Polizia Penitenziaria - Settembre 2014 - n. 220

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anno XXI • n. 220 • settembre 2014

#piazzapermanente www.poliziapenitenziaria.it



sommario

anno XXI • numero 220 settembre 2014

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In copertina: Alcune immagini della manifestazione del 27 agosto a Roma (foto di Vincenzo Coraggio e Roberto Martinelli)

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www.poliziapenitenziaria.it

l’editoriale

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Quando le parole (e le azioni associate) vengono travisate Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

di Donato Capece

il pulpito Direttore responsabile: Donato Capece capece@sappe.it

Chi fa #piazzapermanente e chi fa #vacanzapermanente

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di Giovanni Battista de Blasis

Direttore editoriale: Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it

il commento

Capo redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it

di Roberto Martinelli

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Redazione politica: Giovanni Battista Durante

lo sport

Progetto grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director) “l’appuntato Caputo” e “il mondo dell’appuntato Caputo” © 1992-2014 by Caputi & de Blasis (diritti di autore riservati)

di Lady Oscar

l’osservatorio

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Meno tasse, ma tasse per tutti di Giovanni Battista Durante

e-mail: rivista@sappe.it web: www.poliziapenitenziaria.it Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: Polizia Penitenziaria-Società Giustizia & Sicurezza

crimini e criminali

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Maria Tarnowskaia: la Circe venuta dalla Russia di Pasquale Salemme

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Stampa: Romana Editrice s.r.l. Via dell’Enopolio, 37 00030 S. Cesareo (Roma) Finito di stampare: settembre 2014

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Tiro a volo: Pellielo e Pintor campioni del mondo

www.mariocaputi.it

Registrazione: Tribunale di Roma n. 330 del 18 luglio 1994

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In Grecia l’esperienza del Sappe per il nuovo corso ellenico

Redazione cronaca: Umberto Vitale, Pasquale Salemme

Direzione e Redazione centrale Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma tel. 06.3975901 r.a. • fax 06.39733669

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come scrivevamo

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Giustizia: una patata bollente per il DAP o per il Parlamento? di Franz Sperandio

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

Chi vuole ricevere la Rivista direttamente al proprio domicilio, può farlo versando un contributo di spedizione pari a 20,00 euro, se iscritto SAPPE, oppure di 30,00 euro se non iscritto al Sindacato, tramite il c/c postale n. 54789003 intestato a:

POLIZIA PENITENZIARIA - Società Giustizia & Sicurezza

Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma specificando l’indirizzo, completo, dove va spedita la rivista.

Polizia Penitenziaria n.220 settembre 2014


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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it

l’editoriale

Quando le parole (e le azioni associate) vengono travisate

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ISTIFICAZIONE. [fr. mystification, da mystifier ‘mistificare] - sost. femm. 1. inganno, imbroglio 2. interpretazione tendenziosa e deformante - sinonimo: travisamento

Polizia Penitenziaria n.220 settembre 2014

Ho deciso di aprire l’editoriale di questo numero, ed il SAPPeInforma n.25 del 16 settembre scorso, citando una definizione del dizionario della lingua italiana Zingarelli, edizione del 2014. Ho, (abbiamo) cercato la definizione più efficace e pertinente per rappresentare quel che sta accadendo nell’ambito sindacale in materia di sblocco del tetto salariale per le donne e per gli uomini in divisa. La situazione, come è noto, è assai complessa ma al contempo estremamente chiara. Da diverse settimane il SAPPE, insieme agli amici della Consulta Sicurezza (con noi, SAP, SAPAF e CONAPO), è in piazza per rivendicare lo sblocco del tetto stipendiale delle retribuzioni e per gli avanzamenti di carriera, assegni di funzione. Una mobilitazione che ha raggiunto il suo culmine nella manifestazione di Roma del 27 agosto, giorno in cui – pur se in piena estate – centinaia e centinaia di poliziotti, di penitenziari, di forestali e di vigili del fuoco, provenienti da tutta Italia, si sono dati appuntamento in piazza del Popolo a Roma per manifestare pubblicamente il disagio delle donne e degli uomini in divisa. Una mobilitazione che ha visto un presidio permanente di SAPPE e Consulta Sicurezza davanti alla Camera dei Deputati per richiamare i membri del Parlamento sull’insostenibile situazione, che vede le nostre buste paga ‘al palo’ da più di 4 anni. E proprio quel giorno, mentre decine e

decine di litri di sangue venivano donati dai manifestanti all’autoemoteca dell’Associazione donatori di sangue della Polizia di Stato (“...ci avete tolto il sangue, quel che resta lo doniamo ai cittadini...” ), il Ministro della Pubblica Amministrazione Madia annunciava che gli stipendi sarebbero rimasti fermi almeno fino al 2015, a conferma che la mobilitazione e le avvisaglie del SAPPE e della Consulta Sicurezza erano giuste e reali. Il terremoto sollevato dalle proteste del SAPPE e della Consulta Sicurezza è stato semplicemente dirompente, come pure avete avuto e avete modo di constatare consultando i documenti, le lettere e gli articoli di giornali pubblicati in tempo reale sul nostro sito internet www.sappe.it . Dopo di allora, è successo di tutto e di più. La partita stipendiale era piatto troppo ricco per lasciarlo alla Consulta Sicurezza, deve aver pensato qualcuno, e sono allora usciti allo scoperto anche sindacati e sindacalisti che fino ad allora erano evidentemente rimasti al riparo degli ombrelloni in qualche spiaggia o in qualche baita montana a godersi le ferie estive... Altro che i videomessaggi o i proclami roboanti di chi fino a qualche giorno fa era a godersi le ferie e a tutto pensava meno che alle proteste per contratti, indennità e avanzamenti di carriera bloccati da anni (come dimostra per altro anche la loro assenza a diversi incontri politici, quello dell’Ncd da ultimo)! Si è scomodato persino il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che intervenendo a Porta a Porta su RaiUno (e dimostrando una grave ignoranza su chi è e cosa fa’ il Corpo di Polizia Penitenziaria – altro che “assistenza ai detenuti”...), ha parlato di rivendicazioni sindacali e minacce inaccettabili ed ha subordinato il

reperimento di fondi per lo sblocco salariale al ritiro delle proteste. Alcuni hanno deciso di ritirarsi. Noi no: siamo antati avanti. Siamo andati avanti perché le chiacchiere e le promesse stanno a zero, perché a noi nessuna elemosina dev’essere fatta ma rivendichiamo solo di avere quel che ci spetta! Lo abbiamo ribadito a metà settembre in una riunione presso la sede del Nuovo Centro Destra, partito del ministro dell’Interno Alfano, riunione nella quale abbiamo preteso di essere presenti legittimati dal 43% di consenso del personale in divisa sindacalizzato. Un mese di tempo per individuare una soluzione concreta allo sblocco stipendiale che decorrerebbe dal primo gennaio 2015. Questo hanno proposto il coordinatore nazionale Gaetano Quagliariello e il senatore Andrea Augello durante l’incontro tra sindacati e cocer presso la sede Ncd. Una proposta che non ci ha convinto perché al momento erano state individuate solo parte delle risorse necessarie (circa l’ottanta per cento) e perché non si è fatta menzione di uno anticipo dello sblocco del tetto stipendiale, già da ottobre, come promesso questa estate dai Ministri Alfano e Pinotti. Senza contare la questione degli arretrati e nessun impegno sulla razionalizzazione delle Forze di Polizia e sull’accorpamento del Dipartimento dei Vigili del Fuoco con quello della Pubblica Sicurezza. Per questo, pur prendendo atto degli impegni presi da Ncd, siamo rimasti mobilitati e in stato di agitazione permanente confermando l’astensione dal lavoro di due ore per il 23 settembre di poliziotti, penitenziari, forestali e vigili del fuoco. Abbiamo incontrato anche il Movimento Cinque Stelle e, mercoledì 17 settembre, il presidente Berlusconi. Restiamo in attesa di una convocazione del premier Renzi, che nel momento in cui scrivo questo editoriale non è ancora pervenuta. Per noi la protesta continua, senza ricatti o imposizioni Come sempre dalla parte giusta: la Vostra! H


il pulpito

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n questa strana estate del 2014 (e non solo dal punto di vista meteorologico), insieme ai problemi di carattere economico e lavorativo, sono arrivate altrettanto strane polemiche tra chi si è impegnato in #piazzapermanente e chi si è dedicato alla #vacanzapermanente. Infatti, nei caldi (e bagnati) giorni estivi non si è combattuta solo una “guerra” tra Governo e Sindacati, ma anche una “battaglia” all’interno del mondo sindacale tra la nostra Consulta Sicurezza e il “cartello del Siulp” con annessi una ventina di altri sindacati(ni) a far numero. Battaglia nella quale si sono inseriti tanti esponenti politici a scopo squisitamente elettorale. La nostra Consulta Sicurezza, come è noto, è formata dai quattro più grandi sindacati autonomi del comparto, quello della Polizia di Stato (SAP), quello della Polizia Penitenziaria (SAPPE), quello del Corpo Forestale (SAPAF) e quello dei Vigili del Fuoco (CONAPO), per un totale di trentasettemilamila iscritti, pari a circa il quaranta per cento di rappresentatività. Il “cartello del Siulp” è formato, invece, da ventidue sindacati di vario spessore, molti dei quali sono solo una firma in calce ai comunicati “unitari” che vengono sempre e comunque scritti e diramati dal Siulp di Felice Romano, che è l’unico (a livello di organizzazione e a livello personale) ad avere un ritorno di immagine. La “guerra” contro il Governo è stata combattuta (mentre scrivo questo editoriale è ancora in corso) per l’abolizione del tetto salariale e dei limiti retributivi imposti all’avanzamento delle carriere e la Consulta Sicurezza è stata impegnata per mesi in trincea, girando l’Italia in camper, scendendo in piazza il 27 agosto, mantenendo un presidio fisso davanti Montecitorio e mettendo in atto una clamorosa astensione dal lavoro il 23 settembre. In verità, prima dell’estate, fonti governative (tra le quali la Ministro Pinotti) avevano fatto trapelare indiscrezioni secondo le quali non solo l’Esecutivo aveva intenzione di rimuovere il tetto salariale per il comparto, ma questo sblocco poteva essere anticipato ad ottobre 2014. Rassicurato da queste chiacchiere, il “cartello dei ventidue” ha così allungato le ferie sindacali fino a settembre. Purtroppo, l’ultima settimana di agosto, come un fulmine a ciel sereno (per loro), è arrivato l’annuncio del Ministro

Chi fa #piazzapermanente e chi fa #vacanzapermanente Madia a turbare la #vacanzapermanente, tanto che quella stessa “maggioranza dei ventidue sindacati”, dovendo recuperare un gap quasi incolmabile con la Consulta, ha dovuto “spararla” davvero grossa minacciando lo sciopero della Polizia (protesta evidentemente inattuabile per legge). L’approssimarsi dell’autunno (e quindi del 31 ottobre) ha fatto rispuntare come funghi le firme di una ventina di sindacati(ni) disposti ad accodarsi a qualunque cosa scritta in un comunicato congiunto pur di comparire e dimostrare, così, di esistere ancora. Malgrado le firme, però, non si è riscontrata alcuna traccia (tranne qualche eccezione) di questa pletora di sindacati(ni) alle numerose riunioni indette dai gruppi politici per sentire le ragioni delle rappresentanze delle Forze Armate e di Polizia. A questo punto, come direbbe il buon Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea: “Ma se quelli che dovrebbero rappresentare il personale si fanno a loro volta rappresentare, che motivo hanno di esistere?” Nel frattempo, la Consulta Sicurezza ha deciso di insistere nella battaglia contro il blocco degli stipendi ritenendo del tutto insufficienti le promesse del Governo che fino ad allora si era sbilanciato solo a promettere di risolvere la questione, senza indicare stanziamento di fondi, decorrenza e eventuali arretrati. Il “cartello dei ventidue”, invece, ha sospeso ogni azione subito dopo una “lavata di testa” del Presidente del Consiglio che ha criticato seccamente l’evocazione dello sciopero. Alla fine, il ventidue settembre, è finalmente arrivata la convocazione del Premier che ha fissato un incontro con le rappresentanze delle forze dell’ordine per il successivo sette ottobre. E’ bastato questo per far rispuntare ventidue firme in calce ad un comunicato di gaudium magnum che, non solo ha venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, ma si azzarda,

ancora, ad attaccare la Consulta rea, secondo loro, di rimanere ferma sulle proprie posizioni fino alla certezza dell’accordo. Insomma, il Siulp e il “cartello dei ventidue” non potendo attaccare il ragionamento della Consulta continuano ad attaccare il ragionatore con la speranza che i colleghi seguano il filo delle loro chiacchiere piuttosto che i fatti e le azioni degli altri. Insomma... da una parte ci siamo noi e la nostra #piazzapermanente dall’altra loro e la loro #vacanzapermanente, interrotta solo da chiacchiere e pettegolezzi. Per fortuna, però, i colleghi non se le bevono più le chiacchiere e distintivi, o le chiacchiere e percentuali... Tanto alla fine, il 7 ottobre andremo a scoprire le carte del Governo e sapremo finalmente se i nostri sforzi e le nostre proteste hanno prodotto il risultato sperato. Poi ognuno potrà rivendicare la paternità della vittoria. Purtroppo per loro, però, al di là delle chiacchiere (e percentuali), davanti agli occhi e alle orecchie di tutti i colleghi rimangono i tre mesi di protesta in piazza della Consulta Sicurezza contro le tre settimane di chiacchiere e comunicati del “cartello dei ventidue”. Grazie a Dio, ognuno avrà la possibilità di valutare e giudicare il peso che hanno avuto le due cose nella vicenda e potrà decidere da solo a chi attribuire la paternità della vittoria. Mutuando una frase del collega Marco Moroni della Forestale: Noi del Sappe non siamo malati di protagonismo, Noi del Sappe siamo naturalmente protagonisti della storia della Polizia Penitenziaria. Perché siamo nati con il Corpo, perché siamo cresciuti con il Corpo e perché siamo una sola cosa con il Corpo. Secondo voi è un caso se da venti anni siamo il primo Sindacato dela Polizia Penitenziaria? La matematica non è un opinione e su questo non si può contestare né il ragionamento né il ragionatore! H

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Giovanni Battista de Blasis DirettoreEditoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it

Polizia Penitenziaria n.220 settembre 2014


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il commento

In Grecia l’esperienza del Sappe per il nuovo corso ellenico Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it

Nella foto le delegazioni sindacali di Italia e Grecia

Polizia Penitenziaria n.220 settembre 2014

l SAPPE prosegue il suo impegno in ambito internazionale per conoscere i sistemi penitenziari degli altri Paesi, far conoscere il ruolo del Corpo di Polizia Penitenziaria italiano, apprendere le modalità di lavoro e di organizzazione del personale addetto alla custodia nei servizi detentivi e, quindi, favorire utili e necessari interscambi professionali.

