Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002
anno XXI • n. 215 • marzo 2014 www.poliziapenitenziaria.it
sommario
anno XXI • numero 215 marzo 2014
3
Fotografa questo codice e leggi la rivista sul tuo cellulare
In copertina: La locandina del Convegno del Sappe che si terrà ad Abano Terme l’8 aprile 2014
Per ulteriori approfondimenti visita il sito
www.poliziapenitenziaria.it
l’editoriale
4
4
Il colpo di spugna che ha cancellato l’Ente Orfani degli Agenti di Custodia Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
di Giovanni Battista de Blasis
l’editoriale Direttore responsabile: Donato Capece capece@sappe.it
9
Un nuovo carcere è possibile. Convegno del Sappe ad Abano Terme di Donato Capece
Direttore editoriale: Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
l’osservatorio
Capo redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it
di Giovanni Battista Durante
Redazione politica: Giovanni Battista Durante
10
il commento
www.mariocaputi.it
10
Spray antiaggressioni ai Baschi Azzurri. Perchè no?
“l’appuntato Caputo” e “il mondo dell’appuntato Caputo” © 1992-2014 by Caputi & de Blasis (diritti di autore riservati)
di Roberto Martinelli
Direzione e Redazione centrale Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma tel. 06.3975901 r.a. • fax 06.39733669 e-mail: rivista@sappe.it web: www.poliziapenitenziaria.it
9
Matteo Renzi: «Recuperare il rapporto tra politici e cittadini»
Redazione cronaca: Umberto Vitale
Progetto grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director)
5
12
sport
12
Il Ministro della Giustizia ha incontrato gli atleti delle FF.AA. di Lady Oscar
Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: Polizia Penitenziaria-Società Giustizia & Sicurezza Registrazione: Tribunale di Roma n. 330 del 18 luglio 1994
crimini e criminali Il mostro di Firenze 4ª ed ultima parte
22
di Pasquale Salemme
Stampa: Romana Editrice s.r.l. Via dell’Enopolio, 37 00030 S. Cesareo (Roma) Finito di stampare: marzo 2014
come scrivevamo
26
Il sistema penalistico nel XX secolo. Verso l’umanizzazione della pena di Maurizio Renzi
Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria
22
Chi vuole ricevere la Rivista direttamente al proprio domicilio, può farlo versando un contributo di spedizione pari a 20,00 euro, se iscritto SAPPE, oppure di 30,00 euro se non iscritto al Sindacato, tramite il c/c postale n. 54789003 intestato a:
POLIZIA PENITENZIARIA - Società Giustizia & Sicurezza
Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma specificando l’indirizzo, completo, dove va spedita la rivista.
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
4
Giovanni Battista de Blasis DirettoreEditoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it
il pulpito
Il colpo di spugna che ha cancellato l’Ente Orfani degli Agenti di Custodia
T
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
ra le tante “infiltrazioni” nella riforma degli Agenti di Custodia (cioè articoli e articoletti infilati nella normativa che nulla avevano a che fare con la materia trattata) ce n’è stata una che ha cancellato con un colpo di spugna l’Ente Orfani. Infatti, con l’art. 41 della legge 15 dicembre 1990, n 395 (Ordinamento del Corpo di Polizia Penitenziaria) sono stati estesi a tutto il personale dell’Amministrazione Penitenziaria gli interventi sociali previsti dalla legge 24 luglio 1977, n. 616 per le Forze Armate, l’Arma dei Carabinieri, gli altri Corpi di Polizia e i Vigili del Fuoco, mediante la soppressione dell’Ente di assistenza degli orfani degli appartenenti al Corpo degli Agenti di Custodia sostituito dall’Ente di Assistenza per il personale dell’Amministrazione penitenziaria, che ne ha assorbito tutti i beni mobili ed immobili. A tale nuovo Ente, così surrettiziamente esteso al personale civile dell’amministrazione penitenziaria, è stata attribuita personalità giuridica di diritto pubblico e da esso sono state assorbite le precedenti gestioni relative alle mense in comune non obbligatorie, alle sale convegno, agli spacci, ai soggiorni marini e montani, agli stabilimenti balneari, alle rappresentative sportive e agli aggi derivanti dalla vendita dei tabacchi e dei valori bollati presso gli istituti penitenziari, tutte precedentemente ascritte al Corpo degli Agenti di Custodia. Ovviamente, considerata la consistenza numerica del personale dell’amministrazione penitenziaria (40.000 poliziotti: 5.000 impiegati civili), la contribuzione è sostenuta per il novanta per cento dalla Polizia Penitenziaria. E non va dimenticato che anche le sanzioni pecuniarie inflitte al personale del Corpo sono andate ad alimentare le entrate dell’Ente. A completare l’opera, il 30 aprile 1997, fu emanato lo Statuto dell’Ente di Assistenza con il quale è stato istituito un Consiglio di
Amministrazione composto dal Capo del Dap e da cinque consiglieri scelti dal Capo del Dap. Il Consiglio di Amministrazione, insomma, è stato consegnato nelle mani del dipartimento in quanto, a fianco del Capo Dap, sono stati, sistematicamente, nominati i direttori e dirigenti di quegli stessi uffici. A fianco (o meglio al di sotto) del Consiglio di Amministrazione lo Statuto ha previsto un Comitato di Indirizzo Generale formato dai componenti del Consiglio di Amministrazione e da un pari numero di rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale dell’amministrazione penitenziaria. Sempre con una interpretazione unilaterale e surrettizia, i posti nel Comitato furono suddivisi in 3 rappresentanti della Polizia Penitenziaria e due del personale civile, così che l’ingiustizia fosse completa. Ovviamente, per tutti gli incarichi sopra accennati fu istituito un gettone di presenza che, nel solo caso del Consiglio di Amministrazione, comportava un onere di spesa superiore ai 50.000 (cinquantamila) euro l’anno. In particolare, l’Ente ha pagato 12.000 euro l’anno al Presidente, 9.000 euro l’anno al Consigliere delegato (peraltro funzione senza riscontro statutario), 8.000 euro ciascuno agli altri componenti (compreso il rappresentante del Ministero del Tesoro) e 4.000 euro al segretario. Di fronte ad una situazione del genere, peraltro consequenziale alla soppressione dell’Ente Orfani degli Agenti di Custodia e all’assorbimento di tutti i suoi beni mobili ed immobili da parte di un nuovo Organismo, ci fu la contestazione delle organizzazioni sindacali – e del Sappe in particolare – che rivendicarono il diritto alla gestione dell’Ente da parte dei suoi stessi contribuenti. Paradossalmente, infatti, chi gestiva materialmente ed economicamente l’Ente non era nemmeno iscritto e non versava una
lira nelle sue casse (pur incassando i gettoni di presenza in consiglio di amministrazione). Anche in relazione a questo, le rivendicazioni del Sappe miravano a far entrare rappresentanti del personale nel Consiglio di Amministrazione e a far modificare i criteri di composizione del Comitato di Indirizzo Generale. Purtroppo la cura fu peggiore della malattia. La risposta del dipartimento fu, come al solito, arrogante e prepotente. Con DPCM del 21 febbraio 2008 – ancora una volta unilateralmente – fu emanato un nuovo Statuto. Onde permettere, bontà loro, l’ingresso in Consiglio di Amministrazione di rappresentanti del personale dell’amministrazione penitenziaria fu elevato il numero di componenti (da cinque a sette), così da salvaguardare comunque la presenza degli stessi dirigenti di prima e “aggiungere” due componenti (sempre “scelti” dal Capo del Dap) che rappresentassero, appunto, il personale. Per il Comitato di Indirizzo Generale fu adottata, invece, una soluzione ancor più iniqua con la previsione di un rappresentante per ogni organizzazione sindacale dell’amministrazione, senza alcuna distinzione di categoria e/o di percentuale di rappresentatività. Il risultato fu la trasformazione del Comitato in “assemblea” con la presenza ad ogni riunione di 32 (trentadue) componenti, dove chi rappresenta 200 (duecento) iscritti ha la stessa rilevanza di chi ne rappresenta 11.000 (undicimila). A queste condizioni, aspramente contestate, il Sappe non ha più partecipato al Comitato di Indirizzo che, peraltro, ha soltanto funzioni consultive. Nel frattempo, sulla vicenda, sono state avviati numerosi contenziosi giuridici, giurisdizionali e amministrativocontabili dai quali, prima o poi, siamo convinti che otterremo giustizia. Tuttavia, purtroppo, ancora oggi i nostri soldi ed i nostri beni, mobili ed immobili, continuano ad essere gestiti dalla dirigenza del Dap che prosegue a fare quel che vuole dell’Ente di Assistenza (è emblematica in tal senso la vicenda dei sussidi funeratizi), senza aver mai versato nemmeno un centesimo nelle sue casse. E qui, in conclusione, è davvero calzante la citazione di una delle battute più famose del grande Totò: “E io pago ... !” H
l’editoriale sotto gli occhi di tutti come il conclamato collasso del sistema penitenziario, renda inevitabile l’interrogativo, sempre quindi più incessante, se un altro carcere sia possibile, dal momento che quello attuale non è più in grado, o non è mai stato in grado, di concretizzare e far divenire effettivi i principi costituzionali ed ordinamentali della rieducazione per rispondere ormai esclusivamente ad una nefasta segregazione detentiva. Per troppo tempo il carcere è stato luogo dell’oblio, della rimozione sociale, elemento quasi catartico di una società violenta e diseguale. Il carcere sparisce anche dai nostri occhi: negli ultimi decenni l’architettura penitenziaria si è spostata verso le periferie urbane, quasi che le contraddizioni più complesse del nostro vivere sociale debbano essere allontanate anche dalla nostra vista, dai nostri pensieri, dalla nostra quotidianità, contraddicendo, invero, la centralità che i luoghi di pena avevano all’interno del tessuto urbano, si ponga mente a Regina Coeli a Roma, San Vittore a Milano, Le Nuove a Torino, etc., quasi a testimoniare che l’espiazione della pena non comportava l’espulsione dal contesto civile e sociale, non c’era la contemporanea privazione della cittadinanza. Oggi, tutto è cambiato: è sicuramente cambiata la composizione sociale della popolazione detenuta, si è profondamente modificato il contesto, anche culturale, sono cambiate le condizioni ambientali e strutturali dei luoghi di pena. Il carcere è sempre più luogo dell’assenza. Assenza di diritti, di umanità, di prospettive, di senso. Uomini e donne ammassati in luoghi sempre più stretti ed angusti, a fronte di una capienza complessiva delle carceri italiane di 46.000 posti ce ne sono attualmente circa 63.000, gli stanziamenti per la manutenzione ordinaria e straordinaria quasi del tutto assenti, il personale del Comparto sicurezza e quello del Comparto ministeri in sotto organico
È
Un altro carcere è possibile di diverse migliaia di unità, i posti di lavoro all’interno sono ridotti ai minimi termini. Questa la realtà delle carceri italiane oggi, dove il tema della difesa e tutela dei diritti fondamentali dell’uomo è prioritario rispetto a tutto, dove la dimensione custodialista è ampiamente prevalente su quella inclusiva e riabilitativa, luogo dove si condensano fasce di povertà, di marginalità ed esclusione sociale, dove la dignità, la civiltà ed il decoro si sono fermati: una vera e propria discarica sociale in cui rovesciare le contraddizioni più complesse e spigolose della nostra vita sociale e di relazioni. Chi rompe il patto sociale e viola le regole della convivenza deve, ovviamente, assumere le conseguenti responsabilità. Ma la pena deve avere un senso ed il sovraccarico di sofferenza ed umiliazione, non scritto in sentenza, non aiuta a ritrovare questo senso, la scomposizione e la parcellizzazione della vita emozionale ed affettiva di un uomo o di una donna non consentono la costruzione di una nuova identità su cui investire in un progetto di cambiamento possibile. Se, come diceva Voltaire, la democrazia e la qualità di un Paese si valutano dal grado di civiltà delle sue istituzioni totali, vuol dire che la tenuta democratica delle nostre istituzioni è fortemente a rischio; se nel nostro immaginario si affaccia l’idea che possano esistere luoghi con diritti soggettivi attenuati o ridotti, ci si comincia ad affacciare in un tunnel pericoloso e preoccupante. Se lo stesso Presidente della Repubblica ha più volte pubblicamente denunciato questa condizione vuol dire che si avverte il pericolo di un rischio imminente.
