Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002
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l’editoriale
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Ministero dell’Interno occasione persa o rinviata? Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
di Donato Capece
il pulpito
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Istituire la Polizia Penitenziaria di Stato e rottamare il Dap
Direttore responsabile: Donato Capece capece@sappe.it
di Giovanni Battista de Blasis
Direttore editoriale: Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
il commento
Capo redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it Redazione cronaca: Umberto Vitale
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di Roberto Martinelli
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Progetto grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director) www.mariocaputi.it
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Se lo Stato si schiera dalla parte di Caino
Redazione politica: Giovanni Battista Durante
l’osservatorio
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Calano gli investimenti stranieri in Italia: troppa corruzione
“l’appuntato Caputo” e “il mondo dell’appuntato Caputo” © 1992-2014 by Caputi & de Blasis (diritti di autore riservati)
di Giovanni Battista Durante
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lo sport
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Conferenza Europea su sport e carcere di Lady Oscar
Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: Polizia Penitenziaria-Società Giustizia & Sicurezza
crimini e criminali
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Il killer delle prostitute Registrazione: Tribunale di Roma n. 330 del 18 luglio 1994
di Pasquale Salemme
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Stampa: Romana Editrice s.r.l. Via dell’Enopolio, 37 00030 S. Cesareo (Roma) Finito di stampare: giugno 2014
come scrivevamo Dotare la Polizia Penitenziaria di bombolette di gas paralizzante? di Roberto Martinelli
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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it
l’editoriale
Ministero dell’Interno occasione persa o rinviata? l Consiglio dei Ministri (Cdm) ha approvato, a metà giugno, un complesso pacchetto di disposizioni per la semplificazione e la crescita. Al centro del pacchetto, gli interventi per la riforma della pubblica amministrazione, articolati in misure urgenti e in altre misure di riorganizzazione individuate in un disegno di legge-delega.
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Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
Tra le prime, ci sono le misure per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, con la revoca dei trattenimenti in servizio e la facilitazione del turn over; nuove disposizioni sulla mobilità dei dipendenti pubblici e la riduzione dei permessi sindacali. Più elaborato lo schema di legge delega che ridisegna l'organizzazione degli uffici pubblici articolandoli a livello regionale. La delega prevede, in particolare, la razionalizzazione delle prefetture-uffici territoriali del Governo attraverso la loro riduzione, accompagnata da una revisione delle competenze e dal rafforzamento delle funzioni di coordinamento, più l'attribuzione di ulteriori compiti sul fronte della collaborazione interistituzionale.
Prevista anche una riforma della dirigenza pubblica, con la reintroduzione del ruolo unico, ruoli unificati anche per la dirigenza delle amministrazioni non statali, conferimento degli incarichi con avviso pubblico. Il premier Matteo Renzi, nella conferenza stampa dopo il Cdm, ha tenuto a precisare che «nel decreto
e nel ddl approvati dal Cdm non c'è una norma che accorpa la Polizia penitenziaria e il Corpo forestale nel Corpo della Polizia». L’accorpamento, in realtà, era previsto, ma ad opporsi sono stati la Presidenza della Repubblica e alcuni dei Ministri direttamente interessati, come hanno rivelato diversi organi di informazione, alcuni dei quali di seguito riportiamo: ... Al Consiglio dei Ministri di venerdì qualche freno Matteo Renzi lo ha subito, ma in questo caso non ha potuto farci niente, visto che a rallentare la marcia sono stati i suoi Ministri e anche il Quirinale. Non è andato tutto secondo i piani su vari fronti... Un intervento diretto del Quirinale ha sventato
l'accorpamento della Polizia Penitenziaria e della Guardia Forestale. In questo caso il premier ha obbedito, eliminando del tutto il progetto. (fonte: Il Giornale) Un provvedimento così tranciante, messo a punto dalla Funzione Pubblica, sia pure nel solco delle proposte avanzate a suo tempo dal Commissario alla spending review Carlo Cottarelli, avrebbe incontrato le perplessità, per usare un eufemismo, degli altri Ministri interessati. Da Alfano, Orlando e Martina insomma non è arrivato il via libera. E così la parte relativa alle polizie è stata stralciata dal decreto. (fonte: La Stampa) Nessun accorpamento, dunque. Almeno per ora. Un ragionamento però va fatto. Noi abbiamo salutato con favore la possibilità di incardinare una Direzione Generale del Corpo di Polizia Penitenziaria presso il Ministero dell’Interno. Una riorganizzazione del Corpo di Polizia Penitenziaria in questo senso – che preservi le nostre origini e la nostra storia, i nostri Caduti, le nostre specificità, operatività e specialità può essere più funzionale al sistema della sicurezza del Paese, partendo dalla necessità di avere un Capo del Corpo che indossi la nostra stessa divisa, una vera e reale omogeneizzazione di tutte le carriere, affrancandoci finalmente dalla dipendenza gerarchica e funzionale da personale del Comparto Ministeri (che talvolta neppure ha fatto il servizio militare!!!) che dal Comparto Sicurezza riceve solamente benefici (giuridici ed economici)! H
il pulpito
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Istituire la Polizia Penitenziaria di Stato e rottamare il Dap Giovanni Battista de Blasis DirettoreEditoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it
ella fase istruttoria del disegno di legge Repubblica semplice, tra le tante norme contenute nella bozza di riforma della pubblica amministrazione, pare ce ne fosse una che prevedeva il riordino delle Forze dell’Ordine con l’assorbimento della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale nella Polizia di Stato. La notizia è circolata per qualche giorno tra gli addetti ai lavori ed è stata ripresa dagli organi di informazione, salvo poi essere smentita dal Premier Renzi, che ha negato l’inclusione di un tale provvedimento all’interno del decreto legislativo. In realtà, sembrerebbe che un articolo del genere fosse davvero presente, ma che il parere negativo della Presidenza della Repubblica abbia indotto il Capo del Governo a espungerlo in corso d’opera. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che nello smentire il provvedimento, durante la conferenza stampa, Renzi avrebbe aggiunto l’avverbio temporale “...per il momento”. Non conosciamo i motivi che possono aver indotto il Presidente della Repubblica a porre il veto sull’operazione, ma siamo assolutamente convinti che, almeno per il momento, abbiamo perduto un’occasione. Infatti, senza soffermarci troppo sull’anomalia tutta italiana di una sicurezza pubblica affidata a ben cinque Corpi di Polizia sparpagliati tra le competenze di cinque o sei ministeri (ai quali andrebbero aggiunte le polizie locali, provinciali e regionali, i vigili del fuoco e talune guardie forestali regionali), è innegabile la necessità di una razionalizzazione delle forze dell’ordine per migliorarne
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l’organizzazione e la gestione delle risorse. Per far questo, è congetturabile l’istituzione di due soli Corpi di Polizia, uno a ordinamento civile ed uno ad ordinamento militare, interdipendenti e operativamente coordinati fra di loro. A tal fine, lasciando intatta l’organizzazione e l’ordinamento militare dell’Arma dei Carabinieri, andrebbero disciolti i Corpi della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria e della Polizia Forestale per farli confluire in un unico Corpo di Polizia Nazionale riordinato e riorganizzato in specializzazioni e specialità secondo i rispettivi compiti istituzionali. In altre parole, all’interno di un unico Corpo di circa duecentomila uomini e donne, potrebbero essere incardinate una serie di divisioni organizzate secondo esclusivi compiti istituzionali: Polizia giudiziaria, Polizia di sicurezza, Polizia investigativa, Polizia stradale, Polizia ferroviaria, Polizia tributaria, Polizia penitenziaria, Polizia ambientale, Polizia di prevenzione, ecc. ecc. Sulla questione rammento più di un’analisi che ha affermato come l’unificazione dei vari Corpi di Polizia realizzerebbe un risparmio di miliardi di euro per le casse dello Stato. Del resto, non è difficile prevedere notevoli risparmi di spesa dalla razionalizzazione delle risorse, dei mezzi e delle infrastrutture e, soprattutto, dal dimagrimento delle burocrazie e dal ridimensionamento degli apparati. Per guardare a casa nostra, ad esempio, potremmo lasciare in dote al Dap e al Ministero della Giustizia tutti quei Magistrati, Dirigenti e Funzionari superflui per il Corpo, così
come tutti quegli impiegati civili che adesso sono solo funzionali alla Polizia Penitenziaria e alla sua amministrazione. Oltremodo, potremmo anche dismettere tutti quei servizi (e i mezzi funzionali ad essi) di protezione, scorta e tutela di burocrati che orbitano intorno, sotto e sopra al Corpo di Polizia Penitenziaria. E’ evidente, infatti, che il Corpo di Polizia Penitenziaria è “servente” rispetto al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, laddove è costretto a svolgere una lunghissima serie di servizi connessi ai propri compiti istituzionali che potrebbero cessare con la confluenza in un unico Corpo di Polizia alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Immagino e presumo che la stessa cosa valga pure per i colleghi della Finanza, della Forestale e delle altre Forze dell’Ordine frastagliate in diverse amministrazioni. Tra l’altro, come ho già avuto modo di sostenere in passato, potrebbero essere smantellati sia i provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria che lo stesso Dipartimento di Largo Daga che, come qualcuno ha già proposto per il Dipartimento per la Giustizia Minorile, potrebbe cedere le sue funzioni residuali al Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, con l’istituzione di una Direzione Generale dell’esecuzione penale. Insomma, l’unificazione delle Forze di Polizia porterebbe con sé la ristrutturazione di un vasto settore della pubblica amministrazione, a tutto vantaggio delle finanze pubbliche e in perfetto stile spending review. Dunque ...se non è questo il momento giusto per unificare le Forze dell’Ordine, allora non lo sarà mai. H
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il commento
Se lo Stato si schiera dalla parte di Caino Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it
Nella foto il Ministro Orlando
Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
volte la realtà supera la fantasia. Ne ho avuto la conferma e l’ennesima dimostrazione lo scorso 20 giugno, giorno in cui il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente, Matteo Renzi, e del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha approvato un decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subíto un trattamento in
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violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il decreto legge approvato ha la finalità di adempiere alle direttive dettate da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Cedu) nei confronti dello Stato italiano nella sentenza “Torreggiani” del gennaio 2013, nella quale la Corte aveva imposto l’adozione di specifiche misure riparatorie in favore dei detenuti che hanno scontato la pena in una condizione di sovraffollamento, imponendo a tal fine il perentorio termine, appena decorso, di un anno dalla definitività della pronuncia. I giudici europei hanno condannato il
nostro Stato al pagamento nei confronti dei ricorrenti di somme comprese tra € 10.600 ed € 23.500 (quantificata, in quest’ultimo caso, per un periodo di detenzione pari a tre anni e tre mesi). Per adempiere a tale direttiva ed evitare le condanne dello Stato italiano e i conseguenti pesanti oneri per la finanza pubblica, il Governo Renzi ha varato questo provvedimento che prevede che i detenuti che hanno subíto un trattamento non conforme al disposto della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo hanno diritto a ottenere la riduzione di un giorno di pena per ogni dieci durante il quale è avvenuta la violazione del loro diritto a uno spazio e a condizioni adeguate, con contestuale previsione in favore di coloro che non si trovino più in stato di detenzione di un risarcimento pari a 8 euro per ciascuna giornata di detenzione trascorsa in condizioni non conformi alle indicazioni della Cedu. In estrema sintesi, lo Stato taglia le risorse a favore della sicurezza e della Polizia Penitenziaria in particolare e poi prevede un indennizzo economico giornaliero per gli assassini, i ladri, i rapinatori, gli stupratori, i delinquenti che sono stati in celle sovraffollate! A noi poliziotti non pagano da anni gli avanzamenti di carriera, le indennità, addirittura ci fanno pagare l’affitto per l’uso delle stanze in caserma e poi stanziano soldi per chi le leggi le ha infrante e le infrange. Mi sembra davvero una cosa pazzesca e mi auguro che il Capo dello Stato ed il Parlamento rivedano questa norma assurda, tanto più se si considera quanti milioni di famiglie italiane affrontano da tempo con difficoltà la grave crisi economica che ha colpito il Paese. Negli ultimi 20 anni le donne e gli
uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 16mila tentati suicidi ed impedito che quasi 113mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Spesso un solo Agente di Polizia controlla 80/100 detenuti con grave pericolo anche per la sua stessa incolumità. Percentualmente, però, sono state poche, pochissime le pratiche inviate alla Commissione Ricompense del DAP per riconoscere agli autori di quei salvataggi e di quegli atti eroici un riconoscimento ufficiale del Ministero. E allo stesso Agente di Polizia Penitenziaria, quello che passa 24 ore al giorno nella pima linea, da anni non gli si pagano gli scatti stipendiali per avanzamento di grado, le rette degli asili nido, gli assegni una tantum e le indennità varie. I soldi li diamo invece ai ladri e agli assassini! Lo trovo francamente scandaloso e per questo mi auguro che in sede di conversione in legge il Parlamento – o il Capo dello Stato – lo modifichino strutturalmente. Il decreto legge approvato venerdì 20 giugno contiene anche una serie di puntuali modifiche in materia di codice di procedura penale e di rafforzamento del Corpo di Polizia Penitenziaria. Dagli obblighi informativi nascenti dall’incardinazione di procedimenti incidenti sullo stato di libertà di soggetti condannati da corti penali internazionali alle modalità di esecuzione delle ordinanze applicative degli arresti domiciliari, autorizzando l’imputato a recarsi senza scorta al luogo di esecuzione della misura, salvo particolari esigenze. Dalla modifica del comma 2-bis dell’art.275 codice procedura penale con cui si prevede che, qualora il giudice procedente ritenga che la pena detentiva da irrogare possa essere contenuta in un massimo di tre anni, non possano essere disposte le misure della custodia cautelare o degli arresti domiciliari (in coerenza con le disposizioni contenute
