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anno XIX • n.194 • aprile 2012 www.poliziapenitenziaria.it
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L’EDITORIALE Un nuovo carcere, una nuova Polizia Penitenziaria
Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
di Donato Capece
ANNO XIX • Numero 194 Aprile 2012
IL PULPITO Unificazione delle Forze di Polizia. Se non ora, quando? di Giovanni Battista De Blasis
Direttore Responsabile: Donato Capece capece@sappe.it
IL COMMENTO Carceri, la Liguria pensa al Garante dei diritti (e dei doveri)
Direttore Editoriale: Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it Capo Redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it
di Roberto Martinelli
Redazione Cronaca:Umberto Vitale Redazione Politica: Giovanni Battista Durante
L’OSSERVATORIO Suicidi in carcere
Redazione Sportiva: Lady Oscar Progetto Grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director)
di Giovanni Battista Durante
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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it
Un nuovo carcere, una nuova Polizia Penitenziaria
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dati recentemente diffusi dall’Associazione Antigone confermano un allarme che ormai da anni lanciamo con cadenza pressochè quotidiana. Oggi abbiamo oltre ventimila persone detenute rispetto alla capienza regolamentare, un buon 40% dei ristretti in attesa di un giudizio e 7mila Agenti di Polizia Penitenziaria in meno negli organici del Corpo.
Oggi ci sono 66.585 detenuti per 45.742 posti letto disponibili. E se non fosse per la legge sulla detenzione domiciliare, che pure introduce parametri assai rigidi per avvalersene, e la recente legge del Governo, che limita la detenzione in carcere prima dell’udienza di convalida a casi eccezionali, oggi avremmo in carcere più di 75mila detenuti. Dai dati diffusi, a noi ben noti, emerge che la Puglia è la regione con il più alto tasso di sovraffollamento di detenuti nei penitenziari (188%), seguita da Lombardia (174%) e Liguria (168%). Il record spetta però alla casa circondariale di Brescia Canton Monbello, con un eccesso di detenuti rispetto a quelli che potrebbe regolarmente contenere del 271%. La Campania, invece, e’ quella con piu’ imputati dietro le sbarre: su un totale di 7.983 detenuti, al 31 marzo di quest’anno, quelli imputati sono oltre il 51%. E’ quindi del tutto evidente che le tensioni in carcere restano costanti ed aggravano le già difficili condizioni di lavoro delle donne e degli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria. La situazione penitenziaria è e resta allar-
mante ed è giunta davvero l’ora di ripensare organicamente il sistema dell’esecuzione penale in Italia. E’ del tutto evidente che scontare la pena fuori dal carcere, per coloro che hanno commesso reati di minore gravità, ha una fondamentale funzione anche sociale, così come introdurre l’obbligatorietà del lavoro in carcere. Si deve avere il coraggio e l’onestà politica ed intellettuale di riconoscere i dati statistici e gli studi Universitari indipendenti su come il ricorso alle misure alternative e politiche di serio reinserimento delle persone detenute attraverso il lavoro siano l’unico strumento valido, efficace, sicuro ed economicamente vantaggioso per attuare il tanto citato quanto poco applicato articolo 27 della nostra Costituzione. Non a caso il SAPPe da tempo sollecita il Parlamento a sostenere il progetto di legge del ministro della Giustizia Paola Severino sulla depenalizzazione dei reati minori e, soprattutto, sulla messa alla prova; istituto, quest’ultimo, che ha dato ottimi risultati nel settore minorile e che potrebbe essere altrettanto utile negli adulti, atteso che consentirebbe di espiare in affidamento al lavoro all’esterno le condanne fino a quattro anni di reclusione. Altrettanto evidente è il potenziamento del ruolo della Polizia Penitenziaria, incardinandolo negli Uffici per l’esecuzione penale esterna per svolgere in via prioritaria rispetto alle altre forze di Polizia la verifica del rispetto degli obblighi di presenza che sono imposti alle persone ammesse alle misure alternative della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova. Sul ruolo della Polizia Penitenziaria rispetto alle nuove misure alternative al carcere proposte dal Governo si è espresso recentemente anche il Capo del Dap, Giovanni Tamburino, che ha detto: «La Polizia Penitenziaria potrebbe assumere un ruolo di custodia e vigilanza anche per i condannati che scontano la loro pena con
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misure alternative al carcere». Anche in questi casi, ha sottolineato, «ci sono esigenze di controllo e vigilanza e bisogna valutare se questo compito potrebbe essere svolto dalla Polizia penitenziaria o dalle forze di polizia sul territorio. Bisogna valutare se tutto ciò che riguarda l’esecuzione della pena potrebbe essere affidato alla Polizia Penitenziaria. Cio’ richiederebbe una ristrutturazione». Secondo il capo del Dap questa impostazione «potrebbe avere una logica», ma bisogna evitare di fare «scelte confuse». Dico al Capo del DAP che non possono e non ci devono essere dubbi: questo è un compito da affidare istituzionalmente ai Baschi Azzurri! Ricordo al presidente Tamburino che per molti mesi abbiamo discusso con l’Amministrazione penitenziaria una bozza di decreto interministeriale Giustizia-Interno che avrebbe potuto costituire un importante tassello nell’ottica di una riforma organica del sistema penitenziario e giudiziario italiano. Era previsto molto chiaramente come il ruolo della Polizia Penitenziaria negli Uffici per l’esecuzione penale esterna fosse quello di svolgere in via prioritaria rispetto alle altre forze di Polizia la verifica del rispetto degli obblighi di presenza che sono imposti alle persone ammesse alle misure alternative della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova. Il controllo sulle pene eseguite all’esterno, oltre che qualificare il ruolo della Polizia Penitenziaria, potrà avere quale conseguenza il recupero di efficacia dei controlli sulle misure alternative alla detenzione, cui sarà opportuno ricorrere con maggiore frequenza. Efficienza delle misure esterne e garanzia della funzione di recupero fuori dal carcere potranno far sì che cresca la fiducia della pubblica opinione verso queste misure, che nella considerazione pubblica, non vengono attualmente riconosciute come vere e proprie pene. Per questo motivo auspico che il Capo Dipartimento solleciti il Ministro della Giustizia Severino a far ripartire quello schema di decreto interministeriale al più presto, anche riorganizzando funzionalmente il DAP e istituendo finalmente quella Direzione Generale della Polizia Penitenziaria ormai irrinunciabile.
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Giovanni Battista De Blasis Direttore Editoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it
Unificazione delle Forze di Polizia Se non ora, quando?
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urtroppo, ci siamo ormai resi conto tutti quanti del fatto che il nostro Paese sta attraversando una delle peggiori crisi economiche dal dopoguerra ad oggi. Questa crisi economica, per quanto possa sembrare paradossale, è resa ancora più grave dal fatto che è accompagnata da una crisi, altrettanto profonda, in tutto il resto del mondo. Tralasciando, per ovvi motivi, ogni considerazione sulle cause che l’hanno determinata (che sono più complicate da comprendere), appaiono ormai evidenti gli effetti che abbiamo avuto, stiamo avendo ed avremo sulla nostra economia, sulla nostra politica e, soprattutto, sulla nostra vita quotidiana. Per limitarci al nostro ambito, è stata congelata ogni forma di progressione retributiva al 2010 e lo rimarrà, nella migliore delle ipotesi, fino al 2016 a fronte di una inaudita escalation della pressione fiscale che, secondo alcune fonti, è aumentata di circa il venti per cento delle retribuzioni. Allo stesso tempo abbiamo subìto un esagerato ridimensionamento di tutte le indennità stipendiali (missioni e straordinari) e una drastica riforma in pejus del trattamento previdenziale e pensionistico. La combinazione di tutte queste cose ha fatto sì che il potere di acquisto dei nostri stipendi sia regredito tout court di oltre trent’anni ovverosia, più o meno, a quello che aveva agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso. Il Governo Monti che, più che un Governo tecnico, può essere considerato un Governo di emergenza nazionale, oltre agli interventi di carattere fiscale sta cercando di metter mano a tutte le questioni possibili per il ridimensionamento del bilancio pubblico, attraverso una politica di grandi riforme strutturali dello Stato e delle Istituzioni finalizzata, appunto, alla razionalizzazione ed al contenimento della spesa pubblica. In questa ottica, credo che sia davvero arrivato il momento di metter mano anche ala complessiva organizzazione della difesa, della sicurezza e del soccorso pubblico italiano. Senza soffermarci troppo sull’anomalia tutta italiana di una sicurezza pubblica affidata a ben cinque Corpi di Polizia, ai quali si aggiungono le polizie locali, provinciali e regionali, i vigili del fuoco e talune guardie forestali regionali (peraltro sparpagliati tra le competenze di cinque o sei ministeri) è innegabile la necessità di una razionalizzazione delle forze dell’ordine con l’obiettivo di migliorare la loro organizzazione e la gestione delle loro risorse. In tal senso, abbiamo già detto più volte di come sarebbe davvero opportuna l’istituzione di due soli Corpi di Polizia, uno ad ordinamento civile ed uno ad ordinamento militare, possibilmente interdipendenti e coordinati operativamente fra di loro. Scendendo più nel dettaglio, stiamo dicendo che, lasciando intatta l’organizzazione e l’ordinamento (militare) dell’Arma dei Cara-
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binieri, andrebbero disciolti - per come sono concepiti quest’oggi – i Corpi della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria e della Guardia Forestale per confluire in un nuovo Corpo di Polizia Nazionale riordinato e riorganizzato secondo tutta una serie di specializzazioni e specialità incaricate di svolgere i rispettivi compiti istituzionali. In parole povere, sto dicendo che all’interno di un unico Corpo di circa duecentomila uomini e donne, si troverebbero ad operare una serie di divisioni razionalmente organizzate secondo esclusivi compiti istituzionali: Polizia giudiziaria, Polizia di sicurezza, Polizia investigativa, Polizia stradale, Polizia ferroviaria, Polizia tributaria, Polizia penitenziaria, Polizia ambientale, Polizia di prevenzione, ecc. ecc. Sulla questione rammento che più di dieci anni fa, alla fine degli anni novanta, il Sap – omologo sindacato autonomo della Polizia di Stato che insieme a noi fa parte della Consulta Sicurezza – realizzò uno studio dettagliato che arrivò alla conclusione che attraverso l’unificazione dei vari Corpi di Polizia si sarebbe potuto realizzare un risparmio per le casse dello Stato di decine e decine di miliardi di lire all’anno. Del resto, non è difficile prevedere notevoli risparmi di spesa sia dalla razionalizzazione delle risorse, dei mezzi e delle infrastrutture sia, soprattutto, dal drastico dimagrimento delle burocrazie e dal conseguente ridimensionamento degli apparati. Per quello che ci riguarda, ad esempio, potremmo lasciare in dote al Dap e al Ministero della Giustizia, tutti quei Magistrati, Dirigenti e Funzionari che diventerebbero assolutamente superflui per il Corpo; ma anche tutti quegli impiegati civili che allo stato attuale esistono soltanto in quanto funzionali alla Polizia Penitenziaria e alla sua amministrazione. Ed insieme a questi, dismetteremmo anche tutti quei servizi (ed i mezzi funzionali ad essi) che ci sono stati affibbiati soltanto per accompagnare, proteggere e tutelare tutti questi burocrati che orbitano intorno, sotto e sopra al Corpo di Polizia Penitenziaria. E’ innegabile, infatti, che il Corpo di Polizia Penitenziaria è “servente” rispetto al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dove è costretto a svolgere una lunghissima serie di servizi connessi ai propri compiti istituzionali che verrebbero automaticamente a cessare laddove si confluisse in un unico Corpo di Polizia alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Immagino e presumo che la stessa cosa valga pure per i colleghi della Finanza, della Forestale e delle altre Forze dell’Ordine frastagliate in altre amministrazioni. Tra l’altro, come ho già avuto modo di sostenere in un altro editoriale, potrebbero benissimo essere smantellati tutti i provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria e, a mio parere, addirittura lo stesso Dipartimento di Largo Daga. Come si sta già ventilando per il Dipartimento per la Giustizia Minorile, in effetti, tutte le funzioni residuali del Dap potrebbero essere devolute al Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, dove potrebbe essere costituita una Direzione Generale dell’esecuzione penale, laddove far confluire, appunto, Dap e Dgm. In conclusione, sono davvero convinto che è arrivato il momento giusto per l’unificazione delle Forze di Polizia, tanto da poter affermare: Se non ora, quando ?
