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anno XXI • n. 217 • maggio 2014 www.poliziapenitenziaria.it
Libertà è partecipazione
sommario
anno XXI • numero 217 maggio 2014
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In copertina: una emblematica immagine della manifestazione di protesta davanti al DAP indetta dal Sappe il 20 maggio 2014
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l’editoriale
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Libertà è partecipazione di Donato Capece
Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
il pulpito Direttore responsabile: Donato Capece capece@sappe.it
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Le due anime del Dap: gli eroi silenziosi e i prepotenti rumorosi di Giovanni Battista de Blasis
Direttore editoriale: Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
l’osservatorio
Capo redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it
di Giovanni Battista Durante
Redazione politica: Giovanni Battista Durante
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il commento
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Polizia Penitenziaria, baluardo di garanzia e sicurezza
“l’appuntato Caputo” e “il mondo dell’appuntato Caputo” © 1992-2014 by Caputi & de Blasis (diritti di autore riservati)
di Roberto Martinelli
Direzione e Redazione centrale Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma tel. 06.3975901 r.a. • fax 06.39733669 e-mail: rivista@sappe.it web: www.poliziapenitenziaria.it
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Elezioni europee, un grande successo per Matteo Renzi
Redazione cronaca: Umberto Vitale
Progetto grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director)
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lo sport
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Commemorazione della strage di Capaci alla Scuola di Roma di Lady Oscar
Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: Polizia Penitenziaria-Società Giustizia & Sicurezza
crimini e criminali
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Il delitto del catamarano Registrazione: Tribunale di Roma n. 330 del 18 luglio 1994
di Pasquale Salemme
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come scrivevamo Il Ministro Diliberto a Napoli per la Polizia Penitenziaria
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di Franz Sperandio
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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it
l’editoriale
Libertà è partecipazione ... La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione...
Nelle foto i momenti che hanno caratterizzato la manifestazione del 20 maggio davanti al DAP
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Così cantava, agli inizi degli anni settanta, Giorgio Gaber, uno dei cantautori più bravi espressi dalla musica italiana. E titolo e testo di
questa sua famosa canzone racchiudono in loro la sintesi più chiara ed efficace della manifestazione di protesta tenuta dal SAPPE a Roma davanti alla sede del DAP. La nostra libertà di dire tutto quel che non va nel Corpo di Polizia e nella Istituzione penitenziaria, di gridare sotto le finestre del Dipartimento l’evidente discrasia tra il sistema carcere legale e quello reale, di chi pensa e decide negli ovattati uffici dipartimentali e di chi invece vive e combatte ogni giorno nelle sezioni detentive, sugli automezzi delle Traduzioni, nei vari posti di servizio delle centinaia di carceri italiani. La nostra partecipazione concreta, mettendoci la faccia, per l’ottava volta nell’ultimo anno, guardando negli occhi tutto e tutti, nella consapevolezza della realtà delle nostre denunce, senza temere alcuno. E le colleghe e i colleghi sono venuti ed hanno partecipato. Sono arrivati dai 14 penitenziari del Lazio. Ma anche dalla Campania, dall’Umbria, dalla Toscana, dalla Puglia, dalla Liguria, dalla Calabria. Siamo scesi in piazza per chiedere l’avvicendamento del Capo del Dipartimento Giovanni Tamburino.
l’editoriale
A più di due anni dal suo insediamento non è stato in grado di risolvere i problemi e le criticità penitenziarie e, men che meno, quelle
(Associazione Nazionale Funzionari). I vertici del DAP filosofeggiano e intanto i poliziotti continuano a sventare suicidi in carcere (1.067 nel solo 2013!), a gestire eventi critici come gli atti di autolesionismo, le aggressioni, le risse, a circolare su mezzi vecchi e fatiscenti, nell’indifferenza assoluta del DAP che vorrebbe persino mettere il bavaglio alle nostre proteste! Da Spoleto a Rebibbia, da Frosinone ad Avellino, abbiamo chiesto a gran
che più direttamente riguardano i poliziotti. E a pochi giorni dalla scadenza (28 maggio 2014) della sentenza Torreggiani che ha imposto all’Italia di rimuovere le cause strutturali di condizioni detentive degradanti, Tamburino continua a inseguire la favola della “vigilanza dinamica” e l’autogestione delle carceri da parte dei detenuti piuttosto che adottare interventi concreti ed efficaci per la Polizia Penitenziaria, come formazione e aggiornamento, più assunzioni, migliori condizioni di lavoro e di vivibilità. Sotto le loro bandiere azzurre, gli agenti del SAPPE hanno fischiato, gridato, si sono incatenati. E le abbiamo suonate al DAP, nel vero senso della parola visto che era presente la banda musicale dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria con tanto di orchestrali e strumenti. A manifestare anche i commissari di Polizia Penitenziaria aderenti all’ANFU
voce anche il rinnovo del parco automezzi del Corpo di Polizia Penitenziaria (fatiscenti e insicuri tanti mezzi che ogni giorno trasportano in tutta Italia detenuti e poliziotti), lo sblocco del pagamento degli assegni di funzione, degli scatti di anzianità e il rinnovo del contratto di lavoro (scaduto da 7 anni), un riordino delle carriere che equipari la Polizia Penitenziaria agli altri Corpi di Polizia
e a favore di una dirigenza generale del Corpo “che sia davvero attenta, sensibile e vicina ai poliziotti”. Una delegazione di manifestanti, guidati dal Segretario Generale SAPPE Donato Capece, è stata ricevuta dal Vice Capo vicario Luigi Pagano, al quale sono state rappresentate le ragioni della protesta e sono stati chiesti provvedimenti urgenti e concreti. H
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Giovanni Battista de Blasis DirettoreEditoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it
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Le due anime del Dap: gli eroi silenziosi e i prepotenti rumorosi egola della legge di Murphy: Se i fatti sono contro di te, contesta la legge. Se la legge è contro di te, contesta i fatti. Se i fatti e la legge sono contro di te, strilla come un dannato. Questa frase è tratta dalla Legge di Murphy, un libro che raccoglie un insieme di detti popolari trasformati in assiomi, tutti sviluppati intorno ad una formula iniziale. La frase originaria, dal tono ironico e sarcastico, fu pronunciata nel 1949 da tale capitano Edward Aloysius Murphy, ingegnere dell’aviazione degli Stati Uniti, per commentare l’andamento dei propri esperimenti. Un medico militare, John Paul Stapp, volontario per quegli esperimenti, la riportò successivamente durante una conferenza stampa, rendendola famosa. La frase originale in inglese era: Anything that can go wrong, will go wrong (Se qualcosa può andare storto, andrà storto). In Italiano diventò: Se qualcosa può andar male, lo farà. Il cosiddetto pensiero ‘murphologico’ è stato messo nero su bianco nel 1977 da Arthur Bloch, umorista e scrittore statunitense, che pubblicò, appunto, “La legge di Murphy”, un libro che fu poi seguito da numerosi capitoli successivi. E’ innegabile che la frase “Se qualcosa può andare male, lo farà” potrebbe essere iscritta a caratteri cubitali all’ingresso del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Per tornare, poi, alla “Regola della Legge” citata all’inizio, altrettanto indubbiamente, sembra scritta per rappresentare certi dirigenti del Dap che quando non hanno più argomenti
R Nel box il libro sulle leggi di Murphy
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per giustificare le proprie posizioni, iniziano a strillare come matti. Verosimilmente, l’atteggiamento di urlare più forte per far valere le proprie ragioni si contrappone all’immagine di Eroe Silenzioso che è stata attribuita all’agente di Polizia Penitenziaria dalla Ministro Paola Severino, prima, e dalla Ministro Anna Maria Cancellieri, poi. Le due situazioni, quella dei dirigenti urlanti nel palazzo e degli eroi silenziosi della Polizia Penitenziaria all’interno delle sezioni detentive, sembrano quasi ispirate al contrappasso di Dante Alighieri usato per infliggere le punizioni infernali ai protagonisti della Divina Commedia. “Si parva licet componere magnis” esclamerebbe, però, Virgilio di fronte all’accostamento del Dap alla Divina Commedia … secondo lui, infatti, non è possibile paragonare il lavoro delle api a quello dei ciclopi. Meglio, molto meglio, la similitudine con la Legge di Murphy che, come detto prima, per certi versi sembra davvero scritta per rappresentare l’amministrazione penitenziaria. Pochissimi, tra le centinaia di principi, assiomi, corollari e chiose scritti da Bloch, sembrano estranei al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e ai suoi dirigenti. Qualche esempio, oltre i due già citati. La filosofia di Murphy: Sorridi, domani sarà molto peggio. Costante di Murphy: Le cose vengono danneggiate in proporzione al loro valore. Legge di Murphy sulle burocrazie: Se qualcosa può andar male, lo farà in triplice copia. Legge di Good: Se hai un problema che deve essere
risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema. Legge di Maier: Se i dati non corrispondono alla teoria, vanno eliminati. Principio di Peter: In una gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello d’incompetenza. Legge di Godin: La generalizzazione dell’incompetenza è direttamente proporzionale all’altezza nella gerarchia. Assioma di Vail: In ogni impresa umana, il lavoro cerca sempre il livello gerarchico più basso. Legge di Weiler: Nulla è impossibile per colui che non deve farlo. Giudicate voi quante similitudini ci sono. Infine, per concludere, vorrei citare una delle battute più belle del libro. Doverosa la premessa che le frasi, specialmente quest’ultima, non riguardano nessuno in particolare e che “ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale”. Massima di Match: Un idiota in un posto importante è come un uomo in cima a una montagna: tutto gli sembra piccolo e lui sembra piccolo a tutti. H
l’osservatorio i sono da poco concluse le elezioni, europee ed amministrative. Era un banco di prova per tanti, soprattutto per Matteo Renzi, da molti accusato di sedere sulla poltrona di Presidente del Consiglio, senza una reale legittimazione politica, in quanto non eletto, ma indicato dal Presidente della Repubblica e votato dal Parlamento, dopo la cacciata di Enrico Letta; lo era anche per Angelino Alfano, fondatore del Nuovo Centro Destra, dopo il divorzio da Berlusconi, per Beppe Grillo e per la Lega, dopo il rinnovamento della classe dirigente e la svolta radicale a destra impressa da Salvini. Salvini ha sicuramente rivitalizzato la Lega, conquistando tanti consensi al Nord, anche personali. Per Matteo Renzi è stato senza dubbio un grande successo. Il Partito Democratico è passato dal 26.1%, con 21 seggi, del 2009, al 40.81%, con 31 seggi, del 2014. Un sondaggio reso noto durante la trasmissione di Porta a Porta del 26 maggio affermava che il 10% circa dei consensi sarebbero frutto dell’apporto personale di Renzi, mentre il restante 30% sarebbe da attribuire al consenso del partito. In sostanza, il 30% degli elettori avrebbe votato il partito, mentre gli altri sarebbero stati orientati dal nuovo segretario del partito e Presidente del Consiglio. Secondo me, invece, è molto più alto l’apporto fornito da Matteo Renzi, rispetto a quanto dicono i sondaggi. Infatti, anche alle politiche dello scorso anno, quando a capo del partito, nonché candidato alla Presidenza del Consiglio, c’era Pierluigi Bersani, il PD aveva ottenuto il 25,4% dei consensi, un risultato addirittura inferiore a quello delle europee del 2009; un partito, il PD, dai consensi evidentemente in leggera flessione in quel momento. Quindi, a mio avviso, il contributo fornito da Matteo Renzi potrebbe essere del 15% circa. In termini di voti il PD di Renzi ne ha ottenuti poco più di 11 milioni, sfiorando il massimo storico dei circa 12 milioni ottenuti dalla
