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anno XVIII • n.186 • luglio /agosto 2011
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Nitto Francesco Palma è il nuovo Ministro della Giustizia
in copertina: Il nuovo Ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma
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L’EDITORIALE Il blocco retributivo della Legge Finanziaria di Donato Capece
ANNO XVIII • Numero 186 Luglio / Agosto 2011
IL PULPITO Perchè intitolare una Scuola di Polizia Penitenziaria a Giovanni Falcone? di Giovanni Battista De Blasis
Direttore Responsabile: Donato Capece capece@sappe.it
GIUSTIZIA Nitto Francesco Palma è il nuovo Ministro della Giustizia
Direttore Editoriale: Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it Capo Redattore: Roberto Martinelli martinelli@sappe.it Redazione Cronaca:Umberto Vitale Redazione Politica: Giovanni Battista Durante
IL COMMENTO Il futuro dell’energia e la solarizzazione degli istituti penitenziari
Redazione Sportiva: Lady Oscar Progetto Grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director) www.mariocaputi.it
di Roberto Martinelli
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LO SPORT Il calcio nell’Europa dell’Est nell’era comunista di Lady Oscar
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Donato Capece Direttore Responsabile Segretario Generale del Sappe capece@sappe.it
Il blocco retributivo della Legge Finanziaria n contemporanea e contestualmente a quanto avvenuto per gli altri Corpi del comparto sicurezza, si è tenuto al DAP un incontro con l’amministrazione per chiarire gli aspetti applicativi del decreto legge 78/2010 convertito nella legge 122/2010, concernente l’assegno una tantum da corrispondere al personale interessato al blocco retributivo introdotto dalla legge finanziaria 2010.
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Altra notizia meno buona riguarda la copertura economica per gli anni 2012 e 2013 che, essendo uguale a quella per il 2011 a fronte di un inevitabile aumento del numero dei beneficiari, non è certo che sarà sufficiente a coprire il fabbisogno. Ultima cattiva notizia, infine, riguarda la voce proveniente dal MEF secondo la quale sarà presto sancita la tassabilità del trattamento economico di missione forfettario
In via preliminare ci hanno chiarito che il trattamento economico e giuridico in applicazione della legge 122/2010 era da ritenersi omologo per tutto il personale del comparto. La buona notizia iniziale è stata che per l’anno 2011 nessun poliziotto penitenziario sarà penalizzato per la retribuzione degli assegni di funzione e/o per le promozioni di qualifica o di ruolo, che saranno regolarmente e puntualmente pagate. La notizia meno buona è stata che le predette retribuzioni produrranno soltanto gli effetti economici ma non quelli giuridici in quanto l’assegno una tantum introdotto dalla legge 122 non è stato considerato utile ai fini della buonuscita. Pur se si è in attesa di una risposta definitiva da parte del MEF, pare che in egual modo le stesse retribuzioni non saranno considerate valide ai fini del trattamento pensionistico.
con probabile applicazione di conguaglio retroattivo di dieci anni. Riassumendo, quindi, i chiarimenti applicativi della legge 122 sono i seguenti: • Copertura certa ed assoluta di tutti gli aumenti maturati nel 2011; • Copertura probabilmente parziale per gli anni 2012 e 2013; • Nessun effetto utile ai fini della buonuscita degli aumenti percepiti negli anni 2011, 2012 e 2013; • Probabilmente nessun effetto utile ai fini pensionistici degli aumenti percepiti negli anni 2011, 2012 e 2013; Da ultimo, infine, ci è stato anticipata la possibilità di un ulteriore blocco di un anno delle procedure contrattuali di carattere economico (2014), cosa che poi è stata puntualmente confermata dalla manovra economica di luglio.
Nella foto tavolo di trattative
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a quel poco che so di psicologia, la prima impressione è quella che conta. Eppure, nonostante questa consapevolezza, quando - qualche giorno fa - ci è arrivata la comunicazione dell’avvio delle procedure per intitolare la Scuola di Roma a Giovanni Falcone, ho preferito ignorare la mia prima impressione, negativa, sull’iniziativa. Ho preferito ignorarla per tre ordini di motivi. Il primo è l’atteggiamento che ho imparato ad assumere ogni qualvolta sopraggiunge un senso di disagio nei confronti di qualcosa o di qualcuno: non fare e non dire nulla fino a quando non riesco ad interpretare le ragioni del malessere. Il secondo motivo per il quale ho ignorato la mia reazione negativa è stato il profondo rispetto che nutro per un eroe come Giovanni Falcone, Medaglia d’Oro al Valor Civile, caduto nell’adempimento del proprio dovere. Il terzo motivo è stato una certa vergogna che ho provato nel pensare certe cose. Oggi, a distanza di una settimana da quella comunicazione, sono riuscito a metter ordine ai miei pensieri ed alle mie sensazioni e a metabolizzare quelle certe cose che ho provato nell’immediato. E la prima impressione si è rivelata, ancora una volta, quella giusta. Per dirla alla Di Pietro: «Ma che c’azzecca con il Corpo di Polizia Penitenziaria il Giudice Giovanni Falcone ?». Con tutto il rispetto dovuto al magistrato MdOVC, quale sono le ragioni per le quali il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria gli doveva l’intitolazione di una struttura del Corpo ? A quanto mi risulta, il magistrato siciliano non ha mai avuto alcun tipo di rapporto con l’amministrazione penitenziaria e, tantomeno, con la Polizia Penitenziaria (se non un piccolo contenzioso per un soggiorno sull’isola dell’Asinara). Perché, allora, se proprio si doveva intitolare una struttura ad un magistrato, non far ricadere la scelta su Borsellino o Livatino o Occorsio ? Ma, soprattutto, perché preferire un magistrato ad un Caduto del Corpo ? Francamente, nonostante tutti i miei sforzi, non riesco proprio a comprendere come si possa ignorare il fatto che un’operazione
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Giovanni Battista De Blasis Direttore Editoriale Segretario Generale Aggiunto del Sappe deblasis@sappe.it
Perchè intitolare una Scuola della Polizia Penitenziaria a Giovanni Falcone? Con tutto il rispetto dovuto al Magistrato è un’offesa ai nostri Caduti del genere finisce per offendere la memoria di tutti quei nostri colleghi vittime del dovere, anch’essi insigniti di MdO, che non hanno avuto l’onore di essere ricordati dalla loro stessa amministrazione. Come si può intestare una Scuola del Corpo ad un magistrato, ignorando 78 (settantotto) caduti (tra i quali 24 Medaglie d’Oro e 5 d’Argento) che avrebbero meritato altrettanto, ma in via prioritaria ? Oltretutto, i lettori di questa Rivista avranno sicuramente seguito la vicenda dell’intitolazione del carcere di Alba alla memoria di Giuseppe Montalto, con tutti gli ostacoli e tutte le resistenze opposte dal Dap. Mi chiedo e mi domando come è possibile che interi uffici di staff si occupino di immagine, relazioni esterne e cerimoniale e nessuno si preoccupi della memoria dei nostri caduti. Per la vicenda di Alba, abbiamo dovuto sollevare quasi una rivolta mediatica per costringere qualcuno ad occuparsi della vicenda e, comunque, questi insensibili burocrati, alla fine, non hanno ritenuto inviare nemmeno due righe di spiegazione alle migliaia di lettori del blog poliziapenitenziaria.it. Anzi, questi stessi personaggi, hanno volutamente ignorato una lodevole proposta dei nostri lettori sull’avvio delle procedure per intitolare ogni istituto, ogni struttura, ogni padiglione e ogni sezione ai caduti del Corpo e dell’amministrazione. Senza mai dimenticare tutti gli sforzi e le pressioni che abbiamo dovuto fare (in questo caso, per dovere di cronaca, condivisi anche dalla UIL) per obbligare il Dap ad integrare la targa commemorativa dei caduti istallata nel lontano 1983 e mai aggiornata da allora. Ed invece, adesso, dobbiamo anche prendere atto di questa iniziativa estemporanea e irragionevole che intende intitolare la Scuola di Roma a Giovanni Falcone. Per evitare qualsiasi possibile equivoco, voglio ben evidenziare che sono assolutamente
d’accordo con l’intitolazione di quanto più possibile alla memoria di Falcone per mantenerne vivo il ricordo, ma credo che vi siano tante e tante altre strutture idonee all’iniziativa (tribunali, scuole, vie, piazze...) prima di arrivare alle nostre, quantomeno
non prima che queste strutture abbiano dato la precedenza ai nostri caduti. Tanto per rendere l’idea di quello che intendo, voglio elencare qui appresso l’elenco dei caduti vittime del dovere del Corpo di Polizia Penitenziaria (e degli Agenti di Custodia).
• 1 dicembre 1914 Agente di Custodia SCHINOCCA Salvatore
• 23 novembre 1980 Appuntato AA.CC. FORGETTA Remo
• 11 settembre 1943 Appuntato AA.CC. DE SANTIS Pasquale M.O. M.C.
• 7 aprile 1981 Agente di Custodia CINOTTI Raffaele Med.Oro al M.C.
• 19 agosto 1944 Agente di Custodia CAPUANO Gennaro M.O. al M.C.
• 5 giugno 1981 Appuntato AA.CC. BATTAGLI Agostino Vitt. dovere
•
• 19 agosto 1944 Agente di Custodia MARCHESANO Enrico M.O. M.C.
• 12 luglio 1981 Agente di Custodia Aus. VOLTERRANI Alessio C. A. serv.
• 19 agosto 1944 Agente di Custodia PATRONE Giuseppe M.O. M.C.
• 28 luglio 1981 Brigadiere AA.CC. CAPUTO Antonio Vitt. del dovere
• 29 gennaio 1945 Agente di Custodia SCHIVO Andrea M.O. M.C.
• 18 settembre 1981 Brigadiere AA.CC. RUCCI Francesco M.O. M.C.
• 26 aprile 1945 Agente di Custodia MANGIAPIA Pasquale
• 12 febbraio 1982 Appuntato AA.CC. PARAGANO Alfredo Vitt.dovere
• 24 maggio 1945 Maresciallo AA.CC MARI Ernesto
• 29 marzo 1982 Agente di Custodia Aus. ZACHEO Giovanni C. A.serv.
• 8 giugno 1945 Maresciallo AA.CC SATTA Costantino
• 29 giugno 1982 V. Brigadiere AA.CC. BURRAFATO Antonio M.O. M.C.
• 18 novembre 1945 Agente di Custodia BACCHIODU Giovanni
• 14 settembre 1982 Brigadiere AA.CC. GRAZIANO Antimo Vitt. dovere
• 18 novembre 1945 Agente di Custodia CARIDI Ugo Alberto
• 15 ottobre 1982 Agente di Custodia DEANGEUS Gennaro Vitt. dovere
• 18 novembre 1945 Appuntato AA.CC. PITTALIS Paolo B.
• 24 novembre 1982 Brigadiere AA.CC. CERRUTO Carmelo
• 18 novembre 1945 Vice Brigadiere AA.CC. SCALAS Ettore
• 28 gennaio 1983 Vigilatrice Penit. STEFANINI Germana M.O. M.C.
• 18 novembre 1945 Agente di Custodia SORO Salvatore
• 31 gennaio 1983 Appuntato AA.CC. IZZO Nicandro Vitt. del dovere
• 21 aprite 1946 Agente di Custodia RAP Salvatore M.A. al V. M.
• 1 febbraio 1983 Appuntato AA.CC. CORRAI Michele Cad. Ad. servizio
• 25 novembre 1952 Appuntato AA.CC. PARASALITI MODICA Carmelo
• 5 marzo 1983 Maresciallo AA.CC MANDATO Pasquale MO. M. Civile
• 28 novembre 1958 Agente di Custodia SANTACROCE Gennaro
• 13 maggio 1983 Agente di Custodia D’AMATO Rocco M.O. M. Civile
• 22 gennaio 1960 Agente di Custodia TOMAStELLO Giuseppe
• 22 agosto 1983 Agente di Custodia MUREDDA Antonio
• 5 maggio 1971 Appuntato AA.CC. LO RUSSO Antonio Vitt. del dovere
• 11 ottobre 1983 Agente di Custodia DE FLORIO Ignazio Vitt. dovere
• 6 aprile 1973 Agente di Custodia MARCELLI Roberto Vitt. del dovere
• 27 ottobre 1983 Agente di Custodia DI GUIDA Raffaele
• 1 settembre 1973 Appuntato AA.CC. PANZERA Giuseppe M. A. al V.M.
• 28 novembre 1983 Ag. di Custodia Aus. CALDARI Stefano Cad. A serv.
• 2 gennaio 197 4 Appuntato AA.CC. PASSERINI Giuseppe Vitt. del dov.
• 2 dicembre 1983 Agente di Custodia CRISTIANO Antonio Vitt. dovere
• 9 maggio 1974 Brigadiere AA.CC. CANTI ELLO Gennaro M.O. V. M.
• 31 luglio 1985 Ag. di Custodia Aus. PATRIARCA Giovanni Cad.A.serv.
• 9 maggio 1974 Appuntato AA.CC. GAETA Sebastiano M. d’A. al V. M.
• 1 giugno 1986 Agente di Custodia VITTORIA Aniello M.O. V. Civile
• 5 agosto 1974 Appuntato AA.CC. FISCHIONE Nerio M. d’A. al V.C.
• 7 novembre 1986 Maresciallo AA.CC SALSONE Filippo Vit.del dovere
• 30 novembre 1977 Brigadiere AA.CC. BONINCONTRO Attilio V. dov.
• 2 maggio 1989 Maresciallo AA.CC SANSONE Francesco
• 7 gennaio 1978 Agente di Custodia ANGELI Adelio M.d’Oro al V.C.
• 3 giugno 1989 Vigilatrice Penit. CASAZZA Mariagrazia M.d’O. V. C.
• 11 aprite 1978 Agente di Custodia CUTUGNO Lorenzo M.O. V. M.
• 3 agosto 1989 Vigilatrice Penit. SISCA Rosa Med.d’Oro al Valor Civile
• 20 aprile 1978 Maresciallo AA.CC DI CATALDO Francesco M.O. M.C.
