Polizia Penitenziaria - Gennaio 2011 - n. 180

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anno XVIII • n.180 • gennaio 2011 www.poliziapenitenziaria.net

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in copertina: i partecipanti ai lavori del 5° Congresso Nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria tenutosi a Milano dal 21 al 23 gennaio 2011 (foto Arzilli, Bellucci, Caputi, Galluzzo, Pilagatti)

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o Nazionale

L’EDITORIALE Professione Poliziotto Penitenziario Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

di Donato Capece

IL PULPITO Tristi sono coloro che dimenticano i propri morti ANNO XVIII • Numero 180 Gennaio 2011 Direttore Responsabile: Donato Capece capece@sappe.it Direttore Editoriale: Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it

di Giovanni Battista De Blasis

L’OSSERVATORIO POLITICO Situazione economica e modifiche costituzionali di Giovanni Battista Durante

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IL COMMENTO - V CONGRESSO Il Sappe celebra il suo ventennale e scrive un’altra pagina di storia della Polizia Penitenziaria di Roberto Martinelli

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MONDO PENITENZIARIO Area Sicurezza - Comandanti di Reparto di Luca Pasqualoni

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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it

Professione Poliziotto Penitenziario

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uando si parla di carcere è sempre molto forte la tentazione di sviluppare ragionamenti ispirati a singoli eventi o a specifiche questioni, che occasionalmente ed improvvisamente fanno diventare interessante il dibattito sul mondo penitenziario. Non bisogna, però, correre il rischio di discutere di questi temi sull’onda dell’emozione e senza tener conto della complessità del carcere e della necessaria sistematicità che dovrebbe caratterizzare eventuali interventi. Prima dell’indulto, nell’anno 2006, i detenuti presenti in carcere erano 61.400, numero, ritenuto, in modo unanime, assolutamente incompatibile con i criteri minimi di umanità della pena e rispetto della dignità della persona. Con il provvedimento di clemenza, sono usciti dal carcere 35.000 detenuti definitivi con una pena residua di tre anni. Da allora il ritmo di crescita delle presenze è stato costante e si è assestato intorno ad una media di mille unità al mese. Ora, con circa 9.000 detenuti in più rispetto al periodo precedente all’indulto si registra il più alto numero di detenuti presenti nella storia dell’amministrazione penitenziaria. E’ evidente che è ristretto, in misura diversa, ma in ciascun carcere, un numero di persone di molto superiore alla massima capacità ricettiva degli istituti (circa 23.000 detenuti rispetto alla capienza regolamentare). Questo è quello che normalmente si dice quando si parla di sovraffollamento. La cella è il luogo in cui si svolge la vita del detenuto; per cui si dovrebbe disporre di un locale in un certo senso confortevole che garantisca gli standards minimi di vivibilità, ritenuti un requisito indefettibile dalla Corte Europea: peraltro, l’articolo 6 della Legge 354 del 1975 distingue tra “locali di soggiorno e locali di pernottamento”, per cui presuppone che i detenuti stiano in cella solo

per dormire, cosa che non avviene quasi in nessun carcere d’Italia, in cui i reclusi vivono e dormono nello stesso ambiente. Invero, nella gran parte degli istituti penitenziari i detenuti vivono in tre in celle di nove metri quadri ed in camerini dai dieci ai diciotto metri quadri vivono tra le otto e le quindici persone. Questa situazione determina, tanto per dire, l’impossibilità di stare in piedi tutti contemporaneamente di scrivere, di leggere, di guardare la televisione in un luogo diverso che non sia il letto. Così, alla riduzione degli spazi conseguono una maggiore promiscuità ed una più probabile conflittualità: aumentano i tempi di rotazione per il lavoro interno, diminuiscono le possibilità di accesso a spazi comuni e alle altre offerte trattamentali, diminuisce la capacità di risposta del mondo penitenziario alle istanze dei detenuti, come diminuisce la capacità di assistenza sanitaria. Grandi presenze comportano inevitabilmente una flessione dei normali meccanismi di controllo, con riflessi sulla sicurezza; crescono così i rischi, già molto presenti, di traffici illegali all’interno del carcere, e quelli connessi all’uso di stupefacenti da parte dei detenuti. L’aumento dei carichi di lavoro da parte del personale influisce, inoltre, in modo decisivo sulla indispensabile conoscenza che la struttura penitenziaria dovrebbe avere dei reclusi che ospita ed incide molto sulla qualità della osservazione. Infine, il sovraffollamento peggiora le capacità dell’amministrazione di tenere distinti i detenuti in base alla loro posizione giuridica, anche per il numero molto alto di detenuti in attesa di giudizio e di condannati a pene molto brevi.Il sovraffollamento delle strutture penitenziarie è certamente un problema storico, è un problema comune a molti Paesi europei. Altre caratteristiche uniche del nostro paese sono il flusso e i periodi di permanenza in carcere. Ogni giorno entrano ed escono centinaia di persone dal carcere, un movimento che comporta uno stress enorme del sistema soprattutto in una fase, quella dell’accoglienza, che è la più delicata e la più difficile da gestire.

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Questo quadro complesso è reso ancora più difficile dalle caratteristiche della popolazione ristretta, in gran parte costituita da stranieri, tossicodipendenti e da persone con problemi mentali. Una fetta consistente della popolazione detenuta, è costituita da detenuti accusati o condannati per reati di criminalità organizzata, che vivono in sezioni di alta sicurezza o in sezioni dedicate al 41 bis che sono completamente separate dai reparti detentivi, che ospitano invece i detenuti cosiddetti comuni. L’osservazione della tipologia dei detenuti che fanno ingresso in carcere e dei reati di cui sono accusati consente di affermare come il sistema della repressione penale colpisca prevalentemente la criminalità organizzata e le fasce deboli della popolazione: in effetti, il carcere è lo strumento che si usa per affrontare problemi che la società non è in grado di risolvere altrimenti. Se il carcere è in larga misura destinato a raccogliere il disagio sociale, è evidente che è chiamato a compiti molto diversi dall’equazione reato-pena, per cui ha bisogno di essere aiutato dal territorio. E’ giunta l’ora di ripensare la repressione penale mettendo da un lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità da imporre una reazione dello Stato con la misura estrema che è il carcere: e dall’altro, anche mantenendo la rilevanza penale, indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere: una opzione di questo tipo dovrebbe ridisegnare il sistema a partire dalle storture determinate dal doppio binario per i recidivi, dalle norme in materia di immigrazione e dalla individuazione delle risorse per affrontare il tema delle dipendenze e dei disturbi mentali fuori dal carcere. Diamo vita ad un confronto dal quale auspichiamo che si comprenda come la diversità di opinioni non sia un limite per la soluzione dei problemi ma, al contrario, offra una gamma più completa di rimedi, che, se puntualmente còlta dal D.A.P. e dal Governo migliorerebbe il clima operativo e agevolerebbe il processo di risoluzioni di criticità le quali tendono a stratificarsi e a radicarsi, rendendo difficile e ancor più tesa e pericolosa la quotidianità dei tantissimi poliziotti penitenziari.

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Giovanni Battista De Blasis Direttore Editoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it

Tristi sono coloro che dimenticano i propri morti

Il più terribile dei mali dunque, la morte, non è niente per noi, dal momento che, quando noi ci siamo, la morte non c’è, e quando essa sopravviene noi non siamo più. Essa non ha alcun significato né per i viventi né per i morti, perché per gli uni non è niente, e quanto agli altri, essi non sono più.” (Epicuro) Sembra ispirata dal modus vivendi del DAP questa frase scritta da Epicuro tre secoli prima di Cristo. O, meglio, sembra proprio che il modus operandi del Dap, rispetto alla morte, sia ispirato all’epicureismo. Per i nostri dirigenti, infatti, non ha alcun significato la morte di un proprio dipendente, o di un suo prossimo congiunto, perché “...quando Loro ci sono la morte non c’è e quando essa sopraggiunge Loro non ci sono più ...”. E poco importa se il defunto è un Eroe, un povero cristo o una vittima sacrificale, “...quando c’è la morte Loro non ci sono.” Più volte il mio amico Nuvola Rossa ha scritto su questa triste abitudine dei nostri vertici di non celebrare i propri defunti e, quando arriva Natale, aumenta il rammarico ed il dolore per gli onori negati alla memoria del nostro caro collega Montalto. Di recente, purtroppo, ho avuto modo di imbattermi un paio di volte con il deplorevole cinismo del nostro dipartimento. Due cari amici e colleghi, Giovanni Battista Durante ed Umberto Vitale, hanno avuto la disgrazia di perdere la mamma, a breve distanza l’uno dall’altro. Nessuna rappresentanza del Corpo alle esequie della madre del primo, Commissario di Polizia Penitenziaria e, nemmeno a dirlo, nessuna rappresentanza del Corpo al funerale della madre del secondo, Ispettore Superiore di Polizia Penitenziaria anche lui.

Nel secondo caso, in particolare, la deplorevole mancanza di onori da parte della nostra amministrazione è stata ancora più eclatante, non perché il mio amico Umberto fosse più meritevole degli altri, ma perché anche il padre, marito della defunta, è stato un Agente di Custodia , e per quarant’anni. Quarant’anni della propria vita dedicati all’amministrazione penitenziaria che sommati con i trentacinque del figlio Umberto fanno settantacinque anni al servizio del Corpo che, purtroppo, non sono stati sufficienti per acquisire il diritto ad una piccola rappresentanza in divisa che rendesse onore alla salma della propria congiunta. Ma non basta nemmeno questo, a rendere ancora più amara l’ingiustificabile assenza della nostra amministrazione è stata la presenza di una rappresentanza in divisa della Guardia di Finanza perché il fratello di Umberto, Antonio, è un Maresciallo della GdF e Loro rispettano ed onorano i propri morti. I funerali, sono pratiche rituali che più di altre, esprimono e comunicano l’identità di coloro che vi partecipano, evidenziano in modo particolare la cultura del nucleo familiare, sociale e professionale direttamente interessati al decesso. E’ evidente che i nostri dirigenti non sono

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per nulla interessati ai nostri morti. (Tristi sono coloro che dimenticano i propri morti.) Eppure non abbiamo a che fare con dirigenti anonimi e di passaggio nelle stanze del potere del palazzone di Largo Daga. Lì sono assisi gli stessi personaggi da decenni; personaggi che hanno scienza e coscienza di quello che accade; personaggi che possono decidere quello che vogliono senza rendere conto a nessuno (se non alla propria coscienza); personaggi che conoscono vita, morte e miracoli di chiunque; personaggi che, però, alla fine scelgono di inviare il solito telegramma... Personaggi che pensano di avere la coscienza pulita soltanto perché non la usano mai, personaggi che si nutrono di nichilismo e che lo dispensano a piene mani a tutti i più stretti collaboratori. Personaggi che hanno replicato se stessi (come una partenogenesi) fino a creare e consolidare un apparato chiuso, insensibile ed autoreferente che vede solo se stesso, pensa solo a se stesso e soddisfa solo se stesso. Dante mi risponderebbe: “...vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare.” Ed io non mi dimando più nulla, ormai, ma sono incazzato ... sono molto incazzato.