Ripristinare le condizioni di diritto, di umanità e di dignità nelle nostre carceri è la premessa fondamentale per una riflessione ed una elaborazione profonda sul senso della pena: questo è il lavoro che, faticosamente, ma tenacemente il SAPPe si prefigge di realizzare. In effetti, si tratta di cogliere e realizzare lo spirito di civiltà e di progresso, che è nel quadro normativo attuale, di dar vita insomma ad un radicale rinnovamento, ad una profonda trasformazione e rivoluzione sul piano culturale: se limitazione della libertà significa rispetto della dignità umana allora un altro carcere deve essere possibile. Consegnare definitivamente al passato la vecchia Amministrazione e
5
Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it
La locandina del Convegno di Abano Terme
‡
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
6
l’editoriale fare nascere la nuova, guardando all’avvenire, vuol dire soprattutto cancellare la vecchia cultura penitenziaria con una cultura nuova, del tutto diversa, sostituire cioè alla cultura della incomunicabilità, del conflitto non componibile, la cultura del dialogo, della comunicazione, della ragione che prevale sulla forza, del rispetto fra tutti, di un possibile dialogo tra custodi e custoditi, attraverso il quale, pur nella tutela della sicurezza e nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, i primi offrono ai secondi una concreta possibilità di ritornare nella società. Ma rinnovamento culturale significa rinnovamento delle coscienze, della mentalità, del modo di gestire le proprie responsabilità.
dei loro problemi, si occupa degli operatori penitenziari da un parte e dei detenuti e degli internati dall’altra, e si occupa, per gli uni e per gli, dei loro bisogni, delle loro esigenze che spesso sono disagi, tensioni, dolori e sofferenze, anche molto grandi e capaci di incidere sensibilmente sulla vita delle persone e delle relative famiglie. I problemi umani impongono, dunque, in maniera categorica e sollecita, la soluzione più adeguata o quanto meno una risposta ricca di attenzione, di sensibilità e di partecipazione. Se per un verso il personale ha il dovere di osservare e rispettare i principi e le esigenze delle gerarchica e della disciplina, dell’ordine e della sicurezza, per altro verso esso ha il
Tale processo di costruzione del nuovo è così complesso che richiede l’impegno la collaborazione e il contributo di tutti coloro che lavorano nell’Amministrazione o comunque per l’Amministrazione. La nuova cultura, la nuova gestione, devono esprimere un’Amministrazione efficiente e funzionale, capace di programmare e di progettare e di sottrarsi all’improvvisazione, alla quotidianità varia ed imprevedibile di decisioni e di iniziative dettate dall’impulso del momento e dalla contingente disposizione di chi li assume. Tutto ciò nella consapevolezza che l’Amministrazione non si occupa di “pratiche” e di “fascicoli” ma si occupa invece di uomini e donne e
diritto di essere trattato con cortesia e di essere rispettato nelle sue legittime necessità, personali e familiari. Le iniziative di indirizzo e di governo, quindi, per contrastare l’emergenza del sovraffollamento della popolazione detenuta, finora guidate da necessità e d’urgenza, impongono adesso una programmazione più duratura ed efficace nei risultati. La gravità della situazione emergente dai recenti eventi verificatesi (suicidi, evasioni, aggressioni) è sintomatica di un clima che necessita di interventi decisi, che facciano sentire la presenza fattiva dell’Amministrazione penitenziaria, per tendere al superamento della fase transitoria ed iniziare un percorso di stabilizzazione, nello spirito di legalità e giustizia che
Nella foto detenuti al lavoro nel reparto pasticceria del carcere
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
ha animato la riforma penitenziaria del 1975 per giungere ad un rinnovamento culturale oltre che organizzativo e programmatico. Il piano straordinario penitenziario, fondato sui tre pilastri, dell’aumento della capienza delle strutture penitenziarie, dell’incremento della dotazione del personale del Corpo e dell’estensione delle misure alternative alla detenzione per effetto della entrata in vigore delle Legge 199/2010 (c.d. sfolla carceri Alfano) si è rivelato nei fatti insoddisfacente, in quanto il settore dell’edilizia penitenziaria si è impantanato nelle lungaggini costruttive, nelle intrigate e defatiganti procedure burocratiche e talvolta in appalti pilotati; l’incremento delle dotazioni organiche ha dovuto fare i conti con l’insormontabile spending review che ha condizionato e limitato il turn over annuale, determinando ulteriori carenze organiche, mentre l’estensione delle misure alternative non ha dato i risultati sperati, tanto da richiedere ravvicinati e successivi interventi normativi di cui al decreto legge 211/2011, convertito in Legge 98/2011 c.d. vuota carcere Severino e da ultimo dal decreto legge 146/2013, poi convertito in legge, c.d. svuota carcere Cancellieri, anche e soprattutto per effetto della sentenza della Corte di Strasburgo dell’8 gennaio 2013 (Torreggiani ed altri contro Italia). Occorre, quindi, creare le condizioni per un trattamento penitenziario conforme ad umanità e dignità ponendo, come punto focale, la centralità della persona detenuta e la garanzia dei diritti fondamentali affinché i principi dell’articolo 27 della Costituzione relativi alla presunzione di non colpevolezza degli imputati e di finalizzazione della pena alla rieducazione del condannato possano trovare adeguata realizzazione. E’ un obiettivo questo verso cui devono convergere gli interventi di tutti gli operatori penitenziari, secondo le rispettive competenze professionali in una ottica di integrazione e collaborazione; i
l’editoriale concetti di sicurezza e trattamento non hanno, né potrebbero avere, logiche divergenti essendo la prima condizione necessaria perché le attività trattamentali possano svilupparsi mentre è dimostrato che l’incremento delle seconde contribuisce a stabilizzare l’ordine e la disciplina interna. Il trattamento rieducativo, riformulato e rimodulato dal D.P.R. 230/2000 non è teso solo al reinserimento del condannato nella società ma piuttosto si pone come occasione per il detenuto di assumere su di sé, durante il tempo della pena e con il sostegno degli operatori, la responsabilità del suo atto criminoso e degli effetti prodotti dallo stesso sulla vittima e sulla società.
situazione di criticità sono vere riforme strutturali sulla esecuzione della pena: riforme che non vennero fatte con l’indulto del 2006, che si rivelò un provvedimento palliativo e quindi inefficace. Il sovraffollamento degli Istituti umilia l’Italia rispetto al resto dell’Europa e costringe i poliziotti penitenziari a gravose condizioni di lavoro . I poliziotti e le poliziotte penitenziarie, ad esempio, intervengono quotidianamente per sventare tentativi di suicidio di detenuti, per impedire atti di autolesionismo che potrebbero degenerare ed avere ulteriori gravi conseguenze per fronteggiare giornalmente episodi di aggressione e di violenze. Il SAPPe ha fatto propria l’impietosa
7
potrebbe essere utile successivamente per uscire da un percorso di illegalità e di farsi carico di una parte dei costi a cui oggi fa prevalentemente fronte lo Stato. Un modello europeo che potrebbe essere seguito in Italia è senz’altro quello tedesco, dove lavora l’80% dei detenuti, i quali guadagnano quasi due euro all’ora e pagano le spese di mantenimento, tanto che le carceri sono delle vere e proprie aziende i cui dirigenti, provenienti dalla carriera dei magistrati sono dei manager che vengono valutati gli obiettivi raggiunti: recupero sociale del condannato e bilancio attivo del carcere; Espellere i detenuti stranieri per far scontare la pena nei Paesi di Nelle foto disperazione e lavoro
Tale norma segna un passaggio epocale nel sistema penitenziario, dove per la prima volta si fa riferimento al concetto di responsabilità: responsabilità del detenuto verso l’istituzione cui deve rispondere rispettando le regole imposte dal trattamento penitenziario, responsabilità verso le offerte rieducative nel progetto pedagogico, responsabilità verso la vittima e la società. L’emergenza carcere e le tensioni che essa inevitabilmente determina è sotto gli occhi di tutti per cui servono strategie di intervento concrete, rispetto alle quali il SAPPe intende fornire il proprio fattivo contributo. Quel che a nostro avviso serve per affrontare e superare la costante
osservazione di qualche tempo fa del Capo dello Stato, sempre molto sensibile alle criticità penitenziarie, sottolineando l’imbarbarimento delle nostre carceri, che evidenziano un peso gravemente negativo di oscillanti ed incerte scelte politiche e legislative, con un crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione della carcerazione preventiva. Ad avviso del SAPPe, si dovrebbe: Potenziare maggiormente il ricorso alle misure alternative alla detenzione: Introdurre il lavoro durante la detenzione ( oggi si sta in cella 20 ore al giorno, alimentando tensioni ed esasperazioni a tutto danno della sicurezza), con il duplice obiettivo di imparare un mestiere che
provenienza, almeno per quelle etnie più numerose (Albanese, Marocchini, Rumeni, Tunisini, Nigeriani, Algerini); Riorganizzare gli Istituti in modo da creare almeno tre livelli in ambito regionale: massima sicurezza, media sicurezza e custodia attenuata, e permettere ai tantissimi tossicodipendenti (più del 20% dei ristretti) di espiare la pena nelle comunità di recupero dopo essere passati attraverso la custodia attenuata ed avere avviato un concreto e serie programma di recupero. Non crediamo che l’amnistia, da sola, possa essere il provvedimento in grado di porre soluzione alla criticità del settore: crediamo che sia davvero giunta l’ora che la classe politica intervenga con
‡ Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
8
Nella foto Agenti in una sezione detentiva
l’editoriale urgenza per deflazionare il sistema carcere, che altrimenti rischia ogni giorno di più di implodere. Il personale di Polizia Penitenziaria è stato ed è spesso lasciato da solo a gestire moltissime situazioni di disagio sociale e di tensioni, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, anche per le palesi ed evidenti incapacità di un’Amministrazione penitenziaria
organizzazione del Coro di Polizia Penitenziaria con l’istituzione della Direzione Generale del Corpo, indispensabile per raggruppare tutte le attività e i servizi demandati alla quarta forza di polizia del Paese; si riprendano dai cassetti in cui sono stati inspiegabilmente riposti i decreti interministeriali finalizzati a disciplinare il progetto che prevede
sempre più distante dalle reali problematiche delle sue donne e dei sui uomini in divisa, che pensa di stemperare le tensioni solamente mediante fumosi e fantomatici patti di responsabilità con i detenuti. L’Amministrazione penitenziaria deve essere rifondata istituendo la non più rinviabile, adeguata e funzionale
l’utilizzo della Polizia Penitenziaria al’interno degli uffici di esecuzione penale esterna nel contesto di un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione, con l’utilizzo del braccialetto elettronico. Efficienza delle misure esterne e garanzie della funzione di recupero fuori dal carcere potranno far sì che
cresca la considerazione della pubblica opinione su queste misure, che nella considerazione pubblica non vengono attualmente viste come vere proprie pene. Si potrebbe, infine, ragionare su altra esperienza tedesca dove non esiste la giurisdizionalizzazione delle esecuzione penale, quindi non c’è la magistratura di sorveglianza ma le decisioni riguardanti le misure alternative e i benefici in generale per i detenuti vengono assunte dalla stessa Amministrazione penitenziaria locale: il dirigente e i suoi collaboratori. In Germania la recidiva è al di sotto del 20%, in Italia supera il 60%. Mi sembra davvero emblematica e pertinente una frase di Nelson Mandela, recentemente scomparso, emblema della lotta all’apartheid, che meglio di ogni altra considerazione esprime l’idea che un altro carcere possa e debba essere possibile: “Si dice che non si conosce veramente una nazione se non si sia stati nelle sue galere. Una nazione dovrebbe essere giudicata non da come tratta i cittadini più prestigiosi ma i cittadini più umili”. H
ma anche un collega esemplare con 20 anni di servizio; un assistente capo che amava davvero la divisa che indossava e che svolgeva il proprio lavoro sempre con passione ed impegno; segretario locale Sappe presso la CR di Laureana di Borrello, Antonio ha combattuto sempre in prima linea, ed ha combattuto anche la sua “guerra” personale, con grande energia e coraggio. Cosa ci aspetta dopo la morte non è
dato saperlo, ma serve pensare che ci sia del buono, dell’eterno che premia i nobili d’animo come il nostro collega serve, a noi che siamo qui addolorati, alla sua famiglia, ai suoi figli, pensare che, salutando chi ci lascia, diciamo ciao e non addio; Quel ciao che apre le porte all’eternità. E oggi noi ti vogliamo salutare cosi: Ciao caro Antonio R.I.P. H Michele Ciancio
Laureana di Borrello In ricordo dell’Assistente Antonio Abramo Antonio Abramo (deceduto il 1° febbraio 2014) è il primo da sinistra nella foto che lo ritrae con i colleghi del Sappe sopra Antonio Abramo in uniforme
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
opo una lunga estenuante lotta contro quel male che non da scampo il nostro caro collega, Antonio Abramo, si è spento a soli 46 anni, lasciando moglie e due figli. Ricordare Antonio non è difficile, soprattutto per chi, come me, ha avuto il piacere di averlo amico oltre a collega. Un amico sincero, un sorriso spontaneo che rendeva ogni cosa meno pesante, sempre pronto a tendere una mano a quanti ne chiedessero aiuto. Un amico leale, generoso, equilibrato
D
l’osservatorio atteo Renzi è al governo, senza essere passato per il suffragio popolare, come invece aveva promesso a tutti fino a poco tempo fa, e dopo aver disarcionato Enrico Letta, suo compagno di partito, al quale aveva detto che poteva stare sereno per almeno diciotto mesi: Letta è durato poco più di diciotto giorni da quando aveva proferito quelle parole rassicuranti. Questo modo di fare, oltre ad indignare Letta, ed è più che comprensibile, ha alimentato l’ironia di comici e commentatori. Tutto questo non avrà alcun peso sul ricordo che noi tutti avremo di Matteo Renzi, quando non sarà più Presidente del Consiglio, se lo stesso riuscirà a fare quello che ha promesso. L’uomo appare caparbio ed ambizioso e considerato che è anche molto giovane, probabilmente non vorrà bruciarsi così in fretta, quindi, ci sono tutte le condizioni perché possa far bene, anche se sappiamo che governare è sicuramente l’arte più difficile. Vediamo, in estrema sintesi, quali sono le cose che Matteo Renzi ha annunciato di voler realizzare. Intanto, recuperare il rapporto tra politici e cittadini. E’ la ‘mission’ che Matteo Renzi si è assegnato tracciando, durante il discorso programmatico, le principali priorità d’azione del suo governo, priorità che vanno dalle riforme alla revisione dello Ius soli. Una cura immediata per dare una scossa ad un “Paese arrugginito da una burocrazia asfissiante”, disboscando e semplificando le regole e le leggi che lo bloccano. Matteo Renzi vuole superare anche l’attuale conformazione del Senato, espressione non più di elezioni dirette, ma delle regioni, superando, quindi, l’attuale bicameralismo perfetto. Superare, quindi, il Titolo V della Costituzione è l’altra priorità per Renzi che vuole rivedere le competenze esclusive dello Stato e delle Regioni e introdurre la possibilità per le Regioni di legiferare in ogni materia che non sia
M
Matteo Renzi: «Recuperare il rapporto tra politici e cittadini»
specificamente assegnata, introducendo, contemporaneamente, una clausola di intervento della legge statale anche in materie che siano esclusivamente assegnate alla competenza regionale, quando questo sia richiesto da esigenze di unità economica e giuridica dell’ordinamento. Altra questione immediatamente all’ordine del giorno è la riforma della legge elettorale. Occorre cambiare le regole del gioco. Matteo Renzi rimette in cima alle priorità la legge elettorale. Per averne una che consenta il ballottaggio questa deve essere, spiega, impostata sulla presenza di una sola Camera. Altra questione prioritaria è l’abolizione delle province. Viene individuato nel disegno di legge Delrio il veicolo con cui si possono superare. Altra questione è la scuola. Bisogna sbloccare gli investimenti nell’edilizia scolastica fermati da un Patto di stabilità interno che il Governo, almeno su questa parte, intende cambiare subito. Gli interventi pensati sono dell’ordine di qualche miliardo di euro. Le due questioni più importanti, tra le tante, sono forse il lavoro ed i debiti della pubblica amministrazione. Con dati non da crisi ma da
“tracollo”, entro il mese di marzo il governo intende partire con la discussione parlamentare del cosiddetto Piano per il lavoro. I debiti della pubblica amministrazione devono essere sanati al più presto, anche per dare risorse alle imprese creditrici. Ciò potrebbe avvenire attraverso un diverso utilizzo della Cassa depositi e prestiti, l’istituzione finanziaria controllata dal Ministero dell’Economia che oggi gestisce oltre 200 miliardi di risparmi degli italiani, attraverso i Buoni Fruttiferi Postali. A ciò dovrebbe aggiungersi una riduzione di almeno il 10% del cuneo fiscale, cioè la differenza tra il costo del lavoro lordo e le retribuzioni nette, percepite in busta-paga dai dipendenti. Il governo pensa a un’immediata creazione di fondi di garanzia, anche attraverso un rinnovato utilizzo della Cassa depositi e prestiti, per risolvere la questione delle piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito. C’è poi la questione dello Ius Soli che, comunque, Renzi sembra aver al momento accantonata, a causa dei dissensi che ciò provoca anche nella maggioranza. Da giugno sarà all’attenzione del Parlamento un pacchetto organico di revisione della giustizia: da quella amministrativa a quella civile (con drastica riduzione dei tempi dei processi). Stesso discorso vale anche per la giustizia penale. Infine, la riforma delle pubblica amministrazione. Il processo di riforma della pubblica amministrazione lascia presagire una rivoluzione anche tra i dirigenti, con responsabilità erariali, penali e civili, oltre a quelle da mancato raggiungimento degli obiettivi. H
9
Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it
Nella foto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
10
Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it
il commento
Spray anti aggressioni ai Baschi Azzurri. Perchè no? e cronache penitenziarie fanno registrare, con una costanza ed una periodicità che raggiungono elevati livelli di inquietudine, un numero sempre maggiore di aggressioni in danno dei poliziotti penitenziari. Gli ultimi dati riassuntivi dell’anno appena trascorso, elaborati dalla Sezione Statistica dell’Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del S.I.A. del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, parlano di 3.803 colluttazioni e 921 ferimenti.