• 21 dicembre 1991 Ag.di Polizia Pen. BARRACO Giuseppe M.A. V. C.
• 6 giugno 1978 Maresciallo AA.CC SANTORO Antonio M.O. M.C.
• 2 aprile 1992 Ag. di Polizia Pen. CUCCARANO Giovanni Cad.Ad.serv.
• 8 novembre 1978 Agente di Custodia PAGLIEI Giuseppe M.O. M.C.
• 2 aprile 1992 Ag.Se. Di Polizia Pen. MININNI Maurizio C. Ad. serv.
• 19 gennaio 1979 Agente di Custodia LORUSSO Giuseppe M.O. M.C.
• 7 agosto 1992 Agente di Polizia Pen. GAGLIONE Michele
• 28 agosto 1979 Maresciallo AA.CC DI BONA Pasquale Vitt. del dovere
• 13 ottobre 1992 Sovr. di P.P. DI LORENZO Pasquale M.d’O. M. Civile
• 19 febbraio 1980 Agente di Custodia CAROTENUTO Antonio
• 8 febbraio 1993 Sovr. Capo P.P. CAMPANELLO Pasquale Vitt. dovere
• 13 luglio 1980 Agente di Custodia CERULLI Pietro Vittima del dovere
• 17 febbraio 1994 Ag,Se. di Polizia Pen. SCOLA Lidia Cad, Ad. servizio
• 11 ottobre 1980 V. Brigadiere AA.CC. NATALIA Franco Cad. Ad. serv.
• 25 marzo 1994 Assistente Capo di P.P. BODENZA Luigi M.d’O. M.C.
• 11 ottobre 1980 Appuntato AA.CC. PUZZO Salvino Cad. Ad. servizio
• 18 novembre 1994 Ag. di Polizia Pen. MAGLI Carmelo Vitt. dovere
• 23 novembre 1980 Appuntato AA.CC. BARTOLO Gennaro Cad.A. serv.
• 23 dicembre 1995 Ag. Se. di P.P.. MONTALTO Giuseppe M.d’O. M. C.
• 23 novembre 1980 Appuntato AA.CC. FAMIGLIETII Lorenzo C. A. serv.
• 17 novembre 1998 Assistente di P.P. CONDELLO Antonio
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N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 5
Il lungo elenco dei nostri Caduti
Nitto Francesco Palma è il nuovo Ministro della Giustizia
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Nelle foto il neo Ministro della Giustizia
itto Francesco Palma è nato il 3 marzo 1950 a Roma e risiede nella stessa città. Magistrato di cassazione dichiarato idoneo ad essere valutato per il conferimento delle funzioni direttive superiori, è stato Giudice Istruttore presso il Tribunale di Vicenza fino al settembre 1979 e sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma fino al gennaio 1993. Ha ricoperto l’incarico di Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia dal gennaio 1993 al dicembre 1994 e dal gennaio 1996 fino all’aprile 2001. Dal dicembre 1994 al novembre 1995 è stato Vicecapo di gabinetto e direttore dell’Ufficio Relazioni Internazionali del Ministero di Grazia e Giustizia. Ha condotto numerosi casi scottanti: l’arresto del mafioso italoamericano Frank Coppola tre dita, i Nar, le Brigate Rosse, il processo Moro Ter, l’inchiesta sui fondi sovietici al Pci. Ha seguito anche vicende di grande rilevanza mediatica, come la tragedia di Vermicino, quando, nel 1981, fece arrestare il proprietario del terreno dove si trovava il pozzo artesiano che aveva inghiottito il piccolo Alfredo Rampi. Eletto alla Camera dei Deputati nella XIV legislatura, il 22 maggio 2001, è stato Presidente della Commissione Giurisdizionale per il personale della Camera dei Deputati, componente della Commissione Affari Costituzionali, Presidenza del Consiglio e Interni, componente della Commissione
Parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, componente della Commissione di inchiesta sulla vicenda Telekom-Serbia, componente della Commissione Parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, componente della Commissione Giustizia quale relatore del disegno di legge sull’ordinamento giudiziario. Nel maggio 2006, con la XV Legislatura, è stato eletto al Senato della Repubblica. Ha ricoperto l’incarico di Vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, Presidenza del Consiglio e Interni. Inoltre, è stato componente della Commissione speciale per l’esame di disegni di legge di conversione di decreti legge, componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, componente della Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione e componente sostituto del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa. E’ stato rieletto al Senato come capolista in Calabria il 13 aprile 2008 e nominato Sottosegretario di Stato presso il Ministero dell’Interno.
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Come Sottosegretario di Stato il Sen. Nitto Francesco Palma è stato delegato per le materie di competenza del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, per le materie di competenza dei Dipartimento per le politiche del personale dell’Amministrazione civile dell’interno e per le risorse strumentali e finanziarie e per le materie di competenza del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali relative alla Direzione Centrale per l’amministrazione generale e per gli Uffici territoriali del governo. Sempre come Sottosegretario di Stato il Sen. Nitto Francesco Palma è stato, altresì, delegato, con esclusione delle materie relative all’immigrazione e all’asilo, per le materie di competenza del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, relative alle confessioni religiose, ai diritti civili e alla cittadinanza, alla tutela e promozione delle minoranze storiche etnico-linguistiche e alle problematiche delle comunità minoritarie delle zone di confine, ivi compresa la minoranza slovena del Friuli Venezia Giulia. Il 27 luglio 2011 ha lasciato l’incarico presso il Ministero dell’Interno ed è stato nominato Ministro della Giustizia.
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Roberto Martinelli Capo Redattore Segretario Generale Aggiunto del Sappe martinelli@sappe.it
Il futuro dell’energia e la solarizzazione degli istituti penitenziari passa anche dal carcere di Velletri
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Nelle foto sopra Marco Cattaneo a destra un impianto fotovoltaico e il carcere di Velletri
l direttore della prestigiosa rivista Le Scienze, Marco Cattaneo, in un recente interessante editoriale si è chiesto quale futuro si prospetta per l’energia, con considerazioni e valutazioni che meritano a mio avviso di essere ampiamente condivise. Cattaneo è partito dalla constatazione che il referendum del 12 e 13 giugno ha bocciato senza appello il già balbettante piano nucleare promosso dal Governo in questi tre anni. Un piano per il quale, d’altra parte, non erano ancora stati individuati i siti delle nuove centrali né era stato trovato il necessario accordo - in Italia l’energia è materia concorrente tra Stato e Regioni - con nessun governatore o consiglio regionale. L’esito del referendum sul nucleare era peraltro prevedibile, anche a seguito della crisi dell’impianto di Fukushima in Giappone. Vero è, però, che spesso il nucleare viene presentato come un male da combattere o come miracolosa pozione per risollevare l’economia nazionale. Ma personalmente credo che il nucleare possa rappresentare un’opzione energetica come le altre con i suoi pro ed i suoi contro. Il dato certo è che siamo circondati dalle centrali nucleari. Siamo costretti a comprare energia, dobbiamo pagarla agli altri perché siamo completamente dipendenti dall’estero e, se ci fosse un disastro in uno di questi paesi noi avremmo tutti i danni senza averne i vantaggi. Tornando all’editoriale di Cattaneo, questi ci ricorda che l’edizione 2010 del World
Energy Outlook dell’International Energy Agency sottolinea con chiarezza che da qui al 2035 la domanda globale di energia aumenterà del 36 per cento. E nonostante l’incremento nell’uso di fonti rinnovabili e l’impegno - soprattutto delle economie avanzate - ad adottare il più possibile sistemi di efficienza energetica, è più che probabile che saranno il carbone e soprattutto il gas a fare la parte del leone. Con le conseguenze che si possono immaginare sulla concentrazione di gas serra in atmosfera e dunque sul cambiamento climatico. Come dovrebbe organizzarsi, dunque, un paese sostanzialmente privo di risorse, che dipende in misura decisiva dall’importazione di materie prime dall’estero, e i cui cittadini hanno per la seconda volta espresso la loro contrarietà al nucleare, si chiede il direttore de Le scienze?
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La ricetta non è semplice, ma nemmeno impossibile, a patto che si voglia davvero agire in nome dei cittadini e in vista del futuro. Ci vogliono, e presto, investimenti per favorire programmi di efficienza energetica, a cominciare dal rinnovamento della rete elettrica, e per l’adozione di fonti rinnovabili, esplorando anche nuovi orizzonti per lo sfruttamento del potenziale geotermico. Sarebbe ancora una volta miope, però, limitare gli interventi a incentivi spropositati per l’installazione a tappeto di impianti fotovoltaici che, al più tra dieci anni, saranno
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obsoleti. Importare tecnologia tedesca o cinese creerebbe una dipendenza non diversa da quella dal gas e dal petrolio. La chiave del futuro energetico di un paese che voglia dirsi moderno sta in una parola sola, per la quale la classe dirigente italiana ha dimostrato da mezzo secolo a questa parte una fastidiosa allergia: il futuro si chiama ricerca. In primis, date le previsioni dell’IEA, occorre studiare efficaci sistemi di abbattimento delle emissioni di gas serra dagli impianti a gas e carbone. Poi potenziare lo sviluppo di soluzioni tecnologiche su solare termodinamico e fotosintesi artificiale. Ci sono aziende e gruppi di ricerca all’avanguardia, e meriterebbero sostegno per riuscire a spingere i loro sforzi fino a una produzione industriale competitiva e a una tecnologia esportabile. Infine, occorrerebbe rilanciare seriamente la ricerca di base in campo energetico, paralizzata da decenni, stanziando fondi consistenti per finanziare progetti radicali e innovativi. I risultati a breve termine non sono garantiti, ma è l’unica strada da percorrere se vogliamo rimanere tra i paesi avanzati. Perché dopodomani, in un settore strategico come quello dell’energia, a decidere i giochi non sarà chi detiene le materie prime, ma chi possiede il know-how. In questo contesto, fa notizia l’apertura del nuovo impianto solare nel carcere di Velletri, che si prefigge di fare risparmiare soldi ed emissioni allo Stato e contemporaneamente creare professionalità verdi. Si tratta di dotare di impianti di solare termico le carceri italiane e di farli realizzare agli stessi detenuti, dopo un’apposita formazione. E’ l’obiettivo del Programma Nazionale di Solarizzazione degli istituti Penitenziari, nato nel 2001, che ad inizio luglio si è arricchito con l’ultimo impianto completato in ordine di tempo nel penitenziario di Velletri (Roma). Grazie ad un sistema da 200 metri quadri di collettori, il penitenziario risparmierà circa 20mila euro all’anno sulle bollette. Lo riferisce Qualenergia.it, il portale del-
l’energia sostenibile che analizza mercati e scenari, sottolineando che all’efficienza energetica si aggiunge così una formazione green per i detenuti da spendere sul mercato. Nella realizzazione dell’impianto sono infatti stati coinvolti 30 detenuti, che hanno così potuto ottenere qualifica professionale di Installatore e Manutentore di Impianti Solari Termici. A spiegare i dettagli del progetto è stato Roberto Salustri di Reseda, la onlus che assiema al Cirps (Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo Sostenibile) ha collaborato al progetto, promosso dai ministeri dell’Ambiente e della Giustizia. «Il campo solare realizzato – ha detto Salustri al portale dell’energia sostenibile- ha una grandezza di duecento metri quadri di superficie captante, per una potenza complessiva di 140 kWth ed è stato dotato di un sistema di monitoraggio per permettere di tenere costantemente sotto controllo il suo corretto funzionamento e i benefici prodotti in termini di risparmio energetico. In ragione delle grandi dimensioni dell’impianto si è scelto di utilizzare uno schema impiantistico a bassa portata. Sono stati installati 100 pannelli solari piani a superficie selettiva con un’inclinazione di 30° per massimizzare l’irraggiamento solare. Il suo dimensionamento è stato studiato per coprire il 50% del fabbisogno energetico complessivo annuale dell’istituto». «L’impianto – ha detto ancora - è completato da due serbatoi da 5000 litri. La parte restante del fabbisogno sarà’ invece garantita grazie all’integrazione del sistema solare con la caldaia preesistente». «In questo modo, - ha aggiunto Salustri- è stato stimato un risparmio energetico di 180 MWhth, cioè 120 tonnellate di CO2 non immesse nell’atmosfera. Inoltre l’impianto è dotato di un sistema di produzione di elettricità da fotovoltaico per compensare i consumi dei circolatori idraulici, quindi si può dire che l’intero impianto è a emissioni zero».
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E ad installare l’impianto sono stati proprio i detenuti. Trenta di loro hanno seguito corsi di formazione sui fondamenti dell’installazione e della manutenzione di impianti solari termici e fotovoltaici per poi essere coinvolti nella realizzazione. Il progetto del carcere di Velletri, compreso sia l’impianto che i corsi di formazione, è costato 120mila euro. Un buon investimento per lo Stato, visto che, oltre a far risparmiare ogni anno circa 20mila euro in bolletta e 120 tonnellate di CO2, ha come risultato la formazione professionale di 30 persone che, una volta scontata la pena, avranno, grazie alla qualifica acquisita, maggiori possibilità di reinserirsi lavorativamente e dunque minor rischi di tornare in galera. Attualmente sono 15 gli impianti solari termico realizzati in altrettante carceri realizzati finora nell’ambito del Programma Nazionale di Solarizzazione degli istituti Penitenziari: Rebibbia, Rebibbia Nuovo Complesso, Viterbo, Taranto, Lecce, Laureana, Terni, Perugia, Spoleto, Torino, Secondigliano, Benevento, Firenze, Caltagirone e Velletri. In tutti i penitenziari la realizzazione è stata ad opera dei detenuti e, nel complesso, grazie al progetto, si sono così formati 200 nuovi futuri tecnici. La sfida vera ora è quella di dotare tutti (o quasi) i penitenziari italiani di impianti di solare termico, facendoli realizzare agli stessi detenuti dopo un’apposita formazione.