il commento
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nell’art.656 cod. proc. pen. in materia di sospensione dell’esecuzione della pena) alle modalità esecutive dei provvedimenti Ai Comanda nti d limitativi della libertà personale nei Istituti e Serv i Reparto izi Penitenzi confronti degli imputati e condannati ari Loro Sedi Lo straordina minorenni che, nel corso rio lavoro dei Comandanti d carceri italian i Reparto della dell’esecuzione, siano divenuti e, unitamente Poliz al lavoro degli A g enti del Corpo maggiorenni non più sino a al Ispettori, dei S ia Penitenziaria di tutte le di Polizia Pen ovrintendenti it sanzioni che C enziaria, ha co , degli Assiste compimento del ventunesimo anno, orte Europea nsentito all’Ita nti e d ei lia so d d ir vr i it n a ti ff o d n o ell’uomo, avev llamento degli incorrere nelle ma fino ai 25 anni: la norma a is p ti re tu visto per la gra ti penitenziari A loro, e sopra . ve situazione consentirà di completare percorsi ttutto all’inso di st it u d ib el ile g ru la p vo p o ro is rieducativi modulati su specifiche di coordinamen tituito presso il to D A e Penitenziaria, P, composto es collegamento esigenze rieducative. voglio indirizza clusivamente da parte d re a l G il p en m ersonale di Po er io a personale ring le del più rap Alcune modifiche all’ordinamento lizia presentativo S raziamento in meticolosa ded indacato di Po qualità di Seg della Polizia Penitenziaria, izione che, an liz retario iia P enitenziaria p dando ben olt all’Amministr er l’infaticabile re i propri com riguardanti, da un lato, la azione peniten e piti istituziona ziaria e all’Ita Istituzioni euro li, ha consenti lia intera di “s consistenza dell’organico (con pee. to a lv a re la faccia” n Il merito per es ei confronti d aumento della dotazione del sere riusciti a elle distribuire i q allocarli nelle uasi sessanta ruolo degli agenti e assistenti e camere deten mila detenuti tive, con almen ciascuna perso d’Italia, in mo o tre metri qu diminuzione di quella degli na detenuta, do da adrati di spazi va attribuito solo Penitenziaria o vivibile per ispettori) e, dall’altro, finalizzate che, negli utlim alle donne a a gli uomini del i mesi, sono st lacune di cap la Polizia ati chiamati d acità gestiona a consentire una più celere al DAP a sopp li dei nostri D In tutti questi er ir ir ig e alle gravi en utilizzazione nei servizi di anni il DAP n ti dell’ammin on è stato in g istrazione pen che consentiss ra itenziaria. do di mettere istituto a seguito dell’ingresso e di avere l’es in piedi un sist atto monitora penitenziari d ema informati ggio di ogni si ella Repubblic in ruolo e a impedire, per un vo ngola cella deg a. Né la Direzion li Istituti e Generale dei biennio, l’adozione di atti di detenuti e tra lo sviluppo e ttam la gestione del comando o di distacco presso Sistema inform ento, né la Sala Situazioni, chiara la situa né l’Ufficio per ativo automa zione di quan altre pubbliche tizzato, aveva te e quali foss dell’Amministr no fino ad ora ero le camere azione peniten amministrazioni. detentive a dis ziaria. La resp informazione posizione onsabilità di q e gestione, va E infine una specifica uesta grave la ascritta princi succeduti, sop cuna p a lmente a tutti rattutto agli u modifica all’ordinamento i Capi del DAP di ltimi a cui, co sollecitato di m che si sono e SAPPE, abb intervenire nei penitenziario in forza della iamo sempre settori delle C dell’informati richiesto e omunicazioni ca. quale il Magistrato di e delle tecono Rinnovo quin logie di i miei ringra Sorveglianza può avvalersi ziamenti alla alle lacune del P o lizia Penitenzi DAP e ha con dell’ausilio di assistenti aria che ha sa sentito all’Italia Comitato dei puto far fronte Ministri del C di superare a volontari. o pieni voti l’es n siglio d’Europ raggiunti dall’ ame del a che ha ricon Italia nel setto Un’ultima, importante, osciuto gli “str re del sovraffo a ordinari risult lla m ento carcerari precisazione. ati o”. Il 5 giugno scorso il Il Segretario G Comitato dei Ministri del enerale del SA PPE (D Consiglio d’Europa ott. Donato C apece) (organo politico), chiamato a pronunciarsi sull’esecuzione della sentenza Torreggiani (emessa da un organo giuridico), ha riconosciuto «l’impegno che le autorità italiane Torreggiani, un rimedio preventivo» e hanno messo nel risolvere la vicario Pagano ha scritto una lettera a la lettera del ha annunciato che riprenderà in Segretario questione del sovraffollamento esame la questione nella sua riunione tutti i direttori delle carceri per Generale carcerario e i risultati significativi già complimentarsi (!) del risultato. del giugno 2015, quando farà un del Sappe ottenuti attraverso l’introduzione di esame approfondito sui progressi fatti Lo ha fatto anche il Segretario varie misure strutturali». Generale del SAPPE, Donato Capece, dal nostro Paese. In quell’occasione, il Comitato ha con la nota che riportiamo qui sopra, Polizia Non c’è stata nessuna promozione, Penitenziaria inoltre preso nota di come l’Italia indirizzata a tutti i Reparti di Polizia dunque. Ma la decisione dell’organo n.218 abbia «introdotto, entro i limiti di Penitenziaria. E che condivido parola giugno politico è servita al DAP e ai suoi tempo imposti dalla sentenza sodali per cantar vittoria - Il Vice Capo per parola. H 2014
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Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it
Nella foto la sede della BCE
Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
l’osservatorio
Calano gli investimenti stranieri in Italia: troppa corruzione al 2007 ad oggi gli investimenti stranieri in Italia sono calati del 58%, secondo i dati forniti dal Censis; sempre secondo lo stesso istituto tale calo sarebbe dovuto all’effetto cattiva reputazione, dovuta soprattutto ad una corruzione diventata ormai sistemica.
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sono Singapore, Hong Kong e gli Stati Uniti, il Regno Unito è al 10° posto. Secondo il Reputation Institute di New York, che si basa su 42.000 interviste, l’Italia è ai primi posti per quanto riguarda indicatori come lo stile di vita. Siamo, quindi, un Paese che attrae turismo.
Oggi l’Italia occupa il 65° posto nella graduatoria mondiale dei fattori che determinano la capacità attrattiva degli investitori stranieri, in rapporto alle procedure, i tempi ed i costi per avviare un’impresa, ottenere permessi, allacciare utenze e risolvere controversie giudiziarie. In Italia per ottenere tutti i permessi, le concessioni e le licenze per costruire occorrono circa 230 giorni, in Germania 97. Per allacciare alla rete elettrica in Italia ci vogliono 124 giorni, in Germania 97. Per le controversie giudiziarie non c’è confronto: in Italia, per risolvere una controversia relativa ad un contratto commerciale, ci vogliono circa 1.200 giorni, in Germania meno di 400. E la Germania non è il Paese più virtuoso al mondo, considerato che si trova al 21° posto; in cima alla lista ci
Anche se il momento peggiore sembra essere alle spalle e nonostante l’Italia sia la seconda potenza manifatturiera in Europa e la quinta nel mondo, il nostro Paese detiene solo l’1,6% dello stock mondiale di investimenti esteri, contro il 2,8% della Spagna, il 3,1% della Germania, il 4,8% della Francia, il 5,8% del Regno Unito. Sulla nostra reputazione, purtroppo, pesano anni di corruzione, mai venuta meno, scandali politici, sempre attuali, una criminalità organizzata sempre molto forte, con la quale sono collusi pezzi delle istituzioni, infrastrutture carenti ecc. A fronte di questi gravi problemi ci sono molti punti di forza: l’Italia è all’11° posto per esportazione nel mondo, con una quota del 2,7% dell’export mondiale. Siamo al 5° posto per presenza di
turisti, con oltre 77 milioni di stranieri che ogni anno vengono in Italia. Inoltre, gli italiani sono molto presenti nel mondo, con circa 60 milioni di persone di origine italiana residenti all’estero. Sono più di 20 milioni le imprese a controllo italiano localizzate nel resto del mondo. La situazione nel nostro Paese è resa ancora più difficile dall’eccessivo costo del denaro, rispetto agli altri paesi europei. Il taglio dei tassi effettuato dalla BCE nei giorni scorsi in Italia, molto probabilmente, impiegherà più tempo a fare effetto, proprio a causa dell’eccessivo costo del denaro. L’eccessivo costo del denaro è un altro forte limite allo sviluppo del nostro Paese; un limite per le famiglie, per le imprese e per quanti avrebbero intenzione di ricorrere a mutui e prestiti. In questi anni le banche hanno ricevuto denaro a bassissimo costo, l’1% circa e concedevano prestiti a tassi altissimi. Tutto questo ha contribuito molto a frenare la crescita nel nostro Paese. Il crollo del mercato edilizio è dovuto anche ed in gran parte alla difficoltà delle famiglie ad accedere ai mutui. Negli ultimi mesi, stando ai dati pubblicati dai quotidiani, le cose stanno migliorando: i costi dei mutui sono diminuiti, le banche hanno iniziato a pubblicizzare le offerte, in concorrenza tra loro, anche se, rispetto agli altri paesi, i tassi presi a riferimento – Euribor e Irs – rimangono piuttosto alti, in particolare per i contratti a tasso fisso. Quella imboccata, comunque, sembra la strada giusta, al fine di far riprendere l’economia e gli investimenti. H
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sport
Conferenza Europea su sport e carcere l 16 e 17 giugno 2014 a Parigi, presso la Maison du sport Français (in una sala che può essere considerata l’omologa struttura transalpina del Salone d’onore del Coni italiano) si è tenuta la conferenza panaeuropea dedicata allo sport in carcere dall’evocativo titolo “Sport et prisons”. Organizzata dall’Epas e dal Comitato Olimpico Nazionale francese in collaborazione con il Ministero della Giustizia ed il Ministero per la Tutela dei Diritti delle donne, la conferenza si è concentrata su due questioni principali: da un lato sono stati resi noti i risultati dell’indagine sulla gestione e lo stato della detenzione nelle carceri degli Stati membri rappresentati nel Consiglio d’Europa, con l’obiettivo di dar vita ad un manuale che raccolga una serie di criteri che permettano di valutare e pianificare i progetti legati allo “Sport in carcere”, dall’altro, la conferenza ha dato agli Stati membri la possibilità di presentare esempi di buone pratiche, al fine di mostrare come i benefici dello sport in un ambiente penitenziario possono essere capitalizzati a vantaggio della vivibilità generale del pianeta carcere. Ad aprire i lavori è stato Mauro Palma, capo del CP-PC Council for Penological Co-operation (PC-CP), è stata poi la volta di Denis Masseglia, presidente del comitato olimpico nazionale francese, di Thierry Braillard, ministro dello sport francese e di Wendela Kuper, capo dell’Epas. Prima parte della conferenza dedicata interamente alla presentazione dei risultati dell’indagine sulla gestione e lo stato di detenzione nelle carceri. Nella seconda, quella destinata all’esposizione delle buone pratiche
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Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
legate allo sport in ambiente penitenziario, c’è stato spazio anche per l’Italia, la Polizia Penitenziaria ed il suo gruppo sportivo Fiamme Azzurre. Questo può essere considerato già una notizia dato che l’Epas riunisce circa trenta paesi europei e non è affatto semplice entrare nel novero dei quattro o cinque relatori chiamati ad esporre i progetti del proprio Stato considerati di buona valenza educativa e sociale. I vari progetti sono considerati portatori di un’utilità grande tanto quanto i loro fondamenti possono essere emulati come comportamenti virtuosi da parte degli altri paesi europei. Questo particolare, se possibile, aggiunge un ulteriore motivo per il quale sentirsi orgogliosi della presenza in una conferenza europea della Polizia Penitenziaria come vettore di buone pratiche in un momento storico in cui le condizioni di detenzione e la vivibilità generale del mondo penitenziario nazionale sono sotto osservazione e, molto più spesso, soggette a vibranti critiche provenienti proprio da parte delle istituzioni europee. A Parigi, relatore della conferenza e ospite dell’Unione europea, è stato il comandante dei gruppi sportivi della Polizia Penitenziaria, comm. Marcello Tolu, accompagnato dalla dottoressa Alessandra Bernardon, dell’Ufficio studi del Dap. Nella sua relazione alla Maison du sport il comandante delle Fiamme Azzurre ha esposto tutte le fasi che hanno portato alla nascita del progetto “Sport in carcere”, che ha preso avvio il 3 dicembre scorso con la firma dello storico protocollo d’intesa Ministero della Giustizia/Dap/Fiamme Azzurre- Coni e tuttora in costante evoluzione sul territorio nazionale.
Apprezzati elementi di originalità rispetto ad altre iniziative europee collegabili allo sport in ambito penitenziario, sono state le iniziative collaterali collegate al progetto: ad esempio il coinvolgimento degli Enti di Promozione Sportiva, in sinergia con le Federazioni Sportive Nazionali, al fine di favorire il reinserimento della popolazione detenuta tramite programmi di pratica sportiva individuale (connotati per la prima volta da una maggiore organicità rispetto a tutte le iniziative precedenti caratterizzate da un’estrema estemporaneità e dall’essenza di quella sistematicità di un progetto di ampio respiro come l’iniziativa “Sport in carcere” si è proposta di essere). Apprezzamento c’è stato anche per l’idea di creare percorsi di avviamento al tirocinio ed alla qualificazione tecnica che possano consentire ai detenuti di avere opportunità di lavoro anche al di fuori del carcere, impegnandoli in attività di supporto a manifestazioni sportive di particolare valenza sociale e in progetti di pubblica utilità da realizzare in accordo con il Coni e le Federazioni sportive anche attingendo ai fondi della Cassa Ammende; o l’idea della riqualificazione delle aree da destinare all’attività fisica intorno alle anse del Tevere e la partecipazione alle attività di organizzazione di grandi eventi (come ad esempio il Golden Gala di Roma, l’annuale meeting internazionale di atletica leggera). Ben considerata è stata anche l’appendice del progetto dedicata stavolta al benessere del personale della Polizia Penitenziaria. Un esempio su tutti che riguarda l’istituto di Roma Rebibbia femminile: se tutte le attività sportive previste per la popolazione detenuta
sport da dicembre ad oggi sono ormai a regime -grazie al contributo delle federazioni sportive nazionali che si sono prodigate a fornire varie attrezzature e abbigliamento tecnico- è parimenti stato avviato il programma mirato al benessere del personale, che ricomprende corsi di training autogeno e di ginnastica posturale. Il progetto “Sport in carcere” continuerà a svilupparsi secondo quanto esposto nelle linee guida presentate nella conferenza Sport et Prisons. Sicuramente questo positivo esordio in sede europea è stato fondamentale perchè ne ha riconosciuto l’impianto programmatico di ampio respiro e la valenza sociale che, in una prospettiva futura neanche troppo lontana, potrà far trarre benefici a tutti coloro che dal progetto saranno coinvolti: personale della Polizia Penitenziaria, detenuti, aree da riqualificare, opere di pubblica utilità e grandi eventi.