L
Nelle foto sopra spray urticante a destra il controllo di un Agente
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
Un numero elevato, testimonianza chiara e lampante della tensione che si registra quotidianamente nelle nostre carceri e che spesso vede i Baschi Azzurri al centro delle violenze, direttamente (perché essi stessi vittime delle aggressioni) o indirettamente (perché spesso colpiti e feriti nel sedare risse o alterchi violenti tra detenuti). Senza dimenticare l’appendice di infortunii ai singoli operatori che spessissimo queste situazioni determinano. Aggressioni e violenze rese ancor più gravi da un dato oggettivo e incontrovertibile: i
poliziotti penitenziari fanno servizio nelle sezioni, nei reparti, nei padiglioni detentive affollati fino a centinaia di ristretti senza alcun arma di difesa. Nulla. Non hanno, non abbiamo, nell’immediato nulla con cui difendersi e difenderci, ed anche le tecniche di autodifesa imparate nei corsi di formazione sono ormai riposte nell’angolo più remoto della memoria di coloro che quei corsi hanno frequentato ormai molti anni fa. L’esperienza e la fortuna aiutano, spesso, a risolvere situazioni critiche e pericolose, ma è del tutto evidente che qualcosa va fatto per garantire l’incolumità dei poliziotti. Noi lo diciamo, lo rivendichiamo e lo sosteniamo da tempo, con grida nel silenzio delle ovattate stanze ministeriali e dipartimentali. Altri, fanno i fatti concreti. Da lunedì 10 febbraio si è dato il via libera alla sperimentazione dell’utilizzo di dispositivi spray al personale delle Forze di Polizia impegnate in attività di controllo del territorio. Il Reparto volanti e del Compartimento di Polizia ferroviaria di Milano e i nuclei radiomobili dei Carabinieri di Roma e Napoli potranno quindi fare uso, per sei mesi e quindi fino al 10 agosto, degli strumenti di dissuasione che nebulizzano principi attivi naturali a base di oleoresin capsicum, lo spray urticante al peperoncino. Lo spray, già in libera vendita e porto, contiene un modesto contenuto di principio attivo, il capsicum disciolto non è superiore al 10%, e non ha impatti duraturi sulla salute della persona colpita. Dopo una serie di analisi sul prodotto effettuate dalla Direzione centrale di sanità della Polizia di Stato, l’attività
informativa e formativa degli operatori è stata supportata anche dal personale medico della Polizia di Stato. Per un corretto utilizzo degli strumenti di dissuasione, il dipartimento della Pubblica Sicurezza ha emanato un disciplinare per il loro maneggio, impiego, custodia e stoccaggio. Il documento delinea le linee operative, i presupposti per l’utilizzo, le norme di sicurezza, le precauzioni e i luoghi di impiego, oltre alle misure di decontaminazione.
Lo spray è quindi uno strumento di autodifesa dell’operatore impegnato nei servizi di controllo del territorio, che non può essere usato in via preventiva o intimidatoria, ma al quale ricorrere a fronte di un’azione minacciosa o violenta per evitare conseguenze ulteriori, e solo dopo il fallimento della fase di mediazione e negoziazione e sempre nel rispetto della proporzione tra offesa e difesa. Poliziotti e carabinieri, dunque, hanno da qualche mese un’arma in più per fronteggiare situazioni operative di particolare tensione, come le aggressioni.
il libro
il commento E la novità è stata salutata con favore dagli operatori stessi e dalle Organizzazioni Sindacali della Polizia di Stato e costituisce certamente un primo passo per la realizzazione di un nuovo strumento operativo per gli addetti alla sicurezza. Vi è stato anche chi ha messo in luce talune significative criticità, come ha fatto il giornalista Luca Di Rado scrivendone sul mensile di settore Armi e Tiro. E questo è un contributo certamente utile per disciplinare meglio l’eventuale futura dotazione di dispositivi spray al personale delle Forze di Polizia, atteso che allo stato si sta attraversando proprio una fase di sperimentazione. Un primo problema è che la sperimentazione è iniziata con un unico tipo di prodotto (che ha caratteristiche analoghe a quello destinato all’autodifesa dei cittadini,
direzione del vento, visto che lo spray nebulizza la sostanza in piccolissime gocce facilmente influenzabili dalle correnti d’aria. La soluzione allora è quella di adottare una tipologia di prodotti più indicata al Reparto che dovrà impiegarlo. Per la Polfer e per tutti quelli che operano all’interno di posti chiusi o affollati (come la Polizia Penitenziaria), ci sono gel o schiume che attingono solo il bersaglio, con un bassissimo rischio di danno collaterale, mentre per gli operatori per il controllo del territorio serve uno spray a getto balistico con gittata superiore ai tre metri, sia per interporre tra il poliziotto o il carabiniere una conveniente distanza con il soggetto, sia per garantire quel minimo di sicurezza d’uso in condizioni climatiche non proprio ottimali. Tutte eccezioni che troveranno sicuramente spazio nelle
in libera vendita): i molteplici ruoli delle forze dell’ordine dovrebbero invece prevedere modelli differenti. L’esempio è quello della Polfer. Che senso ha, scrive, dotare un Reparto che lavora all’interno di vagoni e stazioni, quindi ambienti chiusi e affollati, di uno spray nebulizzante? L’operatore che lo usa dovrà poi evacuare tutto il vagone, visto che lo avrà contaminato interamente? E l’operatore della Volante e della Gazzella che, se ne fa uso per strada, potrà essere contaminato a sua volta se non è attento a calcolare da
relazioni conclusivi che saranno redatte al termine della fase di sperimentazione condotta, lo ripetiamo, da Polizia di Stato e Carabinieri. Ma non sarebbe finalmente l’ora di dotare anche la Polizia Penitenziaria di questi strumenti non letali per garantire la sicurezza e l’incolumità delle sue donne e dei suoi uomini che lavorano quotidianamente nella prima linea delle sezioni, dei reparti, dei padiglioni detentive con molti rischi? C’è la volontà istituzionale di ascoltare le nostre datate grida nel silenzio? H
11
Gianni Simoni
CONTRO OGNI EVIDENZA TEA Edizioni pagg. 224 - euro 12,00 uarta indagine per il commissario Andrea Lucchesi, investigatore frutto della fantasia e della penna di Simoni, ex magistrato. Nasce da un grave fatto di sangue. Una mattina, in un affollato ufficio postale del centro, entrano due uomini armati di pistola e a volto coperto: doveva essere una banale rapina, ma ci scappa il morto. Il commissariato competente, quello di piazza San Sepolcro, chiama la Omicidi, che manda il suo elemento migliore, il commissario Andrea Lucchesi. Ma a questi è sufficiente porre qualche domanda ai testimoni per fiutare odore di marcio: quella della rapina, secondo lui, è stata solo una copertura, per nascondere un vero e proprio assassinio. Così, contro ogni evidenza, decide di intraprendere un’indagine per omicidio premeditato. Un’indagine ostacolata però dai colleghi, desiderosi di chiudere in fretta un caso che altrimenti sarebbe troppo facile, dai testimoni, che in troppi hanno motivo di mentire, e dallo stesso Lucchesi che, col suo carattere impossibile e il suo pericoloso attaccamento all’alcol, ancora una volta riesce a finire in pasto alla Disciplinare. Sarà la bravissima ispettrice Lucia Anticoli a portare avanti il caso in sua vece, e a salvarlo da se stesso... H
Q
La copertina del libro di Gianni Simoni
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
12
Lady Oscar rivista@sappe.it
sport
Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha incontrato gli atleti del ghiaccio delle Fiamme Azzurre una grande gioia poter incontrare i ragazzi della squadra di pattinaggio, eccellenza di un gruppo che é motivo di orgoglio per il Paese e la Polizia Penitenziaria. Una gioia che abbiamo cercato subito di utilizzare, lo sport e l’Amministrazione Penitenziaria sono un binomio da utilizzare al meglio». Con queste parole il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha incontrato nella mattinata del 7 marzo, presso la sede del Ministero di Via Arenula, i pattinatori delle Fiamme Azzurre al loro rientro dai Giochi Olimpici invernali di Sochi ed in procinto di partire per i Campionati Mondiali di pattinaggio di figura di Saitama (Giappone), che si svolgeranno dal 24 al 30 marzo. La delegazione, guidata dal Presidente dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino, era composta da Carolina Kostner, portacolori della nazionale azzurra di pattinaggio di figura e medaglia di bronzo olimpica a Sochi, dai campioni europei di danza sul ghiaccio Anna Cappellini e Luca Lanotte e dalla coppia di pattinaggio artistico, già bronzo agli Europei 2013, formata da Stefania Berton e Ondrej Hotarek. Il Ministro, nell’illustrare i provvedimenti che il Paese deve attuare in direzione dell’umanizzazione della pena per chi sconta una condanna in carcere, ha posto l’accento sull’importanza dello sport in carcere: «Agli elementi critici emersi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, vorremmo che una delle risposte per i nostri istituti di pena sia l’utilizzo dello sport, uno degli ambiti che favorisce la coesione sociale nel
«È
Nelle foto a destra il Ministro Orlando e il Capo del DAP Tamburino tra gli atleti delle Fiamme Azzurre in compagnia del Comm. Tolu sotto ancora il Ministro Andrea Orlando con Carolina Kostner sotto, a destra il podio dei Campionati Nazionali di pesististica di Ostia
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
nostro Paese». Carolina Kostner, nel ringraziare la Polizia Penitenziaria per aver dato a lei ed ai compagni di squadra la possibilità di arrivare a certi livelli, ha raccolto in tal senso l’invito ad essere uno dei testimonial dell’Amministrazione Penitenziaria. Nella prima mattinata dello stesso giorno, l’intera delegazione è stata ricevuta al Coni anche dal Presidente Malagò, che si è complimentato con tutti i ragazzi per i brillanti risultati ottenuti ai recentissimi giochi olimpici di Sochi.