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partecipato ad Atene, in Grecia, a una conferenza di servizio con i colleghi greci del Sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria OSYE (Omospondia Sofronistikon Ypallilon Elladas) per concretizzare una sinergica azione di intervento presso le Istituzioni europee sui temi penitenziari. Un importante aiuto, per quanto

E’ importante ricordare che lo scorso maggio 2013, a Bruxelles, la Confederazione europea dei sindacati indipendenti (CESI - Confédération Européenne des Syndicats Indépendants), un’organizzazione di tutela europea con membri provenienti dall’Unione Europea, Stati membri e Paesi associati, ha eletto Vice Presidente del Consiglio di categoria Giustizia Donato Capece, segretario generale del SAPPE, in virtù dell’impegno e della rappresentatività che il primo Sindacato del Corpo di Polizia Penitenziaria ha raggiunto nella tutela dei diritti dei poliziotti penitenziari in Italia e dei numerosi contatti e collaborazioni che è riuscito a intraprendere in ambito internazionale. In tale ottica, dal 9 all’11 settembre scorsi i componenti del Consiglio Nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE hanno

concerne gli aspetti organizzativi, l’ha dato l’Ambasciata d’Italia ad Atene e, in particolare, l’Ufficiale di collegamento Interpol per la Grecia, vice questore aggiunto della Polizia di Stato Giovanni Accardo. E’ preliminarmente interessante notare ed evidenziare come Italia e Grecia hanno entrambe più detenuti dei posti disponibili nelle carceri: circa 54mila e 500 in Italia (dove i posti regolari effettivamente disponibili sono circa 40mila) e 12mila in Grecia (capienza regolamentare 8mila posti per i 32 penitenziari del Paese ellenico). Donato Capece, segretario generale SAPPE, ha spiegato agli organi di informazione ellenici, molto interessati all’incontro interprofessionale che si è tenuto ad Atene: «nella tre giorni greca, a cui hanno partecipato i componenti la Segreteria Generale e i Segretari Nazionali e Regionali del SAPPE,

abbiamo trattato l’analisi dei dati e l’attualità della situazione penitenziaria italiana e greca con gli amici dell’OSYE, accompagnati dal Presidente Spyros Karakitsos. Si è trattato di un importante momento di confronto e analisi del sistema penitenziario nazionale ed europeo nonchè di studio delle iniziative di strategia sindacale che saranno svolte dalla Segreteria Generale e dai responsabili regionali nei prossimi mesi, anche in sede di Parlamento europeo». Nel corso della visita, insieme a una delegazione degli amici aderenti dell’OSYE (Omospondia Sofronistikon Ypallilon Elladas), abbbiamo visitato il carcere di Korydallos e quello psichiatrico di Atene, incontrando e scambiando opinioni con il personale in servizio. «Si è trattato di un confronto davvero costruttivo: porremo le criticità della situazione penitenziaria greca all’attenzione del Consiglio di Giustizia, auspicando l’adozione di concreti provvedimenti a tutela dei poliziotti. Ora aspettiamo gli amici greci dell’OSYE in Italia per fare loro conoscere la nostra realtà penitenziaria», ha detto ancora alla stampa ellenica Capece, che ha successivamente relazionato della visita anche i componenti del Consiglio di Giustizia della CESI riunito a Bruxelles il 22 e 23 settembre scorsi. Grazie anche al contributo di Giuseppe Ninu, sostituto Commissario in servizio presso la Scuola di Formazione di Sulmona che ha affrontato una comparazione dei sistemi penitenziari dei vari Paesi europei nella sua tesi di laurea, possiamo approfondire la conoscenza del sistema penitenziario della Grecia. Va anzitutto detto che numerose sono le fasi riformatrici che hanno segnato il sistema penitenziario della penisola


il commento

ellenica, passando dalla legge del 1851, più volte emendata, ma sostituita totalmente solo nel 1989. Il nuovo Codice di regole per il trattamento dei detenuti entra in vigore il 1° gennaio 1990. Gli orientamenti ideologici cui si ispira sono la Costituzione greca del 1975, la Convenzione di Roma sui diritti umani del 1950, le Regole Standard

F. Henriquet e E. Cirone

LA STRADA DI HENRIQUET CHINASKI Edizioni pagg. 160 - euro 15,00 uesto è un libro di un’umanità sconvolgente, che trasuda in ogni pagina di etica e spirito di servizio nelle accezioni semantiche più nobili dei termini. E’ la storia della Associazione “Gigi Ghirotti”, meritoria realtà del volontariato genovese della quale quest’anno ricorrono i 30 anni della fondazione (l’Associazione è infatti nata nel 1984 per alleviare il dolore nei malati di tumore). E lo fa attraverso le parole del suo fondatore, Franco Henriquet, raccolte dal bravo giornalista Enrico Cirone. Costituita intorno ad un piccolo nucleo di

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sul trattamento dei detenuti emanate nel 1970 dal Consiglio d’Europa e la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo emanata nel 1948 dalle Nazioni Unite. Il nuovo sistema penitenziario greco riconosce come primo obiettivo il reintegro del detenuto nella società, il suo impiego in attività formative, la garanzia della dignità di vita e della difesa dei suoi diritti, anche in galera. Il sovraffollamento è, da sempre, il problema più annoso che affligge il sistema penitenziario greco, e la nuova legislazione prevede una serie di garanzie volte a migliorare la qualità della vita nelle carceri e le condizioni di detenzione, assicurando ai detenuti la possibilità di partecipare ad attività culturali, sportive o ricreative. Su questa premessa si è diffuso anche un parziale ma efficace sistema di pene alternative. Una sensibilità particolare è quella

volontari organizzati intorno al Professor Henriquet, l’Associazione svolge la sua attività prevalentemente a casa del malato e, dal 1994, ha esteso l’attività domiciliare anche ai malati di AIDS. La terapia del dolore e le cure palliative intervengono quando le cure finalizzate alla guarigione non hanno più effetto e i sintomi del male portano il malato in quella zona grigia in cui il dolore aumenta e le speranze si allontanano. Venirne fuori è possibile: la partecipazione, l’amore, l’empatia, le cure palliative e la terapia del dolore possono restituire al malato la serenità e la forza per affrontare, insieme con i suoi cari, il difficile cammino che lo attende. “Vi voglio raccontare di persone, di anime innocenti che, messe improvvisamente davanti a una sentenza spietata, hanno reagito, lottato, aiutato chi li aiutava a realizzare qualcosa”, spiega il professore Henriquet, che con l’Associazione “Gigi

dedicata ai giovani, ai quali è permesso di continuare gli studi, universitari e non, anche in carcere. Dati significativi che vanno incontro ai cambiamenti del sistema sociale e tentano di fotografarne al meglio la realtà. Le carceri greche hanno, infatti, subìto negli ultimi anni un profondo cambiamento che non ha risparmiato neanche la loro composizione interna. Se prima degli anni ’90 la percentuale di detenuti stranieri non raggiungeva il 3%, oggi la stessa si avvicina al 50%. Albanesi, rumeni, russi, turchi, siriani: sono queste le etnie maggiormente rappresentate che indicano fenomeni in costante divenire e obbligano le istituzioni a ripensare costantemente le linee guida che regolano il sistema. Nonostante queste difficoltà, il cammino di riforma intrapreso dalla Grecia ha lanciato una promessa ambiziosa, ma realizzabile, che passa per la riorganizzazione del sistema carcerario e la compiuta realizzazione di una moderna democrazia. Ed è un onore, per noi del SAPPE appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, essere un punto di riferimento, sindacale ed istituzionale, per gli amici e i colleghi grechi. H Ghirotti” lo ha dimostrato in 30 anni di partecipazione disinteressata e volontaristica, come testimoniano le migliaia di persone che ad essa si sono rivolte e le loro storie, alcune delle quali raccolte in questo libro. Il cambiamento culturale della società passa anche attraverso i simboli. I nomi delle strade e delle piazze contribuiscono a creare la cultura di un popolo, valorizzando le persone e le Associazioni degne di essere vive nella memoria. E proprio per questo a Genova, città del professore Henriquet, si sono mobilitati per chiedere al Sindaco l’intitolazione di una strada al fondatore della meritoria “Gigi Ghirotti”. H

7 Nelle foto a sinistra un cellulare all’uscita di un carcere di Atene sotto un agente dell’unità cinofila della Polizia Penitenziaria greca

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Lady Oscar rivista@sappe.it

Nelle foto sopra Giovanni Pellielo a destra Giulia Pintor

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sport

Tiro a volo: Pellielo e Pintor campioni del mondo

traordinario e sempre unico Giovanni Pellielo: il quattro volte campione del Mondo e tre volte medaglia olimpica del Tiro a Volo, nella rassegna iridata di Granada, ha conquistato il bronzo nel Trap, vincendo lo shoot-off contro il ceco Jiri Liptak (15-12). Obiettivo quinto titolo mondiale mancato, ma bronzo e qualificazione olimpica centrati per il fuoriclasse delle Fiamme Azzurre. L’oro è andato allo slovacco Erik Varga, che nel “medal match” per il titolo ha superato per 15-14 il britannico Edward Ling. Oltre al bronzo (la quarantesima medaglia in carriera), il vercellese ha conquistato il pass olimpico per Rio con quasi due anni d’anticipo. E’ bene ricordare che la prossima sarà la sua settima Olimpiade. Sette partecipazioni olimpiche costituiscono un traguardo personale che da solo varrebbe una carriera per qualunque atleta azzurro. Ben lungi dall’accontentarsi di partecipare, a quarantaquattro anni, il nostro campione vercellese in vista dell’appuntamento a cinque cerchi continua ad avere le stesse ambizioni di medaglia, lo stesso entusiasmo, la stessa passione degli inizi che lo ha reso, anno per anno, patrimonio dello

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sport italiano e punta di diamante del gruppo sportivo della Polizia Penitenziaria: “Lavoro ogni giorno come fosse l’ultimo” – spesso ripete. Questo atteggiamento mentale, assieme alla grande umiltà ed all’innato talento cristallino, è probabilmente la ricetta più plausibile di tutti i grandi risultati collezionati in carriera. Quelli degli ultimi tempi hanno un significato particolare per il campione delle Fiamme Azzurre, dopo la perdita del papà avvenuta l’ottobre scorso: ritrovare gli stimoli, la motivazione e la forza di tornare sui livelli di sempre è stato importante per voltare pagina e guardare avanti. Guru ed amico da molti anni, il ct Albano Pera anche in questa fase è stato un alleato prezioso. A lui e a suo padre Ugo, Johnny ha riservato la dedica speciale del pass olimpico conquistato per Rio. Oltre al terzo posto nella gara individuale il Tiro a Volo azzurro ha esultato per l’ennesima vittoria a squadre alla quale il campione delle Fiamme Azzurre ha contribuito in modo determinante: con Valerio Grazini e Massimo Fabbrizi, il terzetto azzurro ha raggiunto i 368/375, a solo una lunghezza dall’argento conquistato dalla squadra del Kuwait autrice di una brillante prestazione. Terza la Repubblica Ceca con 365/375 e, con solo un piattello di differenza, fuori dal podio la Gran Bretagna con 364/375. Classifica fossa olimpica M – (1) Erika Varga SVK 124/125 (1Q, SF: 15/15, F: 12/15+5), (2) Edward Ling GBR 124/125 (4Q, SF: 14/15+1, F: 12/15+4), (3) Giovanni Pellielo 124/125 (2Q, SF: 14/15+0, F3/4: 15/15), (4) Jiri Liptak CZE 124/125 (3Q, SF:

13/15+1, F3/4: 12/15), (5) Rodrigo Bastos BRA 123/125+4 (5Q, SF: 13/15+0), (6) Lyndon Sosa LUX 123/125+4 (SF: 10/15); Classifica fossa olimpica a squadre M – (1) ITALIA (Giovanni Pellielo/124-Valerio Grazini/122Massimo Fabbrizi/122) 368/375, (2) Kuwait 367/375, (3) Repubblica Ceca 365/375, (4) Gran Bretagna 364/375, (5) Slovacchia 363/375, (6) Stati Uniti 363/375.

Il successo del capitano delle Fiamme Azzurre segue di un mese un altro grande successo del Tiro a Volo della Polizia Penitenziaria. Il Tav Concaverde di Lonato (23/24 agosto) ha incoronato infatti Giulia Pintor campionessa mondiale di “fossa universale”, confermando pienamente lo stato di forma che aveva sfoggiato in tutte le sue ultime uscite nazionali ed internazionali, battendo tra l’altro, in ben due occasioni, la quotatissima campionessa olimpica in carica Jessica Rossi, portacolori delle Fiamme Oro. Come già era avvenuto a Roma 2010, anche a Lonato è stato subito chiaro che le rassegne iridate ospitate in Italia portano bene e caricano al punto giusto la campionessa sarda delle Fiamme Azzurre: quattro anni fa si portò a casa il primo titolo mondiale della sua carriera. Sbagliando meno delle sue avversarie, nella prova individuale Giulia Pintor ha chiuso con un totale di184/200. Argento per la spagnola Vanesa Manjuelo, staccata a 180/200, mentre l’altra azzurra, Bianca Revello, altra azzurra in gara, è arrivata sul podio a distanza di una misura con (179/200). A Lonato, in un’edizione iridata dei record in quanto a numero di partecipanti (oltre 500 in


sport rappresentanza di 4 continenti e 15 nazioni) erano presenti altri due tiratori delle Fiamme Azzurre, entrambi già titolati nella fossa universale: Marco Panizza (25° con 188/200) e Adriano Lamera (33° con 186/200). H

Susanna Cicali alla 71° edizione del mostra del cinema di Venezia ella 71° edizione della mostra del cinema di Venezia, che si è svolta come da tradizione al Lido dal 27 agosto al 6 settembre 2014, a calcare il red carpet c’è stata anche una delle più titolate rappresentanti della canoa azzurra e delle Fiamme Azzurre: Susanna Cicali. Il 3 settembre al Centurion Palace Hotel, nella serata che ha avuto per protagoniste molte delle donne che hanno partecipato al film in concorso Le Dernier Coup de Marteau, in un’edizione dedicata alla scoperta di stili e nuovi outfit come sempre ricca di attori e di sportivi, la nostra campionessa, avvolta da un elegante abito bianco, con maniche lunghe, ha davvero ben figurato. Con lei anche l’azzurro Thomas De Gasperi, campione di sci nautico. L’Hotel Centurion Palace è una delle location più importanti del Festival.