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Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it
Carceri, la Liguria pensa al Garante dei diritti (e dei doveri)
L
o scorso 4 aprile, a Genova, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria è stato ascoltato, insieme ad altre OO.SS del Corpo, dalla 1ª Commissione dell’Assemblea Legislativa della Liguria sul merito di due proposte di legge finalizzate ad introdurre nel Consiglio Regionale del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. La prima fondamentale e imprescindibile considerazione che il SAPPE ha fatto è quella che ai detenuti delle carceri italiane – ed a quelli delle sette Case circondariali della Liguria (La Spezia, Chiavari, Genova Marassi e Pontedecimo, Savona, Imperia e Sanremo) – sono assicurate e garantite ogni tipo di tutela, a cominciare dai diritti relati all’integrità fisica, alla salute mentale, alla tutela dei rapporti familiari e sociali, all’integrità morale e culturale. Diritti per l’esercizio dei quali sono impegnati tutti gli operatori penitenziari, la Magistratura ed in particolare quella di Sorveglianza, l’Avvocatura, le Associazioni di volontariato, i parlamentari ed i consi-
glieri regionali (che hanno libero accesso alle carceri), le cooperative, le comunità e tutte le realtà, che operano nel e sul territorio, legate alle marginalità. Abbiamo tenuto ad evidenziare come sia particolarmente preziosa, in questo contesto, l’opera svolta quotidianamente dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Donne e uomini in divisa che rappresentano ogni giorno lo Stato nel difficile contesto penitenziario, nella prima linea delle sezioni detentive, con professionalità, senso del dovere, spirito di abnegazione e, soprattutto, umanità. Garantendo, ad esempio, il diritto delle persone detenute di vivere. Abbiamo citato dato importanti: dal 2001 ad oggi, nelle carceri italiane, la Polizia Penitenziaria ha sventato oltre 16mila (!) tentativi di suicidio di detenuti e impedito che gli oltre 104mila (!) atti di autolesionismo e di condotte auto aggressive poste in es-
Nelle foto in alto accanto al titolo Agenti in sezione a fianco una veduta di Genova
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sere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed avere ulteriori avere gravi conseguenze. Un importante passo in avanti su quel perimetro deliberatamente dimenticato qual è il carcere è certamente quello di renderlo trasparente, di considerarlo parte integrante (e non, spesso, dimenticata) delle città e della società. Per questo ho evidenziato nel corso dell’audizione che noi per primi, come Sindacato più rappresentativo della Polizia penitenziaria, siamo da sempre impegnati da sempre in prima linea perché il carcere sia davvero una casa di vetro, vale a dire un luogo trasparente dove la società civile possa e debba vederci chiaro. Occupandosi ovviamente di coloro che in carcere sono detenuti ma non dimenticando e non tralasciando anche coloro che in carcere lavorano, a cominciare dalle donne e dagli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria che svolgono una professionale tanto delicata quanto fondamentale. E’ infatti evidente che il costante sovraffollamento penitenziario alimenta una tensione detentiva nelle sovraffollate celle italiane fatta di risse, aggressioni, suicidi e tentativi suicidi che genera condizioni di lavoro dure, difficili e stressanti per tutti i Baschi Azzurri. Quando si parla di diritti, però, si deve ricordare che le persone detenute mantengono la titolarità e la facoltà di esercitare tutti quei diritti (a partire da quelli fondamentali declinati negli articoli 2, 3 e 4 della Costituzione) che non siano concretamente in contrasto con la privazione della libertà.
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Ed è evidente che, per il fatto stesso di essere stati privati della libertà personale, non li possono esercitare liberamente. Tutto questo non deve però far dimenticate i ‘doveri’ che le persone detenute hanno, doveri dei quali spesso non si parla. Interessante, a questo proposito, l’introduzione della Carta dei diritti e dei doveri del detenuto e dell’internato introdotta con la recente Legge n. 9 del 17 febbraio 2012. La Carta è introdotta nell’Ordinamento Penitenziario per sostituire la mera informazione sui diritti e doveri, disciplina e trattamento prevista dalla normativa vigente, in modo da garantire una maggiore consapevolezza del regime carcerario al quale i detenuti e internati sono sottoposti, fornendo informazioni dettagliate di varia natura, ad esempio, sulle strutture e servizi penitenziari, sui principi che fondano l’attività trattamentale, come il rispetto della dignità della persona, e contemplerà altresì le disposizioni relative alla concessione delle misure alternative alla detenzione. Nel merito delle due proposte di legge regionali liguri, un simile Organismo, nell’attuale contesto sociale e nella particolare situazione carceraria, rappresenta certamente un elemento di garanzia e tutela per dare piena attuazione all’art.27 della nostra Costituzione. E’ utile ed importante un Organismo qualificato di mediazione nell’ambito delle situazioni conflittuali, di intermediazione tra ambiente carcerario e società civile, di promozione delle attività formative, lavorative, culturali e sportive, di tutela. Abbiamo però partecipato tutte le nostre
Nelle foto la sede della Regione Liguria
perplessità sulla necessità di istituire questa nuova figura – anche in relazione ai costi per la spesa pubblica che si dovrebbero sostenere, considerata l’attuale particolare situazione di congiuntura economica quando la Regione Liguria ha già una qualificata ed autorevole figura istituzionale di garanzia quale è quella del Difensore civico regionale che bene può assolvere alle finalità che le due proposte di legge si prefiggono. E’ quanto, ad esempio, già avviene in Lombardia e nelle Marche, regioni nelle quali vi sono appunto Difensori civici che hanno anche funzioni di garante dei detenuti. Quel che è certo è che la eventuale figura da istituire in Liguria non può essere appannaggio dei giochetti politici, non può essere insomma una poltrona sulla quale sistemare qualche politico trombato, qualche amico degli amici senza nessuna concreta competenza penitenziaria. Il mio, nostro auspicio è che dall’Audizione si possa dare corso ad un maggior coinvolgimento della Giunta e del Consiglio regio-
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nale della Liguria sulle criticità penitenziarie, anche nell’ambito delle competenze dell’Assessorato che ha competenza sulle politiche di sicurezza dei cittadini. Prevedendo ad esempio, nell’ambito dell’Osservatorio per la sicurezza, di monitorare gli eventi critici che periodicamente accadono in carcere. Inserendo anche il Corpo di Polizia Penitenziaria nei progetti formativi della Regione Liguria finalizzati ad acquisire la conoscenza delle lingue straniere (stante l’alto numero di stranieri detenuti) e della patente europea di informativa. Favorendo politiche alloggiative a canone agevolato per gli appartenenti alle Forze di Polizia ed alla Polizia Penitenziaria in particolare. Favorendo, con le Province ed i Comuni della Liguria, l’impiego di detenuti in progetti per il recupero del patrimonio ambientali occupando loro, ad esempio, nella pulizia dei greti dei torrenti e delle spiagge della nostre Provincie, nella cura degli alberi e dei parchi della città. Bisogna sostanzialmente impegnarsi per aprire il mondo carcere a quello esterno, a fianco fare in modo che questi universi paralleli plotoni comunichino, e agiscano insieme per schierati recuperare alla società e alla città persone che chiedono una nuova opportunità, attraverso l’impegno di operatori, volontari, medici e tanti altri che hanno bisogno del supporto della comunità per i loro difficili compiti. Ma anche e soprattutto per non dimenticare una realtà di alto valore civico, un presidio di sicurezza e democrazia quale è il Corpo di Polizia penitenziaria i cui appartenenti prestano la loro attività nelle sette Case circondariali della Liguria in condizioni spesso difficili, affrontate con alta professionalità e spirito di servizio.
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Giovanni Battista Durante Redazione Politica Segretario Generale Aggiunto del Sappe durante@sappe.it
Suicidi in carcere La Cassazione conferma un caso di responsabilità penale dell’agente di Polizia Penitenziaria
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Nella foto una scioccante immagine di un suicidio
suicidi in carcere dei detenuti costituisce un argomento di grande attualità, considerato, anche, che negli ultimi anni sono aumentati molto. Le modalità con le quali i detenuti mettono in atto i suicidi sono quelle note: l'impiccagione o l'inalazione del gas; anche se in quest'ultimo caso si parla pur non sapendo mai con certezza se la persona voleva davvero togliersi la vita, visto che il più delle volte si tratta di tossicodipendenti che usano il gas come sostitutivo della droga e si stordiscono fino al punto di perdere i sensi e morire intossicati. Questi fenomeni hanno assunto una dimensione giuridica rilevante, allorché qualche giudice civile ha iniziato a condannare l'amministrazione penitenziaria, sostenendo, in più sentenze, che la stessa amministrazione ha il dovere di impedire il suicidio del detenuto, avendo su di esso un potere di controllo; in un altro caso, per un detenuto morto a seguito di uso di sostanze stupefacenti, il giudice ha condannato l'amministrazione ad un risarcimento di oltre 300.000 euro, perché avrebbe dovuto impedire che la droga entrasse in carcere (Tribunale civile di Roma). Noi ci siamo più volte occupati del problema, commentando anche le sentenze dei Tribunali di Milano, Bologna e Roma che in tutti e tre i casi avevano condannato l'amministrazione, ancorchè assolta in altre vicende analoghe. Ora, sull'argomento, per ragioni diverse, trattandosi di sentenza penale di condanna, è intervenuta la Cassazione penale, sez. quarta, con la sentenza n. 6744, del 20.02.2012, con la quale ha rigettato il ricorso di un'agente della polizia penitenziaria, ritenuta responsabile della morte di una detenuta, impiccatasi in carcere. Si tratta di una questione evidentemente diversa da quelle affrontate dai giudici civili, anche se il tema è sempre lo stesso: i suicidi in carcere. Ci interessa pubblicare la sentenza, proprio per evidenziare i molteplici
aspetti ed i problemi a cui può andare incontro il personale di polizia penitenziaria durante il servizio. In questo caso l'agente è stata condannata per omicidio colposo, per avere, secondo quanto sostiene il giudice, sostanzialmente omesso di effettuare il servizio affidatole, nei confronti di una detenuta per la quale era stata disposta la sorveglianza a vista.
Ritenuto in fatto R.C. , unitamente ai colleghi C.P. e Ro.Pi., la prima addetta alla sorveglianza nel medesimo turno ed il secondo addetto alla sorveglianza generale, veniva tratta a giudizio dinanzi al Tribunale monocratico di Roma per rispondere dei reati di cui agli artt. 41 e 589 c.p. per la morte della detenuta K.M. , verificatasi nel carcere (...) il (...), per asfissia meccanica da impiccamento. Veniva contestato alla R. l'omissione di diligenza nella sorveglianza della predetta detenuta per non aver impedito alla stessa, sottoposta al regime di sorveglianza a vista, di impiccarsi alla sponda del letto e per non essere riuscita a giungere in tempo per scongiurare la morte. Con sentenza in data 11.12.2008 il Giudice del Tribunale romano assolveva C.P. per non aver commesso il fatto e condannava la prevenuta e Ro.Pi. , avendo ravvisato nel comportamento di entrambi, non improntato alla diligenza
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nel vigilare la detenuta, la colposa omissione che aveva dato luogo alla responsabilità. Tale sentenza del Tribunale di Roma veniva parzialmente riformata da quella della Corte di Appello di Roma in data 9.3.2011 che assolveva il Ro. perché il fatto non sussiste, confermando la condanna della R. Avverso tale ultima sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di R.C. deducendo, in sintesi, il vizio motivazionale e l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Il difensore deduce che la Corte territoriale aveva valutato solo il fatto che la R. non aveva stazionato per tutto il turno dinanzi alla cella ov'era ristretta la K. ma non aveva tenuto nel debito conto il fatto che era stata disposta la sorveglianza a vista senza provvedere all'aumento dell'organico ad hoc. Essendo rimasta sola, poiché a partire dalle prime ore del mattino la C. si era dovuta recare nel piano sottostante per far uscire le semilibere, era giocoforza che la R. si muovesse dovendo badare a tutto il reparto (...). Inoltre, la Corte aveva omesso di considerare la non prevedibilità ex ante dell'evento dannoso, poiché, diversamente, la detenuta avrebbe dovuto essere sedata per tutta la notte, con ulteriori accortezze di arredamento della cella tese a contrastare l'autolesionismo, di cui il Penitenziario non si era curato. La detenuta era stata invece valutata e curata, per quanto constava alle sorveglianti, come soggetto aggressivo verso gli altri. Né si poteva affermare che una sorveglianza a vista avrebbe impedito l'evento, tenuto conto delle modalità di esecuzione del suicidio, ad una sponda del letto non visibile dallo spioncino: si richiamano, al riguardo, i principi in tema di causalità del reato omissivo mutuati dalla sentenza cd. Franzese.
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Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va respinto. Invero, è pacifica la condotta colposa della R.: sul punto la sentenza impugnata ha fornito adeguata motivazione con la quale è stato puntualizzato, sulla scorta della deposizione dell'assistente D'A., che la situazione della K., unica detenuta sottoposta alla sorveglianza a vista, era stata dettagliatamente evidenziata (come sostanzialmente ammesso dalla stessa ricorrente: v. pag. 2 sent.) alle colleghe del turno successivo (cioè, la stessa R. e la C. ) che, dunque, avrebbero ben potuto ripartirsi i compiti in maniera analoga a quella seguita dalle colleghe smontanti anche in mancanza di apposite istruzioni da parte del preposto alla sorveglianza generale. Secondo la ricostruzione dell'impugnata sentenza, la R., in quanto preposta alla (omissis) , era deputata alla sorveglianza a vista della detenuta K. ma aveva sostanzialmente omesso di effettuare il servizio affidatole: infatti, come riferito dalla C., si recava
in continuazione presso la cella della detenuta ma non si era mai seduta dinanzi alla cella stessa, omettendo, pertanto, di svolgere il servizio di sorveglianza a vista secondo le istruzioni ricevute, ed anzi la stessa R., secondo quanto, tra l'altro, rilevato dal Giudice a quo, aveva ammesso di essersi allontanata in alcune occasioni dalla cella della K. e di non aver svolto il servizio di sorveglianza in modo continuativo. La disposizione della sorveglianza a vista fu impartita, evidentemente, in previsione di iniziative estemporanee e pericolose della detenuta ed era funzionale a scongiurare comportamenti autolesionistici e, come sottolineato dalla sentenza impugnata (pag. 6), la c.d. "cella liscia", tipicamente idonea a tal fine le cui caratteristiche son richiamate in ricorso, non era mai esistita nella casa circondariale di (omissis): la dedotta aggressività verso terzi della donna non poteva richiedere tale stretto controllo che sarebbe stato superfluo essendo la detenuta rinchiusa nella
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cella, circostanza, questa, che escludeva di per se, in costanza di detenzione, la possibilità di comportamenti offensivi erga alios. Quindi non può certo ritenersi l'imprevedibilità del suicidio. Senza bisogno di richiamare i principi ai quali si è rimenata la ricorrente in tema di nesso eziologico nei reati omissivi, è chiaro che l'omissione della condotta prescritta ha precluso, a monte, il tempestivo avvistamento della complessa manovra suicidaria e, con esso, il conseguente dovuto intervento per scongiurarne il fatale esito. Né può sottacersi che la censura mossa sia prevalentemente aspecifica avendo riproposto in questa sede in buona parte la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile. Si deve, pertanto, rigettare il ricorso e, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., condannare la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Una manifestazione per protestare contro le indifferenze dell’Amministrazione, della politica e del Governo verso la Polizia Penitenziaria
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Nelle foto le immagini della manifestazione
artedì 3 aprile, ancora una volta, i poliziotti penitenziari aderenti al Sindacato Autonomo SAPPe, il primo e più rappresentativo di Categoria, sono scesi a manifestare in piazza per partecipare al sit-in organizzato davanti al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in largo Daga, nel quartiere romano della Pisana. Tantissimi i partecipanti, provenienti non solo da Roma e dal Lazio. Erano infatti presenti le delegazioni sindacali del SAPPe di Campania, Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Lecce e Calabria. Significativa anche la presenza di giornalisti ed operatori tv, oltre che del parlamentare dell’Italia dei Valori Pedica che nel pomeriggio ha rappresentato nell’assemblea del Senato le ragioni della nostra protesta. Siamo scesi in piazza per gridare, una volta di più, la nostra rabbia verso una Amministrazione Penitenziaria matrigna verso i suoi poliziotti, lasciati da soli - e con 7mila agenti in meno in organico nella prima linea delle sezioni detentive a gestire le tante criticità penitenziarie dovute al costante e pericoloso sovraffollamento. Siamo scesi in piazza per denunciare la diffusa indifferenza di buona parte della classe politica del Paese ai nostri problemi, politici che trascurano colpevolmente questa grave emergenza. Bisogna completamente ripensare il sistema dell’esecuzione della pena nel nostro Paese: altro che soluzioni tampone. In un anno la situazione delle carceri è rimasta sostanzialmente invariata: 67.600 detenuti erano un anno fa, 66.400 sono oggi.