•
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Nelle foto a sinistra Roberto Salustri sotto tralicci dell’alta tensione
Ricordando Paolo Quattrone il Provveditore
E’ Nelle foto a destra Paolo Quattrone sotto l’inaugurazione del viale a lui dedicato
trascorso un anno, più volte, tante a dire la verità, mi sono ritrovato a chiedermi se fosse o no vero che Paolo Quattrone non è più con noi. Magari, (questo è stato il pensiero ricorrente), si è trattato solo di un incubo dovuto alla calura estiva?! Purtroppo invece l’amara verità è che il Provveditore non c’è più! Oggi sono 365 giorni che egli non è più tra noi e siccome sono certo che nessuno si prenderà l’onere e l’onore di farlo, volevo essere io a celebrare il primo anniversario della sua morte. Devo dire sinceramente che da alcuni giorni, insieme all’amico e Segretario Generale Gianni De Blasis, studiavamo un modo di farlo, che fosse non la solita pantomina degli sterili ricordi scritti per gli anniversari di morte, ma un modo originale, vero e genuino di ricordare un Uomo vero. Quale migliore idea ci poteva venire di chiamare Sua moglie? Folgorati da questa illuminazione, non ci è stato difficile contattare telefonicamente la Signora Guglielma. Faccio il numero e ci parlo; qua ragazzi miei va doverosamente segnalato come i miei avambracci ancora risentano della comparsa di quei brividi fortissimi che compaiono solo quando si ha davanti
una persona di raro Spessore! Giuro e chi avrà modo di conoscerla potrà confermare o smentire, che mi sembrava di parlare con Paolo Quattrone; la stessa determinazione, la stessa voce senza esitazioni, lo stesso tono rassicurante e la stessa essenzialità (dote, quest’ultima, ormai in capo a pochi). In quel frangente, senza dirlo alla signora Guglielma, mi sono detto: Complimenti Dr. Quattrone, ha saputo scegliere anche la Compagna di vita giusta per Lei!!! Ritornando al colloquio, nel chiedere preventivamente scusa alla Signora, gli chiedo come và; ecco, mi accorgo subito di non essere stato altrettanto essenziale e di essere invece banale. E’ infatti ovvio che non può andare bene e lei stessa mi chiede di passare alla domanda successiva. Allora passo subito al motivo della mia telefonata e gli dico che io, insieme a tutta la Segreteria Generale del SAPPE, saremmo infinitamente lieti di ricordare il Dr. Quattrone attraverso un articolo da pubblicare sulla nostra rivista e che avremmo anche gradito, solo se la Signora fosse stata d’accordo, di ospitare una sua qualsiasi dichiarazione, un suo qualsiasi pensiero o qualunque altra cosa ella avrebbe voluto dire, scrivere o rappresentare. La signora Guglielma mi ringrazia del pensiero e mi dice che ci deve pensare, anche
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se si prende nota del mio numero telefonico e della mia mail. A distanza di qualche giorno, quando ormai ero certo che forse non avrei nemmeno dovuto disturbare lei e la sua famiglia facendogli ancora rivivere quel dolore, mi arriva una telefonata destinata ancora una volta a sollecitare il derma dei miei avambracci: La signora Quattrone non solo ha riflettuto sulla mia proposta, ma ha addirittura preparato una paginetta (così la definisce al telefono), da inserire nel nostro articolo in ricordo di Suo marito. Ebbene, leggendo la paginetta mi rendo immediatamente conto che non potevo avere la presunzione di essere io o la mia Segreteria Generale a ricordare Paolo Quattrone, perché c’è chi davvero è riuscito nell’intento molto meglio di noi. Lascio giudicare tutti gli amici lettori, proponendovi la lettura della paginetta della Signora Guglielma, anticipandovi che per esprimere gli stessi concetti, nella mia ignoranza, avrei impiegato lo spazio di un libro. Concedetemi un’ultima commossa frase prima della lettura, cercando di sforzarmi di essere coinciso ed essenziale: Grazie Signora Guglielma! Un abbraccio sincero a lei, alla sua famiglia e alla Buon Anima di Paolo Quattrone da tutto il personale dell’Umbria. Fabrizio Bonino
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Il ricordo della signora Guglielma Puntillo Quattrone
E’
trascorso un anno e l’irruenza del ricordo resta indelebile. Al dolore intimo ed incommensurabile, aggiungo oggi il ricordo di Paolo con la franchezza e l’essenzialità di cui lui era capace. Uomo di poche parole e molti fatti, non scelse scorciatoie comode, ma si impegnò fino in fondo, pur consapevole delle ostilità incontrate, optando per la via impervia della concretezza ed effettività della rieducazione dei detenuti. Il suo convincimento e il vigore delle sue azioni istituzionali, attraverso il lavoro penitenziario e l’incremento dell’istruzione – come preciso ed imprescindibile impegno culturale per il riscatto dei detenuti - , offrirono la speranza a molti uomini e soprattutto a tanti giovani che,avvinti dalla delinquenza, avevano perduto – o mai conosciuto – la speranza della convivenza civile. Paolo è stato, ed è ancora per noi, un uomo di Stato, di Giustizia
e di Cultura, che ha interpretato con grande senso del dovere la sua vita ed il suo lavoro. Ciò che ha fatto testimonia la solidità dei valori in cui credeva per i quali sapeva e voleva combattere. Così scriveva alla vedova di Sergio Cosmai, amico mai dimenticato: «... un servitore dello Stato non muore mai invano, specialmente se ha operato per difendere i valori umani, civili e morali di cui questo Paese malato ha tanto bisogno. Muore invano se le idee, le passioni, vengono dimenticate: guai all’Istituzione che perde la memoria storica.» Parole ferme e rigorose che riecheggiano nell’animo e nella memoria di chi lo ha rispettato ed apprezzato. Quelle parole, faro illuminato di un orizzonte ormai lontano, guidano la vita di quanti seguiranno l’esempio del suo impegno e la forza dei suoi convincimenti.
Nelle foto sopra Paolo Quattrone a sinistra un articolo di stampa a fianco e sotto alcuni momenti della cerimonia
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a cura di Lady Oscar Redazione Sportiva rivista@sappe.it
Il calcio nell’Europa dell’Est nell’era comunista
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Nelle foto sopra Stalin a fianco Laurenti Beria sotto i loghi delle suadre del CDKA, della Torpedo, del Lokomotiv e della Dinamo
er oltre metà del ventesimo secolo l’Europa dell’est visse nella morsa del comunismo. E’ un periodo segnato da condanne senza processo, torture ed assassini politici. Dittatori brutali usavano ogni mezzo per conservare il potere. Sotto i regimi totalitari lo stato controllava ogni aspetto della vita. Nell’Unione Sovietica e negli stati satellite dell’Europa orientale non c’era aspetto della cultura che sfuggisse alle ingerenze politiche, compreso il gioco più popolare del continente: il calcio. All’inizio i comunisti più intransigenti consideravano il calcio uno sport borghese e controrivoluzionario chiedendone la messa al bando. Prendere il controllo di questo sport però si rivelò un’impresa più difficile di quanto immaginassero. Negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione bolscevica il partito di Lenin intervenne in ogni aspetto della vita culturale. Nonostante le riserve dovute alla natura borghese del calcio neanche i comunisti più intransigenti osavano negare ai cittadini la possibilità di praticare il loro sport preferito. Come ha ricordato lo storico dello sport Alexander Nilin, nell’Unione Sovietica il calcio era il gioco più popolare. Per molti era quasi una religione. Le condizioni di vita erano difficili, metà dei cittadini era stata rinchiusa nei campi di lavoro, il cibo scarseggiava e l’unica cosa che riuniva tutta la popolazione era proprio quella sfera sui campi da gioco. Invece di mettere al bando il calcio negli anni 20 i dirigenti comunisti cercarono di prenderne il controllo. Dopo la rivoluzione a Mosca nascono quattro squadre di calcio, braccio sportivo di altrettante potenti istituzioni, date e gestite da organi dello Stato: il CDKA di Mosca (appartenente all’armata rossa), la Zil (produttrice di automobili) controlla la Torpedo Mosca, il Lokomotiv è invece la squadra delle ferrovie, la Dinamo Mosca è il club gestito dal Commissariato agli Interni (la temuta polizia segreta). Il controllo della polizia segreta sulla Dinamo Mosca è più evidente nel periodo in cui il Kgb è diretto da Laurenti Beria, uno degli uomini più fidati di Stalin. Beria fu una delle figure più potenti e crudeli dell’Unione Sovietica.
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Ordinò personalmente la persecuzione di tutti i cittadini considerati nemici del popolo. Come direttore del Kgb Beria fu anche presidente onorario della Dinamo Mosca. E’ un ex calciatore dilettante con una grande passione per questo sport. E’ deciso ad usare ogni mezzo in suo potere per portare alla vittoria la Dinamo. Presto però si scontrerà con chi cercherà di opporsi ai suoi tentativi di impadronirsi del calcio sovietico. Nikolaj Starostin era il primo di quattro fratelli. Dotato di un talento naturale Starostin è stato capitano della nazionali sovietiche di calcio ed hockey sul ghiaccio. Insieme con Alexander Kosarev, segretario della lega giovanile comunista, Starostin fondò una squadra che voleva sfidare lo strapotere della Dinamo. E’ un club per il popolo che si rivolgeva agli operai ed agli impiegati. Il nome lo scelse ispirandosi a Spartaco, lo schiavo che si ribellò al potere di Roma. Nacque così lo Spartak Mosca. Nikolaj pensava che avesse qualcosa di romantico: evocava il nome degli schiavi che lottavano per la libertà. Si pose come club di opposizione, per questo divenne subito molto popolare. Nelle squadre di polizia ed esercito giocavano gli ufficiali, mentre i calciatori dello Spartak erano persone comuni. Nicolaj Starostin ed i tre fratelli Alexander, Andrej e Piotr costituirono l’ossatura di una squadra in grado di competere con le migliori. Oltre alle performance di alto livello sui campi, sono noti anche per i loro atteggiamenti di sfida verso il sistema. Gestire lo Spartak Mosca diventò un piccolo atto di resistenza contro Beria,
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Stalin e la tirannia sovietica. Non c’è dubbio che molti tifosi dello Spartak fossero contrari al regime, ma non osavano farne mostra in altri aspetti della vita. Lo stadio di calcio divenne in breve l’unico posto in cui potevano essere se stessi, urlare, ridere, disperarsi o insultare gli avversari che significava anche insultare il governo, la nomenclatura del regime e le alte sfere del potere. Per Beria ogni atto di sfida era intollerabile. Il palese rifiuto dello Spartak di inchinarsi alla Dinamo rappresentava un attacco al controllo che esercitava sullo sport sovietico. Nonostante i rischi però la squadra di Starostin non intendeva cedere. Nel 1939 fu persino in lotta per la vittoria del campionato. Doveva giocare contro la Dinamo di Beria nella semifinale della Coppa Nazionale. Alla fine si impose lo Spartak e fu una memorabile e simbolica vittoria in un periodo di persecuzioni politiche e difficoltà economiche. Beria però non accettò passivamente la sconfitta della Dinamo. Infuriato ordinò che la partita fosse ripetuta un mese dopo. Lo Spartak di Starostin non si fece comunque intimidire e vinse di nuovo per uno a zero. Beria lasciò le gradinate in preda ad una crisi di collera, prendendo a calci i sedili dello stadio. Alla squadra di Starostin andrà la Coppa , aumentando la rabbia di Beria. Sebbene si fossero inimicati uno degli uomini più potenti e spietati dell’Unione Sovietica i fratelli Starostin sembravano diventati intoccabili: il calcio era talmente popolare tra la gente, da essere al di fuori della portata persino di Stalin e del suo tirapiedi Beria, sadico, pedofilo e mentalmente instabile. Potevano arrestare tutti i poeti, i giornalisti, gli artisti, i compositori e musicisti che volevano , ma nemmeno loro potevano far arrestare impunemente un calciatore tale era grande il potere del calcio. Beria però attendeva solo il momento opportuno, l’occasione propizia. Nel marzo 1942, mentre il popolo sovietico era allarmato dall’invasione nazista e dal coinvolgimento del paese nella seconda guerra mondiale Beria, non perse tempo e fece la sua mossa. In piena notte Nikolaj Starostin fu svegliato nel classico stile del Kgb: una luce di una torcia negli occhi e due pistole puntate alla testa. Beria credeva probabilmente che ora che la popolazione aveva problemi più grandi a cui pensare avrebbe potuto far arrestare i fratelli Starostin per aver battuto la Dinamo nel 1939 e vendicarsi della sconfitta. Dopo l’arresto ai quattro fratelli viene presentata una lista di imputazioni che andava da quella classica di aver parlato contro l’Unione Sovietica a quella meno comune di aver giocato a calcio in modo borghese. Ma la più allarmante delle accuse fu quella di essere nemici del popolo. Beria voleva solo impoverire l’organico dello Spartak e con l’arresto degli Starostin ci riuscì. I quattro fratelli evitarono la pena
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capitale, quella preferita da Beria, ma vennero condannati a 10 anni in un gulag siberiano. Negli archivi di stato russi i ricercatori hanno trovato una lettera inviata a Stalin da parte della madre dei quattro fratelli per invocare un atto di clemenza. Beria, prima di Stalin, intercettò la lettera e comunicò che non ci sarebbero stati sconti di pena. Nel caso di Nikolaj l’esperienza del gulag, uno dei regimi carcerari più duri della storia, fu diversa da quella della maggior parte dei prigionieri. Come scrisse il biografo Alexander Vaynshteya, il calcio gli consentì di sopravvivere all’interno del gulag perché gli altri detenuti lo rispettavano. La vita dei fratelli prima dell’arresto era come una favola, gli altri detenuti rimanevano incantati a sentirli raccontare dei viaggi all’estero e delle loro esperienze sportive. Anche tra chi dirigeva i gulag vi erano amanti del calcio. Al di fuori di quella esperienza di prigionia, senza i talentuosi Starostin lo Spartak era intanto diventato una squadra molto più debole.