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S. Maria Capua V.

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Gli atleti hanno preso parte alla serata organizzata a scopo di beneficienza dal settimanale Diva e Donna. L’occasione è stata anche quella di consegnare dei riconoscimenti come “personaggi dell’anno”: oltre a nomi del jet set come Barbara d’Urso e Anna Tatangelo (insignite di altri premi), anche Thomas Degasperi e Susanna Cicali hanno ricevuto il premio Tisanoreica 2014. Madrina della serata è stata Filippa Lagerback. Una situazione sicuramente inusuale per dei campioni dello sport. Proprio per questo Susanna, già vincitrice della fascia di Miss Italia Sport ed in un certo qual modo abituata alla passerelle, è riuscita a fare sfoggio con grande disinvoltura della sua bellezza esaltata dal lungo abito bianco che giocava abilmente con le trasparenze. H Lady Oscar

Nella foto Susanna Cicali

La Polizia Penitenziaria scende in pista

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omplimenti all’’Ass.te Capo Pasquale De Masi del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio presso la C.C. di Arienzo (CE) che da molti anni gareggia sui circuiti italiani. Quest’anno De Masi probabilmente parteciperà al Campionato Italiano di velocità interforze riservato agli appartenenti alle forze dell’ordine. Intanto lo vediamo in allenamento sullo splendido Circuito “Gianni De Luca” di Airola (BN). Ciro Borrelli

rivista@sappe.it

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l’osservatorio

Meno tasse, ma tasse per tutti Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it

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azione del governo Renzi sembrava essere tanto efficace sul piano delle riforme, quanto scadente dal punto di vista della politica economica. Quest’ultima è rimasta tale, mentre la prima non ha ancora dato risultati concreti.

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Le ultime iniziative annunciate, relative al mondo del lavoro, non produrranno nulla di positivo, a cominciare dall’abolizione dell’articolo 18, un’iniziativa, quest’ultima, tesa esclusivamente a rendere ancora più precaria la posizione dei lavoratori dipendenti. L’abolizione dell’articolo 18 della legge 300/70, Statuto dei lavoratori, che vieta i licenziamenti illegittimi, è solo una forma di tutela per i lavoratori dipendenti e un vincolo per le aziende a non assumere iniziative arbitrarie e, a volte, discriminatorie nei confronti dei dipendenti stessi, in tema di licenziamenti. L’articolo 18 è già stato riformato dall’ex ministro Fornero, con la motivazione che avrebbe prodotto più posti di lavoro, ma così non è stato; lo sapevamo già da prima che tale modifica non avrebbe prodotto neanche un posto di lavoro in più, anzi, aumentando la possibilità di licenziare, aumentano i disoccupati. Eliminarlo completamente produrrebbe solo effetti nella direzione poc’anzi indicata, cioè aumentare i disoccupati, poiché i datori di lavoro potrebbero licenziare ancora più facilmente di quanto fanno adesso. I fautori di tali riforme hanno sempre sostenuto che se gli

imprenditori possono licenziare più facilmente, senza vincoli, assumono anche più facilmente; se fosse così potrebbe anche avere un senso l’abolizione dell’articolo 18, ma così non è, perché in Italia il lavoro è diminuito, per un verso perché gli imprenditori delocalizzano e, quindi, assumono all’estero: alcuni hanno anche avuto lauti finanziamenti dai governi italiani, per poi andare ad investire all’estero, licenziando magari i lavoratori italiani; per l’altro verso perché grosse fette di mercato sono state occupate dai paesi emergenti, o ex emergenti, come la Cina. Forse bisognerebbe chiedersi perché le imprese vanno ad investire all’estero e, quindi, agire di conseguenza. All’estero la manodopera costa molto di meno che in Italia, dove la tassazione è altissima, oltre il 55%, quindi, piuttosto che abolire l’articolo 18 sarebbe più opportuno abbassare le tasse, facendo anche in modo che le tasse le paghino tutti che è poi la strada migliore per poterle abbassare. Quindi, l’iniziativa di voler eliminare l’articolo 18 è assolutamente inutile ed inefficace, rispetto all’obiettivo che il governo Renzi ha dichiarato di voler raggiungere: aumentare i posti di lavoro. Quindi, la ricetta più efficace è sicuramente quella di abbassare le tasse: meno tasse, ma tasse per tutti potrebbe essere lo slogan più efficace in questo momento. Altrettanto improvvido è stato in questo momento l’annuncio fatto dal ministro Madia di voler prorogare ulteriormente il blocco contrattuale per il pubblico impiego, quindi, anche per le Forze di polizia e le Forze armate. Ricordiamo che per effetto di una norma assurda, voluta dal ministro Tremonti nel 2010, non solo i contratti del pubblico impiego sono stati bloccati, ma anche il tetto salariale, che vuol dire che il

trattamento economico è stato congelato al 2010. Quindi, sono stati bloccati tutti gli avanzamenti economici, da qualsiasi fonte derivassero: dalla progressione di carriera, dalle indennità di servizio e quant’altro. La norma è stata successivamente prorogata e condivisa da tutti i governi che si sono succeduti, creando così fortissime sperequazioni tra gli operatori del Comparto sicurezza e difesa, al punto che persone che hanno la stessa qualifica e svolgono le stesse funzioni hanno trattamenti economici diversi, per non parlare addirittura di coloro che hanno un trattamento economico inferiore ai loro subordinati. L’annuncio del ministro Madia ha scatenato la reazione di tutti gli appartenenti al Comparto sicurezza e difesa, rappresentati dalle organizzazioni sindacali e dai Cocer. Le proteste non si sono fatte attendere, sia in piazza, sia sui media. Tanti sono stati gli incontri, con tutti i gruppi politi, PD,NCD, FI, Movimento cinque stelle, Fratelli d’Italia. Tutti si sono dichiarati contrari alla proroga della norma, ma allora perché tanto clamore per nulla, se nessuno vuole la norma, né i partiti di governo, né quelli d’opposizione? Che sia stata una trovata estemporanea del ministro Madia? Anche le reazioni di Renzi non si sono fatte attendere, com’è nel suo stile ha cercato, seppur maldestramente, di far passare l’iniziativa dei sindacati e dei Cocer come un ricatto, ovvero come il tentativo di far cassa, da parte di lavoratori, anche se noi parleremmo di professionisti, che hanno già un lavoro, a dispetto di quanti un lavoro non ce l’hanno. Intanto non è vero che è stato un tentativo di far cassa, di chiedere aumenti, ma solo di avere ciò che per legge ci spetta, come l’assegno di funzione. Negli ultimi quattro anni, una qualifica intermedia, come l’ispettore o il maresciallo, ha perso dai 400 ai 500 euro al mese, per colpa del blocco al tetto salariale. E poi, cosa sta facendo Renzi per i disoccupati italiani? H


dalle segreterie

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Trapani La Polizia Penitenziaria in servizio di ordine pubblico all’evento internazionale “Fly for peace” ly for peace è un progetto nato dal desiderio di promuovere il rispetto della dignità e dei diritti di ogni essere umano. Al fine di perseguire e raggiungere tale scopo diversi Enti ed Agenzie hanno dato vita ad un’ Associazione che ha studiato e sviluppato l’evento fly for peace – 2014. L’ evento, che si è svolto per la sua prima edizione a Trapani ed Erice il 18, 19 e 20 luglio 2014, ha messo la provincia di Trapani al centro di una serie di attività culturali, sociali ed artistiche, con la città di Erice scenario che ha ospitato in appositi seminari e workshop, gli uomini di

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S. Maria C.V. Polizia Penitenziaria arresta tre ladre e restituisce la refurtiva oltanto il fiuto di investigatori di grosso calibro poteva assicurare alla giustizia le tre cittadine straniere che sono state tratte in arresto dopo un furto in un appartamento. Tanto è vero che le tre ladre non destavano nessuna particolare attenzione fra i passanti e le persone che spintonavano per raggiungere la fuga, però non sono scappate all’occhio vigile di chi quotidianamente è impegnato a fare sicurezza che, con una azione maggiore della loro destrezza, non

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rivista@sappe.it

buona volontà del mondo religioso, scientifico, culturale e politico, con la presenza dello scienziato Antonino Zichichi e dell’astronauta siciliano Luca Parmitano e con i cieli del litorale nord della Città di Trapani che hanno fatto da sfondo ad uno spettacolare air show sul lungomare di Trapani nel pomeriggio del 20 luglio. Il cielo della città ha ospitato le acrobazie delle nostre “Frecce Tricolori” che hanno ricamato in cielo il tricolore più lungo del mondo. Attraverso una diretta televisiva all’interno del programma “Azzurro Tricolore” la RAI ha offerto la copertura integrale delle tre ore della manifestazione aerea.

Il ricco programma è stato reso indimenticabile grazie alla presenza degli assetti operativi dell’Aeronautica Militare ed al sorvolo dell’area di esibizione di un Boeing della Ryanair, sponsor tecnico dell’evento, e alle evoluzioni della pattuglia “Breitling jet team”, la miglior pattuglia acrobatica non militare al mondo. Il programma è stato impreziosito anche dalla presenza, fin dal primo giorno della manifestazione, della Polizia Penitenziaria di Trapani in servizio di ordine pubblico, da anni ormai apprezzata dal Questore di Trapani per le qualità morali ed operative. H Giuseppe Romano

soltanto ha impedito che la merce rubata venisse ricettata, ma ha arresto le tre Rom riuscendo a restituire la refurtiva al legittimo proprietario. Il 24 luglio scorso i due poliziotti penitenziari uno in servizio al Nuovo Complesso Penitenziario di Santa Maria Capa Vetere e l’altro alla Scuola di Formazione ed aggiornamento della Polizia Penitenziaria di Aversa, con la loro perspicace azione, coadiuvati in ausilio da appartenenti all’Arma dei Carabinieri, nel comune di San Tammaro (Ce) hanno tratto in arresto tre Rom che dopo aver compiuto un furto in appartamento si stavano dando alla fuga. Notate dai Poliziotti Penitenziari non hanno potuto far altro, dopo essere state acciuffate, che svotare la borsa e consegnare la ella foto il rinfresco organizzato refurtiva. Poi sono anche riusciti a da Vincenzo Benigno ed trovare i legittimi proprietari dei beni Alessandro Micca in occasione trafugati che sono stati consegnati con dell’inaugurazione della Segreteria tanto di ringraziamento ed una locale del Sappe di San Gimignano. H calorosa stretta di mano. H Vincenzo Benigno

San Gimignano

Nuova sede del Sappe in Toscana

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dalle segreterie Castrovillari

rivista@sappe.it

Papa Francesco in visita all’istituto calabrese ono passati solo un paio di mesi e forse solo adesso tutto il personale di Polizia Penitenziaria di Castrovillari sta realizzando quanto verificatosi sabato 21 giugno, quando il Santo Padre ha fatto visita al nostro istituto. Alcuni organi di stampa hanno così scritto “giornata memorabile per la Polizia Penitenziaria di Castrovillari”, e credo che nessun titolo possa meglio rappresentare quanto è stato. Dopo mesi di impegno profuso nell’organizzazione dell’evento, sabato 21 alle ore 09.00 il Santo Padre è atterrato in elicottero nel piazzale antistante l’istituto di Castrovillari, ed ha di fatto messo piede per la prima volta in terra di Calabria proprio a Castrovillari. Il primo saluto il Santo Padre lo ha rivolto al personale di Polizia Penitenziaria, stringendo la mano agli Assistenti Capo Zaccaro e Scapati, per poi proseguire a piedi lungo due ali di folla festante verso l’istituto penitenziario. Il personale civile autorizzato ad essere presente era composto dai familiari del personale in servizio, il Santo Padre ha dispensato strette di mano e abbracci a tutti, soffermandosi spesso per accarezzare i bimbi presenti. In istituto ha salutato personalmente uno ad uno tutto il personale e quando il Sovr.te Rocco gli ha fatto notare che già lo aveva salutato, il Santo Padre ha risposto “fratello in uniforme siete tutti uguali”. Si siamo proprio tutti uguali, ma quel giorno ci siamo sentiti diversi, tanto fortunati e onorati di aver potuto passare un po’ di tempo con un uomo unico e speciale a cui non servono le parole, in quanto il solo sguardo ti infonde tanta serenità. Oggi portiamo gelosamente dentro di

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Polizia Penitenziaria n.220 settembre 2014

noi questo ricordo, lo raccontiamo con grande emozione ai nostri amici e parenti, tutto il reparto di Polizia Penitenziaria di Castrovillari lo porta dentro di se consapevole che è avvenuto un qualcosa di irripetibile e di memorabile e che un giorno lontano racconteremo ai nostri nipoti e che il solo ricordo ci farà diventare gli occhi lucidi ed in silenzio sorrideremo. Grazie Papa Francesco, grazie da parte di tutta la Polizia Penitenziaria di Castrovillari, grazie per averci voluto