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Elezioni europee, un grande successo per Matteo Renzi sinistra post comunista nel 2008. E questo è avvenuto nonostante la più bassa affluenza, 58,6% rispetto al 75,2% delle politiche del 2013. Il ricambio della classe dirigente del suo partito fatta dal nuovo leader del PD, gli annunci di cambiamento e di rinnovamento delle istituzioni e le prime iniziative messe in cantiere hanno attirato l’attenzione di quanti, da tempo, chiedono un serio cambiamento nel Paese. Questo vuol dire che gli elettori vogliono un reale cambiamento ma le loro intenzioni sono state sempre tradite da una classe politica prevalentemente conservatrice e, spesso, dedita soprattutto alla cura dei propri interessi, piuttosto che a quelli del Paese. Cosa riuscirà davvero a fare Renzi lo vedremo da qui a fine anno. Intanto ha sbaragliato anche ogni resistenza interna, sia al partito, sia all’area di riferimento, a cominciare dalla CGIL, anche se il confronto con le parti sociali non dovrebbe mai venire meno. Il principale sconfitto di queste elezioni è senz’altro Grillo che ha registrato una perdita di 3 milioni di voti rispetto alle politiche dello scorso anno, passando da 8.7 milioni di voti a 5.8 circa di adesso. Non poteva essere diversamente, anche se i sondaggi davano unanimemente Grillo in crescita. Dalle politiche del 2013 ad oggi il comportamento di Grillo ha giustamente spaventato gli elettori, avendo dimostrato che all’interno del suo movimento non c’è nessun tipo di democrazia: chiunque dissente dal capo viene immediatamente espulso e bollato come traditore. I candidati, soprattutto alle amministrative, hanno spesso evidenziato una scarsa conoscenza del
territorio e dei problemi connessi, lo stesso Grillo ha dimostrato scarsa dimestichezza con la politica e con i problemi del Paese. Ma, soprattutto, ha dimostrato di non volersi assumere nessuna responsabilità di governo e questo alla lunga non paga in termini elettorali. La gente vota per avere dei governanti, non dei rappresentanti che vogliono stare eternamente all’opposizione, ovvero, come dicono loro stessi, vorrebbero governare da soli, in una democrazia a partito unico, ma questa non è democrazia, è altro, è qualcosa che abbiamo già sperimentato molti anni addietro e di cui ci siamo liberati in maniera purtroppo drammatica. Quindi, è molto probabile che il grillismo sia entrato nella fase del declino, come sostiene Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. Tranne che Grillo e il suo mentore Casaleggio non cambino strategia, il modo di rapportarsi con le istituzioni e diano un assetto organizzativo diverso al movimento. Angelino Alfano ha ottenuto molto meno di quanto probabilmente sperava. Nonostante sia transitata con lui una parte consistente del gruppo dirigente del PDL i consensi sono stati davvero pochi e quei pochi sono arrivati soprattutto dal gruppo legato a Comunione e Liberazione, di cui fanno parte Lupi e Formigoni. Bisogna anche ricordare che il NCD è alleata con l’UDC, altrimenti nessuno dei due partiti avrebbe raggiunto il 4%. L’astensionismo ha colpito soprattutto il centro destra, quindi, ciò può far ben sperare la coalizione alle prossime elezioni politiche, anche se per avere qualche speranza di poter seriamente contrastare Renzi e il PD ci vorrà ben altro. H
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Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it
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il commento
Polizia Penitenziaria, baluardo di garanzia e sicurezza Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it
Le foto (riprese dai siti ufficiali del Quirinale e del Corpo di Polizia Penitenziaria) si riferiscono alla Cerimonia in occasione del 197° Annuale del Corpo
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Italia resta sorvegliata speciale sul tema delle carceri. Ad oggi, infatti, la Corte europea dei diritti umani ha ricevuto 6.829 ricorsi contro il sovraffollamento carcerario nel nostro Paese, come ha comunicato la stessa Corte all’agenzia di stampa Ansa. Questi ricorsi denunciano situazioni uguali o simili a quelle per cui l’Italia è stata condannata dalla stessa Corte nella sentenza Torreggiani l’8 gennaio 2013.
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Quando questo numero di “Polizia Penitenziaria” sarà tra le vostre mani, quando leggete queste righe, il dado sarà tratto perchè i Giudici di Strasburgo avevano stabilito che il Governo italiano aveva tempo fino al 27 maggio per introdurre misure per rimediare alle violazioni subite dai carcerati a causa del sovraffollamento. Allo stato, dei 6.829 nuovi ricorsi a oggi ricevuti, la Corte ne sta attualmente esaminando 1.340 per vedere se rispettano tutti i criteri di ammissibilità necessari. La stessa Corte afferma di averne già dichiarati inammissibili 631 e che altri sono stati radiati dal ruolo o distrutti perché i ricorrenti non hanno rispettato i tempi e i modi imposti per la presentazione delle domande. Sono invece 19 i ricorsi contro il sovraffollamento delle carceri già a
uno stadio più avanzato della procedura, ovvero ritenuti ammissibili, su cui la Corte emetterebbe una sentenza qualora l’Italia non dovesse riuscire a dimostrare entro il 27 maggio di aver introdotto nell’ordinamento nazionale misure efficaci per impedire che un carcerato resti in una cella dove ha meno di tre metri quadrati a disposizione e per procedere ai dovuti risarcimenti. La questione sarà sul tavolo del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che ha il compito di esaminare l’esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo, il prossimo 3 giugno. Se per questa data l’Italia non dimostrerà di aver introdotto le misure necessarie richieste, sarà oggetto di ulteriori richiami e ammonimenti da parte di Strasburgo. Ma soprattutto poterebbe subire una nuova raffica di condanne onerose poiché comprensive di risarcimenti. Secondo un osservatore attento ai temi della giustizia e del carcere quale è il giornalista Dimitri Buffa, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano (che nel messaggio diffuso in occasione della celebrazione del 197esimo anniversario della formazione del Corpo di Polizia Penitenziaria aveva tra l’altro evidenziato come le carceri italiane rappresentassero “un’intollerabile situazione di sovraffollamento, cui è urgente porre adeguato rimedio”), aveva approfittato proprio dell’Annuale del Corpo per rovinare la festa al Ministro Guardasigilli Andrea Orlando che va in tv e nei consessi istituzionali a vendere il fatto che ormai l’emergenza del sovraffollamento delle galere italiane sarebbe un lontano ricordo e che non ci sarebbe nulla da temere il 28 maggio dalla Cedu.
Cui però il Ministro ha anche chiesto una proroga di sapore squisitamente burocratico. Napolitano comunque non ci sta, ha scritto Buffa sul portale Italia 24 news, e ha scelto proprio il giorno della festa della Polizia Penitenziaria per avvisare il Capo del Dap Giovanni Tamburino, e tramite lui il Ministro, che c’è ancora molta, troppa, strada da fare. E che occorre adeguare la normativa sanzionatoria e “ripensare e rimodulare l’esecuzione della pena”.
In pratica, ha sottolineato il giornalista, una sconfessione implicita dell’ottimismo ministeriale che arriva pochi giorni dopo un incontro ufficiale di Napolitano con Marco Pannella, Rita Bernardini e Maurizio Turco, vale a dire lo stato maggiore del Partito Radicale, transnazionale e non, ricevuti cortesemente per sentire le loro lagnanze tanto sulla situazione di illegalità perdurante nelle carceri quanto per contestare i dati e le affermazioni reiterate in diverse sedi, anche istituzionali, da Andrea Orlando. Che continua a rilasciare dichiarazioni tranquillizzanti, come ha fatto da ultimo in una intervista concessa recentemente al quotidiano Avvenire. Il Guardasigilli ha affermato: «Non sono ancora le carceri che vorremmo, ma adesso abbiamo il controllo dei
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numeri. Appena tre anni fa c’era una crescita esponenziale dei detenuti con una disponibilità dei posti che non aumentava. Strasburgo ci dovrà dire se è abbastanza. Certo, i passi avanti sul fronte normativo sono innegabili. Cito soltanto la messa alla prova, le misure alternative, la riduzione mirata di pena. Sul versante amministrativo abbiamo operato per rendere più rapido il rimpatrio di detenuti di altri Paesi: abbiamo
firmato un protocollo con il Marocco, incontrato il Ministro della Giustizia romeno, avviato rapporti con l’Albania e attivato tutti gli strumenti per rendere efficace l’accordo quadro che consente il rimpatrio di detenuti comunitari anche senza il loro consenso. Per snellire le procedure abbiamo riunito tutti i Procuratori Generali, ai quali abbiamo dato riferimenti standard». Sarà. Ma intanto la situazione resta grave. E che resti allarmante lo confermano i dati diffusi in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simpse) che si è tenuto nei giorni scorsi a Torino: la salute nelle carceri italiane è a rischio, con il 60-80% dei detenuti che ha qualche malattia a causa del sovraffollamento
ma anche per una assistenza sanitaria di scarsa qualità. Secondo le stime degli esperti il 32% dei detenuti è tossicodipendente, il 27% ha un problema psichiatrico, il 17% ha malattie osteoarticolari, il 16% cardiovascolari e circa il 10% problemi metabolici e dermatologici. Tra le malattie infettive è l’epatite C la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%), Epatite B (5,3%), Hiv (3,8%) e sifilide (2,3%). Il fatto che la responsabilità dell’assistenza sia passata alle Asl, spiegano, ha peggiorato i problemi, creando oltretutto disomogeneità tra i 205 penitenziari italiani. «Le Asl – ha detto il presidente della società Sergio Babudieri - non hanno né i mezzi, né il know how necessario per operare nei luoghi di restrizione della libertà. In epoca di spending review le carceri appaiono come vittime predestinate ad appartenere a un sistema sanitario di serie B. Serve dunque una cabina di regia nazionale”. E Roberto Monarca, Direttore Scientifico e coordinatore dei corsi di formazione nella Simspe, e coordinatore della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali Simit per gli studi sulle malattie infettive in carcere, ha sottolineato un aspetto che ci riguarda direttamente: «Il carcere è generatore di patologie, come lo stress da lavoro correlato di molti poliziotti che lavorano in carcere. La Polizia Penitenziaria, infatti, è il Corpo con la maggior incidenza di assenze per la patologia di lavoro correlata dovuta allo stress». Non tutti questo lo sanno: non tutti sanno la specificità e la difficoltà del nostro lavoro. L’ha ricordato, con la sua grande autorevolezza, anche il Capo dello Stato in occasione dell’Annuale, quando ha formulato «a nome di tutta la Nazione e mio personale, le più vive espressioni di gratitudine agli uomini e alle donne della Polizia Penitenziaria per il costante e generoso impegno che pongono nell’adempimento dei loro doveri istituzionali. La presenza vigile e la non comune
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professionalità del Corpo di Polizia Penitenziaria hanno consentito di mantenere l’ordine e la sicurezza negli Istituti nonostante la critica, intollerabile situazione di sovraffollamento - cui è urgente porre adeguato rimedio - e hanno contestualmente assecondato il percorso di rieducazione dei detenuti, contribuendo all’adempimento di precisi obblighi di natura costituzionale. Sono certo che il continuo sforzo di aggiornamento, lo spirito di servizio e il profondo senso dell’istituzione che connotano la Polizia Penitenziaria ne agevoleranno l’utile impiego anche nell’ottica di un ripensamento del sistema sanzionatorio e di una rimodulazione dell’esecuzione della pena, indispensabili per superare la
realtà di degrado civile e di sofferenza umana riscontrabile negli istituti». Grazie, signor Capo dello Stato. Sono stato onorato, felice e fiero di leggere le sue parole, che hanno valorizzato tutti coloro che fanno un lavoro difficile e rischioso, spesso non gratificato. Il nostro Corpo è costituito da persone, donne e uomini, che nonostante l’insostenibile, pericoloso e stressante sovraffollamento credono nel proprio lavoro, hanno valori radicati e un forte senso d’identità e d’orgoglio. Persone che lavorano ogni giorno, nel silenzio e tra mille difficoltà, con professionalità, umanità, competenza e passione nel dramma delle sezioni detentive italiane. Grazie per il suo messaggio, Signor Presidente della Repubblica. H
Nelle foto sopra ancora il Presidente della Repubblica Napolitano in alto a sinistra il Ministro della Giustizia Orlando a sinistra lo schieramento del Corpo davanti al Quirinale e il logo della SIMSPE
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Lady Oscar rivista@sappe.it
Nelle foto sopra l’Albero di Falcone a destra la banda dell’Anppe accompagna la corona posta dal Vice Capo del Dap Pagano sulla stele in ricordo della strage di Capaci (foto sotto)
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lo sport
Commemorazione della strage di Capaci alla Scuola di Roma resso la Scuola di Formazione del Corpo di Polizia Penitenziaria di Roma, intitolata al giudice Giovanni Falcone, il 23 maggio 2014 si è tenuta una toccante cerimonia di commemorazione, ventidue anni dopo la strage di Capaci. Il ricordo di quel giorno ed il monito ricavato da quel sacrificio è stato affidato al Premio “Oltre la Giustizia: il ricordo” rivolto agli studenti degli istituti scolastici del territorio.