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Il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non ci sta più ad ascoltare passivamente demagogiche e sterili denunce sull’emergenza penitenziaria.. Per rispetto di chi in carcere lavora nella prima linea delle sezioni. Le carceri scoppiano, nelle carceri si muore e i poliziotti sono sempre più stressanti e stanchi di questo stato di cose e di questa inerzia. Il SAPPe ha allora scelto di scendere in piazza per denunciare i gravi problemi con i quali quotidianamente si confronta la Polizia Penitenziaria. Problemi che alimentano le tensioni, come i costanti e continui eventi critici , gli straordinari, gli avanzamenti di carriera, gli assegni di funzione e le missioni non pagate e, da ultimo, l’assurda riforma tecnica che farà andare in pensione i poliziotti a 70 anni.
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Tutto questo nell’indifferenza dell’Amministrazione Penitenziaria e delle Istituzioni. Abbiamo gridato in piazza la nostra rabbia alle promesse a vuoto dei politici ma anche contro i provvedimenti tecnici che colpiscono sempre le stesse categorie. E se nulla dovesse cambiare, manifesteremo anche il giorno della Festa del Corpo a Roma, il prossimo 18 maggio, per chiedere attenzione all’unica persona che si è dimostrata attenta e sensibile ai nostri problemi, il Capo dello Stato. Il SAPPe ha scelto, ancora una volta, di stare dalla parte giusta: quella dei Baschi Azzurri! erremme
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a cura di Lady Oscar Redazione Sportiva rivista@sappe.it
Carolina Kostner vince il titolo mondiale e lo dedica a tutti i colleghi
L’ Nelle foto la Kostner in gara e con la medaglia d’ oro e il logo dei Campionati di Nizza 2012
oro mondiale di Nizza conquistato a venticinque anni da una Carolina Kostner matura, serena e, soprattutto, ad anni luce da qualunque altra avversaria, è uno di quei risultati che segnano la vicenda personale di un’atleta e la storia di una disciplina a metà tra sport e spettacolo, che in Italia non ha nulla dei numeri e della tradizione del calcio e che, in ogni caso, prima di Carolina mai aveva conosciuto un’altra interprete come lei. In 106 anni di storia del pattinaggio azzurro e delle rassegne iridate, solo Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio per l’Italia erano riusciti in coppia a trionfare nella danza. Per quel risultato storico prima di Nizza si doveva tornare indietro di undici anni, nel 2001, proprio quando Carolina di anni ne aveva appena tredici, pattinava da otto e, all’esordio delle competizioni internazionali, a quell’epoca riuscì a vincere la sua prima gara di alto profilo, facendo capolino nelle cronache di un mondo duro e selettivo. Un ambiente in cui anche nell’età dei giochi, citando la pucciniana Butterfly, le ha fatto avere poco in comune con i pomeriggi oziosi delle bambine sue coetanee. Allenamenti sul ghiaccio ed in palestra da
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svolgere quotidianamente ed una vita morigerata hanno scandito ogni fase della sua crescita. Addirittura ad Oberstdorf Carolina dormiva in una stanza che era poco più di uno sgabuzzino sulla pista, per non saltare nemmeno una seduta ed essere sempre lì, con il corpo e con la mente. I sacrifici pagano: nel 2003 è arrivato il bronzo ai mondiali juniores di Ostrava, nel 2005, nella rassegna maggiore di Mosca,la campionessa delle Fiamme Azzurre ha conquistato la prima medaglia in un mondiale assoluto mai vinta da un’italiana, ancora una volta dietro ai grandi primati c’è scritto il suo nome. Prima del dato definitivo attuale che parla di quattro medaglie iridate, con un argento e due bronzi e sette podi europei consecutivi, bisogna ricordare però che la progressione di Carolina verso l’Olimpo delle grandissime è stata caratterizzata anche da momenti difficili e senza gloria, da periodi in salita, fatti di rovinose cadute in ogni senso, che avrebbero steso gli animi più deboli e dai quali lei, con carattere e determinazione, ha saputo rialzarsi e continuare. Sono lontane oggi le delusioni olimpiche di Torino 2006 e Vancouver 2010.
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In quei momenti di sconforto Carolina ha potuto contare solo su se stessa, sull’affetto delle persone più care ed a lei vicine e sul sostegno delle Fiamme Azzurre che non hanno mai smesso di credere che fosse un’atleta di spessore anche quando in molti, nel Paese che facilmente corre in soccorso dei vincitori, per dirla con le parole di Ennio Flaiano, e che dimentica le vittorie alle prime sconfitte, l’avevano data per finita. Era solo questione di tempo per l’assistente di Polizia Penitenziaria Carolina Kostner affinché trovasse la definitiva maturità personale ed agonistica e perché capisse che, senza andare a Los Angeles alla corte del tecnico Frank Carroll, che l’America ce l’aveva già con i suoi affetti più prossimi e l’allenatore di sempre Michael Hut ad Oberstdorf. «In questo oro c’è tutta la mia vita», ha dichiarato a fine gara, e dunque la base di partenza per compiere il grande salto, quella vita divisa tra i monti della Val Gardena e la Germania, si è dimostrata la più solida possibile. Passando alla due giorni di competizioni al Palais des Exposition, dopo la terza posizione provvisoria del corto del giovedì alle spalle di Alena Leonova 64.61, e di Kanako Murakami 62.67 con una valutazione da 128,94, nel libero di sabato 31 marzo l’atleta delle Fiamme Azzurre, sulle note del celebre concerto per pianoforte ed orchestra n.23 di Mozart, ha svolto un programma pressoché perfetto.
C’è stata solo una piccola imprecisione in un salto (un triplo loop diventato
doppio). Ha saputo gestirsi al meglio, anche emotivamente Carolina: il pubblico era numeroso e caloroso come ai tempi dei Giochi di Torino 2006, quando da poco era approdata in Polizia Penitenziaria e fu portabandiera dell’evento. Stavolta però non sono arrivati la tensione o il panico ad offuscarne il talento. Carolina si è esibita leggera sul ghiaccio centrando un punteggio finale stratosferico, che è anche il nuovo record europeo, piazzandosi in cima alla classifica assoluta con 189,94, lasciando dietro di sè la russa Alena Leonova (argento con 184,28) e la giapponese Akiko Suzuki (bronzo in 180,68). «Era il mio tempo», ha dichiarato poco dopo la proclamazione a regina del mondo del pattinaggio di figura. Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme e buon tempo e Carolina come un fattore avveduto, tutto quello che la separava dagli esordi della carriera a Nizza, ha saputo amministrarlo al meglio. Poi c’è stato il momento del podio, è risuonato l’inno di Mameli e la commozione ha velato gli occhi di una Carolina al colmo della felicità: in mano il bouquet verdebianco-rosso, lo sguardo proteso la bandiera che si elevava in alto, al di là della pista, sugli spalti altrettante emozioni e commozione erano della sua famiglia e del fidanzato Alex Schwazer. Appena scesa dal gradino più alto ha trovato la casa regnante di Monaco con in testa la principessa, Carolina come lei, che
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si è presentata in delegazione davanti alla neo-iridata per complimentarsi personalmente. Anche da questi dettagli, tutt’altro che trascurabili, si può comprendere il peso specifico delle imprese e di chi le compie. Finita la gara uno dei primi pensieri è stato di inviare un sms alla Segretaria della sezione Sport del Ghiaccio delle Fiamme Azzurre Stefania Parrelli, in cui la ringraziava di tutto e affermava che: «questa vittoria è anche delle Fiamme Azzurre e della Polizia Penitenziaria». E’ un legame colpevolmente quasi mai citato da chi si occupa di informazione quello tra Carolina Kostner ed il Corpo di Polizia Penitenziaria. Tuttavia la campionessa delle Fiamme Azzurre lo sente con orgoglio e non perde mai occasione, incontrando i colleghi, di dispensare un sorriso o un abbraccio affermando che è una di loro. In qualunque parte d’Italia la mamma Patrizia spedisce (a sue spese), senza tralasciare mai nessuna richiesta, foto e poster autografati dalla figlia agli appartenenti che hanno piacere ad avere un suo ricordo. Ad ogni festa ufficiale organizzata dai geni-
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Nelle foto ancora immagini di Carolina Kostner in gara, in uniforme e con la tuta delle Fiamme Azzurre
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Nelle Foto a fianco Carolina Kostner con i suoi genitori a destra con il tricolore sotto il banner dell’ home page del suo sito ufficiale
curiosità su Carolina...
tori ad Ortisei per festeggiare le sue vittorie più importanti, ultima tra tutte quella per il mondiale il giorno di Pasqua, non è mai mancato l’invito al direttore ed al comandante del carcere di Bolzano dal quale Carolina amministrativamente dipende. E non manca mai un grazie sincero a chi
ad esempio come l’Ispettore Capo Pasquale Gaudino (Prap di Milano) da fan di Carolina, non smette mai di seguirla e supportarla. A seguito dell’oro della Kostner la Nazionale italiana di pattinaggio sul ghiaccio è stata ammessa ai Mondiali a squadre di
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arolina Kostner ha un sito web ufficiale : www.carolina-kostner.it che però non è gestito da lei ma da due ragazze sue tifose che lo mantengono a loro spese e lo aggiornano costantemente. Alcuni dei lettori del blog della rivista hanno giustamente rilevato come non fosse affatto indicata, nello spazio professione dei dati biografici della campionessa iridata, la sua appartenenza al Corpo di Polizia Penitenziaria e vi comparisse invece un generico studentessa. La responsabilità di questa imprecisione, che comunque è stata modificata tempestivamente, non è dunque ascrivibile a Carolina, ma a coloro le quali hanno aggiornato il sito soprattutto nella parte relativa ai risultati delle competizioni, meno sul resto della biografia, ferma a quando il sito era stato creato (anni prima dell’ingresso di Carolina in Polizia Penitenziaria). Un’altra curiosità poco pubblicizzata: al termine di ogni stagione agonistica tutti i costumi di gara di Carolina vengono battuti all’asta ed il ricavato viene destinato interamente all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, con il quale la Kostner collabora da tempo a beneficio di tanti piccoli pazienti.
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Tokyo che si sono tenuti dal 18 al 22 aprile e ha ottenuto anche la qualificazione per i prossimi Giochi Olimpici invernali di Sochi insieme con il Giappone, il Canada, la Russia, gli Stati Uniti e alla Francia. La qualificazione dunque è stata raggiunta, per i 5/6 del patrimonio di atleti della nazionale italiana, dai portacolori delle Fiamme Azzurre, escluso solo l’individualista maschile: con Carolina Kostner, Anna Cappellini e Luca Lanotte (sesti a Nizza), più la coppia di artistico reclutata alla fine di dicembre nella Polizia Penitenziaria e composta da Stefania Berton e Ondrej Hotarek (che nella classifica finale del mondiale hanno chiuso all’undicesimo posto nella loro specialità). Nel World Team Trophy di Tokyo, Carolina è giunta di poco alle spalle della giapponese Akiko Suzuki, e ha mancato per un soffio l’incredibile poker di vittorie in stagione. Ancora sulle note del concerto numero 23 di Wolfgang Amadeus Mozart, la fuoriclasse delle Fiamme Azzurre non è riuscita a replicare i successi del Grand Prix di Quebec City, dell’Europeo di Sheffield e del Mondiale di Nizza, pagando una caduta sul triplo toeloop e qualche imprecisione su un triplo flip, che ha ricevuto valutazioni discordanti, per un punteggio comunque più che buono: 185,72, contro il 187,79 della vincitrice giapponese. Ma in fondo il poker non era determinante per questa stagione meravigliosa: negli anni non è mai stata la perfezione a tutti i costi a rendere più belle le vittorie di Caro, a farle accumulare tifosi in Italia e nel mondo, ma la normalità e talvolta la fragilità della persona coniugata alla grandezza dell’atleta, la sua capacità sbagliare, di cadere e di rialzarsi dai periodi più difficili, di ritrovare forza e motivazioni per continuare ad andare avanti. Tutto ciò, indipendentemente dai podi o dalle medaglie, a ben guardare è già vincere.