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Funerali di stato


Umberto Vitale Redazione Cronaca Segretario Generale Aggiunto del Sappe vitale@sappe.it

Morti di serie A ...e morti di serie B La lezione della livella di Totò

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opo aver letto l’editoriale dell’amico Gianni, che mi ha citato in relazione al triste scomparsa di mia madre, non ho potuto fare a meno di intervenire sulla vicenda esprimendo la mia opinione. Purtroppo, nonostante la mia ostinazione nel non volerlo credere, la mia Amministrazione ha dimostrato ancora una volta la propria insensibilità e la propria lontananza da noi poveri Poliziotti Penitenziari. Infatti, io fino alla fine sono rimasto in dubbio sulla presenza o meno di una rappresentanza del Corpo al funerale della mia mamma, non fosse altro che per il fatto che per sua sfortuna aveva sposato un Agente di Custodia e successivamente suo figlio aveva seguito le orme paterne. Comunque, al di là della amarezza, resta la consapevolezza di avere avuto, e per me è stato molto importante, la presenza dell’amico Gianni, oltre a quella di tanti altri amici e tra questi cito tutti i colleghi di mio fratello Antonio che, da oggi, sono anche miei amici e dico loro che devono essere orgogliosi di appartenere ad un Corpo di Polizia dello Stato che conserva i valori del senso di appartenenza e di solidarietà. A mio fratello dico che è stato fortunato ad avere vinto il concorso nella Guardia di Finanza, visto che all’epoca del concorso era ausiliario del Corpo degli Agenti di Custodia, almeno grazie a lui mamma ha ricevuto gli onori di un picchetto della Guardia di Finanza. All’amico Gianni, per concludere, voglio precisare che i nostri dirigenti non sono interessati ai nostri morti perché non gli appartengono (anche se i nostri colleghi ne hanno fatti di picchetti d’onore a favore dei morti cosiddetti di serie A). A tal proposito non può non ritornarmi in mente ’A livella di Totò, della quale soltanto adesso riesco a capire il significato profondo. Per tutti quelli che si illudono di essere diversi e superiori agli altri, in particolare per i nostri Altissimi dirigenti che in un attimo dimenticano i rapporti passati, e, soprattutto per quelli che non si sono degnati di fare

nemmeno una telefonata di conforto a un vecchio Agente di Custodia in pensione e a un povero ispettore della polizia penitenziaria, consiglio seriamente di leggere attentamente la grande lezione del principe De Curtis. Ogn'anno, il due novembre, c'é l'usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll'adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero. Ogn'anno, puntualmente,in questo giorno, di questa triste e mesta ricorrenza, anch'io ci vado, e con dei fiori adorno il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza. St'anno m'é capitato 'navventura... dopo di aver compiuto il triste omaggio. Madonna! si ce penzo, e che paura!, ma po' facette un'anema e curaggio. 'O fatto è chisto, statemi a sentire: s'avvicinava ll'ora d'à chiusura: io,tomo tomo, stavo per uscire buttando un occhio a qualche sepoltura. "Qui dorme in pace il nobile marchese signore di Rovigo e di Belluno ardimentoso eroe di mille imprese morto l'11 maggio del 31" 'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto... ...sotto 'na croce fatta 'e lampadine; tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto: cannele,cannelotte e sei lumine. Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore nce stava 'n 'ata tomba piccerella, abbandunata,senza manco un fiore; pe' segno, sulamente 'na crucella. E ncoppa 'a croce appena se liggeva: "Esposito Gennaro - netturbino": guardannola,che ppena me faceva stu muorto senza manco nu lumino! Questa è la vita! 'ncapo a me penzavo... chi ha avuto tanto e chi nun ave niente! Stu povero maronna s'aspettava ca pur all'atu munno era pezzente? Mentre fantasticavo stu penziero, s'era ggià fatta quase mezanotte, e i'rimanette 'nchiuso priggiuniero, muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte. Tutto a 'nu tratto,che veco 'a luntano? Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia... Penzaje: stu fatto a me mme pare strano...

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Stongo scetato...dormo, o è fantasia? Ate che fantasia;era 'o Marchese: c'o' tubbo,'a caramella e c'o' pastrano; chill'ato apriesso a isso un brutto arnese; tutto fetente e cu 'nascopa mmano. E chillo certamente è don Gennaro... 'omuorto puveriello...'o scupatore. 'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro: so' muorte e se ritirano a chest'ora? Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo, quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto, s'avota e tomo tomo...calmo calmo, dicette a don Gennaro: "Giovanotto! Da Voi vorrei saper, vile carogna, con quale ardire e come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che sono blasonato! La casta è casta e va, si, rispettata, ma Voi perdeste il senso e la misura; la Vostra salma andava,si,inumata; ma seppellita nella spazzatura! Ancora oltre sopportar non posso la Vostra vicinanza puzzolente, fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso tra i vostri pari,tra la vostra gente" "Signor Marchese,nun è colpa mia, i'nun v'avesse fatto chistu tuorto; mia moglie è stata a ffa' sta fesseria, i' che putevo fa' si ero muorto? Si fosse vivo ve farrei cuntento, pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse e proprio mo, obbj'...'nd'a stu mumento mme ne trasesse dinto a n'ata fossa". "E cosa aspetti, oh turpe malcreato, che l'ira mia raggiunga l'eccedenza? Se io non fossi stato un titolato avrei già dato piglio alla violenza!" "Famme vedé... piglia sta violenza... 'A verità, Marché, mme so' scucciato 'e te senti;e si perdo 'a pacienza, mme scordo ca so' muorto e so mazzate!... Ma chi te cride d'essere...nu ddio? Ccà dinto,'o vvuo capi, ca simmo eguale?... ...Muorto si'tu e muorto so' pur'io; ognuno comme a 'na'ato é tale e quale". "Lurido porco!...Come ti permetti paragonarti a me ch'ebbi natali illustri, nobilissimi e perfetti, da fare invidia a Principi Reali?". "Tu qua' Natale... Pasca e Ppifania!!! T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella che staje malato ancora e' fantasia?... 'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella. 'Nu rre, 'nu maggistrato,'nu grand'ommo, trasenno stu canciello ha fatt'o punto c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme: tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto? Perciò, stamme a ssenti...nun fa''o restivo, suppuorteme vicino che te 'mporta? Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie ... appartenimmo à morte!"

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Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it

Situazione economica e modifiche costituzionali

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a situazione economica del nostro Paese è sempre più difficile. Se la disoccupazione non cresce nell’ultimo periodo, i dati ci dicono che è ferma all’8’6%, bisogna anche dire che l’occupazione non aumenta. E’ salita quella delle donne dell’1,6%. Il 29 % dei giovani under 25 risulta essere senza lavoro. In Europa fanno peggio di noi solo Spagna, Grecia, Irlanda e Paesi Baltici, tant’è che siamo sotto la media UE. Nel nostro Paese, a parte le donne, l’unica crescita dell’occupazione la fanno registrare gli immigrati, i quali, ormai, svolgono tutte quelle attività che gli italiani non fanno più: per alcuni versi perché non sono più molto redditizie, per altri perché gli immigrati lavorano a basso costo ed hanno minori spese di gestione. Nelle città del Nord, per esempio, tutte le piccole attività commerciali che prima erano degli italiani sono state rilevate dagli immigrati. A queste si aggiungono i lavori di pulizie, di badante e quelli più duri nelle fabbriche. Al Sud i lavori nei campi sono svolti quasi esclusivamente dagli stranieri. In base ai dati Istat, il numero degli occupati nel nostro Paese risulta invariato sia rispetto a novembre 2010, sia su base annua. Il tasso di occupazione, pari al 57%, è stabile rispetto a novembre e in lieve riduzione (- 0,1%) rispetto all’anno scorso. Coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, cioè gli inattivi, sono pari al 37,6%, in aumento dello 0,1% rispetto a novembre 2010 e a dicembre 2009. Migliora, invece, la situazione delle donne che è cresciuta dello 0,1% rispetto a novembre 2010 e dell’1,6% su base annua. La disoccupazione diminuisce del 2,7% su base mensile e dell’1,7% rispetto a un anno fa. Non migliora il numero delle inattive che cresce dello 0,3% rispetto a novembre 2010. A questa situazione molto critica si aggiunge quella delle imprese. Molte hanno chiuso negli ultimi due anni. Quelle più piccole ormai non reggono più il confronto con quelle più grandi. Di questo risente anche il fisco, poiché diminuiscono le entrate e, quindi, la riduzione del deficit diventa sempre più difficile.

In base ai dati diffusi dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia relativi alle dichiarazioni dei redditi presentate dalle imprese nel 2009, relativi all’anno precedente, si rileva l’effetto della riduzione delle aliquote Ires (- 17%) decise con la Finanziaria 2008. I dati confermano che la maggior parte delle entrate incassate dall’erario derivano sempre dalle grandi imprese. Dallo 0’8% delle società deriva il 52% dell’imposta Ires, mentre il 57% delle imprese dichiara solo l’8% dell’imposta complessiva. Il 35% delle imprese ha dichiarato una perdita fiscale. Il governo, per rilanciare l’economia, vuole modificare il testo dell’articolo 41 della Costituzione, nato dal compromesso tra le opposte forze sociali che facevano riferimento ai due blocchi di maggioranza: Democrazia Cristiana, Partito Comunista e Partito Socialista. L’articolo 41 della Costituzione prevede che: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

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La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.” L’idea iniziale del governo era quella di lasciare invariato il testo attuale e di aggiungere altri due commi. Tale idea sembra essere stata abbandonata e pare che il governo sia intenzionato ad alleggerire il testo, eliminando ogni tentazione dirigistica. Il disegno di legge che dovrebbe approdare al Consiglio dei ministri sembra contenere le modifiche di altri due articoli della Costituzione: il 97, che riguarda le assunzioni nel settore pubblico, ed il 118, anche questo nell’ottica di favorire la libertà d’iniziativa economica. Per quanto riguarda sempre l’articolo 41, ci sarebbe una modifica sostanziale del primo comma: la Costituzione garantirebbe la libertà non più all’iniziativa economica privata, ma all’attività economica privata, in modo da ampliare l’ambito di operatività. La seconda modifica porterebbe alla cancellazione dell’intero terzo comma, ritenuto troppo dirigista dal governo.

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Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it

Il Sappe celebra il suo ventennale e scrive un’altra pagina di storia della Polizia Penitenziaria

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n’altra importante pagina nella storia del sindacalismo del Corpo di Polizia Penitenziaria è stata scritta dal SAPPE. Si è infatti svolto a Milano, lo scorso venerdì 21 gennaio, il Convegno nazionale Professione Poliziotto Penitenziario. Il trattamento è sicurezza, organizzato dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, la prima e più rappresentativa Organizzazione del Personale di Polizia Penitenziaria con il 31% di rappreNella foto sentatività nazionale che quest’anno ha celebrato i vent’anni dalla sopra fondazione e che, presso il prestigioso Palazzo Castiglioni - Sala il tavolo della Colucci della Confcommercio milanese, ha svolto nei due giorni presidenza successivi anche il V Congresso nazionale. del Convegno di Milano Due appuntamenti di estrema importanza: nel primo, il Convegno appunto, si è discusso con autorevoli relatori ed ospiti dell’attuale situazione penitenziaria e delle connesse criticità, della specificità professionale delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria e dell’importanza del trattamento rieducativo del reo, in termini non solo di sicurezza sociale. Si è trattato, dunque, di un importante momento di confronto, di analisi e di proposte per il futuro del sistema penitenziario nazionale. Nei giorni successivi, Il Ministro La Russa il 22 e 23 gennaio 2011, si è invece tenuto il V Congresso nazionale del SAPPE, con le elezioni dei componenti la Segreteria Generale e la discussione sulle future iniziative di strategia sindacale. L’eccellente conferma del SAPPE quale Sindacato guida della Polizia Penitenziaria fornisce sempre più maggiori stimoli per la tutela della professionalità degli appartenenti al Corpo e

per un nuovo ruolo della Polizia Penitenziaria nel contesto dell’esecuzione penale esterna. E l’autorevolezza del ruolo primario svolto negli anni dal SAPPE su questi importanti e fondamentali argomenti è confermata una volta di più dai messaggi che le più Alte cariche costituzionali della Nazione e il Santo Padre Benedetto XVI hanno voluto far arrivare per i due eventi. Nel suo saluto, il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha formulato l’auspicio che l’iniziativa del SAPPE «contribuisca al proficuo confronto su presente e futuro del sistema penitenziario” ed ha impartito al Sindacato, ai partecipanti agli eventi ed all’intero Il video messaggio del Ministro Alfano

Il Senatore Gasparri

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Corpo di Polizia Penitenziaria la «benedizione apostolica propiziatrice di pace e serena prosperità». Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel rivolgere a tutti i partecipanti al Convegno e all’Assise congressuale i più fervidi auguri di buon lavoro, ha sottolineato come «il convegno costituisce utile ed opportuna premessa al Congresso del SAPPE, al quale spetterà analizzare con spirito costruttivo i gravosi problemi che affliggono il sistema carcerario e formulare proposte che possano avviarne soluzioni tempestive e che agevolino l’attuazione di quell’organico e moderno sistema di gestione della pena più volte auspicato dal Capo dello Stato». Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri, ha evidenziato che «le donne e gli uomini impegnati nella Polizia penitenziaria svolgono un lavoro duro e impegnativo, sono un patrimonio prezioso del Ministero della Giustizia e dello Stato e rappresentano un baluardo irrinunciabile a difesa della legalità, della libertà e della democrazia». Berlusconi, che ha ricordato i successi del Governo nel contrasto alla criminalità organizzata, ha voluto sottolineare come «a questi risultati record, frutto della determinazione e dell’impegno politico del governo, ha contribuito in modo significativo anche la Polizia penitenziaria, con le sue donne e i suoi uomini dispiegati nelle indagini al fianco della Magistratura. E sempre preziosi sono stati i suggerimenti del SAPPE al Governo, nel quadro di una dialettica sindacale trasparente e moderna, e di una collaborazione sempre costruttiva». Il Presidente del Senato della Repubblica, Renato Schifani, ha tra l’altro voluto sottolineare come «l’operato della Polizia Penitenziaria, nell’assicurare l’ordine e la sicurezza degli istituti rappresenta un presidio indispensabile a garanzia dei cittadini». Nel suo messaggio, il Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, ha voluto evidenziare come «il ruolo svolto dalle Il Provveditore Pagano

