Espansione 09 10 2017 web

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mensile, anno 49

occuPazione

n.9-10 settembre-ottobre 2017

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il giorno venerdì 27/10/2017 a € 1,00 più il prezzo del quotidiano

mercato del LAVORO, la rivoluzione è «smart»

€ 2,50

cultura & business

Sgarbi svela i suoi tesori GAmma Forum

sempre più Donne e giovani. e le imprese prendono il volo

italia andamento lento nonostante le difficoltà le piccole e medie imprese hanno tenuto, ma la crescita è frenata dall’alto costo del lavoro e dal credit crunch. la ricetta? riscrivere le regole e creare le condizioni per far ripartire gli investimenti

FATIP L’artigianato che «fa la barba» al mondo


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editoriale

Marco Traverso Direttore responsabile

Professioni ed equo compenso, gli avvocati lanciano un Sos

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l tema dell’equo compenso per i professionisti sta diventando sempre più di attualità e sta assumendo connotati preoccupanti specie in un contesto generalizzato di contrazione economica. Il nodo riguarda praticamente tutte le categorie professionali, ma è confrontandosi con gli avvocati che emerge un quadro davvero scoraggiante. É evidente che i tempi in cui un legale poteva permettersi di gestire i propri clienti e le cause in una posizione di particolare forza contrattuale sembrano ormai un pallido appannaggio del passato. Negli ultimi anni, i tempi della crisi economica, la svalutazione del lavoro legale soprattutto quello appartenente agli avvocati più giovani, assoggettati ai capricci di attori economici forti, come istituti di credito e assicurativi, si è tradotta in un’offerta generale di prestazioni professionali volti al ribasso, con conseguente ed inevitabile peggioramento in termini di qualità di contenuti e di attività. Un vero e proprio «caporalato intellettuale». Ci basti l’eclatante esempio delle convenzioni capestro di Equitalia, congelate dal Cfn, di qualche mese fa. Clausole vessatorie, compensi irrisori, mole di lavoro da gestire in tempi strettissimi, incertezze sulla stabilità del contratto, anticipazione delle spese legali, tutti fattori che determinano un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato. L’esigenza di intervenire sul punto è arrivata su più fronti. Non solo dal Consiglio Nazionale Forense che, tramite il presidente Andrea Mascherin, ha avuto il merito di far emergere con forza e serietà la problematica, ma anche da quello politico, in particolare, dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che, di concerto col

presidente del Cfn, ha proposto il Disegno di Legge in materia di Equo compenso e clausole vessatorie nel settore delle prestazioni legali. La viva adesione al Ddl. della sottosegretaria Boschi, ha avuto poi il pregio di una rapida calendarizzazione del testo nel Consiglio dei Ministri e una accelerazione dei tempi notevole. Il testo, infatti, è stato già approvato dal Consiglio il 7 agosto 2017. Giustamente il presidente Mascherin sottolinea «come l’approvazione rapida della normativa sarebbe prima di tutto un segnale culturale di rispetto per la funzione dell’avvocato a cui una Politica matura ed indipendente da logiche esasperatamente mercatiste non dovrebbe sottrarsi». E aggiunge che «da non pochi anni l’Italia è stata consegnata non al libero mercato, ma al mercato libero di ricattare il mondo del lavoro. Un ricatto nei confronti dell’intero ceto medio, finalizzato a svuotare il principio della dignità del lavoro». L’obiettivo è, dunque, restituire dignità, centralità e peso costituzionale del ruolo alla professione forense. Cosa propone il disegno di legge, in attesa di approvazione parlamentare, e come affronta il problema? Prima di tutto il Ddl individua i soggetti forti cui si dovrà applicare: si tratta, come più sopra accennato, di banche, compagnie assicurative e grandi aziende, qualificate come tali in base a parametri Ue. Ne restano escluse le medio-piccole imprese e i soggetti privati. Propone cinque articoli che prospettano una serie di nullità, c.d. di protezione, relative alle sole clausole vessatorie, con il pregio di non travolgere l’intero rapporto contrattuale. Di che clausole si tratta? (...) (segue a pagina 57)

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sommario

Espansione Direttore responsabile

Marco Traverso traverso@newspapermilano.it @marcotraverso75 vicedirettore

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@espansionenews

Espansione n. 9 -10 settembre-ottopbre 2017

Rosaria Ravasio Coord. REDAZIONalE

Andrea Costa costa@newspapermilano.it Grafica

Silvio Assi (caposervizio) Barbara Pentrelli Hanno collaborato

L.Belluzzo, I.Bertucci, A. Boffa Fasset, S.Bresciani, C.Cavallo, S. Contestabile, G.Cournier, C. Dalmasso di Garzegna, L.Facchin, A.Grandi, G. Messersì, D.Lazzeri, A.Nicolucci, G.Tardivo, M.Zangola. Ufficio Marketing

0171.392.211, int. 9 (telefonare in orario ufficio 8:30 - 12:30) email: diffusione@newspapermilano.it Redazione E DIREZIOnE

Corso Turati 25/7, 10128, Torino Editore

Newspaper Milano s.r.l.

scenari

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Italia ad «andamento lento». Le Pmi tengono, ma costi e credit crunch frenano la crescita

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Fatip, la rasatura si fa artigianato L’azienda di Premana sfida le grandi case europee e americane con prodotti efficaci e costruiti «come una volta»

12 Donne e giovani di successo rilanciano l’impresa e le start up

sede legale

Via Giosuè Carducci n. 18 20123 Milano Stampa

Stamperia Artistica Nazionale s.p.a. Concessionaria per la pubblicità

Polo Grafico s.p.a. Via G. Agnelli, 3, 12081, Beinette (Cn) Tel. 0171.39.22.25 Fax. 0171.39.22.12

protagonisti

32 Torna il premio che valorizza le aziende che pensano positivo. 38 Storie di successo oltre la crisi

Distribuzione per l’Italia Press Di srl - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI). Numeri arretrati: Il triplo del prezzo di copertina attuale al momento dell’ordine. Modalità di pagamento: bonifico bancario ricevimento fattura. Inviare l’ordine via fax al n. 02/7218.724 oppure inviando una mail all’indirizzo: collez@newspapermilano.it specificando il proprio nome, indirizzo e i numeri richiesti. Non si effettuano spedizioni in contrassegno. Servizio abbonamenti Telefono 199 111 999 (0,12 euro + Iva al minuto senza scatto alla risposta; per i cellulari il costo varia in funzione dell’operatore), fax 030.777.2387; oppure inviare un’e-mail a: abbonamenti@mondadori.it – www.abbonamenti.it o scrivere a: Servizio Abbonati, Casella Postale 97, 25197 Brescia. Il Servizio Abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00. To contact us on an English speaking helpline, you can call: +39 041 509.9049. Garanzia di riservatezza per gli abbonati L’Editore Newspaper Milano Srl, garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a Press Di srl – Distribuzione Stampa e Multimedia - Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI). Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano il 20 settembre 1975, numero 253.

42 Smart Working, tutti i segreti della nuova «rivoluzione».

48 Yacth Show, a Monte-Carlo trionfa la «Belle Classe»

Mensile distribuito con

Alessandro Sallusti Vendita facoltativa in abbinamento con il Giornale il giorno 12/10/2017 a € 1,00 più il prezzo del quotidiano La tiratura di questo numero è di 55.000 copie

di Vittorio Sgarbi

Fino a metà gennaio, a Novara, un’esposizione svela alcuni dei più importanti pezzi della collezione del critico d’arte: da Guercino ad Hayez

nternazionalizzazione

La testata Espansione è di proprietà Newspaper Milano s.r.l.

Direttore responsabile

58 In mostra i tesori

finanziamenti e lavoro

HI Tech

62 I robot? Oggi possono fare anche gli avvvocati

rubriche

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Gìrano Innovare Economia e territori Diritto&Impresa Marchi&Brevetti Lo scenario

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Finanza Agevolata Il nodo di Gordio Tax&Legal News Orizzonte internazionale

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GìRANO

Augusto Grandi Giornalista economico e scrittore

Il segreto per la crescita delle Pmi? Geopolitica applicata al marketing

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l Nord Est torna ad essere la locomotiva d’Italia? Secondo le statistiche di comodo - quelle che ricordano sempre la crescita modesta del Pil dimenticando l’incremento dell’inflazione - sono le regioni del Triveneto a trainare l’economia nazionale. Manca, però, un’analisi più approfondita su quali siano le aziende in ripresa, su quanto sia solida la base da cui ripartono. Il Nord Est, con il suo tessuto di Pmi (più piccole che medie, in realtà), è stato considerato come un esempio poco virtuoso di artigianato trasformato in industria fragile. Grandi exploit ma carenza di strutture, di basi. Al di là di alcuni distretti che, di fatto, erano il vero elemento trainante. La realtà, per fortuna, appare migliore di come viene presentata. Innanzi tutto perché è cambiato l’approccio all’industria. Se in passato piccolo era bello e, più di recente, piccolo era diventato orribile, ora si torna alla rivalutazione di strutture di dimensioni ridotte ma agili, intelligenti, innovative. Non solo start up, ma vere e proprie aziende che sanno creare, inventare. Indubbiamente non è facile. Però esistono apposta delle strutture esterne che possono aiutare a crescere, che possono risultare determinanti per il successo di una iniziativa imprenditoriale. È nata così Markinvenio Consult, una società con sede legale a Milano ma con strutture anche a Saronno, Fano, Terni. Un gruppo che lavora con consulenti legali, ingegneri, periti di ogni tipo. Per offrire alle aziende un servizio completo che spazia dalla preparazione dei brevetti, dei marchi, alla loro registrazione, sino alla difesa in Italia e all’estero. Ma alle imprese viene offerta anche la consulenza fiscale e quella relativa alla comunicazione sul mercato. Markinvenio (il nome è la crasi di Marchio e Invenio nel senso di Ingegno, Invenzione) aiuta ad affrontare

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i mercati internazionali, non solo studiando le esigenze dei mercati e le caratteristiche legali, ma anche approfondendo gli aspetti di geopolitica. Perché affrontare i Paesi meno conosciuti può rappresentare un ostacolo insuperabile per chi non ha conoscenza di ciò che succede, anche a livello politico e di economia generale, nelle varie parti del mondo. Il tutto realizzato insieme al cliente, alla piccola impresa che deve essere convinta del proprio brand, del marketing, delle iniziative da intraprendere. È la risposta più intelligente, e coraggiosa, a chi si nasconde sempre dietro le piccole dimensioni per giustificare la propria indisponibilità a investire, a innovare. Le idee sono a costo zero, ma bisogna averle. E il coraggio pure. Indubbiamente è più facile lamentarsi della burocrazia, dell’eccessivo peso del fisco (tutto vero, sia chiaro), invece di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e affrontare il mare aperto dei mercati internazionali. Occorre, però, avere la consapevolezza che serve qualità, che servono collaboratori preparati, di qualità. E occorre rassegnarsi all’idea che la qualità si paga. A partire dalla qualità dei propri collaboratori. Ma l’iniziativa di Markinvenio Consult è importante anche per un altro aspetto. Perché chiarisce alle Pmi che non si possono più conquistare senza difficoltà nuovi mercati se si risparmia sulla conoscenza di questi mercati. La geopolitica applicata al marketing, agli investimenti anche dei piccoli imprenditori. Non era certo una novità per i grandi gruppi, che disponevano di apposite strutture e uffici studi, ma i «piccoli» hanno sempre considerato un «costo», se non uno spreco, ogni investimento legato alla conoscenza. Non è più così. E prima lo comprenderanno, prima le Pmi torneranno a crescere in modo strutturale.


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scenari

Lavoro caro, banche «tirchie»: gli italiani non crescono più Il costo della manodopera assorbe il 55% del capitale e tra il 2007 e il 2016, le imprese hanno destinato oltre 160 miliardi ad aziende straniere, mentre circa 20 miliardi sono stati prelevati dalle partecipazioni nostrane. E la crisi di alcuni istituti di credito ha causato una stretta sui prestiti. andrea costa costa@newspapermilano.it

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embrava un problema superato. Invece quello del costo del lavoro (55% del valore aggiunto) è ancora tra le zavorre che frenano la crescita delle imprese battenti bandiera italiana. E la soluzione non sembra vicina. Dall’inizio della crisi, infatti, le aziende sono riuscite ad accrescere l’efficienza produttiva, tagliando i costi più di quanto non si sia ridotta la produzione. In questo modo si è favorito l’aumento del valore aggiunto, avvicinatosi ai livelli massimi degli ultimi venti anni. Resta evidente, invece, la difficoltà delle imprese ad adeguare il costo del lavoro al nuovo contesto. Ed ecco la cifre. Nel 2016, i redditi da lavoro sborsati dalle imprese hanno superato 420 miliardi di euro, assorbendo più del 55% del valore aggiunto e penalizzando la redditività, che rimane intorno ai livelli minimi degli ultimi venti anni. Poi c’è naturalmente la questione della pressione fiscale arrivata a sfiorare il 44% e infine ma non ultima la crisi di liquidità per la contrazione degli impieghi bancari, questi ultimi impennatisi a -62,4 miliardi con le regioni del Veneto tra le più colpite. In realtà si sta profilando anche un quarto

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problema, quello degli investimenti. Mentre i cinesi aprono negozi e attività e lavorano sette giorni con ritmi che sfiorano quelli del regime di Mao qui da noi la cautela è un obbligo, principalmente dovuto alla scarsità di capitali e alla minore disponibilità al rischio. Costo del lavoro, accesso al credito e tasse (ma anche investimenti mirati soprattutto all’estero) sono dunque ingredienti che se amalgamati costituiscono un mix che frena imprese e ripresa. E dunque la ricchez-

za. Un quadro disegnato da ben due istituti di ricerca, quello della Cgia di Mestre che punta spesso il dito su istituti di credito e fisco, e quello della Bnl che congela la fotografia di un paese che cresce poco e sembra impaurito anche per colpa di scelte interne, una sindrome da nanismo che colpisce quasi tutti, soprattutto i piccoli però.


CREDIT CRUNCH

Partiamo dalle banche. «La crisi della Popolare di Vicenza, di Veneto Banca, del Monte dei Paschi e di alcune banche di Credito Cooperativo locali ha innescato una stretta sul credito senza precedenti - spiega il coordinatore del centro studi della Cgia Paolo Mason - con -10,7% contro una media nazionale del -6,8%. In termini assoluti, alle aziende venete sono stati tagliati 10,8 miliardi di prestiti (pari al 17,3% del dato nazionale): solo la Lombardia ha registrato una diminuzione in valore assoluto supe-

riore con 15,9 miliardi di euro, anche se va ricordato che in quest’ultima realtà territoriale è ubicato un numero di imprese attive pari al doppio di quello presente in Veneto. E il problema, sottolineano dalla Cgia, non è localizzato soltanto in Veneto. Una situazione altrettanto difficile, infatti, si è registrata nelle Marche: la diminuzione è stata del 10,4% (pari a -2,7 miliardi di euro), in Calabria la riduzione dei prestiti è stata del 9,7% (-857 milioni) e l’Emilia Romagna ha segnato una variazione percentuale di -9,1% pari a 9,2 miliardi. La corposità dei nume-

ri, insomma, giustifica il malessere da parte delle aziende. Le quali non sono immuni da colpe. Molti istituti infatti sono finiti gambe all’aria a causa dei cattivi pagatori, soprattutto aziende che hanno chiuso i rubinetti. Un po’ per le tasse, un po’ per la crisi, sta di fatto che hanno chiuso. In Calabria sono responsabili del 32,1% di tutte le sofferenze bancarie, in Molise si arriva al 31,4, in Sardegna al 29,9 e in Sicilia al 28,7%. In generale la media nazionale è del 18,8%. In questo scenario il più virtuoso è il Trentino Alto Adige con «solo» il 9,6%.