Palmi Ricordando Salvatore Fazio

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uindici anni fa, era il 25 giugno 1999, ci lasciava improvvisamente, a soli 40 anni, Salvatore Fazio. Originario di Messina, per lunghi anni aveva prestato servizio a Palmi (RC) dove si era stabilito con la moglie Carmela ed i suoi cinque figli. Era entrato nel Corpo nel 1979, aveva vissuto gli anni difficili della lotta al terrorismo e quelli della lotta quotidiana alla criminalità organizzata. Aveva prestato la sua attività in particolare presso l’ufficio matricola di Palmi dove era ritornato anche dopo la frequentazione, nel 1987 a Parma, del corso di formazione per sottufficiale del Corpo. Il suo ultimo incarico, da ispettore

stringere la mano uno a uno, per aver accarezzato i nostri figli e benedetto i nostri malati. Un grazie anche per aver pensato agli ultimi a chi è detenuto ed ha perso la libertà, purtroppo, paradossalmente, a questi uomini e donne sta più vicino la Polizia Penitenziaria che il mondo cosiddetto civile, che al contrario spesso si dimentica di loro. Papa Francesco non si è dimenticato di nessuno. H Leonardo De Santis

della Polizia Penitenziaria, è stato quello di Coordinatore del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti di Palmi (RC). A distanza di tempo lo ricordiamo per il suo attaccamento al Corpo e alle istituzioni, per la sua preparazione professionale, per le doti umane, per la sua disponibilità verso gli altri e per averci insegnato tanto in un lavoro difficile e complesso ma anche per essere stato un maestro di vita. H Damiano Bellucci


dalle segreterie

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Frosinone Manifestazione #piazzapermanente rivista@sappe.it

nche a Frosinone è arrivata l'iniziativa nazionale Piazza Permanente delle Forze di Polizia. Il 12 settembre, infatti, dalle 10 alle 18 si è tenuta una manifestazione in Largo Turriziani nel capoluogo ciociaro. L’evento organizzato dai sindacati della Consulta (SAP -Polizia , SAPPE Polizia Penitenziaria, SAPAF - Corpo Forestale e CONAPO - Vigili del Fuoco) si è svolto presso un gazebo affiancato da un Camper che sta percorrendo tutta l’Italia con lo slogan “ più sicurezza e meno tasse”. L’inziativa della Consulta è tesa ad unificare le Forze di Polizia. H

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Cairo Montenotte Manifestazione di protesta del Sappe. Un successo n centinaio i colleghi della Polizia Penitenziaria della Liguria e del vicino Piemonte hanno manifestato a Cairo Montenotte nei confronti dei vertici dell’Amministrazione e del Governo presenti alla cerimonia per il 60° anniversario della Scuola di Cairo Montenotte. Il segretario Regionale del Sappe Michele Lorenzo esprime soddisfazione per l’elevato numero dei partecipanti e dei cittadini di Cairo che si sono uniti al Sappe, segno che la nostra protesta è condivisa da chi la sicurezza la sente come un bene comune. Il vice Ministro Costa, ha ascoltato le richieste rendendosi disponibile ad approfondire i vari punti oggetto della manifestazione. Nell’occasione il SAPPe gli ha consegnato un documento sulle

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annose problematiche della Liguria, Sicuramente in Liguria vi è la priorità di costruire il nuovo carcere di Savona che sostituisca quello attuale ormai fatiscente e la necessità di mantenere le attività istituzionali della Scuola di Polizia Penitenziaria di Cairo Montenotte. Ma la priorità va data alla sicurezza del poliziotto penitenziario che opera negli istituti liguri. La Polizia Penitenziaria ha una carenza pari al 27 percento, mancano quasi 300 poliziotti e non è poca cosa. Alla manifestazione ha partecipato una delegazione dell’Associazione Nazionale della Polizia Penitenziaria (ANPPe). H Segreteria Regionale SAPPe Liguria

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dalle segreterie Imperia La Senatrice Albano visita l’istituto ligure

rivista@sappe.it

a senatrice Donatella Albano (PD) accogliendo l’invito della segreteria regionale del SAPPe, il maggiore sindacato di categoria della Polizia Penitenziaria, si è recata in visita al carcere di Imperia. «Siamo soddisfatti - spiega il segretario Michele Lorenzo - della visita della Senatrice vista da tutti come un segnale di attenzione verso la Polizia Penitenziaria. Abbiamo illustrato alla senatrice, che durante la visita è stata accompagnata dal comandante commissario Lucrezia Nicolò, le problematiche che incombono sull’istituto imperiese che ha triplicato la sua attività da quando c’è stata la chiusura del Tribunale di

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San Remo e nonostante una considerevole riduzione di personale della Polizia Penitenziaria che ostacola il mantenimento della sicurezza; il Provveditorato Regionale ligure inspiegabilmente ha pensato bene di inviare l’unico vice comandante all’Istituto di Pontedecimo. Così l’istituto di Imperia è ulteriormente indebolito nei suoi vertici vista anche l’assenza di un direttore. Il segretario Lorenzo ha fatto presente della brillante operazione di servizio condotta proprio il giorno prima dal personale della Polizia Penitenziaria di Imperia che ha sequestrato uno dei maggiori quantitativi di droga tentata di introdurre in un istituto di pena, ossia ben 517 grammi di eroina purissima che un arrestato dai Carabinieri aveva occultato in un particolare doppiofondo delle proprie scarpe. Droga sfuggita al controllo dei Carabinieri che ne avevano comunque scovata addosso altri 700 grammi, ma non è sfuggita ai meticolosi controlli che la Polizia Penitenziaria effettua all’ingresso dei soggetti da introdurre in carcere. Speriamo che almeno il Provveditore proponga un encomio ai poliziotti penitenziari che hanno effettuato il maxisequestro e il conseguente arresto.

Cuneo Assemblea del Sappe nell’istituto piemontese

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elle foto alcuni fasi dell'assemblea svoltasi il 23 settembre nella Casa Circondariale di Cuneo con il Segretario Locale Carmelo Patanè. H

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Il SAPPe ha rappresentato alla senatrice Albano che negli ultimi due mesi in Liguria si sono verificati molti casi di tentativi di introduzione di sostanze stupefacenti come ad esempio nel carcere di Marassi dove la Polizia Penitenziaria ha intercettato la droga sia all’ingresso dei colloqui sia nei cortili passeggi dove veniva lanciata dalla vicina strada pubblica.

Per questo è indispensabile che anche in Liguria venga istituito il nucleo regionale antidroga gà da anni operante in altre regioni. Alla senatrice Albano il SAPPe ha consegnato un documento dove ha riportato la situazione del carcere di Imperia e le proposte che il Sappe avanza affinchè si possa migliorare la condizione di lavoro dei poliziotti ma soprattutto la richiesta ad un maggior ricorso alla sicurezza, argomento questo che non è particolarmente affrontato con la giusta attenzione dai vertici liguri. H


dalle segreterie Prato Oltre agli artisti anche i piloti embra proprio che la Casa circondariale di Prato, "centro dell'arte e dell'artigianato”, sia ora diventata anche un luogo strategico di aggregazione sportiva. Il 22 giugno scorso, infatti, si è svolto presso il Kartodromo di Montecatini Terme il primo trofeo "Grand Prix Estate 2014". Da un'idea dell'Assistente Biagio Morello (in servizio NTP di Prato), da sempre appassionato di motori e velocità - ex pilota di Karting, slalom e monoposto, è stato realizzato un evento di tutto rispetto in cui i colleghi, uniti sul lavoro, si sono trasformati in pista, in agguerriti avversari. l Kart, semplici da guidare, hanno l'acceleratore, il freno, il motore elettrico e le batterie a litio. Con la modesta somma di 15 euro i piloti hanno potuto avere la tessera associativa, il noleggio di Kart, casco e sottocasco, giusto equipaggiamento per potersi poi

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cimentare nelle prove libere, prove di qualificazione, gare singole, gara finale, con tanto di premiazione. La struttura ospitante, il MY KART, è coperta e climatizzata con vari servizi annessi, ottimo bar fornito di deliziosi buffet. Questa struttura all'avanguardia in Italia, offre una nuova e originale location, ideale per unire amicizia, divertimento e sfide in pista. Tutto lo staff è gradevole nell'accoglienza e nel garantire la necessaria sicurezza ai piloti. Visto l'enorme successo avuto in occasione del primo evento, è stato deciso di realizzarne un secondo che si svolgerà il 12 ottobre prossimo e che vedrà protagonisti ancora una volta i

colleghi di Prato e questa volta anche gli appassionati di motori in servizio nella regione Toscana, grazie al coinvolgimento del Provveditorato che ha divulgato l'eventonei canali ufficiali. Un trofeo denominato "Grand Prix Autunno 2014" coinvolgerà, come per la prima volta, i familiari del personale, prevedendo una più massiccia presenza delle poliziotte penitenziarie che da qualche anno dimostrano una particolare passione per i motori. l vincitori del primo evento sono stati per due volte Loris Vannucci e Biagio Morello. Il miglior tempo Valerio Vannucci (30,407) fratello dell'Agente Loris Vannucci. H R.C.

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rivista@sappe.it

Firenze Tributo ad Aniello Stabile dai colleghi e dai giocatori della “sua” Fiorentina l 15 luglio scorso è tragicamente scomparso il collega Aniello Stabile, in servizio all’istituto fiorentino di Sollicciano. Aniello era l’amico di tutti e soprattutto era un grande tifoso della Fiorentina. I colleghi di Firenze, in occasione della prima partita casalinga della squadra viola, hanno voluto ricordare l’amico scomparso con uno striscione che riporta la sua fede e la sua passione per i colori viola. L’iniziativa è stata fatta propria dalla società Fiorentina Calcio e omaggiata con la deposizione di un mazzo di fiori da parte del capitano della squadra Valerio Borja.H

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cinema dietro le sbarre

Regia: David Mackenzie

Starred Up a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it

Nelle foto la locandina e alcune scene del film

tarred Up, con la regia di David Mackenzie, racconta la storia di Eric, un diciottenne recluso in una casa di correzione, che deve scontare una pena per reati di piccola delinquenza. Purtroppo, anche dietro le sbarre Eric non riesce a controllare il suo carattere violento e recalcitrante ad ogni regola. Per questo viene sottoposto a numerose punizioni fino ad essere trasferito in un carcere per adulti. Per ironia della sorte il ragazzo si trova ad essere rinchiuso nello stesso penitenziario dove è rinchiuso anche suo padre. Nel contesto carcerario la relazione tra figlio e genitore, che già in passato era difficile, diventa ancora più complicata, fino a quando uno psicologo, che presta servizio volontario nella prigione, comincia a seguire Eric. Il giovane, pur inizialmente restio, poco a poco si inserisce in un gruppo di discussione con altri detenuti accettando di intraprendere un percorso di revisione

la scheda del film Soggetto e Sceneggiatura: Jonathan Asser Fotografia: Michael McDonough Montaggio: Nick Emerson, Jake Roberts Costumi: Susan Scott Scenografia: Tom McCullagh Produzione: Sigma Film Distribuzione: Independent Film Company

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carcere inglese di Wandsworth. Infatti, lo script appare autentico e abbastanza credibile nel descrivere, senza ipocrisie e moralismi, la particolare condizione psicologica e i comportamenti dei detenuti. David Mackenzie gira con una messa in scena fresca e mai banale, che riesce ad andare oltre gli stereotipi del genere carcerario. Mackenzie riesce a dosare bene la parte drammatica, tra violenza e difficili percorsi di comunicazione.

Personaggi ed Interpreti: Oliver Baumer: Rupert Friend Eric Love: Jack O'Connell Neville Love: Ben Mendelsohn Vice Govern. Hayes: Sam Spruell Tyrone: David Ajala Dennis Spencer: Peter Ferdinando Des: Gershwyn Eustache Jnr Agente Self: Tommy McDonnell Hassan: Anthony Welsh Ashley: David Avery Denton: Mark Asante O'Sullivan: Ryan McKenna Agente Capo Scott: Gilly Gilchrist Agente Gentry: Frederick Schmidt Agente Evans: Edna Caskey MacDonald: Darren Hart Jago: Raphael Sowole Agente White: Duncan Airlie James Hassan: Anthony Welsh Reames: Jerome Bailey Mubarak: Basil Abdul-Latif Agente Hall: Matt Faris Infermiera Bankford: Aisha Walters Genere: Drammatico Durata: 100 minuti Origine: GB, 2013

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critica della propria vita e delle proprie azioni. Il film beneficia di un'ottima sceneggiatura ad opera di Jonathan Asser che ha attinto a piene mani dalla propria personale esperienza carceraria come educatore a contatto con i criminali detenuti presso il

In particolare offre un ritratto plausibile del complesso rapporto, fisico ed emotivo padre/figlio, entrambi vittime di personalità confuse e turbate, in conflitto tra loro. Convincenti e ricche di sfumature, le interpretazioni di Jack O Connell e Ben Mendelsohn. H


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Giovanni Passaro Segretario Provinciale Sappe passaro@sappe.it

diritto e diritti

Mensa di Servizio, Servizio Traduzioni e Piantonamenti entile redazione, sono un assistente capo in servizio presso la Casa Circondariale di Vallo della Lucania, qualche mese fa è sorta una problematica relativa al diritto di fruire della mensa nel caso in cui impiegati a servizio a turno presso le sezioni si viene assegnato, in una giornata con carenza di personale, a un servizio presso il NTP. In sostanza comandato di servizio 8.00/16.00 (mod.14/A) sono stato impiegato presso il NTP per esigenze di servizio. Il servizio di traduzione è terminato alle 13.30 e il vice comandante ha negato il diritto alla mensa perché sosteneva che il diritto si matura quando la fine del servizio si protrae oltre le 14.30. Io penso che non sia giusto, vorrei conoscere il Vs. orientamento. Grazie.

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entile collega, la partecipazione alla M.O.S. è consentita al personale impiegato nel servizio dei piantonamenti e/o delle traduzioni dei detenuti e degli internati presso le aule di giustizia o luoghi esterni di cura, nella città sede di servizio, e ciò a prescindere dagli orari (1): al personale il cui turno di servizio si protrae oltre le ore 14,30 per il pranzo ed oltre le ore 20,30 per la cena. Il personale impiegato nei servizi di cui sopra, essendo obbligato ad esercitare un’attiva ed ininterrotta vigilanza dei detenuti piantonati o traducendi, dovrà essere, dove possibile, avvicendato al termine del turno ordinario di servizio giornaliero e tale avvicendamento dovrà essere programmato in modo tale da consentirgli la possibilità di fruire della M.O.S.