Pesistica: tre titoli italiani seniores per la Polizia Penitenziaria Le Fiamme Azzurre hanno dominato ai Campionati Nazionali seniores di Ostia di pesistica. Tre titoli di campione d’Italia sono arrivati da Jennifer Lombardo (58kg) : con tanto di record italiano assoluto di slancio ottenuto con 111kg, Giorgia Bordignon (63kg) e Roberta Buttiglieri (+75kg). Piazza d’onore, comunque buona, per Giovanna D’Alessandro. Nella classifica finale, con 38 punti, il
sport gruppo Sportivo della Polizia Penitenziaria ha preceduto, nell’ordine, la Pesistica Pordenone (24) e la Bentegodi Verona (22). Fuori dal podio, - e solo quarte - le Fiamme Oro sono il primo gruppo sportivo in divisa classificatosi dopo l’oro dei nostri colori. OSTIA LIDO (PalaPellicone, 9/3) – 48kg: (1) Eva Giganti 160 (75+85), (2) GIOVANNA D’ALESSANDRO 131 (2/57+2/74), (3) Maria Teresa Ricci 123 (55+68); 58kg: (1) JENNIFER LOMBARDO 192 (1/81+1/111 RN), (2) Giorgia Russo 176 (77+99), (3) Veronica Liuzzi 150 (66+84); 63kg: (1) GIORGIA BORDIGNON 203 (1/95+1/108), (2) Martina Pascutto 146 (68+78), (3) Elena Fava 126 (56+70); +75kg: (1) ROBERTA BUTTIGLIERI 198 (1/88+1/110), (2) Giovanna Cuciniello 145 (65+80), (3) Nicoletta Calabrese 138 (67+71).
13 Nelle foto a sinistra Stefania Cicali a fianco Federico Manea
Canoa: Stefania Cicali prima ai tricolori invernali 2000m Stefania Cicali ha conquistato il titolo italiano invernale dei 2000 metri. Nel bacino di Castelgandolfo, il 23 febbraio scorso, la campionessa delle Fiamme Azzurre, nella finale in cui a contendere le posizioni che contano c’era anche la sorella minore Susanna Cicali, seconda dopo la sorella maggiore. Stefania ha fatto il vuoto ritornando su livelli a lei più congeniali dopo mesi in cui problemi fisici vari le hanno impedito di esprimersi al meglio già a partire dalla scorsa stagione. L’appuntamento ora sarà per il weekend tra il 29 ed il 30 marzo, sempre al lago di Castelgandolfo (detto anche lago di Albano), teatro del prossimo Campionato Italiano di fondo. Da segnalare anche la quinta posizione dell’altra rappresentante delle Fiamme Azzurre presente in gara, Sofia Campana, staccata da Susanna di 14”. RISULTATI: 2000m – (1) Stefania Cicali 9’29”3 (1b1 10’14”8), (4) Susanna Cicali 9’40”0 (1b3 10’39”1), (5) Sofia Campana 9’59”7 (1b2 10’30”2).
Assoluti di Lotta: Federico Manea campione d’Italia Tra i tappeti del Pala Evangelisti di Terni, il giorno 8 marzo nella categoria di peso fino a 57kg, Federico Manea ha trionfato nella finale disputata contro il siciliano Marco Azzarello vincendo il titolo tricolore. Dopo il 9 a 6 del primo round ed il pareggio per 0 a 0 nel secondo, non è mai stato in discussione il suo oro, prova di superiorità e di rare capacità di amministrare bene il vantaggio conquistato. In precedenza Manea aveva passato gli ottavi per ranking, poi aveva battuto nei quarti per 2-1 (1-2, 8-2, 0-0) il pugliese Dylan Hazan ed in semifinale il ligure Luca Memma (12-1, 0-0). Altra medaglia, di bronzo, per il palermitano Emmanuele Rinella, nei 74kg. Negli ottavi aveva vinto contro il trevigiano Andrea Acri (10-0, 0-0), nei quarti contro il marchigiano Diego Ferri (2-0, 0-0), ed in semifinale aveva battuto il corregionale delle Fiamme Oro Carmelo Lumia (0-13, 0-0). Nel recupero per il terzo e quinto posto Emanuele ha superato il cagliaritano Mariano Serrelli (6-0, 0-0), salendo meritatamente sul terzo gradino del podio. Il primo oro per Federico Manea era arrivato dagli Assoluti di grecoromana (23 febbraio), nella categoria 59 kg. Nonostante la sconfitta subita ad opera di Lorenzo Gentile negli Ottavi per 2-0 (2-8, 0-0), nei ripescaggi il nostro atleta si è imposto sul torinese Mirko Della Monica (1-0, 0-0) e poi sul reggino Ruben Marvice, mettendosi meritatamente al collo il bronzo dopo due round a suo favore (2-0, 0-0). H
Nelle foto a sinistra Jennifer Lombardo sotto, a sinistra Giorga Bordignon in basso, a sinistra Roberta Buttiglieri
Nella foto a fianco Susanna Cicali
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
14
Giovanni Passaro Segretario Provinciale Sappe passaro@sappe.it
diritto e diritti
Permessi studio orari: Cosa prevede la normativa e come viene applicata iao carissimo Giovanni, Allora da settembre mi sono iscritto ad un corso d’inglese alla “British Institutes” di Trieste. Una scuola riconosciuta dal ministero dell’istruzione con frequenza bisettimanale, privata, ove l’iscrizione è costata attorno ai 1000 euro. A novembre ho fatto richiesta al PRAP di Padova per usufruire dei permessi studio (150 ore) allegando naturalmente documentazioni e quant’altro potesse servire al fine di usufruirli. Permessi che il PRAP mi ha concesso regolarmente. Ebbene, contrariamente a quanto facevo quando ero iscritto al corso serale per il conseguimento del diploma di scuola superiore, ove chiedevo una giornata di assenza completa dal servizio (ovvero chiedevo sei ore di permesso studio quando mi servivano, mai rifiutate o posto problemi), di recente mi è capitato che, all’atto della richiesta di un permesso studio, la collega dell’ufficio servizi mi abbia chiesto quante ore mi servivano. Ti chiedo questo perché essendo appunto esentato dai turni serali fino a mezzanotte il martedì e venerdì, solitamente vengo agevolato con dei turni mattinieri (es.8/16 o 7/13). Molte volte però mi è successo che mi venga assegnato un turno 13/19 o 12/18.Che anche va bene in quanto faccio i permessi orario (sul 13/19 smonto alle 17.30 e sul 11.30/18 idem). E sinceramente il Comandante, il sovrintendente e l’addetta dell’ufficio servizi non mi hanno mai dato problemi a riguardo ciò, autorizzandomi tranquillamente a smontare prima. Qualche volta, purtroppo, ho perso alcune lezioni in quanto son venuti dei problemi riguardanti al servizio nonostante
C
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
fossi autorizzato a smontare prima, e quindi non ho smontato mezz’ora o un’ora e mezza prima, ma a fine turno completo. (esempio qualche agente dopo le 16 che doveva darmi il cambio ecc...). Ciò purtroppo mi ha fatto perdere qualche lezione d’inglese. Il problema non sussiste in quanto ad ogni ora di assenza è previsto il recupero in date da destinarsi con il docente e con un tutor personalizzato. Il corso prevede anche degli esami intermedi per valutare il livello di apprendimento fatto durante il corso. Premesso che il corso si articola da settembre a giugno, con cadenza bisettimanale (martedì e giovedì) dalle 18 alle 19.30 per un totale di 82 ore complessive e che sono agevolato a non fare le sere in quei giorni, se ho bisogno posso prendere 6 ore complessive in una giornata? Ti ringrazio dell’attenzione e ti mando un abbraccio. aro Raffaele, il permesso per il diritto allo studio rappresenta una particolare forma di esonero temporaneo dalla
C
prestazione lavorativa che si giustifica solo se il dipendente deve frequentare, durante l’orario di lavoro (1), corsi finalizzati al conseguimento di titoli di studio di scuola media inferiore, secondaria e di qualificazione professionale, presso istituti statali, pareggiati o legalmente riconosciuti o comunque abilitati al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento giuridico; di corsi universitari e post universitari. Infatti, se l’orario della lezione si colloca al di fuori dell’orario di lavoro, il lavoratore non ha diritto al permesso per il diritto allo studio; se, invece, la lezione si colloca all’interno dell’orario di lavoro, si può pretendere il permesso anche per il tempo impiegato per raggiungere la sede (2) dove si svolgono i corsi, pur essendo auspicabile la ricerca di soluzioni alternative che contemperino il diritto allo studio del dipendente con le esigenze di servizio. Il lavoratore deve però esercitare il suo diritto nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, evitando ogni forma di abuso e contemperando, nella misura più ampia possibile, l’utilizzo dei permessi con le esigenze funzionali degli uffici e con gli obblighi di lavoro (il che significa anche cercare, ove possibile, una scuola più vicina). Se, dunque, la previsione di tali permessi rinviene la sua fonte primigenia nei diritti fondamentali della persona, la conformazione dell’istituto ad opera dell’art. 3 del DPR n. 395 del 1988, ragionevolmente, è avvenuta nel senso di offrire allo studente lavoratore l’opportunità di fruire della formazione erogata in sede universitaria, nelle lezioni tenute per
diritto e diritti questo sia effettivo, mentre il tempo occorrente per la preparazione degli esami e di quant’altro connesso con la necessari attività finalizzata al conseguimento di titoli di studio, ma diverso dalla frequenza dei relativi corsi, trova espressa garanzia nei diritto del dipendente ad ottenere turni di lavoro complessivamente più agevoli. Il legislatore ha individuato nella frequenza alle lezioni il momento di insostituibile apprendimento dal quale dipende il maggior arricchimento del bagaglio culturale del dipendente e, prendendo atto che le lezioni sì svolgono abitualmente nell’orario di lavoro, in questo modo ha consentito allo studente lavoratore di poter fruire, sia pure in parte, di tale arricchimento. Note (1) In applicazione dei criteri di ermeneutica precisati dagli artt. 1362
e 1363 c.c., la norma contrattuale è stata interpretata nel senso che i permessi straordinari retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati in orari coincidenti con quelli di servizio. (2) La disciplina contrattuale dei permessi per il diritto allo studio ricalca quella di precedente stampo pubblicistico e non vi sono motivi giuridicamente rilevanti per discostarsi da alcuni orientamenti applicativi ormai consolidatisi nella prassi; tra questi v’è quello di ritenere che nelle 150 ore di permesso retribuito deve essere compreso anche il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede dove si svolgono i corsi. Escludo, per rispetto ai criteri di correttezza e buona fede, che possa ipotizzarsi un tempo di viaggio irragionevolmente superiore al tempo di partecipazione ai corsi. H
Perché iscriversi a Piazza d'Armi della Polizia Penitenziaria? PER SPIRITO DI CORPO La Polizia Penitenziaria è continuamente tenuta in secondo piano dai suoi stessi amministratori Dirigenti dell'Amministrazione penitenziaria. E' tempo di riunirci e confrontarci anche attraverso gli strumenti offerti dal web. PER RIMANERE IN CONTATTO CON I COLLEGHI E GLI AMICI Ognuno di noi ha perso i contatti con tanti amici e colleghi dei vari Corsi di formazione, oppure gli amici e colleghi delle sedi in cui abbiamo lavorato. Con Piazza d'Armi rimanere in contatto (e in maniera riservata) è più facile! PER I SERVIZI RISERVATI AI POLIZIOTTI PENITENZIARI L'iscrizione gratuita a Piazza d'Armi è riservata ai soli appartenenti alla Polizia Penitenziaria o agli Agenti di Custodia in congedo. I servizi già attivi (o che saranno attivati fra poco) sono i messaggi privati tra colleghi, i gruppi di discussione su specifiche tematiche lavorative, convenzioni, scambio di taglie di uniformi, consulenza legale, annunci di vendita/affitto/scambio di oggetti o servizi, e molti altri che attiveremo anche in base alle vostre segnalazioni e richieste.