Andamento degli impieghi alle imprese (*) Impieghi in milioni di euro (alla fine di aprile di ogni anno) e var. % negli ultimi 3 anni Var. ass. Var. % 2014 apr 2015 apr 2016 apr 2017 apr ULTIMI 3 ANNI ULTIMI 3 ANNI (mln €) (mln €) (mln €) (mln €) (apr 2017/apr 2014) (apr 2017/apr 2014)

Rank per redit crunch

Molise 2.045,5 2.000,0 1.903,8 1.777,1 Veneto 100.562,3 97.337,7 92.378,5 89.777,7 26.099,5 25.884,8 23.343,5 23.388,4 Marche Calabria 8.801,4 8.464,9 8.134,0 7.944,0 101.207,3 97.839,1 93.804,2 91.949,8 Emilia Romagna Sicilia 30.112,1 29.215,3 28.659,1 27.497,9 98.967,7 96.808,0 91.157,3 90.850,1 Lazio Valle d’Aosta 1.654,9 1.608,8 1.532,4 1.533,3 15.468,7 15.291,1 14.588,1 14.405,6 Abruzzo Lombardia 244.116,3 233.141,4 229.521,0 228.204,3 Piemonte 59.968,4 57.999,8 58.561,9 56.309,2 3.967,0 3.915,7 3.811,7 3.726,3 Basilicata Liguria 20.253,7 19.801,4 19.510,3 19.062,9 28.008,5 27.507,1 27.074,1 26.407,8 Puglia Sardegna 12.816,5 12.400,0 12.463,3 12.162,1 13.545,3 13.541,4 12.922,9 12.908,5 Umbria Friuli Venezia Giulia 17.467,0 17.076,7 17.300,2 16.805,2 68.123,9 68.454,9 67.350,9 66.167,8 Toscana Campania 37.418,8 37.869,2 37.419,3 37.296,5 Trentino Alto Adige 27.667,3 27.886,0 28.212,9 27.657,8 Italia 918.272,0 894.043,3 869.649,2 855.832,4 Nord Est Centro Nord Ovest Mezzogiorno

246.903,9 206.736,4 325.993,3 138.638,4

240.139,4 204.689,1 312.551,4 136.663,4

Fonte: Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia

231.695,8 194.774,7 309.125,5 134.053,2

226.190,5 193.314,8 305.109,7 131.217,3

-268,3 -10.784,6 -2.711,1 -857,3 -9.257,5 -2.614,2 -8.117,6 -121,6 -1.063,1 -15.911,9 -3.659,2 -240,7 -1.190,9 -1.600,7 -654,5 -636,7 -661,8 -1.956,1 -122,3 -9,5 -62.439,7

-13,1 -10,7 -10,4 -9,7 -9,1 -8,7 -8,2 -7,3 -6,9 -6,5 -6,1 -6,1 -5,9 -5,7 -5,1 -4,7 -3,8 -2,9 -0,3 -0,0 -6,8

-20.713,4 -13.421,5 -20.883,6 -7.421,2

-8,4 -6,5 -6,4 -5,4

(*) Società non finanziarie e famiglie produttrici

La crisi della popolare di Vicenza e di altri istituti di credito importanti ha provocato la contrazione dei prestiti, in particolare in Molise ma soprattutto nel Nordest dove la riduzione è arrivata all’8,4%. Il Centro si ferma al 6,5 mentre nel Mezzogiorno è del 5,4%.

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scenari

Secondo i ricercatori della Bnl l’incertezza dello scenario internazionale ha portato molte aziende ad accantonare parte delle risorse in riserve di liquidità piuttosto che in capitale produttivo

SEMPRE Più POVERI

E comunque nonostante le difficoltà le imprese hanno comunque tenuto. Un dato? La disoccupazione. Che ad esempio nel Triveneto è scesa sotto al 7% ma che è ferma all’11% nel resto del Paese, in lievissimo calo ma pur sempre alta e soprattutto non accompagnata dall’innalzamento della qualità della vita. E questa volta è l’Istat a disegnare un paese in cui aumenta il numero di famiglie sotto la soglia di povertà. Nel 2015 è stata superata quota un milione e mezzo, mentre dieci anni prima i nuclei in difficoltà erano meno di un milione, che vuol dire un incremento del 63,4% (da 968.000 del 2006 si è passati a 1.582.000). Per capire quale sia la portata effettiva del crescente disagio occorre però passare ai dati relativi agli individui che compongono le famiglie, che sono passati da 2,3 milioni a 4,6 milioni. I dati contenuti negli archivi dell’Istat mostrano gli effetti della crisi che rivelano come il trend di crescita del disagio supera di molto l’incremento della popolazione complessiva. Rispetto al totale delle famiglie residenti, passate da 23,6 milioni a 25,8 milioni, la percentuale di quelle che si trovano in una situazione di disagio registra un incremento di due punti percentuali: dal 4,1% del 2006 al 6,1% dell’ultimo anno disponibile. A livello territoriale quasi la metà dei nuclei in difficoltà si concentra nel Mezzogiorno, dove da 460.000 unità si è saliti a 744.000 (+61,7%). Al Nord le famiglie in difficoltà sono passate da 376.000 a 613.000 (+63%) mentre al centro da 133.000 si è arrivati a 225.000 (+69,2%). La situazio-

ne di maggiore difficoltà del Sud, rispetto al resto del Paese, risulta anche dal rapporto tra il totale delle famiglie che vive sul territorio (8,2 milioni) e la quota di quelle in difficoltà, che arriva al 9,1%. Al centro, dove sono residenti 5,3 milioni di famiglie, la percentuale di quelle in difficoltà si ferma al 4,2%; mentre al Nord su un totale di 12,3 milioni di famiglie, quelle povere rappresentano il 4,9%. La soluzione sembrerebbe quella di investire ma come spiegano dall’ufficio studi della Bnl, in realtà non è così automatico. Punto primo perché mancano i soldi che proprio le banche dovrebbero erogare ma che fanno sempre meno. E se mancano i soldi questi vanno cercati su base volontaria, ovvero tra gente disposta a rischiare con capitali già accantonati.

REGOLE DA RISCRIVERE

Ma qui si apre un ginepraio, o per lo meno opinioni discordanti. La carenza di investimenti è infatti un ircocervo, risultato di diversi fattori, sul quale secondo la Bnl «non sembra avere un peso rilevan-

te la disponibilità o meno delle risorse necessarie». Come dire, se non investi è colpa tua. «All’interno dei conti delle aziende - si legge nel report - emergono, infatti, ampie disponibilità destinate a finalità diverse dalla realizzazione di investimenti produttivi e una prima conferma emerge analizzando le politiche dei dividendi». Il ragionamento delle banche per spiegare il mancato innesco del ciclo virtuoso, sarebbe da ricercare nel fatto che sebbene dallo scoppio della crisi le aziende italiane abbiano ridotto in maniera significativa la quota di ricchezza prodotta assegnata agli azionisti, l’importo distribuito risulterebbe ancora rilevante. Nel 2008, quasi la metà del reddito lordo da impresa era stata destinata alla remunerazione del capitale, sotto forma di dividendi, redditi prelevati o altre forme di assegnazione degli utili; nel 2016, siamo scesi al 35%. Nonostante questo ampio taglio, tra il 2013 e il 2016, sono stati distribuiti più di 120 miliardi di euro ogni anno, un ammontare non molto distante dal valore dei nuovi investimenti e, comunque, ancora più alto di quanto veniva distribuito agli azionisti nella seconda metà degli anni Novanta. In realtà sulle decisioni di investimento rimane evidente la difficoltà nel contenere il costo del lavoro, che finisce per assorbire più del 55% del valore aggiunto anche se un sostegno ai conti è bilanciato dai minori interessi, scesi a 14 miliardi dagli oltre 70 degli anni precedenti la crisi, con l’onere medio del debito passato da oltre il 6% del 2008 a poco più dell’1,1% e dalla più bassa tassazione.

Lo scenario di incertezza sfavorisce gli investimenti 10

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ACCANTONARE LIQUIDITà

Ma in realtà i ricercatori hanno scoperto che è la persistente incertezza a caratterizzare lo scenario, e ad aver portato le imprese ad accantonare parte delle risorse disponibili in riserve di liquidità, piuttosto che in capitale produttivo. Negli anni precedenti la crisi, il valore delle attività finanziarie delle imprese era cresciuto passando da quasi 800 miliardi di euro nel 1995 a oltre 1.700 nel 2006. Di questi, circa il 40% era rappresentato dalle azioni e partecipazioni, per una buona parte costituite da titoli non quotati nei mercati regolamentati. Un altro 40% veniva assorbito dai crediti commerciali, mentre nei depositi erano accantonati come riserva di liquidità circa 200 miliardi, pari a poco più del 10% del totale. Oggi,

la situazione appare diversa. Il valore complessivo, dopo essersi ridotto in maniera significativa durante la prima recessione, ha recuperato leggermente, stabilizzandosi poco sopra i 1.600 miliardi, un livello ancora inferiore al massimo raggiunto nel periodo precedente la crisi. Il peso delle azioni è sceso sotto il 35%, non come conseguenza di una minore attenzione alle partecipazioni in altre imprese, quanto piuttosto come risultato della brusca caduta delle quotazioni. Negli ultimi dieci anni, quasi 140 miliardi di nuove risorse sono stati destinati dalle imprese alla partecipazione al capitale di altre aziende, mentre il valore complessivo dell’investimento azionario si è ridotto di quasi il 20%. Un peso simile a quello delle azioni viene oggi registrato per i cre-

diti commerciali, mentre è aumentato molto rispetto al passato quello delle riserve di liquidità. Solo negli ultimi cinque anni, le imprese italiane hanno accantonato circa 80 miliardi di nuove risorse nei depositi, portando il saldo complessivo vicino ai 320 miliardi ed arrivando a destinarvi circa un quinto del valore totale delle attività finanziarie.

EFFETTO GLOBAL

La carenza di investimenti è, però, anche il risultato di un più profondo processo di internazionalizzazione, che porta sempre più spesso le imprese a concentrare l’attenzione verso mercati e Paesi esteri, destinandovi una quota crescente delle proprie risorse. Questa tendenza appare evidente andando ad analizzare quanto accaduto alla composizione delle azioni e partecipazioni detenute dalle imprese italiane considerando la localizzazione geografica dell’investimento. Nel 2006, dei quasi 690 miliardi di valore delle azioni e partecipazioni circa 550 erano riferiti a società residenti in Italia. Si trattava, dunque, della rappresentazione contabile di gruppi di imprese operanti per la maggior parte all’interno del Paese. Le azioni e partecipazioni in società estere assorbivano, infatti, solo un quinto del totale. Nel 2016, la situazione appare diversa: il valore delle azioni e partecipazioni in società estere si è avvicinato ai 300 miliardi, superando quello delle imprese italiane, sceso sotto i 270 miliardi. Un cambiamento spiegato da due fattori. Le quotazioni delle azioni e partecipazioni in imprese residenti in Italia hanno subìto una brusca flessione, che, nell’insieme degli ultimi dieci anni, si è avvicinata al 50%, mentre quella delle azioni estere si è fermata al 5%. Si è assistito anche a un radicale spostamento delle risorse: tra il 2007 e il 2016, le imprese italiane hanno destinato oltre 160 miliardi di nuove risorse al capitale di aziende straniere, mentre circa 20 miliardi sono stati prelevati dalle partecipazioni in aziende italiane. Tra il 2007 e il 2016 le imprese italiane hanno spostato 160 miliardi all’estero

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scenari

Le imprese di donne e giovani prendono il volo Torna a Milano il 16 novembre il GammaForum, giunto alla sua nona edizione: crescono le aziende in rosa e quelle guidate da imprenditrici «under 35» GIORGIO COURNIER

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e anche la Disney, iconizzatrice per eccellenza di principi e principesse di ogni tempo, o meglio degli eroi modelli-stereotipi proposti ai nostri fanciulli, se n’è accorta, possiamo affermare che il cambiamento è ormai tangibile: la campagna con finalità sociale #DreamBigPrin-

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cess - che propone modelli femminili dalla bellezza comune e in atteggiamenti divertenti, liberi, talvolta ribelli e sopra le righe - decreta la fine ufficiale delle compassate principesse perennemente in attesa del principe salvatore. Ormai è chiaro a tutte, fin dalla più tenera età: quel principe non esiste! È quindi bene - e anche decisamente più interessante - imparare a salvarsi da sole, affermando la propria personalità.

Poi, se l’amore arriverà, sarà tutta un’altra cosa: volare insieme, perché ognuno avrà già imparato a volare per conto suo. Far volare alti i sogni di imprenditrici e giovani imprenditori è invece l’obiettivo di GammaDonna, Associazione che da oltre dieci anni lavora per un cambiamento culturale della società con l’obiettivo di valorizzare le diversità (di genere in primis, ma non solo), proponendo modelli nuovi per


I riconoscimenti

La campagna di valorizzazione della donna, decreta la fine dello stereotipo di chi la vuole sognatrice e in cerca del principe azzurro, in questo caso i sogni volano alto nell’impresa

fare impresa, che facciano emergere le nuove competenze generate dalla trasformazione digitale, e incentivando il networking fra startup, imprenditori esperti, investitori. Promuovendo, in sostanza, una community virtuosa dell’innovazione applicata al business. Saranno proprio le «Intelligenze e competenze nuove per fare impresa nell’era digitale» il tema portante della nona edizione del GammaForum, l’evento annuale promosso dall’Associazione, che si svolgerà il prossimo 16 novembre a Milano presso la sede de Il Sole 24Ore. Una giornata focalizzata sull’evoluzione necessaria per far fronte alle sfide della quarta rivoluzione industriale, con particolare riferimento al cammino che dovranno intraprendere i piccoli imprenditori, «capitanati» da donne e giovani. Un cammino che, per avere successo, dovrà necessariamente essere rapido, ma mai avventato.

Trasformarsi per sopravvivere, trasformarsi per crescere

Industria 4.0, Internet of Things, robotizzazione. La tecnologia

apre scenari futuristici che sono già attuali: dalla trasformazione digitale alla trasformazione delle competenze. Parallelamente alla nascita e alla crescita repentina di nuovi saperi, per le aziende di oggi si rivela fondamentale mettere a capitale il fattore umano e la sua formazione, la sua abilitazione a quelle competenze nuove - ancora tutte da costruire - che vanno oltre un nuovo bagaglio tecnicospecialistico. E proprio dove imperversa la tecnologia, tornano alla ribalta le soft skill, un po’ bistrattate negli ultimi decenni, capacità in cui le donne solitamente eccellono: creatività, intelligenza emotiva e relazionale, capacità di analisi critica come di acquisizione di nuove conoscenze e nuove competenze. In una parola re-skilling. Il GammaForum - che vedrà il contributo su questi temi anche da parte delle grandi imprese protagoniste della trasformazione digitale come Facebook (Luca Colombo), IBM (Fabiola Tisbini), Cisco (Agostino Santoni), Leonardo Finmeccanica (Simonetta Iarlori), Geox (Mario Moretti Polegato) e Digital Magics (Marco Gay), per citarne alcune - sarà aperto da sei casi illuminanti di innovazione di startup e piccole imprese. Si tratta delle finaliste del Premio GammaDonna: storie di vita e di business pressoché

Durante il GammaForum, una giuria di manager e investitori decreterà il vincitore assoluto del Premio GammaDonna e assegnerà il Giuliana Bertin Communication Award per la migliore comunicazione d’impresa ed il QVC Next Award per il prodotto più innovativo. In palio anche due Master della 24Ore Business School, un percorso d’incubazione in Polihub - Politecnico di Milano, 6 mesi di mentoring affiancati da un manager selezionato ValoreD.

Le novità Tra le novità di quest’anno, il QVC Next Award per il prodotto più innovativo, finalizzato al miglioramento della vita di tutti i giorni. In palio un percorso di mentoring con un Senior Buyer della piattaforma multimediale QVC e l’ammissione all’edizione 2018 del QVC Next Lab, percorso di formazione dedicato a startup al femminile con forte focus sulla fase go-to-market. «L’obiettivo di QVC Next è aiutare le startup e piccole realtà imprenditoriali italiane a crescere e diventare grandi» commenta Paolo Penati, AD di QVC Italia «L’Award nasce proprio dalla nostra costante ricerca di talenti con progetti promettenti da promuovere attraverso le nostre piattaforme».

sconosciute, ma emozionanti e di grande ispirazione, che l’Associazione seleziona in tutta Italia affinché siano d’esempio e stimolo per l’imprenditoria femminile e giovanile.