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In tale ipotesi, il tempo impiegato per la consumazione del pasto, oltre ad entrare nel computo dell’orario di lavoro ordinario settimanale, concorre anche al calcolo per il compenso del lavoro straordinario. L’interpretazione data sopra è confermata dalla risposta al quesito del PRAP Torino( Dap 455/605 del 21 dicembre 2004), dove si rileva che al personale impiegato nel servizio di traduzioni e piantonamenti, compete la M.O.S. con alcune specifiche regole: • al personale impiegato in traduzioni e piantonamenti presso le aule di Giustizia o i luoghi esterni di cura della propria sede ordinaria di servizio, sia che il servizio sia stato espletato, sia che si stia espletando, sia che debba ancora essere espletato, compete in ogni caso la M.O.S. a prescindere dagli orari di inizio o fine turno (es. 6/12 – 7/13 – 8/14); • al medesimo personale di cui al punto precedente, dovrà essere consentita la partecipazione alla m.o.s. programmando l’avvicendamento al termine del turno ordinario di lavoro; • al personale montante deve essere assicurata la partecipazione alla M.O.S. prima dell’inizio del servizio (es. 12/18 - 13/19); • se il personale addetto di regola ai servizi di traduzioni e piantonamenti, in un determinato turno non viene impiegato in servizi operativi N.T.P., bensì rimane a disposizione all’interno dell’istituto penitenziario, in questo caso dovrà guardarsi all’orario di servizio espletato, nonché al posto di servizio ricoperto. H NOTE (1) Rif. Circolare DAP Prot. n° 144536/ 4.5 del 05/11/97.

n questo articolo illustreremo quello che accade nel settore minorile quando si verifica la convalida d’ arresto di un minorenne o quando una pena diventa definitiva con sentenza del Tribunale dei Minori. Le differenze - rispetto a quanto avviene nell’ipotesi in cui il reato è commesso da un uomo adulto - sono minime. Lo dimostra il fatto che i detenuti minorenni sono soggetti allo stesso Ordinamento Penitenziario e lievi sono le sfumature dettate dalle circolari interne del Dipartimento Giustizia Minorile ( ad esempio il personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso le strutture minorili è autorizzato ad indossare abiti civili in luogo della uniforme ordinaria di servizio). Va detto anche che nel contesto della giustizia penale minorile l’ipotesi del carcere è di natura residuale, va inteso cioè come ultima soluzione cui ricorrere quando non è possibile applicare ad un minore uno dei benefici o delle soluzioni alternative che l’ordinamento italiano prevede. (Si precisa che ad agosto 2014 i minori detenuti in Italia erano meno di trecento). Per quanto riguarda gli Istituti Penali per Minorenni, chiamati nel passato case di correzione, riformatori, istituti di osservazione, essi sono di fatto delle piccole case di reclusione. Nel loro interno si ritrovano le stesse sbarre alle finestre e le porte blindate con chiavi di ottone pesante presenti negli Istituti per Adulti. Si rammenta che in Italia gli I.P.M. possono ospitare esclusivamente giovani di età compresa tra i 14 ed i 18 anni, sottoposti al medesimo ordinamento penale e penitenziario degli adulti ma con pene ridotte. Comunque se la condanna si protrae oltre il compimento del diciottesimo anno di età, alla luce degli ultimi aggiornamenti normativi intervenuti nel 2014, il recluso può rimanere presso un Istituto Penale Minorile sino al compimento del venticinquesimo anno d’età, dopodiché deve essere trasferito d’ufficio presso una casa circondariale

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giustizia minorile

Negli Istituti per minorenni arrivano i detenuti fino a venticinque anni d’età o penitenziario ordinario. Se la pena stabilita da un Tribunale dei Minori diviene esecutiva, in séguito a emissione di sentenza di condanna passata in giudicato , dopo che il minore ha compiuto i diciotto anni, egli viene comunque ristretto presso un Istituto Penale Minorile se di età inferiore agli anni venticinque, altrimenti direttamente presso un carcere ordinario per adulti. Un’altra differenza sostanziale che caratterizza il Sistema Minorile è che i giovani ristretti negli Istituti Penali per Minori di solito non provengono direttamente dalla libertà. In caso di fermo di un minore da parte delle Forze di Polizia, le norme prevedono l’accompagnamento presso un Centro di Prima accoglienza per Minori. Solo in seguito alla convalida dell’arresto (entro 96 ore) da parte del G.I.P. - Procura dei Minori competente per territorio, se non si possono applicare misure meno afflittive, il minore viene tradotto in un Istituto Penale per Minori. Gli Istituti Penali per i Minorenni assicurano l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria quali la custodia cautelare

detentiva o l’espiazione di pena dei minorenni autori di reato. Attualmente in Italia risultano 19 Istituti Penali Minorili e in essi vi lavora 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno la Polizia Penitenziaria del Contingente Minorile, che con meno di mille unità si occupa quasi di tutto. Tali strutture hanno un’organizzazione funzionale e compiono un’azione

educativa sempre più integrata con gli altri Servizi della Giustizia Minorile e del territorio. Negli I.P.M. vengono garantiti i diritti soggettivi dei minori, dalla crescita armonica psico-fisica, allo studio, alla salute, con particolare riguardo alla non-interruzione dei processi educativi in atto e al mantenimento dei legami con le figure significative. In accordo con la normativa vigente ed al fine di attivare processi di responsabilizzazione e maturazione dei minorenni, vengono organizzate in I.P.M. attività scolastiche, di formazione professionale, di animazione culturale, sportiva, ricreativa e teatrale. Il Magistrato di Sorveglianza, che siede presso ogni Tribunale per i minorenni competente per territorio, ha il compito di vigilare sullo svolgimento dei vari servizi dell’Istituto e sul trattamento dei detenuti ai sensi dell’art.5 del D.P.R. 230/00. H

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Ciro Borrelli Referente Sappe per la Formazione e Scuole G. Minorile borrelli@sappe.it

Nella foto sopra l’IPM di Torino sotto quello di Nisida

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crimini e criminali

Maria Tarnowskaia: Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it

la Circe venuta dalla Russia uesta estate, rovistando tra le bancarelle di libri usati, mi sono imbattuto in un testo - a dire il vero è caduto dal banco e mi sono chinato a raccoglierlo – che, a prima vista, sembrava uno di quei romanzi classici difficilmente digeribili che non suscitano la mia curiosità. Il libro “L’affare dei russi” riportava sulla copertina la seguente frase: “ciò! chi se credea de essar... ea Tarnoschi!”. La frase mi ha incuriosito e leggendo sommariamente la premessa del libro ne ho dedotto che parlava di una storia realmente accaduta nei primi anni del Novecento. Soddisfatto dell’acquisto, peraltro per una cifra irrisoria, la sera stessa ho iniziato a sfogliarlo. Il libro racconta la vita e soprattutto le gesta amorose di una nobildonna russa: Maria, definita da taluni giornali dell’epoca “un’avventuriera d’alto bordo”, che ebbe sulla sua coscienza la morte prematura di diversi uomini che avevano avuto la sfortuna di innamorarsi di lei. La Tarnowskaia occupa, peraltro, un posto di tutto rilievo anche nella Enciclopedia del crimine e dei criminali, pubblicata nel 1968 a cura di sir Harold Scott, per un decennio Capo di Scotland Yard, la famosa polizia londinese. Maria Nicolajewna O’Rurke (questo era il suo cognome da nubile) nasce nel 1877 a Otrada, nei pressi di Kiev, da una famiglia nobile. Dopo una giovinezza turbolenta, si sposa - non senza suscitare un grandissimo clamore per essere scappata di casa a soli diciassette anni - con il conte Vassili Tarnosky, che aveva fama di essere un donnaiolo, amante dell’alcool e del gioco. Fu un rapporto tempestoso, il conte aveva numerose amanti e non intendeva rinunciare al suo stile di vita; Maria,

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Nelle foto sopra un ritratto di Maria Tarnowskaia al centro un’altra immagine della contessa con il figio

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invece, amava circondarsi sempre di numerosi spasimanti scegliendoli fragili e deboli, ai quali non concedeva nulla e che costituivano la sua corte. Maria Tarnowskaia è una donna bellissima: alta, slanciata, occhi scuri e penetranti, bocca sensuale, voce melodiosa e, soprattutto, intelligenza fine. Il primo uomo ad uccidersi, spinto dall’avvenente amante, fu Pietro Tarnowsky di soli sedici anni, fratello del marito, il quale si impiccò ad un albero nel parco della villa dove risiedevano i coniugi.

Dopo la morte del fratello il conte Vassili decide di partire per l’Italia, con destinazione Milano. Durante il soggiorno milanese la contessa si ammala di tifo e finisce in una clinica. Dopo un mese, guarita, il conte la conduce per la convalescenza, sulla riviera ligure. Una sera, lasciata sola per l’ennesima volta dal marito, impegnato in qualche postribolo cittadino, si lascia andare alle avance di un medico russo, Alex Stahl, amico del marito, che l’accompagna in “un viaggio nell’estasi” fatto di morfina e sesso (anche se tale termine nella cronaca del tempo non è mai riportato). I “viaggi” si susseguono, sino a quando la contessa non decide di troncare il rapporto per riconquistare il marito.

Il “povero” dottore, disperato per aver perso la sua amata “compagna di viaggio e di piacere”, dopo qualche tempo, si ucciderà sparandosi alla testa, lasciando una lettera in cui si legge: «la mia esistenza senza di lei non ha più valore né senso. Tanto vale, quindi, che io la distrugga...». Già due uomini hanno deciso di rinunciare alla loro esistenza per amore verso la Tarnowskaia, la quale non si lascia spaventare da queste disgrazie, anzi matura sempre di più una maggiore consapevolezza di possedere un’arma formidabile per soggiogare gli uomini. Tornata in patria, inizia una nuova relazione con il conte Alexej Tolstoi, nipote del grande scrittore, e fa in modo che il marito lo venga a sapere. La premeditazione della contessa è finalizzata a far sì che il marito, per difendere il proprio onore, sfidi a duello il suo amante con la speranza che il suo nuovo compagno, ammazzi il marito tanto da poter così diventare vedova. Il duello avviene, ma il marito riesce ad avere la meglio sul suo giovane amante: in uno scontro alla sciabola, un tremendo fendente mozza il braccio sinistro all’amante. Il conte Tolstoi, sconfitto, decide di partire per l’America. La contessa, seppur atterrita per non aver raggiunto l’obiettivo di sbarazzarsi del marito, inizia subito a guardarsi intorno per la realizzazione del suo progetto: fare uccidere il marito. Le sue attenzioni si rivolgono, questa volta, verso un giovane ufficiale della guardia imperiale: Stefano Borgewsky. Il giovane ufficiale, che ha già una relazione con la contessa, viene invitato insieme al suo colonnello, amico del marito della Tarnowskaia, nella villa di campagna dei coniugi presso Orel (città della Russia, capitale dell’oblast´ omonima), per un’esercitazione di tiro al bersaglio. Una mattina, il conte Vassil Tarnowsky, ignaro della relazione della moglie con l’ufficiale, invita quest’ultimo a dare lezione di tiro alla consorte. L’ufficiale, per posizionare al tiro la


crimini e criminali donna, l’avvolge da dietro e le sussurra parole di fuoco. Il conte, presente, non sente o fa finta di non sentire. La donna comprende che ha il pieno controllo del giovane ufficiale e gli da appuntamento il mattino dopo per continuare le lezioni di tiro. La mattina dopo il giovane la stringe di nuovo alle spalle per posizionarla al tiro, mentre la contessa prende la mira, l’ufficiale pone il palmo della mano sinistra davanti al foro della canna e dice: «prima di sparare, ditemi che mi amate...». «Non fate lo sciocco, Stefano, togliete la mano...», replica la contessa. «No!, dovete prima dire che mi amate...». La contessa guardandolo intensamente negli occhi: spara. La mano del giovane amate rimane maciullata, ma nonostante gli spasimi di dolore, lui la stringe a se e le grida: «Piccola belva assassina! E’ questo che vuoi? Il sangue? Ma io ti amo, ti amo così...». La scaraventa a terra sull’erba e si congiunge carnalmente a lei in un amplesso brutale. I due amanti sanno che adesso hanno suggellato un patto di sangue e devono sbarazzarsi del marito di lei per essere felici. Il marito dal canto suo adesso conosce la tresca della moglie e soprattutto viene deriso dall’ufficiale in diverse occasioni pubbliche. Allo stesso tempo, l’onore del militare gli impone che, se vuole sbarazzarsi del rivale, deve sfidarlo a duello e non può ucciderlo diversamente perché il gesto sarebbe interpretato come un atto di codardia. La sfida, poco tempo dopo, viene lanciata al marito della contessa, il quale si guarda bene dall’ accettarla considerata la fama nell’uso delle armi del giovane ufficiale, così prende tempo. Una sera, dopo l’ennesimo affronto in pubblico, - l’ufficiale aveva baciato la moglie, nel mentre ballavano insieme, spudoratamente davanti a tutti - il conte Vassili Tarnosky, all’uscita dalla festa, spara alla nuca all’amante, che dopo alcuni mesi

muore. Arrestato, dalla polizia zarista e, ottenuta la libertà provvisoria dopo poco tempo, propone alla moglie il divorzio, che però la Chiesa ortodossa rifiuta. Nell’approssimarsi del processo per l’uccisione dell’ufficiale, Maria Tarnowskaia, contatta un famoso avvocato di Mosca, per costituirsi parte civile, Donato Prilukow, il quale rinuncerà all’incarico, diventando il nuova amante della contessa. L’avvocato, nel giro di qualche mese, lascia la moglie e due figli, abbandona la professione e si appropria di un ingente somma di denaro, che amministrava per conto di alcuni suoi clienti e scappa con la contessa dapprima in Europa e poi in Africa. La contessa non ama l’avvocato, ma gli riconosce un grande intelligenza e soprattutto lo ritiene un complice ideale. Dopo qualche tempo è costretta a tornare nella madre patria per i funerali della sua migliore amica, scomparsa prematuramente. La contessa conforta così tanto il povero marito dell’amica che dopo due giorni dal lutto questi le propone di sposarlo. Per la contessa è l’occasione che aspettava. Il conte Paolo Kamarowsky è un uomo ricchissimo e pieno di conoscenze e fa ottenere il divorzio alla contessa dal precedente marito, in una sola settimana, superando così le resistenze della Chiesa ortodossa. Intanto, la contessa continua la tresca con l’avvocato e si circonda di un ulteriore spasimante, Nicolaj Naumov, primo segretario del governatore di Oreal, nonché amico intimo del suo futuro sposo. A questo punto parte un triangolo, si lega a un amante che però non può mantenerla, contemporaneamente si fidanza con un ricco conte che vuole sposarla, e ha un giovane, timido e influenzabile spasimante. Il suo piano era chiaro: voleva far uccidere il ricco pretendente dal giovane spasimante per ricongiungersi all’amante. La contessa, dopo poco tempo, raggiunge l’avvocato a Venezia ed

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invita anche lo sposo e l’altro amante nella città lagunare. Si snoda così un singolare rapporto a quattro: la contessa trascorre le mattinate con il fidanzato, i pomeriggi con l’amante e le notti con l’avvocato. Con l’avvocato elabora il piano per sbarazzarsi dello sposo e acquisire le sue ricchezze. Il futuro marito per ottenerla in sposa si impegna a fare testamento a suo favore e nelle more del matrimonio le stipula una polizza assicurativa di cinquecentomila lire (una somma esorbitante per l’epoca). La polizza sarà la condanna a morte del conte. Il nuovo amante (l’ultimo in ordine cronologico) vuole tutta per se la contessa ed è disposto a fare qualsiasi cosa per averla. Così la contessa aizza il giovane amante contro il futuro marito, riportandogli che la trattava male e la picchiava. a fianco il Conte Pavel Kamarowsky

All’alba del 4 settembre del 1907, Nicolaj Naumov, si reca nell’appartamento veneziano del conte Paolo Kamarowsky, suo amico fraterno, e gli spara con una pistola, colpendolo ad un fianco e ad una gamba. Lo sventurato da terra esclama: «Mio caro amico, perché avete voluto uccidermi? Che cosa vi ho mai fatto di male? Siamo sempre stati ottimi amici...», continuando, «Scappate o vi arrestano.. Qui, ormai, avete fatto tutto... ». L’assassino iniziò cosi a piangere e a chiedere perdono. Dopo poco, nel mentre cercava di lasciare Venezia viene arrestato dalla polizia e condotto in caserma dove racconta tutta la tresca. La polizia arresta cosi sia Maria Tarnowskaia, la quale confessa subito

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mondo penitenziario

22 di essere stata lei a mandare l’uomo ad uccidere lo sposo, sia l’avvocato Donato Prilukow, complice del disegno criminoso. I due uomini sono rinchiusi nel carcere di Santa Maria in Gradi. Mentre la donna e la sua fidatissima cameriera personale nel carcere cittadino femminile della Giudecca, dove il 14 marzo 1910 inizia il processo, chiamato localmente “l’affare russo”, e che termina il 20 maggio dello stesso anno, con la condanna di tutti gli imputati.