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La convenzione Sappe/Studio Legale Guerra Per rispondere ad una richiesta sempre più pressante dei propri iscritti, • assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; il Sappe ha stipulato una convenzione con lo Studio Legale Associato •assistenza nella fase giudiziale contro il relativo provvedimento negativo; Guerra, come partner legale in materia previdenziale. • compenso professionale convenzionato. Lo Studio Legale Associato Guerra è specializzato in materia di diritto pen- in materia di PENSIONE PRIVILEGIATA per il personale cessato dal servizio e/o i superstiti sionistico pubblico, civile e militare. L’assistenza interessa: La convenzione tra il Sappe e lo Studio Legale Associato Guerra comprende • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria che possa ancora chiedere il riconoscimento della dipendenza • la causa di servizio e benefici connessi; da causa di servizio di infermità o lesioni riferibili al servizio stesso e la • le idoneità al servizio e provvedimenti connessi: conseguente pensione privilegiata; • i benefici alle vittime del dovere; • la pensione privilegiata (diretta, indiretta e di riversibilità) e gli assegni • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria, al quale sia stata negata la pensione privilegiata per non dipenaccessori su pensioni direttte e di riversibilità. denza da causa di servizio di infermità e lesioni o per non ascrivibilità delle La consulenza si avvale di eccellenti medici esperti di settore, collaboratori stesse; dell Studio Guerra, in grado di assistere l’interessato anche nel corso delle • il personale cessato per inidoneità dal ruolo della Polizia Penitenziaria, già transitato o che debba transitare ai ruoli civili della stessa amministravisite mediche collegiali in sede amministrativa e giudiziaria. In particolare, attraverso lo Studio Legale Associato Guerra , il Sappe ga- zione o di altre amministrazioni, ai fini della concessione della pensione privilegiata per il servizio prestato nella polizia Penitenziaria; rantisce ai propri iscritti: • il personale deceduto in servizio, ai fini della pensione indiretta privilegiata ai superstiti e di ogni altro beneficio previsto a favore degli stessi; in materia di CAUSA DI SERVIZIO • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento della do- • il personale già titolare di pensione privilegiata deceduto a causa delle manda per il riconoscimento della causa di servizio anche ai fini dell’equo medesime infermità pensionate, ai fini dei conseguimenti spettanti ai suindennizzo; perstiti. • assistenza legale nella fase amministrativa; L’assistenza comprende: • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso • esame gratuito, legale e medico legale, del fondamento della domanda contro il provvedimento negativo di riconoscimento della causa di servizio per la concessione della pensione privilegiata anche per i transitati al ruolo e del’equo indennizzo; civile; • assistenza legale nella fase giudiziale dinanzi alle competenti Sedi Giu- • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso risdizionali; contro il provvedimento negativo della pensione privilegiata; • compenso professionale convenzionato. • valutazione gratuita, legale e medico legale, delle pensioni indirette e di riversibilità ai fini del trattamento privilegiato e dell’importo pensionistico in materia di INIDONEITA’ AL SERVIZIO liquidato; • valutazione legale e medico legale delle infermità oggetto di accerta- • assistenza nella relativa fase amministrativa e nella fase giudiziale contro mento della idoneità al servizio, per la scelta strategica delle azioni da pro- il provvedimento pensionistico negativo; muovere secondo gli obiettivi che intende raggiungere l’interessato; • compenso professionale convenzionato. • assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; •assistenza nella fase giudiziale contro il provvedimento amministrativo; PER BENEFICIARE DELLA CONVENZIONE • assistenza amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento di Gli iscritti al Sappe possono: trensito; • rivolgersi alla Segreterie Sappe di appartenenza; • rivolgersi agli avvocati Guerra presso le sedi degli studi di Roma (via Ma• compenso professionale convenzionato. gnagrecia n.95, tel. 06.88812297), Palermo (via Marchese di Villabianca n.82, tel.091.8601104), Tolentino - MC (Galleria Europa n.14, tel. in materia di VITTIME DEL DOVERE • valutazione gratuita per l’accertamento della sussistenza delle condizioni 0733.968857) e Ancona (Corso Mazzini n.78, tel. 071.54951); di legge richieste per il diritto ai benefici previsti a favore delle vittime del • visitare il sito www.avvocatoguerra.it dovere;
a cura di Ciro Borrelli Segretario Locale Sappe ICF Roma borrelli@sappe.it
Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Nelle foto sopra una veduta esterna e l’ingresso dell’ ICF di Roma sotto, al centro il Comandante di Reparto Silvio Tomassetti insieme a Ciro Borrelli
l 17 aprile 2012 presso l’Istituto Centrale di Formazione di Roma si è tenuto un tavolo tecnico presieduto dalla dirigente dr.ssa Cira Stefanelli, cui hanno partecipato il Comandante di Reparto Silvio Tomassetti e diversi esperti in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Come è noto, la normativa sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori ha subito notevoli cambiamenti negli ultimi anni. I riferimenti normativi in base ai quali oggi si valuta la sicurezza dei luoghi di lavoro sono infatti i Decreti Legislativi n. 81/2008 e n. 106/2009, che hanno sostituito il vecchio Decreto Legislativo n. 626/94, ormai abrogato.
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lavoratori e si presta attenzione allo studio e alla prevenzione dei vari rischi collegati ai singoli lavori. E’ importante sottolineare che mentre nel 1960 si puntava l’attenzione esclusivamente sull’idoneità tecnico igienica dei luoghi di lavoro, nel D.Lgs. n. 626/94 ed ancora nelle normative successive questo concetto viene integrato con l’idoneità del lavoratore alla mansione e alla sua formazione. Ciò sia per compiere al meglio il proprio dovere, che per affrontare situazioni di emergenza.
Invero la tematica della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori è stata affrontata dalle leggi italiane fin dal 1950 per far fronte al problema dell’espansione produttiva del dopo guerra che utilizzava quali luoghi di lavoro strutture destinate a creare condizioni per attività insane per i lavoratori. Successivamente con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 626/94 la visione della sicurezza sul lavoro è cambiata radicalmente. Rispetto agli anni precedenti, la sicurezza viene vista come bene irrinunciabile nel luogo di lavoro e come problema da gestire in modo collaborativo ed evolutivo. Si sviluppano per la prima volta i concetti di informazione e formazione dei
Altresì interessante sottolineare che le ci- guenti carenze: tate normative estendono la protezione dai • sicurezza della struttura; rischi a tutti coloro che per vari motivi fre- • uso delle attrezzature come ad esempio quentano il luogo di lavoro stesso. Nell’am- gli estintori; bito della Giustizia Minorile, vengono • pianificazione dei percorsi e della segnapertanto equiparati ai dipendenti diretti letica da seguire in caso di evacuazione; • primo soccorso. L’iniziativa curata dall’Istituto Centrale di Formazione merita la massima attenzione da parte degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, soprattutto laddove contribuisce ad abbassare ancora di più il numero degli incidenti sul lavoro. Secondo le statistiche dal 2001 al 2010 gli incidenti di lavoro nei vari settori sono infatti diminuiti, registrando dei decrementi che hanno superato il 30%.
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dell’amministrazione, gli operai delle ditte esterne, i partecipanti ai corsi di formazione, convegni e seminari quali quelli che si svolgono ad esempio presso l’Istituto Centrale di Formazione del Personale, i Centri Giustizia Minorile e in ogni aula o luogo delle sedi di servizio su tutto il territorio nazionale. Proprio per questo durante l’incontro del 17 aprile 2012 sono state poste le basi per organizzare dei corsi di formazione per gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria che dovrebbero servire per prevenire gli incidenti sul luogo di lavoro e quindi ridurre i costi in genere. Con l’applicazione di dette normative, nelle strutture della Giustizia Minorile, si riuscirebbero a colmare le se-
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Giovanni Passaro passaro@sappe.it
Permessi per il diritto allo studio
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entile SAPPe, mi complimento per la rubrica “diritto & diritti”, colgo l’occasione per chiedere chiarimenti in materia di permessi per diritto allo studio, soprattutto a seguito della sempre più ampia diffusione di corsi organizzati dalle università telematiche. In particolare, vorrei sapere se le ore di permesso possono essere utilizzate per l’attività di studio. Ringrazio anticipatamente. Lettera firmata.
Gentile collega, la pubblica amministrazione è tenuta, secondo il dettame costituzionale, al buon andamento e all’efficienza dell’organizzazione. Pertanto, i dipendenti interessati alla formazione universitaria devono essere messi in condizione di seguire i corsi e di fruire delle agevolazioni che l’ordinamento prevede allo scopo. Peraltro, anche nell’ottica dell’efficienza dell’amministrazione, sono ormai disponibili e diffusi i sistemi di apprendimento a distanza e, soprattutto in relazione alle possibilità di accesso alle risorse di apprendimento per i lavoratori, l’Unione Europea, nell’ultimo decennio, ha incoraggiato gli Stati membri a sperimentare nuovi metodi e approcci di apprendimento, che favoriscono l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei sistemi di istruzione e formazione. In questo contesto, già da tempo le “università telematiche” sono state regolamentate anche nell’ordinamento italiano, accordando alle istituzioni che rispondono a determinati requisiti l’abilitazione a rilasciare titoli accademici (decreto del Ministro dell’Istruzione Universitaria e della Ricerca, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 17 aprile 2003). La legge, i contratti collettivi e gli accordi nazionali quadro prevedono una serie di agevolazioni per il diritto allo studio. Considerato che le esigenze di crescita culturale e professionale dei dipendenti devono essere contemperate con la necessità attuale di buon andamento, è chiaro che
anche la disciplina dei permessi per il diritto allo studio deve prevedere limiti e condizioni di fruizione in funzione delle esigenze amministrative. Tra gli istituti utilizzabili allo scopo le 150 ore di permessi retribuiti all’anno per la partecipazione ai corsi universitari e post universitari che si svolgono durante l’orario di lavoro. In proposito, per rispondere al quesito in materia, le ore di permesso possono essere utilizzate per la partecipazione alle attività didattiche o per sostenere gli esami che si svolgono durante l’orario di lavoro, mentre non spettano per l’attività di studio. Questo orientamento applicativo, oltre che dal tenore delle clausole, è confermato dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. lav. n. 10344/2008) e dell’ARAN. Un aspetto par-
ticolarmente discusso è quello relativo alla possibilità di fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle università telematiche. In proposito, anche alla luce di quanto precisato dall’ARAN in più di un’occasione, è bene sottolineare che le clausole nel disciplinare le agevolazioni non contengono specifiche previsioni sui corsi tenuti dalle università telematiche e, pertanto, la relativa disciplina deve intendersi di carattere generale, non rinvenendosi in astratto preclusioni alla fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle università telematiche. E’ chiaro in ogni caso che tale fruizione deve avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalle clausole medesime, per cui essa risulta subordinata alla presentazione della documentazione relativa all’iscrizione e agli esami sostenuti, nonché all’attestazione della partecipazione personale del dipendente alle lezioni. In quest’ultimo caso i dipendenti iscritti alle università telematiche dovranno certificare l’avvenuto collegamento all’università telematica durante l’orario di lavoro.
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Roma: Formazione del personale dell’ ICF Nelle Foto sotto il personale di Polizia Penitenziaria e i docenti del MIUR a destra l’ ICF di Roma in basso a destra il Comandante Silvio Tomassetti
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l corso di formazione tenuto all’Istituto Centrale di Formazione del Personale di Roma dall’11 al 13 aprile rivolto al personale del Ministero dell’Istruzione dell’Università e Ricerca che lavora nelle strutture penali della Giustizia Minorile, agli operatori dei servizi dell’amministrazione penitenziaria e al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, è il risultato di un progetto approvato con il contributo di un finanziamento comunitario. Coinvolti nell’iniziativa il Dipartimento per la Giustizia Minorile, il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e la Direzione
Generale del Personale del Ministero dell’Istruzione dell’Università e Ricerca che hanno lavorato al progetto in più fasi e sono riusciti a concretizzarlo nelle aule di formazione dell’ICF di via Giuseppe Barellai in Roma. I lavori si sono svolti, grazie alla professionalità del personale di Polizia Penitenziaria che stava curando l’aspetto logistico e organizzativo già da alcune settimane sotto la guida del Comandante di Reparto Sostituto Commissario Silvio Tomassetti. L’evento diretto dalla dr.ssa Cira Stefanelli, direttrice dell’Istituto Centrale di Formazione, congiuntamente a professionisti del MIUR tra i quali il prof. Raffaele Sibilio –Università degli Studi Federico II -, il dott. Donato Marzano - Ispettore tecnico MIUR e il dott. Francesco d’Angella, è stato videoregistrato e supportato dalle modernissime attrezzature multimediali in dotazione presso la struttura romana.
Genova: il Cardinale Bagnasco ringrazia la segreteria di Marassi
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el numero di gennaio di Polizia Penitenziaria avevamo fornito un breve resoconto della visita di una delegazione di poliziotti penitenziari di Marassi al Cardinale di Genova Angelo Bagnasco. L’Arcivescovo metropolita, che è anche Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha avuto la cortesia di farci pervenire in Redazione il suo apprezzamento per l’invio della Rivista e ha voluto confermarci «il ricordo nella preghiera, invocando su quanti lavorano in questa realtà così complessa la benedizione del Signore per intercessione della Santissima Vergine Maria”.