Imprese femminili due volte giovani

Nate dopo il 2010 e guidate da under 35: le

La tecnologia apre scenari futuri che sono già attuali, dalla trasformaione digitale alla trasformazione delle competenze ma c’è anche il campo in cui le donne le donne, lìintelligenza emotiva e relazionale.

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scenari

Mariarita Costanza Macnil, Gruppo Zucchetti

donne giovani ci credono nella possibilità di realizzare i propri sogni, e rischiano. Lo confermano i dati elaborati recentemente dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere-Infocamere (settembre 2017): 4 imprese su 10 sono state create dal 2010 ad oggi (tra gli uomini, solo 3 su 10 hanno meno di 7 anni). Inoltre, le 162mila attività guidate da imprenditrici under 35 sono più del 12% del totale delle aziende a trazione femminile (1.325.438), a fronte dell’8,5% tra gli uomini. Fra le regioni più rosa, spiccano Lombardia, Lazio e Campania, mentre si osserva una forte crescita delle neo-imprenditrici pugliesi (il 44,3% delle imprese femminili registrate a livello regionale). Sarà forse merito della spinta della Murgia Valley, promossa anche da Mariarita Costanza, co-founder e Cto di Macnil gruppo Zucchetti, lanciata proprio dal GammaForum nel 2013 e per il secondo anno presidente di giuria del premio GammaDonna. «Quest’anno abbiamo voluto raccogliere sul nuovo sito www.gammaforum. it le esperienze delle vincitrici delle scorse edizioni (il sito stesso è realizzato in collaborazione con Elisa Fazio di Flazio, premiata 2015), per capire quale impatto il Premio avesse avuto sulla loro crescita imprenditoriale - spiega Valentina Parenti, co-founder di GammaDonna e AD dell’agenzia che progetta l’evento, Valentina Communication -. Ebbene, siamo fieri di aver constatato che praticamente tutti hanno ricevuto una spin-

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ta eccezionale, sia in termini di visibilità mediatica, sia di contatti eccellenti che hanno portato, in numerosi casi, alla chiusura di accordi di business, joint-venture, finanziamenti». Il lavoro di Valentina e del suo team è stato notato anche da StartupItalia!, il magazine dell’innovazione e delle startup italiane, che l’ha inserita fra le 150 donne che oggi fanno la differenza nel mondo dell’innovazione del nostro Paese. Una lista di innovatrici da conoscere, seguire e sostenere, perché «di donne, in questo campo, non se ne conoscono mai abbastanza - continua l’imprenditrice - e questo spesso costituisce un alibi troppo facile quando si tratta di inserire un nuovo componente nel team, di identificare un leader per un progetto o, banalmente, di trovare speaker qualificati per questo o quel convegno…».

Innovare, connettere, comunicare

Al GammaForum si instaurano relazioni, si impara, ci si fa conoscere. In una parola, si progredisce. Un percorso di benessere intensivo per il mondo dell’impresa, con un doppio beneficio: nel dettaglio, contribuisce a dare una spinta alle singole aziende e startup presenti, esponendole ad un ventaglio di opportunità; nella big picture, attraverso un’intrinseca azione di sensibilizzazione culturale, il GammaForum contribuisce a ridurre il gender gap globale. Secondo una

Valentina Parenti AD Valentina Communication

ricerca di Accenture, a livello mondiale, per ogni 140 dollari guadagnati da un uomo, una donna ne guadagna mediamente 100. Uno squilibrio aggravato dal fatto che, rispetto agli uomini, le donne hanno una probabilità di gran lunga inferiore di ottenere un lavoro retribuito (50% vs. 76%). Inoltre, secondo un report appena pubblicato dal World Economic Forum, le donne lavorano in media 39 giorni in più degli uomini, ogni anno. Secondo lo studio, chiamato Global Gender Gap, la parità arriverà nel 2196. «Noi, facciamo la nostra parte - sostiene il presidente dell’associazione no profit GammaDonna, Mario Parenti - guardando anche fuori dall’Italia. Da quest’anno GammaDonna è infatti associated partner del progetto Lean in EU Women Business Angels, il cui obiettivo è incrementare il numero di donne business angel in Europa creando un ecosistema «smart», in cui possano beneficiare di opportunità di empowerment e networking, con una formazione di alto livello e la possibilità di incontrare imprenditrici di talento e startup innovative in cerca di investimenti. «Il progetto multiculturale è co-finanziato dalla Commissione Europea ed è portato avanti da un consorzio facente capo a 5 Paesi europei, con il supporto di un numero crescente di partner anche oltre oceano. Sulla disparità di genere tanto è stato fatto, e ancora tanto c’è da fare. Il GammaForum punta sulla concretezza, in un clima di fervente scambio di idee, progetti, problemi, soluzioni, proposte, strumenti di business. Un evento che, se affrontato con lo spirito giusto, può generare enormi opportunità. Sì, ma quali? Lo chiediamo ancora a Valentina Parenti, anima dell’organizzazione. «Open Innovation personale, direi. Lo scorso anno abbiamo parlato dell’importanza dell’innovazione aperta in azienda. Beh, direi che prima di tutto questo deve essere un approccio personale, alla propria vita e al proprio modo di fare impresa. Solo così si potranno acquisire tutte quelle skill, hard e soft, necessarie per volare in alto» conclude Valentina.


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Fatip, l’artigianato italiano che «fa la barba» al mondo Nell’officina di Premana, nel Comasco, si producono i rasoi di sicurezza «made in Italy» che sfidano le grandi case tedesche, inglesi e americane. Il segreto? La passione che sposa la tradizione MARCO TRAVERSO @marcotraverso75

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rtigianato italiano, passione, abilità e umiltà. Che creano prodotti efficaci in grado di conquistare i mercati. Anche quelli di nicchia e nonostante la grande concorrenza di importanti aziende straniere. È il caso di Fatip, l’azienda di Premana, un villaggio di artigiani situato a mille metri sopra il lago di Como che produce, tra le altre cose, rasoi di sicurezza. Già, gli strumenti utilizzati dagli appassionati della pogonotomia, della rasatura tradizionale. Il rasoio che si «arma» con la lametta a doppio filo, che è stato introdotto sui mercati mondiali verso la fine dell’800 e l’inizio del ’900 e che poi, dalla fine degli anni ’60, è finito un po’ nel dimenticatoio, sostituito dagli usa e getta e dai multilama. Ma che oggi sta vivendo una seconda giovinezza, con tanti giovani e meno giovani che ne stanno riscoprendo i vantaggi e soprattutto il fascino. E accanto alle storiche aziende tedesche come la Muhle e la Merkur, alle americane Ikon e Maggard, alla giapponese Feather (tanto per citare alcuni importanti nomi) Fatip non soltanto non sfigura, ma si colloca al livello dei migliori sfornando attrezzi dalla grande efficacia, pur mantenendo più che abbordabili i prezzi dei propri prodotti. Con una caratteristica che li rende unici: l’artigianalità.

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Un esemplare del rasoio di sicurezza classico prodotto da Fatip e apprezzato per le sue doti di taglio

La storia

Il rasoio Fatip viene creato negli anni del boom milanese, gli anni della ricostruzione e della rinascita. Un periodo in cui l’uomo, il suo stile e i suoi riti, ritornano ad essere dominanti in una società nuova ed entusiasta. Negli anni ’80, la produzione del rasoio si trasferisce a Premana (Como), che è ancora oggi l’epicentro dell’artigianalità italia-

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na, un luogo cult in cui tutti gli oggetti handmade da taglio sono considerati unici e distintivi. La produzione del rasoio oggi conosciuto come Fatip è nata all’inizio degli anni ’50. Il rasoio diventa subito estremamente popolare per il design e la particolare lavorazione. Negli anni ’80 Ilario Fazzini, esperto artigiano di Premana, introdusse il marchio Fatip, mantenendo i caratteri estetici origi-


Pogonotomia, quando radersi diventa una scienza Con il termine «pogonotomia» si intende l’arte del radersi, ovvero la rasatura tradizionale, che si può praticare con diversi strumenti: il rasoio di sicurezza, lo shavette e il rasoio a mano libera. Il termine è stato reso celebre dal coltellinaio francese Jean-Jacques Perret che, a metà del 1700 pubblicò il primo vero trattato sull’argomento: «La pogonotomie, ou L’art d’apprendre a se raser soi-meme, avec la manier de connoitre toutes fortes de Pierres propres à affiler tous les outils ou instrumens», che in italiano si traduce, «La pogonotomia o l’arte di imparare a radersi e l’uso delle pietre per affilare gli utensili». L’importanza di questo libro risiede nel fatto di essere il

nari e nel contempo inserendo processi innovativi atti ad incrementarne qualità e performance. Oggi il rasoio Fatip è utilizzato e apprezzato in tutto il mondo per lo stile, la maneggevolezza e la sicurezza del taglio. Uno strumento degno rappresentante dell’arte italiana della rasatura.

Tradizione

Come detto i rasoi di sicurezza Fatip sono realizzati totalmente in Italia. Il metallo utilizzato è l’ottone, il quale viene lavorato, dagli artigiani di Premana, prima nella forma e poi placcato nelle varie finiture. Pochi fronzoli, tanta efficacia: due sono i principali modelli prodotti da Fatip. Il rasoio «a pettine aperto» (in inglese, open comb) e il rasoio «a pettine chiuso», il closed comb. La testina a pettine aperto è stata introdotta all’inizio del ’900 sui primi rasoi di sicurezza, con lo scopo di rendere agibile la rasatura degli ampi baffi e basette che erano di moda all’epoca. Spiega Fazzini: «Il rasoio Fatip è conosciuto per la testina con

primo volume scientifico a trattare in maniera approfondita il tema dell’arte di farsi la barba da soli, senza dover andare dal barbiere. In passato, infatti, la maggior parte delle persone, per radersi, si recavano settimanale o quotidianamente da un tonsore professionista. Nel libro di Perret è anche abbozzato un primo progetto di rasoio di sicurezza, che però vedrà la luce soltanto negli ultimi anni del secolo successivo. Il rasoio di sicurezza, armato con le sue classiche lamette, è stato per decenni il più utilizzato dagli uomini per radersi in casa. Questo fino agli anni ’60-’70 del secolo scorso, quando le principali case produttrici di rasoi introdussero sul mercato i rasoi

multilama con le ricarche usa e getta. Da allora nulla è stato più come prima e l’arte del radersi ha lasciato il posto all’utilizzo di strumenti più semplici da utilizzare, che venivano incontro all’esigenza di maggior praticità e semplicità di utilizzo. Oggi però sempre più persone stanno riscoprendo l’amore per la pogonotomia, tanto che sui social sono nati numerosi spazi e canali dedicati all’argomento. Tra gli altri merita una menzione l’ottimo «Canale della rasatura del neofita», curato da Mauro di Lernia (presente sulla piattaforma Youtube) e la pagina degli «Amici della Pogonotomia», consultabile su Facebook.

pettine a 11 denti sottili e proprio per questo motivo l’abbiamo chiamata: l’originale. La testina a pettine aperto rade a fondo perché la pelle si tende di meno e il pelo, infilandosi tra i “denti” del pettine, si avvicina maggiormente alla lama. Il rasoio deve essere appoggiato sul volto non premendo, ma facendolo scivolare. L’originale garantisce una rasatura profonda e accurata per tutti i tipi di barba, ideale per chi ha peli duri e folti». L’altro modello, introdotto più recentemente, è il «Gentile», con una testina che presenta la caratteristica barra chiusa ed è dotata di 9 denti leggermente più grandi rispetto a quelli della testina Originale. Nel caso della testina Gentile, il pelo viene pettinato e la barra tende la pelle, ma impedisce alle lame di affondarvi troppo. La rasatura risulta meno aggressiva e più facile. «La Gentile - prosegue Fazzini - è indicata per una rasatura quotidiana e per le pelli sensibili. Consigliata anche ai neofiti del rasoio di sicurezza. Vista la minore aggressività,

Ilario Fazzini, il titolare di Fatip, che con i suoi due figli produce i rasoi di sicurezza nell’officina di Premana, sopra il lago di Como

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protagonisti

L’azienda produce anche forbici e sgorbie L’officina Fatip di Premana produce artigianalmente circa 12mila pezzi all’anno

può richiedere in certe zone del viso, più passaggi o una maggiore pressione, ma riesce sempre a garantire una splendida e sicura rasatura». A sentire le parole di Fazzini si percepisce tutto l’impegno e l’entusiasmo di chi si riconosce nei propri prodotti, mettendoci tutta la passione. «La nostra tradizione - spiega - ha origini antiche. Abbiamo una targa che risale al 1860, quando il nonno di mio padre produceva oggetti artigianali. Poi, dopo la guerra, nel 1948, mio padre ha preso in mano l’azienda, proseguendo la tradizione». E i rasoi? «Abbiamo iniziato a produrli negli anni ’60, quando abbiamo rilevato i materiali da un nostro cliente che era fallito. Successivamente però abbiamo smesso di produrre i rasoi di sicurezza per un periodo, in quanto il mercato stava andando in una direzione diversa. Allora ci siamo concentrati su altri prodotti, come forbici e sgorbie. Poi però un giorno un nostro cliente ha visto alcuni vecchi esemplari e ci ha dato lo stimolo: perché non provare a rifarli?». Il resto è storia. I rasoi Fatip rappresentano oggi l’italianità del mondo della wet shaving, la rasatura come una volta. In

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Per ottenere successo sul mercato oggi occorre essere bravi, ma anche sapersi vendere al meglio

particolare il Fatip classico, il Grande, è apprezzato dalla stragrande maggioranza dei rasatori per la precisione del suo taglio, specie se abbinato a una lametta efficace. Certo, per maneggiare il Fatip open comb serve una buona manualità, ma i risultati che restituisce sulla pelle sono fuori discussione. Così come sono ottime le rasature che regala la testina «Gentile», dotata di una barra di sicurezza che aiuta i neofiti a evitare incidenti di percorso, salvaguardando la profondità della rasatura. «Il nostro - conclude Fazzini - è un prodotto artigianale e lo si

può vedere dalle finiture. Anche perché il nostro obiettivo è quello di mantenere prezzi competitivi». Ma il lavoro non finisce mai, così come la voglia di migliorare: «In officina siamo in tre - prosegue Fazzini - io e i miei due figli. Produciamo circa 12mila pezzi all’anno, senza considerare gli altri nostri prodotti, come forbici e sgorbie. Ultimamente abbiamo modificato il sistema di lavorazione e la lucidatura, migliorando le finiture. E stiamo affinando anche alcuni passaggi della lavorazione e del trasporto».



innovare A cura di STEFANO BRESCIANI E GIUSEPPE TARDIVO

stefano bresciani Professore Associato di Economia e gestione dell’innovazione, Dipartimento di Management, Università di Torino