I Provveditori Bocchino e Fabozzi

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donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria si svolge tenendo conto della duplice esigenza di garantire, nella tutela dei diritti di ciascuno, il rispetto della legalità ed un adeguato percorso rieducativo dei detenuti, e richiede un’attenzione costante, da parte delle Istituzioni, alle esigenze finanziarie, strutturali ed organiche del sistema penitenziario del nostro Paese». Il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti, nel sottolineare il crescente sovraffollamento e le carenze di organico dei Baschi Azzurri ha infine sottolineato che «il difficile lavoro quotidiano degli agenti e dei funzionari di Polizia penitenziaria merita l’attenzione e l’apprezzamento che – per quanto mi riguarda – non ho mai fatto mancare per il passato e che riconfermo per il futuro». Significativo anche il video-messaggio diffuso in Sala con il quale il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, impegnato all’estero per esigenze istituzionali, non ha voluto far mancare il suo saluto e il suo apprezzamento per il responsabile contributo che il SAPPE pone in essere per il miglioramento delle condizioni della giustizia e della Categoria. E’ significativo constatare, da tutti questi importanti messaggi, quale e quanta responsabile autorevolezza ha acquisito il SAPPE tra le Istituzioni, che ci riconoscono il ruolo guida di primo Sindacato della Polizia Penitenziaria sui temi della giustizia e del carcere. Prima dell’inizio dei lavori del Convegno, i componenti la Segreteria Generale del SAPPE hanno consegnato il Premio Basco Azzurro del Sappe, istituito per celebrare solennemente i vent’anni dalla fondazione del Sindacato, L’On. De Corato alla trasmissione tv Striscia la Notizia. Il programma televisivo si è infatti distinto nel corso degli anni in servizi di forte impegno morale, sociale ed educativo e per il sostegno alla giustizia e al rispetto della legalità, occupandosi delle criticità del carcere e del Corpo di Polizia Penitenziaria, andando ad assolvere il difficile compito di informare con obiettività e imparzialità l’opinione pubblica su sprechi e abusi e diventando esso

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Il Pres. Ionta

L’On. Frassinetti

Il Sen. Serra

Il Sen. Caliendo

L’On. Molteni

Il Pres. Mancuso


A fianco gli addetti delle poste incaricati dell’annullo postale

stesso promotore di cultura della legalità. A ritirare il premio, c’era uno degli inviati di punta della trasmissione, Valerio Staffelli, che si è detto onorato del Premio assegnato dal SAPPE a Striscia la notizia. Il filmato della consegna del premio è poi andato in onda nella puntata di sabato 22 gennaio, puntata che ha registrato uno share televisivo del 25% con circa 8 milioni di telespettatori Nelle pagine altre foto (il video è on line anche sul nostro sito www.sappe.it). relative al Oltre ai messaggi ed agli indirizzi di saluto pervenuti dalle IstituConvegno di zioni e dal mondo politico, poi, il momento storico vissuto dal Milano SAPPE a Milano - con la celebrazione dei vent’anni di fondazione del Sindacato, del V Congresso nazionale e del Convegno su trattamento e sicurezza - è stato solennemente ricordato con un Annullo postale celebrativo. Nella giornata di sabato 22 gennaio 2011 un ufficio postale è stato allestito dentro gli spazi di Palazzo Castiglioni - Sala Colucci della Confcommercio milanese: due cartoline, realizzate nel numero limitato di 2mila copie e appositamente studiate dal nostro grafico Mario Caputi (che ha realizzato anche i loghi e tutto il materiale grafico di Convegno e Congresso) sono state personalizzate con il primo francobollo dedicato al Corpo di Polizia Penitenziaria che venne realizzato in occasione della Festa del Corpo del 2004, sul quale è stato poi impresso lo speciale Annullo filatelico delle Poste. Le due cartoline, custodite in una elegante confezione, sono state consegnate ai delegati del SAPPE giunti a Milano da tutta Italia in ricordo di questi storici appuntamenti. Ci ha fatto molto piacere constatare l’interesse che l’Annullo postale dedicato al primo Sindacato della Polizia Penitenziaria ha riscosso tra i collezionisti di filatelia, particolarmente attenti alle nuove uscite del settore: in molte decine hanno raggiunto il point di Poste italiane a Palazzo Castiglioni per poter acquisire l’Annullo del SAPPE e ciò ci ha permesso di mettere in evidenza, una volta di più, la fondamentale attività del Corpo di Polizia Penitenziaria per la sicurezza della Nazione e l’impegno del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria a tutela delle donne e degli uomini che indossano il glorioso Basco Azzurro (quello della Penitenziaria, va chiarito per inciso, visto c’è una Sigla sindacale del Corpo che nel suo sito internet pubblica da sempre l’immagine di un Basco sì Azzurro ma con stemma dell’Aviazione dell’Esercito al posto del nostro Fregio... !!!). Tornano in mente i versi di una bella canzone Il dott. Paolo Del Debbio di Francesco De Gregori del 1985 che tra l’altro recitano: «...la storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano ...La storia siamo noi, nessuno si senta offeso...” Tornando ai lavori del Convegno nazionale di Milano, moderati dal giornalista e conduttore televisivo Paolo Del Debbio, scusandoci fin d’ora

Lo staff organizzativo

Polizia Penitenziaria • SG&S

L’annullo filatelico

per non poter citare tutte le Autorità intervenute, merita una segnalazione la partecipazione, tra gli altri, del ministro della Difesa Ignazio La Russa(che non è voluto mancare al nostro Convegno nonostante al mattino fosse a Roma a presenziare ai funerali di Stato dell’Alpino Luca Sanna, deceduto in Afghanistan); del Sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo; del presidente dei senatori del PDL, Maurizio Gasparri; del senatore Udc (già Prefetto di Palermo, Firenze e Roma) Achille Serra; dell’onorevole leghista Laura Molteni; del presidente della Provincia di Milano Guido Podestà; del vice sindaco di Milano Riccardo De Corato; del Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta, dei Dirigenti Generali del DAP Riccardo Turrini Vita (Personale e Formazione) e Luigia Mariotti Culla (Esecuzione Penale Esterna) e dei Provveditori regionali dell’Amministrazione Penitenziaria Pagano (Lombardia), Bocchino (Triveneto e Sardegna) e Fabozzi (Piemonte e Lazio); di Paolo Mancuso (Procuratore della Repubblica di Nola); dei Segretari Generali Nicola Tanzi (Sindacato Autonomo di Polizia) e Marco Moroni (Sindacato Autonomo Polizia Ambientale Forestale); del segretario nazionale del Sidipe Enrico Sbriglia, che è anche direttore del carcere di Trieste e Assessore alla Sicurezza e Polizia locale della città giuliana, del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna Francesco Maisto, di don Colmegna della Casa della Carità di Milano e della direttrice del carcere di Bollate Lucia Castellano. Erano presenti in sala anche le rap- Il Sen. Gasparri e il Cav. Tramacere presentanze delle altre Forze di Polizia, numerosi operatori penitenziari ed esponenti della società civile nonchè gli amici dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria ANPPE, con il Coordinatore Nazionale Gen. B. Lionello Pascone, con il Labaro della Sezione Rovigo - Nord Est Italia scortato

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dal sempre presente Consigliere Nazionale Cavaliere OMRI Roberto Tramacere, ed il Segretario Regionale ANPPE per la Lombardia Pasquale Malvestuto. Le successive relazioni ed interventi hanno preso spunto e riferimento dalla corposa relazione fatta dal segretario generale del SAPPE Donato Capece che ha fornito una disamina assolutamente completa sull’importanza che il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria fa dell’interconnessione sempre più stretta tra sicurezza e trattamento arrivando a proporre soluzioni concrete per riscrivere il sistema sanzionatorio penale italiano. Una relazione che ha avuto un diffuso apprezzamento, citata dicevo da più relatori nei loro interventi che hanno messo in luce l’importanza delle soluzioni concrete suggerite dal SAPPE sui temi del carcere e dell’esecuzione della pena. E se è il Sindacato tradizionalmente e storicamente identificato con i falchi della Polizia Penitenziaria a presentarci questo progetto, ha detto più di qualche relatore, e a dirci che bisogna lavorare nella direzione di concretizzare un vero trattamento rieducativo del detenuto per rendere ancora più sicure le nostre carceri - fermo restando naturalmente il fondamentale compito di garantire in carcere l’ordine, la sicurezza e la disciplina - , non cogliere questa importante innovazione culturale che fa onore ai Professionisti della Sicurezza che la propongono e, quindi, non impegnarsi in questa direzione vuol dire essere irresponsabili. Il Convegno, seguito dalle troupe giornalistiche di SKY, RAI e MEDIASET, dai corrispondenti delle principali Agenzie di Stampa e dei quotidiani nazionali e locali, ha avuto un’ampia visibilità mediatica a livello nazionale e regionale ed ha confermato una volta di più il ruolo di leadership del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE nel sindacalismo delle Forze di Polizia. Terminato il Convegno, durato ben oltre le 4 ore, interamente trasmesso in diretta streaming sul nostro sito internet www.sappe.it, i delegati al Congresso hanno partecipato alla cena presso la Struttura alberghiera nel pieno centro di Milano in cui eravamo tutti alloggiati. La giornata non era però ancora conclusa: subito dopo cena si è svolto il XXII Consiglio nazionale del SAPPE, al quale partecipano i componenti la Segreteria Generale, i Segretari Nazionali, i Segretari Regionali e gli altri Consiglieri Nazionali, per Gianni De Blasis e Donato Capece

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l’appuntamento annuale che il SAPPE onora regolarmente: la presentazione e la discussione (per l’approvazione o meno) del Bilanci Consuntivo e Preventivo, anche quest’anno approvati entrambi all’unanimità. Nella giornata di sabato 22 gennaio si è celebrato il V Congresso Nazionale del SAPPE. Prima dei lavori, hanno portato un saluto gli onorevoli Giovanni Paladini (Italia dei Valori), Componente della commissione XI Lavoro pubblico e privato, e Paola Frassinetti(PDL) Vice Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Nella sua relazione, Donato Capece ha ricordato l’intensa, copiosa e capillare attività svolta dalla Segreteria Generale non solo negli ultimi quattro anni ma, essendone la ricorrenza, dalla fondazione del SAPPE avvenuta il 10 gennaio 1991. Ci ha ricordato com’eravamo, appena disciolto il glorioso Corpo degli Agenti di Custodia, e quale fondamentale contributo abbia dato il SAPPE per avere questo Corpo di Polizia Penitenziaria che rappresenta agli occhi di tutti, senza dubbio alcuno, la quarta Forza di Polizia del Paese. Molti occhi lucidi tra chi c’era fin dalla prima ora, complice anche un video che ripercorre la storia del SAPPE con immagini e filmati di repertorio di Rai, Mediaset, Sky ed altre emittenti televisive. Le tante manifestazioni in piazza, i molti volti noti, le bandiere del SAPPE al vento... Tanto è stato fatto, ha ricordato Capece nel suo intervento, ma molto resta ancora da fare per accrescere la indiscussa professionalità delle donne e degli uomini del Corpo. Noi saremo, come sempre, dalla parte giusta: la Vostra! La relazione è stata approvata e salutata con sincero entusiasmo, con gli applausi rit- Il dott. Tanzi mati e le grida di approvazione dei delegati in piedi, giunti da tutte le Regioni italiane. Ampia e diffusa la partecipazione al dibattito congressuale con gli interventi, tra gli altri, di Vito Gesualdi, Giuseppe Ninu, Angelo Tedde, Antonio Cocco, Emilio Fattorello, Nicola Sette, Carlo Aquasanta, Carmine d’Avanzo. Il V Congresso nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE ha quindi