Toccava ora al club dell’esercito, la CDKA di Mosca sfidare la Dinamo di Beria. Ma anche il CDKA di Mosca fu destinato a scomparire. Molti dei suoi giocatori militavano infatti nella nazionale sovietica che incontrò la Jugoslavia, durante i giochi olimpici sovietici del 1952. La Jugoslavia, guidata dal maresciallo Tito, ha allentato i rapporti con l’Unione Sovietica. La partita diventò una battaglia tra il nazionalismo jugoslavo e l’orgoglio sovietico. In gioco c’era molto più del risultato da entrambi le parti. I sovietici persero tre a uno e Stalin ordinò lo scioglimento del CDKA di Mosca. Da un giorno all’altro scomparì il più forte avversario della Dinamo di Beria. Stalin morì nel 1953, Beria tentò invano di farsi nominare suo successore.
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Nelle foto a sinistra Nikolaj Starostin la squadra del CDKA nel 1941 sotto i quattro fratelli Starostin
Nelle foto Quando Nikita Kruscev salì al potere, la parabola a destra discendente di Beria iniziò il suo compimento. Eduard Streltsov Beria fu accusato di essere una spia capitalista e,
riconosciuto colpevole, venne condannato come sotto nemico del popolo, lo stesso marchio di infamia Herich Mielke che aveva imposto a decine di migliaia di cittadini
innocenti nel corso della sua lunga e sanguinaria carriera, lo stesso che aveva attribuito agli Starostin, amici del popolo senza voce al cospetto del potere. Beria finì giustiziato. Dopo la sua morte caddero le imputazioni nei confronti dei quattro fratelli che poterono finalmente tornare a Mosca. I loro giorni da calciatori erano ormai conlcusi. Nikolaj diventò dirigente dello Spartak inaugurando una serie di vittorie, per ironia della sorte, conquistate soprattutto a spese della Dinamo di Mosca. Altro caso emblematico di una crudele persecuzione politica fu quello di Eduard Streltsov giocatore della Torpedo Mosca, con un talento tale da farlo considerare il Pelé russo. Si mise in luce dopo aver vinto il torneo di calcio ai Giochi Olimpici di Melbourne 1956 e nel 1958 rifiutò il passaggio sia al CDKA dell’Armata Rossa che alla Dinamo del Kgb. Tale evenienza, unita ad una frase di troppo detta ad una festa al Cremlino nei confronti della figlia di Yekaterina Furtseva, che gli era stata proposta come moglie ma rifiutò di sposare, lo portò ad essere ingiustamente accusato di violenza carnale consumata ai danni di una giovane proprio nel corso di quella stessa festa. All’epoca il sistema legale dipendeva fortemente dalle decisioni dei leader politici e non di rado i giudici erano costretti ad emettere determinate sentenze ordinate dal partito. Rinchiuso nel carcere di Butrika, fu convinto, con la promessa di essere aggregato comunque alla squadra che avrebbe partecipato alla Coppa del Mondo, a firmare una confessione di colpevolezza. Ma era una trappola. Con la firma fu subito inviato ai lavori forzati in un gulag in Siberia, e non vi uscì prima del 1963, quando aveva 26 anni. Tornò a giocare a calcio ma non era più lo stesso atleta di qualche anno prima: qualcosa nel suo estro di campione dopo quella prigionia si era irrimediabilmente spento. Nonostante ciò fu determinante per la vittoria del campionato da parte della Torpedo nel 1965. La sua carriera internazionale era comunque finita. Dopo il suo rilascio non gli fu dato il permesso di viaggiare all’estero e di mostrare al mondo il suo talento. La sua condanna privò l’Unione Sovietica di un autentico genio del calcio, di un campione che sarebbe entrato nell’olimpo dei grandi invece
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di restare molto più in basso: nel limbo di chi poteva diventare e mai fu ciò che meritava di essere. Nel 1990 Streltsov morì di cancro a soli 53 anni, una morte non dissimile ai tanti che come lui nei gulag avevano fatto vita di miniera. In punto di morte, mentre si trovava in un letto di ospedale, per la prima volta da quando aveva riottenuto la libertà, parlò della condanna professando alla moglie la sua innocenza. Fino ad allora non aveva neanche più accennato alle sue vicende giudiziarie col timore di poter mettere a repentaglio la sua esistenza e quella della sua famiglia: con un delazione di aver sparlato contro il sistema poteva essere rimandato nuovamente ai lavori forzati. Negli anni 60 aumentò la tensione tra il blocco sovietico e l’occidente, la guerra fredda raggiunge livelli senza precedenti. Il muro di Berlino diventò l’emblema della frattura ideologica fra le due parti dell’Europa. Come in Unione Sovietica anche in Germania est il calcio viene manipolato in base agli interessi dello Stato. La Dinamo era la squadra controllata dalla Stasi, la polizia segreta della DDR con Herich Mielke, responsabile dell’apparato repressivo e di controllo, presidente del sodalizio sportivo. I tifosi dell’Hetha di Berlino, altra grande realtà calcistica tedesca, posti dalla parte dello stadio compresa dai confini del muro, potevano seguire le partite. Dall’altra parte la restante tifoseria attaccata a quel divisorio ostile, cercava di comprendere cosa succedesse in campo dai rumori, dai boati dopo un gol, dalle voci che arrivano dalle gradinate che permettevano almeno di festeggiare di riflesso, con tutte le cautele e la discrezione del caso perché dalle torrette il muro era sorvegliato da chi poteva anche decidere di arrestare i più rumorosi. Sotto il comunismo il calcio fu uno strumento di propaganda ed un mezzo per controllare i cittadini, ma resistette a tutti coloro che vollero corromperlo in maniera definitiva. Per alcuni il prezzo della propria intransigenza fu molto alto, eppure, nonostante la brutalità dei regimi totalitari, calciatori di talento e squadre fenomenali hanno regalato momenti di rara bellezza per gli annali della storia dello sport più popolare del mondo e di altrettanto rara serenità ai tifosi delle popolazioni oppresse. Anche questa, in condizioni di forte deficit democratico, a suo modo per alcuni appassionati fu libertà.
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La convenzione Sappe/Studio Legale Guerra Per rispondere ad una richiesta sempre più pressante dei propri iscritti, il Sappe ha stipulato una convenzione con lo Studio Legale Associato Guerra, come partner legale in materia previdenziale.
• assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; •assistenza nella fase giudiziale contro il relativo provvedimento negativo; • compenso professionale convenzionato.
Lo Studio Legale Associato Guerra è specializzato in materia di diritto pensionistico pubblico, civile e militare.
in materia di PENSIONE PRIVILEGIATA per il personale cessato dal servizio e/o i superstiti L’assistenza interessa: • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria che possa ancora chiedere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità o lesioni riferibili al servizio stesso e la conseguente pensione privilegiata; • il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensione ordinaria, al quale sia stata negata la pensione privilegiata per non dipendenza da causa di servizio di infermità e lesioni o per non ascrivibilità delle stesse; • il personale cessato per inidoneità dal ruolo della Polizia Penitenziaria, già transitato o che debba transitare ai ruoli civili della stessa amministrazione o di altre amministrazioni, ai fini della concessione della pensione privilegiata per il servizio prestato nella polizia Penitenziaria; • il personale deceduto in servizio, ai fini della pensione indiretta privilegiata ai superstiti e di ogni altro beneficio previsto a favore degli stessi; • il personale già titolare di pensione privilegiata deceduto a causa delle medesime infermità pensionate, ai fini dei conseguimenti spettanti ai superstiti. L’assistenza comprende: • esame gratuito, legale e medico legale, del fondamento della domanda per la concessione della pensione privilegiata anche per i transitati al ruolo civile; • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso contro il provvedimento negativo della pensione privilegiata; • valutazione gratuita, legale e medico legale, delle pensioni indirette e di riversibilità ai fini del trattamento privilegiato e dell’importo pensionistico liquidato; • assistenza nella relativa fase amministrativa e nella fase giudiziale contro il provvedimento pensionistico negativo; • compenso professionale convenzionato.
La convenzione tra il Sappe e lo Studio Legale Associato Guerra comprende • la causa di servizio e benefici connessi; • le idoneità al servizio e provvedimenti connessi: • i benefici alle vittime del dovere; • la pensione privilegiata (diretta, indiretta e di riversibilità) e gli assegni accessori su pensioni direttte e di riversibilità. La consulenza si avvale di eccellenti medici esperti di settore, collaboratori dell Studio Guerra, in grado di assistere l’interessato anche nel corso delle visite mediche collegiali in sede amministrativa e giudiziaria. In particolare, attraverso lo Studio Legale Associato Guerra , il Sappe garantisce ai propri iscritti: in materia di CAUSA DI SERVIZIO • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento della domanda per il riconoscimento della causa di servizio anche ai fini dell’equo indennizzo; • assistenza legale nella fase amministrativa; • valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorso contro il provvedimento negativo di riconoscimento della causa di servizio e del’equo indennizzo; • assistenza legale nella fase giudiziale dinanzi alle competenti Sedi Giurisdizionali; • compenso professionale convenzionato. in materia di INIDONEITA’ AL SERVIZIO • valutazione legale e medico legale delle infermità oggetto di accertamento della idoneità al servizio, per la scelta strategica delle azioni da promuovere secondo gli obiettivi che intende raggiungere l’interessato; • assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo; •assistenza nella fase giudiziale contro il provvedimento amministrativo; • assistenza amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento di trensito; • compenso professionale convenzionato. in materia di VITTIME DEL DOVERE • valutazione gratuita per l’accertamento della sussistenza delle condizioni di legge richieste per il diritto ai benefici previsti a favore delle vittime del dovere;
PER BENEFICIARE DELLA CONVENZIONE Gli iscritti al Sappe possono: • rivolgersi alla Segreteria Provinciale Sappe di appartenenza; • rivolgersi agli avvocati Guerra presso le sedi degli studi di Roma (via Magnagrecia n.95, tel. 06.88812297), Palermo (via Marchese di Villabianca n.82, tel.091.8601104), Tolentino - MC (Galleria Europa n.14, tel. 0733.968857) e Ancona (Corso Mazzini n.78, tel. 071.54951); • visitare i siti www.sappe.it oppure www.avvocatoguerra.it
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Ostia: Seconda edizione del Premio sicurezza
i è svolto lo scorso 13 Luglio, presso il Parco Pallotta di Ostia, il Convegno e la 2° Edizione del Premio Sicurezza. All’incontro ha partecipato in rappresentanza del SAPPe il Segretario Nazionale - Segretario Regionale del Lazio - Maurizio Somma, unitamente ai vertici delle altre Forze di Polizia presenti sul territorio del litorale romano e ai rappresentanti del Comune di Roma intervenuti in rappresentanza del Sindaco Gianni Alemanno.
Presenti, quest’anno, un’autovettura con i colori d’istituto e una rappresentanza della Polizia Penitenziaria grazie alla disponibilità del nuovo Provveditore del Lazio, Maria Claudia Di Paolo. Durante i lavori del Convegno sono stati oggetto di discussione molteplici temi inerenti la sicurezza dei cittadini e del territorio, nonché i problemi degli istituti penitenziari romani e del Nucleo Aeroportuale di Fiumicino. E’ stato molto apprezzato, dai numerosi presenti, l’intervento del Segretario Provinciale del Sappe, Giovanni Passaro, che ha illustrato, tra l’altro, i compiti a cui è demandato il Corpo di Polizia Penitenziaria sul territorio.
Bari: Trofeo Motorsannio
Chieti: cordoglio per la scomparsa di Claudio Di Nisio
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l 1° giugno è venuto a mancare tragicamente il sovrintendente Claudio Di Nisio, Segretario Provinciale SAPPE di Chieti, a soli 47 anni, in un fatale incidente con la moto mentre rientrava a casa dopo il suo turno di lavoro. E’ venuto a mancare ai colleghi, al SAPPE (iscritto da sempre e senza mai saltellare tra sigle), ai giovani calciatori del River Chieti che allenava nel tempo libero, alla moglie Roberta ed ai figli Simone e Alessio, a tutti. Il Cappellano della Casa Circondariale di Chieti, nell’omelia del rito funebre, così si è espresso: «Ci ha lasciato una lezione: aveva capito che la vita va affrontata con il sorriso». Ci fa piacere riportare il saluto che durante i funerali i figli hanno rivolto al padre. «Papà siamo orgogliosi di tutto quello che hai fatto per noi, io non te l’ho mai detto ma ti voglio un bene dell’anima e te ne vorrò sempre, anche tu non me lo dicevi ma erano sempre gli altri a farmelo capire. Ti sei sempre fatto in quattro per noi e per gli altri anche per chi a volte provava a calpestarti ma tu eri più furbo di loro perché dicevi:
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omenica 19 giugno all’autodromo del Levante di Binetto-Bari si è tenuta Donne Motori 2011 una Manifestazione nazionale all’insegna dei motori e delle belle donne, con la concomitanza della terza prova del “Trofeo Sud Italia - Motorsannio-Metzeler”. In pista tra i piloti delle spettacolari Supermoto e Pit-Bike, era presente con la sua Honda nella categoria S4, il giovane pilota Luca Mattiello, Agente della Polizia Penitenziaria appartenente al Motoclub Fiamme Azzurre. La manifestazione è stata diretta con la collaborazione del nostro Vice Sovrintendente SAPPE Ciro Borrelli, Ufficiale della Federazione Motociclistica Italiana.
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Durante la manifestazione sono stati premiati vari appartenenti alle Forze dell’Ordine, tra cui anche due rappresentanti della Polizia Penitenziaria distintisi particolarmente durante il servizio. Un ringraziamento particolare al Consigliere Luigi Zaccaria che ha permesso la realizzazione di questo Premio, nell’ambito della manifestazione Pizza in Tour che si è svolta dal 2 al 24 luglio 2011. M. S.
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“Tanto a dò von a je?” (tanto dove vogliono andare?). Sei un grande, un grande padre ma soprattutto un grande marito, la mamma te lo dice sempre che ti ama in un modo indescrivibile.Non ci ha mai fatto mancare nulla anche nei periodi difficili perché mettevi la famiglia sempre al primo posto. Anche se in un modo tutto tuo ci fai morire dal ridere, specialmente quando fai le battute che solo tu capisci o quando mi spiegavi con le tue teorie le materie di scuola, già era difficile poi ti ci mettevi pure tu. Quante te ne ho fatte passare ma ora è diverso perché ci hai fatto crescere come vuoi tu. Ti vogliamo bene mentre la mamma non smetterà mai di amarti. Ciao papà.»