Nel disegno sopra una ricostruzione del processo

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Maria Tarnowskaia, grazie ad una difesa geniale da parte dei suoi difensori: gli avvocati Arturo Vecchini e Adriano Diena (è stato uno dei primi a comprendere l’analisi freudiana della personalità e delle motivazioni del convenuto), fu condannata a 8 anni e 4 mesi per omicidio premeditato introduttivo di altro reato (tentata truffa ai danni della compagnia assicuratrice) con la diminuente della seminfermità di mente e la concessione delle attenuanti generiche. Rinchiusa dapprima alla Giudecca, venne successivamente trasferita a Milano e di qui (dopo la conferma della sentenza della Corte di Cassazione) al penitenziario di Trani. Nel 1916 fu scarcerata e partì per le Americhe dove mori il 23 gennaio del 1949. La storia di Maria Tarnowskaia è stata oggetto anche di una sceneggiatura scritta a quattro mani da tre dei più grandi registi del cinema italiano quali Visconti, Antonioni, Pietrangeli e da uno scrittore maestro dell’introspezione psicologica e dell’indagine sociale come Guido Piovene, ma il film non fu mai realizzato. Alla prossima... H

La Cassazione sul 41 bis itengo utile riportare nella rivista di questo mese una interessante pronuncia della Corte di Cassazione in materia di 41 bis dell'O.P.. Il magistrato di sorveglianza di Roma, su reclamo di un detenuto sottoposto al regime del c.d. carcere duro, ha ritenuto di disporre la disapplicazione immediata delle circolari vigenti in materia di colloqui con i familiari più stretti nella parte in cui prevedono l'esclusione della madre o di altre figure tutorie del minore nell'incontro diretto fra detenuto e figlio (o nipote), in quanto misura sproporzionata rispetto ai fini di prevenzione del regime speciale di detenzione, tenuto conto anche della integrale registrazione audio e video dei colloqui stessi. Insorgeva avverso tale decisione il Ministero della Giustizia e, in particolare il DAP, chiedendo alla Suprema Corte di Cassazione di annullare l'ordinanza di cui sopra per violazione di legge. La I Sezione penale della Cassazione con sentenza n. 28250 del 1 luglio 2014 accoglieva il ricorso del DAP ritenendo non condivisibile la motivazione del giudice di sorveglianza per i seguenti motivi. La Corte E.D.U. ha ripetutamente affermato (sentenza Schiavone/Italia in data 13/11/07, ricorso n. 65039/01) che le restrizioni previste dall’art. 41 bis O.P. non violano l’art. 8 CEDU, il quale prevede che ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza e che non può aversi interferenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto a meno che questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per la prevenzione dei reati e per la protezione dei diritti e delle libertà degli altri. Non può, quindi, dubitarsi che la predisposizione di un vetro divisorio tra detenuto e familiari, adottato per impedire che nel corso del colloquio vi

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possa essere un passaggio di oggetti, e la videoregistrazione del colloquio, per controllare il contenuto dello stesso, siano conformi al dettato dell’art. 8 CEDU, poiché trattasi di precauzioni previste espressamente dalla legge al fine di salvaguardare la sicurezza pubblica e di prevenire la commissione di reati. L’amministrazione penitenziaria, poi, con apprezzabile apertura nei confronti delle esigenze dei minori, ha previsto che questi ultimi, in caso di stretto legame parentale con il detenuto, possano, negli ultimi 10 minuti del colloquio, avere un contatto diretto con costui, senza la barriera costituita dal vetro divisorio, mantenendo però la precauzione della registrazione del colloquio ed impedendo agli altri familiari di partecipare a quest’ultima parte del colloquio. Inoltre, la Cassazione ha affermato che le esigenze del minore possano essere tutelate con una gradualità dei contatti con il proprio congiunto detenuto, ribadendo che mai per le esigenze del minore possono essere eliminate le esigenze di sicurezza previste dalla legge, vale a dire l'articolo 41 bis, comma quater, O.P. nella parte in cui prevede che il detenuto sottoposto allo speciale regime di sorveglianza possa fruire di un colloquio al mese "da svolgersi ad intervelli regolari e in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti". Prevede inoltre che i colloqui vengano sottoposti a controllo e a registrazione, previa motivata autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente. Alla luce di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’ordinanza impugnata illegittima, perché contraria ad una precisa disposizione di legge e, per l'effetto, l'ha annullata senza rinvio. Ancora una volta, quindi, le esigenze di sicurezza in detta materia sono state ritenute prevalenti ed assorbenti rispetto ad altre esigenze pur meritevoli di tutela che nondimeno possono trovare soddisfazione nella misura in cui non confliggano con le prime. H Luca Pasqualoni


mondo penitenziario opo il talento carico di emozioni di Francesco Saverino conosciuto attraverso l'articolo pubblicato nel mese di maggio, con Salvatore Natiello, Assistente capo addetto al servizio tecnico logistico, siamo di fronte all'apoteosi della manualità, una manualià che viene dal cuore senza avere nulla in cambio, se non qualche sguardo severo che nasconde un “ma chi te lo fa fare!”. A lui non interessa nulla, la soddisfazione di creare un oggetto con le sue mani con materiale di riciclo è per Natiello una grande gioia. un giorno mi disse: «vede, io sono molto fortunato perchè mi sento come un cantante, un attore, uno di quegli artisti che fanno un lavoro che a loro piace e per di più vengono anche pagati. Io sono come loro, pagato per creare, creare dal nulla; ho imparato tutto questo anche perchè sono consapevole che i fondi a nostra disposizione sono sempre di meno». Entrare nella mensa di servizio “accolti” da una scritta in legno adornata di girasoli, un quadro alle spalle dello scaldavivande costruito con un vecchio vassoio appoggiato su un legno scolpito dove si vede in bella vista un piatto colorato, un orologio creato con un disco di una vecchia sega elettrica, forse possono rendere meno triste e più accettabile la permanenza di tanti giovani

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sdradicati dalle loro famiglie per assolvere un compito tanto gravoso quale quello del poliziotto penitenziario. Rendere accoglienti i luoghi dove trascorriamo gran parte della nostra

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Casa Circondariale di Prato, dimora di artisti quotidianità, questo è l'obiettivo primario di Salvatore Natiello, l'uomo che non conosce orari, che non lascia l'istituto se non ha “sistemato” come dice lui, le stanze in caserma per i nuovi colleghi giunti dalle scuole. E’ proprio di questi uomini che l'amministrazione ha bisogno, di quelli che oltre alle mansioni connesse al loro ruolo, si adoperano per migliorare la qualità della vita dei colleghi, mettendo in atto tutte le strategie a loro disposizione per rendere più' confortevole un luogo che spesso di confortevole ha poco. L'Assistente capo Salvatore Natiello è un raro esempio in cui la forma si coniuga alla sostanza. Egli si adopera per trovare soluzioni economiche ma anche “gradevoli” alle tante problematiche che affliggono la sede in cui lavora e che purtroppo sono comuni in molti istituti. Mano e mente vanno di pari passo e testimoniano la grande genialità della Polizia Penitenziaria, abituata nel quotidiano ad affrontare ogni ostacolo, uscendo spesso vittoriosa nelle battaglie, con un occhio

comunque vigile alla conquista delle guerre. Grazie Salvatore per tutto quello che hai fatto e che continuerai a fare per la nostra amministrazione. H Rosa Cirone

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Mario Salzano Commissario di Polizia Penitenziaria rivista@sappe.it

Nella foto Commissari schierati

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funzionari funzionali

Commissari di Polizia Penitenziaria in un ruolo sempre più disallineato Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Costituzione della Repubblica, art. 3).

Penitenziaria, al dichiarato scopo di rendere effettiva la parificazione dello stesso con le altre Forze di Polizia ad ordinamento civile. Anteriormente all’esercizio di tale delega da parte del Governo, il Legislatore, con la legge 31 marzo 2000, n. 78, aveva ritenuto di intervenire in materia di riordino dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo Forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, prevedendo, con riguardo a quest’ultima, il “riordinamento dei ruoli del personale direttivo e dirigente” mediante “soppressione o istituzione di nuovi ruoli o qualifiche”.

a legge delega 28 luglio 1999, n.266 per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli Affari Esteri, per il personale militare del Ministero della Difesa, per il personale dell’Amministrazione Penitenziaria e per il personale del Consiglio Superiore della Magistratura, ha istituito i ruoli direttivi del Corpo di Polizia

A detta ultima delega, il Governo aveva dato attuazione con il D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 334, che, tra le diverse novità, aveva provveduto alla soppressione della qualifica di “vice commissario”, con la conseguenza che la carriera dei funzionari di polizia del ruolo direttivo si articola, ad oggi, nelle qualifiche di “commissario”, limitatamente alla frequenza del corso, “commissario capo” e “vice questore aggiunto”.

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Ciò significa che, a seguito della conclusione del corso, il personale acquisisce ex lege la qualifica di “commissario capo”. Anche l’Amministrazione Penitenziaria, con il Decreto Legislativo 21 maggio 2000, n. 146, recante “adeguamento delle strutture e degli organici dell’Amministrazione penitenziaria e dell’Ufficio centrale per la giustizia minorile, nonché istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria”, ha provveduto all’istituzione dei ruoli direttivi “ordinario” e “speciale” del Corpo di Polizia Penitenziaria, al fine di rendere effettiva la parificazione con le altre Forze di Polizia ad ordinamento civile. Purtroppo, come spesso accade (e la storia ci ha abituato a tale stato di cose, basti ricordare la disparità, attuale, di carriera tra gli ispettori della Polizia Penitenziaria e quelli della polizia di Stato), più che di allineamento alle altre forze di polizia, possiamo parlare di disallineamento. È chiaro, in effetti, che a fronte dell’inquadramento riconosciuto in Polizia di Stato nella qualifica di “commissario capo” a seguito della frequenza del corso, gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria raggiungono, nonostante le medesime condizioni di accesso al concorso, solamente la qualifica inferiore di “vice commissario”. Diversa sorte, naturalmente in meglio, è toccata al Corpo Forestale dello Stato che a decorrere dal 15 marzo 2001 ha istituito il ruolo direttivo dei funzionari del Corpo Forestale dello Stato, “corrispondente al ruolo dei commissari della Polizia di Stato”, anch’esso articolato nelle qualifiche di: “commissario forestale,


funzionari funzionali limitatamente al corso di formazione; commissario capo forestale e vice questore aggiunto forestale”. Appare evidente che i funzionari della Polizia Penitenziaria stanno subendo una notevole sperequazione di trattamento che, a tutt’oggi, mortifica i ruoli direttivi nello status giuridico, nelle attribuzioni funzionali e nel trattamento economico. Una sperequazione che non rende giustizia soltanto ai diretti interessati che, di fatto, rappresentano i ruoli apicali di un intero Corpo di Polizia, ma a tutto il personale di Polizia Penitenziaria, di ogni ordine e grado che, ancora una volta, deve vedere sminuita la propria importanza da una normativa che, nel corso del tempo, tra promesse, interrogazioni parlamentari e vane proteste non può più subire deroghe. Inoltre, per molti funzionari del Corpo, specialmente quelli che hanno frequentato l’ultimo corso di formazione, una ulteriore e ancor più grave disparità di trattamento si prospetta a causa della previsione di una progressione in carriera a numero chiuso che, di fatto, renderà impossibile il passaggio a Commissario Capo (e successivamente, da “commissario capo” a “commissario coordinatore”) Sono trascorsi ormai quattordici anni da quando, con l’entrata in vigore nel giugno del 2000 del decreto legislativo n. 146, sono stati istituti i ruoli direttivi, “ordinario” e “speciale”, del Corpo di Polizia Penitenziaria. Da allora si sono rincorse, vane, le promesse dei Ministri della Giustizia di turno, volte a porre fine alla disparità di trattamento con gli altri corpi di polizia ad ordinamento civile, appartenenti al medesimo comparto (Polizia di Stato e Corpo Forestale dello Stato), nonché ad eliminare le diseguaglianze dovute alla differente progressione di carriera. Una disparità non più giustificata né giustificabile da motivazioni di carattere economico, che non restituisce dignità ad un Corpo, quello della Polizia Penitenziaria, fatto di donne e uomini che con grande sacrificio garantiscono, attraverso il

mantenimento dell’ordine e la sicurezza negli istituti penitenziari, la sicurezza pubblica al pari delle altre forze di polizia che, sicuramente per una più marcata presenza sul territorio avranno maggiore visibilità ma di certo non maggiore dignità ed importanza. Una disparità di trattamento che non può essere più soltanto materia di interesse dei soggetti coinvolti ma che dovrebbe suscitare qualche perplessità in chi, avendo a cuore la dignità del personale di una amministrazione dello Stato fatta di uomini e donne il cui sacrificio ed il cui livello di preparazione e cui qualità non possono essere disattese. Nel ringraziare l’amico e collega Virgilio Indini per il prezioso contributo fornito alla riuscita di questo articolo, voglio riportare, a titolo esemplificativo, alcuni significativi passaggi in occasione di altrettanto significativi interventi degli ultimi Ministri della Giustizia. I primi si sono rivelati, purtroppo, promesse non mantenute; sull’ultimo attendiamo speranzosi.