Come cambia il ruolo dei Ceo

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l ruolo del Ceo sta cambiando di pari passo allo scenario competitivo mondiale. Gli uomini ai vertici delle imprese, infatti, devono possedere sempre di più caratteristiche che vanno ben oltre le tradizionali capacità, per incontrare invece nuove skill legate alla flessibilità di azione e agli aspetti relazionali. La rapidità d’azione e la velocità nell’acquisire la consapevolezza del nuovo ruolo sono fondamentali per una transizione efficace della leadership. Nell’attuale contesto competitivo le sfide che i Ceo devono affrontare sono, in pratica, almeno due: come gestire la velocità del cambiamento tecnologico e come conciliare la necessità di riflettere con quella di prendere decisioni rapidamente. È noto, ad esempio, che una delle difficoltà più grandi del primo anno di attività di un Ceo riguarda il rapporto tra la necessità di cambiamento e la necessità di stabilità. Per affrontare al meglio questa sfida, generalmente il Ceo recluta un team di persone di fiducia, principalmente all’interno dell’azienda stessa. A quel punto gli sforzi maggiori non sono orientati a cambiare l’organizzazione, ma a conoscere le persone dell’organizzazione stessa e a prepararle per il cambiamento che, successivamente, porterà avanti. Nei momenti iniziali il nuovo Ceo è sotto i riflettori. Cosa farà? Come si comporterà? Cosa cambierà? Gli aspetti relazionali, umani e comportamentali, tuttavia, non sono i soli ad essere importanti nei primi mesi di attività di un Ceo. Egli, infatti, ha a che fare con uno scenario che vede nel rapido cambiamento tecnologico una delle variabili determinanti per il successo o l’insuccesso dell’impresa. L’innovazione tecnologica, infatti, non sta cambiando solo la società, ma anche il lavoro del Ceo. Le moderne tecnologie consentono una vera e propria invasione di informazioni, di dati, di notizie, di report. La difficoltà principale, quindi, non è più avere tante informazioni, ma

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riuscire a capire cosa è pertinente e utile e cosa non lo è, essere chiari sulle priorità, saper discriminare tra dati importanti e strategici e dati trascurabili. Inoltre, il tempo gioca un ruolo fondamentale. Il Ceo deve poter agire rapidamente; velocità di analisi, di pensiero e di risposta sono caratteristiche sempre più determinanti. Sempre più spesso, quindi, la capacità di prendere decisioni in modo rapido ed efficace e di saper reagire al cambiamento senza dover riflettere a lungo sono considerate caratteristiche più importanti dell’esperienza, che a volte si traduce in un modo rigido di affrontare i problemi. Anche il modo di comunicare dei Ceo sta cambiando grazie all’innovazione tecnologica. Da un lato le innovazioni nel campo della comunicazione permettono velocità, efficacia 24 ore su 24, trasmissione istantanea di messaggi; dall’altra, però, amplificano il rischio di perdita del contatto sociale, umano, della relazione personale. Il bravo Ceo deve saper stimolare le idee, ascoltare i propri collaboratori, far sentire la propria «vicinanza» anche utilizzando le moderne piattaforme di comunicazione digitale. L’innovazione tecnologica, quindi, ha cambiato non solo il modo di produrre e di gestire le imprese a livello operativo, ma anche gli aspetti legati alle relazioni umane. Il cambiamento, infatti, non riguarda solo il progresso tecnico: si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale. Cambiano i tempi di reazione, le relazioni, il modo di confrontarsi con gli altri, le distanze fisiche, i rapporti tra i colleghi e con i clienti. Tutto questo è particolarmente vero per chi lavora ai vertici delle imprese. I Ceo, oggi non possono non occuparsi di comunicazione. La sfida, quindi, consiste nel creare imprese sempre più «centri media» in grado di gestire informazioni e dati utili per connettere le imprese stesse e i clienti.


ECONOMIA E TERRITORI

Mauro Zangola Economista

Lavoro, segnali confortanti, ma il problema restano i giovani

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li ultimi dati resi noti dall’Istat sull’andamento dell’economia italiana sono confortanti. Quella che abbiamo di fronte sembra essere tuttavia una ripresa «congiunturale», non in grado cioè di incidere in maniera strutturale sulla disoccupazione soprattutto giovanile. La conferma viene dalla lettura dei dati più aggiornati sull’andamento del mercato del lavoro. Nel secondo trimestre 2017 gli occupati in Italia sono cresciuti solo dello 0,7% rispetto all’analogo periodo del 2016. In valore assoluto sono stati creati, in un anno, 154.000 posti di lavoro grazie all’aumento degli occupati alle dipendenze e delle donne. L’occupazione maschile ha subito un calo pari al 5,1%; altrettanto consistente è stato il calo degli indipendenti che ha superato in un anno le 200 mila unità (-3,6%). Due terzi dell’aumento dell’occupazione si è concentrato nelle regioni del Centro Nord grazie soprattutto alle performance della Lombardia e del Veneto e solo in piccola parte del Friuli Venezia Giulia e dell’Emilia Romagna Come già altre volte in passato, Piemonte e Liguria si collocano al fondo della graduatoria non riuscendo a offrire soprattutto ai giovani nuove opportunità di lavoro. Entrambi fanno registrare cali contenuti ma significativi dell’occupazione, soprattutto se confrontati con le performance delle altre regioni del Nord con le quali devono confrontarsi. Fra le regioni del Centro la più performante è stata il Lazio con la creazione di 38.000 nuovi posti di lavoro, mentre segna una battuta d’arresto la regione Marche che in un anno ha «bruciato» 24.000 occupati. Fra le regioni del Sud solo la Campania fornisce un contributo significativo alla crescita di occupati in quell’area, attraverso la creazione di 49.000 nuovi

posti di lavoro. Va male invece in Abruzzo e in Puglia dove l’occupazione è calata rispettivamente di 11.000 e 17.000 unità. Quello che risulta è come sempre un quadro assai variegato, dal quale tuttavia emerge la solidità e la vivacità di alcune regioni, a cominciare dalla Lombardia e dal Veneto e la minor vivacità di aree come quelle piemontesi e liguri dove il processo di terziarizzazione non sembra produrre i risultati attesi. In Italia, la quasi totalità dei 153.000 nuovi posti di lavoro è stata creata nel settore dei servizi e in particolare nel settore del commercio e dei pubblici esercizi mentre l’occupazione è diminuita di 14.000 unità nell’industria manifatturiera e di 30.000 nel settore delle costruzioni dove il declino non sembra avere mai fine. Il contributo del terziario alla creazione di posti di lavoro è stato particolarmente forte in Lombardia dove si è verificata parallelamente una significativa caduta di occupati nell’industria e, udite udite, una tenuta del comparto delle costruzioni. Una situazione molto diversa si è verificata in Veneto dove una grossa spinta all’aumento degli occupati è venuta dall’industria e solo in piccola parte dai servizi e dall’agricoltura A differenza di quanto è avvenuto in Lombardia, l’edilizia veneta non ha tradito le aspettative facendo registrare un ulteriore calo di occupati. Sono disponibili anche informazioni sulle persone in cerca di occupazione. In Italia sono diminuite complessivamente di 153.000 unità. È tuttavia significativo (e preoccupante) constatare che la riduzione ha riguardato quasi esclusivamente gli ex occupati, mentre è rimasto immutato il numero delle persone «senza esperienza lavorativa», cioè i giovani.

Le regioni che crescono sono Veneto e Lombardia Settembre-ottobre 2017

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Omesso versamento di ritenute certificate: ecco tutte le novità

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a Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 13 luglio 2017 (c.c. dell’11 maggio 2017), n. 34362, ha affrontato un caso non infrequente nel diritto penale: quello dei rapporti tra due disposizioni di legge che, succedendosi nel tempo, sanzionano diversamente il medesimo fatto. Era accaduto, infatti, che con un provvedimento di condanna emesso del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo, il legale rappresentante di una società fosse stato irrevocabilmente condannato alla pena di 15mila euro di multa per il reato di cui all’art. 10bis, d.lgs. n. 74 del 2000, non avendo ottemperato all’obbligo di versare, nei termini di legge, le ritenute fiscali operate sugli emolumenti erogati nel corso dell’anno di imposta 2011. L’importo non versato ammontava a complessivi 115.697,82 euro. All’epoca dell’accertamento e della vicenda penale l’omissione era sanzionata dalla legge se gli importi delle ritenute non versate superavano l’ammontare di 50mila euro. Successivamente, il d.lgs. n. 158 del 2015 (entrato in vigore il 22/01/2015) aveva elevato a 150.000,00 euro tale importo, rendendo non più perseguibile in sede penale l’omesso versamento di somme inferiori. Alla luce del mutamento legislativo il citato legale rappresentante si era rivolto al Tribunale di Fermo per chiedere la revoca del provvedimento di condanna irrevocabile, ma il Tribunale aveva respinto la domanda. Contro tale rigetto è stato interposto ricorso in Cassazione. La Corte ha giustamente affrontato il problema di stabilire se l’innalzamento della soglia per la rilevanza penale dell’omesso versamento abbia determinato l’abrogazione parziale dell’art. 10-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 per le condotte di aventi ad oggetto ritenute per importi inferiori. Dopo una lunga premessa concettuale la Terza Sezione Penale della Cassazione ha rammentato che l’art. 8, comma 1, legge 11 marzo 2014, n. 23, intitolato «Delega al governo recante disposizioni per un sistema fi-

scale più equo, trasparente e orientato alla crescita» aveva delegato il governo a procedere alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo, tra l’altro, la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità. In attuazione di tale criterio, si legge in sentenza, il legislatore delegato ha introdotto una nuova (e maggiore) soglia di punibilità dei fatti di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10bis del d.lgs. n. 74 deI 2000) e di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. l0-ter, del decreto legislativo n. 74 del 2000), al di sotto della quale il ricorso a misure sanzionatorie di tipo amministrativo, peraltro già previste dalla legislazione vigente, è apparso proporzionato alle caratteristiche dell’illecito. Il mutato giudizio di offensività della condotta omissiva si è tradotto nel restringimento dell’area della sua penale rilevanza, con assegnazione a quella amministrativa delle condotte che si collocano al di sotto della nuova soglia. Si è così verificata un’ipotesi di abrogazione parziale del reato di cui all’art. 10-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 in ordine a tutte le sottofattispecie relative agli omessi versamenti inferiori alla nuova soglia, per i quali il giudizio di offensività è radicalmente mutato. Sulla base di tali premesse si è dedotto che, al momento del ricorso in Cassazione, l’omesso versamento di somme inferiori a 150mila euro doveva considerarsi non più previsto dalla legge come reato ed al giudice penale attualmente non residua altra possibilità che il proscioglimento perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Questa conclusione si riflette anche sui provvedimenti di condanna definitivi che quindi, per evidenti ragioni di uguaglianza di trattamento, devono essere revocati. E così è stato.

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marchi & brevetti

alessandro boffa fasset Esperto in tutela della proprietà industriale

La partita della Brexit si gioca anche su Igp e Dop

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’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea farà sorgere, con tutta probabilità, incertezze sia per la Gran Bretagna che per l’Ue a ventisette - anche in riferimento alla protezione di alcuni diritti di proprietà intellettuale, al trattamento che subiranno le domande in via di concessione e sull’esaurimento dei diritti di Ip». Così si apre il «Position paper transmitted to EU27 on Intellectual property rights (including geographical indications)» documento sul tema dei diritti di proprietà intellettuale e indicazioni geografiche in vista della Brexit, inviato ai 27 Stati Membri dalla Task Force che - in seno alla Commissione Europea - ha il compito di negoziare le condizioni con Londra, e che contiene i principi generali sulla posizione che sarà tenuta dall’Unione Europea. Le richieste dell’Ue sono nette e chiare: l’uscita del Regno Unito deve essere accompagnata dalla garanzia che tutti i diritti di proprietà industriale aventi carattere unitario (si pensi al marchio dell’Unione Europea ad esempio), le procedure ad oggi pendenti, i diritti conferiti dai certificati di protezione complementare dei brevetti e altri istituti ad oggi protetti con le medesime regole in Ue e in Uk non vengano penalizzati dalla scissione. Il nostro Paese, fiero produttore di eccellenze agroalimentari non può inoltre far cadere in secondo piano un aspetto fondamentale del negoziato, ricoperto dalle indicazioni geografiche, la cui protezione ad oggi è garantita a livello comunitario. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, senza una parallela creazione di norme nazionali a tutela di Dop Igp Stg nel settore agroalimentare e Doc Docg e Igt nel settore vitivinicolo aprirebbe le porte ad un rischio di dimensioni notevoli, a causa della potenziale violazione di tutti quei regolamenti che fino ad oggi hanno garantito (a livello Ue) tutela all’eccellenza delle produzioni frutto della nostra terra e del nostro territorio. Inutile ricordare come l’Italia sia il Paese con il maggior numero di indicazioni geografiche che trovano protezione all’interno dell’Ue, avendo ottenuto la registrazione per quasi 300 tra prodotti agroalimentari e vini su un totale di 1.150 deno-

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minazioni mentre, ad esempio, la Gran Bretagna ne conta 59. Già nel 2015, la produzione di parmesan aveva superato quella del Parmigiano Reggiano, a riprova del fatto che il mercato delle imitazioni del «made in Italy» sia - se ancora ci fosse bisogno di evidenze in merito - un mercato molto fiorente e caratterizzato da cifre di enorme importanza. Da una relazione fornita da Coldiretti, in occasione di Expo 2015, era emerso come circa due terzi dei prodotti acquistati dai consumatori stranieri riguardassero celebri contraffazioni delle eccellenze italiane per un valore di oltre 60 miliardi di euro. Un business così importante ad aver portato, esattamente un anno fa, addirittura il Ministero delle Politiche Agricole a stipulare un accordo, con i colossi dell’e-commerce, che prevedesse la rimozione di inserzioni fraudolente segnalate dal Ministero in seguito a verifica su prodotti agroalimentari contraffatti (una collaborazione che ha già permesso di evitare che migliaia di tonnellate di brutte copie dei nostri cavalli di battaglia agroalimentari fossero vendute online). La normativa europea sulle indicazioni geografiche è caratterizzata da una regolamentazione centralizzata a livello dell’Unione, che garantisce la tutela alle indicazioni protette evitando che produzioni non provenienti dal territorio indicato dalle denominazioni (requisito che contribuisce in maniera essenziale a conferire le caratteristiche peculiari proprie dei prodotti) non possa utilizzare quella dicitura o un marchio confondibilmente simile. Qualora venisse a mancare questa protezione, la possibilità di imbattersi in brunch a base di «parmesan», «cambozola» e «Daniele prosciutto» sarebbe una realtà concreta. Nei prossimi mesi scopriremo se la posizione assunta dalla task force guidata dal francese Michel Barnier sarà riuscita a segnare un punto fondamentale per la tutela degli interessi italiani nella Ue e se, soprattutto, basterà come contraltare la garanzia della tutela a livello comunitario del whisky e del cheddar per convincere Londra a proteggere quei prodotti per le cui qualità siamo famosi, amati e principali vittime di contraffazione in tutto il mondo.