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Roma: Pressello, buon piazzamento Campionati Mondiali Judo Master
Reggio Emilia: catturato un evaso dall’ OPG
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a carenza di personale tra gli agenti di Polizia Penitenziaria acuisce ogni giorno di più il problema del sovraffollamento. E non mancano gli episodi che accrescono l’allarme. L’ultimo, soltanto qualche giorno fa, con l’evasione di un ricoverato dell’Opg, poi rintracciato e fermato nei pressi della stazione ferroviaria. L’uomo, ricoverato all’Opg, nei giorni scorsi era stato trasferito in ospedale per alcuni accertamenti medici. Nessun piantone davanti alla sua stanza, nessun agente di scorta. E non per negligenza, ma per assoluta carenza di personale. Così, al pomeriggio l’uomo si alza dal letto, si veste, esce dalla stanza, lascia l’ospedale. Nessuno lo ferma. Ad accorgersi della sua scomparsa gli infermieri e il personale dell’ospedale cittadino, che danno immediatamente l’allarme. Alcuni agenti della Polizia Penitenziaria, avvertiti dell’evasione rientrano in servizio salgono su un’auto che arriva (in prestito) dal Dipartimento di Polizia Penitenziaria di Bologna e si mettono alla ricerca dell’evaso. «La situazione - dice Michele Malorni, segretario del Sappe - in questi ultimi mesi è ulteriormente peggiorata, la carenza di personale si fa sempre più pesante. Mancano gli agenti per le traduzioni e per la sorveglianza nei reparti detentivi».
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i sono appena conclusi i Campionati del Mondo di Judo, categoria Master, presso lo Sport-Zentrum di Kalbak vicino Francoforte. L’Assistente Capo Stefano Pressello, in servizio presso il Centro Amm.vo G. Altavista di Roma, si è distinto nella categoria dei 90 Kg M3, classificandosi al 7° posto. Il primo incontro, durissimo, contro l’atleta di casa Robert Endras (Germania), è stato un confronto importante per iniziare nel migliore dei modi, con una serie di attacchi che gli permettevano di vincere l’incontro con il suo speciale Yoko Tomoe, guadagnandosi uno yuko ed un ippon, nel finale. Nel terzo incontro, contro l’argentino Diego Rebello, a pochi secondi dalla fine e con un punteggio di parità, invece, una battuta di arresto; l’argentino metteva a segno uno yuko. Ma nei recuperi nulla è perduto. Pressello è contro l’atleta francese Frederic Blon: un incontro equilibrato fino allo scadere, quando ad un secondo dalla fine dell’incontro l’atleta romano mette a segno un colpo vincente da ippon, un ochi gari esplosivo. Poi l’incontro contro l’atleta Spagnolo Miguel Cesar Perez Ruiz, che con un po’ più fortuna poteva essere superato per aspirare al 3° o al 5° posto. Tutto bene fino a 30 secondi dalla fine, quando per errore l’atleta romano si ferma durante la lotta a terra, facilitando un rovesciamento da parte dello spagnolo, che poneva fine all’incontro.
Nella classifica generale per nazioni l’Italia si e piazzata al 5° posto nella graduatoria Mondiale, anche grazie al 7 ° di Pressello. Numerosi gli atleti partecipanti: oltre 1.000 provenienti da 40 nazioni . Un Campionato del Mondo rivelatosi altamente competitivo, con molti atleti di Giappone, Germania, Francia e del fortissimo Azerbajan, con la straordinaria partecipazione del Brasile e con una rappresentanza italiana di 60 atleti. Classifica categoria M3 - 90 kg 1. REBELLO Diego - ARG 2. VLASOV Dmitrii - RUS 3. PEREZ RUIZ Miguel Cesar - ESP 3. UTZAT Marcus - GER 5. OLTEANU Stanica - ROU 5. WESTLUND Mats - SWE 7. PRESSELLO Stefano - ITA 7. SAYIN Bahri - TUR
Firenze: Francesco Andreozzi in concerto
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n occasione dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Città di Firenze ha organizzato un concerto presso il Conservatorio Musicale Luigi Cherubini. A dirigerlo l’agente scelto di Polizia Penitenziaria, Francesco Andreozzi, in servizio presso l’ I.P.M. G. Paolo Meucci. Il Maestro Andreozzi ha partecipato a diversi master. Tra questi si ricorda quella con Jacob de Haan compositore e direttore d’ orchestra di fiati Olandese, molto noto a livello internazionale. Attualmente il maestro Andreozzi, che ha già completato gli studi pianistici a Napoli, si sta laureando in Composizione e direzione d’orchestra di fiati. A breve presenterà in onore del Corpo di Polizia Penitenziaria una sua composizione dal titolo Marcia. Aspettiamo di vederlo presto nella Banda del Corpo. Ciro Borrelli
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Palermo: un riconoscimento per l’istruttore Bartolomeo Buscemi
Lucera: vittoria dell’assistente Giuseppe Bellobuono
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i è disputato il 24 luglio 2011 il 1° Trofeo Cittò di Alberona, gara podistica di circa 10 km, su un percorso interamente asfaltato, ma molto tecnico con salite e discese ripide, realizzato dal Presidente della Podistica Lucera Nicola Bellebuono. Promotore della manifestazione l’arch. Donato Russo, che in collaborazione col Comune di Alberona, hanno deciso di inserire nel programma estivo 2011 la suddetta gara podistica, non competitiva per quest’anno, ma con l’auspicio, per il 2012, di renderla tale come “corsa in montagna” omologata FIDAL. Alla partenza si sono presentati circa 40 atleti, provenienti da Lucera e dalla provincia di Foggia. Al traguardo finale è arrivato al primo posto l’assistente Giuseppe Bellobuono, in servizio presso la Casa Circondariale di Melfi.
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’istruttore Bartolomeo Buscemi presta servizio presso la Casa Circondariale di Palermo Ucciardone. Dal 1998 insegna difesa personale nelle Scuole di Roma, Verbania, Portici e Catania, formando centinaia di Allievi Agenti e Colleghi di ruolo nei vari istituti Penitenziari. Ha partecipato a diverse edizioni della Festa del Corpo a Roma e a Napoli esibendosi nelle tecniche operative. Oltre ad essere istruttore di difesa del Corpo di Polizia Penitenziaria, in ambito civile è un Maestro di Ju Jitsu, esperto nella difesa personale e del bastone.
Ha iniziato a praticare Arti Marziali dall’età di 8 anni. Oggi è responsabile nazionale del settore Ju Jitsu Endas e in occasione dello stage del 14 e15 Maggio 2011 tenutosi a Roma, alla presenza di più di 800 atleti, è stato premiato dal Sindaco di Roma Gianni Alemanno, con una Medaglia d’Oro, per l’impegno svolto nel settore delle Arti Marziali. Un importante riconoscimento nazionale per Bartolomeo Buscemi per il lavoro svolto in questi anni.
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Roma: Torneo ICF di calcio a cinque
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al 20 giugno al 6 luglio2011 sul nuovo campo di calcio a 5 dell’Istituto Centrale di Formazione del Personale di Roma, si è disputato il Primo Torneo Interforze che ha visto coinvolte le rappresentanze della Polizia Penitenziaria, della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Polizia Municipale e della Protezione Civile. La squadra della Polizia Penitenziaria del Dipartimento, allenata dal Tecnico Roberto Natale, ha dato una grande prova di carattere, vincendo tutte le partite del girone A. Mostrando un bel gioco di squadra, la Polizia Penitenziaria è infatti riuscita a totalizzare, nel girone, il massimo dei punti con tre vittorie, sconfiggendo la Protezione Civile (8-6), i Carabinieri (9-2) e la Polizia di Stato (5-0). Nella finale contro la Polizia Municipale, dopo aver incassato nel primo tempo in pochi minuti di gioco due goal, i baschi azzurri sono riusciti a rimontare e a chiudere con un pareggio(2-2). Nel secondo tempo invece il trionfo della Polizia Penitenziaria sugli avversari è stato netto. Effettuando alcuni cambi e mostrando un gioco a dir poco spettacolare, i nostri atleti
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hanno messo a segno altre tre reti, chiudendo così la partita con il risultato di 5 a 2. Ad allietare la manifestazione anche la presenza tra il pubblico di familiari ed amici. Alla premiazione della squadra vincitrice del Torneo (la Polizia Penitenziaria) era presente il Capo del Dipartimento Giustizia Minorile Bruno Brattoli e il Direttore Generale Emanuele Cardarera. Nelle foto la premiazione della squadra di Polizia Penitenziaria, formata da: Simone Bianchini, Simone Magario, Antonello Porcu, Cristiano Venturini, Erminio Rossi, Fabrizio Melillo, Marco Imperoli, Nicola Magnoli, Alessandro Restani, Cosimo Delli Santi, Claudio Pace e allenati da Roberto Natale. Servizio e foto di Ciro Borrelli
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a cura di Ciro Borrelli
I Centri per la Giustizia Minorile
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differenza del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, quello della Giustizia Minorile ha sul territorio nazionale i Centri Giustizia Minorile, ovvero i c.d. “CGM”. Questi ultimi, se volessimo fare un paragone, sono i corrispondenti Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria (PRAP), operanti tuttavia nell’ambito minorile. Il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria è impiegato nei CGM come nei PRAP e svolge il delicato compito di gestire e coordinare tutto ciò che è di rilevanza regionale, nonché garantire la sicurezza dei beni dell’amministrazione e l’attività del Dirigente regionale. I Centri per la giustizia minorile (CGM) sono organi del decentramento amministrativo che possono avere competenza sul territorio di più regioni,. facendo riferimento in questi casi a più corti d’appello. I CGM esercitano funzioni di programmazione tecnica ed economica, controllo e verifica nei confronti dei servizi minorili da essi dipendenti quali gli uffici di servizio sociale per i minorenni (USSM), gli istituti penali per i minorenni (IPM), i centri di prima accoglienza (CPA), le comunità. I Centri per la Giustizia Minorile, tra l’altro stipulano convenzioni con le università per lo svolgimento di tirocini professionali, autorizzano lo svolgimento di tesi di laurea, curano le procedure di selezione del perso-
nale in convenzione, come previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 28 giugno 1955 n. 1538 “Decentramento dei servizi del Ministero di grazia e giustizia relativi agli istituti di prevenzione e di pena “. Il Dipartimento per la giustizia minorile è territorialmente articolato in 12 Centri Giustizia Minorile: Bari - Centro per la giustizia minorile per la Puglia Bologna - Centro per la giustizia minorile per l’Emilia Romagna Cagliari - Centro per la giustizia minorile per la Sardegna Catanzaro - Centro per la giustizia minorile per la Calabria e la Basilicata Firenze - Centro per la giustizia minorile per la Toscana e l’Umbria L’Aquila - Centro per la giustizia minorile per l’Abruzzo, le Marche e il Molise Milano - Centro per la giustizia minorile per la Lombardia Napoli - Centro per la giustizia minorile per la Campania Palermo - Centro per la giustizia minorile per la Sicilia Roma - Centro per la giustizia minorile per il Lazio Torino - Centro per la giustizia minorile per il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Liguria Venezia - Centro per la giustizia minorile per il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano (regione Trentino Alto Adige)
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I Centri operano sul territorio attraverso i servizi minorili della giustizia previsti dal decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 272, articolo 8: • 25 Centri di prima accoglienza; • 18 Istituti penali per minorenni; • 29 Uffici di servizio sociale per minorenni; • 12 Comunità per minori. L’attivazione di quasi tutti gli interventi destinati al minore, informazione, conoscenza e sostegno, sono affidati al contingente di Polizia Penitenziaria del settore minorile, definito: specialista nel trattamento dei detenuti minorenni. Il Centro Giustizia Minorile, oltre a dare esecuzione ai provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile in ambito penale, deve attuare una politica di prevenzione e di costruttivo interesse verso il disagio minorile, interagendo con tutti gli Enti locali al fine di stabilire strategie di intervento comune. La Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (L. 8.11.2000 n. 328) impone, infatti, una stretta collaborazione tra CGM e Regioni. Il CGM, pertanto, stipula convenzioni con le associazioni di volontariato per specifici progetti e collaborazioni di varia natura, ma soprattutto partecipa alla programmazione regionale in merito alle risorse da destinare al settore del disagio minorile.
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Nelle foto la sede del CGM e PRAP del Piemonte. La struttura è tra le più antiche d’Italia attualmente in funzione
a cura di Giovanni Battista De Blasis
The Experiment
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In alto la locandina sotto alcune scene del film nel riquadro Andrien Brody
iberamente ispirato all’esperimento del dott. Zimbardo nel 1971 a Standford, The experiment narra di ventisei uomini, accuratamente selezionati, che devono riuscire a passare un periodo di due settimane all’interno di una specie di penitenziario, costruito appositamente per loro. Queste ventisei persone, selezionate fra tutti quelli che hanno risposto a un annuncio economico apparso sui quotidiani, partecipano quindi all’esperimento monitorato senza soluzione di continuità, con le vicende che saranno riprese 24 ore su 24 da numerose telecamere e che frutterà a ciascuno di loro la somma di 14mila dollari (mille dollari al giorno ). Chiusi in un edificio isolato in piena campagna, alcuni di loro dovranno impersonare le guardie e il resto i detenuti. Il compenso, per pochi giorni di attività, è molto alto ma chiunque di loro potrà, in ogni momento, interrompere l’esperimento
e ritirarsi perdendo ogni possibilità di guadagno e impedendo anche agli altri partecipanti di ricevere il compenso pattuito. Inizialmente il tutto viene preso come una sorta di gioco poi, alcuni cominciano a manifestare la loro vera indole, fino ad allora repressa, sfogandosi sugli altri. Il giovane Travis (Adrien Brody), un pacifista dalla grande bontà che ha appena perso il suo lavoro, viene scelto come detenuto e si ribella fin da subito alle angherie delle guardie penitenziarie, guidate dal folle Barris (Forest Whitaker), uomo timorato di Dio con alle spalle una vita difficile tanto che a 43 anni vive ancora con la madre, una donna dispotica che lo umilia e lo tiranneggia ogni giorno. La violenza sarà sempre più evidente e, nonostante la richiesta di aiuto di qualcuno alle telecamere osservatrici, nessuno dall’esterno sembra voler intervenire, neanche quando ci scappa il morto... Alla fine la ribellione dei detenuti sfociata in un inevitabile scontro tra carcerati e guardie, finirà in tragedia.