L’EPAS e le priorità del biennio 2014-2015 L’EPAS, istituito nel 2007, è una piattaforma pan-europea per la cooperazione intergovernativa sulle tematiche legate allo sport ed offre una importante opportunità di dialogo tra gli Stati membri, le autorità pubbliche, le federazioni sportive e le ONG. Obiettivi e attività di EPAS: L’obiettivo principale di EPAS è quello di promuovere lo sport sano attraverso programmi sportivi che comprendano un’attenta programmazione e valutazione degli effetti da essi attesi. Per questo motivo, le attività di EPAS includono lo sviluppo di politiche comuni, il monitoraggio di tali politiche e la predisposizione di regole che ne facilitino l’attuazione attraverso il potenziamento delle capacità e lo scambio di buone pratiche. Il programma EPAS delle attività per il 2014 copre una varietà di questioni in materia di sport, tra cui: • La manipolazione delle competizioni
sportive (“match-fixing”); • La corruzione nello sport; • La lotta alla discriminazione di genere nello sport; • Il ruolo dello sport nelle carceri; • La cooperazione con l’Unione europea. Manipolazione delle competizioni sportive Nel mese di ottobre 2012 è iniziata la stesura di una nuova convenzione internazionale contro la manipolazione delle competizioni sportive, presentata alla 6 ° riunione plenaria del 21 e 22 gennaio 2014. Il gruppo era composto da 51 delegazioni (tra cui esperti nazionali dello sport eautorità per la regolamentazione delle scommesse) ed il progetto di convenzione continuerà ora il suo iter passando per i vari organi del Consiglio d’Europa. Si stima che tale progetto potrebbe essere firmatogià presso il Consiglio d’Europa, nel corso della 13 ° Conferenza dei Ministri responsabili di materie legate allo sport che si terrà in Svizzera il 18 settembre 2014.
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nel dottorato di ricerca, e saranno utilizzati per valutare la situazione di diversi paesi europei. In qualità di partner in questo progetto l’EPAS ha istituito un gruppo di accompagnamento di esperti per una consulenza sul lavoro di questo studio riguardante i buoni indicatori di governance. L’ EPAS prevede di includere il tema della “corruzione nello sport” nell’ambito dellediscussioni conferenze intergovernative europee.
La lotta alla discriminazione di genere nello sport Per combatterla è prevista la (ri) organizzazione, il miglioramento, lo sviluppo e la valutazione dei processi politici, affinché la prospettiva della parità sia integrata in tutte le politiche a tutti i livelli e di tutte le fasi da parte degli attori normalmente coinvolti nel processo decisionale. Il Consiglio di amministrazione dell’EPAS ha recentemente approvato una raccomandazione, diretta agli Stati membri, redatta da un piccolo gruppo composto da esperti attori La corruzione nello sport governativi e non governativi, che Il 18 settembre 2014, la Svizzera invita i governi a promuovere e ospiterà il 13 ° Consiglio d’Europa, incoraggiare politiche specificamente Conferenza dei Ministri responsabili volte ad attuare l’integrazione della per lo Sport (MSL13) a Macolin, presso dimensione di genere in tutti i settori la sede dell’Ufficio federale dello sport. ea tutti i livelli dello sport, al fine di La corruzione sarà il tema principale conseguire sostanziale parità di della conferenza, con i Ministri che genere. Sarà presentata ai Delegati dei discuteranno sul perché essa dovrebbe Ministri per la possibile adozione nel essere un problema per i governi e se mese di settembre 2014. non ci siano lacune nelle attuali disposizioni di legge nazionali e Sport nelle carceri internazionali che impediscono che la Dal 2007 l’EPAS ha svolto una serie di corruzione nello sport sia attività diverse su questo tema, correttamente affrontata.In parallelo, l’ l’organizzazione di conferenze EPAS è anche partner con il IDHEAP politiche, eventi formativi e attività di (Swiss Graduate School of Public sensibilizzazione su varie tematiche Administration) su un progetto di buon relative alla promozione della diversità governo nell’ambito di una tesi di nello sport. Nel 2014l’EPAS ha deciso dottorato realizzata dal signor Michael di concentrarsi sull’uso dello sport per Mrkonjic. L’obiettivo del progetto della promuovere la coesione sociale di tesi è quello di provare ad applicare i diversi gruppi target di detenuti.Come buoni indicatori relativi alla preparazione di fondo su questo tema, governance di circa cinque paesi, alle e in collaborazione con il Consiglio autorità pubbliche responsabili dello (PC-CP), l’EPAS ha organizzato con sport e delle organizzazioni sportive. successo un seminario di esperti sul Gli indicatori di base sono stati tema “sport nelle carceri europee” il 5 Marzo 2013 a Strasburgo. sviluppate dallo studente, impegnato
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lo sport Il seminario di esperti ha dimostrato che lo sport è un elemento utile e significativo del trattamento in carcere e può anche contribuire alla preparazione dei detenuti per momento del rilascio, facilitandone il loro reinserimento. Lo sport ha un impatto positivo sui detenuti, permette loro di lavorare sul loro comportamento e/o disposizione di carattere, sulla capacità di rispettare gli altri e le regole. L’EPAS ha progettato un questionario per raccogliere esempi di buone pratiche relative ai programmi sportivi realizzati nelle carceri di tutta Europa. I risultati del questionario, confluiranno in una futura pubblicazione sullo sport nelle carceri utile a far capire come fare buon uso dello sport durante la detenzione e come gli sport possono preparare i detenuti per la loro vita susseguente alla stessa. La conferenza politica EPAS su questo tema, con la pubblicazione dei risultati del questionario, è stata proprio quella svoltasi a Parigi il 16-17 giugno 2014, in collaborazione con il CNOSF (olimpico nazionale francese e del Comitato Sport), a cui anche l’Italia ha partecipato con il comandate del Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre Marcello Tolu, in rappresentanza dell’Amministrazione penitenziaria italiana.
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La cooperazione con l’Unione europea L’EPAS si coordina con l’Unione europea per evitare sovrapposizioni e duplicazioni nello svolgimento delle attività che appartengono al suo campo di azione. La cooperazione con l’UE e il movimento sportivo continuerà a svolgersi in tutto il 2014, in particolare con un progetto congiunto sulla protezione dell’integrità fisica e morale dei giovani atleti, in svolgimento dal 1 ° gennaio 2014 al 30 giugno 2015. Nel 2014, la cooperazione continuerà anche nel campo della parità di genere e un’ulteriore sinergia con l’UE ci sarà per quanto riguarda la creazione di una “Settimana europea dello sport”, oltre che sulla questione delle partite truccate. H
Napoli Gara podistica “Park to Park” - 4° Trofeo Interforze italoamericano 2014 omenica 11 maggio 2014 alle ore 9,30, da viale Virgilio a Napoli, alla presenza di numerose autorità civili e militari, tra cui il Sottosegretario alla Difesa Giocchino Alfano è stato dato il via alla 4ª edizione della gara podistica Trofeo Interforze Italoamericano. I gazebo allestiti per l’occasione da tutti i Corpi militari e civili hanno incuriosito il pubblico che in un clima di serenità e tranquillità ha sostenuto
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Ferrara La Polizia Penitenziaria conquista il Trofeo OPEC di Riccione lle finali nazionali del torneo OPEC calcio a 5, che si tengono come ogni anno a Riccione, giocate dalle squadre vittoriose in ambito provinciale, quest'anno trionfa Ferrara con la squadra Autofficina Carrozzeria Catozzi. Il team composto dagli Agenti della Polizia Penitenzlaria dell'istituto Arginone, capitanato dall'Ispettore Domenico Marinaro, dopo essere stato sempre in testa alla classifica vincendo prima il campionato OPEC di calcio a 5 sul territorio ferrarese, ha concluso la cavalcata andando a vincere la coppa come migliore squadra della categoria amatori nel Torneo che si è
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la gara podistica, svoltasi in un circuito molto impegnativo, ma che ha ripagato gli atleti con l’arrivo nel suggestivo Campo Virgiliano. La Polizia Penitenziaria, capitanata dall’Ispettore Superiore Biagio Tedesco ha schierato in pista 29 atleti, di cui 7 provenienti da Carinola. Come nella precedente edizione, la squadra si è aggiudicata ancora una volta il primo premio con il prestigioso Trofeo interforze. Anche il primo premio assoluto femminile è stato vinto dalla Polizia Penitenziaria con l’atleta Ausilia Balletta. Il premio assoluto maschile, invece, è stato vinto dall’atleta Giovanni Ruggiero del Corpo Forestale dello Stato, mentre il 2° posto, ancora una volta, è stato conquistato da Antonello Landi della Polizia Penitenziaria. H svolto dal 6 all' 8 giugno sul lungomare della riviera romagnola, superando così rappresentative provenienti da tutta Italia. Una bella soddisfazione per Ferrara che si è fatta conoscere in ambito nazionale grazie a questi ragazzi che si sono sacrificati tutto l'anno allenandosi duramente quando non indossavano la divisa. La prossima tappa sarà a livello internazionale e si svolgerà agli inizi di ottobre in Olanda. H
dalle segreterie
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Roma Un corso di MGA per il personale degli IPM del Lazio i sono appena concluse le prime due edizioni articolate su cinque lezioni ognuna, del corso di autodifesa MGA (Metodo Globale Autodifesa) rivolto al personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso le sedi minorili del Lazio alle quali hanno partecipato 22 unità di personale maschile e femminile appartenente a tutti i ruoli. Il corso MGA tenutosi presso la palestra dell’ I.P.M. di Roma risulta essere il primo della regione Lazio e in assoluto nel settore minorile ed è stato fortemente voluto dal Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile del Lazio, dalla Direttrice dell’Istituto penale per i minorenni di Roma e dal Comandante di Reparto, con la finalità di fornire al personale impegnato a diretto contatto con i detenuti, strumenti operativi di auto ed etero tutela sicuri ed efficaci quali quelli previsti nel percorso formativo MGA dell’amministrazione penitenziaria, frutto di una intesa con
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la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali, riconosciuta dal CONI). Alla prima edizione, al fianco dei colleghi hanno partecipato anche Ia Direttrice Liana Giambartolomei ed il Comandante di Reparto Ispettore Capo Saulo Patrizi, per l’apprendimento teorico e pratico di specifiche tecniche di intervento in ambito penitenziario minorile per agire in differenti situazioni critiche che possono verificarsi negli Istituti e Servizi, con l’obiettivo di preservare l’incolumità fisica degli operatori e dei detenuti stessi. Il corso è stato accolto favorevolmente dai partecipanti i quali hanno espresso un elevato indice di gradimento per l’addestramento ricevuto, anche grazie all’elevata professionalità
dimostrata dai due maestri e colleghi: l’assistente capo Mauro Casale e l’agente scelto Claudio Pellino. L’assistente capo Mauro Casale unitamente all’attività di Istruttore di MGA da anni ricopre l’incarico di preposto alla sorveglianza Interna presso l’I.P.M. romano e conosce bene le dinamiche penitenziarie minorili, mentre l’agente Claudio Pellino è stato un atleta di alto livello delle Fiamme Azzurre nella specialità di Judo. H
Nelle foto alcuni partecipanti al corso di autodifesa
Paola La Polizia Penitenziaria vince il 1° Campionato di calcio a 5 open della città calabrese erardo Coscarella, Enzo Pettinato, Eugenio Argentino, Eugenio Spizzirri, Antonio Gravina, Francesco Cascardo, Gino Risotto, Francesco Biagio Latella e Francesco Coscarella, sono questi i “campioni”. Si parla dei colleghi della Polizia Penitenziaria di Paola che ai professionisti del calcio hanno poco da invidiare, i quali sono stati protagonisti indiscussi del Campionato di calcio a 5 disputatosi presso l’ impianto sportivo “Gabriele Grossi” di Cetraro. L’evento ha avuto una grande spettacolarità in tutto, sia nell’organizzazione che nelle gare giocate. Una manifestazione sportiva davvero esemplare alla quale, tra l’altro, hanno partecipato le squadre della Polizia di Stato di Cetraro, l’Ospedale di Cetraro, A.S.A Forze di
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Polizia della città di Scalea e la Capitaneria di Porto (the guardians). Dal Sappe, giungano i nostri auguri e le nostre congratulazioni, con l’auspicio di essere sempre i La segreteria Sappe di Paola migliori. H
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dalle segreterie Monastir Consiglio Regionale del Sappe
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l Segretario Generale del Sappe, Dott. Donato Capece, ha presieduto il 17 giugno scorso, presso la Scuola di Formazione di Monastir, il Consiglio Regionale della Sardegna. Erano presenti le “colonne storiche” del SAPPE sardo Antonio Cocco e Angelo Gavino Tedde insieme ai
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Nelle foto il Consiglio Regionale sardo
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delegati sindacali di tutti gli Istituti e servizi penitenziari dell’isola. Ai lavori ha portato il suo saluto il dirigente Silvio De Gregorio, provveditore regionale temporaneo. «La situazione penitenziaria in Sardegna è semplicemente scandalosa ed è grave che, nonostante le nostre denunce, fino ad oggi non sia cambiato nulla. Sembra proprio che a Roma, al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, non importi nulla dei drammi quotidiani di chi in carcere lavora ogni giorno e di chi espia una pena...», è quanto ha detto alla stampa locale il Segretario Generale del Sappe.