Focus A CURA DI REAM SGR

REAM SGR e Fondo GERAS: la finanza immobiliare strumento di investimento anche nella Sanità Il Direttore Generale, Oronzo Perrini: «Si tratta di un mercato destinato a crescere in futuro grazie all’aumento della domanda di assistenza socio-sanitaria» REAM SGR S.p.A., società di gestione del risparmio specializzata nell’istituzione e gestione di Fondi di Investimento Alternativo Immobiliari riservati di tipo chiuso, ha avviato ad aprile 2017 l’operatività del Fondo GERAS con l’acquisizione di un complesso immobiliare, con destinazione d’uso residenza sanitaria assistenziale («RSA»), ubicato nel comune di Rivoli, zona ovest della città metropolitana di Torino. Inoltre, nel mese di giugno sono stati perfezionati altri due investimenti a Milano per complessivi 67 milioni e, nel Oronzo Perrini, Direttore Generale di REAM SGR mese di ottobre, si è proceduto all’acquisizione di un’altra RSA a Geno- nio di circa120 milioni di euro. «Nei prosva per un investimento di circa 7 milioni. simi anni, precisa Oronzo Perrini DirettoIl Fondo GERAS, che ha raccolto l’inte- re Generale di REAM SGR, la domanda resse di fondazioni bancarie, casse di di servizi socio-sanitari e la relativa speprevidenza e fondi pensione, è un fon- sa pubblica e privata sono destinate ad do immobiliare a raccolta con l’obietti- aumentare in modo considerevole, spevo di investire in strutture a destinazione cie per quanto riguarda l’assistenza consocio-assistenziale (cd. RSA) gestite da tinuativa (long term care). Conseguenprimari operatori del settore, localizzate temente il mercato immobiliare relativo in diverse regioni del territorio nazionale. al settore delle RSA rappresenta un’area Il completamento della pipeline degli di business con buona crescita potenziainvestimenti è previsto nel 1° trimestre le anche in futuro grazie al continuo in2018 con l’acquisizione di altre 3 resi- cremento della domanda di assistenza denze sanitarie assistenziali per un inve- socio-sanitaria e soprattutto di residenze stimento di circa 32 milioni. L’obiettivo è extra ospedaliere (gli ultimi dati dispoquello di dotare il fondo di un patrimo- nibili riferiti all’arco temporale 2007 –

2015 confermano margini e fatturati in crescita, seppur in una fase di crisi economica generalizzata)». In Italia si stima la presenza di circa 4,1 milioni di cittadini non autosufficienti, di cui circa 3,5 milioni sono anziani (Censis). Il peso dei soggetti ultra 80enni sulla popolazione complessiva passerà da circa il 6% attuale al 7,7% nel 2025 ed al 15,5% nel 2060 (Istat). La forbice tra l’andamento della popolazione over 65 e quella ricompresa tra 0 e 14 anni continua ad allargarsi. Nel nostro Paese il fabbisogno rilevato dalla Commissione nazionale viene stimato in 496 mila posti ed i posti letto attuali non risultano sufficienti; l’assistenza domiciliare integrata viene invece erogata a circa 527 mila anziani, a fronte di un fabbisogno rilevato pari a circa 870mila assistiti. Il settore del long term care consente agli investitori di diversificare il proprio portafoglio con un’asset class caratterizzata da ridotta volatilità ed un congruo premio per il rischio rispetto a titoli governativi di pari durata, idoneo quindi per investitori di lungo termine con un approccio conservativo. Per le sue caratteristiche, sta interessando sempre di più gli investitori istituzionali: in partico-


lare, in un settore dove si sono contratti i volumi degli investimenti complessivi, il comparto delle RSA ha mostrato una significativa crescita dei volumi investiti specialmente da parte dei fondi di investimento alternativi immobiliari riservati ad investitori professionali (casse di previdenza, fondi pensione, compagnie assicurative), contribuendo alla creazione di un mercato secondario liquido e consolidato. Oronzo Perrini specifica poi che «Il Fondo GERAS è caratterizzato da una strategia di tipo buy & hold che privilegia la distribuzione stabile e costante dei flussi generati dalla gestione immobiliare agli investitori. La scarsa correlazione con l’andamento del ciclo economico (che nelle altre asset class riveste un impatto

rilevante) e la graduale e costante crescita del numero dei posti letto, a fronte di stringenti requisiti all’accesso al mercato, consentono ai rendimenti degli investimenti immobiliari in RSA di essere poco volatili (limitata deviazione standard) e altamente predicibili (in media nell’ordine del 6-7%). Prevedendo nei prossimi anni un ampliamento del mercato immobiliare delle RSA sia nei dati afferenti la sua struttura quantitativa (n. di residenze sul terri-

torio, n. di unità abitative, n. di posti letto, ecc.), sia nei numeri caratterizzanti il mercato di riferimento (numero di transazioni, dimensione media degli scambi coinvolti, ecc.), le operazioni di successo dovranno necessariamente tener conto dei fattori esposti, con focus particolare sul gestore (e/o eventualmente prevedendo nei contratti di locazione tutele e clausole di sostituzione)». Oronzo Perrini evidenzia infine che «REAM SGR, visto il successo del Fondo GERAS, sta lavorando già ad una nuova iniziativa immobiliare (GERAS2) che avrà come obiettivo quello di proseguire l’esperienza intrapresa, con la possibilità di investire anche nel segmento ospedaliero. In tal senso sono stati avviati dei tavoli di confronto con il mondo delle casse di previdenza e dei fondi pensione».

• Entro il 2040 in Italia il numero degli anziani crescerà del +129% (3,9Mln di ultra 85enni) • L’attuale disponibilità di letti si attesta a 340.000 e non risulta sufficiente (ratio: 1 letto / 11 persone) • Le strutture private rappresentano il 18% del mercato italiano


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Acqua, rifiuti, energia: in «utili all’Italia» le migliori pratiche per smart Cities Utilitalia presenta il primo censimento dei migliori servizi forniti ai cittadini Mappature satellitari delle perdite degli acquedotti, tute per astronauti che sfruttano la capacità dell’acqua di assorbire le radiazioni, buoni spesa ai cittadini in cambio di rifiuti, cassonetti per pannolini, sistemi che trasformano gli scarichi dei bagni in combustibile per le auto, raccolta degli oli nei supermercati. Sono alcune delle best practice di «Utili all'Italia», fotografia dei migliori servizi forniti ai cittadini in ottica circolare e sostenibile. Una banca dati, 274 progetti raccolti da 134 aziende, che contiene i risultati del Primo censimento delle migliori pratiche nei Servizi Pubblici realizzato da Utilitalia, la federazione che riunisce 500 imprese italiane dei servizi idrici, energetici e ambientali. I progetti sono suddivisi in 4 aree: responsabilità sociale e ambientale (90 progetti), innovazione tecnologica (83), efficienza energetica (52) e processi di sviluppo aziendale (49). «Con il censimento - spiega il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti - le aziende mettono a disposizione uno spaccato tangibile del concetto di economia circolare, una testimonianza di azioni concrete di sviluppo sostenibile, oltre che un simbo-

lo dell’evoluzione dei servizi verso i cittadini. Soprattutto, è un punto di partenza per disegnare, insieme alle amministrazioni locali, le città del futuro».Sulla responsabilità sociale e ambientale si è concentrato il maggior numero di progetti. Tra questi il Rating della legalità che oltre a essere una spinta etica e di trasparenza può facilitare l’accesso al credito, un fondo per le utenze disagiate per sostenere le famiglie in difficoltà con il pagamento delle bollette, il Banco dell’energia per far fronte a situazioni a rischio povertà. E ancora, un impianto di depurazione che restituisce all’ambiente 150 milioni di metri cubi di acqua per riuso irriguo o l'applicazione di tecnologie smart grid su una porzione di rete di distribuzione di energia elettrica. Nonché campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte ai cittadini e ai ragazzi delle scuole. Dalle buone pratiche relative all’innovazione tecnologica emerge l'impegno delle aziende sul tema della digitalizzazione: sistemi di geolocalizzazione degli interventi, telecontrollo delle reti, gestione delle risorse e reportistica avanzata, tecnologie satellitari per

la ricerca di perdite idriche dalle condotte, mappatura delle reti sotterranee, fino all’utilizzo delle fognature per il passaggio della fibra ottica, sistemi di tracciabilità dei rifiuti, interramento dei cassonetti e valorizzazione dei fanghi di depurazione. Per quanto riguarda i processi di sviluppo aziendale, emergono buone pratiche legate alla sicurezza sul lavoro, al work force management con la digitalizzazione spinta della regolazione del lavoro quotidiano e all’economia circolare in tutte le sue possibili declinazioni: riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata spinta, valorizzazione dei materiali di scarto e trasformazione dei depuratori o degli impianti di trattamento rifiuti in centri di produzione di biocarburanti. Anche l’efficienza energetica porta con sé esempi importanti. Dal censimento emergono numerosi investimenti per il ciclo idrico e per gli impianti di trattamento dei rifiuti, la generazione di energia da fotovoltaico o lo sfruttamento di mini-salti idrici per produrre l’idroelettrico e, ancora, l’inserimento di turbine negli acquedotti, il teleriscaldamento e progetti per favorire la mobilità sostenibile elettrica e da biocarburanti.


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capitali rimpatriati, le prime stime del Ministero

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Volksbank cambia il modello distributivo

l’ora delle fintech

c’è un «rischio Uber» per le istituzioni finanziarie?

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| Febbraio 2016 | e 5

L’istituto, in pista dal 1999, finanzia soprattutto il terzo settore, ma si occupa anche di prestiti a imprese e famiglie. E ora, rivela il suo presidente, vuole crescere sul web e reclutare nuovi promotori per espandere la sua presenza sul territorio

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Futuro, tra Bitcoin e criptovalute

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deato nel gennaio del 2009 da un anonimo giapponese a noi noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, il Bitcoin, la più nota, ma non l’unica criptovaluta, ha, negli ultimi mesi, catalizzato l’attenzione mediatica complice l’eccezionale apprezzamento a cui stiamo assistendo. Basti pensare che nel 2013 valeva circa 30 euro e da poco ha toccato la soglia dei 5.013,91 dollari. Da gennaio 2017 l’aumento è stato del 300 per cento. Analisti, esperti e operatori gridano infatti alla “bolla speculativa” paventando più o meno imminenti crolli, ma, come il passato insegna, l’emotività del mercato rende azzardata qualsiasi previsione. Se incerto è il futuro della criptovaluta in questione altrettanto fumoso si presenta il funzionamento della moneta virtuale a chi vi si approccia. Ciò che maggiormente contraddistingue il bitcoin rispetto alle valute tradizionali non è, come un primo esame consentirebbe di supporre, il suo aspetto virtuale. Ormai quotidianamente, infatti, sperimentiamo transazioni on line e analoghe operazioni con quello che, fino a poco tempo fa, si presentava come denaro solo contante. La vera peculiarità del bitcoin consiste invece nel non essere emesso da alcun ente di riferimento come una Banca Centrale Europea, la sua creazione decentralizzata si rinviene, per così dire, in un database distribuito. L’ammontare destinato alla circolazione può essere efficacemente rappresentato da una curva asintotica che tende alla soglia prestabilita di 21 milioni e vede, mediamente ogni 4 anni, crescere la disponibilità di nuova moneta facendo supporre che, nel giro di un trentennio, l’intero importo sarà circolante sul mercato. Caratteristica che forse più delle altre suscita curiosità è il totale anonimato che accompagna il possesso e la circolazione della criptovaluta. Unità base del bitcoin è un algoritmo che nei successivi passaggi diventa via via più complesso e circola secondo uno schema a catena (Blockchain appunto) che tiene traccia di tutte le transazioni effettuate sfruttando un sistema di crittografia a chiave pubblica e privata per gestirne la generazione e l’attribuzione in proprietà. E proprio la possibilità del più totale anonimato reca con sé alcuni degli aspetti maggiormente contro-

versi che da un punto di vista giuridico stimolano importanti riflessioni sull’opportunità in futuro (ammesso che ve ne sia uno) di regolamentarne in qualche modo la circolazione. Ogni utente che opera sulla rete bitcoin possiede un portafoglio (wallet) composto da un certo numero di chiavi crittografiche private, eventualmente custodite su un supporto usb (hardware wallet) il quale, se connesso al pc, consente di firmare le transazioni. Le chiavi pubbliche o indirizzi bitcoin, viceversa, costituiscono i punti di invio o ricezione dei pagamenti e si presentano come combinazioni alfa numeriche di una trentina di caratteri che ricordano i codici Iban. Ad oggi la struttura peer to peer della rete bitcoin e la mancanza di un ente centrale di emissione rendono estremamente difficile, se non addirittura impossibile, il blocco dei trasferimenti e la sequestrabilità della moneta. Aspetti che per certi versi rendono la criptovaluta da più parti appetibile, ma per certi altri estremamente rischiosa in quanto di proprietà di chiunque possegga le chiavi crittografiche, per non parlare della totale perdita della moneta nel caso in cui queste vengano smarrite. Anche l’osservatore meno attento si avvede di come, alla luce di queste premesse, il concetto stesso di legittimo proprietario venga pericolosamente a vacillare e rechi con sé un’importante e complessa serie di conseguenze su più fronti. Primo fra tutti per incidenza statistica e indubbi risvolti pratici è rappresentato dalla successione a causa di morte. Spunti per una futura analisi sono offerti dagli aspetti che concernono la conservazione delle chiavi crittografiche, dall’utilizzo elusivo della criptovaluta in barba alla riserva della quota di legittima in favore dei soggetti contemplati dall’art. 536 del codice civile o ancora alla violazione del divieto di patti successori ex art. 458 c.c. Sul fronte fiscale, ancora, la tentazione stuzzicata dalla virtualità della moneta di considerare la valuta come esente dall’imposizione fiscale si scontra con la realtà del momento della spesa e quindi dell’utilizzo concreto del bitcoin. Non resta quindi che monitorare se e quando Stati e Banche centrali tenteranno con successo di decriptare la valuta guastando così parte del suo fascino.

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Ecco le imprese che pensano positivo Anche quest’anno la Scuola di Palo Alto ha organizzato la cerimonia di consacrazione delle aziende che si sono distinte per spirito e innovazione JOLANDA GURO

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na serata di consacrazione di quelle imprese che innovano, si distinguono e crescono insieme alle proprie risorse. Imprese che sono accomunate da un principio comune: fanno della positività il valore fondante della propria organizzazione e il motore della produttività. Uno spirito che si è dimostrato vincente, e che pertanto, di anno in anno, sta diventando sempre più virale. Si è svolta a Milano la quarta edizione del Positive Business Award, il premio creato e organizzato dalla Scuola di Palo Alto (la principale Business School italiana non accademica, nonché principale referente italiana della Positive Education) con il supporto di Carter & Benson Executive Search, Enterprise Hotel e Carioca. Ancora una volta l’evento - condotto come ogni anno da Enrico Banchi, Coo della Scuola di Palo Alto, affiancato da Giulia Casoli, trainer della Scuola - è stato occasione per conoscere da vicino le best practices di aziende che rappresentano delle vere e proprie punte di diamante del Made in Italy. Vincitrici nelle rispettive categorie sono state Zeta Service (Company), Montefarmaco OTC (History), Thun (Sustainability Sociale e Location), Banco Bpm (Sustainability Economica e Baby), Scm Sim (Antonello Sanna e Francesco Barbato: People Successful Experience; Alessandro Bernazzani: Young Talent), Valentina Cangiano (Young Business Woman), Casa Saclà (Happy Start Up e Food), Gessi

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(Image) Servizi Cgn (Vision e Network), CloudTel (Product Launch), Megal (Repositioning), Pensaallasalute.com (Web Presence), Prodeco Pharma (Pharma Company), LinkedIn (Social), Ikea (Buying Experience), Agos (Training), Matrix, nella persona del suo conduttore, Nicola Porro (Media), Gabriele Tagi (Manager), Il Prisma (Innovation), In Job (Team), Zoom Torino (Sustainability Ambientale e Communication), 7Pixel (Sustainability), Predict (Technology). Assegnati anche tre Premi Speciali: «Positive Sport Leader» a Demetrio Albertini; «Positive Show Woman» a Simona Ventura; «Positive Education & Sport Foundation» alla Fondazione Principessa Charlene di Monaco. Vincitore assoluto del «Positive Business Award 2017» è stata Predict l’azienda con sede a Bari che, nata nel 2008 come distributore commerciale di apparecchiature medicali di imaging diagnostico in vivo per General Electric divisione Healthcare sui territori di Puglia e Basilicata, negli anni è riuscita a cogliere gli stimoli derivanti dalla partnership con GE sviluppando nel contempo una strategia fatta di attenzione per le risorse umane, focalizzazione sulle esigenze dei clienti (in gran parte medici specialisti), eccellenza nella qualità dei servizi offerti. L’azienda ha anche sviluppato iniziative in maniera autonoma, tra cui il progetto Optip che porta la realtà aumentata nel settore medicale al fine di efficientarne i processi, consentendo all’azienda di assistere in «olopresenza» i propri clienti. «Abbiamo voluto consegnare un riconoscimento a

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quelle realtà che indicano come rotta della loro bussola la cura delle persone, lo sviluppo delle relazioni, la circolazione delle idee; quelle aziende per le quali la visione positiva delle cose e del futuro sono il vero carburante - ha spiegato Marco Masella, presidente della Scuola di Palo Alto - e ci auguriamo che gli esempi imprenditoriali che sono stati sotto i riflettori nel corso di questa serata siano di grande stimolo per altrettante imprese».