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Sul pino ubicato poco distante, quello che si erge più alto accanto alla macchina distrutta, gli studenti hanno appeso i loro elaborati, colorati di disegni e impreziositi da pensieri e poesie. Nessuno di loro era nato quando l’Italia di ventidue anni fa viveva quei giorni drammatici e si temeva addirittura per la tenuta democratica del Paese. Come a Palermo è stato fatto con “L’Albero di Falcone”, anche a Roma
Circa 200 i ragazzi delle scuole che hanno aderito all’invito e che hanno partecipato, con la presentazione di messaggi, disegni, poesie, pensieri in memoria di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e degli uomini della scorta uccisi nell’attentato mafioso del 23 maggio 1992. Luogo centrale dell’evento, dove è stato tributato il primo omaggio, è stato la piazza d’armi della Scuola di Formazione, presso la teca in vetro in cui è custodita la Croma bianca su cui il Magistrato viaggiava. A partire dalle ore 11:00, sotto un cielo plumbeo che prometteva pioggia imminente, l’apposizione di una corona di alloro da parte del Vice capo vicario del Dap Luigi Pagano è stata accompagnata dalle solenni note della banda musicale dell’Anppe.
è stato improvvisato con quell’arbusto un piccolo presidio di legalità, a beneficio di chi non c’era, con la possibilità di conoscere, riflettere ed imparare; ma anche di coloro che quei giorni di buio ancora li hanno in testa, per non dimenticare, come si dice sempre dopo eventi così traumatici al punto di creare degli spartiacque ideali tra il prima ed il dopo che sono accaduti. In Aula Magna la direttrice della Scuola di Via di Brava - Dott.ssa Laura Brancato - ha fatto gli onori di casa salutando gli ospiti intervenuti. Oltre al citato Vice capo Luigi Pagano, al tavolo dei relatori si sono seduti il Direttore Generale del personale Riccardo Turrini Vita, l’attore Massimo Dapporto - che ha impersonato il magistrato nella fiction “Giovanni
Falcone” - e Giuseppe Costanza, l’unico sopravvissuto della strage di Capaci viaggiante sulla Croma, autista di fiducia del giudice a partire dal 1984 fino a quel 1992. Tra gli convenuti della cerimonia seduti in sala, oltre agli studenti delle varie scuole partecipanti, ci sono state delle delegazioni del corso per vice ispettore in svolgimento a Roma, del Centro Alti Studi Difesa, delle società
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di calcio SS Lazio - AS Roma e di atleti dei gruppi sportivi Astrea e Fiamme Azzurre. Tra questi ultimi è stata molto gradita la presenza della martellista Silvia Salis e quella del campione di sciabola Aldo Montano, ospiti di una celebrazione che li ha visti tutt’altro che fuori luogo nel contesto generale dei presenti. Il trait d’union tra la nutrita presenza di delegazioni sportive e la lezione che Giovanni Falcone ci ha lasciato, lo
si può ritrovare infatti in alcune delle sue più celebri frasi:“Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana”. Oppure: “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere”. Il dovere, nelle piccole come nelle grandi cose, quello che ogni persona avrebbe verso il proprio impegno quotidiano secondo Falcone, qualunque esso sia.
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Anche lo sport, oltre ad essere la personale passione di ogni atleta, è “il dovere” per chi ha deciso di farne un lavoro di alto profilo, e come tale meriterebbe di essere rispettato. In questo forse il senso più bello e profondo della partecipazione degli atleti alla cerimonia. Ai primi tre studenti classificati, è stata offerta una giornata di allenamenti messa a disposizione dalle Società di Calcio AS Roma e SS Lazio.
Nelle foto altre fasi della Cerimonia
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Giuseppe Costanza
no dei protagonisti assoluti della cerimonia è stato Giuseppe Costanza, l’unico superstite dell’auto in cui viaggiavano Giovanni Falcone la moglie Francesca Morvillo. E’ entrato nella teca della Scuola di via di Brava e, dopo ventidue anni, ha rivisto la macchina: “La mia macchina” ha sussurrato di
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fronte a quella Croma bianca che quasi sempre guidava lui. L’emozione dei suoi occhi, il silenzio con cui ha continuato a guardarla in ogni singolo centimetro è sembrato quello di chi, in quel 23 maggio, ha avuto salva la vita ma forse, in quell’esplosione che ha ferito le istituzioni e la coscienza comune, ha perso una parte di anima.
Vivo, ma inspiegabilmente tenuto in disparte come gli altri sopravvissuti alle stragi del ‘92. Cinque agenti, cinque nomi che nessuno ricorda: Antonino Vullo (superstite di via D’Amelio ), Paolo Capuzzo, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e Giuseppe Costanza, sono gli scampati miracolosamente all’attentato di Capaci. Costanza era l’uomo di fiducia di Falcone, l’unico a cui il giudice comunicava tutti i suoi spostamenti e che teneva i rapporti con l’ufficio scorta. Se si esclude l’invito arrivatogli quest’anno dalla direzione della Scuola di Via di Brava, in vent’anni non ha mai ricevuto alcuna richiesta a presenziare agli eventi e alle celebrazioni. Come lui stesso ha ricordato, nel primo anniversario della strage, a Palermo, arrivarono molti politici. Ad una commemorazione a cui presero parte anche Maria Falcone e Rita Borsellino, non lo fecero entrare.
Stefano Pressello, Francesco Bruyere e Francesco Faraldo per il far play sportivo nelle scuole on il patrocinio del Comune di Fiumicino (Assessorato allo Sport) e del Comitato Regionale Judo del Lazio si è svolto il secondo Stage di Judo al Faro di Fiumicino, riservato alle categorie dei preagonisti (bambini, fanciulli e ragazzi) e a quelle degli agonisti (esordienti, cadetti, juniores, seniores e master). Circa 140 partecipanti hanno preso parte alle lezioni svoltesi presso la palestra attrezzata della Scuola Media Statale Segre di Fiumicino, alla presenza di un nutrito gruppo di simpatizzanti e genitori dei più piccoli, che hanno fatto da cornice all'evento interamente dedicato alla legalità ed al fair play sportivo e personale. Non è un caso che la location dello Stage sia stata proprio una scuola e che il Judo, notoriamente vettore di buone pratiche e disciplina, sia stato il protagonista di questo secondo appuntamento ospitato dalla città lidense.
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Ottimo padrone di casa è stato il Maestro Stefano Pressello, Assistente Capo della Polizia Penitenziaria e campione mondiale di brazilian jujitsu master oltre che tecnico della Mushin Club di Fiumicino. Oltre a lui, sui 240 mq di tatami disponibili in cui i judoka si sono esercitati, sono stati prodighi di consigli altri tre campioni di livello assoluto: Francesco Bruyere e Francesco Faraldo, entrambi del Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, e Roberto Meloni, in forza al Gs Carabinieri. Presente Canale 10 per interviste e reportage. Soddisfazione per la buona riuscita dello Stage è stata espressa anche dall'Assessore allo Sport di Fiumicino Paolo Calicchio: «Tre grandissimi nomi del judo sono venuti qui, nella nostra città, appositamente per mettere la loro esperienza al servizio di bambini e adulti appassionati di questo sport. Credo che quella di oggi sia davvero una bellissima giornata per Il nostro territorio». H
diritto e diritti Fu addirittura allontanato dal servizio d’ordine, perché sprovvisto di un invito che nessuno aveva pensato di fargli recapitare. Più volte, sentendosi dimenticato dalle istituzioni, ha pensato che rimanere vivo fosse stata quasi una disgrazia, meditando persino di restituire la medaglia d’oro assegnatagli. Dopo la strage riportò delle patologie per cui non fu ritenuto più idoneo alla guida, ma si lamentò che avrebbero potuto almeno impiegarlo in settori più consoni alla sua qualifica una volta rientrato in servizio. A 45 anni si è ritrovato invece a fare il commesso in procura: lo Stato gli chiedeva di arrivare a lavoro, timbrare e attendere l’uscita. Dalla vita frenetica ed emozionante della scorta ad un lavoro troppo distante dalla sua esperienza e dalle sue aspettative. Resistette dieci anni, poi optò per la pensione. H Nella foto sotto Stefano Pressello con Francesco Bruyere e Francesco Faraldo durante lo Stage di Judo svoltosi al Faro di Fiumicino (Roma)
Indennità oraria di missione nel reimpiego scorta entile redazione, sono un assistente capo in servizio presso il Nucleo Traduzione e Piantonamento del N.C. Rebibbia di Roma, durante un servizio di missione ho svolto un reimpiego scorta e richiesto la relativa indennità passiva. Tuttavia, il ragioniere addetto alla liquidazione del trattamento di missione sostiene che l’indennità deve essere conteggiata a partire dalle ore eccedenti il turno giornaliero (6 ore) della seconda missione. La cosa è alquanto strana perché mi risulta che le missioni svolte in un'unica giornata si considerano consecutive. Sarei grato se si potesse avere un chiarimento sulla questione. Ringrazio anticipatamente. Distinti saluti.