Il film è il remake di una omonima pellicola tedesca del 2001. Ottimo il cast degli attori per una versione molto più americana rispetto all’originale, con una tensione narrativa crescente che sfocia in un finale tutto sommato azzeccato. Molto bella l’ambientazione claustrofobica che rende la sensazione che la situazione possa degenerare da un momento all’altro.
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REMAKE DEL FILM OMONIMO DIRETTO NEL 2001 DA OLIVER HIRSCHBIEGEL.
Regia: Paul Scheuring Soggetto: Mario Giordano, Christoph Darnstadt, Don Bohlinger, Oliver Hirschbiegel Sceneggiatura: Paul T. Scheuring Musiche: GraemeRevell Fotografia: Amelia Vincent Montaggio: Peter S. Elliot Scenografia: Gary Frutkoff Costumi: Yasmine Abraham Effetti: Roger Nall Produzione: Inferno Entertainment, Magnet Media Group Distribuzione: SONY Pictures - Home Entertainment Personaggi ed Interpreti: Travis: Adrien Brody Barris: Forest Whitaker Chase: Cam Gigandet Nix: Clifton Collins Jr.
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Benjy: Ethan Cohn Archaleta: Fisher Stevens Helweg: Travis Fimmel Bosch: Lavell David Banner Crump Oscar: Jason Lew Governatore: Damien Leake Bay: Maggie Grace Rex: Rod Maiorano Amministratrice: Rachel O'Meara Gertrude: Jeanne Hopson Henry: Jack W. Mishler Sandberg: Matt Harwell Jack: Steve Mathews Charon: Ronald Chvala Charles: William S.E. Coleman Genere: Drammatico Durata: 96 minuti Origine: USA, 2009
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di Aldo Maturo* avv.maturo@gmail.com
Gli uomini in bianco
G Nelle foto tecnici della Polizia Scientifica la struttura del DNA una impronta digitale
li uomini in tuta bianca e valigetta vagano come fantasmi sulla scena del crimine. Non c’è delitto importante che non li veda presenti. Li vediamo muoversi bardati come in una sala operatoria, con gli immancabili calzari, mascherina e cappuccio. Al di là dell’inevitabile effetto coreografico e delle facili mitizzazioni televisive, è certo che se la scena del crimine non è già stata inquinata da precedenti incauti interventi la loro opera è preziosa per gli inquirenti così come è pericolosa per quelli che dovessero risultare inquisiti. Arrivano con le loro attrezzature e fissano la situazione dei luoghi e delle cose, accertano la presenza di eventuali tracce connesse al reato, fotografano e riprendono, inquadrano la scena del crimine evidenziando ogni minimo particolare utile alla ricostruzione del reato con valore di prova ai fini processuali. I giudici, anche a distanza di anni, dovranno poter rivivere attraverso la loro ricostruzione tecnico-scientifica l’accesso ai luoghi, “vedere” la scena del crimine, cogliere i particolari, verificare la presenza di oggetti, di tracce, ricostruire mentalmente e visivamente le possibili dinamiche intervenute, valutare le prove offerte frutto di sofisticate rielaborazioni scientifiche. Un capello,un pelo, un’impronta digitale, un filo di lana o di cotone, una goccia di sangue, l’orma di una scarpa,tracce di saliva, di terra, una gocciolina di sangue o di sperma, la scheggia di un’unghia o quello che vi è sotto: tutto finisce meticolosamente nelle provette o nei kit di raccolta per essere
Analizziamo brevemente i tre test chiavi che caratterizzano una loro indagine:
trasferito nei supermoderni laboratori scientifici, dove verrà analizzato per aprire la strada che può portare al colpevole. Quella della ricerca e repertazione è un’ operazione di alta specializzazione per evitare di prelevare tracce utili insieme ad altre impurità che potrebbero inquinare gli esami e dar luogo a risultati sbagliati. In Italia gli “uomini in bianco” appartengono a reparti specializzati dei carabinieri e della polizia ed hanno contribuito a risolvere i più efferati delitti. I Carabinieri vantano un’esperienza in materia che risale al 1955 ed operano sul territorio nazionale dal 1999 con i R.I.S. (Reparto Investigazioni Scientifiche) aventi sede a Roma,Parma,Messina e Cagliari ciascuna con una sua competenza territoriale. I R.I.S. fanno capo al RA.C.I.S. (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche) con sede a Roma presso il Comando Generale La Polizia ha una sua struttura operativa quasi secolare chiamata Polizia Scientifica, è articolata con un Servizio Centrale, con sede a Roma, 14 Gabinetti regionali situati nei principali capoluoghi di regione e 89 Gabinetti provinciali oltre a 197 uffici con sede nei più grossi Commissariati. Entrambe le strutture operative principali si avvalgono di biologi, chimici, fisici, ingegneri, medici legali, psicologi ecc. e possono contare su una competenza e un’ attrezzatura scientifica che li pone all’avanguardia in Europa.
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ESAME DEL D.N.A. Dalla fine degli anni ’80 l’analisi più ricorrente è quella del DNA, sigla inglese che sta per Deoxyribo Nucleic Acid (acido desossiribonucleico), la molecola depositaria dell’informazione genetica di quasi tutti gli organismi. Il nostro patrimonio genetico è assolutamente personale tanto che non esistono al mondo due soggetti geneticamente identici: ogni individuo ha una identità biochimica e molecolare eguale solo a se stesso (ad eccezione dei gemelli monoculari). E’ la nostra “impronta digitale genetica” che da anni ha fatto il suo ingresso ufficiale nelle aule di tribunale. Analizzando il reperto organico trovato sul luogo del delitto si risale al DNA della persona cui appartiene e questo DNA lo si compara poi con quello di eventuali sospettati il cui DNA corrisponde alle prove lasciate sulla scena del crimine. E’ una responsabilità enorme, ma per fortuna oltre che a incolpare serve anche a scagionare persone erroneamente accusate di crimini. IMPRONTE DIGITALI Altra ricerca degli investigatori sono le impronte digitali, quei disegni lasciati dalle superficie delle dita quando vengono premute o anche solamente appoggiate su un oggetto come carta, vetro, legno, plastica, ferro, acciaio, porcellana, etc. A maggior ragione se le dita sono sudate, sporche, unte o grasse. Sull’epidermide delle mani e dei piedi, infatti, ci sono delle sporgenze che formano disegni caratteristici e irripetibili da uomo a uomo, sporgenze chiamate creste papillari. I polpastrelli delle dita sono le parti
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della pelle umana che non solo lasciano i disegni più sviluppati - perché le creste servono alla funzione prensile e tattile dell’individuo - ma anche i più complessi e quindi più facilmente comparabili e riconducibili al colpevole. Le impronte visibili vengono fotografate mentre quelle invisibili ad occhio nudo vengono evidenziate con metodiche chimico-fisiche altamente scientifiche. Lo stesso utilizzo di guanti non sempre è sufficiente a sviare le indagini specialmente se i guanti utilizzati erano sporchi o unti. Le impronte, infatti, possono essere rilevate anche all’interno di guanti di pelle o di plastica specialmente all’altezza dei primi polpastrelli delle dita. La identificazione tramite le impronte digitali è un problema ben noto negli ambienti della criminalità e sono sempre più, soprattutto tra gli extracomunitari, quelli che si bruciano con l’acido i polpastrelli per evitare di essere identificati
quando vengono “fermati” dalle forze dell’ordine, specialmente quando sanno che sono già stati sottoposti a rilievo dattiloscopico. LUMINOL La ricerca di macchie di sangue - nei casi che lo prevedono – costituisce un altro punto di forza ai fini investigativi. Il sistema di ricerca più utilizzato è il Luminol, un composto chimico che, unito all’acqua ossigenata, se viene a contatto con un catalizzatore come il ferro, emette una luminosità evidente ed azzurrina. Poiché nel sangue è presente il ferro la reazione con il Luminol ne fa scoprire la presenza. Il prodotto viene spennellato sugli oggetti o sulle pareti su cui si pensa possano esserci tracce di sangue. L’esame va fatto al buio per vedere se compaiono luminosità dovute alla reazione tra il Luminol e il ferro contenuto nel sangue. Naturalmente se c’è sangue viene prelevato e sottoposto all’esame del DNA.
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Come si è visto è un lavoro di alta professionalità ma l’errore può essere inevitabile e quando si verifica può sconvolgere la vita di una persona. Il processo è l’ultima spiaggia per condannare un colpevole o assolvere un innocente. Ma in quest’ultimo caso una vita può già essere stata moralmente e pubblicamente distrutta. *Avvocato, già Dirigente dell’Amministarzione Penitenziaria
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Nella foto una stanza trattata con il Luminol
Giovanni Passaro passaro@sappe.it
Smarrimento del titolo di viaggio in servizio di missione E’ possibile ottenere comunque il rimborso delle spese?
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entilissima redazione, avrei necessità di fugare il seguente dubbio: sono stato citato a testimoniare ad un processo che si è svolto in una città diversa dall’attuale sede di servizio. A richiesta mi è stato concesso l’anticipo di missione, come da normativa vigente, da parte della Direzione. Al termine delle testimonianza, rientrato nella sede di servizio nel consegnare il foglio di marcia, per la liquidazione del servizio di missione, mi sono accorto di aver smarrito il biglietto del treno. L’addetto all’ufficio ragioneria, senza titolo originale, non mi ha rimborsato le spese di viaggio. Che ne pensate? Nel ringraziare anticipatamente porgo cordiali saluti. Lettera firmata Gentile lettore, il rimborso delle spese di viaggio, per il
personale citato a testimoniare in procedimenti civili e penali, è disciplinato da D.P.R. 115/2002 (Testo unico in materia di spese di giustizia). Il comma 1 dell’art. 46 prevede che “ai testimoni non residenti spetta il rimborso delle spese di viaggio, per andata e ritorno, pari al prezzo del biglietto di seconda classe sui servizi di linea o al prezzo del biglietto aereo della classe economica, se autorizzato dall’autorità giudiziaria”. Il comma 2 del suddetto articolo dispone, inoltre, che “se tali servizi non esistono, il rimborso delle spese di viaggio è riferito alla località più vicina per cui esiste il servizio di linea”. Pertanto, al dipendente chiamato dall’Autorità giudiziaria a deporre in qualità di teste, in procedimenti civili o penali, per fatti inerenti il servizio, compete, se il dibattimento si svolge fuori dalla ordinaria sede di servizio, il trattamento economico di missione ed il rimborso delle spese so-
stenute, purché debitamente documentate, che dovranno essere conguagliate con le indennità ed i rimborsi liquidati, per spese di giustizia, dalla Cancelleria dell’Autorità Giudiziaria competente. In mancanza del biglietto di viaggio non spetta al teste il rimborso del costo del biglietto, atteso che detta norma si limita ad individuare il servizio di linea in relazione al quale il rimborso va liquidato. Infatti, il principio generale previsto dall’art. 277 del Regolamento di contabilità generale dello Stato (R.D. 23 maggio 1924, n. 827) prevede che “la liquidazione delle spese deve essere appoggiata a titoli e documenti comprovanti il diritto acquisito dai creditori” e che “l’esemplare dei documenti sui quali è basata la liquidazione delle spese e che debbono corredare il titolo di spesa deve essere munito delle volute certificazioni comprovanti i diritti dei creditori”. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - Ispettorato Generale di Finanza - con la nota prot. n. 1684 del 12 gennaio 2010) ha, tuttavia, ritenuto, che in mancanza del titolo di viaggio, la spesa in questione possa essere rimborsata, in via eccezionale, nei soli casi in cui sia oggettivamente impossibile acquisire tale titolo (ad esempio, per smarrimento o per utilizzo di mezzi di trasporto diversi da quelli di linea, ecc.) sulla base di idonea documentazione, quale la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa dal testimone ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, attestante lo smarrimento o l’uso di mezzi diversi da quelli di linea, corredata dalla citazione testimoniale, con relata di notifica in originale, e della certificazione della cancelleria attestante la presenza in udienza del teste da apporre, possibilmente, in calce alla richiesta di rimborso.