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Durante il corso sono stati trattati diversi aspetti, tra cui quello della motivazione all’apprendimento e il ruolo degli insegnanti nei penitenziari anche in relazione alla sicurezza, servendo così per gli operatori che vi hanno partecipato, tra cui il personale di Polizia Penitenziaria, a migliorare le competenze comunicative nell’interazione tra le diverse figure professionali che operano nel sistema penitenziario. Prima di chiudere questo articolo, un ringraziamento particolare va al personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso l’Istituto Centrale di Formazione del Personale il quale, nonostante soffra la fortissima carenza di uomini determinata dai pensionamenti degli ultimi anni, riesce sempre a dimostrare la sua professionalità e le sue capacità organizzative ad ogni evento che si tiene presso la suddetta struttura, affrontando allo stesso modo gli imprevisti che di volta in volta si presentano. Ciro Borrelli
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Catanzaro: Consiglio Regionale dei Quadri sindacali del Sappe
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l 27 Marzo, presso la sala conferenze della Casa Circondariale di Catanzaro, si è tenuta l’assemblea dei quadri sindacali del SAPPe Regionali, Provinciali e Locali, della regione Calabria alla presenza del Segretario Generale Dott. Donato Capece e del Segretario Generale aggiunto Dott. Giovanni Battista Durante. I lavori sono stati aperti dall’intervento del Segretario Regionale Damiano Bellucci, che ha evidenziato i problemi in cui si trova la nostra Regione dal sovraffollamento delle carceri alla carenza di personale, dalla mancanza di risorse economiche alla mancata assegnazione di un Provveditore in pianta stabile. Il Segretario Generale Aggiunto Giovanni Battista Durante, oltre a rimarcare le varie problematiche, ha rafforzato la tesi di rivedere a livello centrale le piante organiche e portare a conoscenza i vertici dell’amministrazione di quanto dovuto per la tutela del personale. Il Segretario Generale SAPPe Dott. Donato Capece ha illustrato varie argomentazioni: sovraffollamento carceri, carenza endemica di personale di Polizia Penitenziaria e am-
Nella foto i partecipanti al Consiglio Regionale del Sappe tenutosi a Catanzaro
ministrativo, braccialetto elettronico, misure alternative alla detenzione, riforma delle pensioni ed iniziative da intraprendere per tutelare il personale del Comparto Sicurezza, assunzione di nuovi allievi agenti che permetteranno ad altri di ottenere il trasferimento, saldo del FESI relativo agli ultimi tre mesi dell’anno 2011, concorsi di ispettori e sovrintendenti. Nel corso della riunione sono intervenuti
anche i vari delegati che hanno trattato vari argomenti e tra questi : la problematica relativa allo straordinario effettuato oltre le 36 ore, il passaggio della gestione dell’INPDAP all’INPS, il nuovo modello organizzativo delle traduzioni, FESI, assegno funzionale, gestione degli stipendi da parte del MEF. La riunione si è conclusa con gli adempimenti statutari e con una bella foto di gruppo. Giuseppe Cosenza
Matera: il Sappe incontra il Sen. Belisario
Le rappresentanze sindacali e il personale tutto continueranno nella protesta. Attendono con ansia crescente di essere convocate dal Prefetto, a cui poter rappresentare nel dettaglio le difficoltà operative che, anche per ragioni di riservatezza professionale, non possono essere divulgate. In ogni caso, richiamandosi al senso di sensibilità e responsabilità istituzionale della Direzione della Casa Circondariale di Matera, per assicurare la sicurezza possibile nelle condizioni descritte, seppur comunque insufficiente, provveda con decorrenza immediata, ad impiegare al servizio di Istituto tutto il personale attualmente destinato a compiti non pertinenti di Polizia Penitenziaria.
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l 14 aprile le delegazioni del SAPPe e della UIL-PA hanno accompagnato in una visita dei luoghi di lavoro della Casa Circondariale di Matera, il Presidente del Gruppo I.D.V. Sen. Avv. Felice Belisario. Dopo il sopralluogo ed una chiara illustrazione al Sen. Belisario delle ragioni della protesta, questi ha consentito alle delegazioni SAPPe e UIL-PA di incontrare il Presidente del Senato Renato Schifani, presente a Matera in occasione della celebrazione per il centenario della morte del poeta Giovanni Pascoli. L’incontro ha consentito alle delegazioni sindacali di prospettare anche al Presidente Schifani le ragioni della loro protesta. Il documento riporta le forti criticità e preoccupazioni avvertite da tutto il personale della Polizia Penitenziaria che lavora presso la struttura carceraria di Matera. Il Presidente Schifani ha mostrato molto interesse alle questioni sollevate e si è impegnato a segnalarle al Ministro della Giustizia.
Nonostante le preoccupazioni condivise anche dalle autorità politiche, dobbiamo registrare che la Direzione della Casa Circondariale di Matera ha reso noto la data di apertura del nuovo reparto detentivo senza alcun accenno alle preoccupanti questioni sollevate. Riteniamo indispensabile coinvolgere tutte le personalità che hanno a cuore la salvaguardia e la tutela dei diritti basilari delle persone, e fra questi in particolare S.E. Rev.ma Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina, si deve garantire il diritto ai detenuti di avere adeguati spazi fisici di vivibilità ambientale, che consenta una opportuna attività finalizzata al reinserimento nella società e difficilmente la situazione che verrà a determinarsi questo lo consentirà. Ovviamente questo si aggiunge alle difficoltà logistiche a cui il personale della struttura materana è chiamato ad operare, per garantire sicurezza e dignità ai detenuti e a se stessi.
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Nella foto l’incontro della delegazione del Sappe con il Presidente del Senato Renato Schifani
a cura di Giovanni Battista De Blasis
Maternity Blues
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In alto la locandina sotto alcune scene del film
uesto prison movie di Fabrizio Cattani, con sottotitolo Il bene dal male, è interamente ambientato dentro un ospedale psichiatrico giudiziario e racconta la storia di quattro donne, tutte diverse tra loro, legate in qualche modo dalla comune colpa dell’infanticidio. Il titolo, Maternity blues, è mutuato dal nome di quella condizione psicologica, di solito reversibile, che moltissime neomamme sperimentano subito dopo il parto. I sintomi di questa sindrome post-partum variano di persona in persona e vanno dagli attacchi di panico alla depressione, in casi estremi, come quelli raccontati dal film, arrivano persino all’omicidio. Per i loro delitti, le quattro protagoniste vivono la loro condanna, più che nella reclusione, nell’espiazione di un profondo senso di colpa interiore, quello incancellabile de-
terminato dal loro efferato crimine che ha annientato le loro esistenze. La convivenza forzata fra di loro, non fa che accentuare le proprie sofferenze, laddove ciascuna non può fare a meno di leggere la propria colpa in quella dell’altra. E pur tuttavia, anche in mezzo a tutta questa sofferenza, riescono a nascere delle amicizie che, in qualche modo, le confortano e al tempo stesso le fanno sembrare quasi innocenti. Clara, nel travaglio dei propri sensi di colpa, è combattuta se accettare o meno il perdono del marito, che nel frattempo si è rifatto una vita in Toscana. Eloisa, la più passionale e spontanea del gruppo, è continuamente in polemica con le altre e si nasconde dietro un cinismo di facciata. Rina è una ragazza-madre che crede di aver compiuto una specie di eutanasia affogando la figlia neonata nella vasca da bagno. Vincenza, infine, è l’unica a nutrire una profonda fede religiosa e, per questo, sarà
Regia: Fabrizio Cattani Tratto dall'Opera letteraria From Medea di Grazia Verasani (Ed. Sironi) Soggetto: Fabrizio Cattani, Grazia Verasani (libro) Sceneggiatura: Fabrizio Cattani, Grazia Verasani Musiche: Paolo Vivaldi Fotografia: Francesco Carini Montaggio: Paola Freddi Scenografia: Daniele Frabetti Sonoro: Francesco Liotard Costumi: Teresa Acone, Sandra Cianci Produzione: Fulvia Manzotti e The Coproducer, IpotesiCinema, FasoFilm Distribuzione: Fandango (2012)
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anche l’unica a non sopportare fino in fondo il proprio senso di colpa compiendo un atto definitivo anche contro se stessa.
• REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON IL CO MUNE DI MASSA E LA PROVINCIA DI MASSA CARRARA. • IN CONCORSO ALLA 68ª MOSTR A INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2011) NELLA SEZIONE 'C ONTROCAMPO IT ALIANO'. FABRIZIO CATTANI HA RICE VUTO LA MENZI ONE SPECIALE DE L PREMIO LINA MAN GIACAPRE.
Personaggi ed Interpreti: Clara: Andrea Osvárt Eloisa: Monica Dean Rina: Chiara Martegiani Vincenza: Marina Pennafina Luigi: Daniele Pecci Giulia: Elodie Treccani Dott. Scalia: Pascal Zullino Trudy : Giulia Weber Parrucchiera Rosa: Lia Tanzi Avvocato: Pierluigi Corallo Dott.ssa Lucia Stregari: Giada Colucci Elsa: Franca Abategiovanni Mari: Amina Syed Genere: Drammatico Durata: 95 minuti Origine: Italia, 2011
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Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it
Piazza Fontana: la madre di tutte le stragi
S Nelle foto sopra l’interno della BNA dopo l’ esplosione (nella ricostruzione del film di Marco Tullio Giordana sulla strage)
sopra la locandina del film a destra Giuseppe Pinelli
olitamente scelgo gli articoli per curiosità, per l’efferatezza dei crimini e soprattutto cerco di raccontare quelle storie oramai da tutti dimenticate o che almeno non hanno avuto un interesse mediatico. Ho riscontrato, con enorme piacere, che crimini e criminali riscuote un apprezzabile successo tra i nostri lettori, tanto che qualcuno, nel corso di una telefonata, mi ha invitato, dopo avermi raccontato il film appena visto, a scrivere sulla strage di piazza Fontana. Più che del racconto del film, sono rimasto affascinato dalle riflessioni della narratrice sul parallelismo dell’allora influenza americana sullo Stato italiano con l’influenza, odierna, dei poteri economici mondiali sui governi nazionali. Tralasciando queste isolate considerazioni di fantapolitica (ma non troppo!), soprattutto dopo aver letto La grande strategia dell’Impero Romano di Edward Luttwack, è necessario raccontare cosa successe a Milano nel pomeriggio del 12 dicembre del 1969. Verso le 16,37 esplode, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza
Fontana a Milano, un ordigno contenente sette chili di tritolo. La bomba, ferma le lancette dell’orologio della banca, causa la morte di 16 persone e ne ferisce 87; polverizza il pesante tavolo al centro del salone, divora in quel punto, in una voragine ampia circa un metro, il marmo e la soletta di cemento armato che sorregge la rotonda, frantuma le grandi vetrate dei piani superiori, trasforma tutti gli oggetti investiti dalla sua forza d’urto in strumenti di morte. La strage di piazza Fontana è considerata la madre di tutti gli attentati che poi seguiranno durante gli anni di piombo. Nello stesso pomeriggio altre bombe scoppiano a Roma (Altare della Patria, Museo del Risorgimento e Banca Nazionale del Lavoro), causando 17 feriti, e un’altra è rinvenuta inesplosa sempre a Milano (Banca Commerciale). Nel tardo pomeriggio, polizia e carabinieri fermano oltre 160 persone e perquisiscono le sedi di una dozzina di movimenti rivoluzionari. Le indagini sui presunti esecutori del vile attentato sono immediatamente indirizzate sul mondo degli anarchici. Uno dei primi a essere convocato in questura a Milano, lo stesso giorno della strage, è il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli. A interrogarlo il commissario Luigi Calabresi al quale è affidata l’inchiesta sulla strage. Dopo tre giorni d’interrogatori al Pinelli non è contestata nessuna imputazione.