Al Consiglio Regionale è emerso che «la situazione è davvero allarmante: com’è possibile, ad esempio, che per i 12 penitenziari sardi continuino ad esserci solamente 5 direttori?” - ha proseguito ancora il leader del Sappe - Com’è possibile che ad Alghero tutti gli educatori del carcere, tutti, sono in malattia e ad occuparsi degli aspetti rieducativi e trattamentali dei detenuti debba essere solamente la Polizia Penitenziaria? Vogliamo parlare del carcere di Tempio Pausania, cattedrale nel deserto, dove ci sono 498 telecamere di controllo e poi mancano gli Agenti di Polizia Penitenziaria? O di Sassari, dove in carcere manca persino il Funzionario Comandante del Reparto di Polizia? E tutto questo a Roma lo sanno ma non prendono alcun provvedimento!». “La situazione della Sardegna ha raggiunto limiti massimi oltre i quali non è possibile proseguire oltre e se il sistema penitenziario regionale “regge” è solamente per l’alto senso di responsabilità e di competenza che tutto il personale, e principalmente quello appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria, pone in essere quotidianamente » ha concluso. «Le attuali condizioni sono certamente il risultato di politiche sbagliate, trascuratezze, risposte inadeguate avvenute a livello nazionale e locale, legislativo e gestionale da molto, troppo tempo. Troppi gli errori, le disattenzioni, i limiti». Il Segretario Generale del Sappe ha
infine ricordato gli eventi critici accaduti nelle carceri sarde lo scorso anno 2013: “364 atti di autolesionismo, 99 tentati suicidi, 1 suicidio, 6 decessi per cause naturali, 21 ferimenti e 50 colluttazioni. Con queste violenze e con questi drammi hanno a che fare, quotidianamente, i poliziotti penitenziari, encomiabili per la loro professionalità e umanità”. H erremme
Verbania
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colleghi Stefano D’Ambrosi ed Emanuela Mirra si sono uniti in matrimonio il 3 maggio 2014. La Segreteria Provinciale di Verbania e tutti i colleghi augurano a Stefano ed Emanuela una vita lunga e felice.
dalle segreterie
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Nuoro Dimostrazioni delle unità cinofile della Polizia Penitenziaria e unità cinofile della Polizia Penitenziaria in cattedra, impegnate in una giornata di sensibilizzazione sui pericoli della droga. Non si è trattato, però, della solita conferenza. Stavolta i ragazzi dell’istituto comprensivo di Oliena (NU), guidato dalla dirigente Caterina Bacchitta, hanno potuto interagire e toccare con mano. Per loro, infatti, è stata messa in piedi una iniziativa davvero stimolante e coinvolgente. Un singolare appuntamento, realizzato in collaborazione con il Nucleo Cinofili della Polizia Penitenziaria del distaccamento di Macomer alla presenza delle massime autorità regionali, come il commissario capo Giovanni Leoni e il coordinatore Pierluigi Cadoni. Gli alunni del centro barbaricino, circa settecento, hanno, dunque, assistito ad una serie di simulazioni. Simulazioni, che riproducevano gli scenari tipici di un possibile intervento, finalizzato al contrasto dei fenomeni di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti. Gli addestratori hanno, pertanto, guidato i loro tre stupendi esemplari, due pastori belga e un dobermann in quelle che sono le canoniche operazioni di controllo. Che possono riguardare una persona, una automobile o una borsa o una valigia. I cani, messi alla prova, si sono dimostrati pienamente all’altezza, individuando, con facilità, un piccolo quantitativo di hascisc, nascosto accuratamente. Durante l’intero accertamento, tuttavia, gli animali hanno mantenuto un comportamento mansueto e per nulla aggressivo, assumendo l’atteggiamento tipico del gioco e ponendo al riparo i propri interlocutori da possibili attacchi. Non è, peraltro, infrequente che durante manifestazioni dello stesso tipo, le Forze dell’Ordine individuino, con l’aiuto dei cani, dei consumatori
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Nelle foto alcune fasi delle dimostrazioni cinofile
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abituali, appena adolescenti, di tali sostanze devastanti. Celebre è il caso recente, avvenuto a Bosa, presso la scuola alberghiera, nella quale si è verificato, appunto, un rinvenimento. L’attività della Polizia Penitenziaria si compone di innumerevoli tasselli. Si arricchisce della preziosa collaborazione con altri Corpi. Una componente fondamentale,
silenziosa e, forse, più importante, inoltre, di questo agire è rappresentata dalla prevenzione. Fare prevenzione significa lavorare pazientemente per spiegare, soprattutto alle nuove generazioni l’incidenza, le conseguenze, gli effetti dell’utilizzo di droghe, impiegando però un linguaggio semplice e immediato. H Spano
Benevento Operazione congiunta di Carabinieri e Polizia Penitenziaria
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erquisizioni domiciliari antidroga nel Sannio sono state eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Benevento in collaborazione con alcune unità cinofile della Polizia Penitenziaria. Nel corso delle operazioni i militari dell’Arma hanno rinvenuto una pianta di cannabis -in fase di essiccazione e in una busta di plastica - nel pollaio attiguo all’abitazione di un pastore 29enne di Paduli. Scoperti anche 100 grammi circa di marijuana e un’ingente quantità di semi della stessa pianta, occultati in alcuni barattoli di vetro. Stesso copione anche in contrada Montedoro, a San Marco dei Cavoti, dove i cani antidroga ed i Carabinieri hanno
trovato nel giardino di un giovane 25enne due vasi contenenti altrettante piante di marijuana dell’altezza di oltre mezzo metro ciascuna. Durante una perquisizione domiciliare a Sant’Angelo a Cupolo, in contrada Borgonero, sono stati scoperti inoltre circa 10 grammi, occultati da un giovane del luogo in un barattolo di vetro, nascosto nel comodino della propria camera da letto. A Paduli, in casa di un netturbino, rinvenuti infine circa 5 grammi di hashish. H
Nella foto un momento della perquisizione
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dalle segreterie Genova Un riconoscimento per gli “Angeli del fango”
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enova 4 novembre 2011. A seguito di fortissime precipitazioni che hanno registrato punte di 500 mm in poche ore esondavano i torrenti Bisagno e Ferraggiano causando la morte di sei persone, tra le quali, purtroppo, anche la moglie del collega Bennardo Sanfilippo (nella foto sopra mentre riceve la Medaglia al Valor Civile dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano). Alcuni Poliziotti Penitenziari mossi dallo spirito di sacrificio e da un enorme senso civico, liberi dal lavoro uscivano per le strade per dare una mano a tutti coloro che avevano perso tutto nell’alluvione. Nei giorni a
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La foto della Festa del Corpo è stata realizzate da Nazario Di Mauro, fotografo ufficiale dell’evento
Verbania Torneo Enti calcio a 8 maggio a Verbania si è tenuto il “ Torneo Enti di calcio a 8” che quest’anno è stato stravinto dalla Polizia Penitenziaria che ha ricevuto anche i trofei per il miglior portiere, la migliore di difesa e il miglior attaccante. Al Torneo, oltre alla Polizia Pentenziaria, hanno partecipato le squadre di Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, Navigazione Lago Maggiore e Agenzia delle Entrate. H Domenico Buonafina
A Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
seguire questi colleghi insieme a tutti gli altri volontari vennero dipinti col nome “Angeli del fango”. È per questo motivo che il 23 maggio 2014, all’interno del teatro dell’Arca costruito da poco nella Casa Circondariale di Genova Marassi in occasione della Festa del Corpo e alla presenza delle Massime Autorità della Regione compreso il Direttore Salvatore Mazzeo e il Comandante dell’Istituto Penitenziario Comm. Capo Massimo Di Bisceglie, nonchè il Provveditore della Liguria e della Toscana Carmelo Cantone (ritratti nella foto sopra), è stata conferita una lode ai colleghi: Assistente Antonio Grimaldi, Agente Scelto Giuseppe D’Agostino (nella foto a fianco), Assistente Capo Luigi Cristiano, Assistente Capo Luigi Alessi, Assistente Capo Paolo Vitale e all’Agente Alessio De Liso i quali hanno contribuito ad onorare la
Polizia Penitenziaria (e il Sappe) dimostrandone il valore e i principi morali con i quali è formata questa grande famiglia. Un ringraziamento e un plauso a nome di tutti va a questi angeli. SIETE FANTASTICI ! H Sabatino De Rosa
mondo penitenziario Avellino Medaglia di bronzo per Sergio Fattorello al Campionato .20
La Cassazione limita gli effetti “svuotacarcere” on la recente sentenza le Sezioni Unite della Cassazione, alla luce delle sentenze n. 251 del 2012 e n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale, hanno affermato che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale sostanziale diversa dalla norma incriminatrice fa in modo che la pena debba essere rideterminata dal giudice dell’esecuzione anche se ormai si è formato il giudicato sul fatto ascritto. Nella specie «la questione riguardava gli effetti della sentenza n.251 del 2012, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.69, comma quarto, codice penale, nella parte in cui vietava di valutare prevalente la circostanza attenuante di cui all’art.73, comma 5, del D.P.R. n.309 del 1990 sulla recidiva di cui all’art.99, comma quarto, codice penale». I supremi giudici nella informativa provvisoria n. 12/2014 hanno chiarito che il giudice dell’esecuzione, ferme le vincolanti valutazioni di merito espresse dal giudice della cognizione nella sentenza della cui esecuzione si tratta, ove ritenga prevalente sulla recidiva la circostanza attenuante di cui all’art.73, comma 5, D.P.R. n.309 del 1990, ai fini della rideterminazione della pena, dovrà tenere conto del testo di tale disposizione, come ripristinato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.32 del 2014, senza tenere conto di successive modifiche legislative». In pratica, i condannati definitivi con recidiva per piccolo spaccio, potranno ottenere la rimodulazione della pena per l’incostituzionalità della norma che vietava loro la concessione delle circostanze attenuanti, ed inoltre il giudice dell’esecuzione incaricato della rideterminazione della pena dovrà tenere presente anche della abolizione
C l campionato italiano conquista il podio aggiudicandosi la medaglia di bronzo. Domenica 8 giugno 2014 si é svolto presso l'impianto sportivo del Tav Ghirlandina (Mo) il campionato italiano calibro 20 specialitá fossa olimpica. Ancora un'affermazione importante da sottolineare in campo nazionale quella conseguita dall'avellinese Sergio Fattorello atleta del G.S. FIamme Azzurre del Corpo di Polizia Penitenziaria che riesce dopo una lunga gara ad ottenere il bronzo nella massima categoria del tiro a volo riuscendo a superare con successo lo spareggio che lo ha collocato al terzo posto del podio a soli due bersagli dall'oro, subito dopo il compagno di squadra Marco Panizza di Alessandria classificatosi secondo dopo lo spareggio per il primo posto. Ancora una volta Fattorello porta alti i colori del G.S. Fiamme Azzurre del Corpo di Polizia Penitenziaria. L' atleta avellinese, soddisfatto della prestazione agonistica, ringrazia il tecnico Pietro Aloi e il responsabile nazionale delle Fiamme Azzurre Commissario Marcello Tolu e il Corpo di Polizia Penitenziaria che gli hanno permesso di crescere sportivamente e raggiungere questi prestigiosi risultati a livello nazionale. H
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della Fini - Giovanardi nella parte che non distingueva tra droghe leggere e pesanti con effetti di aggravio di pena anche per le ipotesi lievi.
Nondimeno, la rideterminazione della pena di cui sopra non sarà un effetto automatico della sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione, ma rimarrà affidata ad una richiesta di revisione del trattamento sanzionatorio avanzata dalla parte interessata, che in questo senso dovrà presentare una istanza specifica al giudice dell’esecuzione che dovrà valutarla, ma non necessariamente accoglierla in ragione delle vincolanti valutazioni di merito del giudice della cognizione: pertanto, la decantata fuoriuscita dal carcere di migliaia di detenuti condannati per piccolo spaccio deve dirsi fortemente ridimensionata. H
Luca Pasqualoni Segretario Nazionale ANFU Polizia Penitenziaria pasqualoni@sappe.it
Nella foto aula di Tribunale
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cinema dietro le sbarre
American Me
Regia: Edward James Olmos
Rabbia di vivere a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
merican Me è un film autobiografico prodotto e diretto da Edward James Olmos , al suo primo lungometraggio come regista, e scritto da Floyd Mutrux e Desmond Nakano . Olmos è anche l’attore protagonista del film, nel quale interpreta Montoya Santana. La sceneggiatura è incentrata sul resoconto romanzato della nascita e del consolidamento della mafia messicana in California, anche attraverso il racconto della vita carceraria nelle prigioni statali, dal 1950 al 1980. In pratica, il film segue trent’anni di vita delle gang chicanos di Los Angeles. La storia si concentra su Montoya Santana, un adolescente che con i suoi amici JD e Mundo, compone una gang di messicani. Ben presto, però, i ragazzi si vengono a trovare nel posto
la scheda del film
Soggetto: Floyd Mutrux Sceneggiatura: Floyd Mutrux, Desmond Nakano Fotografia: Reynaldo Vilalobos Montaggio: Richard Candib, Arthur Coburn Costumi: Sylvia Vega-Vasquez Musiche: Claude Gaudette, Dennis Lambert Scenografia: Martin Price
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Produzione: Olmos Production Distribuzione: Universal Studios
maggiorenne, viene rinchiuso nella Folsom State Prison. Nel carcere di Folsom, Santana diventa leader di una potente banda, la Eme . All’uscita di prigione, la Eme è diventata un’organizzazione criminale oltre i confini di Folsom, e si è specializzata in traffico di droga ed omicidi.