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N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 24
Luca Pasqualoni Segretario Nazionale ANFU pasqualoni@sappe.it
Riflessioni sull’apertura delle indagini preliminari e sulla durata delle stesse
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ontinuando nel solco tracciato con i precedenti articoli, appare opportuno soffermarsi sui presupposti legittimanti la riapertura delle indagini a seguito di archiviazione, nonché sui tempi massimi di durata delle stesse. Alla stregua dell’articolo 414 c.p.p. “dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove indagini”. “Quando è autorizzata la riapertura delle indagini il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell’articolo 335”. Orbene, la giurisprudenza e la dottrina sono concordi nell’assegnare al decreto con cui viene disposta l’archiviazione una limitata efficacia preclusiva, potendo le indagini, per lo stesso fatto e nei confronti della medesima persona, essere riaperte, non essendo il decreto di archiviazione munito della stessa forza intrinseca della res judicata. Meno concordanza vi è invece rispetto a cosa debba intendersi per esigenza di nuove indagini, quale presupposto per la riapertura delle stesse. Aldilà del più rigoroso e garantista atteggiamento assunto dalla dottrina in merito, la giurisprudenza ritiene che la richiesta del pubblico ministero di riapertura delle indagini si possa fondare sulla semplice rilettura di elementi probatori già presenti negli atti archiviati. Appare evidente che una simile interpretazione estensiva espone il cittadino ad indagini pressoché indeterminate in aperto contrasto con il principio del ne bis in idem, perlomeno nella configurazione più lata che ne è stata data negli ultimi tempi: infatti lo stesso è stato oggetto di una pro-
gressiva dilatazione che ha travalicato gli angusti confini tratteggiati dall’articolo 649 cp.p. Dall’altro canto, l’esigenze sottese al principio del ne bis in indem, sono immanenti a qualsiasi sistema giudiziario esprimendo un principio di civiltà giuridica che impone di non vessare indefinitamente un cittadino per lo stesso fatto, il quale, per contro, ha il diritto di sapere che il giudizio è sottoposto ad un termine finale al pari delle indagini. Del resto, la possibilità di poter riaprire le indagini sulla scorta di una mera rilettura degli elementi probatori già acquisiti negli atti archiviati, finisce per frustare il termine massimo previsto per l’indagini preliminari, poiché detto termine ricomincia a decorrere ex novo dal momento in cui il pubblico ministero, ottenuto il decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini, procede alla nuova iscrizione dell’indagato nell’omonimo registro, magari di colui che è stato già indagato, senza considerare che simile evenienza potrebbe verificarsi a notevole distanza di tempo dall’avvenuta archiviazione, rispetto a quei reati non soggetti a prescrizione o soggetti a termini prescrizionali assai lunghi in quanto connotati da forte disvalore sociale. In riferimento proprio ai termini massimi previsti dall’articolo 407 c.p.p. per le indagini preliminari, sarebbe opportuno ancorare il dies a quo al più sicuro ed oggettivo momento della scoperta del reato, anziché come accade ora al momento in cui il pubblico ministero procede alla iscrizione nel registro degli indagati della persona al quale il reato è ascritto. Infatti, l’intempestiva iscrizione nel registro degli indagati non è accompagnata da alcuna risposta sanzionatoria di carattere procedurale, con la conseguenza che il pubblico ministero, pur dovendovi provve-
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dere immediatamente, potrebbe ritardare l’iscrizione lucrando termini di indagine più ampi, a differenza magari del pubblico ufficiale il cui ritardo nell’inviare la notizia criminis potrebbe integrare l’omissione in atti di ufficio o peggio ancora il reato di favoreggiamento.
A tanto aggiungasi che la possibilità di poter chiedere la prima proroga delle indagini è saldata ad una generica giusta causa: formula evidentemente troppo vaga per consentire al gip di esercitare un effettivo controllo giudiziario. Tuttavia, anche la oggettiva impossibilità di concludere le indagini di cui alla richiesta successiva di proroga appare formula non idonea ad impedire allungamenti ingiustificati dell’azione penale. Sarebbe interessante monitorare, nel corso di un anno, quante volte i Gip, di ogni Procura della Repubblica, abbiano respinto una richiesta di proroga delle indagini, perché nel caso di totale assenza di dinieghi o di un numero marginale degli stessi, non si potrebbe che dedurre che il controllo giurisdizionale del Gip, in questi casi, è meramente fittizio e forse non soltanto per la genericità delle formule legislative utilizzate. Quanto osservato evoca il tema del dovere d’imparzialità del giudice la cui violazione deve trovare pur sempre una qualche reazione dell’ordinamento. E’ bene sottolineare, in questa sede, che
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l’imparzialità richiesta al magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, è ben diversa da quella richiesta alla Pubblica Amministrazione; e, ancora, che gradi diversi di imparzialità sono richiesti al giudice ed al pubblico ministero la cui funzione reclama scelte valutative ed operative mirate ad un determinato risultato processuale. Invero, per l’Amministrazione l’imparzialità si risolve in un dovere di uniformità di trattamento, che possa assicurare la par condicio dei cittadini, o degli utenti, di fronte alla cura dell’interesse pubblico che comunque rimane per definizione pur sempre prevalente. L’imparzialità richiesta al magistrato è qualcosa di più: è l’imparzialità di chi è soggetto soltanto alla legge; di chi non è e non deve essere portatore di altro interesse se non di quello all’attuazione dell’ordinamento giuridico. Eppure, se scorriamo le raccolte di giurisprudenza, sia della Sezione Disciplinare del CSM, sia della Corte Suprema di Cassazione, non è ipotesi così rara l’uso strumentale della funzione per soddisfare fini personali che talvolta coincidono con l’interesse della giustizia tanto da mascherarne la deviazione. Ma del tema dell’imparzialità del giudice tratteremo con il prossimo articolo. Per concludere, si ritiene necessario un intervento legislativo che saldi la riapertura delle indagini alla emersione di elementi probatori nuovi non precedentemente acquisiti, salvo il limite prescrizionale ove sussistente, affinché il cittadino non sia soggetto ad indefinite indagini che potrebbero assurgere a vero e proprio accanimento giudiziario legalmente reiterato. Dall’altra parte, la pretesa punitiva dello Stato non può essere illimitata, perché altrimenti non avrebbero più senso gli istituti della prescrizione e del ne bis indem, sebbene portatori di aspetti distorsivi: si pensi a chi un minuto dopo essere stato definitivamente assolto per un omicidio particolarmente efferato, si confessi colpevole fornendo la prova della propria colpevolezza; nondimeno per quei fatti non può essere ri-processato, ostandovi proprio il principio del ne bis indem, in alcuni Paesi, tra l’altro, costituzionalmente sancito a riprova dell’immanenza dello stesso.
«Lei non uscirà più di prigione!»
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i è conclusa la vicenda giudiziaria di Daniele Restivo in Inghilterra, accusato e quindi condannato alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di Hearther Barnett, la sarta assassinata a colpi di martello il 12 novembre del 2002, nel bagno della sua abitazione, a Bournemouth nel Dorset. La corte inglese ha ritenuto che la pena inizialmente richiesta di trenta anni era inappropriata alla condotta di un assassino freddo, depravato e calcolatore e che merita di stare in prigione per tutta la vita, quindi ergastolo! Il giudice Michael Bowes, che presiedeva la corte, dopo la lettura della sentenza di condanna ha aggiunto: «Lei non uscirà mai più di prigione». Quindi una prima condanna all’ergastolo, in attesa del processo in Italia che lo vede accusato dell’omicidio di Elisa Claps, che si svolgerà a Salerno a novembre con il rito abbreviato. Ma chi è Danilo Restivo? Un ragazzo di Potenza, oggi 39enne, che faceva telefonate mute, lasciando in sottofondo la
musica di profondo rosso e che si divertiva a tagliare le ciocche dei capelli alle ragazze sull’autobus. La sua appare una personalità complessa e oscura, caratterizzata da gesti rituali e compulsivi. Una delle caratteristiche di Restivo è il presunto vizio di (forse) collezionare ciocche di capelli femminili. Nel corso del processo, su questa sua presunta mania, Restivo ha dichiarato: «la prima volta che ho tagliato i capelli è
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Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it
stato quando avevo 15-16 anni, al primo anno di scientifico. Ho iniziato come scommessa, tra compagni di classe: per entrare in una cerchia di amici. Poi ho continuato. Le prime tre volte è stata una scommessa. Poi ha iniziato a piacermi. Ma l’ho fatto senza voler male a nessuno, senza avere un problema con una o l’altra ragazza», ed ancora “mi piaceva toccare e odorare i capelli, ma non riuscivo ad odorare nessun profumo perché avevo un problema al naso. Mi sono domandato che cosa avrei provato a ricevere un taglio di capelli se fossi stato donna. E quindi ho deciso di smettere, ho capito che poteva essere pauroso. Ho provato a smettere di tagliare i capelli. Ma ho continuato in Italia, e nel Regno Unito. Non so perché ho continuato. Sono anche andato da uno psicologo. Non ho mai saputo che era un crimine, se lo è, chiedo scusa»(www.corriere.it). Anche nella mano di Heather Barnett furono trovate ciocche di capelli, lunghe addirittura nove centimetri. Si tratterebbe di un feticismo ritualistico di natura ossessiva, nel senso che la ciocca di capelli rappresenta per Danilo un risarcimento emotivo. Nei Tre saggi sulla teoria sessuale Freud afferma che «un certo grado di feticismo è di regola proprio dell’amore normale, in special modo in quegli stadi di innamoramento nei quali la meta sessuale normale appare irraggiungibile, oppure sembra negato il suo adempimento. Il caso patologico subentra solo quando il desiderio del feticcio si fissa al di là di questa condizione e si sostituisce alla meta normale, inoltre quando il feticcio distaccato dalla persona diventa unico oggetto sessuale». Probabilmente Restivo, che ha sempre avuto difficoltà ad approcciarsi con le donne, lenisce la sua impotenza psicologica con questo possesso compulsivo di un feticcio femminile. I gesti rituali e compulsivi vengono compiuti solitamente per impedire che angosce
o lacerazioni profonde e incontrollabili possano prendere il sopravvento (finanche raptus o sdoppiamenti di personalità); sono, cioè, lenimenti superstiziosi, gesti che tengono lontani impulsi ingovernabili (Andrea Di Consoli-da Il Riformista). Il punto di svolta delle indagini inglesi e soprattutto uno dei punti fermi dell’accusa è stato il fermo di Restivo operato dai poliziotti, mentre si trovava in un parco a pochi chilometri dalla propria abitazione. Il Restivo, sorvegliato e filmato, dopo essere arrivato ed aver sistemato l’auto in una posizione defilata indossò dei pantaloni di gomma, sopra a quelli già indosso, e vestì un grosso giubbotto. Quando fu fermato nell’auto, oltre ad un coltello con lama di 14 centimetri, a due passamontagna e a due paia di forbici, venne rinvenuto un ulteriore cambio d’abiti uguale, per foggia e colore, a quello che già portava.
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Non sono mancate nel corso del processo le diverse similitudini con l’altro omicidio - Elisa Claps - di cui è accusato Restivo: «Il reggiseno di Barnett, è stato tagliato sul lato anteriore, come quello di Elisa; i suoi pantaloni e le sue mutande sono state abbassati sino a mostrare i peli pubici, così come quelli di Elisa», ha raccontato il PM inglese. Tutti e 12 i membri della giuria sono tornati in aula per ascoltare la sentenza. Alcuni sono scoppiati in lacrime ascoltando le dichiarazioni finali lette in aula per conto di Caitlin, che allora aveva 11 anni, e di Denise figli della Barnett. Il giudice Bowes ha evidenziato che l’assassinio della Barnett è stato così orribile e depravato che nessun periodo minimo di detenzione sarebbe stato appropriato. «Non trovo circostanze attenuanti. Non c’è, a mio avviso nessun periodo minimo. Lei non sarà mai più rilasciato di prigione». Questo è solo il primo atto delle diverse vicende giudiziarie di Daniele Restivo e nell’attesa di conoscere gli ulteriori sviluppi del processo Claps, vi auguro una buona vacanza. Alla prossima...
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N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 27
Nelle foto dell’altra pagina Danilo Restivo Il giudice inglese Michael Bowes e un disegno di una fase del processo In questa pagina Elisa Claps e , sotto, tecnici della scientifica sul luogo dell’omicidio
inviate le vostre foto a: rivista@sappe.it
1981 - Casa Circondariale Bassano del Grappa (VI) Festa del Corpo (foto inviata da Virgilio Di Iorio)
1969 - Sulmona (AQ) Festa del Corpo (foto inviata da Mario Di Menna)
1968 - Sulmona (AQ) Festa del Corpo (foto inviata da Mario Di Menna)
1984 - Scuola di Cairo Montenotte (SV) 85° Corso Allievi AA.CC. lezione in aula (foto inviata da Claudio Genoesi)
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N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 28
1979 - Agenti in sezione (foto inviata da Salvatore Tinnirello)
1987 - Scuola di Portici (NA) Linea Poligono di Tiro (foto inviata da Michele Canzoniere)
1972 - Giuramento 38° Corso Allievi Corpo AA.CC. Allievi Mario Valente e Antonio Ruffo (foto inviata da Mario Valente)
ERR ATA CORRIGE Nella rivista n.183 del mese di aprile 2011, nella prima foto in alto il Corso attribuito alla Scuola di Cairo Montenotte, è in realtà il 2° Corso Sottufficiali 1988/1989 tenutosi presso la Scuola AA.CC. di Monastir ( Cagliari). Ce ne scusiamo con i lettori e gli interessati. La redazione
Squadra di calcio degli Agenti di Custodia della Casa Circondariale di Locri (CZ) (foto inviata da Giuseppe Milano)
Polizia Penitenziaria • SG&S
N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 29
a cura di Giovanni Battista De Blasis deblasis@sappe.it
uasi venti anni di pubblicazioni hanno conferito al mensile Polizia Penitenziaria la dignità di qualificata fonte storica, oltre quella di autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha convinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scrivevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo di particolare interesse storico pubblicato quindici e più anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la copertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivista nel quale fu pubblicato.