PER TUTELARE LA SICUREZZA E LA PRIVACY DEI POLIZIOTTI PENITENZIARI Piazza d'Armi è riservata ai soli appartenenti alla Polizia Penitenziaria o agli Agenti di Custodia in congedo. Ci sono troppi siti web che diffondono e pubblicano documenti con dati sensibili dei poliziotti penitenziari. Piazza d'Armi nasce anche per tutelare la privacy e la sicurezza degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. PERCHÉ È GRATIS! Piazza d'Armi è l'unico luogo virtuale che offre notizie, approfondimenti, servizi, materiale utile per il lavoro e documenti riservati in maniera gratuita. Piazza d'Armi è e resterà uno spazio gratuito per tutti i colleghi della Polizia Penitenziaria! PIAZZA D'ARMI È FATTO DA COLLEGHI PER I COLLEGHI Piazza d'Armi è realizzato unicamente da colleghi della Polizia Penitenziaria per i colleghi della Polizia Penitenziaria. Per qualunque richiesta, informazione o consiglio, hai la garanzia di rivolgerti ad un tuo collega e amico della Polizia Penitenziaria!
www.piazzadarmi.it
lo svolgimento del corso finalizzato a sostenere l’esame, così da non discriminarlo rispetto agli studenti non lavoratori, ed assicurando in concreto l’esercizio del diritto allo studio in conformità con i principi enunciati dagli artt. 3 e 34 Costituzione. La fruizione di tali permessi è correlata esclusivamente alla frequenza dei corsi ove gli orari degli stessi rientrino all’interno dell’orario di lavoro del dipendente. La Corte di Appello, afferma, che il giusto contemperamento degli interessi in gioco realizzato dalla normativa di settore esclude che le ore di permesso retribuito possano non corrispondere ad effettive ore di frequenza scolastica; il diritto del datore di lavoro di esigere la prestazione lavorativa del proprio dipendente trova limite solo nell’altrettanto rilevante esercizio del diritto allo studio e solo quando
15
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
16
dalle segreterie Genova
rivista@sappe.it
Michele Lorenzo è il nuovo segretario del Sappe in Liguria Michele Lorenzo il nuovo segretario del Sappe della Liguria. Il sostituto commissario della Polizia Penitenziaria, componente della Commissione Formazione presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e in servizio alla Scuola di Formazione di Polizia di Cairo Montenotte, è stato eletto lo scorso 10 marzo a Genova alla presenza del segretario generale Donato Capece, e
È
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
di quello aggiunto, Roberto Martinelli, che dal settembre 2009 aveva assunto la reggenza della struttura sindacale ligure del Sappe congiuntamente al mantenimento dell’incarico a Roma. Lorenzo sarà coadiuvato da due vice segretari: gli Assistente Capo del Corpo Francesco Migliorelli (Genova Pontedecimo) e Cosimo Galluzzo (Sanremo). La Liguria, per il sindacato, rimane una tra le regioni d’Italia con un alto tasso di affollamento nelle 7 strutture detentive ed una significativa carenza di personale di Polizia penitenziaria. «I freddi numeri - ha detto Capece ci dicono che sono detenute in carcere 1.650 persone per circa mille posti letto, mentre altre 1.100 persone scontano una pena nel territorio della Liguria sotto forma di misure alternative alla detenzione:
quasi 3.000 persone sono dunque a vario titolo nel circuito dell’esecuzione penale della regione, mentre gli organici dei reparti di polizia penitenziaria contano 350 agenti in meno rispetto al previsto». “Numeri che da soli fanno comprendere quali e quante difficoltà operative quotidiane affrontano le donne e gli uomini della Polizia
Penitenziaria in Liguria” ha concluso Capece. «E in questo contesto auguro davvero un buon lavoro ai vertici regionali del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il Sappe, che sapranno tutelare al meglio chi esercita la nostra delicata professione così come fino ad oggi l’ha fatto, con passione, competenza e sacrificio, l’amico e collega Roberto Martinelli». H
Trieste
si è svolta presso la sede del S.A.F.O.C. (Sindacato Autonomo Forze dell’Ordine in Congedo). Anche in questa edizione il SAP, SAPPE e CONAPO, che assieme rappresentano il Comparto Sicurezza, hanno voluto condividere questo momento di divertimento e felicità con chi non ha avuto le stesse fortune e opportunità dei nostri bimbi, invitando i “bambini vittime della guerra” della Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin. Un bel pomeriggio di felicità e allegria, condiviso dalle famiglie di chi ogni giorno garantisce la Sicurezza e il Soccorso Pubblico ai cittadini con quei bambini che nella
E’ festa grande per il Carnevale rande successo e apprezzamento da parte dei numerosi bambini e familiari intervenuti, al “Carnevale dei bambini 2014” organizzato dal SAP (Sindacato Autonomo Polizia) SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) e CONAPO (Sindacato Autonomo Vigili del Fuoco). La festa, come ormai di consuetudine,
G
dalle segreterie Cagliari “Note di solidarietà inDivisa” la serata di beneficenza a favore dei comuni colpiti dall’alluvione del 2013 in Sardegna a Polizia Penitenziaria della Sardegna, seguendo un percorso di solidarietà insieme alle Forze Armate e le Forze di Polizia presenti sul territorio, al Corpo dei Vigili del Fuoco, la Croce Rossa Italiana-Sardegna, da tre anni ha intrapreso e promosso varie iniziative Interforze di solidarietà. Quest’anno, la Polizia Penitenziaria d’intesa con le Forze Armate e le Forze di Polizia della Sardegna, con il Corpo dei Vigili del Fuoco, la Croce Rossa Italiana-Sardegna e il Comando G.A.F. Aeroporto Militare Decimomannu (CA), ha promosso l’Iniziativa Interforze di Solidarietà a favore dei Comuni colpiti dall’alluvione dello scorso novembre, in cui tragicamente hanno perso la vita intere famiglie e l’Agente della Polizia di Stato, Luca Tanzi, deceduto durante il servizio di scorta ad un’ambulanza.
L
vita non sono stati così fortunati. Nel corso del pomeriggio, in una forma del tutto spontanea, sono stati raccolti dei fondi per la Fondazione. Un enorme ringraziamento va all’Associazione Gaia Eventi, che con l’ormai collaudata bravura, ha animato in modo perfetto la festa con giochi, balli, magia e attirando l’attenzione dei numerosi presenti con lo spettacolo di bolle. Un ringraziamento va anche alla “Carribean Star” che a sorpresa ha voluto farci visita e regalare ai bambini momenti di entusiasmo con i personaggi Peppa Pig e Spongebob. Una “Festa dei bambini” che è diventata la festa di tutti i presenti. H
La raccolta fondi, devoluta alla Croce Rossa Italiana-Sardegna, si è conclusa con una serata di beneficenza “Le note di solidarietà inDivisa” tenutasi il 26 febbraio al Teatro Lirico di Cagliari, dove in diretta televisiva, alla presenza delle massime autorità civili, militari e religiose, agli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia e ai loro familiari, si sono esibiti vari artisti tra cui il cantante Amedeo Minghi e l’attrice isolana di livello internazionale Caterina Murino.
Sul palco, era presente una Rappresentanza del Corpo della Polizia Penitenziaria che unitamente alle altre Forze Armate e le Forze di Polizia, ha voluto testimoniare la sua vicinanza e solidarietà alle Comunità del territorio colpiti dall’alluvione, presenti alla serata di beneficenza, con i loro ottanta Sindaci. La serata si è conclusa con l’esibizione della Banda della Brigata Sassari, che nella sua uniforme storica, accompagnata con emozione ed entusiasmo da tutti i presenti in sala, ha eseguito l’ Inno di Mameli. H
17
rivista@sappe.it
Nella foto il palco del Teatro Lirico di Cagliari
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
18
dalle segreterie Udine
rivista@sappe.it
Una maratona di solidarietà a favore della ricerca Telethon
I
Nella foto alcune fasi della maratona di Udine
l giorno 13 e 14 dicembre 2013 si è svolta a Udine la nota maratona Telethon (24 ore per 1 ora), gara di solidarietà per la ricerca delle cure per le malattie ad oggi ancora non curabili. Alla maratona hanno partecipato 265 squadre prevenienti da tutto il Triveneto, tra cui quella denominata “Mohicans Fiamme Azzurre” fortemente voluta dai colleghi di Trieste: l’ Assistente di Polizia Penitenziaria Corrado Venturati (Segretario Locale Sappe di Trieste), l’Assistente Sabino De Castro e
dall’Assistente capo Giovanni Bembi quali organizzatori della squadra. Da segnalare la grande disponibilità dell'Ispettore Erik Maestri coordinatore e preparatore del Gruppo Sportivo “Fiamme Azzurre” che ha permesso la partecipazione
Como a Segreteria Sappe di Como ha partecipato, su invito della locale Segreteria del Sindacato Autonomo Polizia, all’VIII Congresso Provinciale del SAP. Il Congresso, dal tema “Pensare oltre”, si è tenuto nella città di Como il 1° marzo presso l’hotel Continental e ha visto una nutrita partecipazione di pubblico (nelle foto alcuni momenti dell’evento). H Giovanni Orrù
L
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
alla maratona di quattro atleti delle Fiamme Azzurre Angelo Iannelli, Lorenza Canali, Berardo Chiarelli e Valeria Roffino. La squadra ha ottenuto un considerevole piazzamento classificandosi 42°. Gli organizzatori ringraziano tutti i partecipanti e gli sponsor, nonché tutti i colleghi di Trieste che hanno versato un volontario contributo economico interamente devoluto in beneficenza alla “Telethon”. H
VIII Congresso Regionale del SAP della Polizia di Stato
dalle segreterie
19
Ferrara Incontro con i quadri della segreteria provinciale Sappe
rivista@sappe.it
abato 1° marzo, a Ferrara, il Segretario Generale Aggiunto Giovanni Durante, ed il Segretario Regionale Francesco Campobasso, hanno incontrato i quadri della segreteria provinciale. Nel corso della mattinata la delegazione ha incontrato la stampa, trattando il delicato problema legato alle ultime manifestazione dei “NOTAV”. Sono emerse criticità che sono già state segnalate dal Sappe alle istituzioni al fine di consentire un immediato intervento volto alla risoluzione delle problematiche. H
S
Parma Il collega Angelo Rubino vittorioso in un evento di MMA
S
i è svolto sabato 2 febbraio presso il locale Nuovo Club di Verona l’evento di MMA (Mixed Martial Art) chiamato “Nuovo
Club in the cage” nel quale si è visto ancora una volta il collega in forza presso gli Istituti Penitenziari di Parma, Angelo Rubino, protagonista di un’altra splendida prestazione che lo ha visto vittorioso nei confronti dell’atleta di casa Penini del team Fight House Verona. Un combattimento di elevato livello tecnico, sempre ad alti ritmi, dove al termine della seconda ripresa, i giudici assegnavano la vittoria
all’atleta materano che ha sempre dominato l’avversario inchiodandolo a terra e senza lasciarli la possibilità di imbastire una difesa, grazie a potenti e continue combinazioni di colpi. Soddisfazione da parte di tutti i
colleghi del penitenziario parmigiano del Sappe e dello staff Benedetto Treggia e Marco Baratti del team SNAP di Parma. Il collega Angelo con tutto il suo team, sono già al lavoro per il prossimo importantissimo appuntamento del 23 marzo in cui lo vedremo sfidante per il titolo Italiano professionisti. H
Nelle foto Angelo Rubino e il suo team
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
20
dalle segreterie Rimini
rivista@sappe.it
Incontro tra i vertici della Segreteria Sappe Regione Emilia Romagna e Provinciale di Rimini o scorso 11 marzo una delegazione della segreteria regionale del Sappe ha incontrato a Rimini i delegati della segreteria provinciale, Vitale Massimo e Russo Maurizio. Riscontrate criticità che già sono state denunciate all’Amministrazione Penitenziaria e tracciata una nuova linea di rappresentatività dopo aver superato le precedenti Francesco Campobasso problematiche. H
L
Modena Consegnata una targa a Gennaro Caruso per i suoi vent’anni di attività sindacale o scorso 6 febbraio 2014, durante l’incontro che il personale di Polizia Penitenziaria ha avuto con i vertici del Sappe, il Segretario Generale Dott. Donato Capece, ha consegnato una targa al segretario provinciale Gennaro Caruso per i suoi vent’anni trascorsi quale rappresentante sindacale del Sappe. In questo modo i colleghi della Casa Circondariale di Modena hanno inteso omaggiare il collega Gennaro Caruso ed hanno approfittato della presenza del Dott. Capece per fargli consegnare il meritato riconoscimento. H
L
Modena 2 Maglia del Sassuolo al Dott. Capece a segreteria provinciale di Modena, da anni molto vicina agli ambienti calcistici e grazie ai buoni uffici con l’U.S. Sassuolo calcio, ha omaggiato il Dott. Donato Capece di una maglia personalizzata, della società emiliana nella speranza che ciò consenta ai neroverdi di poter festeggiare a fine campionato la salvezza. Ovviamente non si chiederà al Segretario Generale del Sappe di scendere in campo, anche se ha sempre dimostrato di essere un ottimo ...attaccante!!! H
L Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
la scheda del film Regia: Scott Waugh Soggetto: Tratto dall’omonimo videogame motoristico della Electronic Arts Sceneggiatura: George Nolfi, John Gatins, George Gatins Fotografia: Shane Hurlbut Musiche: Nathan Furst Montaggio: Scott Waugh, Paul Rubell Costumi: Ellen Mirojnick Effetti: Michael Lantieri Produzione: John Gatins, Mark Sourian, Patrick O'Brien per Electronic Art, Dreamworks SKG Distribuzione: 01 Distribution Personaggi ed Interpreti: Tobey Marshall: Aaron Paul Dino Brewster: Dominic Cooper Anita: Dakota Johnson Julia Maddon: Imogen Poots Benny: Scott Mescudi Monarch: Michael Keaton Jeni ‘B’: Carmela Zumbado Finn: Rami Malek Bill Ingram: Stevie Ray Dallimore Joe Peck: Ramon Rodriguez Little Pete: Harrison Gilbertson Agente Leieune: Nick Chinlund DJ Joseph: Logan Holladay Texas Mike: Brent Fletcher Johnny V: Paul Dallenbach Genere: Azione Durata: 124 minuti Origine: USA, 2014
cinema dietro le sbarre l film Need for Speed, diretto da Scott Waugh, è un adattamento cinematografico ispirato ad un videogame della Electronic Arts. La sceneggiatura prende le mosse dalla scarcerazione del pilota di corse clandestine e meccanico d’auto Tobey Marshall (per un crimine che in realtà non ha commesso) per dipanarsi in un lungo viaggio alla ricerca di vendetta. Tobey ha un’officina meccanica, ma non se la passa bene economicamente. Per non fallire, accetta di modificare una macchina per conto di Dino Brewster, vecchio amico di infanzia, diventato un pilota ricco e capriccioso. Tuttavia, finito il lavoro, Tobey sembra dar prova di essere in grado di spingere quella macchina molto più forte di quanto sia capace di fare Dino. Questi, però, colpito nell’orgoglio, vuole dimostrare l’esatto contrario e perciò lo sfida ad una corsa a tre durante la quale, però, un incidente provocato dallo stesso Dino causerà la morte di un pilota, della quale Toby sarà ingiustamente incolpato e, successivamente, condannato a tre anni di carcere. Marshall, così, passa i tre anni successivi in prigione a rimuginare velleità di vendetta. Una volta uscito dal penitenziario, dunque, l’unico scopo di Tobey sarà attraversare gli Stati Uniti per gareggiare in una pericolosissima corsa clandestina, la mitica De Leon ad inviti ambitissimi perchè solo in pochi possono partecipare, nella quale sa che correrà anche Dino. In verità, a dispetto del titolo, la prima mezz’ora del film è eccessivamente
I
21
Need for Speed a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
lenta, con scene inutilmente lunghe e brevi silenzi di troppo, in una parte iniziale dalla sceneggiatura davvero troppo scarna. In realtà, come è successo nel gioco, la trama è per lo più un pretesto. Quello che conta, alla fine, sono soltanto le corse, mentre il resto non rappresenta altro che un mero riempitivo tra una e l’altra. H
Nelle foto la locandina e alcune scene del film
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
22
crimini e criminali
Il mostro di Firenze Quarta ed ultima parte Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it
i siamo lasciato con l’ultimo duplice omicidio del mostro avvenuto nel settembre del 1985, da questo momento in poi il mostro non colpirà più. Forse è morto, si è tolto la vita o forse è finito in carcere per altri motivi; fatto sta che da questo momento non ucciderà più. Passano i giorni, i mesi, gli anni e nei fiorentini inizia a scemare la paura del mostro e dei massacri avvenuti nelle miti campagne toscane.