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L’On. Paladini

La dott. ssa Culla

Il dott. Sbriglia

Il Pres. Maisto

Il dott. Moroni

don Colmegna


A fianco l’attenta platea del Convegno Nelle pagine lo stafff e le foto di gruppo delle Segreterie Regionali del Sappe

confermato per acclamazione i componenti la Segreteria Generale uscente e ha dato loro un nuovo mandato per il quinquennio 2011 – 2015. Segretario Generale è stato confermato Donato Capece, 64 anni, di Cairo Montenotte, che raggiunge così il record di vent’anni di guida ininterrotta del primo e più rappresentativo Sindacato dei Baschi Azzurri. Insieme a lui, sono stati confermati per acclamazione e quindi rieletti Segretari Generali Aggiunti Giovanni Battista De Blasis, 53 anni, di Roma; Giovanni Battista Durante, 43 anni, di Bologna; Roberto Martinelli, 42 anni, di Genova e Umberto Vitale, 55 anni, di Latina. Sono stati eletti il Presidente nazionale del SAPPE nella persona di Franco Marinucci de L’Aquila ed i Segretari Nazionali Damiano Bellucci (Calabria), Emilio Fattorello (Campania), Federico Pilagatti (Puglia), Nicola Sette (Piemonte), Francesco Di Dio (Lombardia), Calogero Navarra (Sicilia), Pasquale Salemme (Toscana) e Maurizio Somma (Lazio). Eletti contestualmente i componenti del Collegio dei Probiviri - Presidente Antonio Cocco, Consiglieri Vito Gesualdi, Giovanni Lombardi, Luigi Vargas (S.) e Vicente Santilli (S.) - e del Collegio dei Sindaci – Presidente Fabrizio Bonino, Consiglieri Fabio Melchionna, Marcello Palermo, Tiziana Balocco(S.) e Giuseppe Manniello (S.). La riconfermata Segreteria Generale del SAPPE, per voce del Segretario Generale Donato Capece, ha commentato: «E’ una grande soddisfazione questa nuova rielezione, per me e per i miei colleghi Segretari Generali Aggiunti. Il SAPPE, che ha confermato anche quest’anno 2011 il ruolo di Sindacato guida della Polizia Penitenziaria con una rappresentatività nazionale del 31%, crede in una Amministrazione penitenziaria che gradualmente applichi un razionale decentramento dell’organizzazione, consentendo il miglioramento di tutte le strutture territoriali che sono alla base della buona azione amministrativa. Crediamo in un Corpo di Polizia sempre più autonomo dal punto di vista organizzativo, tanto da indurci a sostenere con fermezza e convinzione l’istituzione della Direzione Generale della Polizia penitenziaria, con a capo un Dirigente Ge-

La Segreteria Generale del Sappe

REGIONE ABRUZZO

REGIONE BASILICATA Polizia Penitenziaria • SG&S

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nerale della Polizia Penitenziaria, come previsto nella proposta di Legge presentata da tempo alla Camera dei Deputati». Capece ha sottolineato anche che «è giunta l’ora di ripensare la repressione penale mettendo da un lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità da imporre una reazione dello Stato con la misura estrema che è il carcere. E dall’altro, anche mantenendo la rilevanza penale, indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere: una opzione di questo tipo dovrebbe ridisegnare il sistema a partire dalle storture determinate dal doppio binario per i recidivi, dalle norme in materia di immigrazione e dalla individuazione delle risorse per affrontare il tema delle dipendenze e dei disturbi mentali fuori dal carcere».

REGIONE CALABRIA

REGIONE CAMPANIA Ringraziamo anche da queste colonne le hostess dell’accoglienza Autorità ed ospiti, le colleghe ed i colleghi della Segreteria lombarda SAPPE e tutti coloro che che hanno curato gli aspetti organizzativi, magistralmente coordinati dai Segretari della Lombardia Di Dio e Salomone. Un particolare ringraziamento agli instancabili Gianfranco Di Modugno, Roberto Morabito e Piero Pennacchia. Ultima citazione particolare la merita infine il nostro collega, il Tenore Gaetano Labalestra, Agente Scelto in servizio nel carcere di Sanremo, con una bellissima voce e degli acuti formidabili. Un tenore, che dopo aver cantato l’Inno d’Italia ad inizio Convegno e Congresso, ha allietato i presenti cantando alcune arie da opere famose ed esibendosi in meravigliose canzoni napoletane che hanno coinvolto l’entusiasmo di tutti i preIl tenore Labalestra senti. Bravo, bravissimo Gaetano, al quale tutto il SAPPE augura ogni miglior successo e fortuna per la sua passione canora. Finito il Congresso, siamo tornati tutti alle nostre case con nuovi stimoli a fare di più per fare sempre più grande il SAPPE. Siamo tornati con la consapevolezza di avere scritto, ognuno di noi a Milano - con il V Congresso nazionale del SAPPE, con il Convegno nazionale su trattamento e sicurezza, con la celebrazione del Ventennale di fondazione del Sindacato, con i prestigiosi riconoscimenti di

REGIONE EMILIA ROMAGNA

REGIONE FRIULI V.G Polizia Penitenziaria • SG&S

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REGIONE MOLISE

REGIONE LAZIO

REGIONE PIEMONTE - VALLE D’AOSTA

REGIONE LIGURIA

REGIONE PUGLIA

REGIONE LOMBARDIA

REGIONE SARDEGNA

REGIONE MARCHE Polizia Penitenziaria • SG&S

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Valerio Staffelli

REGIONE SICILIA

autorevolezza che ci hanno riservato le Alte cariche costituzionali e che hanno portato una volta di più alla loro attenzione la nostra professione e le relative criticità, con il coinvolgimento di Striscia la Notizia e dei principali Organi di informazione nazionali per fare conoscere sempre più all’opinione pubblica la nobiltà del nostro lavoro - un nuovo esaltante ed entusiasmante capitolo nella Storia del Primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE. Un Sindacato che ogni quattro anni svolge il suo Congresso nazionale e in cui le nomine avvengono con trasparenza e con democratiche votazioni; un Sindacato che ogni anno presenta nella sede naturale del Consiglio Nazionale l’annuale Bilancio consuntivo e quello preventivo; un Sindacato che regolarmente organizza Convegni e manifestazioni per valorizzare la professionalità dei Baschi Azzurri del Corpo, e molto altro ancora. Non so quanti fanno altrettanto... Non sono infine mancati coloro che proprio non sono riusciti a controllare l’invidia per il successo ottenuto da questi eventi storici del SAPPE e che quindi hanno rosicato (per dirlo alla romana). L’unico appropriato commento è ricordare quel che Virgilio, guida di Dante Alighieri, disse nel Canto III dell’Inferno, al verso 51: «Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa». E poi, scusate, lo diceva anche De Gregori, no? «...la storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano ...La storia siamo noi, nessuno si senta offeso...». Il Sindaco Palermo

REGIONE TOSCANA

REGIONE UMBRIA

REGIONE VENETO - TRENTINO A.A. Polizia Penitenziaria • SG&S

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a cura di Lady Oscar Redazione Sportiva • info@sappe.it

Serve lo sport alla Polizia Penitenziaria?

P

otevo raccontare dell’ennesima impresa di Carolina Kostner anche questo mese, avrei potuto fare un paginone intero dedicato alla scherma, al nuoto, all’atletica, al judo o al pentathlon delle Fiamme Azzurre, oppure potevo scrivere di Astrea, raccontarvi dei nuovi acquisti, delle prospettive dei gruppi sportivi, delle iniziative e delle manifestazioni a cui prenderanno parte nel futuro più prossimo i vari agonisti del Corpo, ma in questo spazio di gennaio non troverete invece né classifiche Nella foto Carolina né foto di atleti con i loro risultati. Kostner Niente di tutto ciò. Solo una riflessione che si impone riguardo al senso stesso di mantenere uno spazio come questo per raccontare tutte le vicende che ruotano intorno al pianeta sport della Polizia Penitenziaria. Innanzitutto serve lo sport alla Polizia Penitenziaria? Serve parlare e scrivere dei ragazzi che gareggiando rappresentano i colori ed il nome del Corpo pur se nascosto dalle due denominazioni Astrea e Fiamme Azzurre? Pareri divisi tra gli appartenenti su questo. A ciascuno il suo pensiero, lungi da chi scrive persuadere qualcuno che lo sport è bello e utile in un momento storico dove sovraffollamento delle carceri e mancanza di personale fanno pensare, ad una parte di chi svolge quotidianamente il suo lavoro in sezione, che alla Polizia Penitenziaria più che un gruppo di atleti servirebbe l’equivalente numerico di una squadra olimpica di nuove forze; che una medaglia ai prossimi mondiali o i play off agguantati dalla squadra di calcio sono praticamente inutili a rallegrare un sistema che vive, in ogni minuto di servizio dei baschi azzurri, in mezzo a delle criticità spaventose. Però, a beneficio di tutti coloro che esprimono malumori e quasi considerano una perdita di tempo anche il solo parlare di sport nell’Amministrazione Penitenziaria (figuriamoci scriverne), sgomberare il campo da qualche luogo comune legato al fatto che, a buon diritto, un settore agonistico anche da noi esiste (come in tutte le altre quattro Forze di Polizia dello Stato ed in tutti i Corpi militari nazionali peraltro, ed è una realtà importante) forse può essere utile. Innanzitutto dov’è previsto che da noi si svolga dell’attività sportiva? E’ presto detto. Lo prevede la legge n 395 del 1990 istitutiva del Corpo di Polizia Penitenziaria che all’art. 3 recita: “Il Corpo di Polizia Penitenziaria può svolgere attività sportiva e può inoltre costituire una propria banda musicale”. A cosa serve un gruppo sportivo in una Forza di Polizia o in un Corpo militare? E’ utile a veicolarne l’immagine. Così come avviene in tutte le oc-

Polizia Penitenziaria • SG&S

casioni nelle quali gli uomini e le donne in divisa possono incontrare la gente comune, parlare di sé, delle loro specializzazioni, dimostrarle magari (si pensi alle applaudite esibizioni del nostro gruppo cinofili, a quanto sia attrattiva per i più piccoli la possibilità di salire e farsi fotografare sulla moto di un collega quando la Polizia Penitenziaria capita nello stand di un evento o in qualche piazza), allo stesso modo lo sport ci porta al di fuori dei confini di una sezione, di un provveditorato, di una scuola di formazione e ci fa conoscere e apprezzare anche da chi non è direttamente collegato ad un ospite delle patrie galere (e che magari non sempre ci apprezza quando proprio non ci taccia di scarsa professionalità o peggio). Il problema sollevato da molti sul fatto che da parte degli atleti si dica poco o non si dica per niente che sono agenti, ispettori o sovrintendenti della Polizia Penitenziaria è reale solo in parte perchè nella maggioranza dei casi non è colpa dell’atleta che non ammette di far parte dei baschi azzurri, ma, ad esempio, dei giornali che riportano le cronache sportive dicendo Fiamme Azzurre e non specificando di quale corpo siano un’emanazione sebbene l’atleta il più delle volte lo dica di far parte della Polizia Penitenziaria. Polizia Penitenziaria che quando invece viene citata dal giornalista che vuole essere più preciso diventa, nella migliore delle ipotesi, il corpo degli agenti di custodia, delle guardie carcerarie o peggio dei secondini, con il solo Sappe molto spesso a condurre quella importante crociata volta a correggere chi ci definisce con un nome che non ci è proprio e che infastidisce parecchio l’ascolto o la lettura. Inoltre non tutti sanno che, sotto l’attuale gestione delle Fiamme Azzurre e dell’Astrea se qualcuno in maniera scientifica ha omesso di citare o ringraziare l’Amministrazione, che è dietro alla possibilità di ogni agonista di fare lo sportivo di mestiere, è stato sempre richiamato con forza a ricordarsi chi è e da dove viene. Ancora, per conoscenza, è bene sapere che oltre a citarla per motivi di opportunità e di appartenenza, anche non costretti insomma, molti dei ragazzi dei nostri gruppi sportivi sono sinceramente orgogliosi di essere parte della Polizia Penitenziaria, che hanno scelto la Polizia Penitenziaria potendo anche pensare di andare altrove e che non sono estranei all’eroismo di coloro che quotidianamente si spendono e si consumano nel lavoro in sezione per ciò che è considerato il servizio d’istituto per eccellenza della Polizia Penitenziaria. Qualche esempio per coloro che pensano che gli atleti delle Fiamme Azzurre sono solo quelli che fanno carriera a suon di medaglie.

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Laura Gibilisco: (Gs Fiamme Azzurre settore lanci). «In prospettiva futura, pur sperando di poter restare in ambito sportivo, essendo particolarmente amante della divisa, non esclude che potrebbe anche lavorare operando nell’espletamento del servizio d’istituto della Polizia Penitenziaria, a contatto con l’umanità dolente del carcere. Laura è insomma un ottimo esempio di come lo sport in persone concrete e realiste non faccia perdere di vista l’importanza di essere innanzitutto parte integrante della Polizia Penitenziaria, tramite la sua grande famiglia di essere atleti, ma di potervi far affidamento anche nel futuro a quella grande famiglia, ritornando magari dopo la parentesi agonistica a vestirne la divisa, per un lavoro che in maniera più caratterizzante ne ricordi l’impegno quotidiano al servizio del Paese».

Lorenza Canali: (Gs Fiamme Azzurre settore atletica) «Lorenza in futuro si vede impegnata in prima linea nella collaborazione con la Polizia Penitenziaria in quel delicato ed importante processo che riguarda il trattamento e la rieducazione dei detenuti. Studiando attualmente scienze dell’educazione, Lorenza potrebbe diventare uno degli educatori che giornalmente contribuiscono a far si che i detenuti lascino il periodo di detenzione come persone migliori. Oltre a questo crediamo che intanto saprà ancora a lungo far bene sui campi di atletica. Una ragazza completa in ogni senso: da applausi a scena aperta».