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Colpito da un malore attivo (dicitura riportata nella sentenza del 27/10/1975), precipita alle ore 23,57 del 15 dicembre dalla finestra dell’ufficio, al quarto piano, dell’edificio della Questura. Il terzo giorno dopo la strage, un tassista Cornelio Rolandi, si presenta a una stazione dei Carabinieri a Milano e riferisce di aver accompagnato un uomo, con una borsa nera in vilpelle (successivamente individuata in una Mosbach Gruber), a piazza Fontana il giorno della strage. L’uomo scende in una via adiacente alla piazza e poco dopo, lo stesso uomo, risale sul taxi, ma senza borsa. Il giorno dopo il tassista condotto in Questura, accompagnato dal tenente colonnello dei Carabinieri Favalli, nell’unica foto presente sul tavolo del questore, riconosce il cliente che il giorno prima era salito sul suo taxi. La foto è di Pietro Valpreda, anarchico iscritto al circolo 22 marzo - il nome proviene dal maggio francese: il 22 marzo 1968 fu occupata l’Università di Nanterre, dando inizio al ciclo del ‘68 in Francia -. Il Valpreda sottoposto a un confronto all’americana: in mezzo ad alcuni poliziotti viene ricono-
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sciuto dal tassista Cornelio Rolandi e immediatamente tratto in arresto. Il giorno dopo è additato, dall’opinione pubblica nazionale, come un mostro, un depravato con tendenze omosessuali. Valpreda è interrogato dal sostituto procuratore Vittorio Occorsio che gli contesta l’omicidio di quattordici persone e il ferimento di altre ottanta. Con l’arresto di Valpreda, secondo gli investigatori, il caso è risolto. Il 26 dicembre, qualche giorno dopo la strage, l’avvocato Alberto Steccanella, si presenta in Procura a Treviso, riportando le confidenze ricevute da Guido Lorenzon, un professore di lingua francese. Dalle rivelazioni dell’avvocato, la magistratura di Treviso, inizia a setacciare la cosiddetta pista nera nella ricerca dei responsabili della strage in piazza Fontana, ipotizzando che l’estrema destra sia parte fondamentale di un progetto politico, che ha come fine il rovesciamento dell’ordine costituito per l’instaurazione di un regime fascista. Tra l’altro Steccanella consegna una serie di documenti al Procuratore di Treviso, tra questi un libretto intitolato: la giustizia è come il timone: dove la si gira va. Nella seconda parte del libretto è riportata la tesi della nuova instaurazione dei tribunali del popolo per annientare la cosiddetta dittatura borghese, la sua polizia e la sua magistratura. Questo libretto Guido Lorenzon lo aveva ricevuto dall’estremista di destra Giovanni Ventura, esponente di un’organizzazione a struttura piramidale con un altro estremista di destra Franco Freda. L’indagine, oltre a Freda e Ventura, coinvolge nuovi personaggi come Guido Giannettini appartenente al SID (Servizio Informazioni Difesa) esperto e studioso di tecniche militari. Valpreda si trova ancora in carcere quando nel 1971, un muratore, nell’eseguire alcune riparazioni sul tetto di una casa di Castelfranco Veneto, sfonda per errore il tramezzo divisorio di un’abitazione appartenente a un consigliere comunale socialista, Giancarlo Marchesin, e scopre un arsenale di armi ed esplosivi, tra cui, in particolare, casse di munizioni siglate NATO. Arrestato, Marchesin dichiara che quelle armi sono state nascoste lì da un esponente veneto di Ordine Nuovo. Tra le armi ritrovate sono presenti delle
casse dello stesso tipo di quelle utilizzate per contenere gli ordigni deposti in piazza Fontana. Quell’arsenale era stato nascosto da Giovanni Ventura dopo gli attentati del 12 dicembre 1969. I magistrati di Treviso scoprono inoltre che il gruppo (Freda, Ventura e due uomini provenienti da Roma) tiene delle riunioni nella sala di un istituto universitario di Padova, messa a disposizione dal custode, Marco Pozzan, braccio destro di Franco Freda. Il Pozzan interrogato dagli inquirenti, spiega del piano finalizzato proprio all’attentato di Milano. Il 3 marzo 1972, su mandato del procuratore di Treviso, Freda e Ventura vengono arrestati e con loro finisce in manette anche Pino Rauti (uno dei due romani del gruppo), fondatore di Ordine Nuovo. Le accuse formulate dalla Procura sono: ricostituzione del partito fascista, pianificazione degli attentati del 25 aprile 1969 (alla Fiera e alla Stazione Centrale di Milano) e dell’8 e 9 agosto dello stesso anno (a danno di alcuni treni); e infine di essere implicati nella strage di piazza Fontana. Dalle indagini emerge sempre più chiaramente un collegamento fra servizi segreti e movimenti di estrema destra. Nel frattempo a proseguire le indagini sono designati tre nuovi magistrati milanesi, che le riprendendo da zero acquisendo una serie di prove decisive contro il gruppo Freda-Ventura e, nello stesso tempo, dimostrano che i poliziotti e i giudici, concentrandosi sulla pista anarchica, hanno commesso numerose irregolarità. Alla fine del 1972, uomini del SID intercettano Marco Pozzan, latitante dal giugno dello stesso anno, quando fu emesso nei suoi confronti un mandato di cattura per concorso nell’attentato di piazza Fontana, e dopo averlo sottoposto a un interrogatorio ed avergli fornito un passaporto falso
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lo fanno espatriare in Spagna. Il SID interviene anche per Ventura all’inizio del 1972, quando questi, detenuto nel carcere di Monza, si appresta a fare delle rivelazioni sulla strategia della tensione, gli viene procurata la chiave della cella e delle bombolette di gas narcotizzante per neutralizzare gli agenti e permettergli la fuga. La prova è rappresentata dall’esistenza presso il ministero degli Esteri, di una copia del passaporto falso con il quale Marco Pozzan ha lasciato l’Italia, passaporto falso richiesto alla Farnesina proprio dal Sid (anche con Giannettini si fece ricorso a un documento falso) (L’Unità 19/03/1976). I magistrati milanesi convinti di avere in mano, con Franco Freda e Giovanni Ventura, i personaggi chiave degli attentati, si concentrano nello scoprire chi siano, dietro i due uomini, i veri ispiratori della strategia della tensione. L’istruttoria sarà abbattuta in volo nel 1974 dalla decisione della Corte di Cassazione di sottrarre loro le indagini. L’istruttoria viene trasferita a Catanzaro, dove erano già stati spostati l’inchiesta e il processo Valpreda per motivi di ordine pubblico. A Catanzaro questa è affidata a due magistrati locali i quali non seguiranno mai la pista nera con l’ostinazione dei predecessori. Il primo processo per la strage di piazza Fontana inizia a Roma il 23 febbraio 1972, ma dopo poche udienze viene trasferito a Milano, per incompetenza territoriale. Nel capoluogo lombardo non si tiene alcuna udienza perché, come già detto, la Cassazione trasferirà il processo a Catanzaro; solo nel 1975 inizieranno le udienze nella città calabrese. Il 4 ottobre 1978 a Catanzaro la Polizia accerta la scomparsa di Franco Freda, imputato nel processo, in soggiorno obbligato. Il 16 gennaio del 1979 a Catanzaro, Giovanni Ventura, un altro degli
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Nella foto al centro il Commissario Luigi Calabresi
Nelle foto sopra Giovanni Ventura in basso Pietro Valpreda
Aldo Maturo * avv.maturo@gmail.com
La derattizzazione della Svizzera. Ma i topi siamo noi
D Nelle foto sopra la sede della BNA di Milano (in una scena tratta dal film di Marco Tullio Giordana)
sotto Guido Giannettini (a sinistra) e Franco Freda (a destra)
imputati, elude la sorveglianza della polizia e fugge. La prima sentenza arriverà nel 1979: la Corte d’Assise condanna all’ergastolo Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini per strage. Assolto per insufficienza di prove Valpreda. Nel 1980 la sentenza in appello ribalta il verdetto di primo grado e assolve tutti, sentenza confermata anche dalla Corte di Cassazione nel 1987. Ma, nel gennaio 1989, il giudice istruttore Guido Salvini apre una nuova inchiesta sull’eversione di destra e su piazza Fontana: il 13 marzo 1995 rinvia a giudizio molti militanti di Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, fra cui Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Il 30 giugno 1997 i tre sono condannati all’ergastolo per la strage di piazza Fontana. Nel 2002 vengono assolti in Appello e, infine, nel 2005, la seconda sezione della Corte di Cassazione definitivamente conferma le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Le famiglie delle vittime e le altre parti civili sono condannate a pagare le spese processuali. Dopo undici processi e quattro giudizi di Cassazione, la strage di piazza Fontana resta ancora un crimine impunito e probabilmente lo resterà sempre. Alla prossima ...
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erattizziamo la Svizzera. E’ l’ultimo slogan ispirato non all’ambiente ma al razzismo contro quegli italiani che tutte le mattine attraversano la frontiera per andare a lavorare nella terra del formaggio e della cioccolata. La storia amara dei nostri lavoratori in Svizzera viene da lontano. Un loro scrittore, Max Frisch, parlando di noi aveva scritto “aspettavamo delle braccia sono arrivati degli uomini”. E’ forse anche per questo che sono ancora indesiderabili quei nostri 45.000 frontalieri che ogni giorno pendolano avanti e indietro per andare nella vicina terra promessa con gli stipendi che si dice essere i più alti del mondo. La campagna denigratoria e xenofoba, lanciata da qualche genio del civilissimo Canton Ticino con il contributo grafico di un ex calabrese, identifica in tre topi l’immagine degli indesiderati: Fabrizio, l’italiano di frontiera, Bogdan, il rumeno prototipo della delinquenza e Giulio, riferito a un ministro nostrano accusato metaforicamente di aver svuotato (?!) le banche svizzere con il suo provvedimento sullo scudo fiscale. Forse i nostri pendolari hanno avuto un brivido e avranno prese le distanze dai tanti slogan sentiti la sera prima nei bar sotto casa contro i terroni, gli albanesi o i maghrebini, accusati di delinquere e di rubare il lavoro agli altri. Cara, vecchia Svizzera. Il suo amore per l’Italia non cambia mai. E pensare che secondo i dati del 2009 circa un terzo della loro popolazione residente risultava immigrata o discendente di immigrati, con una presenza di 298.000 italiani. I soli frontalieri sono un quinto della loro popolazione attiva. Da ricordare che nei vicini anni ’70 in Svizzera c’erano circa 30.000 bambini italiani clandestini, portati di nascosto dai genitori siciliani e veneti, calabresi e lombardi, a dispetto delle rigorose leggi el-
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vetiche contro i ricongiungimenti familiari, genitori terrorizzati dalle denunce dei vicini che raccomandavano perciò ai loro bambini: non fare rumore, non ridere, non giocare, non piangere. Sono passati alcuni anni ma evidentemente è ancora attuale il discorso di chi scriveva da quelle parti: «...mogli e i bambini degli immigrati? Sono braccia morte che pesano sulle nostre spalle. Che minacciano nello spettro d’una congiuntura lo stesso benessere dei cittadini. Dobbiamo liberarci del fardello».
«Dobbiamo respingere dalla nostra comunità quegli immigrati che abbiamo chiamato per i lavori più umili e che nel giro di pochi anni, o di una generazione, dopo il primo smarrimento, si guardano attorno e migliorano la loro posizione sociale. Scalano i posti più comodi, studiano, s’ingegnano: mettono addirittura in crisi la tranquillità dell’operaio svizzero medio, che resta inchiodato al suo sgabello con davanti, magari in poltrona, l’ex guitto italiano». Il Consiglio di Stato del Canton Ticino ha preso le distanze dalla campagna denigratoria. Ma, visto che ogni mondo è paese, bisogna vedere se le stanze della diplomazia rispecchiano le idee di chi sta per strada.
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*Aldo Maturo, Avvocato già dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria
Luca Pasqualoni Segretario Nazionale ANFU pasqualoni@sappe.it
Chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari
Quali prospettive per il personale del Corpo?
N
ella Gazzetta Ufficiale –serie generale- n. 297 del 22 dicembre 2011, è stata pubblicata la Legge n. 9 del 2012 di conversione del decreto legge 211 del 2011 recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri. Tale legge prevede, tra altro, all’articolo 3 ter, disposizioni di massima per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
L’assetto normativo approvato dal Parlamento indica le caratteristiche e sancisce tempi certi per l’individuazione delle nuove strutture a connotazione prettamente ospedaliera, in cui la vigilanza sarà solo esterna, anche se non viene in alcun modo specificata la natura di tale vigilanza che, pertanto, allo stato, appare verosimile circoscrivere al contrasto di eventuali evasioni. Invero, il citato articolo stabilisce che, a decorrere dal 31 marzo 2013, le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione alla casa di cura e custodia saranno eseguite esclusivamente all’interno delle strutture sanitarie così come individuate dal Ministro della Salute di concerto con il Ministro
della Giustizia, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs 28 agosto 1997, n. 281. Dunque, al posto degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dovrebbero sorgere delle strutture dedicate da 30 o 40 posti letto, dotati di tutta l’attrezzatura necessaria per l’assistenza ai pazienti, con infermieri, medici, psichiatri ed esperti di riabilitazione, salvi cambiamenti di rotta dell’ultimo minuto. Infatti, non si deve dimenticare che anche la legge Basaglia è riuscita solo parzialmente nell’intento di abolire i manicomi, dal momento che il regolamento di attuazione non fu mai emanato e con esso non furono mai individuate strutture residenziali alternative previste dai vari ProgettiObiettivi di salute mentale, così come non è riuscita nell’intento la Legge 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, che pure mirava a garantire l’universalità delle cure dei malati mentali, rispetto ai quali si è dovuta registrare, viceversa, una progressiva indifferenza sociale ed istituzionale fino ad arrivare all’implacabile giudizio espresso dalla Commissione parlamentare presieduta dall’On.le Ignazio Marino. Per quanto riguarda gli immobili degli ex ospedali psichiatrici giudiziari non oggetto di riconversione in strutture ospedaliere, la legge ne affida le sorti ad una intesa tra il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, l’Agenzia del demanio e le Regioni ove gli stessi sono ubicati, ma nulla dice circa le sorti del personale del Corpo di Polizia penitenziaria oggi colà impiegato, che evidentemente non potrà essere completamente riassorbito nella vigilanza esterna, così come rimane silente circa la destinazione di quelle strutture, dal momento che non è dato sapere se dovranno comunque mantenere una qualche funzione penitenziaria.
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Appare intuitivo che in un momento di estrema difficoltà quale quello che sta attraversando il sistema penitenziario legato anche alla cronica ed endemica carenza di personale, restituire tale aliquota di personale del Corpo agli Istituti appare adempimento ineludibile, a fronte di esecrabili e sempre possibili destinazioni del medesimo personale verso meandri amministrativi piuttosto dispersivi. In questo senso, la riconversione del personale del Corpo di Polizia penitenziaria, oggi impiegato presso gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, non potrà essere rimessa alle contingenze del momento, ma dovrà trovare una adeguata programmazione in grado di razionalizzare ed ottimizzare le esigue risorse umane verso quelle articolazioni penitenziarie più bisognose, nell’ambito delle imprescindibili esigenze personali e familiari del personale del Corpo interessato.
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Post scriptum: i dati riportati nell’articolo Quando è la Polizia penitenziaria a volare sul nido del cuculo di cui al numero di febbraio c.a., ovviamente non avevano né possono avere carattere generale, ma ineriscono all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, che non è stato menzionato a causa di un mero disguido intercorso fra il tecnico informatico, la tipografia e lo scrivente.
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Nelle foto a fianco Franco Basaglia a destra l’ interno di un reparto dell’ OPG di Barcellona Pozzo di Gotto
a cura di Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it
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uasi venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato quindici e più anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.
Sguardi sul Mondo di Giovanni Battista Durante
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nauguriamo con questo numero una nuova rubrica che si occupa di politica analizzando i fatti salienti del mese. In questo primo intervento il curatore della rubrica ha voluto fare una panoramica a 360° della situazione politica mondiale a metà degli anni '90.