C
Nelle foto sopra Pietro Pacciani a destra Pier Luigi Vigna
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
Nel 1986 il commissario Sandro Federico che era a capo della SAM (Squadra Anti Mostro) viene sostituito dal commissario Ruggero Perugini specializzato in Criminologia Clinica e perfezionatosi all’Accademia di Quantico in Virginia negli Stati Uniti, sede del F.B.I. (Federal Bureau of Investigation). Nel dicembre del 1989, nonostante la diatriba tra Carabinieri e Procura di Firenze, è definitivamente abbandonata la «pista sarda», anche per il proscioglimento definitivo di tutti gli imputati coinvolti. L’esigenza di tornare alla normalità e di dimenticare la scia di sangue era fortemente avvertita dagli abitanti della provincia fiorentina, stanchi di convivere con la presenza di un mostro ancora fuori e pronto a colpire
chiunque si appartasse in cerca d’intimità. Il 30 luglio del 1991 c’è una svolta storica nelle indagini, la Procura di Firenze spicca un avviso di garanzia, a firma del Procuratore Capo Pier luigi Vigna e del Sostituto Paolo Canessa, in relazione ai delitti del mostro di Firenze per un contadino sessantaseienne di Mercatale, importante frazione del comune di San Casciano Val Pesa, in provincia di Firenze. Il destinatario dell’avviso si chiama Pietro Pacciani, ex partigiano soprannominato «il Vampa» per una bravata che gli aveva ustionato il viso, il quale è già in carcere con l’accusa di aver violentato le sue due figlie. Molti anni prima, nel 1951, il Pacciani, ventiseienne, aveva sorpreso la fidanzata Miranda Bugli, poco più che sedicenne, con un altro uomo. Prima aveva ucciso il malcapitato con diciannove coltellate e poi aveva obbligato la fidanzata ad avere un rapporto sessuale con lui accanto al cadavere. Nel corso del processo per quell’omicidio, aveva dichiarato di aver agito d’istinto dopo aver visto il seno sinistro della ragazza. Questa dichiarazione, anni dopo, costituirà uno degli indizio della Procura, in considerazione che, proprio il seno sinistro delle vittime del mostro era stato, in diverse omicidi, oggetto di spietata attenzione. Il contadino per quel reato era stato condannato a 13 anni di reclusione e scarcerato poco prima del primo omicidio del 1968, avvenuto a Signa, in provincia di Firenze. Gli inquirenti arrivano a Pacciani già nel 1985, quando in una lettera anonima, recapitata alla stazione dei carabinieri di San Casciano Val Pesa, l’estensore consiglia di fare delle
indagini “sul concittadino...”. A seguito della missiva i carabinieri eseguono una perquisizione nell’abitazione del Pacciani senza però trovare alcun elemento utile. Una svolta nelle indagini si ha il 27 aprile del 1992, quando gli inquirenti iniziano quella che forse sarà la più lunga perquisizione della storia della Polizia italiana. Per dodici giorni di seguito – dalle 9,50 del 27 aprile e sino alle 12 dell’8 maggio – una task-force composta da polizia, vigili del fuoco e società private dotate di metal detector, strumenti di ricerca a ultrasuoni e termo visori, frugano e scandagliano ogni singolo angolo della casa e dell’orto di Pacciani a Mercatale. Il terzo giorno, intorno alle 17,56, un
brillio quasi impercettibile nella terra colpisce l’attenzione dei poliziotti: era un piccolo cilindro completamente arrugginito, una cartuccia Winchester serie H, calibro 22. Inoltre, sempre ai Carabinieri di San Casciano, era stata recapitata, nei giorni seguenti alla perquisizione, un’asta tiramolla compatibile con quelle presenti nelle pistole Beretta 22 Long Rifle: l’oggetto è avvolto all’interno di due strisce di stoffa. Pezzi identici della stoffa saranno poi rinvenuti a casa del Pacciani in una successiva perquisizione. Le diverse perquisizioni succedutesi porteranno al sequestro di quello che gli inquirenti definiranno un «bazar di indizi»: ritagli di giornali relativi ai delitti, foto porno, quadri con simboli magici, un portasapone e un blocco
crimini e criminali da disegno Skizzen Brunner, simili a quelli usati dai due ragazzi tedeschi uccisi; penne, una taglierina di marca tedesca e delle foto. Il 16 gennaio del 1993 Pacciani viene arrestato a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Procura della Repubblica di Firenze e ristretto nel carcere di Sollicciano a Firenze, con l’accusa di essere l’autore dei sette duplici omicidi avvenuti tra il 1974 e il 1985. Per il primo, quello avvenuto nel 1968, è solo indiziato. Ad incastrarlo, secondo gli inquirenti, sono, oltre agli oggetti rinvenuti nelle varie perquisizioni, le diverse testimonianze raccolte di persone che affermano di averlo visto spiarli mentre erano appartati in auto, la sua abilità nello sparare (durante il servizio militare vinse un premio) e nell’uso del coltello (era un ottimo imbalsamatore), la sua conoscenza dei luoghi dove sono stati commessi i delitti (con l’eccezione di Signa), la sua perversione sessuale (si racconta che una volta fu portato al pronto soccorso perché aveva un vibratore nell’ano) e la sua ossessione per il seno sinistro (confermato anche dalle figlie durante una deposizione). Tutti questi indizi spingono il nuovo capo della SAM, Ruggero Perugini, forte anche del bagaglio investigativo di scuola FBI, a tracciare il profilo criminale del serial killer fiorentino nel contadino di Mercatale. Appare doveroso menzionare che nel 1989, l’FBI (file 163A-3915), interessata da una richiesta di collaborazione da parte della Polizia italiana per l’indagine sul mostro di Firenze, tracciava un profilo criminale del maniaco fiorentino che non somigliava lontanamente al Pacciani (Mario Spezi, Dolci Colline Toscane, Sonzogno Editore, 2006), nel rapporto si legge: “L’aggressore è una persona inadeguata e immatura sessualmente, che ha avuto pochi contatti sessuali con donne della stessa età”; “l’aggressore è descritto di media intelligenza, che ha completato i suoi studi secondari e molto esperto in un lavoro che
richiede l’uso delle mani”. La parte più rilevante del rapporto è quella che riguarda il movente dei delitti che, per l’FBI è il punto cardine per l’individuazione dei serial killer: “La possessione e il rituale sono molto importanti per questo tipo di aggressore. Questo spiegherebbe perché le vittime femminili sono state generalmente spostate di qualche metro dal veicolo dove giace il loro compagno. La necessità della possessione, come pure il rito attuato dall’aggressore, denunciano rabbia verso le donne in generale. La mutilazione degli organi sessuali delle sue vittime rappresenta sia un’inadeguatezza dell’aggressione sia il suo astio verso le donne”. In ultimo, la relazione terminava con un’ipotesi inquietante: “Può avere
1968 e per cui è stato condannato Stefano Mele; quindi, secondo la Corte d’Assise, la pistola è passata di mano da Mele a Pacciani, da chi ha ucciso nel ‘68 a chi ha ucciso nelle altre occasioni. Ricostruzione possibile, ma mai confermata da un indizio, un riscontro, una testimonianza. E’ questa la grande zona d’ombra dell’inchiesta all’indomani del verdetto. Nel 1995, il capo della SAM, Ruggero Perugini, viene sostituito dal capo della Squadra mobile di Firenze, Michele Giuttari, che inizia un nuovo filone per scovare “i mostri” e che ritiene sospettati alcuni personaggi che avevano testimoniato nel corso del processo a Pacciani e che, pare, gravitino intorno all’ambiente delle
tentato di controllare le indagini attraverso contatti diretti o non formali con la Polizia”. Il 19 aprile 1994, nell’aula bunker di Santa Verdiana a Firenze, inizia il processo di primo grado a Pietro Pacciani, difeso dagli avvocati Piero Fioravanti e Rosario Bevacqua, che rivelerà anche le atroci violenze familiari commesse dal contadino, e che si conclude il 1º novembre 1994 con la condanna dell’imputato a quattordici ergastoli da parte del tribunale di Firenze in quanto responsabile di quattordici dei sedici omicidi per cui era imputato. “Un innocente muore”, mormorò Pacciani, con la mano sul cuore, al termine della lettura della sentenza. Pacciani dunque non viene condannato per il duplice omicidio del
messe nere e dei riti satanici con al centro la casa di Salvatore Indovino noto come il “mago di San Casciano”. Secondo le dichiarazioni di una testimone, dal 1984 al 1985 la casa del mago era divenuta il teatro di sedute spiritiche che grazie all’alcol si trasformavano in orge di sesso tra i partecipanti e frequentata da: Mario Vanni (postino di San Casciano soprannominato “Torsolo”), Giancarlo Lotti (soprannominato Katanga), Fernando Pucci e Giovanni Faggi. Questi personaggi, tutti guardoni e amici del Pacciani, daranno vita alla cosiddetta inchiesta bis sul mostro di Firenze, soprannominata anche “compagni di merenda”; nonostante il 13 febbraio 1996 Pacciani (in carcere da 1.100 giorni) è assolto da tutti i delitti, in appena mezz’ora di
23
Nelle foto sopra Pietro Pacciani durante il processo a sinistra il commissario Ruggero Perugini
‡
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
24
crimini e criminali requisitoria da parte del sostituto procuratore generale, Piero Tony, che demolisce il fragilissimo castello di accuse costruito in cinque anni dalla procura di Firenze e avallato dalla Corte d’Assise. Non un solo indizio tra tutti quelli per cui Pacciani era stato condannato resta in piedi. Il 7 maggio 1996 la Procura della
Nella foto Mario Vanni Giovanni Faggi e Giancarlo Lotti
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
Repubblica di Firenze apre un nuovo fascicolo a carico di Pietro Pacciani, Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per il delitto di associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di più delitti, tra cui omicidi, vilipendio di cadaveri, detenzione e porto illegale di armi e munizioni. Il 12 dicembre del 1996, nuovo colpo di scena, la Corte di Cassazione annulla la sentenza d’appello che aveva assolto Pacciani e la procura di Firenze tira un sospiro di sollievo. Infatti, pur se completamente trasformata da inchiesta su un serial killer unico a inchiesta su una vera e propria associazione di mostri, l’inchiesta “sui compagni di merenda” può continuare. Gli indagati Lotti e Pucci, durante gli interrogatori, dichiarano che la sera dell’8 settembre 1985, ultima notte d’incubo per le coppiette che si appartano nei dintorni di Firenze, quando il mostro uccise i due francesi, c’erano anche loro agli Scopeti. Furono visti Vanni e Pacciani in azione: “Torsolo” con un colpo di coltello squarciò la tenda dove la coppia stava cominciando a fare l’amore. Pacciani, invece, sparò con la famosa Beretta cal. 22; poi, mentre Vanni mutilava la donna, Pacciani due infarti, l’ultimo dei quali con blocco cardiaco - con balzo da
gazzella, inseguiva e acciuffava il ragazzo francese che in passato era stato anche un centometrista e lo finiva a coltellate. Nei mesi successivi, sempre Lotti, ammetterà di aver fatto il palo agli ultimi cinque omicidi del mostro e di aver sparato lui stesso ai due ragazzi tedeschi. Il 24 marzo del 1998, la Corte d’Assise di Firenze condanna, per gli ultimi cinque duplici omicidi del mostro, all’ergastolo Mario Vanni, infligge 30 anni di reclusione a Giancarlo Lotti ed assolve Giovanni Faggi per non aver commesso il fatto. Nel frattempo, nel mese di febbraio, Pietro Pacciani è stato trovato morto nella sua casa di Mercatale con i pantaloni abbassati e il maglione arrotolato al collo. Un esame tossicologico rivelerà tracce di un farmaco antiasmatico controindicato per lui che soffriva di una malattia cardiaca. La strana morte del contadino provoca ulteriori ombre sul mostro di Firenze. Il 31 maggio dell’anno successivo, i giudici della prima Sezione della Corte d’Assise d’Appello di Firenze confermano la condanna all’ergastolo per Mario Vanni, ma solo per quattro degli otto duplici omicidi attribuiti al “mostro”, assolvendolo per il duplice omicidio di Calenzano del 1981. Il “pentito” Giancarlo Lotti viene condannato a 26 anni di reclusione è invece confermata l’assoluzione di Giovanni Faggi. Il 26 settembre del 2000, la Corte di Cassazione conferma l’ergastolo a Vanni e 26 anni di reclusione a Lotti. Nell’estate del 2000 prende consistenza una terza inchiesta che considera l’ipotesi di alcuni omicidi non risolti collegati alla vicenda. Si tratta di quelli di Francesco Vinci, già indagato per gli omicidi del mostro di Firenze, trovato carbonizzato con Angelo Vargiu, il suo servo pastore, nell’agosto 1993; di Milva Malatesta, habitué della casa del mago Indovino frequentata dal Pacciani e dagli altri “compagni di merenda”, e del suo bambino di 3
anni, anch’essi bruciati in un’auto pochi giorni dopo; della prostituta Milvia Mattei uccisa a Signa nel maggio 1994 che coabitava con due persone: una collega di “lavoro”, Marinella Tudori, 35 anni, ex compagna di uno dei suoi figli, e il nuovo amante di quest’ ultima, Fabio Vinci, figlio di Francesco, uno dei tanti sospettati di essere il “mostro” di Firenze. Di questo delitto viene accusato Giuseppe Sgangarella, detenuto in permesso il giorno dell’omicidio della donna e compagno di cella di Pacciani presso il “Centro Clinico” del carcere di Sollicciano. Sotto la lente di ingrandimento anche la morte di Renato Malatesta, marito di Maria Sperduto - la donna di cui avrebbero abusato Pacciani e Vanni e padre di Milva Malatesta: l’uomo fu trovato impiccato nella sua stalla il 24 dicembre 1980. Tutti avevano avuto rapporti diretti o indiretti con gli imputati dei duplici delitti. E’ ancora oggi difficile trovare qualcuno che creda davvero che il caso del “mostro di Firenze” sia un caso risolto. In questi quattro articoli sulla storia del mostro, ho cercato di raccontare, omettendo volutamente o per esigenze narrative tante cose (avvenimenti, fatti, personaggi, indagini ulteriori etc.), la storia dei sedici delitti, limitandomi ad evidenziare gli elementi comuni riscontrati nella lunga scia di sangue, riportando a volte qualche dettaglio particolare soprattutto per chi conosce i luoghi e per chi, come me, ha fatto conoscenza, in ragione del lavoro che svolgiamo, di alcuni dei personaggi narrati e in ultimo ho cercato il cosiddetto ago nel pagliaio con quella curiosità che mi deriva da una grande passione per la criminologia. Nella vicenda del mostro di Firenze, come ho detto all’inizio, è stato scritto tutto, ma i dubbi restano ancora tanti alimentando la certezza che la verità forse resterà sempre celata. Alla prossima... H
giustizia minorile