IL CONFRONTO

Proprio per creare un clima di condivisione, entusiasmo e intensità del racconto di ogni singola esperienza, la Scuola di Palo Alto ha organizzato una tavola rotonda, cui hanno partecipato gran parte dei Positive Winners 2017, condotta e moderata da Marco Masella e da Chiara Osnago Gadda, event manager del Positive Business Award, ospitata presso la sede milanese di Scm, la Sim vincitrice nella categoria People. «Siamo onorati che la prestigiosa Giuria del Positive Business Award ci abbia riservato il premio Positive Successful Experience», hanno detto l’Ad Antonello Sanna e il Partner Francesco Barbato. Scm dal 28 Luglio 2016 è la prima Sim quotata sul mercato Aim di Borsa Italiana, autorizzata alla gestione di portafogli, alla consulenza in materia di investimenti e al collocamento, adottando un modello fee only, senza la detenzione fisica del denaro per una maggiore trasparenza nei confronti dei clienti. Una public company la cui filosofia di base è sempre stata quella di escludere una proprietà unica al


Sopra: la premiazione del Positive Business Awards. A fianco, la consegna del premio a Demetrio Albertini. Sotto: Daniele Martini, responsabile gestione risorse Umane di Agos

suo interno, puntando da subito su una partecipazione diretta dei soci. Il tutto risponde a un modello di business innovativo che rivolge la sua attenzione al rapporto personalizzato con il cliente e alla pianificazione con il cliente della protezione e gestione del patrimonio complessivo dello stesso. «Dedico questo premio - aggiunge Alessandro Bernazzani, Direttore Marketing e Comunicazione nonché Investor Relator della società, vincitore nella categoria Young Talent - anche a tutti i giovani italiani, che hanno un ruolo fondamentale nella crescita del nostro Paese. Abbiamo bisogno di terreno fertile dove poter realizzare le nostre idee imprenditoriali e le nostre aspirazioni». Bernazzani ha lavorato sulla creazione del valore del brand, posizionando la Sim come leader nel settore della consulenza finanziaria in Italia. Ha favorito la quotazione sul mercato Aim di Borsa Italiana, gestendola in prima persona in tutte le sue fasi, dalla relazione con gli stakeholder e shareholder, al piano di comunicazione. Monica Carella, Responsabile della gestione dei processi di Predict, l’azienda vincitrice dell’edizione 2017, aggiunge: «Con una strategia fatta di attenzione per le risorse umane, focalizzazione sulle esigenze dei clienti, eccellenza nella qualità dei servizi offerti, Predict è riuscita a conquistare notorietà e autorevolezza negli ambienti sanitari pubblici e privati, sviluppando nel contempo nuove aree di business e tec-

nologie innovative, che mirano a migliorare la vita delle persone. Pertanto, l’attitudine a trasformare i problemi in opportunità, interpreta al meglio lo spirito dell’azienda e trova piena rispondenza in questo premio». Per Stefania Covini, Responsabile della comunicazione interna di Banco Bpm, «la volontà di ripartecipare anche quest’anno al Positive Business Award, nasce sull’onda della bella esperienza della scorsa edizione e dal fatto che come Banco Bpm volevamo lanciare il messaggio che, anche in questa nuova forma, non avremmo tradito la nostra natura di prossimità e di coinvolgimento con tutti i nostri stakeholder. Per quanto riguarda i progetti con i quali abbiamo partecipato al premio, quello di volontariato in azienda “Io ci sto”, è continuato, coinvolgendo un numero sempre più grande di colleghi e strutture ed ora, che siamo la terza banca del Paese, non potrà che espandersi ulteriormente.

L’esperienza di “Mani in pasta” invece, ha rappresentato un’innovativa modalità di accostarsi al problema dei Neet coinvolgendo varie realtà (Istituzioni, Società Umanitaria, botteghe per l’apprendistato) e organizzando insieme dei percorsi formativi che hanno permesso alla quasi totalità dei ragazzi coinvolti, di trovare lavoro. Banco Natale infine, riguarda i nostri più giovani interlocutori, le agenzie si aprono ai figli dei nostri dipendenti e così l’ufficio di mamma e papà diventa il luogo in cui fare un momento di festa, scambiarsi gli auguri e ricevere un piccolo dono senza dimenticarsi chi è meno fortunato. La collaborazione con i volontari di Abio che animano la giornata, infatti, garantirà anche ai bambini che trascorreranno le feste in ospedale, un momento di serenità». Sulle stesse lunghezze d’onda, anche Valeria Broggian, presidente del Gruppo Servizi Cgn, il primo gruppo nel mercato della consulenza fiscale e lavoro B2B, vincitore assoluto della prima edizione del Positive Business Award e quest’anno nelle categorie «Vision» e «Network», che spiega: «Il Positive Business Award rappresenta per noi un’opportunità da offrire ai nostri collaboratori per la crescita della loro autostima. Vincere un premio è motivo di orgoglio, partecipare all’evento di premiazione è emozione allo stato puro e ci offre la carica per affrontare con un altro spirito l’anno successivo. Del resto, il premio rappresenta uno stimolo a lavorare sempre meglio e a originare cose nuove: ci costringe a selezionare, analizzare e valutare il lavoro di un anno e a pianificare quello futuro mettendoci alla prova in am-

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biti che non abbiamo ancora sperimentato». Altrettanto entusiasta è Gianluigi Casetta, Ceo di Zoom Torino: «La sostenibilità fa parte del nostro Dna. La mission del bioparco è quella di salvaguardare la biodiversità, attraverso ricerca e formazione ex situ, programmi di conservazione delle specie a rischio e soprattutto attraverso l’educazione del visitatore che, vivendo l’esperienza emozionale di immersione in habitat il più possibile fedeli a quelli di origine, impara a conoscerli e rispettarli. Per quanto riguarda la comunicazione invece, posso dire che la felicità è il fil rouge narrativo di tutta l’attività di comunicazione di Zoom Torino. Dal punto di vista creativo infatti punta alle immagini degli animali, amati dai bambini, che sono uno dei target più importanti». Dal canto suo, Thun, l’azienda storica di Bolzano, vincitrice per il quarto anno consecutivo al Positive, sottolinea come le vincite, anche in questa edizione, siano in perfetta coerenza con quelli che sono i valori del brand, ossia l’impegno nel sociale e nel welfare aziendale. «La cultura dello star bene e del benessere è nel nostro dna - aggiunge Francesco Spanedda, brand director di Thun -. L’azienda, infatti, ha fatto dei suoi uffici e degli impianti produttivi, ambienti in cui estetica e funzionalità sono al servizio dei collaboratori, seguendo la filosofia Feng Shui: l’arte di costruire un’architettura energetica, al fine di vivere in armonia con se stessi e l’ambiente. Nel 2015 inoltre, ha realizzato un grande open space che si modella al cambiare delle esigenze lavorative e che contribuisce a stimolare la collaborazione, la condivisione di informazioni, la creatività». Una realtà questa, davvero positiva anche perché, con la Fondazione Lene Thun Onlus, da 11 anni attraverso la passione per la ceramica, realizza laboratori di terapia ricreativa operando in diversi contesti patologici e di disagio, a sostegno del trattamento medico-farmacologico, soprattutto nell’ambito dell’età pediatrica e giovanile. Sul vivere in armonia con l’ambiente ne conviene anche Nicola Lamberti, amministratore delegato di 7 Pixel. «La nostra - osserva Lamberti - è una realtà al cui interno si sono create condizioni positive basate su un concetto semplice: massi-

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Nella foto a fianco: Renata Duretti, country Hr manager di Ikea Italia

mizzare il bene e l’interesse di tutti, incluso il nostro. Abbiamo infatti una sede che produce energia rinnovabile, sport, natura, benessere, aggregazione, un modo diverso di fare impresa. Operiamo nel web con tanti servizi di comparazione prezzi e dei marketplace digitali, ma abbiamo le idee molto chiare su come interpretare il nostro ruolo di azienda attenta e responsabile verso le esigenze di sostenibilità e reciprocità sociale. E siccome l’attenzione alla persona è per noi fondamentale, diamo alle nostre risorse la massima flessibilità lavorativa, cercando di fare il possibile per non richiedere straordinari sul lavoro; quando arriva un figlio offriamo un contributo di 200 euro al mese, ma abbiamo anche degli spazi dove gli educatori seguono i ragazzi durante le chiusure del periodo scolastico; oppure, ancora, essendo in provincia di Pavia, a Giussago, oltre ad offrire un servizio di navetta, regaliamo una bici elettrica e a chi cambia la macchina, da benzina a metano, regaliamo il pieno; oppure, ancora, abbiamo creato spazi per non lasciare i cani in casa da soli. Tutto in linea con la nostra vision: creare valore diffuso per tutti, collaboratori, clienti, fornitori, ambiente». «Questo premio ci ha dato lo spunto per portare sul palco un messaggio molto forte - dice Moreno Ferrario, Sales Manager di Linkedin Italia, la divisione del più grande network professionale su internet a livello mondiale, presente in oltre 200 Paesi e disponibile in 24 lingue, che conta più di 433 milioni di membri, di cui 9 milioni solo in Italia - l’attenzione alle persone. Del resto, la vision aziendale consiste proprio nel creare un’opportunità economica per ciascun membro della forza lavoro globale, attraverso lo sviluppo del primo Economic Graph al mondo». Ne conviene Umberto Cairo, presidente di CloudTel, azienda nata nel 2013 nel settore delle telecomunicazioni, che afferma: «Credo fermamente in questo premio, in quanto l’azienda per essere sana, deve essere fatta di teste pensanti, innovazione e spirito positivo. La positività è una motivazione ad operare con entusiasmo

e ad aver sempre voglia di innovare. Il tutto, ovviamente, condito sempre dall’etica». «L’innovazione è il passaporto per la longevità delle aziende - dice Lucia Ercole, imprenditrice appartenente alla famiglia proprietaria della storica Saclà - ed è proprio per questo motivo che ho fondato “Casa Saclà”, un nuovo marchio che punta su un progetto gourmet di alta gastronomia, con una produzione mirata di prodotti di altissima qualità e l’idea innovativa di entrare non solo nei punti vendita della gastronomia tradizionale, ma anche in canali alternativi con un obiettivo: creare occasioni di consumo». «Sono d’accordo - ribatte - Katia Ingegneri, responsabile comunicazione de «Il Prisma», società che si occupa di comunicazione e design bisogna puntare su questi aspetti. Noi indaghiamo negli spazi, cercando di trasformarli in luoghi positivi. Lo spazio è un luogo di contaminazione e gli spazi belli ingaggiano nuovi talenti». Sulle stesse lunghezze d’onda viaggia anche Gabriele Tagi, amministratore di G&G Private Finance, società con sede nel Principato di Monaco, della londinese Ethics and Performance e della svizzera GP Swiss: «Ho sempre lavorato nel settore finanziario, focalizzandomi su progetti di finanza etica e ho scelto di candidarmi a questo premio perché la positività è un fattore aggregante anche con culture diverse». Federica Beretta, digital marketing manager di In Job, società che si occupa di ricerca e selezione del personale del middle management e del settore impiegatizio, apprezza la portata innovativa del premio: «Il cuore


pulsante della nostra attività sono le persone - spiega - e stiamo completamente trasformando l’azienda cercando di portare a bordo i millenials: del resto, nel mondo delle risorse umane il tema del talento è patrimonio di tutti, ma perché i talenti siano incentivati a fare devono anzitutto stare bene. Noi ci stiamo adoperando in tal senso, con progetti pilota di smart working». «La positività va intesa come driver di una crescita sana ed etica - argomenta William Griffini, Ceo di Carter & Benson, una delle più autorevoli società di head hunting presenti sul mercato e partner storico del Pba -. Trovo molto intensa e proficua questa tavola rotonda proprio perché la condivisione di best practices è fondamentale per essere incentivati a fare di più. Del resto, tutto il mondo sta andando verso i big data ed oggi viene apprezzato non tanto più chi performa, ma chi genera interazioni». Non ci sono dubbi in tal senso neppure per Alberto Algerini, co-fondatore e Socio di Megal argenteria e oreficeria, che dice: «In questo periodo di “crisi” l’idea di istituire un premio rivolto alle imprese che fanno della positività il propellente per migliorare la propria attività, mi ha stimolato nel volere partecipare a questo evento». Anche Raffaella Cosentino, direttore editoriale e responsabile della testata www.PensaallaSalute.com, un giornale che si occupa di salute, vincitrice nella categoria Web Presence, ha sposato il Positive con entusiasmo: «Non potevo che apprezzare questa iniziativa in quanto l’obiettivo del mio web magazine, basato sul senso della positività e del bello, è proprio quello di offrire ai lettori non solo un focus sulla prevenzione

della malattia o su un concetto di salute che non è solo assenza della stessa, ma è anche e soprattutto quello di una vita piena all’insegna della qualità del tempo libero». Emerge chiaramente che l’attenzione alle persone è uno dei principali fattori comuni delle aziende vincitrici. Un esempio molto forte in tal senso è Zeta Service, realtà con 14 anni di storia alle spalle, 200 collaboratori e 6 sedi. «Siamo una società di servizi il cui core business è l’amministrazione del personale e pertanto, la quotidianità dei nostri collaboratori è per noi un bene da preservare e da supportare - dice Rosa Morelli, relationship marketing specialist di Zeta Service -. Orari flessibili, possibilità di lavorare da casa, maggiordomo aziendale sono alcuni dei principali plus che offriamo, insieme, quindi, ad una grande attenzione alle risorse umane, che si trasforma in estrema cura e sollecitudine nelle relazioni con i clienti. Ogni anno, inoltre, lanciamo un tema: in questo corrente, ad esempio, quello prescelto è “la bellezza”. E dal momento che l’attenzione alle donne è molto forte, in quanto rappresentano ben l’80% dei dipendenti, abbiamo anche lanciato il progetto Libellula con Action Aid, proprio per contrastare la violenza su di esse, con corsi di difesa personale, di auto empowerment, attenzione al diversity management. Da 7 anni siamo entrati nella classifica del Great Place to Work, abbiamo vinto l’Ambrogino d’Oro e, dunque, non potevamo non candidarci al Positive Business Award, un premio bellissimo ed unico nel suo genere: lo facciamo per i nostri collaboratori, per motivarli, perché se una persona sta bene, lo dimostra e si vede» . Anche per Prodeco Pharma, l’azienda italia-

na fondata nel 1988, che offre soluzioni fitoterapiche e opera nel mondo della medicina naturale, la partecipazione al premio è avvenuta, in quanto, perfettamente allineata con il suo modus operandi, seguendo l’azienda un modello di sviluppo basato sull’etica e sul desiderio imprescindibile di offrire prodotti efficaci ma innocui, senza alcun effetto collaterale. «La nostra missione - spiega Alberto Catania, Ad di Prodeco Pharma - è quella di realizzare prodotti per riportare equilibrio nell’organismo e, dunque, salute e benessere alle persone per favorire un approccio fisiologico. Per fare questo non abbiamo mai puntato al profitto ma solo al benessere di tutte le componenti. Da noi, infatti, non ci sono dipendenti ma “condivisionari”, persone cioè che condividono con noi il nostro obiettivo e pertanto, il nostro organigramma è a cerchi concentrici e non piramidale: nel primo cerchio c’è il Board strategico e nel secondo la ricerca e sviluppo». Ne conviene Sarah Basevi, coordinatrice ufficio marketing della società: «Il mio team si occupa di creare entusiasmo e benessere, requisito fondamentale per un’azienda sana e lungimirante». «Al fatturato è stato dato un valore inferiore di quello riservato al collaboratore, in quanto è lui che porta benessere e valore in azienda - conclude Francesco De Paola, Responsabile Hr della società -. Amiamo molto questo premio - afferma Masella - perché ci dà l’occasione di mettere in primo piano il valore dell’etica nelle organizzazioni, un tema che la Scuola di Palo Alto ha sempre considerato prioritario. Tutte le aziende premiate all’Award hanno capito che dare valore alle persone vuol dire elevare il senso imprenditoriale ad un livello superiore». «Dopo le prime 4 edizioni del Pba - conclude Enrico Banchi - la nostra vocazione di formatori ci ha spinto a sviluppare strumenti in grado di far evolvere le imprese in questa direzione. È ciò che chiamiamo l’Mmp, ovvero il Modello Manageriale Positivo, una strategia di gestione delle risorse che aiuta tutti i livelli dell’organizzazione ad eccellere, innalzando il livello di engagement». La tavola rotonda con numerosi protagonisti del premio «Positive Business Awards»