Valeria Roffino: (Gs Fiamme azzurre settore atletica)

Ilaria Bianchi: (Gs Fiamme Azzurre settore nuoto) mi racconta la sua filosofia di vita:

«Essendo specializzanda in Servizio Sociale, vorrebbe, in prospettiva futura, dopo l’agonismo di una carriera che le auguriamo lunghissima, poter essere utile all’Amministrazione Penitenziaria come assistente o operatrice sociale».

«C’è un solo tipo di successo, quello di fare della propria vita ciò che si desidera. In prospettiva futura Ilaria vorrebbe tentare di inseguire la carriera in Polizia Penitenziaria». Martina Rosati e Sergio Fattorello (settore atletica e tiro a volo del Gs Fiamme Azzurre), data la laurea in giurisprudenza vorrebbero far carriera nell’ambito della Polizia Penitenziaria...

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Sono solo pochi contributi che spero siano indicativi del fatto che chi fa sport non si dimentica necessariamente dei colleghi che sono impegnati in sezione o si sente immune da tanti spiacevoli servizi pesando che non gli tocchino mai nella vita, come qualcuno sottolinea. Basta dire che quelli dei gruppi sportivi sono parte di una élite dimentica della sua provenienza e del compito gravoso di altri colleghi impegnati in prima linea in funzioni a contatto col pianeta carcere. Basta pensare o scrivere che coloro i quali non fanno risultati vanno immediatamente impiegati in sezione, quasi fossero dei perdigiorno e braccia sottratte al servizio. Lo sport è sacrificio, fatica, impegno e disciplina costanti per far si che la macchina-corpo sia performante al massimo e possa eccellere. Chi nasce come atleta dei gruppi sportivi della Polizia Penitenziaria, è un elemento specializzato in uno sport che potrebbe praticare in qualunque altro gruppo, come accennavo sopra, che

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Nelle foto gli atleti delle Fiamme Azzurre menzionati nei box


sceglie di stare nel nostro perchè ci crede e nelle manifestazioni sportive ufficiali difende uno scudetto con su scritto Polizia Penitenziaria gruppi sportivi. Non ho mai sentito colleghi degli altri Corpi militari e di Polizia lamentarsi dei propri atleti pur soffrendo spesso le stesse critiche situazioni operative che si respirano anche da noi. In Polizia Penitenziaria che succede invece? Si dice di atleti delle Fiamme Azzurre o calciatori dell’Astrea che dovrebbero andare a fare servizio, si pensa che i gruppi sportivi siano un gruppo di raccomandati che lavorano a beneficio di se stessi anziché al servizio del nostro Corpo. Giudizi tristi questi, esperiti tra appartenenti ad una stessa famiglia lavorativa, pressoché unici rispetto a quelli riscontrabili altrove, che raccontano di una disunità che non ci fa onore.. Che terribile modo di rappresentarci, che brutta abitudine il non valorizzare ciò che di buono esiste nella Polizia Penitenziaria anche nel suo settore sportivo. La Polizia Penitenziaria vale molto, lo sappiamo: oltre a fare bene il suo servizio d’istituto, tra le varie specializzazioni, è però anche fatta di atleti che la distinguono e la collocano al vertice delle discipline praticate sotto l’egida del Coni.

Se la memoria non mi inganna, due anni fa, durante la sfilata del 2 giugno ai Fori Imperiali per la festa della Repubblica, quando i nostri colleghi in marcia venivano finalmente annunciati sotto l’occhio delle telecamere in diretta tv, il commentatore disse: «Entra ora il reparto della Polizia Penitenziaria». Tra le altre cose: «Polizia Penitenziaria che ha un importantissimo gruppo sportivo: le Fiamme Azzurre». Erano passati poco prima Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Marina, Aeronautica ed Esercito, ma di nessuno di questi nessuno ha accennato i successi sportivi o l’esistenza di un gruppo sportivo di valore. L’Astrea e le Fiamme Azzurre sono un esempio cui guardare per molti settori sportivi nazionali, ma noi non siamo mai profeti in patria e questo è il primo peccato capitale che commettiamo quando anziché pensare a valorizzare il buono che siamo ci facciamo prendere dalla sindrome di Calimero: di colui che si sente cioè sempre piccolo e nero. Ed è spesso per questo che forse, non credendoci per primi di essere monete di valore, i rappresentanti degli altri corpi o l’opinione pubblica ci svalutano considerandoci come da par nostro ci vediamo.

SESTRIERE si prepara ad accogliere la 10ª edizione delle F.I.S. POLICE SKI Campionati Mondiali di sci dei Corpi di Polizia

S

tanno per tornare i Campionati Mondiali di sci dei Corpi di Polizia che si svolgeranno nella splendida cornice di Sestriere. I più importanti atleti dei Corpi di Polizia si sfideranno sulla prestigiosa pista Gianni Agnelli dal 13 al 20 marzo 2011, insieme a loro però, si preparano a competere sui medesimi tracciati anche gli sportivi degli Sci Club. Un impegno organizzativo importante per lo Sci Club Teamitalia di Roberto Gualdi. Le F.I.S. POLICE SKI si riafferma e cresce di anno in anno come testimonia i numerosi riconoscimenti istituzionali e Federali che riceve ogni anno. L’edizione 2011 si preannuncia spettacolare e ricca di sorprese. Le F.I.S. POLICE SKI sono diventate ormai una tradizione per il mondo sportivo lo dimostra, oltre alla partecipazione degli atleti in continuo aumento, la collaborazione delle Federazioni sportive nazionali ed internazionali. L’evento sarà infatti patrocinato, tra gli altri dalla FISI – Federazione Italiana Sport Invernali. Il programma si preannuncia ricco, con ben 5 gare in una sola settimana: a testimoniare l’importanza delle gare, anche la presenza delle telecamere della Rai. La FISI è orgogliosa di tutto questo, visto il grande rapporto che lega il mondo federale con quello dei corpi sportivi di Polizia e Militari, senza l’apporto dei quali i nostri atleti di punta non potrebbero primeggiare negli sport in cui gareggiano. Molti gli ospiti provenienti da Austria, Bulgaria, Romania, Polonia, Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Argentina e Australia.

CALENDARIO GARE 13 -20 marzo 2011 DOMENICA 13 LUNEDì 14 MARTEDì 15

MERCOLEDì 16 GIOVEDì 17 VENERDì 18 SABATO 19 DOMENICA 20

ARRIVO DEGLI ATLETI

SLALOM GIGANTE FIS

RIUNIONE DI GIURIA

SLALOM SPECIALE FIS

Polizia Penitenziaria • SG&S

SLALOM GIGANTE FISI OPEN

GIORNATA DI RIPOSO/ RECUPERO

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SLALOM GIGANTE FIS

SLALOM SPECIALE FIS



Lionello Pascone • Coordinatore Nazionale Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria info@anppe.it

Riforma del lavoro (Legge 183/2010). Tutte le novità per la Polizia Penitenziaria e il Comparto Sicurezza

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ei giorni scorsi è entrata in vigore la legge 183 del 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 262 Serie Generale del 9 novembre 2010, che contiene importanti ed innovative riforme sul rapporto di lavoro. Indubbiamente, la novità più importante per quello che riguarda la Polizia Penitenziaria è sicuramente il riconoscimento della cosiddetta “specificità” del comparto sicurezza laddove, all’art. 19, viene sancito: “Art. 19- Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. 2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie. 3. Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attua-

zione delle finalità di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale.” In buona sostanza, dopo tante battaglie sindacali, viene finalmente riconosciuta ai poliziotti ed alle forze armate la specificità (particolarità) del servizio svolto, svincolando definitivamente le procedure contrattuali, funzionali, giuridiche ed ordinamentali dal resto del pubblico impiego. Le altre novità contenute dalla legge 183, che riguardano direttamente le forze di polizia sono le seguenti: “Art. 18 – Aspettativa. Con questo articolo viene introdotta una particolare forma di aspettativa per i dipendenti pubblici, concedibile dall’amministrazione di appartenenza anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. Il periodo – durante il quale non verranno versati assegni – ha una durata massima di 12 mesi. Durante questo periodo di aspettativa non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità previste dalla legge 165/2001.” “Art. 23 – Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi. Con questo articolo il Governo viene delegato ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di congedi, aspettativa e permessi, sulla base di criteri e principi direttivi diretti – in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione delle modalità di fruizione – ad un formale e sostanziale coordinamento dell’attuale panorama normativo, al fine di garantire l’applicazione certa e uniforme della relativa disciplina.”

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“Art. 24 - Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità. Con questo articolo vengono introdotte modifiche alla disciplina in materia di permessi ex l. 104/92, in primis con l’esclusione del requisito della convivenza, originariamente previsto dalla predetta legge (art. 33, co. 3). In tal modo possono ora fruirne del beneficio il coniuge, parente o affine entro il 2° grado, ovvero entro il 3° grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbia compiuto i 65 anni di età oppure gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o comunque mancanti. Nell’originaria formulazione la possibilità di fruizione dei permessi in parola da parte di parenti o affini entro il 3° grado non era legata alle circostanze appena indicate. Subisce una modifica sostanziale anche l’art. 42, co. 2, del d.lgs. 151/2001 per la quale, successivamente al compimento del 3° anno di età del bambino con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire dei permessi di cui all’art. 33, co. 3, della l. 104/92, è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell’arco del mese; nella precedente formulazione il diritto ai permessi è alternativo, o alla lavoratrice madre o al lavoratore padre. Invece, adesso, entrambi i genitori potranno essere titolari di tale diritto, seppur con utilizzo alternativo, a garanziadi una maggiore flessibilità di tale beneficio. Viene in-

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fine soppresso l’intero comma 3 dell’art. 42 del d. lgs. 151/2001: è eliminata la differenziazione di disciplina esistente tra genitori con figlio con handicap in situazione di gravità di età superiore a 3 anni e figlio maggiorenne; in tale ultima ipotesi la disposizione che il Parlamento ha soppresso subordinava il diritto alla fruizione dei permessi alla convivenza o, in assenza di convivenza, alla circostanza che l’assistenza al figlio fosse continuativa ed esclusiva” “Art. 26 - Aspettativa per conferimento di incarichi, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. L’art. 26 introduce, per la prima volta, la possibilità, anche per il personale del comparto sicurezza e difesa, di essere destinatario di incarichi di funzioni dirigenziali, nel rispetto dei requisiti e dei limiti previsti dall’art. 19, comma 6, del d. lgs. 165/2001. Il personale a cui sono conferiti i suddetti incarichi è collocato in aspettativa senza assegni. Le condizioni del beneficio sono che gli incarichi siano strettamente collegati alla professionalità rivestita e motivati da esigenze di carattere eccezionale.Il personale è collocato in aspettativa senza assegni e continua ad occupare il relativo posto nella dotazione organica dell’amministrazione di appartenenza. Gli incarichi sono conferiti previa autorizzazione del Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze.” “Art. 28 - Personale dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Questo articolo modifica i requisiti per l’assunzione nel comparto sicurezza fissando – per particolari discipline indicate nel bando di concorso – un diverso limite massimo e minimo di età per il reclutamento degli atleti dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.”.

Pensione di anzianità: i nuovi requisiti

Rovigo: Festa provinciale dei Bersaglieri

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er conseguire la pensione di anzianità nel corrente anno 2010, occorre:

a) in linea generale, aver maturato 40 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica; b) nei casi previsti dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 165/1997 (che fa riferimento ai diversi ordinamenti di appartenenza per il raggiungimento della massima anzianità contributiva), occorre aver maturato 35 anni di contributi con un’età pari o superiore a 57 anni, ovvero 38 anni di anzianità contributiva, con un’età pari o superiore a 53 anni. Precisiamo che le modalità e i requisiti di cui sopra hanno validità fino al 31 dicembre 2010. A decorrere dal 1° gennaio 2011, infatti, per poter accedere al trattamento pensionistico anticipato, occorre aver maturato almeno 40 anni di contributi entro il 3° trimestre del 2010 e, a decorrere dal 1° aprile 2011, i suddetti contributi (40 anni) devono essere maturati entro il 4° trimestre del 2010. In questi ultimi due casi, non è previsto alcun requisito anagrafico.

omenica 30 Gennaio 2011, in occasione della Festa Provinciale dei Bersaglieri di Crespino (Rovigo), una delegazione della Sezione A.N.P.Pe. di Rovigo Capogruppo Nord Est Italia è intervenuta presenziando alla Santa Messa e all'alzabandiera, sfilando poi nel centro del paese. Presenti alla cerimonia altre Forze d'Arma come l'Associazione Carristi, l'Associazione Guardie d'Onore al Pantheon, l'Istituo del Nastro Azzurro, la Federazione Italiana Combattenti Alleati, l'Associazione Vigili del Fuoco ed, inoltre, Istituzioni Civili e Militari. Giovanni Meloni

• Lutto a Cosenza

Il 5 gennaio 2011, si sono svolti i funerali della sorella del Segretario Nazionale Damiano Bellucci. La Segreteria Generale del Sappe, l’ANPPe, la Segreteria Regionale della Calabria e la Rivista inviano a Damiano Bellucci le più sentite condoglianze. Franco Denisi

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Milano: anche Rovigo Alessandria: Festa del 4 novembre 2010 al Quinto Congresso n occasione della ricorrenza annuale del 4 novembre, Festa delle Forze Armate, Nazionale del SAPPe una rappresentanza dell’ANPPe di Alessandria ha partecipato alla consueta maAnche la Sezione di Rovigo era presente, con una delegazione e il suo Labaro, al 5° Congresso Nazionale del Sappe.