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aro lettore, l’indennità oraria di missione (c.d. passiva) è destinata a compensare il personale impiegato nei viaggi di servizio per il tempo che non può essere retribuito con il compenso per lavoro straordinario. A tal riguardo si precisa che, in occasione di viaggi di servizio con diritto al trattamento economico di missione, il compenso per lavoro straordinario è corrisposto per le ore eccedenti il turno obbligatorio giornaliero soltanto al personale che durante l’espletamento del servizio fuori sede svolge effettiva attività lavorativa. E’ considerato, com’è noto, attività lavorativa, il servizio svolto dal personale di Polizia penitenziaria che, durante il viaggio di missione: • è impiegato nel servizio traduzioni e piantonamenti dei detenuti e degli
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Giovanni Passaro Segretario Provinciale Sappe passaro@sappe.it
internati, ed attende alla custodia del traducendo; • è impiegato di scorta in occasione di trasporto d’armi, di munizionamento, di plichi, ecc.; • in qualità d’autista, è impiegato all’effettiva guida di un automezzo; è impiegato in attività di tutela e/o scorta in occasione d’accompagnamento d’Autorità, funzionari dell’Amministrazione ovvero altre personalità, destinatarie di misure di protezione e/o tutela. Per le sole ore di viaggio non riconducibili all’attività lavorativa sopra descritta invece, è corrisposta la maggiorazione dell’indennità oraria di missione (e non il compenso per prestazioni di lavoro straordinario). Le due indennità, quella per il compenso per lavoro straordinario e quella della maggiorazione dell’indennità oraria di missione, non sono ovviamente cumulabili. Nell’ipotesi rappresentata in cui il personale di scorta al termine di un servizio di missione sia reimpiegato, appare chiaro il prolungamento del servizio senza soluzione di continuità, in considerazione del fatto che il personale di scorta svolge le attività preparatorie collegate alla nuova missione. Pertanto, al personale che nella stessa giornata lavorativa viene comandato di scorta ad una traduzione fuori dalla ordinaria sede, dopo aver svolto (o che stia per ultimare) il turno ordinario di servizio giornaliero (ipotesi di carattere eccezionale), compete il compenso per lavoro straordinario per tutto il servizio della traduzione anche se è svincolato dalla custodia del detenuto. H
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dalle segreterie Reggio Calabria
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Assemblea con il Segretario Generale del Sappe l 13 maggio 2014 il Segretario Generale Dott. Donato Capece ha visitato le Case Circondariali di Reggio Calabria “Arghillà” e “G.Panzera”. Dopo la consueta vista sui luoghi di lavoro il Dott. Capece ha incontrato il personale. L’incontro è stato molto intenso ed importante in quanto, oltre al tempo impiegato con i colleghi in servizio, durante la successiva assemblea si è parlato dei molteplici problemi del sistema penitenziario reggino a partire dal mancato pagamento del lavoro straordinario dell’anno 2014, al mancato pagamento del lavoro straordinario degli anni 2012-2013 eccedente le 41 ore mensili e all’impiego disumano nel servizio di traduzione e piantonamenti. Si è anche discusso della mancata mobilità (ad esempio il caso dell’apertura del padiglione presso la C.C. Catanzaro) e della mobilità nazionale, dell’apertura della consorella di Arghillà attingendo arbitrariamente personale dal
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Busto Arsizio La Pasqua dei colleghi di Busto Arsizio iceviamo e volentieri pubblichiamo, questa foto dall’istituto lombardo di Busto Arsizio con i colleghi che posano in compagnia del Cappellano dell’istituto mostrando orgogliosi un grande uovo di cioccolato. Anche se in ritardo, la redazione contraccambia gli auguri... H
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Panzera, dello sblocco degli assegni di funzione e di avanzamento, del rinnovo de Contratto (scaduto da 7 anni) e della mobilità ordinaria (interpello 2013) per stabilizzare l’organico di Polizia Penitenziaria di Arghillà . Si è accennato alla carenza agenti, con 7.000 agenti in meno, ai
mezzi inadeguati per le traduzioni, l’assenza di divise e vestiario in genere, di riordino delle carriere che equipari la Polizia Penitenziaria alle altre forze di Polizia, e ad una dirigenza generale al DAP che sia attenta e vicino al personale di Polizia Penitenziaria. H
dalle segreterie Roma Visita del Sappe alla CCF di Rebibbia roseguendo le visite sui luoghi di lavoro laziali da parte del Sappe e non poteva certo mancare la realtà femminile della Casa Circondariale di Roma. Il 9 maggio 2014, il Direttore Ida Del Grosso Ida e il Comandante Dario Pulsinelli, ricevono la delegazione presieduta dal Segretario Nazionale Maurizio Somma. Il primo posto di servizio che s’incontra è il Cancello Direzione, luogo di filtro, dove il collega, verifica l’esatto accesso ai reparti degli operatori esterni autorizzati (ad esempio: i docenti, i volontari ex art. 17 ecc.), è da qui, che si provvede a coordinare le detenute che dalle sezioni detentive, vengono chiamate dai vari Uffici. A disposizione del collega in servizio, sono presenti due monitor per vigilare, sulle detenute autorizzate a recarsi presso le aule scolastiche e di sartoria; un microfono per chiamare le medesime che si trovano presso le aule ed un citofono per comunicare ogni qualvolta vi sia la necessità. Proseguendo si accede alle scale e s’intravede il lungo corridoio che porta alle sezioni detentive, che non è certo in ottime condizioni. L’intonaco, sembra mantenersi con difficoltà, per non parlare poi di una umidità che, nel tempo ha lasciato il suo segno e lo si nota dalle fotografie realizzate dal Delegato Regionale Andrea Arzilli, così come è evidente la scarsa manutenzione. Positiva invece, la presenza di diverse telecamere, che consentono il controllo da parte della Sala Regia nella zona di transito in menzione. Arrivati al locale Cucina detenute, l’impressione è senz’altro positiva, eccetto per il posto di servizio destinato a chi ci lavora che non prevede nessun box agenti. Nessuna nota negativa, per il posto di servizio del Sopravvitto, che si presenta apparentemente in buone
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condizioni, confermate da chi ci lavora. A questo punto si accede ai reparti detentivi. In primis, il Reparto Camerotti, la cosiddetta “ala giudiziaria”, destinata, principalmente all’ubicazione di detenute giudicabili. Strutturato, in un Piano Terra e tre piani detentivi. Nel reparto Camerotti, c’è un Agente per ciascun piano detentivo. In questo caso, parzialmente positivo il giudizio, per la mancata manutenzione del bagno agenti al primo piano, ove si notano, dei fili elettrici scoperti. Sarebbe anche necessaria l’istallazione di climatizzatori. Uscendo si prosegue per il Reparto Cellulare, considerata una fattispecie di Reclusione. Qui c’è la Sorveglianza Dinamica, e già si nota la differenza. La teoria del servizio prevede: una unità di Preposto e due unità dinamiche che vigilano sui tre piani detentivi, ma la carenza di personale non sempre lo consente. Rimane invece a sé stante, il Reparto di Primo Ingresso che di norma deve garantire
l’impiego a turno di un Agente. Accediamo al Reparto di Massima sicurezza, dedicato ai detenuti di AS1, AS2 e AS3, ove l’unica nota è la presenza nell’atrio, di un quadro elettrico, che sarebbe opportuno coprire. Giungiamo quindi al Reparto Nido, ove sono ubicate le detenute madri con i propri figli minori, fino a tre anni di vita: qui si potrebbe intervenire a tutela del lavoratore, individuando un luogo più idoneo per l’allocazione dei cassonetti dei rifiuti, troppo vicini alla postazione dell’agente. Positiva l’impressione del Reparto Infermeria, divisa in due sezioni INF 1 per detenute in terapia metadonica e
INF 2 per detenute con patologie che richiedono particolare attenzione dal punto di vista medico-sanitario. Considerata la delicatezza del reparto, sarebbe necessaria la presenza di due agenti ad ogni turno. Nelle Caserme del personale di Polizia Penitenziaria, in particolare la Caserma Seconda, si nota la presenza di una lavatrice molto vicina ad una parete comunicante con una stanza adibita al personale, che sarebbe quindi da spostare. H
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Nella foto le condizione dell’istituto visitato
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dalle segreterie Roma
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Al Quirinale il picchetto d’Onore della Polizia Penitenziaria rende gli onori al Governatore della Nuova Zelanda
l 16 maggio 2014 alle ore 11:00 presso il Cortile d'Onore del palazzo del Quirinale, un picchetto d'onore della Polizia
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Quartu S. Elena La collega Samuela De Matteis salva un uomo dal suicidio n venditore ambulante di Quartu, R.S., 60 anni ha tentato di darsi fuoco di fronte al Municipio di Quartu Sant’Elena in provincia di Cagliari ma, fortunatamente, è stato convinto a desistere da un Agente di Polizia Penitenziaria che passava per caso e libera dal servizio. L’uomo si era incatenato di fronte all’ingresso del Municipio, cospargendosi di benzina, L’Assistente Samuela De Matteis,
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Penitenziaria, agli ordini del Commissario Mariano Salvatore, ha reso gli onori militari al Governatore Generale della Nuova Zelanda Jerry
Mateparae, in visita al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Subito dopo l'evento, l'assistente Militare di servizio, Generale Salvatore Cuoci e il Consigliere Militare del Presidente, Generale Mosca Moschini, hanno voluto ringraziare la Polizia Penitenziaria, complimentandosi con l'intero picchetto giudicato ineccepibile. Non è stato un atto di eroismo, e forse lo avrebbe fatto bene chiunque, però è giusto sottolineare come la Polizia Penitenziaria sia stata in grado di svolgere egregiamente il prestigioso compito tanto da essere apprezzata per la propria professionalità anche in un contesto come quello del Quirinale e in attività che non sono certo la quotidianità del Corpo. H accortasi del gesto che l’uomo voleva compiere, si è avvicinata e ha cominciato a parlargli e a tenergli la mano con cui teneva l’accendino, convincendolo poi a desistere fino all’arrivo dei Vigili del Fuoco. L’uomo, che esercita la professione di ambulante da più di venti anni, aveva ricevuto circa la settimana prima, una multa e il sequestro della merce dalla Polizia Locale per essersi fermato oltre l’orario consentito. Gesto eroico della collega che nonostante il pericolo, ha messo in gioco la sua incolumità per salvare una vita. Questo è uno dei tanti episodi in cui si rivela la professionalità del personale del Corpo anche sotto un profilo psicologico e di solidarietà umana. H
il libro Teramo Ennesimo tentativo di suicidio in carcere sventato dalla Polizia Penitenziaria
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l 21 maggio gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno salvato da sicura morte un detenuto di origine marchigiana, ristretto presso la Casa Circondariale di Teramo, che aveva tentato di impiccarsi con le lenzuola legate alle inferriate della finestra della cella.