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finanza agevolata

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Crediti d’imposta: benvenuti nell’epoca degli incentivi fiscali

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elle policy del Governo a sostegno delle imprese, negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo utilizzo di forme agevolative di natura fiscale, più gradite allo Stato e ai contribuenti. Si tratta dei cosiddetti «Crediti d’imposta», altrimenti chiamati «Tax credit», attivati su imprese di qualunque dimensione e localizzazione geografica, a fronte di investimenti in specifici settori/attività meritevoli di maggiore sostegno ed attenzioni a carico della finanza pubblica. Il panorama è vario: si va dalle misure a «sportello» con domanda telematica, istruttoria e assegnazione dei fondi in base all’ordine cronologico di presentazione (spesso tramite click-day), agli strumenti automatici, senza presentazione di domande e/o senza preventiva autorizzazione all’utilizzo dell’agevolazione spettante. Vediamo insieme i principali incentivi: •Ricerca&sviluppo: si ha a disposizione un credito d’imposta del 50% sulle spese incrementali in R&S, rispetto alla media fissa delle medesime spese sostenute nel triennio 2012-2014. Può essere utilizzato, anche in caso di perdite, a copertura di un ampio insieme di imposte e contributi, in compensazione sull’F24. La misura sarà operativa fino al 2020 •Riqualificazione strutture turistico-ricettive: il bonus, rinnovato rispetto alla precedente edizione e previsto entro l’autunno, garantirà un credito d’imposta del 65% sulle spese di ristrutturazione sostenute nel biennio 2017-2018 per il miglioramento dell’offerta ricettiva di alberghi e agriturismi •Pubblicità: la Manovra Correttiva 2017 ha introdotto, a decorrere dal 2018 un incentivo fiscale pari al 75% (90% nel caso di PMI e startup innovative) degli investimenti pubblicitari incrementali rispetto all’anno precedente ed effettuati su quotidiani, periodici, emittenti

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televisive e radiofoniche locali •Bonifica amianto: dopo il successo della prima edizione, è al vaglio del Parlamento il Testo Unico Amianto che prevede un credito d’imposta del 50% per le opere di bonifica da materiali contenenti amianto (rimozione, incapsulamento e confinamento) sostenute nel corso del 2017. Industria 4.0: in corso la IV rivoluzione industriale All’interno della Legge di Stabilità 2017, il Governo ha varato il piano Industria 4.0, un progetto da 13 miliardi di euro per sostenere le aziende italiane nel processo di digitalizzazione e robotizzazione dei sistemi produttivi. Che cosa prevede? La concessione di incentivi fiscali affinché le imprese attivino investimenti per l’innovazione e la competitività. Gli investimenti sono infatti quelli in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID) oltre che in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti. Ad esempio, acquistando beni materiali ad alto contenuto tecnologico funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale dell’impresa, viene concesso un iper ammortamento del 250% che consiste nella possibilità di maggiorare il costo di acquisto di un bene strumentale nuovo del 150% ai fini della deduzione fiscale delle quote di ammortamento. Ma il Piano di Governo non si ferma agli incentivi per investimenti innovativi: obiettivo parallelo è la diffusione di una cultura 4.0 lungo l’intero ciclo formativo, dalle scuole all’università alle imprese. In arrivo infatti un pacchetto lavoro 4.0 nella prossima Legge di Bilancio 2018 con un bonus fiscale sulla formazione legata alla digitalizzazione dei processi produttivi.


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Gianluca Spadoni, autore del libro «Dai che ce la facciamo!»

«Dai che ce la facciamo! » Storie di successo oltre la crisi Gianluca Spadoni, formatore delle reti distributive nazionali, direttore scientifico di Evolution Forum e docente presso l’Executive master di Sales & Marketing di Alma Mater, la Business School dell’Università degli Studi di Bologna, racconta nel libro «Dai che ce la facciamo» storie di piccola imprenditoria italiana sana, frutto di un’impostazione mentale positiva che si può apprendere a qualsiasi età GIORGIO COURNIER

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ualche tempo fa mi trovavo a cena in un locale, quando all’improvviso qualcosa ha catturato la mia attenzione: nel ristorante dov’ero, c’erano persone in piedi in attesa di un tavolo e nel locale accanto, invece, nemmeno l’ombra di un’anima. A quel punto la riflessione è partita in automatico: se il periodo storico economico è lo stesso per tutti, perché due locali che svolgono la stessa atti-

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vità, uno non ha clienti e l’altro ha la fila di fuori?». Gianluca Spadoni inizia con questa riflessione il libro dedicato alle storie di esempi di impresa vincente «Dai che ce la facciamo!» edito da Franco Angeli e oggi alla settima ristampa. Una riflessione sulle qualità di piccoli imprenditori italiani e liberi professionisti che hanno saputo affrontare la complessa era in cui ci troviamo e che hanno rivoluzionato il mercato e la mentalità generale. Qual è il comune denominatore delle storie di successo che hai racconta-

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to nel tuo libro o in cui ti sei imbattuto nella tua vita professionale? «Non esistono regole valide per tutti, né un vademecum applicabile a qualsiasi situazione, ma disposizioni d’animo che, se restano solide anche quando cambiano le circostanze, garantiscono la buona riuscita dell’impresa. Quello che accomuna gli imprenditori che ho conosciuto, sia scrivendo questo libro, sia nella mia vita professionale, è quella scintilla che nessuna crisi riesce a spegnere, da tirare fuori all’occorrenza: un mix di forza, speranza e resilienza necessario per


Il volume di Spadoni racconta storie di imprenditori italiani che ce l’hanno fatta

prepararci alla difficoltà esterna, all’errore che inevitabilmente faremo, al collaboratore in cui riponiamo fiducia che ci delude. Le persone intervistate non sono state al riparo dalla tempesta economica, ma l’hanno usata per rimettere in moto l’ingegno e scoprire opportunità». Quali sono le cose che più difficilmente si riesce a fare durante un momento di crisi? «Le sfide da affrontare possono essere di diversa natura. Penso comunque che la cosa più difficile sia fare il salto e osare: osare di

fare la scelta in controtendenza, di cambiare attività, di buttarsi in un progetto nuovo. Da esperto di network marketing mi viene in mente la storia paradigmatica in tal senso di Marco Leardini, giovane trentenne che ho conosciuto ai miei corsi di formazione alla vendita, attualmente professionista affermato nel settore del cashback. Marco era un broker di mutui, un agente plurimandatario che guadagnava bene. Sposato, due figli, un terzo in arrivo e il settore creditizio ed immobiliare che iniziano a collassare. Marco lavora ancora, ma sa che il rischio di

perdere tutto è davvero possibile con il mercato in quelle condizioni. Ecco che allora a trentadue anni inizia a lavorare nel network marketing, sistema distributivo che si realizza attraverso lo sviluppo di una propria rete di collaboratori, mantenendo in parallelo l’altra attività, rischiando, in un Paese che fa fatica a non guardare con sospetto chi si approccia al network, di perdere credibilità. In tre anni e mezzo, puntando sulla formazione e appassionandosi, utilizza quanto appreso dal mondo del network Cash back World Lyoness per ottimizzare e mettere a reddito stabile la precedente attività coinvolgendo dei collaboratori e finisce col dedicarsi quasi esclusivamente alla nuova attività. Osare permette le opportunità. Temere il cambiamento non consente di crescere nè come persone nè come professionisti. L’altra grande sfida da affrontare in un momento di crisi è la paura di trasformarsi per adeguarsi al mercato che cambia. L’imprenditore e il manager vincono non solo con le idee, ma an-

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che con la velocità di trasformazione; quello che capita, anche di negativo, non capita solo a te. Prima lo capisci, prima vinci. Nel libro a tal proposito racconto di Diego, che negli anni ’80 investe nell’attività tessile, raggiungendo la nicchia di mercato dei corredi per matrimoni. Il primo decennio va alla grande. Negli anni ’90 per lui diviene necessario seguire corsi di formazione per rispondere all’esigenza del mercato di identificare figure sempre più specializzate. Quando negli anni 2000 arriva la concorrenza cinese, che produce a prezzi cento volte inferiori, la guerra sembra persa, ma anziché uscire dal gioco, Diego prende una decisione importante: passare dalla quantità alla qualità assoluta. Riduce la rete vendita e punta a un vero prodotto di nicchia. Ragionando sul tema del made in Italy, oggi il corredo che propone è in filato biologico insieme ad altri prodotti di arredo di alta fattura artigianale. Il tempo gli ha dato ragione: i mercati di alto livello non sono aggredibili dai cinesi. In ultimo, sviluppa il nuovo business del logo olfattivo, una fragranza studiata su misura del cliente che accompagna il punto vendita e il ricordo del prodotto proposto. Un profumo sartoriale insomma; qualcosa che il mercato orientale non può raggiungere. La cosa che più difficilmente si riesce a fare in un momento di crisi dunque è adattarsi alla realtà imparando a cambiare quando è necessario». Rapidità dello sviluppo tecnologico, crisi economica, competitività globalizzata: quali sono le risorse personali utili ad affrontare uno scenario così impegnativo? «Formazione e sacrificio. Un binomio interessante sia per le generazioni di imprenditori e manager più giovani, a cui viene molto difficile parlare di rinunce e di risultati ottenuti nel lungo periodo, sia agli imprenditori più maturi, che a volte per presunzione non ritengono di doversi aggiornare. Oggi, non basta essere bravi, bisogna sapersi vendere al meglio e sapersi mettere in discussione nel proprio percorso di crescita professionale. La formazione è utile a tutti perché il mondo cambia così velocemente influenzando i mercati e i settori produttivi

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Per ottenere successo sul mercato oggi occorre essere bravi, ma anche sapersi vendere al meglio

che in un attimo si resta indietro. I corsi di formazione professionale servono a questo e vedo tanti che tornano anche a seguire un mio specifico corso sulle tecniche di vendita più volte, per capire meglio le dinamiche, acquisire motivazione e perché consapevoli che la platea dei colleghi cambia, fornendo nuovi spunti. Formazione si associa a sacrificio perché significa togliere tempo alla propria vita per dedicarlo allo studio, farlo nel fine settimana per non compromettere le ore lavorative, farlo seguendo corsi fuori dalla propria città e investirci dei soldi. Sacrificio significa anche dedicare tempo: i risultati non si ottengono frequentando un corso singolo, leggendo un libro o facendo un singolo lavoro di successo, ma perseverando e questo riesce più difficile ai più giovani. Il talento viene perso senza rinunce e allenamento costante. La rinuncia è ciò che distingue i bravi dagli eccellenti, quelli che iniziano e hanno un po’ di risultati positivi da quelli che durano e diventano punti di riferimento nei loro settori». E quando si punta su un progetto inizialmente promettente ma poi l’impresa non funziona lo stesso? «L’impresa, si chiama così perché è un’impresa non una certezza e sì, può succedere di sbagliare il progetto. Il problema è che quando perdi, soprattutto in Italia, spesso vieni marchiato a fuoco come un fallito, che ha tradito aspettative e promesse. La sconfitta però porta con sé sempre una crescita umana e la lezione imparata è un guadagno. La cosa più difficile? Ammettere di aver sbagliato. Ma quando lo si accetta si è pronti per il salto successivo. Andrea Mainetti è un’altra storia del libro, testimonianza vivente di questo processo. Una storia di cambiamento di un’azienda di famiglia dedicata al mondo delle fotografie. Fino agli anni ’70, grazie a un’idea del padre, che fu il primo

fotografo in Italia a lavorare con gli animali, ebbe grande successo. Il pubblico adorava farsi fotografare con cuccioli di diverse specie. Quando quell’idea di business tramonta con la legge che proibisce lo sfruttamento degli animali è ora per Andrea, presa in mano l’attività di famiglia, di rinnovarla. Investe nella stampa fotografica, acquistando un costoso macchinario di produzione e gli affari vanno a gonfie vele. A un certo punto, Andrea commette due errori: portare all’interno del consiglio di amministrazione delle persone con cui non condivideva la stessa visione aziendale, introducendo dei meccanismi che rallentarono l’attività, e il non aver colto in tempo l’impatto che l’avanzare della tecnologia digitale avrebbe avuto sul mercato della stampa fotografica. L’azienda presto va in perdita e Andrea chiede il condordato. È stato per lui difficile perdonarsi, ma era il primo step da fare per andare avanti e abbracciare un cambiamento. Non vuole cambiare attività, fa parte della sua famiglia. Vola in America dove vede che la crisi del settore è arrivata ed è stata affrontata. Il web e il digitale hanno cambiato il modo di vivere le fotografie: non si stampa per ricordare ma per celebrare... e la stampa si fa fotolibro, oggettistica, elemento di arredo. Andrea riapre l’attività puntando su nuove competenze, definisce un modello di business per l’Italia e l’estero e inizia a esportarre le sue proposte made in Italy. A oggi Andrea non sente di aver vinto la sfida ma si sente in gara e a suo agio. Resilienza dunque, quando si sbaglia progetto. Imparare a gestire e superare anche quello che non è un trionfo è la vera lezione di imprenditorialità. Questi sono esempi di come anche in questa fase storica si possa costruire qualcosa di grande. Sono ispirazioni per crescere nonostante il momento storico, o forse grazie ad esso».



finanziamenti e lavoro

Smart Working: di che cosa stiamo parlando? Gli strumenti tecnologici offrono la possibilità non soltanto di lavorare da casa, ma in qualsiasi luogo. La rivoluzione però non deve spaventare MARCO TRAVERSO @marcotraverso75

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are le stesse cose diversamente Il concetto di Smart Working sembra annunciare una rivoluzione all’interno della cultura aziendale. Attenzione a non spaventarsi: non si tratta di un cambiamento radicale nell’attività da svolgere, quanto invece un cambiamento di approccio verso quest’ultima. Definiamo lo Smart Working come un «lavoro per obiettivi da svol-

gere ovunque, in qualsiasi momento» La principale caratteristica dello Smart Working è la flessibilità. È un concetto diverso dallo storico tele-lavoro che, in ogni caso, richiede una postazione fissa e degli orari da rispettare. L’asticella nel nostro caso si muove diversamente: non parliamo più di finestre temporali pre-definite, di timbri di cartellino o specifiche direttive. Ci riferiamo ad una attività altamente produttiva e massimamente efficace gestita… dalla propria casa!

La Fiducia

Il manager che avalla lo Smart Working è in grado di motivare e stimolare i propri collaboratori, accompagnandoli nel processo che li porterà a prediligere il lavoro step-by-step ed a incrementare la loro capacità di auto-organizzarsi. Il manager ripone quindi la propria fiducia negli Smart Workers ed è in grado di delegare, alimentando così il loro senso di responsabilità e, soprattutto, la loro motivazione.

Anche se lavora da casa lo smart worker è una persona ambiziosa che investe sulla propria carriera e ha una forte propensione alla socialità

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giungimento di obiettivi e della Mission aziendale.

Possibili Criticità

Chi è uno Smart Worker?

Non è difficile definire un profilo dello Smart Worker ideale. Tendenzialmente si tratta di una persona ambiziosa, che investe sulla propria carriera e ama mettersi in gioco. È un individuo capace di interagire con i propri colleghi, ed è dotato (al contrario di quello che si potrebbe pensare) di forte spirito sociale e competenze relazionali. Lavorare da casa non è sinonimo di isolamento, ma di gestione autonoma della propria conoscenza, producendo così da una postazione casalinga mantenendo il contatto, la collaborazione e la condivisione con l’ambiente. Lo Smart Worker è entusiasta del proprio lavoro ed è motivato a raggiungere i propri obiettivi. Altresì lo Smart Worker (O Digital Worker) deve possedere delle competenze digitali che gli permettano di essere autosufficiente e online con la rete di colleghi dal proprio ambiente domestico.