Personaggi ed Interpreti: Pedro Santana: Sal Lopez Esperanza Santana: Vira Montes Acha: Roberto Martín Márquez Yolanda: Dyana Ortelli Tatuatore: Joe Aubel Zoot Riot Bystander: Rob Garrett Giovane marinaio: Lance August Vecchio marinaio: Cody Glenn Poliziotto: Don Pugsley Giovane Montoya Santana: Panchito Gómez Meccanico: Albert Joe Medina Jr. Meccanico: Alex Solís Abuelito: Raymond Amezquita Giovane JD: Steve Wilcox Giovane Mundo: Richard Coca Hazard Kid: Javier Castellanos Genere: Biografico Durata: 125 minuti Origine: USA,1992
Nelle foto la locandina e alcune scene del film
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sbagliato al momento sbagliato e finiscono in prigione. In carcere minorile, Santana subisce una violenza sessuale alla quale reagisce uccidendo chi lo aveva violentato. Condannato anche per omicidio, il ragazzo, nel frattempo diventato
A questo punto, però, Santana cambiato dall’esperienza carceraria inizia a capire di essere sulla strada sbagliata ma, prima che possa cambiar vita, viene rispedito in prigione per possesso di droga. Di nuovo in galera, Santana, confessa al suo compagno JD di non voler più
essere il capo della Eme ed abbandona la gang. Purtroppo però proprio a causa di una delle regole che egli stesso aveva stabilito, i suoi uomini lo uccidono per dimostrare alle altre bande che la Eme è sempre la più forte anche con un altro capo. H
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Orario prelievi: dal lunedì al sabato dalle ore 7:00 alle ore 10:30 (esclusi festivi)
NB: il laboratorio analisi è attivo tutte le mattine (festivi esclusi) ed è erogabile in convenzione con il Servizio Sanitario Regionale in entrambe le Sedi (Termini e Pisana).
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Giovanni Passaro Segretario Provinciale Sappe passaro@sappe.it
diritto e diritti
Distacco per gravi motivi di carattere familiare o personale ortese redazione, da alcuni mesi mia moglie sta combattendo con un grave problema di salute, per un supporto psicologico e materiale, nonché per un opportuno apporto ai mie due figli minori, ho avanzato domanda di distacco per motivi familiari, ai sensi dell’art. 7 della normativa vigente. Tuttavia, ho prodotto tre istanze, con un intervallo di due mesi, senza ricevere alcuna risposta!!! Sono molto amareggiato perché in tanti anni di servizio non ho mai avanzato alcuna richiesta in tal senso, però, adesso che ne ho bisogno è umiliante non ricevere nemmeno una misera risposta per poter organizzare la propria vita familiare. Scusate lo sfogo, ma sono esausto... ...è possibile che l’amministrazione ha la discrezionalità di non rispondere alle mie richieste? Non dovrebbe avere l’obbligo di rispondermi per garantire la massima trasparenza nella valutazione delle domande? Grazie per l’eventuale risposta e complimenti per il supporto giuridico. Distinti saluti.
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Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
Gentile collega, è inconcepibile immaginare un’attività o un’azione amministrativa senza “procedimento”, esso garantisce la corretta formazione della volontà della PA e il rispetto dei principi - sanciti all’ art. 97 della Costituzione - di legalità, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione. La legge di riforma del procedimento amministrativo (Legge 241/90) ha introdotto, tra gli altri, l’obbligo di conclusione esplicita del procedimento da parte delle amministrazioni pubbliche. Tutte le pubbliche amministrazioni, cioè, sono tenute a concludere il
procedimento con un provvedimento espresso, sia nel caso in cui lo stesso sia iniziato d’ufficio, sia che consegua ad un’istanza di parte (1). Nell’ottica di una complessiva riduzione dei tempi e al fine di garantire una maggiore certezza nell’azione amministrativa, la Legge 69/2009 ha completamente riformulato la normativa precedente, dettando una nuova disciplina anche riguardo alla tempistica da rispettare e alle conseguenze del ritardo dell’Amministrazione sia per i cittadini destinatari dell’azione amministrativa, sia per i dirigenti responsabili del ritardo. Fatti salvi termini diversi previsti da regolamenti interni alle amministrazioni o dalla legge stessa, infatti, viene indicato un termine generale di 30 giorni per la conclusione del procedimento, stabilendo anche una specifica responsabilità in capo all’amministrazione nel caso di mancata emanazione del provvedimento nei termini previsti. L’art. 7 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, stante il quale è rimesso alla discrezione dell’ufficio di appartenenza concedere al personale che ne abbia fatto domanda, per gravissimi motivi di carattere familiare o personale adeguatamente documentati, l’assegnazione anche in sovrannumero all’organico in altra sede di servizio, per un periodo non superiore a sessanta giorni, rinnovabile, valutate le esigenze di servizio. Per quel che riguarda l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi in generale, in base a consolidati e condivisi orientamenti della giurisprudenza di legittimità e della giurisprudenza amministrativa: a) la motivazione - che, dal punto di vista formale, deve essere considerata
come un requisito di legittimità del provvedimento amministrativo - dal punto di vista sostanziale è un requisito posto a garanzia del diritto di difesa, il che comporta che la valutazione dell’entità e della struttura della motivazione necessaria al suddetto ultimo fine deve essere effettuata, caso per caso, senza formalismi, nel contesto complessivo del procedimento, nell’ambito del quale si devono collocare, logicamente e giuridicamente, tutti i presupposti - intesi come fatti storici che hanno presidiato l’attività procedimentale e che erano comunque storicamente conosciuti dall’interessato nell’ambito di un rapporto di causa-effetto; b) in particolare, ciò da cui non si può prescindere perché un provvedimento impugnato resista alle censure concernenti la parte motiva è che siano palesate le ragioni giustificatrici della decisione assunta in concreto, non potendo la motivazione esaurirsi in mere enunciazioni generiche. Il difetto di motivazione assume rilievo quando - menomando in concreto i diritti del cittadino ad un comprensibile esercizio dell’azione amministrativa - costituisce un indizio sintomaticamente rivelatore del mancato rispetto dei canoni di imparzialità e di trasparenza, di logica, di coerenza interna e di razionalità; ovvero appaia diretto a nascondere un errore nella valutazione dei presupposti del provvedimento. Tale valutazione prescinde dalla lunghezza della motivazione, che può essere succinta, se sia sufficiente a consentire al destinatario dell’atto amministrativo di ricostruire esattamente l’iter logico seguito dalla PA procedente. Tanto più che la congruità della motivazione non può valutarsi in astratto, esigendo piuttosto una verifica da compiersi volta per volta e, specialmente, da calibrare in relazione alle peculiari caratteristiche del singolo provvedimento emanato (mutando sensibilmente l’obbligo di motivazione, a seconda della natura vincolata, o no, dell’atto finale del procedimento), delle particolari
diritto e diritti circostanze della vicenda amministrativa su cui esso incide e dei “fatti” pienamente conosciuti sia dal destinatario dell’atto sia dall’amministrazione adottante, in ordine ai quali non s’impone quindi un onere di puntuale indicazione. La funzione della motivazione è quella di rendere conoscibile l’iter logico-giuridico grazie al quale si è maturata la ponderazione e di valutare la congruità delle scelte per la cura dell’interesse primario nel contesto di tutti quegli altri interessi intervenuti nel provvedimento. La motivazione non è quindi un elemento del provvedimento, ma parte della sua forma scritta. A fronte della chiara lettera della norma, la posizione rivestita dagli interessati in ordine al provvedimento di assegnazione temporanea non si configura come un diritto soggettivo perfetto, ma, similmente ad altre ipotesi in cui vengano in rilievo le esigenze dell’amministrazione modulabili sulla base di un potere non vincolato, la posizione che ne occupa è di interesse legittimo, con la conseguenza che essa coinvolge necessariamente la valutazione dell’interesse pubblico a distaccare il dipendente, laddove questi sia collocato in una sede di servizio deficitaria dal punto di vista del personale impiegato l’argomentazione del richiedente relativa alla violazione delle disposizioni della Costituzione e della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE sui diritti della famiglia e del bambino. Certamente il rapporto di supremazia che lega tali disposizioni con la legge ordinaria dello Stato, in base all’art. 117, comma 1 della Costituzione, impone che la valutazione dell’interesse alla migliore organizzazione del lavoro venga coniugata, in termini di compatibilità, con le esigenze di tutela della famiglia e del fanciullo, riconosciute ad un livello superiore a quello primario. Cionondimeno, l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui all’art. 7 del D.P.R. n. 254 del 1999 non può portare a stravolgere l’uso dell’istituto del
distacco nell’ordinamento penitenziario, inficiandone il carattere di misura a carattere temporaneo. Nel diritto privato moderno, al silenzio non può ricondursi un significato negoziale, salvo che ad attribuirgli un senso non siano, in via eccezionale, la legge e le circostanze fattuali nel loro complesso, considerate secondo il canone generale di buona fede (c.d. tipizzazione normativa del silenzio: art. 1333 del codice civile – contratto con obbligazioni del solo proponente; art. 1832, comma 1, del codice civile – approvazione dell’estratto conto; etc...). L’inadempimento dell’obbligo di
ritardo (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 13 novembre 2003, n. 43492). Quanto alla legittimazione del richiedente, essa deve fondarsi su di un interesse non generico, ma qualificato (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 28 febbraio 2001, n. 19180), sicché la posizione giuridica del privato deve porsi in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 12 novembre 2002, n. 5376). In conclusione, si ritiene che l’amministrazione ha l’obbligo di rispondere alla richiesta di distacco, formulata ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 254/99, anche in caso di diniego con provvedimento motivato.
provvedere, ne caso di specie, configura l’ «omissione di atti di ufficio», ai sensi del secondo comma dell’art. 328 c.p.. Perché la fattispecie criminosa sia pienamente integrata, sono anche qui necessari due presupposti: a) la richiesta di adozione dell’atto dovuto, avanzata per iscritto da chi vi abbia interesse; b) l’omissione dell’atto dovuto ovvero la mancata risposta circa le ragioni del ritardo, decorso il termine di trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Normalmente la richiesta di adozione dell’atto dovuto riveste i connotati formali della diffida, ma è tuttavia sufficiente che essa sia inserita in un qualsiasi atto scritto, volto a sollecitare la definizione di una pratica od a chiedere spiegazione del
Note (1) «Indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogni qualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (art. 97 della Costituzione), in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia» (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2318; TAR CalabriaCatanzaro, Sez. I, 4 giugno 2010, n. 1051). H
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Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it
crimini e criminali
Il killer delle prostitute ltimamente ho raccontato, in questa rubrica, la storia del “mostro di Firenze”, che ha tenuto per circa diciassette anni in apprensione i fiorentini e tutta l’opinione pubblica italiana. Il caso, come saprete, ebbe una risonanza mediatica mondiale, facendo passare “in secondo piano” un’altra escalation di omicidi che si susseguivano più a nord della Toscana, per la precisione a Torino e nel resto del Piemonte e che crearono nella città e nella regione la sindrome del mostro delle prostitute.