Si continua a voler ignorare, a distanza di tempo dalla dichiarazione dello stato d’emergenza per la questione penitenziaria, che il carcere di “Castrogno” ospita 370 detenuti su 270 di capienza tollerabile, così come a nulla sono valsi gli appelli, all’Amministrazione Penitenziaria Regionale e Nazionale di non inviare ulteriori detenuti in questo grave momento di sovraffollamento dell’istituto e trasferire quelli con gravi patologie psichiatriche e sanitarie. Le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, ogni giorno, nonostante la carenza d’organico di 60 unità, la mancanza del riposo settimanale e delle ferie (ad oggi risultano ancora da fruire 16.000 giornate), del mancato pagamento del lavoro straordinario, con grande sacrificio e alto senso di responsabilità cercano di salvaguardare l’incolumità dei ristretti assicurando nel contempo l’ordine e la sicurezza interna ed esterna del carcere e tutti i compiti istituzionali affidati come il servizio delle traduzioni che quotidianamente assorbe mediamente 30 unità. H
M. Antonella Pasculli e Nicoletta Ventura
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LA NUOVA LEGGE SVUOTA CARCERI NEL DIRITTO Editore • pagg. 139 - euro 20,00
l commento alla Legge 21 febbraio 2014 n. 10, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, fornisce una lettura chiara e sintetica degli articoli della nuova legge, con rinvii alla precedente normativa in tema ed ai più accreditati orientamenti dottrinari e giurisprudenziali, fornendo uno strumento agile per un primo approccio cognitivo all’analisi della legge 21 febbraio 2014, n. 10. La legge nasce dal bisogno di restituire ai detenuti la possibilità di esercitare concretamente i loro diritti fondamentali e di affrontare il fenomeno del sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle inderogabili istanze di sicurezza della collettività. Pertanto, si è scelto di intervenire con un pacchetto di misure che operano su più fronti, nell’ottica della necessità primaria di ridurre il numero dei carcerati, ma in maniera selettiva e non indiscriminata. Tale obiettivo viene perseguito attraverso misure dirette ad incidere sia sui flussi di ingresso negli istituti di pena, che su quelli di uscita dal circuito penitenziario. Tra le principali novità, In materia di stupefacenti, è stata prevista l’introduzione di una nuova ipotesi di
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reato, in luogo della previgente circostanza attenuante. Per quanto attiene all’affidamento terapeutico, sono state ampliate le ipotesi di concessione anche ai casi di precedenti violazioni. La misura della “liberazione anticipata” viene strutturata come una misura non automatica, in quanto non determina una liberazione immediata di massa. Tutte le misure sono introdotte per adeguare il sistema penale alle indicazioni della sentenza Torreggiani da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, al fine di limitare il sovraffollamento carcerario e di rafforzare gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute. H Erremme
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cinema dietro le sbarre
The Way Back a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
Nelle foto la locandina e alcune scene del film
he Way Back è un film del 2010 scritto e diretto da Peter Weir, tratto dal libro autobiografico Tra noi e la libertà di Rawicz Slavomir. Il film è interpretato da Jim Sturgess, Colin Farrell, Ed Harris, Saoirse Ronan e Mark Strong. Nel 1939, Janusz, un tenente dell’esercito polacco, denunciato dalla moglie, viene accusato di spionaggio e condannato a 20 anni di lavori forzati da scontare in un gulag siberiano. Dopo due lunghi anni di prigionia Janusz, insieme ad altri sei detenuti, riesce ad evadere dal gulag. Purtroppo, ciò che li attende fuori dal campo di prigionia è l’inverno siberiano. La loro prima destinazione è il lago Baikal ai confini con la Mongolia, ma il viaggio è destinato ad essere molto più lungo e tormentato. Gli evasi saranno costretti a percorrere migliaia di chilometri,
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attraversando la ferrovia transiberiana e il deserto del Gobi, subendo fame, gelo e malattie, fino ad arrivare in India dopo un anno di tormenti. Tra gli interpreti, Colin Farrell è a suo agio nei panni del cupo criminale Valka, mentre Ed Harris è davvero bravissimo in quelli del volutamente anonimo Mr. Smith. Sul cast, però, finisce per dominare l’ambiente naturale con la splendida
fotografia di Russell Boyd, esaltante quando occupa l’intero schermo riducendo gli esseri umani a poco più che una impercettibile presenza. Esseri umani che, a tratti, rischiano di perdere la propria umanità, per poi ritrovarla quando, pur ridotti alla fame, litigano sul metter più o meno
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la scheda del film Regia: Peter Weir Tratto dal romanzo: "Tra noi e la libertà" di Slavomir Rawicz (ed. Corbaccio, coll. Exploits) Soggetto: Slavomir Rawicz (libro) Sceneggiatura: Peter Weir, Keith Clarke Fotografia: Russell Boyd Montaggio: Lee Smith Costumi: Wendy Stites Musiche: Burkhard Von Dallwitz Scenografia: John Stoddart Produzione: Exclusive Films, Point Blank Productions, On The Road, National Geographic Films,Crispy Films, Imagenations Abu Dhabi FZ, Scott Rudin Productions Distribuzione: RAI Cinema, 01 Distributions (2012) Personaggi ed Interpreti: Janusz: Jim Sturgess Sig. Smith: Ed Harris Irena: Saoirse Ronan Valka: Colin Farrell Khabarov: Mark Strong Voss: Gustaf Skarsgard Tomasz: Alexandru Potocean Kazik: Sebastian Urzendowsky Zoran: Dragos Bucur Andrei: Dejan Angelov Janusz nel 1989: Irinei Konstantinov Moglie di Janusz (1989): Meglena Karalambova Moglie di Janusz (1939): Sally Edwards Bohdan: Igor Gnezdilov Lazar: Mariy Grigorov Genere: Drammatico Durata: 99 minuti Origine:USA, 2010 sale nel cibo secondo una ricetta. Le riprese si sono svolte in Marocco, India e Bulgaria e il film è stato presentato al Telluride Film Festival nel settembre 2010, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi a gennaio 2011 e in quelle italiane a luglio 2012. H
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mondo penitenziario
L’affettività in carcere Migliorare e ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le proprie famiglie Luca Pasqualoni nnnnn pasqualoni@sappe.it
Nella foto mani che si sfiorano
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a vexata quaestio dell’affettività in carcere, particolarmente avvertita non solo nell’ambito penitenziario, è tornata in auge grazie all’ordinanza di rimessione n. 132 del 2012 del Tribunale di sorveglianza di Firenze, che ha ritenuto di portare all’attenzione del Giudice delle leggi l’articolo 18, comma 2°, della Legge 354/1975, laddove dispone testualmente che: “i colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia”, in quanto tale disposizione si porrebbe in contrasto con plurimi parametri costituzionali che di seguito si riassumono.
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e autorizzate visite che consentono di trascorrere parte della giornata, in appositi locali o all’aperto, e di consumare un pasto in compagnia delle persone ammesse ai colloqui, ferme restando tuttavia le modalità previste dal secondo comma del citato articolo 18. Orbene, i colloqui e le visite, non consentendo in nessun caso la sottrazione al controllo visivo del personale di custodia, porterebbero ad una compromissione della libera manifestazione dell’affettività sia del soggetto ristretto sia dei suoi familiari con il conseguente impedimento all’espressione naturale e completa dell’affettività e, all’interno di essa,
In primis, il magistrato di sorveglianza ha osservato come l’ordinamento penitenziario includa tra gli elementi del trattamento rieducativo l’agevolazione dei rapporti con i familiari, prevedendo segnatamente che “particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie”. Tale direttiva trova poi attuazione e specificazione nell’articolo 61 del Regolamento di esecuzione 230/2000, in base al quale possono essere concessi, ai predetti fini, colloqui ulteriori oltre a quelli ordinari
dell’espressione completa della sessualità con il partner. Parimenti, anche i permessi riporterebbero la sessualità in una situazione di libertà con il ritorno nei propri ambiti personali e socio familiari e non consentirebbero di superare tale empasse per l’evidente carattere residuale degli stessi. L’astinenza sessuale imposta dalla norma denunciata si porrebbe, peraltro, in contrasto non solo con le indicazioni contenute in raccomandazioni del Consiglio d’Europa, ed in particolare con la raccomandazione 1340/1997 e in
modo ancor più pertinente con la raccomandazione R(2006)2 sulle regole penitenziarie europee, ma anche con gli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, in quanto determinerebbe il ricorso a pratiche “innaturali”, quali la masturbazione e l’omosessualità “ricercata o imposta”, che non solo ostacolerebbe il pieno sviluppo della persona del detenuto, ma la avvilirebbero profondamente, risolvendosi, così, in un trattamento contrario al senso di umanità. Da ultimo, la norma censurata violerebbe, ancora, l’articolo 29 Cost., secondo il quale “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” poiché determinerebbe il fenomeno “innaturale” dei matrimoni “bianchi” in carcere, celebrati ma non “consumati”. Pur riconoscendo l’importanza della tematica sollevata, la Corte costituzionale, con la sentenza 301/2012, aderendo in buona parte alle argomentazioni dell’Avvocatura dello Stato, ha tuttavia dichiarato la questione inammissibile sotto un duplice profilo. In primo luogo, l’ordinanza del giudice di sorveglianza avrebbe omesso di motivare circa la rilevanza della questione nel giudizio a quo, cosicché per costante giurisprudenza della Corte costituzionale l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale, non emendabile tramite la lettura diretta degli atti di tale giudizio, ostandovi il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, ha impedito la necessaria verifica della rilevanza della questione e ne ha determinato, di conseguenza, l’inammissibilità. In secondo luogo, la Corte ha evidenziato come un intervento puramente e semplicemente ablativo della previsione del controllo visivo sui colloqui, come quello richiesto dal giudice a quo, si rileverebbe, per un verso, eccedente lo scopo perseguito e, per altro verso, insufficiente a realizzarlo. Il controllo a vista del personale di custodia, infatti, non mira ad impedire
mondo penitenziario in modo specifico ed esclusivo i rapporti affettivi intimi tra il recluso e il suo partner ma persegue finalità generali di tutela dell’ordine e della sicurezza all’interno degli istituti penitenziari e di prevenzione dei reati e, nel contempo, la eliminazione del controllo visivo non basterebbe, comunque, di per sé, a realizzare l’obiettivo perseguito, dovendo necessariamente accedere ad una disciplina che stabilisca termini e modalità di esplicazione del diritto in parola. Infine, la Corte costituzionale si è premurata di evidenziare di non poter adottare neanche una sentenza additiva “di principio” con cui si limiti ad affermare l’esigenza costituzionale di riconoscere il diritto in parola, demandando al legislatore il compito di definire modalità e limiti della sua esplicazione e, nelle more dell’intervento legislativo, lasciando ai giudici comuni la possibilità di garantire interinalmemte il diritto stesso tramite gli strumenti ermeneutici, sulla base della disciplina in vigore, stante l’alto tasso di discrezionalità legislativa insito nelle scelte di fondo da compiere che non può essere supplito nemmeno, in via transeunte, dai singoli giudici. In un’ottica prettamente penitenziaria risulta che nelle Case circondariali l’omosessualità risulta praticata in modo sporadico ed occasionale, mentre nelle Case di reclusione si stima che il 70-80% dei reclusi pratichi rapporti omosessuali con gli altri detenuti. Come tutte le cose che vengono negate, in carcere la sessualità diventa un’ossessione e non è raro che le persone si lascino tentare dalle ‘occasioni’ che man mano si presentano loro: può accadere infatti che alcuni ristretti decidano di offrire prestazioni sessuali nell’ambito di una stringente logica di do ut des. Non dobbiamo dimenticare che chi entra in carcere, fino a quel momento, ha avuto una vita sessuale normale o pressoché normale, ovvero ha potuto scegliere il proprio o la propria partner con la massima libertà. Invero, se una persona eterosessuale
non ha forse mai pensato ad avere un partner dello stesso sesso, pratica verso la quale nella vita libera può aver provato semplice avversione, se non addirittura ripugnanza, in carcere tutto cambia: i detenuti raccontano che, dopo un primo periodo in cui tutto si pensa meno che alla sessualità, comincia a farsi opprimente il desiderio, il bisogno di allentare le tensioni che, man mano, si sono andate creando nell’apparato genitale. A questo proposito, va rilevato che la popolazione carceraria femminile sembra in questo senso incline a forme di sessualità più controllate. La tensione sessuale delle donne, infatti, è più orientata verso manifestazioni di affetto e dunque, sebbene vi siano rapporti saffici, essi sono meno appariscenti di quelli messi in atto dagli uomini, sono meno violenti e soprattutto tesi a formare delle relazioni pseudo familiari, che non creano motivi di disordine. Per gli uomini, il sollievo viene dapprima cercato nella masturbazione, via via sempre più stimolata dalla visione di materiale pornografico, che in carcere è assai diffuso. Poi anche questa non basta più e si desidera toccare, lasciarsi accarezzare, perché la sessualità, dopo tutto, è anche affettività, comunicazione, contatto. Ed allora si comincia con uno scherzo, un gesto affettuoso, una coccola e si finisce con il diventare veri e propri amanti, con tanto di gelosie, tradimenti, scenate e violenze. E questo cambiamento indotto nell’identità di genere ed anche nella scelta del proprio ruolo sessuale può provocare delle dissociazioni a livello psichico, che possono essere alla base di un successivo disturbo psicopatologico o psichiatrico. Infatti, si possono andare ad incrinare precedenti fragilità, rinfocolare traumi, esaltare sensi di auto
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colpevolizzazione, perdere completamente la stima di sé, fino ad arrivare a togliersi la vita. In questo senso non sono mancate proposte di legge, peraltro mai approvate, per tentare di introdurre la possibilità che il recluso possa fruire di permessi-premio finalizzati a coltivare in particolar modo gli interessi affettivi in intimità, come peraltro accade da tempo in Danimarca, Norvegia, Svezia, ove vengono messe a disposizione dei ristretti “legittimati” monolocali, esterni o interni alla struttura penitenziaria, destinati ai rapporti prolungati con i familiari. Alla luce di quanto sopra, la questione dell’affettività in carcere, troppo spesso contrabbandata e bollata a mera sessualità, merita ogni attenzione da parte del legislatore, anche in considerazione della normativa sovranazionale, poiché se tale diritto può essere limitato certamente non può essere completamente annullato dalla
condizione di restrizione della libertà personale, su cui già incide il penalizzante e mortificante fenomeno del sovraffollamento che pur contribuisce alla insorgenza di detta omosessualità: fenomeno quello del sovraffollamento ancora destabilizzante, malgrado gli ultimi Governi abbiano adottato e varato reiterati provvedimenti legislativi in tal senso (comunemente conosciuti come svuota carceri) sulla scia dell’ammonimento dato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo all’Italia con la nota sentenza Torreggiani nel mese di gennaio 2013. H
Nella foto mamma e figlio in cella
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Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it
Nella foto accanto al titolo il catamarano Arx
Nelle foto sopra Filippo De Cristofaro a destra Annarita Curina
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crimini e criminali
Il killer del catamarano all’inizio dell’anno dovrebbero essere meno di dieci (i dati del DAP non sono sempre disponibili) i soggetti ristretti nelle patrie galere italiane che non hanno fatto rientro in cella, dopo aver fruito di permessi premio. Nonostante l’istituto sia uno strumento oramai irrinunciabile per il reinserimento dei detenuti, in conformità di quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione che stabilisce e garantisce che le pene, oltre a non poter consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, devono tendere alla rieducazione del condannato, cioè devono consentire la risocializzazione ed un positivo rientro dello stesso nel contesto sociale di provenienza.