La copertina di marzo 1996
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ando uno sguardo alle cose che sono avvenute nel mondo dal 1989,vale a dire dalla caduta del muro di Berlino, ad oggi, si osserva che stiamo vivendo un periodo di transizione, volto soprattutto alla creazione di quegli equilibri che in precedenza erano dettati dalla politica dell'equilibrio e del terrore imposta dalle due super potenze USA ed URSS. Le vibrazioni dovute alla caduta del muro di Berlino hanno innescato reazioni a catena che hanno visto la dissoluzione dei precedenti regimi da Est ad Ovest e da Nord a Sud. Siamo passati, in pratica, da una politica bipolare dettata appunto dalle citate potenze che tendevano ad una globalizzazione della stessa, al riemergere - in alcune realtà - di nazionalismi forti tendenti al radicalismo estremizzante. Tante Nazioni hanno sentito forte il bisogno di indipendenza e di rinnovamento: dall'ex Jugoslavia alla Romania ove a seguito di una cruenta battaglia è stato rovesciato il regime comunista di Ceaucescu, dalla Cecoslovacchia - dove Ceki e Slovacchi dopo tanti anni hanno deciso di separare i propri confini - alla Cecenia che sta combattendo per ottenere l'indipendenza politica dalla Russia, dalla Francia all'Italia, dall'Inghilterra alla Spagna, passando per la Polonia ove, dopo un tentativo di cambiamento affidato al sindacalista di Danzica, il popolo ha deciso di affidarsi al neocomunista Kwaniewski, propugnatore di un comunismo dal volto umano e pregnante di valori e principi liberali. Ai posteri l'ardua sentenza. Lo stesso, tanto per iniziare, s'è presentato già con un piccolo inganno avendo dichiarato tra i suoi titoli una laurea che, sembra, non abbia mai conseguito. Ciò che ha più sconvolto l'umanità in questo scorcio di fine secolo è sicuramente la guerra combattuta nell'ex Jugoslavia, una guerra interetnica combattuta tra serbi, croati e musulmani, con una crudeltà - campi di concentramento compresi - che non si vedeva dai tempi delle persecuzioni razziali hitleriane. Sempre per restare in tema di crudeltà e di violazione dei diritti umani,non si può dimenticare quanto avvenuto in Ruanda dove le etnie hutu e tutsi si sono massacrate a colpi di machete, i più fortunati che avevano i soldi per pagarsi il proiettile venivano uccisi con un colpo d'arma da fuoco. In Francia, dopo l'era di Mitterand, è giunto al potere Jaques Chirac, Presidente di destra coadiuvato dal Primo Ministro Alain Juppè. Il primo atto del Governo è stato il tentativo di porre fine al Welfare State attraverso imponenti tagli all'assistenzialismo. Tale iniziativa ha causato una forte mobilitazione popolare e scontri di piazza,tanto da indurre Juppè a ritornare sui suoi passi. All'iniziativa governativa è seguita quella presidenziale che ha visto l'autorizzazione alla ripresa degli esperimenti nucleari nell'atollo di Mururoa. Iniziativa condannata oltre che dall'opinione pubblica, da una risoluzione dell’ ONU, votata anche dall'Italia. La posizione espressa dalla nostra Nazione ha causato un raffreddamento dei rapporti con la Francia. Quanto durerà la popolarità del Presidente non ci è dato sapere, sicura mente tali iniziative non contribuiranno ad accrescerla.
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In Inghilterra, a parte le questioni di cuore di Principi e Principesse che fanno più notizia di ogni atto governativo, la popolarità di John Major - leader dei Tories, il partito di destra - sembra in forte declino, tant'è che la stessa Margaret Tatcher, ex Primo Ministro ed esponente di destra, ha dichiarato di nutrire particolari simpatie politiche per Tony Blair, leader della sinistra laburista. In Russia,dopo l'era di Gorbaciov, fautore di quel processo innovativo meglio noto come perestrojca, è salito al potere Boris Eltsin. Gli insuccessi soprattutto economici di tale processo, l'hanno indotto poi ad un tentati vo di dietro-front che è stato la causa primaria della sua disfatta e dell'avvento al potere dello stesso Eltsin. L'attuale Presidente, appena salito al potere, s'è circondato di giovani fino ad allora sconosciuti, dalle idee liberali che hanno accentuato ancor più il processo innovativo avviato da Gorbaciov. I bene informati dicono che l’attuale impostazione economica e politica della Russia è tale che chiunque andasse al potere non potrebbe che proseguire per la strada tracciata, un processo inverso sarebbe soltanto folle. In America, la popolarità di Bill Clinton sembra essere in declino sia per le vicende personali sue e della consorte che per l'empasse amministrativa e politica creatasi in Parlamento dove la maggioranza dei deputati è costituita dai Repubblicani di destra. Questi hanno bocciato il programma di riforma sanitaria di Clinton ed assestato duri colpi al Welfare State. Un recente sondaggio attribuiva al Generale Colin Powel la vittoria alle prossime presidenziali. Lo stesso ha deluso tutti dichiarando che non ha nessuna intenzione di candidarsi alla Casa Bianca. In questi ultimi anni è stato scoperto e smantellato un sistema di corruttela esteso e ramificato in molti settori della RES PUBBLICA che ha investito Nazioni come la Francia, la Spagna e, in alcuni casi, anche l'Inghilterra. La Nazione dove tale sistema s'è dimostrato essere più esteso e radicato è senza dubbio l'Italia dove in pochi anni è stato deposto ed a volte condannato il gotha della dirigenza politica, amministrativa ed imprenditoriale. Sono stati smantellati i tradizionali partiti politici. DC, PSI PRI , PLI, PSDI (cd. Pentapartito). I pochi superstiti hanno costituito nuove formazioni politiche (PPI,CCD ,CDU), oppure sono stati riciclati da altri partiti o movimenti. PCI ed MSI hanno tentato di rifarsi una verginità cambiando identità (?) e nome in PDS ed AN. Molti degli appartenenti al vecchio PCI sono transitati in Rifonda-
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zione Comunista, tant'è che questa raccoglie attualmente circa il 10% di consensi Per converso, sono pochi coloro che hanno seguito l'estremista Pino Rauti. Nel frattempo,in occasione delle politche del 1994, nasceva Forza Italia, movimento politico capeggiato da Silvio Berlusconi che in brevissimo tempo riusciva ad ottenere tanti consensi da superare tutti i tradizionali partiti politici ed ottenere l'incarico di formare il Governo. Gli ultimi sondaggi sembrano attribuire ad AN ed al suoi leader la maggioranza dei consensi all'interno del Polo. In questo scenario non si puo' certo dimenticare il ruolo svolto dalla Lega di Umberto Bossi, propugnatore del federalismo e del decentramento economico e politico alle regioni. L'anno appena iniziato potrebbe per alcuni versi portare stabilità alle attuali incertezze, per altri essere foriero di ulteriori novità e cambiamenti. Infatti, l'agenda politica del 1996 è ricca di appuntamenti importanti. In primo luogo, per ordine di tempo, si terrà a Torino, in marzo, la prima conferenza intergovernativa per Maastrich. L'Europa in cui vivremo nel Duemila sarà quella che uscirà dagli accordi del 1997, comunque in marzo saranno tracciate le linee programmatiche dei futuri appuntamenti. In secondo luogo, in giugno ci saranno altri due importantissimi appuntamenti: la presidenza europea dell'Italia e - se non verranno rinviate - le elezioni presidenziali in Russia. Non sappiamo se Eltsin si candiderà alla presidenza del Cremlino. La sua popolarità è in forte declino anche a causa della politica in Cecenia. Allo stato attuale non esiste un candidato forte, autorevole, soste-
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Nella foto in alto la vignetta del numero di marzo 1996 a fianco l’ emiciclo parlamentare
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sotto il sommario del numero 3/1996
nuto da ampi settori dell'opinione pubblica che possa prendere in mano il Paese e guidarlo verso l'auspicabile quanto richiesto risanamento economico. Sicuramente gli esiti delle elezioni russe influiranno sulla politica e sui futuri equilibri mondiali. In terzo luogo,in novembre, gli americani saranno chiamati ad eleggere il Presidente che guiderà l'America fino al Duemila. Bill Clinton si confronterà con il candidato Repubblicano Bob Dole. Non è escluso che possa venir fuori un terzo incomodo, così come avvenne nelle precedenti elezioni. Se da un lato - considerati anche gli alti e bassi cui è legata la popolarità di Clinton non è possibile prevedere chi uscirà vincente dallo scontro elettorale, d'altro canto sono ben note le conseguenze e le future impostazioni politiche e programmatiche. Se vincerà Bill Clinton, gli americani continueranno ad avere, seppur con molti tagli, una politica sociale assistenzialista, com'è nella tradizione dei democratici ed in politica estera continueranno ad essere collaborazionisti; se vinceranno i repubblicani, saranno tendenzialmente isolazionisti ed opereranno ulteriori tagli al Welfare State.
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Pillole dal Corso QUI FIRENZE a preso il via il secondo periodo di formazione “on the job” che ci vedrà impegnati per più di due mesi (fino all’ 8 giugno prossimo) in una attività didattica di particolare importanza perché finalizzata a sviluppare la consapevolezza di quanto appreso in aula. L’accoglienza da parte del Direttore (dott. Oreste Cacurri) e del Comandante di Reparto (comm. Francesco Salemi), è stata cordiale e ci ha fatto sentire immediatamente a nostro agio. È apparso subito evidente di quanto la realtà del Nuovo Complesso Penitenziario di Sollicciano sia estremamente complessa, stanti le dimensioni della struttura, le numerose attività in essa svolte e l’apprezzabile attenzione della società esterna nei confronti del “pianeta carcere”. Le premesse sono le migliori: dopo una veloce quanto intensa conoscenza di parte della struttura (che per ovvie ragioni di tempo, non è stata ancora esplorata nel suo complesso) ci siamo immediatamente immersi in un’attività di affiancamento al Comandante di Reparto ed al suo vice (v. comm. Iride Natale) nel tentativo di rubare, il più possibile, il “mestiere”, prendendo atto, sin da questi primi giorni, di quanto sia complessa l’attività del Commissario penitenziario e delle capacità tecniche ed umane delle quali bisogna essere dotati per svolgere al meglio questo affascinante lavoro. Oltre all’attività pratica, questo tirocinio sarà caratterizzato da una attività più squisitamente didattica, ove il direttore, il comandante ed altre figure professionali dell’istituto appositamente designate terranno alcune docenze che risulteranno sicuramente preziose ai fini di meglio comprendere il mondo penitenziario, nel suo continuo alternarsi tra prassi e norma. Mario Salzano
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MODENA: S. ANNA ALL’AVANGUARDIA Prosegue in maniera molto interessante il tirocinio degli allievi vice commissari
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in prova presso la Casa Circondariale di Modena. Un istituto che può definirsi all’avanguardia, visti i progetti in essere e la pedissequa attuazione delle disposizioni normative e dipartimentali. A tal proposito, giova evidenziare come il penitenziario in questione sia, allo stato attuale, uno dei pochi istituti ad avere già posto in essere (sin dall’inizio della loro emanazione) le disposizioni impartite dall’Amministrazione in ordine all’attribuzione di codici ai singoli detenuti per l’attuazione del cd. “regime aperto”. Va segnalato che i corsisti hanno potuto apprezzare e giovarsi della disponibilità loro offerta, in primis dal Direttore, dr.ssa Rosa Alba Casella; dell’elevata professionalità e preparazione del Comandante del Reparto, commissario Mauro Pellegrino e del vice Comandante, dr.ssa Fortunata Paudice. Insieme riescono a gestire le risorse umane a disposizione in maniera molto efficiente. A breve è prevista la consegna del nuovo padiglione che incrementerà la capienza della popolazione detenuta, mentre sono in corso lavori di ristrutturazione di alcune sezioni detentive con progetti ben avviati per l’automazione di alcuni settori nevralgici. Di certo idee e competenza non sembrano mancare nell’istituto del Sant’Anna con il chiaro intento di raggiungere serenamente gli obbiettivi prefissati. Francesco Campobasso- Rosa Cucca CITAZIONI DA NAPOLI - POGGIOREALE «Dove eravamo rimasti?” Con queste parole Enzo Tortora salutava il suo pubblico all’indomani della sua esperienza carceraria. Avevamo lasciato gli aspiranti funzionari alle prese con i primi rudimenti dell’addestramento formale, dell’utilizzo delle armi e delle regole che devono ispirare chi indossa la divisa della Polizia Penitenziaria. Come affronteranno i vicecommissari del terzo corso la loro seconda esperienza negli istituti penitenziari? Il carcere non è un luogo fisico, non è fatto solo di cemento e chiodi, è un luogo dell’anima, un’esperienza fatta da un coacervo di sensazioni (visive, uditive, olfattive), un’esperienza cui non si può rimanere indifferenti. Il carcere di Poggioreale è un pò come la città di Napoli, si ha l’impressione di conoscerlo anche se non ci si è mai stati tante sono le voci e gli aneddoti che ruotano attorno a quest’istituto. Una persona