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Nella foto Giancarlo Giudice
Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
A Torino, dal dicembre del 1983, data del primo ritrovamento di un cadavere carbonizzato di una donna, c’è un serial killer che uccide le prostitute e che semina terrore lungo il Po e nei dintorni di Torino. Per più di tre anni la sequenza delle meretrici trovate uccise è numerosa e le “donne di strada” non si sentono più al sicuro, si nascondono, non parlano con la gente, con i giornalisti nè con Polizia e Carabinieri per non essere esposte alla furia omicida del mostro. Non è ancora buio, quando una pattuglia della polizia stradale di Casale Monferrato, provincia di Alessandria, si affianca ad una Lancia Fulvia coupè rossa ferma al lato della strada, nel tratto autostradale TorinoPiacenza; a bordo, una persona
seduta sui sedili posteriori è intenta a masturbarsi mentre sfoglia una rivista pornografica. Il ragazzo, viene invitato da uno degli agenti a scendere dall’auto per i controlli di rito, mentre l’altro è intento a guardare l’interno dell’abitacolo. Quest’ultimo nota, sotto al sedile posteriore, la canna una pistola, una calibro 22, che fuoriesce da un borsello. Gli agenti chiedono spiegazioni, ma il giovane è sorpreso, ha lo sguardo perso. Immediatamente gli agenti perquisiscono l’auto e rinvengono un ulteriore pistola, una Browning 7,65, oltre a proiettili, coltelli di vario tipo e un paio di manette. Inoltre, sul sedile posteriore vi è un asciugamano macchiato di sangue e altre tracce, sempre di sangue, sono rinvenute sul sedile e sulla tappezzeria. Sul pianale anteriore destro una borsetta femminile con all’interno i documenti di identità di una donna, Maria Rosa Paoli, 37 anni e i documenti della sua auto, una fiat 500. E’ il 28 giugno del 1986 e gli agenti ancora non sanno di aver fermato un omicida seriale che sino a quel momento aveva ucciso nove donne, tutte prostitute che esercitavano sulla piazza di Torino e nel resto del Piemonte. Giancarlo Giudice, questo è il nome del serial killer, è nato a Torino l’11 marzo del 1952 da una famiglia in precarie condizioni economiche; anche se di fatto, crebbe senza genitori: la madre era malata di cuore e il padre era dedito all’alcool. Il bambino in tenera età fu rinchiuso in un collegio in provincia di Asti, dove trascorse gran parte della sua adolescenza. Alla notizia della morte della madre, quando aveva circa 13 anni, tentò il suicidio ingerendo delle quantità letali di sonnifero. Il padre, risposatosi dopo
qualche anno dalla morte della madre, decise di togliere il figlio dal collegio e portarlo nella nuova famiglia ma, la convivenza con la matrigna, a cui il Giudice riservava morbose attenzioni, si contraddistinse con dissapori e contrasti continui, tanto da far sì che abbandonasse la casa. La matrigna, durante una sua deposizione dichiarò: «Giancarlo non mi voleva accettare e in due occasioni tentò di avere un rapporto sessuale con me» (fonte ANSA, 16 marzo 1989). Sarà proprio il rapporto morboso con la matrigna il fattore scatenante della serie infinita di omicidi. Dopo il fermo il ragazzo fu portato presso la caserma della Polizia di Alessandria e successivamente alla Questura di Torino dove, dopo un breve interrogatorio, confessò di aver ucciso la donna della quale i documenti erano stati rinvenuti nella propria autovettura. Descrisse la dinamica dell’incontro e del luogo: nei pressi di un cimitero in località Rocchetta Tanaro, provincia di Asti, a circa 80 km da dove la volante lo aveva fermato; di aver poi trasportato e gettato il cadavere a Cortiglione, pochi km più a sud, in mezzo all’erba e agli arbusti. Non sa dare una spiegazione del perché ha ucciso la donna. Gli agenti decisero di fare un sopralluogo sul posto indicato dal Giudice e trovarono il corpo esanime di Maria Rosa Paoli, 37 anni, astigiana, uccisa a colpi di pistola. La vittima fu subito identificata, gli agenti hanno i suoi documenti e su di lei c’è un intero faldone nell’archivio della procura di Torino: ex affiliata a una cellula Torinese dei Nuclei Armati Proletari, organizzazione di estrema sinistra di stampo terroristico, in libertà provvisoria da pochi giorni. Confessato il primo delitto, nei giorni a seguire sottoposto ad incessanti interrogatori da parte degli inquirenti, continua a negare ogni coinvolgimento negli altri omicidi che gli vengono contestati, sino a quando, un pomeriggio, il capo della Mobile di Torino, Piero Sassi, durante un
crimini e criminali confronto serrato, lo guardò fisso e disse: «Allora, vuoi finalmente liberarti la coscienza?». «Vabbene, si arrese il Giudice - L’assassino che cercate sono io. E’ inutile continuare a mentire. Ho ammazzato otto donne. Ma erano tutte battone. Le odiavo. Mi richiamavano alla mente la mia matrigna». Lo interruppe Sassi: «Scusa, dici otto. Volevi dire sette?». E l’altro: «No, no, sono proprio otto. Se aspetta un attimo da questo mazzo le tiro fuori le foto. Una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette. Non ha contato quest’ottava. Si chiamava Federica Pecoraro. Risulta scomparsa, ma non siete mai riusciti a identificarla perché vi ho fatto trovare il cadavere completamente sfigurato». Ecco la confessione definitiva che il poliziotto cercava, ecco la sequenza dei delitti, ecco le sette vittime diventare otto con nome e cognome persino a un cadavere sfigurato e archiviato come ignoto, ecco il gran finale: « Sì, sono l’assassino. E delle otto, quattro le ho ammazzate a casa. Poi mi sono sbarazzato dei corpi portandoli in un sacco a pelo. Facevo poi il bucato per eliminare le tracce di sangue. Non so perchè l’ho fatto. Mi ricordavano la mia matrigna. Così le ho ammazzate. Lo so, lo so: per tutto questo meriterei la pena capitale». Il Giudice, confessò in definitiva nove vittime: sei strangolate, una sgozzata, due uccise a colpi di pistola. Prima, durante o dopo un rapporto sessuale. Restavano ancora diverse donne uccise ma, gli inquirenti, non ritenevano che l’autore fosse l’assassino reo confesso. Chi era Giancarlo Giudice? Sino ad allora l’individuo era conosciuto alle forze dell’ordine per piccoli problemi legati alla droga, piccoli furti, detenzione illegale di arma da fuoco e soprattutto per una denuncia di aggressione che portò al suo arresto: nel 1984 aggredisce una prostituta nel suo appartamento, cerca di legarla e fotografarla in posizioni pornografiche ma lei si ribella, cerca poi di prenderla per il collo e di picchiarla, ma lei riesce a scappare.
Scappa via e lo denuncia ai Carabinieri, i quali lo arrestano subito dopo. Viene condannato a 5 mesi di carcere che sconta tutti, dal 6 aprile al 18 settembre 1984. Particolare importante se si considera che in coincidenza del suo stato di detenzione, di circa un anno, non risultano uccise prostitute in provincia di Torino. Il serial killer inizia a disseminare corpi dal 1983, quando il 29 dicembre viene trovato il corpo di una donna carbonizzato all’interno di un auto alla periferia di Torino, il cui cadavere verrà però identificato solo qualche anno dopo a seguito della confessione del Giudice. Si tratta di Francesca Pecoraro, una prostituta originaria di Prizzi (Palermo), ma residente a Torino.
prono di una donna, Addolorata Benvenuto, 47 anni, anch’essa prostituta, torinese, scomparsa da tre settimane, vestito solo di un corpetto elastico e delle calze. Sul corpo escoriazioni e tagli causati dai continui ribaltamenti della corrente del fiume e dietro la nuca una ferita profonda, il segno di un bastone, una mazza, o comunque di un oggetto molto pesante, che l’ha colpita con forza. Trascorre circa un anno, quando il 2 marzo del 1986 è la volta di Maria Corda, 44 anni, di Torino, nubile e madre di tre figlie, prostituta, ad essere trovata morta strangolata nello storico canale De Pretis: ha le mani legate e al petto le è stato legato un enorme gancio di ferro. Non trascorre neanche un mese e il
Il 10 gennaio dell’anno successivo, fu trovato il cadavere di Annunziata Pafundo, 48 anni, originaria di Potenza ma residente a Moncalieri (To), strangolata e gettata lungo la superstrada per Chiasso, non molto lontano dal ritrovamento del primo corpo. Nell’aprile del 1985 - il Giudice è uscito dal carcere -, viene rinvenuto nel Po, all’altezza della confluenza con la Stura, il cadavere di Giovanna Bichi, 64 anni, torinese, costretta a prostituirsi per mantenere il figlio ventenne disoccupato, il quale la dissangua per una dose di eroina: dall’autopsia risulterà che è stata uccisa per soffocamento. Qualche giorno dopo, la Stura restituisce un ulteriore corpo riverso
corpo carbonizzato di Maria Galfè, 44 anni, viene ritrovato in mezzo alle macerie di un capanno abbandonato e dato alle fiamme. Il 2 aprile del 1986, ancora, il cadavere di Laura Belmonte, 67 anni, la più anziana delle vittime. L’assassino dopo aver avuto un rapporto con lei la strangolò. Il 23 maggio 1986, in pieno centro di Torino, in un piccolo pied-a terre in via XX Settembre fu scoperto il cadavere di un altra prostituta: Clelia Mollo, 58 anni, originaria di Monticello, provincia di Cuneo, soffocata dopo l’amplesso con una calza nel letto del suo monolocale. Nove donne barbaramente uccise il cui unico sbaglio è stato incontrare sulla propria strada un serial killer.
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Nella foto la pagina di un giornale dell’epoca
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giustizia minorile
24 Nove donne che, come spesso accade in Italia quando si tratta di prostitute, servono solo a fare statistiche. Vittime che non erano persone, ma semplicemente oggetti nelle mani dell’assassino, oggetti affettivi che assomigliavano alla matrigna: vecchie, grasse e poco curate. Nel processo di primo grado Giancarlo Giudice viene condannato all’ergastolo, ridotto a trent’anni in
a cura di Ciro Borrelli Referente Sappe per la Formazione e Scuole Giustizia Minorile borrelli@sappe.it
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Nella foto lo psichiatra Paolo Crepet
appello, più tre anni da scontare in un ospedale psichiatrico giudiziario. Lo psichiatra Paolo Crepet, che lo aveva visitato, all’interno dell’OPG di Reggio Emilia, scrisse: «...Possono i serial killer, che sembrano persone normali eppure compiono efferati delitti, considerarsi uomini liberi d’intendere e di volere? Sull’imputabilità interviene la perizia psichiatrica e spesso si aprono discussioni tra giudici e psichiatri che mettono in luce profonde divergenze nei giudizi... Oggi la mutata percezione della follia, della malattia mentale, il diverso modo di curarla, hanno consentito ai malati di riacquistare i diritti umani…».
Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
Il Ministro Orlando visita l’IPM di Nisida
Nel 2008 Giancarlo Giudice è stato dimesso dall’OPG di Reggio Emilia dopo 22 anni trascorsi tra istituti di pena e ospedali psichiatrici. Alla prossima... H
Il 25 maggio per la prima volta l’Onorevole Andrea Orlando, attuale Ministro della Giustizia, ha fatto visita all’Istituto di Nisida. Il clima mediterraneo e la fantastica scenografia naturale dell’isola hanno come sempre fatto da cornice all’evento che, come si può immaginare, mette in movimento una grande macchina organizzativa per far sì che tutto si svolga nel migliore dei modi. Ricordiamo che la visita di un Ministro è comunque da considerare un evento straordinario per un Istituto Penale. E’ necessario quindi utilizzare un numero di unità di Polizia Penitenziaria adeguato sia per tutelare le autorità presenti, sia per tenere sotto controllo il movimento dei detenuti in ogni tipo di imprevisto. Il Ministro Orlando è arrivato a Nisida durante la mattinata ed ha subito voluto visitare l’interno dell’Istituto Penale, facendo un giro per le officine, per i laboratori e la scuola accompagnato dagli uomini della Polizia Penitenziaria, dal Direttore e dal Dirigente del Centro Giustizia Minorile della Campania. Il Ministro durante la visita ha dichiarato che secondo lui occorre provare ad umanizzare la pena, renderla utile e intervenire sui tassi di recidiva. «Il sistema carcerario ha un costo elevato per ogni cittadino - ha aggiunto - ma ci sono tassi di recidiva altissimi». «Ci sono istituti che hanno funzionato - ha precisato Orlando - come la messa alla prova, sperimentato nell’ambito minorile, abbassando notevolmente la recidiva». «Probabilmente introdurremo nei prossimi mesi una norma che consenta a chi ha iniziato percorsi di
recupero, negli istituti di pena minorili, di non interromperli a 21 anni, ma di arrivare fino a 25». «Talvolta percorsi di recupero che hanno dato risultati vengono inficiati dal fatto che a 21 anni si va nel carcere dei “grandi”». Infine, il Ministro Orlando prima di lasciare l’isola, ha partecipato in una sala dell’adiacente Centro Studi Europeo sulla Devianza Minorile alla presentazione del volume Il diario di Nisida, parole e immagini, frutto di un progetto finanziato dalla Fondazione Vodafone Italia. «Si sta realizzando un progetto importante che prende in carico i ragazzi che hanno sbagliato e non semplicemente infligge una pena - ha detto il Guardasigilli - ma è un’esperienza che deve indurre a una riflessione più ampia». Anche in questa occasione, nonostante le difficoltà organizzative dovute alla presenza dei detenuti e ai problemi della gestione interna di un carcere, gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria del Contingente Minorile, in servizio a Nisida il 25 maggio sono stati come sempre all’altezza della situazione, garantendo lo svolgimento della visita in modo sicuro, secondo il programma stabilito dalla Direzione. H
donne in uniforme
Chi sono le donne che lavorano nella Polizia Penitenziaria?
N
elle donne ogni cosa è cuore, anche la testa. (Jean Paul Richter)
Salve a tutti. Mi presento innanzitutto. Mi chiamo Laura Pierini, assistente capo in servizio da più di vent’anni presso la Casa Circondariale di Firenze Sollicciano e sono donna. Con questa rubrica vorrei dare voce a quel modo di vedere tipicamente femminile dove testa e cuore sono intimamente connessi in modo sinergico, talvolta in conflitto ed è così che voglio interpretare la citazione sopra riportata. Vorrei parlare di donne, donne in genere e donne Poliziotte Penitenziarie in particolare, del loro punto di vista, delle situazioni vissute, delle aspettative e del rapporto personale e professionale con i colleghi uomini, con l’Amministrazione o in relazione al mondo esterno. Chi sono quindi le donne che lavorano nella Polizia Penitenziaria? E’ una domanda che mi viene posta di sovente da chi, soprattutto fuori dal nostro ambiente, poco sa del pianeta carcere e scoprendo del mio lavoro chiede, interroga, con quella curiosità, timidezza, direi fanciullesca, che mi fa sorridere. Talvolta invece è permeata dalla diffidenza ed allora assume toni quasi inquisitori. D’altra parte la peculiarità del nostro lavoro di Poliziotti e Poliziotte Penitenziari ci ha reso invisibili agli occhi esterni per molto tempo, relegati spesso in stereotipi negativi e associati ad una realtà, quella del carcere, scomoda, specchio della sofferenza, deficienza o inefficienza della società.
C’è da dire anche che la filmografia, soprattutto internazionale, e un certo giornalismo di tipo sensazionalistico non hanno aiutato. La tendenza odierna in verità e per fortuna è quella di dare spazio e visibilità al nostro Corpo e alle nostre attività – intenzione è di offrire un’immagine quanto più realistica e attuale e la speranza che sia anche positiva. In questa visione nebulosa, ancora meno comprensibile risulta la figura femminile e quale ruolo attribuirle. Quante volte – nell’apprendere del mio lavoro - mi sono sentita candidamente dire «non avrei mai pensato… non hai la faccia da poliziotta» e al mio inevitabile e conseguente perché, quasi sempre mi è stato risposto che sembravo troppo buona. La donna è culturalmente associata alla figura materna, funzionale alla famiglia al proprio compagno, colei che si prende cura amorevolmente degli altri. Un’ attività che preveda il contatto con la parte oscura, rifiutata della società non fa altro che stimolare nell’immaginario collettivo la visione opposta, negativa dove non vi è posto per il cuore e l’anima femminile. Ma noi siamo dotate di testa e di cuore che interloquiscono in modo continuo. Se si vuole tentare di dare un’interpretazione un po’ più psicologica, possiamo agganciarci a quei modelli archetipici delle antiche divinità mitologiche per spiegare che all’interno di ogni donna sono presenti più donne, più dee, che governano e guidano i nostri comportamenti, la nostra personalità. Siamo pertanto Demetra (la dea materna), Persefone (la figlia), Era (la moglie), Afrodite (l’amante) Artemide (la sorella), Atena (la stratega).