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mancati rientri. A ciò è necessario aggiungere che gli evasi, nella maggior parte dei casi, vengono ricondotti, in tempi anche abbastanza brevi, nuovamente all’interno delle carceri. A volte capita che il ristretto che evade ha alle spalle una serie di reati gravi o un singolo crimine efferato tanto da creare allarme sociale e quindi è comprensibile che i giornali si occupino per qualche giorno del caso, con ricostruzioni grossolane e a volte addirittura sbagliando l’istituto nel quale si trovava a scontare la pena il detenuto e dove appunto doveva far rientro. Non è mia intenzione parlare del bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti quando accade
nell’estate del 1988 si macchiò di un delitto atroce, insieme alla sua giovane compagna d’allora. Ero molto giovane all’epoca dei fatti ed avevo rimosso dai miei ricordi il massacro “del catamarano”, come titolarono tanti giornali dell’epoca, l’omicidio di Annarita Curina. La donna uccisa, ha 34 anni ed è divorziata, ama il mare e coltiva una grande passione per le barche a vela tanto da essere una bravissima skipper e possiede, in comproprietà con Giorgio Guidi, il catamarano Arx. Nel porto del canale di Pesaro, dove sono attraccate barche appartenenti a facoltosi personaggi, c’è tanta gente che vive attorno a quei miliardari individui: skipper per passione o per fame, marinai, ragazzi tuttofare e tanta gente strana.
La percentuale di casi dei ristretti che evadono durante un permesso premio è inferiore all’1% di coloro che ne fruiscono: basti pensare che nel 2010 sono stati concessi 19.662 permessi e solo in 38 casi vi è stato un mancato rientro; nel 2011 sono stati concessi 21.923 permessi con 48 mancati rientri; nel 2012 sono stati 25.275 permessi con 52 mancati rientri e analoghi sono i dati del 2013, con 47
qualcosa di rilevante, ognuno deve fare il proprio lavoro, ma almeno credo che una maggiore informazione favorirebbe l’intera collettività. Tra i soggetti evasi, negli ultimi mesi e ad oggi ancora latitanti, merita una menzione particolare Filippo De Cristofaro, ergastolano, non rientrato dal permesso alla Casa di Reclusione di Porto Azzurro, il 26 aprile scorso. L’uomo, oramai sessantenne,
E’ proprio qui che Annarita conosce Filippo De Cristofaro, 34 anni, e la sua compagna Diana Beyer, un olandesina di diciassette anni, con cui pianifica, nell’arco di qualche giorno, una crociera in barca. Anche Stefano Bersani, un amico di Annarita, è tra i componenti del gruppo e dovrebbe aggregarsi successivamente al porto di Bari, dove il natante, però, non approderà mai.
crimini e criminali Il De Cristofaro è un tipo strano, vive di espedienti ed ha una vera passione per le barche a vela; inoltre fa credere, agli altri conoscenti di Annarita, di essere una specie di Rambo, uno che non si ferma davanti ad alcun’ostacolo: «viveri per il viaggio? No non servono. Si può vivere pescando, io sono capace di catturare anche tonni», faceva addirittura sfoggio di una cannuccia capace, a suo dire, di rendere potabile anche l’acqua putrida, diceva: «la usano i marines americani». Il 10 giugno del 1988, è un venerdì, alle 10,30 circa, il catamarano salpa dal porto di Pesaro alla volta delle isole Canarie. Il 28 giugno seguente, su un basso fondale dell’Adriatico, a sette miglia al largo di Marzocca di Senigallia (Ancona), un peschereccio che pesca a strascico recupera un cadavere, zavorrato con un’ancora di 35 chili, con il volto deturpato dalla lunga permanenza in acqua: è Annarita Curina.
ribattezzata nel frattempo Fly2, venne ritrovata nel porto tunisino di Ghar el Melh. Due giorni dopo la polizia tunisina arresta Filippo De Cristofaro e Diana Beyer, mentre tentavano, come riportato da qualche giornale dell’epoca, di scappare in sella ad un cammello nel deserto, nonché un altro uomo olandese, Pieter Groenendijk, 27 anni, imbarcato successivamente alla morte della ragazza e che risulterà, estraneo al delitto. Sulle prime, Filippo piangendo dichiara all’autorità tunisine: «sono stato io ad uccidere Annarita». Poi la ragazza prese su di se ogni responsabilità: «Annarita l’ho uccisa io, mentre il mio uomo dormiva». Lui conferma la versione aggiungendo che si è trattato solo di una storia di gelosia tra le due donne. Poi entrambi crollano e confessano: ad uccidere Annarita Curina è stato Filippo De Cristofaro, con la complicità dell’olandesina. E’ stata lei a ferire la donna ad un fianco con un coltello, mentre la stessa
Nel corso del processo Diana fu condannata a sei anni e sei mesi di carcere minorile per concorso in omicidio, ma in cella scontò solo 15 mesi: ottenne la libertà condizionale e quindi l’assegnazione ad una comunità di fratellanza nei pressi di Grosseto. In primo grado a De Cristofaro fu inflitta una condanna a 38 anni e rinchiuso nel carcere di Ancona Montacuto, dove nel luglio del 1990 progettò addirittura un evasione plateale: doveva aggrapparsi ad una fune calata da un elicottero che in un pomeriggio di fine giugno avrebbe dovuto volteggiare sul campo sportivo del carcere. Il tentativo fu scoperto dal personale di Polizia e dall’allora direttore Felice Bocchino e il «Rambo dei mari» trasferito nel carcere di Cuneo. Il 30 gennaio del 1991, la Corte di Assise di Ancona, nel processo di appello, trasformò la pena in ergastolo; pena confermata anche dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, il 5 giugno 1991.
L’autopsia successivamente svelerà che la donna è stata colpita da diversi colpi di arma da taglio e uccisa con quattro colpi di machete alla testa. Del catamarano, invece, non c’è traccia, sembra svanito nel nulla. L’Italia seguì con il fiato sospeso la vicenda dell’omicidio della ragazza e della scomparsa del natante che diventò il giallo dell’estate. Sino al 19 luglio, quando la barca,
stava riposando sottocoperta. Ma è stato lui a finirla con un machete che si trovava a bordo. Entrambi hanno poi gettato il corpo in mare, dopo averlo zavorrato perché non venisse mai più trovato. Movente del delitto? Quanto mai futile: rubare ad Annarita il catamarano e raggiungere la Polinesia con la sua giovane compagna.
Dirà il suo legale, l’avv. Tomassini, al termine della propria arringa difensiva: «Come può essere, mi è stato chiesto, come può essere un assassino uno con quella faccia d’angelo, che a Tunisi si è fatto arrestare mentre stava curando un cane? ». Di Filippo De Cristofaro, si tornerà a parlare già nel 2007 quando l’uomo, approfittando di un permesso premio,
23 Nelle foto sotto a sinistra la pagina del il Resto del Carlino con la notizia del ritrovamento del catamarano a destra Diana Beyer
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giustizia minorile
24 non fece rientro al carcere milanese di Opera. Circa un mese dopo l’evasione, venne catturato a Ultrecht, in Olanda, la città di Diana Beyer, che nel frattempo si era ricostruita una vita. Dopo una peregrinazione in diversi carceri italiani approda alla Casa di Reclusione di Porto Azzurro. Condotta irreprensibile, collaborativo alle attività trattamentali tanto da convincere il giudice di sorveglianza ha concedergli nuovamente i permessi premio.