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nifestazione. La cerimonia si è svolta alla presenza delle più importanti Cariche Civili e Militari del capoluogo alessandrino. Molto apprezzata la delegazione della Polizia Penitenziaria in congedo. Antonio Aloia

Teramo: Servizio di Ordine pubblico

L A destra la Delegazione di Alessandria con il Labaro dell’ANPPe sotto la Sezione di Teramo

a Sezione ANPPe di Teramo, il 24 novembre 2010, unitamente ad altre Associazioni ha svolto il servizio di Ordine pubblico, in occasione della celebrazione della festa del Santo Patrono della Città di Giulianova (TE) con la nuova tuta di servizio, riscuotendo ammirazione e stima dalla cittadinanza, dalla Giunta Comunale e dalle Associazioni per il servizio reso con grande professionalità. Nella circostanza, congratulazioni sono arrivate anche dal tenore abruzzese, vincitore del Festival di Sanremo 2010, Pietro Mazzocchetti. Claudio Tarullo

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Reggio Calabria: Festa delle Forze Armate

Reggio Calabria: richiesta l’esenzione dal ticket sanitario per gli invalidi per servizio delle Forze Armate e di Polizia

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l 15 dicembre 2010, la Sezione ANPPe di Reggio Calabria ha partecipato alla Santa Messa di Fine Anno, celebrata da S.E. Mons. Vittorio MONDELLO, presso la Cattedrale di Reggio Calabria e riservata a tutte le Forze dell’Ordine e alle Associazioni Combattentistiche e d’Arma.

l 14 dicembre 2010, l’On. Gianni Nucera, Socio Onorario dell’ANPPe, ha inviato una richiesta, con una interrogazione presso il Consiglio Regionale della Calabria, con la quale chiede al Presidente della Regione Calabria On. Giuseppe Scopelliti, la modifica del Regolamento Regionale n.11 del 4 agosto 2009 (Compartecipazione alla spesa Sanitaria - Ticket) per comprendere tra i soggetti esentati anche gli invalidi per servizio appartenenti alle categorie invalidanti dalla 2ª all’8ª e collocati in congedo, appartenenti alle Forze di Polizia e Forze Armate i quali hanno servito con onore ed orgoglio lo Stato Italiano e che oggi non devono essere vessati e dimenticati dalle istituzioni. Franco Denisi

Nella foto a fianco, l’On. Gianni Nucera - Sopra, la richiesta di esenzione A sinistra, le foto della Festa delle Forze Armate

Reggio Calabria: l’Associazione partecipa alla Festa dei Carabinieri

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l Comandante Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, Colonnello Angelosanto, con una sua missiva personale, ha ringraziato la Sezione Locale dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria per aver partecipato alla cerimonia della Virgo Fidelis, celebrata presso la cattedrale di Reggio Calabria il 23 novembre 2010. Franco Denisi

La lettera di ringraziamento del Comandante Provinciale dei Carabinieri

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Rovereto: lettera ad un Fratello

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arissimo Amico Aldo, anzi Fratello, è oramai quasi un anno,che non sei più tra di noi, sono ancora traumatizzato da quel lontano giorno, quando per ragioni a me sconosciute, hai deciso di farla finita con tutte le tribolazioni di questa terra. Ricordo la prima volta che ti vidi, era il 20 Maggio del 1986, io ero appena giunto a Milano trasferito da Rovereto, e tu quando ti sei presentato, mi sei apparso subito “antipatico e stronzo” nel vero senso della parola. Io d’altronde ero un po’ spaventato da questo ennesimo trasferimento, perché era la prima volta che lo facevo da solo, mentre tutti gli altri trasferimenti, li ho fatti in coppia con qualche collega, ero giovane non avevo ancora compiuto 24 anni, perché noi allora Agenti di Custodia del settore Minorile, subivamo trasferimenti a gogò in quanto andavamo a sopperire alle carenze di organico per far usufruire delle ferie gli altri colleghi di altri Istituti. Poi con il passare del tempo, tra un “vaffanculo” e un “ma va a morì ammazzato” espressione tipica della mia città di cui non si fa fatica a capire qual’è, abbiamo fatto amicizia. Un amicizia che si è consolidata con il tempo, che nulla e nessuno avrebbe potuto attaccare e distruggere. Io mi sono aperto con te, ti ho espresso i miei dubbi, le mie incertezze, le mie paure, ma tu trovavi sempre una risposta a tutti questi miei problemi, fino al punto di farmi recedere dalla grave decisione di lasciare il Corpo, perché non riuscivo ad ottenere il trasferimento per avvicinarmi alla mia famiglia che nel frattempo mi ero creato. Da quel momento tu Amico mio mi hai aperto la tua casa, dandomi tutto ,casa, cibo, mi hai dato alloggio, mi hai dato anche la tua auto, insomma facevo parte della tua famiglia, mi hai trattato come un Fratello minore o meglio ancora come un Figlio, anche se tra me e te anagraficamente c’era un divario di solamente di tre anni. Io ho ricambiato come ho potuto, invitandoti a mia volta nella mia casa, che con grandi sacrifici miei e della mia compagna di una vita ci siamo creata non senza grandi sacrifici. Anche in quel frangente non è mancato da parte tua il tuo aiuto e appoggio. Ricordo che quando ne parlavi con amici

e parenti di ciò che anch’io avevo costruito, tu amavi dire che avevo fatto “un Villone” mettendomi in imbarazzo e facendomi arrossire, perché non credo di aver fatto chissà quale miracolo, ma presumo solamente ciò che andava fatto per il bene della famiglia tutta, eppoi non era un villone la mia casa . Di contro c’era da parte tua sempre quella strafottenza bonaria, di chi si sente un gradino più su di ogni altro, perché eri l’autista del Direttore, ma in un modo o nell’altro trovavo il modo di rifarmi di queste pseudo-angherie, così passavano i mesi e gli anni. Infatti i tuoi continui sfottò del tipo “Buongiorno Signori Educatori, come andiamo oggi? I mie bambini come stanno? (riferendosi ai detenuti Minori) hanno fatto colazione? Trattatemeli bene altrimenti divento isterica capito? Come siete fortunati voi invece a me tocca lavorare duramente”, oppure quando mi chiamavi “Capocameriere o Maitre” a queste parole, tutti noi poveri cristi costretti a turni massacranti anche 16 ore consecutive, perche il dipartimento era sempre avaro nell’inviare personale di rinforzo, partivamo a rincorrerti per i lunghi corridoi cosicché ti davamo la giusta punizione, con sberloni, calci nel sedere e anche qualche gavettone fatto in estate per non essere troppo cattivi. Abbiamo giocato e scherzato insieme per molto tempo ci siamo confrontati su quale metodo giusto fosse il migliore per allevare i nostri figli, le nostre aspirazioni per noi e la nostra famiglia, e quante risate quando capitavi di turno di notte ed io ero il tuo superiore, anche se tu eri pìù anziano di servizio. Era come tornare bambini, in un contesto di lavoro difficile, in cui solamente le persone che vi sono dentro possono capire ed eravamo tutti uniti nel lavoro come nel gioco. Sei sempre stato presente nei momenti belli e brutti quando finalmente dopo nove anni di permanenza a Milano, ho ottenuto il tanto sospirato e desiderato trasferimento, ho perduto quella figura importante che era mio padre, e tu mi sei stato molto di conforto, sei stato il benvenuto per la nascita e il battesimo dei miei tre figli. So che sei sempre stato orgoglioso di me, anche quando alla fine sono voluto andare via da Milano, ne parlavi con i dirigenti sia del Tribunale e Procura dei Minori in cui ho lavorato per un certo periodo, e sia ai colleghi Carabinieri del locale nucleo, il Bri-

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gadiere Pellegrino e gli l’Appuntati Battagliero Santoro,(i nostri rapporti erano solamente telefonici, data la distanza, ma non li avevamo interrotti). Fino al giorno in cui mi hai telefonato triste ti sei messo a piangere al telefono dicendomi che quello che avevi lottato per una vita, era crollato, e non riuscivi a capacitartene di come fosse accaduto. Poi tutto sembrò tornate alla normalità e le cose sembravano sistemate. Invece una sera fredda di fine gennaio, mentre ero in servizio vengo informato che hai deciso di uscire di scena in un modo così brutto e violento, sono rimasto senza fiato, stordito, incapace di reagire, non volevo credere a ciò che mi stavano dicendo, mi sembrava impossibile che non c’eri più, che non eri più tra noi, mi ci è voluto un po’ per riprendermi. Che proprio tu il mio carissimo e insostituibile amico, avessi compiuto un gesto così drammatico senza ripensamenti, non me lo sarei mai aspettato, ma tu sei sempre stato un uomo di sani principi, non sei mai sceso a compromessi con nessuno, ma sopratutto quando decidevi qualcosa, quella era, senza pentimenti di sorta. Spero che adesso in qualunque luogo ti trovi, tu abbia trovato quella pace e quella serenità, che in questo mondo ti sono mancati, e a tutti quelli a cui hai voluto bene e che ti hanno voluto bene rimarrai sempre nei loro cuori. Il tuo Amico Fabio Massimo Alviani

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Treviso: Concerto di beneficenza

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a Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Treviso si è resa protagonista di una grande iniziativa. Grazie alla volontà espressa dal Direttore della Casa Circondariale di Treviso Dr. Massimo Francesco, al Comandante di Reparto Ispettore Superiore Ministeri Giovanni e all’organizzatore Ispettore Capo della Poli-

zia Penitenziaria Scipioni Mauro, è stato organizzato, il 20 novembre 2010, presso il Teatro Comunale di Treviso un concerto di beneficenza per ricordare le 5 vittime straziate in circostanze e luoghi diversi, dalla follia omicida. Per la prima volta si è tenuto un incontro tra i familiari delle vittime dei delitti di cronaca più spietati commessi nella gioiosa Marca Trevigiana, negli ultimi 5 anni. Il ricordo va ad Arianna ed Elisabetta Leder di Castagnole, Giudo e Lucia Pellicciardi di Gorgo al Monticano, e di Jole Tassitani di Castelfranco Veneto. Erano presenti tante Autorità Civili, Militari e Religiose. Grande è stata anche la partecipazione della Polizia Penitenziaria; non sono mancati attimi di commozione tra i presenti, soprattutto nel momento in cui sono state riproposte alcune immagini relative a quei terribili fatti. A renderlo ancora più toccante le note della Banda Musicale della Città di Mogliano Veneto. Al Direttore della Casa Circondariale di Treviso Dr. Massimo Francesco, al Comandante di Reparto Ispettore Superiore Ministeri Giovanni e all’Ispettore Capo Scipioni va rivolto un vivo ringraziamento da parte di tutto il Personale di Polizia Penitenziaria per il grande impegno profuso e per l’ottima risuscita della serata. Francesco Attardo, Ezio Recchia

Amantea (CS): un giovane talento degli scacchi

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l Piccolo Angelo Cicero, figlio del poliziotto penitenziario Claudio, si è classificato al secondo posto nell’importante manifestazione scacchistica della Costa Viola, torneo a cui hanno partecipato anche grandi maestri internazionali. Grazie a questo risultato il giovane talento ha ottenuto la qualifica di terza categoria. Congratulazioni, al giovane e a suo padre Claudio, da parte della Rivista per le prestazioni avute e per quelle che sicuramente ci saranno in futuro. Salvatore Panaro

Trapani: brillante operazione di Polizia Giudiziaria

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perazione di Polizia Giudiziaria, condotta dalla Polizia Penitenziaria in collaborazione con la Questura di Trapani e l’Interpol per mettere le mani su un pericoloso latitante, condannato per aver sterminato una famiglia nel 2006 a Brescia. Il latitante è stato arrestato nell’isola spagnola di Tenerife. L’operazione è stata condotta dagli agenti della squadra mobile di Trapani, del Servizio centrale operativo, dal Nucleo investigativo della Polizia Penitenziaria del PRAP di Palermo, dal Reparto della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Palermo Pagliarelli, in collaborazione con l’Interpol e la polizia locale. Il ricercato è stato localizzato in seguito alla segnalazione di un agente della Polizia Penitenziaria, in vacanza nell’isola, che lo ha riconosciuto allertando subito il Reparto di appartenenza (C.C. Pagliarelli). All’arresto, avvenuto in Spagna, hanno partecipato oltre che uomini dello SCO e della Questura di Trapani, anche uomini del Nucleo Investigativo della Polizia Penitenziaria del PRAP di Palermo.