La formazione dei nuovi Agenti di Polizia Penitenziaria per i servizi minorili al 17 al 21 febbraio 2014 si è tenuto presso la sede decentrata dell’Istituto Centrale di Formazione in Castiglione delle Stiviere (MN), un Corso di formazione che ha interessato circa venti giovani Agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nei servizi del Dipartimento Giustizia Minorile . Il Corso è stato organizzato dallo Staff dell’I.C.F. di Roma in collaborazione con la direzione della sede di Castiglione delle Stiviere, visto che i 20 giovani chiamati a partecipare prestano prevalentemente servizio nelle regioni del nord Italia. Il corso è stato tenuto in parte dalla psicologa Sonia Moretti. Quest’ultima, insieme ai corsisti, ha affrontato il tema del conflitto e la gestione del gruppo dei minori , concludendo con una breve panoramica sul “ragionamento degli adolescenti con disagio psichico”, problema molto sentito per chi lavora negli Istituti Penali per minorenni. Grande attenzione è stata riservata dai corsisti all’intervento del prof. Piergiorgio Reggio, docente dell’Università Cattolica che ha trattato il tema degli adolescenti stranieri in Italia. Successivamente ha fatto seguito l’intervento del dirigente del Centro Giustizia Minorile della Lombardia, Antonio Pappalardo che ha illustrato il D.P.R. 448/88 e il sistema giustizia minorile. Tutti gli interventi sono stati mediati e condotti dal Comandante dell’I.P.M. di Catania Isp. Capo Alfio Bosco unitamente al Vice Comandante del I.P.M. di Roma. I lavori in sottogruppo, invece, si sono svolti con l’ausilio dei tutor delle sedi di appartenenza dei neo agenti.
25
a cura di Ciro Borrelli Referente Sappe per la Formazione e Scuole Giustizia Minorile borrelli@sappe.it
D
Ciò per consentire che fossero calati nella realtà operativa concetti teorici e all’apparenza lontani. L’ultima giornata del corso è stata poi interamente dedicata alle esercitazioni sull’operatività di ruolo del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nel settore minorile. Da fonti del Dipartimento Giustizia Minorile, i neo-agenti termineranno il loro percorso di inserimento nel settore minorile con un terzo modulo che si terrà presumibilmente nel mese di aprile 2014. Ancora una volta si vuole offrire ai giovani agenti di Polizia la possibilità
di sperimentare e confrontarsi con degli strumenti di lavoro nuovi, sempre sotto il monitoraggio del tutor di sede. H
Nella foto alcune immagini dei dei corsisti e dello staff di formazione
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
26 a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
Sopra la copertina del numero di settembre 1999
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
come scrivevamo enti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato tanti anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.
V
Il Sistema penalistico nel XX secolo 2ª parte
Verso l’umanizzazione della pena di Maurizio Renzi
I
l nuovo Ordinamento penitenziario vede finalmente luce nel luglio del 1975. Si tratta di una legge votata dal Parlamento, ripudiando così la precedente prassi regolamentare, che disciplina minutamente l'organizzazione e la vita all'interno delle carceri. Si avverte nettamente il passaggio dal vecchio regolamento carcerario, incentrato sul concetto dell'esecuzione della pena, al nuovo ordinamento penitenziario che trova il proprio fulcro nel trattamento. Il detenuto diviene, ora, il destinatario dell'erogazione di un servizio e l'amministrazione assume la funzione di istituzione ordinata a questo compito. Il trattamento funziona come un'interfaccia amministrazionedetenuto, essa richiede per funzionare che il condannato dimostri una partecipazione attiva e che non subisca il trattamento in modo passivo accentuando la sua possibile istituzionalizzazione. Si mira ad ottenere un approccio propositivo, teso ad evidenziare un reale interesse nei confronti dell'opera di risocializzazione. Questo per evitare qualsiasi rischio di possibile imposizione coercitiva nei confronti del destinatario. Infatti, come già richiamato al summenzionato art.27 c.3 a, viene così sottolineato il valore del verbo «tendere» mantenendo vivo sempre il potere decisionale del ristretto. La centralità del trattamento, all'interno dell'ordinamento, trova
rilevante espressione in quanto determina l'accesso alla fruizione delle misure alternative alla pena. Queste agevolano il contatto tra il condannato e la società, facilitando l'opera di risocializzazione. Anche se possono essere come valvola di sicurezza contro il sovraffollamento delle carceri, quali utili strumenti di controllo di tipo premiale per incoraggiare condotte non lesive dell'ordine e della sicurezza dell'Istituto. Una tale considerazione subordina la certezza del trattamento ad uno scambio tra l'amministrazione carceraria e la popolazione detenuta, mirato all'ottenimento di un basso livello di conflittualità all'interno del carcere. Abbiamo sinora parlato di trattamento rieducativo, ma cosa si intende per rieducazione. «Un ampio consenso ha riscosso la nozione minimale di rieducazione, incentrata sulla capacità del soggetto a non ricadere nel reato: anche se articolata in forme più duttili, la "capacità del soggetto di autodeterminarsi ad agire e ad operare nel quadro delle scelte plurime che si offrono nello spazio del possibile giuridico e del socialmente tollerato continua ad avere come anima la non recidiva del soggetto”. Quindi, motivare il detenuto in modo autonomo e durevole verso obbiettivi accettati come validi: lavoro, responsabilità e partecipazione sociale; chiaramente la sperimentazione deve portare il soggetto ad una accettazione conscia di tali fini.
come scrivevamo Con le modifiche apportate dalla legge Gozzini - in precedenza tali misure erano costituite dall'affidamento in prova al Servizio Sociale, la semilibertà e la liberazione condizionale - vi è stato un ampliamento delle stesse. «Trattasi di probation c.d. penitenziaria, poiché di tale istituto non presenta l'elemento caratteristico della astensione dalla condanna, comportando soltanto la sospensione della esecuzione di essa, mentre ne ricorrono gli altri elementi: affidamento in prova assistita con supervisione del magistrato, imposizione di prescrizioni positive e negative, effetto estintivo in caso di esito positivo». (Nell'accennare brevemente le misure alternative ho omesso volontariamente di specificare i vincoli relativi, per ognuna di esse, alla concessione della misura invocata). L'affidamento in prova al Servizio Sociale, art. 47, rappresenta la più ampia misura alternativa presente nel nostro ordinamento. Come già menzionato trattasi di probation penitenziaria, presupponendo l'esistenza di una condanna definitiva e presentandosi così come strumento alternativo ad essa. Concessa dal Tribunale di Sorveglianza, questa misura prevede durante il suo iter in regime di libertà la presenza continua, nei riguardi dell'affidato, del Centro di Servizio Sociale Adulti che relaziona, al Tribunale di sorveglianza, circa l'andamento della misura alternativa. L'innovazione, di cui sopra, riguarda l'introduzione di una forma di affidamento in prova per persone tossicodipendenti o alcoldipendenti anche se non ristretti in Istituto penitenziario, art. 47 bis. Innovativo rispetto all'art. 47 perché specifico per una tipologia di soggetti. Vincolante, all'ottenimento dell'affidamento, non solo la certificazione dello stato di tossicodipendenza, ma anche la disponibilità verso il soggetto di un programma di recupero, concordato dallo stesso con una unità sanitaria locale.
Il regime di semilibertà, art. 48, prevede, sulla base di un dettagliato programma di trattamento, la possibilità di trascorrere parte del giorno fuori dall'Istituto per svolgere attività lavorativa o comunque utili al reinserimento sociale e di trascorrere le ore notturne in apposite sezioni poste all'interno del carcere. L'accesso a tale misura, concessa spesso dal Tribunale di sorveglianza in sostituzione dell'affidamento, prevede il vincolo del lavoro e una presenza degli assistenti sociali del C.S.S.A. durante la fruizione della misura. La detenzione domiciliare, art. 47 ter O.P., consiste nell'espiazione della pena all'interno della propria abitazione o in un luogo pubblico di cura o di assistenza. Discorso differente va fatto per la liberazione condizionale, introdotta nel nostro ordinamento nel 1889, con la dichiarata intenzione di farne uno strumento di natura disciplinare per la gestione degli stabilimenti penitenziari. Essa, introdotta con la riforma all'interno delle misure alternative
alla detenzione, prevede la prosecuzione della pena in un regime di libertà vigilata, previo, per la sua concessione, il ravvedimento del reo e il risarcimento del danno. Precedentemente con la legge 689/81, il legislatore aveva introdotto forme di pene sostitutive per condanne detentive brevi. Queste, per non confondersi con le misure alternative, sono vere e proprie pene, ossia è il giudice del fatto che, invece di condannare al carcere, condanna a qualcosa di diverso... Esse si suddividono in: 1) semidetenzione, obbligo di trascorrere almeno dieci ore al giorno in un istituto situato nel comune di residenza e la limitazione di taluni diritti, es. sospensione patente e ritiro passaporto; 2) libertà controllata, divieto di allontanarsi dal comune di residenza e l'obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno presso gli uffici di pubblica sicurezza o carabinieri; 3) pena pecuniaria, multa o
27
Nella foto lavoro in carcere
‡ Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
28
come scrivevamo
ammenda in sostituzione della pena detentiva; 4) lavoro sostitutivo, prestazione di un'attività lavorativa non retribuita a Sopra il sommario e a fianco la vignetta del numero di settembre 1999
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
favore della collettività. Mentre nel caso di carcerazione preventiva il nostro ordinamento prevede la misura degli arresti domiciliari. In questo contesto va riportata la liberazione anticipata, art. 54, la quale è stata collocata dal legislatore all'interno delle misure alternative alla detenzione, essa non può certamente essere considerata una misura alternativa alla detenzione; consistendo in una pura e semplice riduzione di pena, non presentando alcun carattere di alternatività. Chiaramente una congrua riduzione della pena detentiva in corso di esecuzione, ha l'effetto per il condannato di anticipare il ritorno nello stato di libertà e, correlativamente, fruire di uno strumento efficace di reinserimento. Ruolo primario, all'interno della fase esecutiva della pena, è rappresentato dal binomio "trattamento" e "osservazione" quali criteri guida nel campo della risocializzazione, art. 13 O.P. Le ipotesi trattamentali, proposte al Magistrato di sorveglianza, dall'equipe di
osservazione e trattamento vertono sulla possibilità di "saggiare", il detenuto osservato, permettendo di proseguire l'iter trattamentale, sino a quel momento solo intramurario, all'esterno. «L'elaborazione del programma di trattamento ed il suo aggiornamento costituiscono elementi salienti dell'intervento di osservazione e di rieducazione. In questi momenti, si attua il confronto delle esperienze e delle analisi compiute dai vari operatori penitenziari e, attraverso il superamento ragionato delle singole posizioni, si perviene ad una linea di sintesi costituente la base per il successivo programma di azione concreta». La legge del12 gennaio 1977 aveva ristretto l'ambito dell'applicazione dei permessi, art. 30, ai casi di assoluta eccezionalità; l'accesso a tali permessi è indipendente dal tipo di posizione giuridica e di comportamento dell'interessato, visto che possono essere concessi anche con la scorta militare (fruibili per un massimo di giorni 5) . Con l'entrata in vigore della già menzionata Legge Gozzini, l'ordinamento penitenziario ha visto l'introduzione, ferma restando anche la precedente normativa per i permessi di necessità, dei permessi premio, art.30 ter, che possono essere concessi soltanto ai condannati che abbiano dimostrato reale interesse all'opera di rieducazione e trattamento, in misura non superiore a 45 giorni annui (fruibili in misura massima di 15 giorni consecutivi). Fermo restando limiti normativi in ordine alla entità della pena in espiazione o in residua espiazione. Oltre ai permessi vi sono altre misure premiati quali: la possibilità da parte dei detenuti in regime di semilibertà di fruire di licenze, art. 52 ( 45 giorni annui), nonché la possibilità della remissione del debito per le spese processuali e di mantenimento, se il detenuto dimostra sia di aver mantenuto una condotta detentiva regolare che di essere in disagiate condizioni economiche, art. 56. H ... continua
SanRaffaeleTermini - Poliambulatorio Specialistico
20%
di sconto su agli iscritti iSprezzi di listino app e loro familei /Anppe ari t ariffe su ww
w.sappe.it
Le prenotazioni possono essere effettuate telefonicamente dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 15:00 telefonando al n. 06.5225.2525, oppure recandosi personalmente presso una qualsiasi delle sedi interessate oppure tramite il nostro sito www.sanraffaele.it La San Raffaele Spa opera ormai da anni nel settore sanitario ponendosi all’avanguardia sia a livello regionale che nazionale; gestisce IRCCS, Case di Cura accreditate che rappresentano un autentico punto di riferimento nel campo della Riabilitazione, oltre a Presidi Ospedalieri e Poliambulatori . Le attività sanitarie ambulatoriali sono erogate presso i nostri Poliambulatori “San Raffaele Termini” sito all’interno della Stazione Termini, altezza di Via Giolitti, 16 – 00185 Roma e presso l’ IRCCS Istituto di Ricerca a Cura a Carattere Scientifico “San Raffaele Pisana” sito in via della Pisana, 235 - Roma. I Poliambulatori sono in grado di offrire un servizio altamente specializzato sia in termini di strumentazione che in termini di equipe di specialisti di cui si avvalgono. In particolare, il San Raffaele Termini è disposto su due piani per complessivi 1.200 mq, dove sono attive le seguenti specialità diagnostiche: Allergologia, Angiologia, Cardiologia, Chirurgia Generale, Chirurgia Vascolare, Dermatologia, Epiluminescenza, Ecografia Cardiovascolare, Ecografia Generale, Ecografia ginecologica / Ostetricia, Ecografia Urologica, Endocrinologia, Fisiatria, Gastroenterologia, Ginecologia, Laboratorio analisi, Medicina del Lavoro, Neurologia, Oculistica, Ortopedia/Traumatologia, Otorinolaringoiatria, Radiologia, Senologia, Urologia.