“Sicurimpariamo” all’Istituto Penale Minorile “Aporti” di Torino l 5 maggio 2014 alle ore 11.00, presso la Sala degli Specchi della Prefettura di Torino, alcuni membri del Corpo di Polizia Penitenziaria hanno partecipato all’evento conclusivo del Progetto “Sicurimpariamo”. Presenti tra gli ospiti il Dirigente del Centro Giustizia Minorile di Torino e la Dott.ssa Gabriella Picco, Direttore dell’Istituto Ferrante Aporti di Torino. Si ricorda che il progetto ‘Sicurimpariamo’ è stata un’iniziativa sulla Sicurezza del Lavoro portata avanti negli ultimi due anni grazie al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio presso l’Istituto Penale Minorile “Ferrante Aporti” di Torino. La realizzazione del percorso formativo è stata sostenuta dal Comitato per la salute e sicurezza della locale Prefettura con la partecipazione dell’INAIL Piemonte, l’ASL “Servizio di Prevenzione e Protezione”, l’Università degli Studi di Torino e l’Istituto Comprensivo Statale Sidoli. Il progetto, realizzato negli anni 2012/2013/2014, ha avuto il duplice obiettivo di promuovere la “cultura della sicurezza” tra gli operatori del Ferrante Aporti, nonché di attivare -in modo permanente - il “Circolo della salute”, luogo in cui individuare e promuovere soluzioni sulle tematiche della salute e sicurezza dell’ambiente di vita lavorativa. Oltre ad una formazione congiunta effettuata agli operatori dell’istituto, i giovani ospiti sono stati sensibilizzati su tali tematiche all’interno delle ore scolastiche ed hanno prodotto dei fascicoletti in cui sono sintetizzate le procedure minime
a cura di Ciro Borrelli Referente Sappe per la Formazione e Scuole Giustizia Minorile borrelli@sappe.it
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Nella foto ancora la skipper Annarita Curina
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Già dal dicembre scorso, il De Cristofaro fruiva dei permessi, essendo venuta meno già da tempo la pregiudiziale per la non concessione prevista dall’art. 58 quater O.P., per essere stato precedentemente punito ai sensi dell’art. 385 del codice penale (evasione). «Ho ancora molta paura di lui. Non lo sento da 26 anni, e mi chiedo come sia potuto accadere che Filippo sia evaso di nuovo, per la seconda volta. Mi sembra una cosa sconcertante». E’ il messaggio che Diana Beyer ha fatto avere all’Ansa attraverso il legale che la difese 26 anni fa, l’avv. Marina Magistrelli. E’ stata la Magistrelli a informarla per telefono in Olanda che l’ex fidanzato e complice nell’omicidio della skipper Annarita Curina è evaso per la seconda volta. Oggi Diana ha 42 anni e tre figli. Mentre Filippo De Cristofaro per ora è libero, ma il suo arresto non tarderà ad arrivare. Alla prossima... H
per la tutela della salute di chi vive in comunità. All’evento era presente anche il Prefetto di Torino, Paola Basilone, che ha espresso la speranza che “questo progetto diventi un modello strutturale che possa essere allargato anche ad altri Istituti”. Il vice prefetto Gatto, invece, ha dichiarato “ ...in questi due anni per la prima volta in Italia è stato realizzato nell’istituto un percorso informativo/formativo rivolto a tutti gli operatori (agenti di Polizia Penitenziaria, personale amministrativo, educatori e volontari) allo scopo di fornire loro gli strumenti necessari per operare con i giovani ‘ospiti’ della struttura, educandoli alla cultura della sicurezza, attraverso l’acquisizione della consapevolezza del pericolo e del rischio nei luoghi di vita e di lavoro”. Nell’I.P.M. di Torino è così nato, grazie all’impegno di tutto il personale di Polizia Penitenziaria in servizio, il primo “Circolo della salute e della sicurezza”, cui è affidato il compito di programmare stabilmente l’attività di promozione della salute e della sicurezza all’interno della struttura. H
mondo penitenziario
25
Francesco Saverino un artista che disegna la sua realtà rancesco Saverino è un poliziotto penitenziario in servizio presso la Casa Circondariale di Prato che, attraverso le sue opere, “disegna” una sofferenza del vivere all'interno di un istituto penitenziario, condividendo tuttavia anche quelle di altre realtà. La bambina che si dispera non trovando più a sua disposizione neanche una goccia di latte da chi le ha dato la vita, l'immagine di una donna dal volto bellissimo ma che “trasuda” di malinconia, testimoniano la capacità di sostenere un ruolo istituzionale ma anche di sapersi calare, con il solo strumento di un talento innato, nei dolori della vita che, un mestiere quale il poliziotto penitenziario, ben conosce piu' di altri.
momentanea consolazione. Ed è proprio tale contrapposizione che traspare dalle opere di Francesco. Egli sembra inviti lo spettatore a guardarsi “dentro” con gli occhi di un bambino anche se ormai ha vissuto e forse superato troppi dolori, assaporando soltanto rare gioie. Un augurio a Francesco, poliziotto penitenziario, affinchè possa soddisfare appieno le sue aspettative di artista. H Rosa Cirone
F
La sensibilità e la devozione nella cura che Francesco mette nel dipingere i particolari dei volti, delineano in maniera delicata ma anche dirompente, una forza espressiva non comune. La sua voglia di comunicare non con le parole ma con due colori: il bianco e il nero – dolore e gioia, rimanda ad antichi tormenti con cui l'essere umano e' costretto a convivere.
Non vi può essere nel vissuto di ogni uomo una gioia se non ha prima attraversato un dolore, si, dolore, questa parola che tanto ci fa paura diventa alla fine il preludio di un piacere che vestirà i panni di una
Nelle foto alcune opere del collega Francesco Saverino
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26 a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it
Sopra la copertina del numero di novembre 1999 nelle altre foto il Convegno di Napoli
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come scrivevamo iù di venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Come Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato tanti anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.
P
Il Ministro Oliviero Diliberto a Napoli per la Polizia Penitenziaria di Franz Sperandio
occasione per una visita a Napoli-Poggioreale sollecitata dal SAPPE l’estate scorsa - il Ministro Oliviero Diliberto l’ha colta dopo una domenica trascorsa a Sorrento a un Convegno di magistrati che, a dieci anni dall’emanazione del nuovo Codice di procedura penale (Vassalli, 1988), hanno voluto una verifica degli effetti della nuova normativa sulla legislazione penale. Il motivo , lunedì 25 ottobre, é un Convegno all’interno del carcere: alle 10 il Ministro é arrivato puntuale (nonostante il caotico traffico di Napoli: bravi gli autisti e la scorta!) al portone dell’istituto, ricevuto dal Provveditore Regionale Brunetti, dal
L’
Il Ministro, prima di presenziare al Convegno “Polizia Penitenziaria in Campania: garanzia negli istituti, sicurezza dei cittadini”, organizzato dal SAPPE nella chiesa di Poggioreale, ha partecipato, su invito della Segreteria Regionale per la Campania, alla deposizione di una corona d’alloro alla lapide che commemora i Caduti del Corpo, pochi minuti d’intensa commozione in ricordo di chi non c’é più, ma vive sempre nel cuore e nella memoria dei Colleghi. Un Convegno, quello svoltosi a Poggioreale, caduto in un momento molto delicato per l’Amministrazione, a soli due giorni dall’assoluzione a Palermo del Senatore Giulio Andreotti
direttore di Poggioreale Acerra e dal Segretario Generale del SAPPE Capece. Diliberto é stato preceduto per pochi minuti da Paolo Mancuso, vice di Caselli al DAP, che il giornale “Il Mattino” dà invece presente nello stesso momento a Palazzo di Giustizia, a un dibattito su “Esecuzione della pena e Tribunali di sorveglianza,”, mentre da Roma, in risposta a una telefonata che chiedeva di lui, dicono che “é fuori stanza”: che Mancuso goda del dono dell’ubiquità?
dall’accusa di collusione con la mafia, in un processo in cui proprio Giancarlo Caselli é stato il garante per l’accusa. Agli attacchi al direttore generale del DAP di una parte del mondo politico, che addirittura vorrebbe le dimissioni dall’attuale incarico a largo Daga, Ollviero Diliberto risponde molto chiaramente: «Rinnovo tutta la fiducia a Caselli. La magistratura non si attacca per questioni-politiche e le sentenze si devono accettare e rispettare».
come scrivevamo Il Ministro dichiara inoltre alla stampa di non avere mai commentato l’operato dei magistrati, né di avere strumentalizzato i processi a fini politici. E di certo non vuole iniziare adesso a farlo. Un momento difficile, quindi, per tutta l’Amministrazione, ma la posizione ferma e garantista di Diliberto fa capire subito che al DAP non ci saranno ulteriori cambiamenti al vertice. Almeno fino a che ci sarà lui in via Arenula e ... D’Alema a Palazzo Chigi! Eh già, c’é nell’aria anche una presunta crisi di governo: tra il caso Mitrokhin e il processo ad Andreotti s’é rifatto sotto e più vispo che mai il “gran picconatore” Cossiga che, tanto per cambiare, consiglia e prospetta l’esigenza di un rimpasto di Governo, per dare qualche poltrona anche ai suoi estimatori e seguaci in cambio del sostegno al Premier. Ma sarà davvero una cosa seria la fiducia? Il Convegno é poi filato liscio, con le relazioni del Segretario Regionale per la Campania del SAPPE Emilio Fattorello - che ha sottolineato le molte difficoltà cui vanno incontro giornalmente gli addetti ai Nuclei T.P. di Napoli e dell’intera Regione, che “soffrono” un credito dall’Amministrazione ammontante a oltre 1 miliardo di lire - di Nicola Caserta e di Donato Capece per la Segreteria Generale del SAPPE - che hanno evidenziato l’importante e indispensabile ruolo della Polizia Penitenziaria per la sicurezza delle strutture carcerarie e dei cittadini, la necessità di integrare l’organico del Corpo con almeno altre 213 unità e sollecitando nel contempo il Ministro ad emanare quanto prima le modalità d’accesso al ruolo direttivo per gli Ispettori, così da dare finalmente dei “capi”, dei dirigenti al Corpo. Ollviero Diliberto, con la solita pacatezza e lucidità che lo contraddistinguono quando parla in pubblico o tra il personale dell’Amministrazione (più di centoventi le persone presenti nella chiesa di Poggioreale, tra Polizia, educatori, direttori degli istituti campani e personale di altri ruoli, oltre alla stampa e TV varie), ha quindi ribadito il
suo preminente ruolo “politico” e, in quanto tale, il Ministro ha ancora una volta ammesso che per lui conta, certamente, una condizione e trattamento del detenuto che siano socialmente e umanamente accettabili e che portino al possibile recupero del reo, così come prevede la Costituzione, ma ancora di più conta il personale che lavora in carcere, troppo spesso trascurato ed abbandonato dalle istituzioni, dai mass media e dalla stessa società per la quale garantisce sicurezza e tranquillità. La Polizia Penitenziaria - s’é capito stà particolarmente a cuore al Ministro, «per il delicato e difficile servizio che svolge senza averne, per contro, le gratificazioni che meriterebbe». Da quando, nell’ottobre 1998, Diliberto ha preso possesso del dicastero della Giustizia é stato fatto parecchio per il Corpo e sono stati ricordati i successi normativi ottenuti: l’emanazione del nuovo Regolamento; l’istituzione del ruolo direttivo per la Polizia Penitenziaria;
la prossima riorganizzazione generale del DAP, dopo quella del Ministero; l’aumento dei fondi per la giustizia in Finanziaria, così da garantire il pagamento dello straordinario al personale (se non
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Nelle foto l’incontro con il Ministro Diliberto
Sopra la vignetta e a destra il sommario del numero di novembre 1999 a fianco i dirigenti del Sappe in una foto di gruppo col Ministro
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come scrivevamo
tutto, almeno in buona parte ...si spera) , l’attuazione di più e migliori corsi di formazione ed aggiornamento professionale, l’adozione di nuovi
mezzi e materiali per una maggiore sicurezza degli istituti (anche attraverso la ristrutturazione di diverse strutture) e dei servizi esterni, oltre ad altre significative conquiste, quali la realizzazione e istituzione dello stemma ufficiale del Corpo, la fissazione della Festa del Corpo a una precisa data, la partecipazione della Polizia Penitenziaria alle missioni di pace all’estero, assieme alle altre Forze di Polizia. Il tutto, si sà, in appena un anno di tempo - ottobre 1998, ottobre 1999 - e ...scusate se é poco (il Ministro non l’ha detto, ma molti lo hanno pensato)! Più che un Convegno, quello di Napoli é stato un propedeutico incontro per il Ministro con un personale che aveva tanto bisogno di “vedere e toccare” l’Autorità di Roma, aveva bisogno di ascoltare dalla sua voce come stanno le cose, per riacquistare almeno in parte la perduta fiducia e stima nell’Amministrazione. E c’é riuscito, Oliviero Diliberto, a farsi voler bene, quasi da tutti. Al rinfresco di chiusura dell’incontro, tra la folla che in queste occasioni non manca mai, si é sentito qualche mugugno da parte di personale dell’area socio-pedagogica e dei direttori, ed anche qualche critica per la troppa attenzione che il Ministro darebbe alla Polizia Penitenziaria: per tanti, troppi anni il Corpo é stato «l’ultima ruota del carro (quella di scorta, ma indispensabile!)», una «Voce soffocata» che non riusciva a
farsi sentire, quasi gli agenti fossero dei “paria” di cui l’Amministrazione si vergognava e stentava a riconoscerli come figli. E’ la verità, anche se nessuno vuole ammetterlo. Il Ministro ha detto basta! E ...così é, se vi pare, anzi, che piaccia o no. Il Corpo, adesso più che mai, ha bisogno della presenza e del sostegno di un Ministro che ha capito le cose questo Ministro - che tutti si augurano resti a via Arenula quanto meno fino al 2001. Poi si vedrà. H
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a fianco: 1960 Casa Reclusione di Porto Azzurro (LI) Sala Convegno (foto inviata da Pasquale Amato)
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Sopra: 1980 Giuramento (foto inviata da Antonio Orsitto)
A fianco: 1990 Giuramento 105° Corso AA.CC. (foto inviata da Vincenzo Capobianco) a sinistra: 1974 C.C. di Perugia Befana A.d.C. (foto inviata da Francesco Cuccaro)
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aduti senza l’onore delle armi” è la prima opera organica sul fenomeno del suicidio nelle Forze di Polizia che appare in Italia. Il testo – scritto con passione, rigore scientifico e da un professionista “con i gradi” che da molti anni vive gomito a gomito con i poliziotti – viene arricchito dal sobrio ed illuminante resoconto dei diversi percorsi suicidari battuti da uomini e donne in divisa. Nel libro si parla diffusamente anche della sindrome del burnout e dello stress traumatico, che rappresenta un rischio specifico per gli operatori di polizia, dato il loro stretto contatto con eventi che hanno a che fare con la morte o il rischio di morte da causa violenta, per loro stessi o per altri, rispetto alla generalità degli altri lavoratori. Questa particolare forma di stress è innescata da eventi cosiddetti “critici”, in quanto in grado di sconvolgere le capacità di adattamento dell’individuo che pertanto sperimenta un profondo sentimento di vulnerabilità ed una devastante sensazione di perdita di controllo sulla realtà.