Palermo: il Capo del Dipartimento Franco Ionta in visita a Pagliarelli e Ucciardone dove incontra il personale della Polizia Penitenziaria

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’incontro del Capo del Dap Franco Ionta con il personale di Polizia Penitenziaria degliistituti Pagliarelli e Ucciardone, durante la visita avvenuta il 17 gennaio 2011, è stata l’occasione per una verifica della situazione delle condizioni di lavoro e delle strutture. Il Capo del Dap, accompagnato dal Provveditore della Sicilia Orazio Faramo, si è recato in mattinata all’istituto di Pagliarelli , dove è stato accolto dalla Direttrice Francesca Vazzana e dal Comandante di Reparto Commissario Giuseppe Rizzo. Ionta ha quindi voluto personalmente conoscere l’agente che ha contribuito all’arresto del latitante Salvatore Marino, avvenuto a Tenerife, un’operazione condotta in collaborazione con la squadra Mobile di Trapani. Nel pomeriggio Ionta si è recato all’Ucciardone, dove l’attendevano il Direttore Maurizio Veneziano e il Comandante di Reparto Commissario Patrizia Bellanti. Anche la visita all’Ucciardone si è conclusa con un incontro con il personale che ha rappresentato in maniera diretta e informale le condizioni di lavoro.

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a cura di Giovanni Battista De Blasis

VALLANZASCA Gli angeli del male

R In alto la locandina sotto alcune scene del film nel riquadro il regista Michele Placido

inchiuso in carcere per scontare la condanna dell’ergastolo per i crimini commessi, un anziano Renato Vallanzasca ripercorre i ricordi di una gioventù passata a capo di un clan criminale noto alla cronaca come Banda della Comasina, che negli anni '70 imperversò a Milano tra rapine, sequestri e omicidi. Nel 1985, Renato Vallanzasca, 35 anni, è detenuto in isolamento nel carcere di Ariano Irpino. È lui stesso a raccontarci le sue prime imprese adolescenziali che lo condurranno alla prima reclusione in un carcere minorile. È l'inizio di una carriera che, insieme ad alcuni amici d'infanzia, lo condurrà a diventare Il boss della Comasina.

Si parte da Milano, negli anni 70, quando Renato Vallanzasca inizia a frequentare l’ambiente della malavita, con un gruppo di amici d’infanzia che hanno cominciato con le rapine sin da giovanissimi. In quel periodo Renato conosce Consuelo, colei che diventerà la sua compagna e la madre di suo figlio, ed inizia a fare la bella vita in competizione con la banda di Francis “Faccia d’angelo” Turatello. Ma ben presto, alle rapine si aggiungono anche gli omicidi... La battaglia con il clan Turatelo si trasformerà ben presto in una guerra senza esclusione di colpi, che diventerà sempre più dura, così come sempre più sanguinose diventeranno le rapine ascritte alla Banda Vallanzasca. La sceneggiatura del film è stata scritta da Michele Placido con la collaborazione di Kim Rossi Stuart e Andrea Purgatori, è ed ispirata al libro autobiografico Il fiore del male-Bandito a Milano scritto dallo stesso Vallanzasca in collaborazione con il giornalista Carlo Bonini. Renato Vallanzasca sta scontando una condanna complessiva a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione con l'accusa di sette omicidi di cui quattro compiuti direttamente, una settantina di rapine e quattro sequestri di persona nonché numerosi tentativi di evasione. È detenuto da 38 anni. Il film, per il rischio di mitizzare la figura di un assassino, ha inevitabilmente, provocato tantissime polemiche: dai giorna-

Regia: Michele Placido tratto dal libro: Il fiore del male - Bandito a Milano di Carlo Bonini e Renato Vallanzasca Soggetto: Carlo Bonini, Renato Vallanzasca Sceneggiatura: Andrea Purgatori, Angelo Pasquini, Michele Placido,Gerardo Amato, Andrea Leanza, Kim Rossi Stuart, Toni Trupia Fotografia: Arnaldo Catinari Montaggio: Consuelo Catucci Scenografia: Tonino Zera Costumi: Roberto Chiocchi Musiche: Negramaro Produzione: Elide Melli per Cosmo Production, 20th Century Fox Italia Distribuzione: 20th Century Fox Italia Personaggi ed Interpreti: Renato Vallanzasca: Kim Rossi Stuart

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listi, ai politici, dalle associazioni Vittime del Dovere ai Sindacati di Polizia che hanno invitato a boicottare la visione della pellicola nelle sale.

Consuelo: Valeria Solarino Enzo: Filippo Timi Antonella D'Agostino: Paz Vega Sergio: Moritz Bleibtreu Frances Turatello: Francesco Scianna Spaghettino: Toni Pandolfo Fausto: Gaetano Bruno Rosario: Nicola Acunzo Armando: Stefano Chiodaroli Giuliana: Federica Vincenti Nicoletta. Monica Barladeanu Padre di Renato: Gerardo Amato Carmen: Lia Gotti Genere: Biografico, Drammatico, Politico Durata: 125 minuti Origine: Italia, 2010

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di Luca Pasqualoni* info@sappe.it

Polizia Penitenziaria Area sicurezza e Comandanti di Reparto

Q Una traduzione con relativa scorta

uando si parla di carcere, volenti o nolenti, si finisce sempre per parlare di detenuti, di ristretti, di misure alternative alla detenzione, di indulto, di amnistia, di edilizia penitenziaria, di spazi detentivi, di trattamento, oscurando completamente il Corpo di Polizia Penitenziaria, di cui se ne parla unicamente in caso di eventi negativi, dimenticando le difficilissime condizioni di lavoro in cui questo opera e che, di sovente, rappresentano le vere cause di tali eventi. Infatti, non vi è chi non veda come tale Forza di Polizia ogni giorno si trovi a svolgere la propria professione in un ambiente, quello carcerario, connotato da sofferenza, disagio, disadattamento e sovraffollamento, la cui contiguità con il delinquente e più in generale con la devianza produce effetti spesso usuranti e determina, in definitiva, una privazione indotta della propria vita personale, quasi in una sorta di indesiderato processo di osmosi, tanto da poter affermare che più di una professione trattasi, per certi aspetti, di una vera e propria missione anche e soprattutto alla luce della endemica ed anemica carenza di personale. Attualmente, infatti, la provvista organica a disposizione dei vari Istituti penitenziari risulta essere a dir poco inconsistente, a fronte delle piante organiche formalmente ed originariamente previste. Dotazione organica che non fa altro che depauperarsi gradualmente e progressivamente: una emorragia che sembra non volersi arrestare. Tale dato assume una connotazione ancora più allarmante nel periodo estivo poiché, a fronte del piano ferie, le unità a disposi-

zione diminuiscono ulteriormente oltre ogni accettabile livello minimo di sicurezza. Ne consegue che la dotazione organica effettiva in forza, se di forza può parlarsi, negli Istituti penitenziari, a cui vanno ovviamente riconosciuti tutti i diritti dei lavoratori previsti dai vincoli normativi, sia a

livello centrale, che a livello di contrattazione decentrata, risulta quanto mai inadeguata rispetto alle esigenze di servizio, con l’effetto di dover affidare la vigilanza custodiale di decine e decine di detenuti ad una sola unità del Corpo. Si pensi, a tal proposito, che nel periodo estivo il personale del Corpo si trova ad usufruire, nella maggioranza dei casi, solo del periodo minimo sindacale di ferie, diversamente non sarebbe possibile garantire la vita intramuraria, a discapito di ogni livello minimo di sicurezza, con la conseguenza, però, che il personale è costretto a sopportare carichi di lavoro estenuanti e a dir poco usuranti al limite della dignità umana, saltando, talvolta, anche i pasti, con l’inevitabile abbassamento degli standard di vigilanza. Da qui la necessità di far ricorso, senza

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considerare le malattie giornaliere emergenti e contingenti, ogni giorno provvisoriamente all’accorpamento se non quando alla soppressione, in ordine di priorità decrescente, di alcuni posti di servizio per una frazione di turno, per l’intero turno, per più turni nella stessa giornata o per più giornate, con le inevitabili ricadute che ciò produce sull’ordine, sulla sicurezza dell’Istituto, sulla salvaguardia dell’incolumità dei ristretti, sullo stato psico-fisico del personale e sulle responsabilità che i Comandanti ed i Direttori sono costretti, ogni giorno, ad assumersi per garantire la regolare vita delle strutture penitenziarie. E’ di tutta evidenza, che l’accorpamento di posti di servizio o la loro soppressione, crea delle falle, in cui possono finire per annidarsi eventi pericolosi o peggio ancora infausti. Ma è altrettanto evidente che in presenza di una significativa e afflittiva carenza di personale, l’operazione di accorpamento se non quando di soppressione di cui sopra (per quanto oculata, mirata o concertata possa essere), si rende indispensabile, pena la paralisi degli stessi Istituti. D’altra parte, non si può pensare di gravare ulteriormente il personale, annullando i diritti sindacali dello stesso, che certamente non possiede ancora il dono dell’ubiquità, così come i Comandanti e i Direttori non hanno ancora sviluppato la capacità di clonare le poche unità a loro disposizione. Tra gli effetti maggiormente pregiudizievoli della carenza di personale, forse, vi è quello di precludere, a volte, l’onerosa misura custodiale della sorveglianza a vista, quale regime di vigilanza intensificata e diversificata, tanto da dover essere surrogata

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dalla meno incisiva misura della grande sorveglianza, con tutte le responsabilità che ne derivano per i Comandanti ed i Direttori, responsabilità che verrebbero meno qualora gli Uffici Superiori si adoperassero prontamente per trasferire i predetti ristretti presso le idonee strutture: ma così non è quasi mai. Va, inoltre, evidenziato come nel corso degli anni la mole di lavoro dei Nuclei Traduzioni e Piantonamenti è notevolmente aumentata, tanto che la primitiva aliquota di personale a questi assegnata non è più sufficiente a garantire le ingenti traduzioni, per non parlare dei piantonamenti. Infatti, quasi tutti i giorni gli stessi sono costretti ad attingere personale all’interno degli Istituti, aggravando ancor di più la sofferenza organica di questi ultimi. Si evidenzia, altresì, che risulta quotidianamente quasi impossibile ai Comandanti assicurare il servizio di vigilanza armata e in quei rari casi in cui si riesce a predisporre il presidio armato, questo si risolve in una unità virtuale, in quanto, di norma, sono costretti a dirottarla presso altri posti di servizio, al fine di compensare le assenze contingenti ed emergenti, a nulla rilevando il servizio di pattuglia eventualmente previsto: così l’assenza delle sentinelle ormai ha assunto un carattere fisiologico e non più patologico. La domanda allora nasce spontanea: avete mai visto una oreficeria senza sistema di allarme o di videovigilanza? L’assenza della vigilanza armata risulta essere ancor più grave laddove si consideri che, per molti Istituti, gli impianti di antiscavalcamento e di antintrusione, quando esistono, sono fuori uso, e non surrogati, quasi mai, da impianti di videosorveglianza che coprano l’intero periplo penitenziario, eppure i Comandanti non mancano di segnalare tempestivamente e reiteratamente agli Uffici Superiori tali disfunzioni, la cui indifferenza sorprende alquanto, soprattutto alla luce del fatto che molti Istituti vedono la presenza di detenuti appartenenti ad ogni tipologia detentiva, tra cui spiccano coloro sottoposti al regime del 41 bis, il cui rilevante spessore criminale e delinquenziale è di tutta evidenza, oltre al fatto che vari Istituti insistono su aree poste in

aperta campagna, con recinzioni perimetrali esterne alquanto basse, per cui facilmente scavalcabili da malintenzionati o peggio ancora dai ristretti. Ad aggravare pesantemente lo stato delle cose vi è il cronico sovraffollamento, i cui attuali livelli, mai raggiunti prima, hanno spinto il Ministro della Giustizia a proclamare lo stato di emergenza, a cui, a tutt’oggi, non è seguito nessun risolutivo intervento, a parte quelli dal sapore vagamente demagogico. Tra gli effetti del sovraffollamento vi è quello, tra l’altro, della saturazione dei Reparti isolamento, con la conseguenza che i Comandanti si trovano, spesso, nella problematica situazione di non sapere dove allocare i detenuti che necessitino, a vario titolo anche contingente, di tale tipo di regime penitenziario. In particolare, nelle varie strutture penitenziarie, i reparti isolamento, in cui dovrebbero essere allocati esclusivamente i detenuti da separare dalla restante popolazione detenuta per motivi sanitari, giudiziari o disciplinari sono andati, a causa, appunto, del crescente sovraffollamento, a perdere tale connotazione, con forti accenti di promiscuità, con la conseguenza di dover applicare, contestualmente, molteplici e differenti regimi penitenziari, aggravando ancor di più il lavoro del personale. A ciò si è andato ad aggiungere, per varie ragioni, l’aumento esponenziale di quei detenuti che necessitano, per motivi oggettivi e soggettivi, di essere allocati nelle sezioni c.d. protette, le quali, in ragione di ciò, non riescono più ad assorbire tale tipologia di ristretti. Da qui la necessità di richiedere frequenti sfollamenti le cui destinazioni fuori regioni impegnano, non poco, il nucleo traduzioni e di riflesso gli Istituti. Alla stregua di quanto sopra, un ruolo di primissimo ordine va attribuito, quindi, al Corpo di Polizia Penitenziaria, il cui prezioso contributo alle Istituzioni, spicca per la dedizione, l’abnegazione, la serietà, il silenzio operoso nell’adempimento dei doveri istituzionali, chiamato, in un prossimo futuro, ad occupare spazi sempre più rilevanti nell’ambito dell’attività extra moenia,