Modelli di comportamenti istintuali che ci appartengono e si ritrovano in tutte noi. Nel corso del tempo questo si è perso e non è facile recuperarlo. Ma torniamo a noi e alle donne della Polizia Penitenziaria. Da quando è stato costituito il Corpo siamo cresciute e da operaie con mero compito di vigilatrici abbiamo acquisito autonomia, ci siamo formate, armate facendo ingresso in punta di piedi in un mondo prerogativa maschile con i suoi preconcetti, paure, retaggi culturali. Siamo pertanto donne che, al pari dei colleghi uomini, si trovano ad affrontare situazioni difficili, critiche, talvolta emotivamente e fisicamente provanti, che lavorano con costanza per affermare i propri meriti e veder riconosciuti i propri diritti, talvolta disattesi. Ma di questo parlerò una prossima volta. Per concludere, quello che vorrei fosse chiaro è che il mio scrivere non ha intenzioni celebrative. E’ un tentativo di comunicazione, di reciproca comprensione al fine di una collaborazione sempre più attiva, efficace. A presto. H
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a cura di Laura Pierini Vice Segretario Provinciale Sappe Firenze rivista@sappe.it
Nella foto donne della Poliza Penitenziaria
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26 a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
come scrivevamo iù di venti anni di pubblicazioni Dal carcere di Genova Marassi una proposta shock hanno conferito al mensile per garantire la sicurezza fisica del personale Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Come Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato tanti anni addietro. di Roberto Martinelli A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, onfesso che non mi aspettavo forse ha dimenticato di essere stato l’indice e la vignetta del numero così tanto risalto sugli organi Sottosegretario alla Giustizia durante originale della Rivista nel quale fu di informazione, cittadini e il Governo Berlusconi - i nostri pubblicato. nazionali, per la richiesta provocatoria, problemi sono sempre gli stessi da me fatta a fine novembre, di ormai da anni, caro Onorevole... ) dotare la Polizia Penitenziaria in con la quale, prendendo spunto dalla servizio presso le sezioni detentive nostra richiesta, si chiede di dotare della Casa Circondariale di Genova tutto il Corpo delle bombolette di gas Marassi delle bombolette di gas paralizzante antiaggressioni. paralizzante anti-aggressioni di cui Tutto bene, insomma, se non fosse tanto si è parlato in queste settimane. che qualche giornalista ha L'effetto dirompente del comunicato rispolverato i soliti odiati termini stampa con il quale il SAPPE della secondini, guardie carcerarie e agenti Liguria ha chiesto, tra le altre cose, la di custodia (“polizia penitenziaria è dotazione e l'uso di queste troppo lungo" hanno abbozzato bombolette per le colleghe e i colleghi rispondendo alla mie telefonate di impegnati "in trincea", nella "prima protesta forse un po' troppo linea" delle sezioni, è stato diretta “colorite”...) . conseguenza del lancio di agenzia a Ero consapevole che la nostra fosse livello nazionale dell'Ansa che ha una proposta shock, perché in Italia ripreso, quasi integralmente, il nostro queste bombolette non sono legali (a scritto. Da quel momento hanno differenza, ad esempio, di Francia e cominciato a squillare telefoni e Usa) . Anzi, proprio a Genova, cellulari: decine di giornalisti volevano qualche settimana fa, la leader di un la copia del comunicato stampa del comitato di cittadini del centro SAPPE e contestualmente ci storico, luogo di delinquenza, chiedevano delucidazioni e interviste. prostituzione e criminalità, Ci siamo resi conto di avere "colpito era stata denunciata dalla Polizia nel segno": interviste a "Studio per averne vendute diverse decine, Aperto" su Italia l, a Rete 4 e sulla Rai importate illegalmente dalla vicina (Tv e radio); richiami sulla prima Francia. pagina dei quotidiani "Il Giornale" e Ero, però, altrettanto consapevole che "Il Secolo XIX" che approfondivano fosse necessario trovare una l'argomento con ulteriori articoli nelle rivendicazione "forte" rispetto al pagine della cronaca nazionale, ampi gravissimo problema delle frequenti servizi anche su "La Stampa" e "la aggressioni subìte da diversi colleghi Repubblica"; decine di interviste tra in servizio a Genova Marassi da parte emittenti televisive e radio private di detenuti (tre in poco meno di due genovesi e liguri. Addirittura mesi). presentata una interrogazione L'ultima, avvenuta nel pomeriggio di parlamentare alla Camera dei domenica 21 novembre presso il Deputati dal leghista Borghezio (che Reparto del Centro Clinico dove sono
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Dotare la Polizia Penitenziaria di bombolette di gas paralizzante? Non è solo una provocazione...
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Sopra la copertina del numero di dicembre 1999
Polizia Penitenziaria n.218 giugno 2014
come scrivevamo ristretti i detenuti affetti da Aids conclamata, è stata la classica "goccia che ha fatto traboccare il vaso". Un collega è stato aggredito, per l'ennesima volta, da un detenuto che lo ha colpito con un violento pugno al volto e, cosa più grave essendo il detenuto in questione affetto da Aids conclamata, graffiato al viso con conseguente possibile contagio con sangue infetto. L'Agente dovrà ora essere sottoposto a tutti gli accertamenti sanitari del caso e vivrà i prossimi sei mesi con l'incubo di essere stato contagiato dalla terribile malattia. Qualche settimana prima altri due agenti erano stati aggrediti da alcuni detenuti e uno dei due 'Baschi Azzurri', colpito da un violento calcio, ha riportato gravi lesioni ai testicoli. "Tutto questo si verifica - abbiamo scritto nel nostro comunicato - perché Marassi è sovraffollato all'inverosimile (circa 800 detenuti presenti rispetto ad una capienza massima di 500 posti) e il personale di Polizia Penitenziaria è nettamente sotto organico (sono complessivamente meno di 200 gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, nei diversi ruoli e gradi, che vengono impiegati, nell'arco delle 24 ore, per assicurare l'ordine e la sicurezza nei piani detentivi del carcere) . Questo vuoi dire che un Agente controlla, da solo, i circa 70/80 detenuti che sono ristretti su ogni piano detentivo e di notte lo stesso Agente ne controlla 160 perché, sempre da solo, deve sorvegliare su due piani." A questa situazione sproporzionata tra Personale di Polizia Penitenziaria e popolazione detenuta c'è da aggiungere l'elemento fondamentale che ha determinato la nostra richiesta: "E' da tenere in debito conto che tutti gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria fanno servizio nei Reparti e nei piani detentivi assolutamente disarmati, senza alcuno strumento di autodifesa che i recenti episodi accaduti a Marassi impongono invece di detenere per cui chiediamo di essere dotati delle "famose" bombolette di gas paralizzante anti-aggressioni di cui
tanto si parla in questi giorni o, in alternativa, degli sfollagente''. Bombolette, dunque, (o in subordine manganelli) per garantire la salvaguardia e l'integrità fisica dei nostri Agenti che rischiano di essere aggrediti, in condizioni di lavoro così precarie, con una presenza costante di detenuti quattro volte superiore a quella nostra, ogni santo giorno. Ma nel nostro ormai 'famoso' comunicato abbiamo anche scritto che ai gravi fatti accaduti nel carcere di Genova Marassi si aggiunge un altro elemento inquietante:
"Probabilmente alcuni detenuti si sentono quasi legittimati a violare le norme penitenziarie, visto e considerato che a noi risultano giacenti presso l'Ufficio del Coordinatore Operativo dell'Istituto circa 100 pratiche relative a informazioni disciplinari redatte già da tempo da personale di Polizia Penitenziaria che non sono state a tutt'oggi esaminate e, quindi, non sono state ancora inflitte le conseguenti sanzioni disciplinari ai detenuti responsabili. Questo vuol dire una vera e propria impunità che, come Sindacato, come Operatori di Polizia ma soprattutto come cittadini, non possiamo più tollerare e accettare! Su questo argomento abbiamo scritto al Direttore del carcere, che a tutt'oggi non ci ha dato alcuna risposta, e per
questo motivo ci siamo rivolti al Magistrato di Sorveglianza competente per la Casa Circondariale genovese". Lanciata come provocazione, l'ipotesi 'bombolette' merita, a mio avviso, di essere presa in seria considerazione. L'agente di Polizia Penitenziaria, infatti, è in confronto anche e soprattutto fisico con chi rappresenta, in un modo o nell'altro, il nemico dello Stato, colui che ne ha violato le leggi. Per chi fa servizio nelle sezioni detentive delle carceri italiane, sovraffollate a dismisura come ad esempio è Genova Marassi, vuol dire essere da solo, senza alcuna arma se non la ricchezza delle proprie acquisizioni culturali o la complessità della propria formazione professionale - che, detto molto chiaramente, nulla possono per contrastare aggressioni fisiche da parte di detenuti - minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, di notte , anche a Natale, Capodanno, Pasqua e Ferragosto, con 50, 100, 150 detenuti! Deve essere garantita l'incolumità personale e la salvaguardia di quella o quel collega, sia essa o esso a Genova Marassi o Roma Rebibbia, Milano San Vittore o Napoli Poggioreale. Ma deve essere garantita e salvaguardata davvero la sua vita, non nascondersi dietro la frase 'abbiamo già i manganelli' se questi poi sono in locali a duecento metri e cinque cancelli di distanza da dove il nostro 'Basco Azzurro' fa servizio. Perché in caso di necessità, prima di aver avvisato chi ha le chiavi dell'armeria o chi sa dove sono specie nei turni di pomeriggio e di notte -, contattato il Capoposto di servizio e il Comandante di Reparto (magari "vecchio stampo" della serie "le chiavi me le porto a casa, non si sa mai"), aver trovato queste benedette chiavi, aver discusso su quanti sfollagenti prendere, aver attraversato i 'famosi' cinque cancelli modello "se non si chiude il primo non si apre il secondo e così via" , aver raggiunto il collega
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come scrivevamo on questo articolo diamo il via ad una nuova rubrica che affronterà i problemi penitenziari anche dal punto di vista dei funzionari del Corpo. La speranza è quella di fornire ai lettori una testimonianza che, il più delle volte, è il frutto di una elaborazione di problematiche di vita quotidiana, professionale ed umana, del personale di Polizia Penitenziaria con il quale si ha la fortuna di condividere una parte importante della propria esistenza. Non sempre, purtroppo, si ha la risposta giusta o la soluzione al problema; troppo spesso si è costretti ad allargare le braccia. La condivisione delle scelte ed il comune sentimento di appartenenze rappresentano certamente, se non la soluzione, un ottimo punto di partenza per affrontare ogni tipo di problema. Nella speranza di proporre, per il futuro, argomenti interessanti, colgo l’occasione per sollecitare tutti i colleghi ad inviare spunti ed argomenti che sarò ben lieto di trattare in questo spazio.
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aggredito sul suo posto di servizio, quando arriviamo anziché i manganelli ci servono i cucchiaini per recuperare ciò che ne resta...
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...Non sarebbe tutto più semplice se avessimo in dotazione le bombolette di gas paralizzante anti-aggressioni? Vorrei concludere riportando, più o meno, il commento del direttore della Casa Circondariale di Genova Marassi, Angelo Manes, in un'intervista apparsa sul Tg3 della Liguria a commento dell'aggressione subìta da quello che è - o dovrebbe essere... - un "suo" Agente e della
provocazione del SAPPE: «Il rischio è una componente della loro professione , se non volevano rischi facevano i tabaccai... », con ciò offendendo non solo gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria ma anche un'altra categoria di lavoratori quali i tabaccai. Non credo ci sia bisogno di molte parole per rispondergli adeguatamente. La mia replica a Manes, anch'essa andata in onda sul Tg3, è stata molto secca: "Noi ci siamo arruolati per servire e difendere lo Stato, non per prendere sputi, calci, pugni o schiaffi dai detenuti!". Una cosa è certa: se dovessi identificare lo Stato con il dottor Manes - che dello Stato è un funzionario e quindi lo rappresenta - e con le sue parole, rimpiango davvero di non essere un tabaccaio !!! (Mentre andiamo in stampa, giunge in redazione la notizia che un altro collega di Genova Marassi - il quarto in poco meno di due mesi, il secondo in soli quattro giorni - nel pomeriggio di giovedì 25 novembre è stato aggredito da un detenuto. Cosa aspettano per intervenire al Ministero della Giustizia e al Dap? Forse il morto? Diliberto e Caselli, se ci siete, battete un colpo!). H
comandanti di reparto, i direttori ed i responsabili degli U.E.P.E. della regione Toscana hanno partecipato ad un workshop tenutosi a Firenze, nella giornata del 12 giugno, sul braccialetto elettronico. L’incontro è stato organizzato dal P.R.A.P. della Toscana in collaborazione con “Itasforum”, Centro Studi per la Sicurezza. A fare gli onori di casa il Provveditore Regionale, Carmelo Cantone che ha condiviso con i numerosi ospiti, tra cui il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, il Prefetto di Firenze Luigi Varratta, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza Antonietta Fiorillo, le problematiche e le prospettive di questo nuovo modo di fare sicurezza. Di braccialetto elettronico, o meglio di mezzi elettronici di controllo si parla oramai dal 2000, quando il decreto n. 341 (antiscarcerazioni), modificato dalla legge 19 gennaio 2001 n. 4, ne propose l’applicazione. Già in quella occasione si pensò all’uso del
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funzionari funzionali braccialetto elettronico sull’onda di una situazione di emergenza che, ai giorni nostri non pare essere terminata. Sin da quei primi momenti si percepirono una serie di difficoltà che solo in parte hanno trovato soluzione nel corso di questi anni. La consapevolezza di tali difficoltà è, d’altronde, percepita nello stesso titolo del workshop: “il braccialetto elettronico: l’adeguamento dell’Italia alle sperimentate prassi in ambito europeo e internazionale”, quasi a voler sottolineare la perenne rincorsa della Pubblica Amministrazione ad una esigenza di “adeguamento”, di rientro nelle regole che l’Europa, in specie in questi ultimi anni impone all’Italia in tema di detenzione e di esecuzione della pena. Nel corso di questo lungo periodo di inerzia, tuttavia, le spese per la fornitura del servizio e, più in generale, i costi legati al braccialetto elettronico non si sono mai arrestati: circa una decina di apparecchi (a fronte dei 2.000 programmati) sono stati applicati nel corso dei circa quattordici anni dalla entrata in vigore della legge, al punto che, come giustamente evidenziato da uno dei responsabili del Centro Studi per la Sicurezza “Itasforum” - che ha esposto il funzionamento del sistema, anche da un punto di vista delle problematiche ad esso sottese - ogni braccialetto applicato nel corso di questi anni è costato più o meno quanto un più prezioso bracciale di Bulgari! “Un sistema ancora troppo costoso e non ancora a punto”, come ha anche affermato in una recente audizione il Capo della Polizia, il Prefetto Pansa. Il Sottosegretario alla Giustizia ha evidenziato che tale sistema di fare sicurezza deve diventare la regola da seguire e non più l’eccezione, soprattutto dopo la legge 146 del 2013 (svuotacarceri), e non solo per coloro che vengono sottoposti a misure cautelari ma anche per i detenuti che fruiscono di permessi premio, di misure alternative alla detenzione ed in caso di reati di particolare allarme sociale.