N
atascia Berardinucci è stata una delle prime donne condannate per stalking in Italia. Incensurata, infermiera, attiva nel sociale e nel volontariato, viene arrestata in attesa di giudizio (cioè prima del processo) in seguito alle accuse che le sono state mosse dall’ex compagno con il quale si doveva sposare e messa successivamente in ospedale psichiatrico. Malata di Parkinson giovanile e chiaramente incompatibile con il sistema carcerario riesce ad uscirne solo dopo che la deputata radicale Rita Bernardini fa un interrogazione parlamentare sul suo caso. Ma questo non le evita la condanna in tutti e tre i gradi di giudizio. Natascia non ci sta e porta la sua storia all’attenzione dell’opinione pubblica e dei media, giornali, emittenti televisive. Questo libro racconta la sua storia.
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LEGISLAZIONE COMPLEMENTARE PER LA POLIZIA PENITENZIARIA - Vol. II LAURUS ROBUFFO Edizioni pagg. 966 - euro 44,00
L’
opera, giunta alla VI edizione, raccoglie le norme penali speciali di maggior interesse per gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria. Come se fosse un codice penitenziario. Trova il suo naturale completamento ne “I codici per l’udienza penale - Volume I”, i cui commenti e annotazioni agevolano una corretta interpretazione delle singole disposizioni per una loro applicazione pratica.
uesti appunti di psicologia penitenziaria sono utili a capire e comprendere l’applicazione della psicologia nella fase dell’esecuzione della pena negli istituti penitenziari, nell’esecuzione penale esterna e nella giustizia minorile. I contributi che compongono il libro, una parte dei quali sono anche alcuni materiali raccolti in dieci anni di attività della Società Italiana di Psicologia Penitenziaria, si concretizzano in approfondimenti di una disciplina tanto importante quanto ancora purtroppo poco conosciuta. Eppure una parte significativa delle risorse umane per il trattamento penitenziario è rappresentata da psicologi e criminologi penitenziari, quali esperti ai sensi del comma 4 dell’articolo 80 dell’Ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), che nel corso di più di 30 anni, hanno garantito tutti gli interventi necessari a favore dei detenuti quali il sostegno, l’osservazione della personalità e il trattamento per favorire il cambiamento e combattere la recidiva, svolgendo un lavoro delicato, che richiede una lunga esperienza, con forti ricadute sulla sicurezza sociale e sulla salute dei detenuti. I contributi pubblicati in questo interessante libro rafforzano la nostra convinzione che il Ministero della Giustizia (attraverso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) dovrebbe perseguire una riorganizzazione dell’intervento di psicologi e criminologi penitenziari che tenga conto della necessità di una maggiore presenza di queste figure negli istituti penitenziari e negli uffici dell’esecuzione penale esterna.
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le recensioni Giampaolo Pansa
BELLA CIAO. Controstoria della Resistenza RIZZOLI Edizioni pagg. 432 - euro 19,90
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on fu solo gloria. Il 25 aprile chi va in piazza a cantare “Bella ciao” è convinto che tutti i partigiani abbiano combattuto per la libertà dell’Italia. È un’immagine suggestiva della Resistenza, ma non corrisponde alla verità. I comunisti si battevano, e morivano, per un obiettivo inaccettabile da chi lottava per la democrazia. La guerra contro tedeschi e fascisti era soltanto il primo tempo di una rivoluzione destinata a fondare una dittatura popolare, agli ordini dell’Unione Sovietica. Giampaolo Pansa racconta come i capi delle Garibaldi abbiano tentato di realizzare questo disegno autoritario e in che modo si siano comportati nei confronti di chi non voleva sottomettersi alla loro egemonia. Quando si sparava, dire di no ai comunisti richiedeva molto coraggio. Il Pci era il protagonista assoluto della Resistenza. Più della metà delle formazioni rispondeva soltanto a comandanti e commissari politici rossi. Bella ciao ricostruisce il cammino delle bande guidate da Luigi Longo e da Pietro Secchia sin dall’agosto 1943, con la partenza dal confino di Ventotene. Poi le prime azioni terroristiche dei Gap, l’omicidio di capi partigiani ostili al Pci, il cinismo nel provocare le rappresaglie nemiche, ritenute il passaggio obbligato per allargare l’incendio della guerra civile. La controstoria di Pansa svela il lato oscuro della Resistenza e la spietatezza di uno scontro tutto interno al fronte antifascista. E riporta alla luce vicende, personaggi e delitti sempre ignorati. Pagina dopo pagina, prendono vita i
protagonisti di un dramma gonfio di veleno ideologico. A cominciare dagli “spagnoli”, i reduci delle Brigate internazionali nella guerra di Spagna, presenti in tutte le bande garibaldine, inchiodati a un comunismo primitivo e brutale. Pansa ce li presenta anche nei loro errori di rivoluzionari senza onore, pronti a uccidere chi li contrastava. E nel metterli a confronto con i partigiani che si battevano per un’Italia libera da qualsiasi dittatura rievoca una pagina di storia che la sinistra ha finto di non vedere. Bella ciao verrà ritenuto un libro scandaloso dai gendarmi della memoria resistenziale. E questa sarà la conferma che Pansa ha fatto un importante passo in più nel suo percorso di narratore revisionista.
Domenico Scali, Patrizia Congiusta, Vincenzo Blanda
MANUALE DEL VICE ISPETTORE DELLA POLIZIA DI STATO LAURUS ROBUFFO Edizioni pagg. 585 - euro 38,00 uesto libro si propone di offrire ai partecipanti al concorso per vice ispettore della Polizia di Stato un punto di riferimento ed una base per una preparazione completa, pratica e di rapido apprendimento. Tutte le materie oggetto delle prove d’esame sono affrontate con completezza ed incisività, ma soprattutto cogliendone e sottolineandone gli aspetti più rilevanti e significativi sotto il profilo professionale e tecnico-operativo per gli appartenenti alla Polizia di Stato. Ma non solo: le materie trattate sono infatti tra quelle (diritto penale, processuale penale, diritto amministrativo, diritto civile e costituzionale) abitualmente in esame per analoghi concorsi di altre Forze di Polizia.
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Gianfranco Giordano
FORZA FLETT PHOTOCITY Edizioni pagg. 232 euro 14,00
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ll’inizio della stagione 2011/12, per festeggiare i suoi cinquantanni, l’Autore si è regalato l’abbonamento all’Ebbsfleet United, squadra della Conference National. E in questo libro racconta i suoi viaggi a Northfleet, venti minuti di treno ad est di Londra per vedere le partite dell’Ebbsfleet United, squadra di Conference National. La prima parte del libro è dedicata al club alla sua storia, in precedenza chiamato Gravesend & Northfleet, dello stadio, della gestione del club e il suo manager, nonchè della proprietà. Nella seconda parte il resoconto delle partite si alterna alle storie di vita vissuta di Giordano, dai rapporti con i tifosi locali e con i media a pillole di storia inglese - il Remembration Day piuttosto che il Boxing Day o curiosità come le ragioni della guida a destra. Seguono, poi, le statistiche del campionato e i tabellini delle partite (anche quelle che non ha visto), le statistiche dei giocatori e una breve storia dei tornei a cui ha partecipato la squadra nella stagione. Il libro è corredato da molte fotografie. H
Polizia Penitenziaria n.217 maggio 2014
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l’ultima pagina Quaderni Circolo Rosselli
E’ UNA BELLA PRIGIONE IL MONDO PACINI Edizioni pagg. 192 - euro 15,00
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fratelli Carlo e Nello Rosselli furono due importanti figure di politici, giornalisti e attivisti dell’antifascismo italiano. A loro memoria è intitolata una dinamica Fondazione che ha lo scopo di studiare, approfondire e dibattere i principali problemi culturali, politici,
economici e sociologici che interessano la società moderna. I fini sociali sono quelli di promuovere riunioni, conferenze, letture, conversazioni e discussioni sui problemi fondamentali che affronta oggi la società italiana. I Quaderni del Circolo Rosselli (QCR) sono una collana di fascicoli con cadenza trimestrale, a carattere monotematico e molto qualificati, e sono uno strumento prezioso di diffusione dei temi di dibattito propri della Fondazione. Il nuovo numero -
3-4/2013 – è monotematico sui problemi del carcere ed offre una serie di interessanti contributi provenienti da tantissimi soggetti coinvolti, direttamente e indirettamente, con il sistema penitenziario. Forse il suo unico limite è che tra tutti coloro che analizzano il sistema e propongono soluzioni non sono coinvolti e non si da voce a coloro che il carcere lo vivono – tutti i giorni, per 24 ore - nella prima linea delle sezioni detentive: ossia noi poliziotti penitenziari. H
il mondo dell’appuntato Caputo Oscure presenze di Mario Caputi e Giovanni Battista de Blasis © 1992-2014
ESCI DA QUESTO CORPO EMILIO...
Polizia Penitenziaria n.217 maggio 2014