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come avviene già, oggi, con il servizio di traduzioni e piantonamento. Invero, la Polizia penitenziaria, a differenza delle altre Forze dell’Ordine, che hanno a che fare con il delinquente e più in generale con il deviante, solo per alcuni momenti normativamente prefissati, vive a stretto contatto con il detenuto per tutta la durata della espiazione della pena. Proprio la presa in carico, in un primo momento del detenuto e poi dell’uomo, rende peculiare tale Forza di polizia, a cui spetta, nei limiti delle risorse a disposizione, la salvaguardia e la rieducazione di ciò che la società troppo spesso ripudia, rinnega e relega ai suoi margini.

In questo percorso detentivo/rieducativo la Polizia penitenziaria assume un ruolo di assoluta protagonista, sia nel cogliere quei segnali di disagio che possono preludere a gesti auto-etero lesionistici e finanche autosoppressivi, sia nell’attivare rapidamente gli interventi del caso. Un Corpo di Polizia che faticosamente ha saputo affrancarsi dai detenuti e affacciarsi alla società con tutto il suo potenziale di professionalità, in cui la coercizione ha lasciato il posto, con il tempo, alla persuasione e alla interazione tra le diverse aree che compongono amministrativamente l’Istituto. Un Corpo di Polizia che riflette nella diarchia tra il Direttore ed il Comandante di Reparto tutta la sua singolarità e problematicità, giacché, all’interno della cornice gerarchica, possono inserirsi elementi e momenti di frizione se non quando di op-

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Ingresso ad una sezione detentiva


di Aldo Maturo* avv.maturo@gmail.com

Nella foto viaggiatore col suo bagaglio

posizione, tali da rendere la gestione del carcere assai difficile: sul punto occorrerebbe ripensare il rapporto di subordinazione in termini funzionali e non più gerarchici. Sulla base di queste considerazioni il pianeta carcere meriterebbe la dovuta attenzione da parte di tutti gli attori sociali, e non certo le sporadiche e quanto mai propagandistiche visite dei politici, in special modo nel periodo estivo. Parimenti, l’Autorità Giudiziaria, dovrebbe rifuggire dalla logica del capro espiatorio, dal momento che un moderno diritto penale dovrebbe ripudiare responsabilità connesse a posizioni apicali, unicamente formali, e poco sostanziali, non corredate da quel sostanziale corredo di poteri, di uomini e di mezzi che una struttura penitenziaria dovrebbe immancabilmente avere, non fosse altro perché custodisce uomini. Dall’altro canto le responsabilità di certi eventi critici andrebbero ricercate nei livelli superiori di gestione: se un detenuto evade o tenta di evadere perché il sistema di antiscavalcamento non funziona, non dovrebbero rispondere, forse, gli Uffici Superiori che sono rimasti sordi alle molteplici segnalazioni in tal senso effettuate dal Comandante e dal Direttore, o che al più hanno risposto di non poter intervenire per mancanza di risorse economiche? Sarà..ma allora, come si spiega che in caso di tentata o consumata evasione, si provvede immediatamente al ripristino del sistema antiscavalcamento e si dispongono inchieste rigorose che non hanno altro effetto se non quello di ricercare approssimative e frettolose responsabilità? Si preferisce vedere il dito piuttosto che la Luna. Ritengo, pertanto, che l’istituzione della Direzione Generale del Corpo di Polizia Penitenziaria sia quanto mai improrogabile ed indispensabile, anche in considerazione del fatto che non si può continuare ad affidare la gestione del pianeta carcere a Dirigenti Generali, la cui matrice giudiziaria, li pone fuori dal contesto e li legata ciecamente al testo. * Luca Pasqualoni Commissario di Polizia Penitenziaria Delegato Nazionale Sappe

I ragazzi del Sud o letto su un sito internet il tumultuoso sfogo di un ragazzo del sud, uno di quelli destinato a percorrere le strade del nord con il suo trolley di plastica, erede moderno della mitica valigia di cartone. Denunziava tutta la sua rabbia per una terra matrigna che li esclude da un futuro senza possibilità di spazi e di sopravvivenza.

H

ma mi sembra un brav’uomo» e quel giudizio da film Benvenuti al Sud mi è tornato allegramente in mente migliaia di volte. Nell’immaginario collettivo ci portiamo dietro questo timbro di diversi, di furbi e lavativi e prima che ci conoscano danno per scontato che nel nostro DNA c’è uno storico residuo di inaffidabilità e brigantaggio.

Strano destino quello dei ragazzi del sud cui è riconosciuta una propria dignità solo quando tornano in patria avvolti in una bandiera tricolore, accolti dall’immancabile mano sul cuore. Se restano in Italia sono considerati diversi, diversi per cultura, diversi per colorito, diversi per abitudini, diversi per dialetto quando non per etnia. Qualche anno fa nella mia città, Pesaro, è arrivato un giovane Comandante del Porto. Un suo Nostromo che non sapeva la mia origine mi aveva detto qualche giorno prima «il nuovo Capitano è di Napoli,

Il destino di chi è stato o di chi è ragazzo del sud è quello di partire, quasi sempre senza alternative, per necessaria sopravvivenza, travolti dalla vita, indipendentemente dagli affetti e dalle proprie qualità. E siccome siamo tutti a sud di qualcun altro, anche i ragazzi del Centro partono per il Nord dove per alcune professionalità esiste lì l’unico spazio professionale e quelli del Nord partono per il Nord Europa, patria dell’architettura e del design. Non voglio approfondire discorsi sul meridionalismo, ma di certo la situazione drammatica delle nostre terre è sotto gli occhi di tutti e i servizi televisivi non ci

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Giovanni Passaro* passaro@sappe.it

fanno sconti con reportage che oltre ad essere una doverosa denunzia contribuiscono ad affossare sempre più queste nostre terre. Da decenni abbiamo ai vertici delle nostre zone politici con delega in bianco che fanno dell’esercizio del potere l’arte dell’arbitrio, del nepotismo e della illegalità. In questo vuoto di potere normativo ed amministrativo impera la criminalità che conquista sempre maggiori spazi e come un esercito vittorioso si espande verso il nord, cercando – come ha denunziato Saviano ma come aveva già detto prima di lui la Commissione antimafia – alleanze nei poteri forti della politica. Il fatturato annuo lordo della criminalità organizzata in Italia limitato solo alla droga, agli appalti pubblici, alle armi, alla prostituzione è di 100 miliardi di euro che in lire si scrive 193.627.000.000.000 e si legge 193 mila miliardi e 627 mila milioni di lire. E parliamo solo delle cupole storiche. Non male, se si pensa che il fatturato della criminalità in tutto il mondo è di 1000 miliardi di dollari, equivalente al PIL di un intero Stato. In questo nostro mondo perverso non c’è molto spazio per i ragazzi ed ancor meno per quei sani ragazzi del sud che non amano veline, tronisti e grande fratello. I nostri ragazzi dovranno continuare per anni a salire su molti treni. Importante che non lo facciano da vinti e che alla stazione di arrivo riaffermino la loro voglia di vivere, di vincere, di affermarsi, di spazzare pregiudizi che ci penalizzano da secoli. A casa resteranno i padri, feriti dalla lontananza, ottimisti nel futuro tanto da continuare a costruire, coltivare e piantare alberi che non vedranno mai crescere del tutto ma sicuri di doverlo fare per i loro figli. E ne attenderanno il ritorno sperando di poterli far vivere in un mondo migliore.

*Aldo Maturo, Avvocato già Dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria

E’ possibile utilizzare il telefono cellulare presso la caserma agenti? USO DEI TELEFONI CELLULARI PRESSO LE CASERME AGENTI

G

entile redazione, scrivo per avere delucidazioni riguardo ad una situazione incresciosa, che si protrae da lungo periodo, circa l’inibizione all’uso dei telefoni cellulari presso la caserma agenti. Il Comandante di reparto ha disposto che il personale deve lasciare il cellulare al block-house. Tale disposizione crea notevoli disagi al personale accasermato. Spero il presente quesito sia pubblicato, al fine di ricevere lumi sulla questione. Con l’occasione porgo distinti saluti.

stranze all’Autorità Dirigente dell’Istituto, consiglio una attenta lettura delle seguenti disposizioni diramate dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria: • Ufficio Centrale detenuti e Trattamento lettera n. 609964/4-20-I del 12/03/1991; • Ufficio Centrale detenuti e Trattamento fono n. 13161/556983 del 11/03/1994; • Ufficio Centrale del personale – divisione III – Sezione A – AA.GG. prot. N.091480/5.1 del 06/06/2000.

Cordialmente

Gentile iscritto SAPPe, per poter rispondere in modo esaustivo al tuo quesito avrei dovuto conoscere l’Istituto in cui presti servizio. Poiché, l’uso dei telefoni cellulari presso le caserme agenti, può essere limitato a seconda della struttura dell’Istituto e dell’ubicazione dell’edificio adibito a caserma. In via generale, ritengo che l’uso delle apparecchiature in argomento, da parte del personale di polizia penitenziaria alloggiato in caserma, può essere consentito quando l’edificio adibito allo scopo è ubicato all’esterno del muro di cinta o tra la prima e la seconda cinta, nel caso in cui tale è la strutturazione dell’istituto e, comunque, in tutti gli ambienti e/o locali non frequentati o non frequentabili da soggetti ristretti. Al fine di muovere le opportune rimo-

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*Giovanni Passaro Vice sovrintendente in servizio a Roma -Regina Coeli, laureato in Scienze Giuridiche e in Giurisprudenza


1966 • Delegazione AA.CC. in udienza dal Santo Padre, al centro Ferdinando Vitale (foto di Umberto Vitale)

1977 • Cairo Montenotte 6# Corso Ausiliari AA.CC. inaugurazione Monumento ai Caduti (foto di Umberto Vitale)

1980 • Cassino si rientra dal poligono di tiro (foto di Agostino Cirasa)

1974 • Stabilimenti Penali di Pianosa (foto di Nazario D’errico

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inviate le vostre foto a: info@sappe.it

1984 • Cairo Montenotte alcuni atleti del Gruppo sportivo in basso a sinistra un giovane Donato Capece (foto di Bruno da Trani)

1964 • Cairo Montenotte Corso “Sirio” (foto di Ignazio Luciotti)

1968 Cairo Montenotte foto di gruppo dedicata a tutti coloro che parteciparono al Corso AA.CC. del 1968 (foto di Sebastiano Piscitelli)

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inviate le vostre lettere a redazione@sappe.it

di Mario Caputi & Giovanni Battista De Blasis - © 1992 - 2011

il mondo dell’appuntato Caputo

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i chiamo Edoardo Scandella, ho cinquant’anni, di cui 17 trascorsi in 43 Istituti di pena diversi. Dall’estero ricevo in continuazione lettere, ove traspare con evidenza che i detenuti vengono solo percossi o maltrattati da parte della Polizia penitenziaria, facendo così abuso della loro divisa, così come del loro potere. Posso assicurare, con totale imparzialità e coerenza, che al giorno d’oggi non si può assolutamente dipingere un quadro simile. Alla Casa Circondariale di Pavia ad esempio, ove mi trovo attualmente detenuto, nessuno può dire di essere maltrattato e/o percosso in alcun modo, il corpo della Polizia Penitenzia-

Gli alberi più grandi hanno radici profonde.



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