA AZZURRA, FINE DELLA STORIA: DOMANI TI SVEGLIERAI IN SEZIONE E CONTINUERAI A FARE IL TUO SPORCO SERVIZIO! PILLOLA ROSSA, RESTI NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE E FARAI PATTI COI DETENUTI E SORVEGLIANZA DINAMICA!
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