• “E’ mio intendimento sollecitare un intervento normativo che, pur nei limiti dettati dalla attuali contingenze economiche, disponga il giusto riallineamento di alcuni ruoli e qualifiche della Polizia Penitenziaria con omologhi ruoli e qualifiche delle altre forze di polizia ad ordinamento civile”. Angelino Alfano, Ministro della Giustizia, in occasione delle celebrazioni per il 194° anniversario dalla fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, Roma, 13 maggio 2011.

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• “[...] Tra queste ricordo il riallineamento delle carriere che, a tutt’oggi, si sviluppano in condizione di disparità rispetto al corrispondente ordinamento del personale della Polizia di Stato. Una disparità non giustificata, posto che la Polizia Penitenziaria appartiene a pieno titolo alle cinque forze di polizia con una specializzazione che rende insostituibile il suo ruolo a garanzia della sicurezza e della legalità del Paese”. Anna Maria Cancellieri, Ministro della Giustizia, in occasione delle celebrazioni per il 196° anniversario dalla fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, Roma, 7 giugno 2013.

• “Sono in atto iniziative volte ad ottenere il riallineamento dei ruoli direttivi del Corpo di Polizia Penitenziaria ai corrispondenti ruoli della Polizia di Stato”. Andrea Orlando, Ministro della Giustizia, in occasione delle celebrazioni per il 197° anniversario dalla fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, Roma, 15 maggio 2014. H

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26 a cura di Giovanni Battista de Blasis deblasis@sappe.it

Sopra la copertina del numero di febbraio 2000 nell’altra pagina il DAP

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come scrivevamo iù di venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Come Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato tanti anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.

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Giustizia: una patata bollente per il DAP o per il Parlamento? Presto - forse - il via alla sperimentazione del braccialetto elettronico di Franz Sperandio

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a giustizia é nell'occhio del ciclone. Non riesce a decollare come dovrebbe (o come si vorrebbe) la riforma del giudice unico (mancano ancora le strutture idonee e il personale: il Ministero assumerà più di 500 nuovi impiegati, ma quando?); é ancora in alto mare la legislazione sul "giusto processo" (gli avvocati, intanto, programmano uno sciopero di cinque giorni, dall'11 al 16 febbraio, contro quello definito il decreto legge salvaprocessi e contro l'involuzione che il testo di legge starebbe subendo alla Camera); in campo penitenziario sono talmente tante le lacune che qualche volta vien da pensare che stia per scoppiare una nuova era di rivolte e proteste nelle carceri, stracolme di detenuti e con un personale - sia di Polizia che del settore socio-educativo ed amministrativo - ridotto all'osso e spesso lasciato allo sbando. Gian Carlo Caselli non pare essere riuscito ad assumere completamente il ruolo di comando al Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, forse perché ancora non ha capito come funziona veramente il sistema, non ha recepito le sue perversità (strutturali e funzionali), le rivalità (tra dirigenti e ruoli diversi del personale) e le lacune (scarsità di mezzi e strutture) che ne rendono sempre più difficile e teorica la gestione. Il Direttore Generale, dal suo insediamento a largo Daga a oggi, più che amministrare in modo nuovo, managerialmente il DAP (com'era nelle previsioni - nelle intenzioni e speranze di tutti - dovesse avvenire), ha perso molto tempo ed energie nel rintuzzare gli attacchi che dal Parlamento e dalla stessa Amministrazione gli capitano quasi giornalmente tra capo e collo.

La destra a ogni pie' sospinto chiede le sue dimissioni: le carceri sono piene, i detenuti muoiono, il personale manca, ma soprattutto a Caselli viene contestato il suo continuo esternare opinioni sulla giustizia, come se fosse ancora il Procuratore Capo di Palermo e non già un commis di Stato, dirigente di un Dipartimento che fa acqua da tutte le parti. Caselli il "presenzialista", dicono quelli del Polo, e in effetti, sfogliando i giornali o guardando la tv, la presenza del Direttore Generale del DAP é costante: risponde alle lettere dei lettori o qualora viene chiamato in causa in qualche articolo, scrive editoriali in prima pagina, si lascia intervistare dalla RAI, partecipa a ogni convegno cui viene invitato. In un programma alla RAI, la mattina del 14 gennaio 2000, chiarisce la situazione delle carceri a un giovane che lo intervista: "Oggi sono 50.856 i detenuti ospiti dei penitenziari italiani - dice Caselli - di cui 13.217 sono extracomunitari: 3.070 del Marocco, 2119 della Tunisia, 1821 dell'Albania, 1138 dell'Algeria e 1.034 dell'ex jugoslavia. La capienza di tutte le carceri é di circa 41.000 posti tollerabili 46000 - ma recentemente sono stati anche 53.000 i detenuti ospitati negli istituti penitenziari del nostro Paese. Solo il 12 per cento dei detenuti ha condanne definitive; il 15-20 per cento sono reclusi condannati in processi in cui si sono presentati quali imputati senza difensore. Poveracci! Quello degli stranieri senza difesa é un grosso problema del sistema penale che riduce il carcere a un collettore di mali sociali che non si


come scrivevamo sa come risolvere, e la pena non é più indirizzata al recupero del condannato. Ed a ciò collabora anche il sovraffollamento delle carceri, i molti sieropositivi e i moltissimi condannati per reati legati alla tossicodipendenza. Ecco perché - dice ancora Caselli al giovane - penso che si faccia un uso improprio del carcere. Per risolvere i conflitti ci vorrebbero accordi internazionali, per contenere il drammatico problema degli stranieri, dell'immigrazione clandestina, della povertà, il disagio ecc., ecc ... ". Certo, fa piacere sentire il responsabile delle carceri italiane denunciare in pubblico le carenze del sistema, l'impossibilità che possano risolversi in breve tempo tutti i problemi del settore, a cominciare dal sovraffollamento degli istituti, situazione che provoca non pochi disagi e malessere oltre che tra i detenuti anche tra il personale che si occupa della loro sorveglianza e sicurezza. C'é da chiedersi, però, se invece di dire quelle cose in un'intervista non sia meglio - per l'Amministrazione e per Caselli stesso - denunciarle in un "Rapporto sulle carceri" da consegnare al Parlamento, in un'analisi fredda, precisa e puntuale che non nasconda nemmeno la più piccola pecca del sistema, così da scaricare parte della responsabilità dell'attuale stato delle cose a coloro i quali sono delegati dal popolo a legiferare. Dicendo tutta la cruda verità e non, come capita ad esempio, alle interrogazioni parlamentari al Ministro della Giustizia in cui, il più delle volte, anziché evidenziare nelle risposte l'effettiva carenza di questo o quello (personale, mezzi, fondi ecc.) in questo o quell'istituto, si nasconde la realtà, cercando improbabili (a volte insolite e del tutto inventate) giustificazioni nello scaricare la colpa su altri: al DAP vige la regola che a qualcuno, in fondo, deve restare in mano la patata bollente, però é meglio se capita agli altri! D'altra parte, é abbastanza chiaro il perché le risposte alle interrogazioni parlamentari non chiariscono mai fino in fondo la situazione e raramente sono soddisfacenti

per l'interrogante: chi prepara le risposte non é il Ministro, sono funzionari del DAP, che evidentemente si coprono le spalle l'un l'altro. Se, invece, il Parlamento (il Governo, le Commissioni Giustizia di Camera e Senato) fosse messo davvero a conoscenza su come vanno realmente le cose ... beh, allora poi sarebbe anche più facile rispondere a tono, senza cadere in giustificazioni assurde, peraltro quasi sempre tardive. Un atto di coraggio, un'azione di grande responsabilità, amministrativa e politica, ecco quello che ci si aspetta da Gian Carlo Caselli. Ci si aspetta che faccia una denuncia precisa di tutti i mali del sistema, ma non attraverso interviste ed articoli sui giornali, bensì tramite una relazione presentata all'organo istituzionalmente delegato a risolvere le cose in nome del popolo italiano, il Parlamento, appunto. Denuncia, sia chiaro, circostanziata ed esatta, dopo aver cavato dalle menti e dai cuori dei dirigenti del DAP e delle strutture periferiche ogni verità, anche la più scomoda, lasciando una tantum (ma sarebbe meglio dire almeno una volta tanto ... ) da parte gli interessi personali. Difficile? Quasi impossibile, ma é proprio questa la sfida che Caselli si trova ad affrontare. Pulizia, trasparenza, correttezza, rispetto del personale che lavora per lo Stato, queste sono le cose che chiedono gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, ma anche gli

amministrativi e gli educatori, che ancora oggi non hanno ben chiaro il loro ruolo nell'Amministrazione, più ricercati (e utilizzati) per compiti d'ufficio che per una reale e corretta applicazione del trattamento per il recupero dei detenuti. Una vera riforma che renda le cose più semplici e facili da eseguire, questo é ciò che vuole il personale del DAP. Martedì 25 gennaio 2000 si sono incontrati i ministri dell'Interno, Enzo Bianco e della Giustizia Oliviero Diliberto, con il dichiarato e primario obiettivo di "dare nuovo impulso e slancio al pacchetto sicurezza". In quel pacchetto - che in attesa della corsia preferenziale in Parlamento potrebbe anche aprirsi e perdere per strada qualcosa - tra le priorità vi sono le modifiche al codice penale per i reati più diffusi (scippi, furti, ecc.) , quelli che allarmano maggiormente i cittadini che li subiscono, nonché la richiesta di un maggior rigore nel perseguire reati commessi a danno dei soggetti più deboli e per chi é recidivo. Alla pari, i due Ministri hanno concordato di rendere più stringenti i parametri per la concessione dei benefici penitenziari e di irrigidire, pur nel rispetto delle norme costituzionali, le misure cautelari nei vari gradi di giudizio. Provvedimenti preventivi che, probabilmente, se veramente applicati non faranno che aumentare le presenze nei penitenziari italiani, ma almeno non

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come scrivevamo arlare dei giorni nostri è quasi più difficile, forse, perché sono inevitabilmente coinvolta in un presente in continua trasformazione. Appartengo a coloro che hanno sostenuto un concorso da vigilatrice, chiamata dopo la riforma come poliziotta penitenziaria. Entrata nel 1993 ho frequentato, nel settembre 1994, presso la Scuola di formazione di Sulmona, il primo vero corso riservato al personale femminile, della durata di tre mesi. Fino ad allora pochi gli investimenti fatti dall’amministrazione, giusto qualche breve corso, a livello regionale, finalizzato principalmente al conseguimento della necessaria abilitazione per l’arma, prevista in quanto forza di polizia. Dai racconti di chi li ha frequentati in verità non ne viene fuori un’impressione positiva. Un modus operandi affrettato, dovuto e non sentito: le donne della Polizia Penitenziaria dovevano prendere l’arma prima possibile e dimostrare all’esterno di essere al pari degli altri Corpi. Un’operazione di facciata? Sarei curiosa infatti di sapere quanti a livello dirigenziale credevano nella trasformazione da vigilatrici a poliziotte penitenziarie e quante tra le mie colleghe di allora ne avevano compreso la portata. Io stessa sono stata catapultata in questa realtà senza alcun tipo di formazione e preparazione. Avevo studiato l’ordinamento penitenziario ma rimanevano parole scritte senza alcun aggancio al reale. Affiancata, sostenuta e accompagnata in questo nuovo percorso dalle colleghe ‘anziane’ effettive e trimestrali (contratto a termine della durata di tre mesi) in una formazione che per dirla in termini attuali definirei ‘on the job’. Disorientata, in un’organizzazione di tipo gerarchico e familiare allo stesso tempo, demandata all’esperienza e al senso di dovere personale e, talvolta, non neghiamolo, subordinata anche al ‘nonnismo’ di taluni soprattutto appartenenti al personale di Polizia

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sopra la vignetta e la copertina del numero di febbraio 2000

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permetteranno più quelle, a dir poco imbarazzanti, scarcerazioni per decorrenza dei termini che una giustizia malata ha potuto consentire a detenuti macchiatisi dei peggiori delitti. Ecco che allora é rispuntato il braccialetto elettronico, altro argomento di conversazione tra Bianco e Diliberto, che intendono avviare un progetto sperimentale in alcuni istituti di grandi città italiane, sempre, naturalmente, nel massimo rispetto dei principi costituzionali e delle norme vigenti. Il fatto é che il braccialetto elettronico, quale misura preventiva per il controllo dei detenuti, non é previsto né dalla Costituzione né dalla vigente normativa, ma se si vuole davvero applicare non dovrà essere un "fatto eccezionale", una mera sperimentazione, bensì dovrà diventare la norma, almeno per i detenuti colpevoli di reati minori, punìbili con la reclusione fino a due/tre anni. Ne deriverebbero almeno due grossi benefici: lo sfollamento delle carceri e

- se applicato a dovere e con le misure cautelari del caso - un maggiore e più costante controllo di chi é agli arresti domiciliari. Deve, però, decidere il Parlamento. La via può essere una soltanto: Gian Carlo Caselli, detentore e responsabile della giustizia post judicio, presenta una relazione sull'utilità e sicurezza del braccialetto elettronico e la richiesta della sua applicazione a Oliviero Diliberto, che a sua volta presenta un disegno di legge del Governo in Parlamento. Alla Camera é auspicabile che un simile provvedimento possa essere inserito d'urgenza nei lavori parlamentari, potendo fruire di una via preferenziale, sia in Commissione che in Aula. Il Senato, poi, si spera possa fare il resto in breve tempo. Intanto, però, il Ministro Bianco va dichiarando ai giornali che la gestione del braccialetto elettronico sarà di competenza della Polizia di Stato, ne parla come se la materia fosse già di pertinenza dell'Interno: non spetta al Ministero della Giustizia, e quindi alla Polizia Penitenziaria, la gestione dei detenuti in esecuzione della pena? La patata bollente è nelle mani dei politici, tocca a loro decidere. Ma in fondo, non é questo che vogliono al DAP, per scaricarsi le coscienze e per giustificare una gestione del sistema quasi mai all'altezza delle situazioni? H


donne in uniforme Penitenziaria maschile che, provenienti dal Corpo degli Agenti di Custodia, avevano una storia e un percorso alle spalle ben più strutturato e, forti di ciò, insieme alla poca considerazione delle capacità femminili, facevano il bello e il brutto tempo. Ma come riportato nella citazione in epigrafe, la virtù cresce nelle avversità e le donne della Polizia Penitenziaria, la cui storia, origini e difficoltà già ho trattato, hanno reagito a quel periodo di assenza istituzionale rimboccandosi le maniche e, con quella pazienza e dedizione tipicamente femminile, hanno lavorato duramente per eliminare quei retaggi culturali che le relegavano a meri compiti esecutivi e ad ottenere il dovuto riconoscimento della propria professionalità. L’amministrazione centrale nel frattempo è riuscita a scuotersi dall’impasse e ad affrontare con

serietà la questione del personale femminile. Nel settembre del 1994 inizia quindi il primo corso destinato esclusivamente al personale femminile assunto e inserito nelle realtà penitenziarie durante l’anno precedente. A partire dai concorsi successivi, il personale femminile e maschile frequenterà insieme i corsi di formazione prima di entrare, a tutti gli effetti, a lavorare nelle varie sedi.