Orario prelievi: dal lunedì al sabato dalle ore 7:00 alle ore 10:30 (esclusi festivi)
NB: il laboratorio analisi è attivo tutte le mattine (festivi esclusi) ed è erogabile in convenzione con il Servizio Sanitario Regionale in entrambe le Sedi (Termini e Pisana).
30
inviate le vostre foto a rivista@sappe.it
A fianco: 1972 Scuola AA.CC. di Cairo Montenotte (foto inviata da Francesco Castangia)
a fianco: 1981 Scuola AA.CC. di Parma Cresima 70° Corso (foto inviata da Marco Steri) a destra in alto 1988 C.R. Milano Opera (foto inviata da Carmelo Trainito) a destra in basso 1978 Scuola AA.CC. di Cassino (foto inviata da Silvestro Simeone)
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
eravamo cosĂŹ
eravamo così
31 A fianco 1988 C.R. Fossombrone (PU) (foto inviata da Michele Bianco)
A fianco 1946 Scuola AA.CC. di Portici (NA) 1° Corso (foto inviata da Roberto Tramacere) a sinistra 1978 Scuola AA.CC. di Cassino (FR) (foto inviata da Silvestro Simeone)
A fianco 1977 Scuola AA.CC. di Parma 34° Corso (foto inviata da Amedeo Briganti)
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
32 a cura di Erremme rivista@sappe.it
le recensioni Fulvio Paglialunga
Luigi Sorrenti
OGNI BENEDETTA DOMENICA
IMMAGINA I CORVI
ADD Edizioni pagg. 256 - euro 15,00
A
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
rrivata alla terza stagione, la trasmissione di Radio Rai “Ogni benedetta domenica” ha messo in fila un’invidiabile serie di personaggi fenomenali che, nei modi più bizzarri, si muovono attorno al mondo del pallone. Da questi incontri nasce un quadro sorprendente fatto di direttori di banca di Cesenatico che ogni settimana si imbarcano su un low cost per andare a seguire la squadra del cuore inglese, di giornalisti che sono anche proprietari di squadre e che si mettono in silenzio stampa con se stessi, di qualcuno che un bel giorno ha inventato il Fantacalcio, ma anche di chi, grazie al calcio, ha portato lo sport in carcere, di chi è riuscito a sconfiggere una malattia con il pallone, o di chi si è opposto a vendere il risultato di un incontro. Sono queste alcune delle 50 storie che Fulvio Paglialunga racconta nel libro, legate a mondi spesso distantissimi che hanno però un luogo in comune dove sanno di potersi incontrare: un campo rettangolare, due porte e tanta passione.
TRE60 Edizioni pagg. 442 - euro 12,90
I
l libro è divenuto caso letterario per aver raggiunto la top five dei libri più scaricati sul sito internet specializzato Amazon.it, ha venduto circa 100mila copie e le recensioni parlano di un libro che si legge tutto d’un fiato. Ed è tutto vero. Spinósa è un piccolo paese arroccato sulla Murgia pugliese, circondato dal nulla, fuori dal tempo, con pochi contatti col mondo esterno. Qui, nel giugno del 1986, ha luogo una serie di eventi in apparenza scollegati: un’ondata di terribile siccità che mette in ginocchio il paese, un’inspiegabile invasione di corvi, l’improvviso collasso di un bambino che pare vittima di possessione diabolica e infine un orribile omicidio che sprofonda gli abitanti in un clima di terrore e sospetto, ma soprattutto riporta alla luce le vicende di un passato che molti avrebbero preferito rimanesse sepolto... Mentre gli investigatori si dibattono in un vicolo cieco, gli abitanti di Spinósa scoprono con orrore che proprio nel cuore della comunità si annidano i germi di un male che si credeva estirpato da tempo e che invece ha attraversato le generazioni per tornare a colpire ancora…
Roberto Sbrana
METTERE IN GALERA E BUTTARE VIA LE CHIAVI GRAFICHE DIGITALI GD Edizioni - pagg. 93
Q
uesto agile pamphlet, dedicato dall’Autore “a chi lavora in carcere e a volte si
sente in solo”, è davvero interessante. Contiene dati, statistiche, considerazioni e valutazioni sull’universo carcere. E parte da una considerazione che noi stessi abbiamo fatto in più occasioni e in più momenti: se pensiamo di risolvere il problema della delinquenza e l’allarme sociale verso chi commette un reato stipandolo in una cella senza far nulla, non avremo risolto il problema della sicurezza. Se il detenuto in carcere non è occupato, non lavora, non è impiegato a fare qualcosa, c’è una altissima probabilità che ritorni, una volta libero, nel circuito dell’illegalità. L’Autore, docente universitario di psicologia della devianza e con una lunga esperienza professionale in carcere, sviluppa dunque un ragionamento che ci trova d’accordo e che, se fosse ascoltato da chi ha il potere di legiferare, dare sicuri spunti per una nuova esecuzione della pena in Italia, più umana e più funzionale nel contempo.
ANTIGONE. L’Europa ci guarda Decimo Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia GRUPPO ABELE Edizioni pagg. 200 - euro 15,00
A
rriva alla decima edizione il tradizionale ed annuale Rapporto dell’Associazione Antigone sulla condizione delle carceri italiane. E anche questo X Rapporto mette, nero su bianco, numeri, presunte violenze, lavoro, sanità, suicidi, edilizia, personale, tagli, risorse, progetti. penitenziario italiano che,
le recensioni insieme a quelli del sovraffollamento, caratterizzano i nostri penitenziari. Ma l’Associazione Antigone, anche quest’anno, va oltre e fornisce nel Rapporto una serie di contributi sui temi più vari dell’universo penitenziario, che lo rendono lettura obbligatoria per chi si occupa quotidianamente di carcere.
Vito Ingletti
DIRITTO DI POLIZIA GIUDIZIARIA LAURUS ROBUFFO Edizioni pagg. 608 - euro 52,00 uesto Volume, che giunge alla sua dodicesima edizione, ha il pregio di contenere in un unico libro i fondamenti di diritto penale, procedura penale e diritto di polizia. Non a caso, è d’ausilio fondamentale principalmente agli operatori impegnati in attività di formazione ed aggiornamento professionale. Con una pregevole chiarezza espositiva, il Volume si conferma guida preziosa ed insostituibile per ogni operatore della sicurezza.
Q
Simonetta Garavini
PRIMO INTERVENTO DELLE FORZE DI POLIZIA LAURUS ROBUFFO Edizioni pagg. 208 - euro 30,00 uesto importante ed interessante volume si occupa di un aspetto fondamentale circa l’operatività quotidiana delle Forze di Polizia, che sono i primi approcci ad uno stato di emergenza, quelli operati durante il primo intervento. Prefato dal mitico Capitano Ultimo (che non a caso esprime le sue considerazioni in un capitolo titolato Il primo intervento, la prima luce), definito dal suo stesso Autore “una psicologia investigativa operativa” si inserisce nel panorama generale delle
Q
situazioni di emergenza quale proposta di un possibile sviluppo di metodi di addestramento di tipo psicologico-operativo per le Forze di Polizia.
Silvio Padula
PRONTUARIO DELLE VIOLAZIONI AL CODICE DELLA STRADA LAURUS ROBUFFO Edizioni pagg. 644 - euro 24,00
C
ome è noto, il personale di Polizia Penitenziaria è chiamato ad espletare servizi di Polizia stradale in relazione ai servizi di istituto ed ha preso forma concreta l’organizzazione territoriale del servizio stesso. Nella prospettiva di migliorare la professionalità del personale, viene in aiuto la XXIV edizione del Prontuario delle violazioni al Codice della strada edito da Laurus Robuffo che semplifica le modalità operative di rilevazione dell’infrazione al Nuovo Codice della Strada. Molto intuitivo e chiaro, distinto per articolo, si rivela un contributo fondamentale per l’operatore chiamato ad intervenire in presenza di violazioni al Codice della strada.
Roberta Gallego
DOPPIA OMBRA TEA Edizioni pagg. 288 - euro 13,00
S
econdo libro per Roberta Gallego, sostituto procuratore a Belluno, che si conferma, a mio avviso, una delle più brave scrittrici ‘gialle’ italiane del momento. Questa volta il sostituto procuratore Alvise Guarnieri (interprete del precedente libro dell’autrice, Quota 33) e il suo team di investigatori affrontano il mistero di un delitto consumato nell’alta società della piccola provincia di Ardese: la vittima
33
è un noto farmacista, trovato morto nella sua villa. Apparentemente il crimine sembra di facile interpretazione: il corpo torturato e mutilato, gli ambienti depredati con feroce determinazione, un caso analogo avvenuto poche settimane prima sull’altra sponda del lago… tutto sembra indirizzare le indagini verso la criminalità organizzata di origine straniera. Ma spesso le apparenze ingannano, e così l’indagine si addentra fra ombre e misteri della vita della vittima, in una ragnatela gotica di relazioni inconfessabili e drammatici segreti. Intanto, nell’ambiente naturalmente accidentato della Procura di Ardese, una serie di personaggi minori è protagonista di storie minori, ma non meno incisive: il maresciallo Alfano, dopo la disperazione seguita alla morte della figlia, si interessa di nuovo alla vita, e alle donne; l’ispettore della Squadra mobile Manlio De Oliveira scandaglia il pozzo nero della vecchiaia abbandonata negli istituti per anziani; il sostituto procuratore Agostina Arcais si misura con un delicato caso di obiezione di coscienza; e la collega Silvana Grimaldi affronta una giornata professionale di ordinaria follia… H
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
34
l’ultima pagina
inviate le vostre lettere a rivista@sappe.it
Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria augura a tutti gli iscritti, ai loro familiari e a tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria
Buona Pasqua
il mondo dell’appuntato Caputo Un altro carcere è possibile di Mario Caputi e Giovanni Battista de Blasis © 1992-2014
Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014
pena conDivisa
Richiedi il tuo indirizzo e-mail di PoliziaPenitenziaria.it:
tuonome@poliziapenitenziaria.it
mariocaputi.it
la posta elettronica GRATUITA offerta a tutti gli appartenenti al Corpo, in servizio e in congedo.
• Prezzo • Dimensione caselle • Filtri antispam • Pop3 • IMAP • SMTP autenticato • Creazione infiniti alias • Gestione rubrica da web • Webmail • Salvataggio e-mail su server durata illimitata • nessuna sospensione per mancato utilizzo
PRO euro 12 / anno 100 MB
S I T A GR MB 100
Visita il sito www.poliziapenitenziaria.it per scoprire modalità e procedure per attivare il servizio.