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che venga privata per la prima volta della libertà non potrà certamente entrarvi senza immaginare sulla porta di ingresso l’epigrafe “perdete ogni speranza voi che entrate”, il criminale esperto senza immaginarvi le celebri ambientazioni del film il camorrista, l’operatore che inizi il suo percorso senza la certezza che homo omini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo). Veritas filia temporis recita il crest del secondo corso vicecommissari r.d.o., la verità è figlia del tempo e delle storie che solo il tempo sa raccontare. Gli aspiranti funzionari che avranno la fortuna di espletare qui il proprio tirocinio potrebbero dover affrontare una grave epidemia che affligge non pochi tra gli operatori penitenziari che qui prestano il proprio servizio: la carcerite. La realtà di questo istituto è molto diversa da come la si immagina: ciò che colpisce al primo ingresso nei padiglioni è il silenzio, in cui i detenuti svolgono ordinatamente le proprie attività. L’umanità e la professionalità degli operatori Penitenziari sono un potente antidoto contro i luoghi comuni che ancora oggi ruotano attorno a questa realtà e più in generale alla Polizia Penitenziaria. Il comandante D’Avanzo è sapiente regista di un gruppo collaudato, coadiuvato dall’esperienza e dalla professionalità dei commissari Sgambati, Gallo e Di Donato. I baschi azzurri qui impiegati sono lontani anni luce dagli stereotipi mostrati dal film Diaz (chi sono le guardie Penitenziarie di cui si parla?), rispondendo con il proprio lavoro, le attività di intelligence ed il loro spirito di abnegazione a tutti coloro che ancora oggi esprimono dubbi su questa eccellente forza di Polizia al servizio del Paese. Un consiglio ai vicecommissari in prova dislocati nelle sedi di tirocinio, non lasciatevi scoraggiare dai luoghi comuni e dai clichè e non prendete esempio dall’astuto Ulisse (Che affermò di chiamarsi Nessuno per evitare l’ira degli Dei) e a chi dovesse chiedere a quale corpo appartenete rispondete con orgoglio: «Polizia Penitenziaria». Gianluca Mazzei
l’esperienza presso l’istituto di Reggio Emilia si sta svolgendo sotto la guida del Direttore dott. Paolo Madonna, del comandante di Reparto dott.ssa Linda Di Maio e del vice Commissario dott.ssa Rosaria Iannaccone. Difficile riassumere in poche righe la complessità di questo istituto, all’interno del quale, da pochi mesi, è in corso un processo di unificazione che vede coinvolte la C.C. e l’O.P.G.: aggregazione di due realtà accomunate dal fatto di rappresentare luoghi di esecuzione di misure restrittive della libertà personale, ma tra loro ontologicamente diverse per organizzazione, finalità e, soprattutto, gestione dell’utenza. Nonostante le evidenti differenze che i suddetti ambienti carcerari possono presentare nella risoluzione delle problematiche, il Direttore e il Comandante di reparto stanno egregiamente gestendo tale inglobamento nel pieno rispetto della normativa vigente. A ciò si aggiunge la presenza di personale altamente qualificato che adempie, in maniera efficiente, ai compiti affidatigli. L’osservazione di una realtà così proteiforme rappresenta - per chi come me si accinge a conoscere la realtà penitenziaria - un eccellente esercizio di osservazione e apprendimento, allo scopo di conseguire maggiore consapevolezza del complesso mandato che saremo chiamati a svolgere. Aurelia Panzeca LA C.C. DI PAOLA Paola, piccola cittadina sul mare in provincia di Cosenza. L’accoglienza è stata delle migliori: tutto il personale ed i responsabili delle varie aree ed uffici - come nella migliore tradizione calabrese - hanno messo a completa disposizione la propria professionalità ed esperienza. Non può tacersi come ci si senta parte di una grande famiglia sotto la guida accorta del Comandante di Reparto, dott.ssa Maria
Molinaro, e l’egida della Direttrice, dott.ssa Caterina Arrotta. Il Comandante di Reparto, in particolare, ha accolto più che benevolmente i corsisti, presentandoli al personale riunito nella conferenza di servizi, spendendo parole di apprezzamento e di orgoglio sia per la presenza degli stessi in sede che per la possibilità di contribuire alla formazione dei futuri funzionari. Quotidianamente, il Comandante di Reparto offre tutta la sua esperienza, consentendo di vedere da vicino in cosa consista il ruolo che andremo in futuro a ricoprire, di partecipare ai colloqui con i detenuti o di seguirlo durante le ispezioni ai reparti detentivi. Inoltre, lo stesso Comandante risponde ad ogni dubbio o quesito, facendo ricorso alla propria conoscenza professionale. Medesima cortesia e disponibilità sono proprie del Direttore, dott.ssa Arrotta, che ha esposto il progetto di Istituto e le problematiche connesse. Non può concludersi senza esprimere lo stupore di aver trovato (in un periodo in cui le risorse dell’Amministrazione sono ai minimi) un Istituto Penitenziario pulitissimo, efficiente ed organizzato, con aiuole curatissime e spazi verdi impeccabili… e con un mare meraviglioso, pochi metri più in là, a fare da cornice! Paolo Li Marzi FESTA PER LA CHIUSURA DEL PRIMO MODULO DIDATTICO Mercoledì 4 aprile, nei locali dell’edificio Polaris dell’ISSP è stata organizzata una piacevole serata per sancire la chiusura del primo modulo didattico relativo al 3° corso RDO. La partecipazione è stata molto nutrita con la piacevole presenza di quasi tutto lo staff direttivo della scuola. La serata si è svolta con estremo garbo e rispetto delle disposizioni ricevute dagli allievi vice commissari.
REGGIO EMILIA Dopo il primo tirocinio didattico conclusosi circa due mesi fa, il recente ingresso in un nuovo istituto sta consentendo ai Vice Commissari in prova del III corso R.D.O. di arricchire notevolmente il proprio patrimonio conoscitivo.
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Foto di gruppo per la Festa di chiusura del Primo Modulo didattico degli Allievi Commissari del III Corso
Iseo e Temistocle, Treves e Turati, fratelli legati da un affetto profondo fatto di poche parole e gesti assoluti, promesse dette a voce strozzata sui campi di lavoro o nelle trincee sanguinanti della guerra. E una schiera di sorelle, a volte buone e compassionevoli, a volte perfide e velenose come serpenti. E poi c’è lei, l’Armida, la moglie di Pericle, la più bella, andata in sposa al più valoroso. La più generosa, capace di amare senza riserve e senza paura anche il più tragico degli amori. E Paride, il nipote prediletto, buono e giusto, ma destinato, come l’eroe di cui porta il nome, a essere causa della sfortuna che colpirà i Peruzzi e li travolgerà.
ANTONIO PENNACCHI
CANALE MUSSOLINI MONDADORI Edizioni pagg. 460 - euro 14,00
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PINO CASAMASSIMA
remio Strega 2010, Canale Mussolini è l’asse portante su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. I suoi argini sono scanditi da eucalypti immensi che assorbono l’acqua e prosciugano i campi, alle sue cascatelle i ragazzini fanno il bagno e aironi bianchissimi trovano rifugio. Su questa terra nuova di zecca, bonificata dai progetti ambiziosi del Duce e punteggiata di città appena fondate, vengono fatte insediare migliaia di persone arrivate dal Nord. Tra queste migliaia di coloni ci sono i Peruzzi. A farli scendere dalle pianure padane sono il carisma e il coraggio di zio Pericle. Con lui scendono i vecchi genitori, tutti i fratelli, le nuore. E poi la nonna, dolce ma inflessibile nello stabilire le regole di casa cui i figli obbediscono senza fiatare. Il vanitoso Adelchi, più adatto a comandare che a lavorare, il cocco di mamma.
GLI IRRIDUCIBILI Storie di brigatisti mai pentiti LA TERZA Edizioni pagg. 260 - euro 18,00
L’
irriducibile non ritiene affatto conclusa la strategia della lotta armata. La resa è inconcepibile. «Che significa essere irriducibile? Secondo il potere significa essere irriducibile alla dissociazione, opporsi al pentimento. Per non esserlo, bisogna quindi diventare un dissociato. Una mostruosità giuridica e storica»: Renato Curcio, fra i fondatori delle Br, non ha dubbi, non si può disconoscere il proprio passato. D’accordo con lui anche altri protagonisti di quella stagione: Tonino Loris Paroli, Pro-
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spero Gallinari, Piero Bertolazzi, Raffaele Fiore e Angela Vai, che raccontano la loro storia in armi a Pino Casamassima. Uomini e donne che hanno scontato la pena ma che non sono disposti a trattare con lo Stato un pentimento o una dissociazione che annullerebbero il loro passato. Quella stagione di lotte che li aveva visti protagonisti di un progetto politico coerente con un’insurrezione armata possibile. Alcuni di loro non rilasciano dichiarazioni né consentono incontri, «perché la storia non è ancora finita. La guerra non è ancora finita». Fra questi, Paolo Maurizio Ferrari, che – pur in assenza di reati di sangue – ha scontato trent’anni di galera senza mai un permesso perché a questo Stato non si chiede nulla, lo si combatte e, una volta fuori, capeggia rivolte e contestazioni: l’ultima a gennaio 2012 con i No Tav, che gli è costata un altro arresto. Chiuso in un silenzio senza incertezze è Cesare Di Lenardo, anche lui in galera da trent’anni, che dalla cella ha rivendicato gli omicidi di Marco Biagi e Massimo D’Antona, rigettando ogni possibile pacificazione. Ultima, in ordine di apparizione, Nadia Lioce, ergastolana nel carcere dell’Aquila, in regime duro di 41 bis, che l’ha resa di fatto una sepolta viva.
CLAUDIO GATTI FERRUCCIO SANSA
IL SOTTOBOSCO Berlusconi, dalemiani, centristi uniti nel nome degli affari CHIARE LETTERE Edizioni pagg. 191 - euro 15,00
I
l grande male italiano. La politica degli affari e gli affari della politica, quell’intreccio di interessi che raramente emerge alla luce del sole ma che condiziona in modo decisivo la vita del paese: ecco il sottobosco, il cuore politico-econo-
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a cura di Erremme
R AFFAELE CANTONE
OPERAZIONE PENELOPE MONDADORI Edizioni pagg. 165 - euro 12,00
I mico dove il business è business, indipendentemente dal partito di appartenenza, e l’interesse di pochi, i soliti, piega l’interesse generale. Gli autori spiegano come D’Alema e Berlusconi, due politici apparentemente schierati uno contro l’altro, in realtà alimentano un nucleo di potere che da vent’anni paralizza l’Italia. Esemplare l’affare del petrolio venezuelano: da una parte Roberto De Santis, che chiama D’Alema fratello maggiore, e dall’altra Marcello Dell’Utri, ritenuto dal tribunale di Palermo cinghia di trasmissione tra Forza Italia e la mafia. In mezzo un mediatore come l’ex democristiano Aldo Micciché, latitante ed emissario della ‘ndrangheta in America latina. Ogni occasione è buona per garantire favori e avviare affari, anche le signorine di Tarantini o la fondazione Italiani europei, finita sui giornali per le indagini della magistratura. Così le regole del merito e della sana competizione sono falsate e i grandi investimenti con risorse pubbliche decisi senza garanzie di trasparenza. Nessun taglio sarà efficace se non riuscirà a spaccare questa corteccia così spessa e diffusa. Nessun rilancio sarà possibile finché al potere rimarranno loro, gli uomini del sottobosco.
l sottotitolo recita, non a caso, ”Perché la lotta alla criminalità organizzata e al malaffare rischia di non finire mai”. Convitato di pietra, cancro, “fattore C”: la criminalità organizzata è stata definita in tanti modi diversi. Raffaele Cantone, per otto anni alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, la conosce come pochi. Un mondo complesso che affonda le sue radici nella realtà del Sud, ma non solo. E che da tempo, ormai, è uscita ben al di fuori dei confini della delinquenza tradizionale, diventando ora un occulto quanto determinante socio in affari, ora un candidato impresentabile alle elezioni, ora un alibi dietro cui nascondere l’inefficienza delle amministrazioni pubbliche nel gestire grandi emergenze, prima fra tutte quella dei rifiuti campani. Proprio partendo dalle tante riflessioni sui mille volti della camorra, emerse non solo nel corso del suo lavoro di magistrato ma anche intervenendo a incontri pubblici e sulla carta stampata, Cantone affila come un bisturi il suo sguardo per tracciare un lucido spaccato dei mali della società italiana, oggi più che mai dilaniata fra l’anticultura del malaffare e la volontà di voltare finalmente pagina, in nome del rispetto delle regole. E nutre una speranza: unire alla forza delle azioni il potere delle parole, per condividere una battaglia che è di tutti gli italiani, quella contro l’illegalità diffusa che può corrodere le basi democratiche ed economiche dell’intero paese. Da uomo di legge e attento osservatore, ricostruisce così le complesse trame fra la nuova borghesia camorrista dei colletti bianchi e gli amministratori pubblici, i politici...
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NUOVO CODICE DELLA STRADA E LEGGI COMPLEMENTARI MAGGIOLI Edizioni pagg. 2.265 - euro 45,00
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dizione numero ventuno per un testo che non può mancare nella biblioteca di ogni Operatore di Polizia addetto ai servizi di Polizia stradale. Aggiornato con le ultime novità, il Nuovo Codice offre anche una interessante ed approfondita Rassegna giurisprudenziale ed un prontuario essenziale delle violazioni.
VINCENZO MANNA
PRONTUARIO DELLE VIOLAZIONI AL N. C.S. MAGGIOLI Edizioni pagg. 1.201 - euro 17,00
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uova edizione, la tredicesima, per questo importante Prontuario che aiuta concretamente l’operatività quotidiana degli addetti ai servizi di Polizia stradale. E’, in effetti, il mezzo più utile per redigere il verbale di contestazione di una violazione al Codice della Strada e, per tale ragione, non deve mancare negli uffici dei Nuclei Traduzioni e Piantonamenti.
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inviate le vostre foto a: rivista@sappe.it
1960/ 70 - Casa di Reclusione di Alessandria Festa del Corpo (foto inviata da Fabio Passaro)
1981 - Scuola Agenti di Custodia di Parma Giuramento 70° Corso Allievi AA.CC. (foto inviata da Antonio Caiazza)
1981 - Scuola Agenti di Custodia di Parma interno chiesa monumentale Certosa di Parma (foto inviata da Gerlando Dino Civita)
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1978 -Scuola Agenti di Custodia Cairo Montenotte (SV) Picchetto armato (foto inviata da Vincenzo Catena)
1983- 1981 - Scuola Agenti di Custodia di Portici (NA) 78° Corso Allievi AA.CC.
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inviate le vostre lettere a rivista@sappe.it
l’appuntato Caputo©
il mondo dell’appuntato Caputo© 1992•2012
LE NUOVE REL AZIONI SINDACALI AL DAP
NO GRAZIE, PREFERISCO EMIGRARE !
di Mario Caputi & Giovanni Battista De Blasis © 1992 - 2012
VENTI ANNI
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