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‘Crescit in adversis virtus’ La virtù cresce nelle avversità a cura di Laura Pierini Vice Sezione Porvinciale Sappe Firenze rivista@sappe.it

Nella foto alcune immagini della carriera di Laura Pierini

Da allora sono stati compiuti passi da gigante. Comunque, di fatto, a partire già dalla prima parte degli anni ’90, questo personale, storicamente relegato nelle sezioni femminili, grazie anche alla lungimiranza e intelligenza di direttori e dirigenti ha potuto accedere, tramite interpelli interni, in settori che erano prerogativa maschile: uffici comando, matricole, conti correnti, uffici servizi. Ha potuto, nel tempo, ottenere specializzazioni quali quelle di matricolista, istruttore di tiro, armaiolo. Oggi lo troviamo anche in servizio nei cinofili, a cavallo, nei nuclei traduzioni, nei Reparti Operativo Mobile (R.O.M.), nel Nucleo Investigativo Centrale (N.I.C.). Tramite concorsi interni ed esterni è presente tra Sovrintendenti, Ispettori, Commissari. Il legislatore ha quindi legittimato, riconosciuto ed equiparato senza operare distinzioni di genere. C’è da dire in verità che sul piano pratico il principio delle pari opportunità non sempre viene perseguito e per questo motivo sono state istituite commissioni ad hoc a

livello centrale ed in alcune realtà anche a livello regionale. Ma di questo parlerò in un’altra occasione. Dopo aver provato a dare forma e sostanza alla definizione delle donne di questa Istituzione, nei prossimi articoli avrei in mente di entrare nel vivo delle nostre attività, nel tentativo di cercare di far conoscere e comprendere come operiamo e quali difficoltà incontriamo. A presto. H

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inviate le vostre foto a rivista@sappe.it

A fianco: 1938 Casa Penale Agricola di Castiadas (CA) (foto inviata da Antonino Amore)

sotto: 1970 circa Casa Reclusione di Porto Azzurro (LI) Visita di Orietta Berti (foto inviata da Francesco Perruccio

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eravamo cosĂŹ


eravamo cosĂŹ

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Sopra: 1973 Casa di Reclusione Porto Azzurro (LI) Befana AA.CC. (foto inviate da Francesco Perruccio a fianco: Anni ’80 circa Casa Circondariale Savona

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32 a cura di Erremme rivista@sappe.it

le recensioni Nicola Manzò

GLI AMANTI DI VICO SAN SEVERINO TEA Edizioni pagg. 336 - euro 13,00 omanzo d’esordio per Nicola Manzò, autore napoletano di opere teatrali e scultore, che racconta un gradevole giallo dalla storia singolare. Natale è alle porte e ha in serbo un biglietto MilanoNapoli di sola andata per il commissario Alfredo Renzi, padano doc, quarant’anni suonati da un pezzo. Ma Napoli gli riserva un benvenuto poco invitante: due giovani amanti trucidati nel loro letto. Catapultato in una città sconosciuta, alla testa di una squadra di uomini dei quali ancora non ricorda neppure il nome, il commissario Renzi ha per le mani un caso che scuote l’opinione pubblica, e non sa davvero da dove cominciare. Ecco perché decide che la prima cosa da fare è senza dubbio… andare dal barbiere. Si sa, seduti sulle poltrone dei barbieri si scoprono più cose e si conoscono più persone che in qualsiasi altro luogo. E nella barberia di Ettore, infatti, Renzi conoscerà personaggi incredibili, che si riveleranno essenziali per le sue indagini: come Pierino, il ragazzo di bottega, settant’anni suonati da un pezzo, e il gobbo Tatillo, detto Gùgol, motore di ricerca di

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internos, la rete dei vicoli; o come Enza la Ribelle, al secolo Vincenzo Mazzella, trans dal cuore tenero e sensibile, e zia Mariuccia, l’indovina, che con le sue carte è in grado di vedere tutte ‘e ccose. Ed è grazie a questa straordinaria umanità che il nordico e compassato Renzi non solo si troverà presto come in una nuova grande famiglia, ma arriverà a risolvere brillantemente, anche se un po’ fortuitamente, il complicato caso degli amanti di vico San Severino...

Carmelo Sardo e Giuseppe Grassonelli

MALERBA MONDADORI Edizioni pagg. 384 - euro 18,00

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uesto è un libro di mafia, che racconta di come, in un’ottica distorta e aberrante, si arrivi a uccidere per difendere l’onore della propria famiglia e per sopravvivere. E’ un libro che trasuda di sangue, di violenza e di morte. E’ la storia di Giuseppe Grassonelli, in queste pagine identificato nel nome fittizio di Antonio Brasso (suo “nome di battaglia” negli anni della guerra di mafia), che dopo un lungo percorso di crimine e violenza finirà inevitabilmente in carcere e sarà radicalmente cambiato. Quando era bambino, nella sua Sicilia, lo chiamavano Malerba, ossia erba cattiva, per l’attitudine alla trasgressione delinquenziale conseguenza di una giovinezza scapestrata. Il tentativo di far cambiare registro alla sua giovane vita annega nel sangue di un regolamento di conti mafioso nello stile più atroce che stermina i suoi familiari: il nonno, lo zio, il cugino. Lui stesso resta ferito. Fugge, sconvolto, ma presto scopre che Cosa Nostra ha affidato il compito di ucciderlo a uno dei suoi amici d’infanzia... Questa è la storia di un giovane uomo che sente di dover fronteggiare da solo lo sterminio della propria famiglia. Di un uomo che non ha fiducia nello Stato, né in alcuna altra

istanza morale capace di contenere la ferocia umana. Di un uomo che scampa per miracolo a quattro agguati e decide di rinunciare a tutto, anche all’amore, per vendicare i suoi cari e sopravvivere. Fino all’arresto e alla detenzione, in parte condivisa col padre, che lo cambierà profondamente. Grassonelli non si pente, non collabora con la giustizia e sconta la pena durissima dell’ergastolo ostativo. Entrato in carcere semi-analfabeta, comincia a leggere, a studiare, fino a laurearsi e a diventare un detenuto modello. Per raccontare la sua storia si affida a Carmelo Sardo, nostra vecchia conoscenza anche per la sua esperienza di leva vissuta nel glorioso Corpo degli Agenti di Custodia, vice caporedattore cronache del Tg5 e tra i migliori giornalisti italiani che iniziò a seguire le drammatiche vicende di Grassonelli come giovane cronista di una Tv privata. Con efficacia e partecipazione, con una scrittura appassionata e coinvolgente, Sardo coinvolge il lettore e lo conduce attraverso queste pagine assolvendo in pieno all’obiettivo che si era proposto con questo libro: provare a capire.

Stefania Trinchero

LA CAREZZA DEL SOLE SENSIBILIALLEFOGLIE Ediz. pagg. 96 - euro 12,00

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accontare l’amore, quello dei genitori per i propri figli e quello degli uomini per le donne; raccontare la sensibilità e i drammi dell’individuo, dei gesti e dei pensieri attraverso il dialogo tra mamma e figlia. Raccontare il carcere, i suoi drammi e la sua umanità, attraverso i piccoli gesti quotidiani che, tra le sbarre, assumono dimensioni enormi. Come la scoperta (o, meglio, la riscoperta) della maternità o la sicurezza, acquisita proprio tra le sbarre, di vivere la vita non solo dell’oggi ma soprattutto del domani. E questo nonostante la frustrazione del carcere


le recensioni che segna ogni gesto, anche il più semplice come inviare una lettera; la dimensione della solitudine pur vivendo tra gli altri; il ruolo diverso che assume anche il ritmo del tempo. Raccontare lo sconforto che ti porta a pensare e a tentare il suicidio e l’umanità della poliziotta (anch’essa donna, moglie, persona) che intercetta il disagio e con il dialogo, la sensibilità, l’umanità impedisce l’insano gesto. Stefania Trinchero, psicologa della Salute mentale nel carcere genovese di Marassi, ci consegna un racconto che è immaginario solamente nella trama ma è in realtà il frutto e l’esperienza di una vita professionale vissuta nella trincea della prima linea.

Mario D’Antino e Sergio Lupinacci

LA RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE E CONTABILE DEI DIPENDENTI PUBBLICI ARACNE Edizioni pagg. 196 - euro 17,00 uesto libro ha il pregio di affrontare un tema assai complesso e delicato come la responsabilità patrimoniale e contabile dei dipendenti pubblici con estrema chiarezza e completezza. E’ l’articolo 28 della Costituzione a sancire il principio secondo il quale i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili nei confronti dei terzi per i danni cagionati nello svolgimento delle loro funzioni. Il tema, dunque, è di particolare rilevanza e deve essere affrontato con attenzione e competenza. Per farlo, bisogna partire dalla conoscenza della istituzione dello Stato demandata a questo controllo. Ossia la Corte dei conti, voluta dal Cavour nel 1862, che intendeva costituire un controllo attento ed efficace sulle contabilità delle amministrazioni pubbliche e di scoraggiare comportamenti illeciti dei contabili. Nel tempo si è arricchita di numerosissime altre incombenze, nei

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settori del controllo e della giurisdizione fino a quelle delicate e complesse introdotte dalla L. 213/2012 (disposizioni urgenti in materia di finanza) e dalla L.190/2012 (prevenzione e repressione dell’illegalità nella P.A.). Il libro, redatto da due studiosi di discipline contabili, aggiornato alle ultime disposizioni normative, offre dunque una visione ampia e moderna delle funzioni di questa istituzione, che imparzialmente e attivamente tutela le ragioni dell’Erario e quindi dei contribuenti.

Carlo Petrini

IL CALCIATORE SUICIDATO KAOS Edizioni pagg. 208 - euro 12,00 sce in una nuova edizione questo imperdibile libro di Carlo Petrini, calciatore di serie A degli anni Settanta e autore di diversi libri sul mondo pallonaro. Come il sasso nello stagno, Petrini scrive un dramma che è rimasto senza verità ma che si è rivelato fondamentale per nuovi sviluppi giudiziari: la morte violenta del giocatore Donato Bergamini, centrocampista del Cosenza (serie B), trovato cadavere davanti alle ruote di un camion la sera del 18 novembre 1989. Una morte, fatta passare per suicidio, che è un vero giallo ambientato nel mondo falso e dorato del dio pallone, con personaggi che sembrano venire fuori da un film. «Come ex giocatore che ha conosciuto bene la faccia nascosta del calcio, in questo libro ho tentato di chiarire alcuni dei retroscena della morte di Bergamini: mi sono studiato gli atti della magistratura, ho fatto ricerche e ho intervistato un po’ di persone, anche a Cosenza. Insomma, ho fatto quello che nessuno dei giornalisti sportivi ha mai fatto: loro sono troppo impegnati a leccare il culo del potere pallonaro e dei suoi divi, per occuparsi di un giocatore di serie B morto ammazzato come un cane». Lo scrive nella premessa al libro Carlo

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Petrini: e a suo merito va il fatto che anche grazie a “Il calciatore suicidato” la magistratura ha riaperto il “caso Bergamini” disponendo un nuovo processo per questo delitto a tinte fosche.

RASSEGNA PENITENZIARIA E CRIMINOLOGICA 2/2013 - pagg. 270

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econdo numero per l’anno 2013 (stampato però nell’aprile del 2014) per la nuova serie della Rassegna penitenziaria e criminologica curata dall’Amministrazione Penitenziaria che si occupa in particolare della sorveglianza elettronica come alternativa al carcere e del braccialetto elettronico. Di particolare interesse i contributi di Stefano Aprile, che racconta l’esperienza del Gip di Roma sul sistema di controllo elettronico delle persone sottoposte alla misura degli arresti domiciliari, di Francesco Gianfrotta, che ricostruisce le esperienze italiane in materia di braccialetto elettronico, e di Fabrizio Leonardi, Eustacchio Vincenzo Petralla e Michele Ciarpi che, con contributi distinti, fanno il punto sull’esperienza europea. Questo numero della Rassegna si occupa anche del superamento degli OPG, di alcune recenti decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e della Corte costituzionale.H

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l’ultima pagina Henry Carroll

IMPARO A FOTOGRAFARE VALLARDI Edizioni pagg. 128 - euro 14,90

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uella della fotografia è un hobby (o una passione) che coinvolge tantissime persone. L’avvento ed il consolidamento del digitale ha ampliato notevolmente gli estimatori

inviate le vostre lettere a rivista@sappe.it

del settore e tante sono le pubblicazioni che spiegano le basi della fotografia e le tecniche migliori per scatti da incorniciare. Tra questi merita una nota particolare questo manuale, senza tecnicismi e adatto a tutti. 50 esercizi guidati dai più grandi fotografi (Henru Cartier-Bresson, Robert Capa, Bill Brandt, Ansel Adams, Chris Levine, Elliott Erwitt, Dorothea Lange, Sebastião Salgado, Daido Moriyama, Robert Frank…) per imparare a vedere il mondo con uno sguardo nuovo. H

il mondo dell’appuntato Caputo Flash Mob di Mario Caputi e Giovanni Battista de Blasis © 1992-2014

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NO CAPUTO... NON ERA QUESTO CHE INTENDEVAMO PER FLASH MOB !




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