Funzionari al workshop sul Braccialetto elettronico I problemi maggiori che sono emersi nel corso dei lavori del convegno riguardano i sistemi di trasmissione, ancora troppo poco affidabili, almeno rispetto ai più tecnologici sistemi utilizzati in altri paesi d’Europa. Una tecnologia «base», quella utilizzata per i nostri braccialetti elettronici, che utilizza un segnale radio che dal braccialetto va ad una «consolle» appositamente installata nella casa della persona da vigilare. Quando i due apparecchi non «dialogano» più allora scatta l’allarme. Altri apparecchi in uso in Europa hanno almeno il gps per stabilire l’esatto punto dove si trova una persona, ma in Italia questo passo non è stato ancora attuato. In generale, la nuova normativa sulle carceri è vista con favore perché, come affermato dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza, inizia ad affrontare le problematiche in maniera strutturale. Il problema della esecuzione penale, sempre più legato al sovraffolamento carcerario, deve essere affrontato ponendo una particolare attenzione anche al di là delle ordinarie modalità custodiali che, allo stato attuale, sempre con più difficoltà rispondono ai dettami della Costituzione. L’auspicio, da operatore penitenziario (ma sento di partecipare il pensiero e le aspettative di numerosi miei colleghi) è che le problematiche sottese all’utilizzo su ampia scala del braccialetto elettronico trovino a breve soluzione, attraverso un miglioramento delle teconologie di funzionamento del sistema, una completa “messa a punto” delle modalità di sorveglianza e di pronto intervento in caso di necessità, la creazione di buone prassi e, certamente non da ultimo, una sensibile riduzione dei costi di
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Mario Salzano Commissario di Polizia Penitenziaria rivista@sappe.it
Nel box la cover del programma del Workshop
gestione. Il contraltare a tutto ciò non potrà che essere un deflazionamento di presenze all’interno degli istituti penitenziari e la possibilità di poter iniziare ad agire per progetti e non più sulle emergenze cui far indifferibilmente fronte entro scadenze prestabilite. In conclusione, ho percepito il coinvolgimento dei direttori penitenziari e dei comandanti, oltre che dei direttori degli U.E.P.E., come un importante segnale di partecipazione ed inclusione, da parte del Provveditorato Regionale, ad uno dei temi più delicati di questo particolare momento storico per l’Amministrazione Penitenziaria. L’auspicio è che ognuno, attraverso la propria professionalità ed il suo contributo di esperienza e buon senso possa cooperare al meglio per la buona riuscita di un progetto che non rappresenta soltanto una nuova modalità di esecuzione della pena ma anche e soprattutto il presupposto per attività programmatiche di breve e lungo periodo. H
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inviate le vostre foto a rivista@sappe.it
A fianco: 1983 Casa Reclusione di Porto Azzurro (LI) Rappresentativa calcitica AA.CC. (foto inviata da Pasquale Amato) a fianco: 1972 Roma, Festa della Repubblica Sfilata degli Agenti della Scuola AA.CC. di Portici (NA) (foto inviata da Francesco Castangia)
a fianco: 1960 Casa Penale di Turi (BA) Festa del Corpo (foto inviata da Roberto Tramacere)
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eravamo cosĂŹ
eravamo così
31 Nella foto 1984 Scuola AA.CC. di Cassino (FR) Giuramento 32° Corso Ausiliari (foto inviata da Salvatore Caruso)
A fianco: 1978 Casa Circondariale “Coroneo” di Trieste Festa del Corpo (foto inviata da Livio Onnis) a sinistra: 1950 Scuola AA.CC. di Portici (NA) Filiberto Ludovisi (nonno) (foto inviata da Filiberto Ludovisi nipote in servizio C.C. di Velletri)
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le recensioni Giovanni Floris
IL CONFINE DI BONETTI LA FELTRINELLI Edizioni pagg. 224 - euro 18,00 n’ultima notte da leoni con gli amici di sempre, una soltanto. Cosa può esserci di male? E invece il notaio Ranò, facoltoso borghese romano, si ritrova in cella, e poi davanti a un magistrato. E la verità viene fuori. Non solo il racconto della folle serata in cui è naufragata la reunion, ma, come un fiume in piena, la confessione di una vita, delle avventure di un ragazzo e del suo eterogeneo drappello di compagni. Con al centro di tutto lui, il grande amico che ce l’ha fatta, Marco Bonetti, famoso regista finito con lui in carcere… Nella “confessione” di Ranò si dipana così un percorso di formazione illuminato da una grande amicizia maschile, tra catastrofi sentimentali e bravate al limite del decoro, vacanze sbagliate e meravigliose, giri in motorino nel gelo di una Roma vissuta e amata. Come abbiamo perso di vista i sogni di quando eravamo giovani? Qual è il confine tra adolescenza e vita adulta, tra possibilità e rimpianto, tra successo e tradimento? E quando è troppo tardi per capirlo? Per la prima volta Giovanni Floris, noto conduttore della trasmissione di RaiTre “Ballarò”, racconta la realtà
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con gli strumenti del narratore, tessendo immaginazione ed esperienze nella trama di un romanzo scanzonato e commovente. La storia del notaio Ranò e del regista Bonetti è infatti anche la storia della sua generazione, i ragazzi degli anni ottanta: quelli del riflusso, della televisione commerciale, del pentapartito, del crollo delle ideologie mondiali. Ma anche quelli, forse gli ultimi, che hanno vissuto l’adolescenza come un periodo magico e pieno di possibilità, con l’idea di potercela fare, contando solo sulle proprie forze.
in legge del decreto legge 146/2013, la Corte costituzionale – con la recente sentenza 25 febbraio 2014, n. 32 – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 73 testo unico stupefacenti: anche questa importante sentenza è oggetto di ampia considerazione all’interno del volume, che ne esamina le motivazioni, gli effetti sui processi in corso e sulle sentenze di condanna già passate in giudicato, nonché il problematico coordinamento con le modifiche normative del 2013.
AA.VV.
EMERGENZA CARCERI E SISTEMA PENALE
LA COLONIA PENALE DI TRAMARIGLIO. Memorie di vita carceraria (con DVD)
G. GIAPPICHELLI Edizioni pagg. 212 - euro 21,00
CARLO DELFINO Edizioni pagg. 400 - euro 18,00
Angela Della Bella
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ncalzato dalla necessità di adempiere, entro il termine del 27 maggio 2014, agli obblighi imposti dalla sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell’uomo, il Governo, nel corso del 2013, ha emanato due decreti legge (decreto legge 78/2013 e decreto legge 146/2013), strettamente imparentati sia in relazione al fondamento giustificativo, sia in relazione al contenuto. Il volume è dedicato all’esame delle novità contenute in questi due provvedimenti: si tratta di una congerie di interventi normativi tutti finalizzati, in ultima analisi, a limitare le presenze dei detenuti in carcere e che incidono sia sul diritto penale sostanziale (si pensi alla modifica dell’articolo 73, comma 5, testo unico stupefacenti), sia sul diritto processuale (si pensi alla modifica dell’articolo 280, comma 2, codice procedura penale, funzionale a restringere l’ambito operativo della custodia cautelare in carcere), sia, infine, sul diritto penitenziario (si pensi all’introduzione della nuova liberazione anticipata speciale). Proprio durante l’iter di conversione
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uesto è un libro davvero da non perdere. Racconta la storia (sconosciuta) della colonia penale agricola di Tramariglio, un museo a cielo aperto di storia umana incastonato in una delle perle naturali della Sardegna qual è il Parco regionale di Porto Conte. Nata nel 1940 come centro di rieducazione e prigionia ed attiva fino al 1962, la colonia ha ospitato complessivamente oltre 5mila detenuti, che lavoravano di giorno nei campi e alla sera rientravano nelle celle. Il libro nasce dalla intensa attività di ricerca e digitalizzazione dell’archivio storico del carcere, rimasto per lungo tempo abbandonato negli scantinati del carcere di San Sebastiano a Sassari e che è ritornato alla luce grazie all’opera di recupero eseguito da 6 detenuti in articolo 21 che hanno lavorato per circa un anno presso la sede del Parco. Il libro, ricco di immagini d’epoca e di documentazione originale e inedita, corredato da un dvd della durata di 50’, si articola in più capitoli che raccontano la vita quotidiana della
le recensioni colonia. Attraverso queste “memorie di vita carceraria” si può conoscere e capire cos’era il carcere inteso come istituzione davvero totalizzante: emerge infatti prepotente la complessità dei rapporti umani all’interno della colonia tra gli stessi detenuti, tra detenuti e agenti di custodia, direttore, cappellano, agronomo e familiari. Un capitolo ci racconta la vita quotidiana e un altro l’omicidio dell’Agente Giuseppe Tomasiello, che lavorava proprio nella colonia penale di Tramariglio, a cui dal dicembre dello scorso anno è intitolata il carcere di Alghero ed il Museo sulla memoria della colonia. Tomasiello venne ucciso il 22 gennaio del 1960 da un detenuto. L’uomo, Edoardo Corsi, incaricato della manutenzione delle linee elettriche e telefoniche della colonia penale di Tramariglio, per fuggire non aveva esitato a colpire Giuseppe Tomasiello con un pesante attrezzo da lavoro. L’agente morì dopo due giorni di agonia. Nel libro, questo tragico fatto viene raccontato attraverso le relazioni di servizio e le cronache della stampa del tempo.
S. Cecchi, G. Di Rosa, P. Bonetti, M. Della Doria
SULLA PENA AL DI LA’ DEL CARCERE LIBERILIBRI Edizioni pagg. 192 - euro 16,00
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iciamo subito che questo libro va a mio avviso nella direzione auspicata da uno degli Autori (Mario Della Dora), che è quella di fornire un contributo stimolante verso un diritto e una giurisdizione che potranno aiutare a evolvere sempre in meglio il nostro ordine sociale senza tralasciare coloro che stanno in carcere. Ed è proprio da una critica radicale alla pena della carcerazione così
come è concepita oggi, che qualificati studiosi del diritto e di altre discipline forniscono in queste pagine (introdotte da Giovanni Fiandaca, ordinario di Diritto penale all’Università di Palermo) un ripensamento più organico dell’esecuzione della pena anche attraverso nuovi modelli di giustizia alternativa. Ne parlano e ne scrivono, con saggi davvero di alto profilo, Silvia Cecchi, sostituto procuratore presso la Procura di Pesano, Giovanna Di Rosa, magistrato componente del Csm, Paolo Bonetti, professore di Filosofia morale nell’Università di Cassino e di Bioetica in quella di Urbino, e Mario Della Dora, psicologo e psicoterapeuta sistemico-familiare. Che con competenza ed esperienze professionali rivendicano e dimostrano come un’altra idea di carcere sia davvero possibile.
AA.VV.
TESTO UNICO DI PUBBLICA SICUREZZA MAGGIOLI Edizioni pagg. 1.520 - euro 50,00 l Codice, giunto alla XVI edizione, si rivela ancora una volta strumento utile ed indispensabile per tuti gli Operatori della Sicurezza. Integrato dalle Leggi complementari, dal Codice penale e di Procedura penale,. La nuova edizione è stata aggiornata con tutte le novità in materia intervenute dopo la precedente edizione. In particolare con: il D.L. 1° luglio 2013, n.78, convertito in Legge 9 agosto 2013, n. 94, recante disposizioni in materia di esecuzione della pena; il D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in Legge 9 agosto 2013, n. 98 (“Decreto del fare”); la Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea; il D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito in
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Legge 9 agosto 2013, n. 99 e il D.L. 12 settembre 2013, n.104, convertito in Legge 8 novembre 2013, n.128, che hanno apportato ulteriori modifiche al Testo Unico dell’immigrazione; il D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito in Legge 7 ottobre 2013, n.112, che ha modificato gli artt. 68, 69 e 71 del Tulps ed ha abrogato l’art. 117 del relativo regolamento; il D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito in Legge 15 ottobre 2013, n.119 (recante disposizioni in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere); il D.lgs. 29 settembre 2013, n.121, in materia di controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi; la Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), che ha apportato ulteriori modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione; il D.M. 7 gennaio 2013 (sulla comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza dell’arrivo di persone alloggiate in strutture ricettive); il D.M. 3 settembre 2013 (sulle norme di sicurezza per le attività di spettacolo viaggiante). Si segnalano, infine, fra le numerose modifiche introdotte ai codici penale e di procedura penale, quelle da ultimo apportate dal D.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 (disciplina della filiazione) e dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 146 (“Svuota carceri”), convertito in Legge 21 febbraio 2014, n. 10, che ha modificato anche il Testo Unico stupefacenti. H
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il mondo dell’appuntato Caputo Il Ponte e il Fiume... di Mario Caputi e Giovanni Battista de Blasis Š 1992-2014
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