Q
Cronaca di una figuraccia annunciata di Hari Seldon
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La copertina e la vignetta del numero del mese di settembre 1995
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l 20 luglio, nel pomeriggio afoso dello canicola romana, si è concluso il tour de force delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro per le Forze di Polizia e Forze Armate ricomprese nel Comparto Sicurezza istituito dal D.Lgs. 195 del12 maggio 1995. Nella splendida cornice dello Sala Stoppani di Palazzo Vidoni sede del Dipartimento della Funzione Pubblica - s'è svolta la cerimonia (perchè di questo si è trattato) per la firma del Contratto. La sala, per l’occasione, era gremita come non mai davanti ai flash dei fotografi e alle telecamere della tivvù. Stelle e stellette da far invidia alla Via Lattea; mezzo Governo; Burocrati d'alto lignaggio e le rappresentanze sindacali al gran completo. Unici assenti, con l'aggravante della recidività, il Ministro di Grazia e Giustizia Sua Severità Filippo Mancuso e Direttore e Vice Direttore Generale dell'Amministrazione Penitenziaria, per i quali - poichè latitanti da sempre - è stato applicato il rito contumace. Dall’altra parte è risultato assente ingiustificato (fortunatamente soltanto in un frangente) il buon senso. Ma veniamo allo cronaca della giornata. Il primo intervento è stato quello del Presidente del Tavolo Contrattuale Cons. Franco Frattini, Ministro per la Funzione Pubblica, il quale si è dichiarato soddisfatto dei risultati ed ha espresso un plauso alle OO.SS. per il grande senso di responsabilità dimostrato che ha determinato una assoluta omogeneità, seppure distinta, delle categorie. Lo stesso Frattini ho espresso viva soddisfozione per la partecipazione nelle e per le nuove procedure contrattuali. Più o meno dello stesso tenore gli interventl degli altri Ministri tutti improntati ad un senso di soddisfazione e di ringraziamento alla assennata partecipazione sindacale. Gli interventi si sono così susseguiti: Ministro dell'Interno Coronas, Ministro della Difesa Corcione, Ministro delle Finanze Fantozzi, Ministro delle Risorse Agricole Lucchetti; da ultimo (ed unico a parlare a nome di ...) Sottosegretario alla Giustizia Marra. Il fatto, giacchè di per sè eloquente più d'ogni discorso, si commenterebbe da solo, ma non riesco, comunque, ad astenermi dall'esprimere grande rammarico e profonda indignazione a nome di un Corpo di Polizia dello Stato composto do 45.000 uomini da sempre orfano di riferimenti istituzionali, quasi fosse figlio di un Dio minore. Non è un caso, infatti, che all'assenza di Mancuso il Censore si sia anche aggiunta quella del neo Direttore Generale Salvatore
N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 30
Cianci e del suo Vice Salvatore Vecchione che, evidentemente, non si sentono affatto Salvatori di fatto oltre che di nome. Grave, gravissimo, l'episodio laddove nessun altro Dirigente Generale o Comandante Generale s'è sottratto al dovere (e soprattutto all'onore) di rappresentare - per lo Stato - il Corpo di appartenenza. In realtà, massimo rappresentante dell'Amministrazione, e quindi del Corpo di Polizia Penitenziaria, è stato il Dott. Giuseppe Suraci, Vice Direttore dell'Ufficio Centrale del Personale, e - pertanto - VICE del VICE del VICE del Direttore Generale! A tal riguardo mi esimo, prudentemente, dall'esprimere fino in fondo la mia opinione.
Gli interventi della rappresentanza sindacale hanno espresso, più o meno concordemente, soddisfazione per aver chiuso una fatica di quattro mesi con un risultato abbastanza soddisfacente riconoscendo il contratto come il migliore possibile per l'attuale momento del Paese. Allo stesso tempo è stata evidenziata la positività della riunione del tavolo tra le OO.SS. maggioritarie (SIULP, SAP, SAPPe, ANSEGUFOR, CGIL, CISL e UIL) perchè il coordinamento delle Forze Sindacali haconsentito di raggiungere il massimo risultato. E' stata sottolineata anche la soddisfazione per i momenti sinergici raggiunti con i COCER di Carabinieri e Guardia di Finanza. Tutti quanti hanno auspicato un futuro prossimo di grande collaborazione. Sulla stessa lunghezza d'onda si sono collocati anche i COCER i quali hanno rivendicato però maggiore incisività nelle trattative prossime venture. In particolare, il Gen. Carleschi, Presidente del COCER dei Carabinieri, ha richiamato
l'attenzione del consesso (dopo le farneticazioni di Piras) sul fatto che veniva dato troppo spazio a chi vantava poche centinaia di iscritti a fronte del credito concesso a chi rappresentava più di centomila uomini. L’intervento del Sappe - per bocca del Segretario Generale Capece ha espresso, purtroppo, oltre alla soddisfazione per la stipula del contratto, l'indignazione per l'assenza dei diretti interlocutori istituzionali e non ha potuto fare a meno di comprendere la richiesta di dimissioni del Ministro Mancuso e del Vice Direttore Generale Vecchione - considerata l'attenuante della fresca nomina per il Direttore Generale Cianci. Ultima annotazione, solo per l'onore della cronaca e per un tocco di colore, va fatta sull'intervento del Segretario Generale del S.I.A.P. (Sindacato Agenti Polizia di Stato) Piras a nome del cd. Polo Sindacale (del quale, com'è noto, fanno parte i nostri - sic! - OSAPP, SIALPe e SINAPPe). Questo è stato, a mio avviso, l'unica dimostrazione di assenza ingiustificata del buon senso da parte sindacale. (Per fortuna il tribuno Piras rappresenta con tutto il Polo a malapena il 5% del personale del Comparto). Il Segretario Generale del SIAP (unico nell'occasione) ha estratto una relazione scritta di almeno 10 pagine ed ha esordito con un «Noi diciamo no al contratto». Eppoi ha sciorinato una sequela di farneticazioni accusando tutti di «magheggi da armamentario massonico», evocando dalla sua parte (con cattivo gusto retorico) «morti e feriti» ed ha presuntuosamente dato lettura - integralmente - degli artt. 9, 18, 28, 34, 35, 52 e 54 della Costituzione accusando la classe politica (dimenticando che questo è un Governo di tecnici) di PAVIDITA' e VIGLIACCHERIA e la Polizia di ignoranza e piaggeria al potere. Al culmine del delirio oratorio si sono uditi citare i demoni di Hitler e Stalin, quali infelici metafore dell'attuale Governo.
Polizia Penitenziaria • SG&S
Fortunatamente, per lui e per tutti, appena capito il tono dell'intervento l'intera sala lo ha completamente ignorato e si è passati (mentre Piras continuava imperterrito a sciorinare parole) direttamente alle operazioni protocollari della firma. Morale della favola anche Piras, con tutti i suoi adepti, ha firmato il contratto.
Ultimissimo accenno, anch'esso purtroppo negativo, sull'andamento delle trattative al tavolo tecnico. E' stato notato, infatti, da più parti che negli incontri protrattisi nella notte (taluni fino alle 3 di mattino) nessun rappresentante
N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 31
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del Ministero di Grazia e Giustizia è rimasto al suo posto sino alla fine, contrariamente al Dipartimento della Funzione Pubblica ed al Ministero dell'Interno immancabilmente presenti con l'intera delegazione fino al termine dei lavori (la nostra delegazione di parte pubblica abbondonava, man mano, alla chetichella, la riunione). Vero è che nessuno si è accorto della differenza, tenuto conto che le trattative si sono sempre svolte tra OO.SS. e Funzione Pubblica/Interno (e a volte il Tesoro) senza che i Nostri facessero sentire la propria voce e/o il proprio parere. Daltronde anche la dislocazione fisica delle delegazioni era emblematico della valenza delle parti: da un lato, compatte, le OO.SS., dall’altra - di fronte - Dipartimento Funzione Pubblico con a destra gli Interni ed a sinistra il Tesoro. Ai margini del tavolo, e trasversalmente rispetto ad esso, sedeva il resto della delegazione di parte pubblica. Per non parlare dei rappresentanti! Per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza (nostro omologo diretto) Prefetto Ferrante, Vice Capo della Polizia equivalente - si parva lecit componere magnis - al nostro Vice Direttore Generale; per il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziario Dott. Giuseppe Suraci, Vice Direttore dell'Ufficio Centrale del Personale equivalente - credo - ad un Questore di Polizia di Stato. lnsomma, e per farla breve, se è vero come è vero - che la nostra amministrazione lascia molto a desiderare nella gestione delle cose e nel governo del personale se giudicata nella sua attività istituzionale; tanto più evidente è la sua impreparazione quando viene paragonata (com'è accaduto in occasione delle trattative) ad altre Amministrazioni (con lo A maiuscola) dello Stato tanto che, per servirmi di una figura retorica mutuata dalla fisica, mi sento di definire la presenza del D.A.P. al tavolo contrattuale come un puro e semplice epifenomeno. Arrivederci per la cronoca della prossima tornata contrattuale prevista - presumibilmente - entro la fine dell'anno.
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LAURELL K. HAMILTON
INCUBUS DREAMS NORD Edizioni pagg. 822 - euro 19,60 nita Blake vorrebbe assistere in pace alle nozze dell’amico e collega Larry Kirkland. Ma, per una cacciatrice di vampiri che collabora col Preternatural Investigation Team - l’agenzia che indaga sui delitti commessi dalle creature della notte -, è impossibile godersi anche un solo giorno di meritato riposo: una giovane spogliarellista è stata trovata morta nel vicolo di fronte al locale in cui lavorava, quindi Anita è costretta a lasciare la cerimonia per raggiungere la scena del crimine. Perché il cadavere, oltre a essere completamente dissanguato, presenta anche i segni di numerosi morsi di vampiri. Mentre il detective incaricato del caso punta subito il dito contro i seguaci di JeanClaude, Master della Città nonché amante di Anita, la Sterminatrice si convince che l’omicidio sia opera di rinnegati, cioè di vampiri che si sono ribellati ai propri padroni. Determinata a scagionare Jean-Claude, Anita si lancia a capofitto nelle indagini, che ben presto le rivelano una verità di gran lunga peggiore dei suoi più cupi sospetti: qualcuno infatti sta tramando per eliminare il Master e diventare così il nuovo capo dei vampiri di St. Louis...
A MONS KALLETOFT
BUIO D’ESTATE NORD Edizioni pagg. 411 - euro 18,60
N
on ricorda niente, Josefin. Camminava nel parco, poi è stata aggredita. Infine il buio. Guardando gli occhi di quella fragile quindicenne, violata nel corpo e nell’anima, l’ispettrice Malin Fors vede gli occhi di sua figlia e sa di dover fare giustizia. Nel giro di pochi giorni, però, un’altra adolescente scompare nel nulla e, quando viene ritrovata, Malin questa volta non può neppure guardarla negli occhi. Perché la ragazza è stata uccisa e il cadavere è stato abbandonato in riva al lago che costeggia Linköping, coperto da un sudario di sabbia. E il caldo asfissiante che opprime la città sembra rallentare anche il corso delle indagini: prima i sospetti si appuntano su un gruppo di extracomunitari; poi, dopo aver accertato che il colpevole non può essere un uomo, gli investigatori si concentrano sulla comunità lesbica di Linköping. Scatenando così l’ira e l’indignazione dell’opinione pubblica, che non esita ad accusare la polizia di razzismo e d’intolleranza. Tuttavia Malin è l’unica a intuire che, per fermare l’assassino, è necessario scavare in un passato oscuro e tormentato, lasciandosi guidare da quegli occhi: gli occhi delle vittime, ma anche dei colpevoli. Per ascoltare le loro storie, per vivere le loro paure, per conoscere le loro verità...
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N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 32
a cura di Erremme
Quindi rimettano le spade nel fodero puristi e si preparino all’unica vera battaglia che vale la pena di intraprendere, quella di salvare il salvabile con un po’ di stile. Limitare i gerundi che appesantiscono, controllare avverbi e congiunzioni, gli assolutamente e i piuttosto che, i quant’altro e gli attimini. De Rienzo vi condurrà un passo prima dell’errore per lasciar spiegare dalle parole, quelle giuste, i vostri pensieri.
GIORGIO DE RIENZO
LIANA FADDA
S.O.S. LINGUA Manuale di pronto soccorso per l’uso corretto dell’italiano
IL POLIZIOTTO RACCONTA NEFTASIA Edizioni pagg. 100 - euro 18,60
KOWALSKI Edizioni pagg. 167 - euro 13,00
I
mpiegati, insegnanti, studenti, ragionieri, professionisti che litigano: per un apostrofo, un accento, un articolo, una grafia; per troppi aggettivi o troppo pochi. Giorgio De Rienzo, giornalista, linguista e critico letterario, raccoglie decenni di quesiti, dubbi, schermaglie di questo genere e li traduce in un manuale di grammatica pratica, un vero e proprio pronto soccorso linguistico. Che abbiate dimenticato le regole dell’Italiano o non le abbiate apprese, in queste pagine leggerete le norme basilari, le consuetudini più diffuse e le eccezioni della nostra lingua. Perché l’Italiano è un idioma ricco e capriccioso, che non permette mai di abbassare la guardia. Esercitare le regole potrebbe farvi diventare dei ribelli del congiuntivo, sofisticati intenditori dei tempi verbali o esperti di parole trabocchetto. Di certo prenderete atto che la lingua non segue una logica fuorché quella dell’uso e del radicamento di alcune consuetudini su altre.
V
i informiamo dell’uscita del libro intitolato: il Poliziotto Racconta, della scrittrice Liana Fadda e pubblicato da Neftasia. Il libro rientra nella Collana editoriale denominata Pinzillacchere, prendendo spunto dal termine usato dal Principe Totò negli anni 50 e 60 per indicare quelle sciocchezzuole, quisquilie, bazzecole appunto pinzillacchere. L’intento della collana nella quale rientra il Poliziotto Racconta, è quello di raccontare, attraverso storie brevi e divertenti, fatti di vita quotidiana con ironia e leggerezza. Le vicissitudini degli agenti in servizio raccontate in pillole e in maniera spiritosa, descrivono le situazioni alle volte paradossali in cui si trovano. Qui pro quo, piccole incomprensioni unite a una scrittura veloce e fresca rendono le 100 pagine di facile lettura. L’autrice de il Poliziotto Racconta è Liana Fadda. Nata a Cesena, ha conseguito la laurea in pedagogia presso la Facoltà di Magistero di Bologna e nel 2008 pubblica il libro-testimonianza I binari della vita, concepito dopo sei mesi vissuti in strada con gli abitanti del civico 0.
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Nel 2009 con SK, Assassini Seriali, l’autrice propone un libro sconvolgente, basato su fatti reali, che racconta l’insostenibile verità sui più efferati crimini seriali.
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L’ ANPPe - Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria informa che è stato pubblicato il primo numero della Rivista Ufficiale il Poliziotto Penitenziario in congedo.
N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 33
inviate le vostre lettere a rivistae@sappe.it
il mondo dell’appuntato Caputo©
di Mario Caputi & Giovanni Battista De Blasis - © 1992 - 2011
QUESTA ESTATE VACANZE INTELLIGENTI PER TUTTI...
...E ALLORA ANCHE QUEST’ANNO NIENTE FERIE PER LUI !
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N. 186 • luglio/agosto 2011 • pag. 34