L’importanza degli Obiettivi

Gli obiettivi da perseguire sono chiariti e condivisi fin dal principio così come deve essere definita una data di consegna del lavoro svolto. Per quanto riguarda invece l’organizzazione del lavoro stesso e la programmazione delle attività da svolgere sarà lo Smart Worker a gestirsi autonomamente.

La Valutazione dei Risultati

Il manager si ritroverà a valutare il lavoro senza aver effettivamente osservato il progresso dell’attività. In questo senso, la fiducia riposta nel lavoratore Smart torna ad essere di primaria importanza. Infatti, percepire un senso di stima permette

al collaboratore, o al manager che lavora in Smart-Working, un incremento della motivazione e del senso di responsabilità. Inoltre, il benessere generale dato da una ottimizzazione nel work-life balance, facilita di per sé il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Talvolta, in ogni caso, è possibile organizzare degli incontri, virtuali o meno, di condivisione delle informazioni e del processo produttivo, rendendo così massimamente efficace lo Smart Worker.

Smart Manager Come gestire un gruppo di Smart Workers

Uno Smart Manager alle prese con un Team di collaboratori in Smart Working avrà dei punti di attenzione importanti: innanzi tutto dovrà occuparsi di non discriminare in alcun modo i propri collaboratori. Alcuni aspetti legati, per esempio, al riconoscimento degli stessi e della loro attività come i limiti di orario e il diritto alla tutela nel caso di infortuni e malattie, non dovrebbero subire modifiche. In generale, affinché in un’azienda possa funzionare efficacemente l’affiancamento di uno stile di lavoro tradizionale con uno in Smart Working è necessario condividere, su vari livelli, informazioni e progressi basati sull’assunto che il lavoro di uno Smart Worker non è più o meno importante rispetto a quello svolto in sede e viceversa. È possibile inoltre integrare le due modalità di lavoro sulla base di planning aziendali specifici, obiettivi da raggiungere o richieste dei collaboratori. L’obiettivo comune e condiviso è quello di performare al meglio nel rag-

Lo Smart Working indurrà inevitabilmente dei cambiamenti macro nel clima generale di una Azienda. In questo senso ci sono degli aspetti che devono essere monitorati. Il trattamento dei collaboratori, sia da un punto di vista normativo che retributivo, così come le norme di sicurezza, devono essere le medesime. È molto importante, inoltre, analizzare con continuità i risultati del lavoro affinché si possa valutare l’efficienza delle persone in seguito all’introduzione del nuovo modello di lavoro. Bisogna porre particolare attenzione a non danneggiare le dinamiche di apprendimento che possono essere favorite dall’osservazione dei colleghi e dal canonico lavoro di «squadra»: sensazioni di isolamento o di difficile integrazione sono infatti aspetti da tenere monitorati. Al fine di accendere il motore del cambiamento in un’ottica di Smart Working in Azienda, diverse scuole di formazione stanno orientando i loro corsi in modo da poter preparare i Manager del futuro all’ingresso di questa nuova tipologia di lavoro. Per esempio, tra le prime Business School italiane, la Scuola di Palo Alto di Milano ha introdotto nel catalogo 2017/2018 una serie di proposte formative volte a supportare lo Smart Manager a gestire il suo Team, affrontando di conseguenza eventuali criticità e problematiche legate alle nuove figure che saranno presenti nel panorama aziendale di domani.

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il Nodo di Gordio - scacchiere geopolitico

GIANNI BONINI Senior Fellow del Think Tank di studi geopolitici «Il Nodo di Gordio» www.NododiGordio.org

Ripensare il Mediterraneo dopo le Primavere arabe

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a normalizzazione delle relazioni diplomatiche con l’Egitto può aprire una stagione nuova tra l’Italia e la cosiddetta area MENA - Middle East and North Africa. Abbiamo dimostrato sensibilità e rigore sulla questione Regeni e sui diritti umani in generale, nessuno può farci la morale tanto meno i nostri partner europei che non hanno perso l’occasione per intensificare al nostro posto i rapporti nell’area e con al-Sisi in particolare, perdendo una volta di più l’occasione per mostrare un’Europa coesa e ferma nei principi, per non parlare poi del silenzio assordante di Cambridge sull’assassinio del giovane ricercatore. Le primavere arabe che hanno fallito nella loro spinta originale di promozione delle libertà civili, per chi ci ha creduto, hanno rischiato di tradursi in una tirannide della shari’a, la legge islamica. La Fortuna, che nel senso latino decide ciecamente i destini umani, ha voluto che la fitna della comunità musulmana, la politica americana del soft power volta a distribuire i costi del governo politico globale nell’era multipolare, nuovi protagonisti come la Russia decisa a non farsi espellere dai mari caldi, la stabilità marocchina e algerina, per non citare il movimentismo obbligato di Erdogan insidiato a sud dalla nuova nazione curda e un Israele guardingo contro ogni avventurismo, non ultima anzi la capacità del Libano di resistere alle ricorrenti spaccature, determinassero una situazione di state building e di diplomazia che abbiamo il dovere di sostenere contro i venti del disordine che sembravano prevalere. Intendiamoci bene, per l’Italia non sarà facile mantenere le vecchie posizioni raggiunte nel secondo dopoguerra con una tenace politica di cooperazione economica e di pace che ci hanno reso un partner commerciale privilegiato dei paesi dell’area. La tela da tessere deve tenere conto che si è chiuso il ciclo storico segnato dalla decolonizzazione e dal socialismo nasseriano. La Libia è lì a ricordarci che il Mediterraneo, di cui noi siamo per

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il grande storico francese Braudel l’asse mediano, non è un optional ma lo spazio naturale in cui siamo obbligati a fare politica, dalle guerre puniche ai disastri dell’ultimo conflitto e che la geopolitica non ammette vuoti che non si riempiano presto e per un tempo più o meno lungo. Abbiamo delle giustificazioni, la totale assenza dell’Unione Europea come interlocutore politico e le velleità neocolonialiste di qualche cugino ed alleato ci hanno costretto sotto ricatto ad accettare delle situazioni di fatto come la fine di Gheddafi, scaricandoci addosso il controverso fenomeno migratorio, ma adesso il giuoco lo conosciamo. Dal Mediterraneo, in cui transita il 20% del traffico marittimo commerciale globale, il 30% di quello petrolifero, il 65% delle forniture energetiche europee le nostre comprese, senza contare gli oleodotti ed i gasdotti che lo attraversano e gli importanti giacimenti di oil&gas scoperti, cui siamo debitori per la stragrande maggioranza delle merci che importiamo ed esportiamo, passa la nostra sicurezza garantita solo dalla visione di uno spazio marino allargato che va dalle coste atlantiche al Mar Caspio e dal Mar Nero all’Oceano Indiano, con i principali passaggi obbligati delle vie di comunicazione da Suez a Bab el-Mandeb, Hormuz ed oltre. Dentro questo disegno la nuova Legge Navale, un investimento di circa 5,4 miliardi, è un buon inizio a cui però dare continuità nel rinnovamento complessivo della Marina militare. Più in generale non possiamo non essere d’accordo con chi sostiene che la proposta allo studio del teutonico Schauble, di scambiare in sostanza la creazione di un fondo dedicato all’Eurozona meridionale con la europeizzazione della nostra industria militare sottomettendoci alla diarchia franco-tedesca, la trappola del caso Fincantieri-STX France, vada respinta. Non possiamo permetterci di perdere forza contrattuale nell’Europa che ancora non esiste.


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Sfida tra scenari di economia circolare, vince il riciclo di materia I risultati di uno studio sugli pneumatici fuori uso, realizzato per Ecopneus dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Maggiori benefici ambientali, in termini di emissioni di gas serra evitate e minore consumo di suolo e acqua, e maggiori vantaggi economici grazie alla creazione di ricchezza per il Paese e di nuovi posti di lavoro: il tutto in uno scenario Full Recycling degli pneumatici a fine vita. É il risultato di uno studio realizzato per Ecopneus dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile che ha messo a confronto due scenari alternativi, uno incentrato sul riciclo e uno sul recupero energetico, relativi alla gestione di 400mila tonnellate di pfu. La gestione dei Pneumatici Fuori Uso (pfu) in Italia, infatti, passa principalmente attraverso due modalità di recupero: una indirizzata al riciclo dei materiali, e in particolare del polimero di gomma, che può essere utilizzato come materia prima seconda in sostituzione di gomma vergine per la produzione di nuovi beni; l’altra indirizzata al recupero come combustibili derivati (Tyre Derived Fuels, Tdf) per la produzione di energia. Ecco i risultati dello studio: lo scenario Full Recycling garantisce un beneficio aggiuntivo rispetto a quello Full Energy Recovery pari a 477mila tCO2eq di emissioni evitate in un solo anno, è lo stesso beneficio che si otterrebbe eliminando dalle strade italiane 293mila automobili che percorrono 10mila km in un anno. Relativamente all’impatto sulla salute umana, il recupero delle 400mila

tonnellate di pfu tramite utilizzo in cementificio presenta un bilancio positivo con circa 30 anni di vita preservati, mentre nello scenario Full Recycling questi salgono a ben oltre 749 anni. Per quanto riguarda l’uso efficiente delle risorse (suolo, materiali e acqua), avviare 400 mila tonnellate di pfu a Full Recycling consentirebbe, rispetto allo scenario Full Energy Recovery, i seguenti vantaggi: un risparmio di 1,163 milioni di m3 di acqua, come quella contenuta in 465 piscine olimpioniche; 1.066 milioni di tonnellate di risorse naturali fossili e minerali risparmiate, equivalenti al peso di 106 Tour Eiffel; 3.654 ettari di suolo salvati, equivalente alla superficie coperta da circa 5.000 campi da calcio regolamentari. Per quanto riguarda il bilancio occupazionale ed economico, sono stati valutati gli effetti diretti, indiretti e indotti della spesa associata alla gestione delle filiere. Una volta a regime (si è ipotizzato che servano alcuni anni per sviluppare l’infrastruttura necessaria per un completo riciclo o per un completo recupero energetico di 400 mila tonnel-

late di pfu), il nuovo valore aggiunto prodotto nello scenario Full Energy Recovery ammonterebbe a 91 milioni di euro, a fronte dei 110 milioni dello scenario Full Recycling. Sulla stessa linea, l’occupazione aggiuntiva (in Unità di lavoro standard) passerebbe da 1.433 con l’avvio dei pfu a cementificio a 1.727 con le stesse 400mila tonnellate di pfu avviate a riciclo. Anche in questo caso i maggiori benefici di un modello di gestione dei pfu basato sul riciclo appaiono evidenti, con 19 milioni di euro di Valore Aggiunto e quasi 300 posti di lavoro in più. Un’analisi ulteriore è stata svolta sugli effetti diretti, indiretti e indotti derivanti dal risparmio per il Paese associato alla riduzione delle importazioni di materie prime sostituite dal recupero dei pfu nei due scenari. Secondo lo studio, indirizzare il Paese verso il pieno riciclo dei pfu rispetto all’opzione del recupero energetico consentirebbe, quindi, grazie al risparmio sulle importazioni, di generare oltre 360 milioni di euro di ulteriore Valore aggiunto ogni anno e poco meno di 6mila nuovi posti di lavoro.


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Primo giorno di lavoro? Dura un anno Le cifre della recente ricerca (marzo 2017) di Top Employers Institute lo confermano Roma (Labitalia) Fino a pochi anni fa, il neo assunto veniva presentato sbrigativamente ai colleghi, gli si faceva fare un giro veloce in azienda, gli veniva consegnato un sintetico libretto di istruzioni sulla scrivania. E poi... buon lavoro! Oggi tutto è cambiato e il processo di on-boarding (l’inserimento in azienda dei nuovi assunti) si è trasformato in un vero e proprio iter di formazione, con scadenze, verifiche e valutazioni, che inizia ancor prima del primo giorno di lavoro e può durare anche un anno intero. Le cifre della recente ricerca (marzo 2017) di Top Employers Institute lo confermano e disegnano l’iter di formazione dei neo assunti, con tappe e scadenze ben delineate. A cominciare da prima del primo giorno di lavoro: ancor prima dell’ingresso ufficiale in azienda, infatti, si forniscono al neo assunto tutte le informazioni relative all’azienda, alle regolamentazioni e ai possibili sviluppi di carriera. Inoltre, gli si dà accesso a un portale dedicato di on-boarding in modo da fargli conoscere in dettaglio l’identità e le caratteristiche dell’azienda e quale sarà la sua futura realtà professionale. Dalla ricerca emerge che il 67% delle aziende consegna informazioni, manualistica, regolamentazione aziendale e schemi sui percorsi di carriera, il 95% consegna un manuale esplicativo dettagliato sull’azienda e il 23% permette l’accesso a un portale di on-boarding prima dell’assunzione. Passando alla prima settimana di lavoro, si prevede un coinvolgimento attivo del top management, con le prime linee che presentano ufficialmente il neo as-

sunto, occasioni di socializzazione, puntualizzazione del ruolo professionale e aspettative, assegnazione di tutor e anche un feedback da parte del nuovo arrivato. Ebbene, si calcola che il 76% delle aziende prevede che siano i top manager a presentare il neo assunto ai colleghi, il 71% organizza pranzi di benvenuto con tutto il team, il 44% assegna un tutor al nuovo assunto, il 57% chiede al neo assunto una valutazione sull’accoglienza e sulle prime impressioni della vita in azienda. Poi, ci sono i primi tre mesi di lavoro: si entra più nel vivo della professione e il focus si sposta sulle prime valutazioni e monitoraggi. In un’ottica di crescita non solo professionale, ma anche umana, vengono favorite e incoraggiate attività di condivisione sui social media. Dallo studio emerge che l’89% delle aziende prevede incontri regolari di monitoraggio, il 70% organizza meeeting con l’Executive management, il 59% promuove attività di condivisione sui social media. E alla fine del primo anno di lavoro è il momento di tirare le somme e delle prime valutazioni ufficiali. Si può procedere alla valutazione del-

le performance e pianificare in maniera concreta un percorso di carriera e di piani di sviluppo. Sono anche previste sessioni di verifica per analizzare l’esito del percorso formativo e puntualizzare gli obiettivi futuri. In questo caso, si rileva che il 68% delle aziende valuta il nuovo assunto tramite Kpi (Key Peerformance Indicator, indicatore-chiave di prestazione), nel 58% delle aziende sono previste valutazioni da parte del management e nel 58% sono previste sessioni di follow up a un anno dall’assunzione, preludio a successivi piani di sviluppo e percorsi di carriera. «I dati della ricerca confermano che l’on-boarding si sta affermando tra le aziende più evolute come una priorità aziendale e strumento di attrazione e fidelizzazione di talenti. Un processo di on-boarding efficace e ben strutturato significa la possibilità di avere più rapidamente dipendenti pienamente produttivi e consapevoli della cultura aziendale e rappresenta un investimento proattivo, che si traduce in una crescita anche a livello aziendale», afferma Massimo Begelle, Deputy Country Manager Italy di Top Employers Institute. «In una situazione di mercato in cui i candidati hanno sempre più accesso alle informazioni relative all’azienda in cui andranno a lavorare, un percorso di on-boarding che valorizzi l’integrazione sociale e culturale dei nuovi assunti rappresenta un importante elemento di attrazione e fidelizzazione dei talenti e aumenta sensibilmente l’appealing aziendale», osserva David Plink, Ceo di Top Employers Institute.


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Viola é prima. @Studio Borlenghi-F.Ferri

Monaco Classic Week, trionfa la «Belle Classe» Successo per la tredicesima edizione. A conquistare il trofeo, quest’anno, il prezioso cutter aurico «Viola» di Kostia Belkin. Dal 1993 in Francia è classificata come monumento storico nazionale. Durante la manifestazione riflettori puntati anche sulle formazioni nel mondo dello Yachting promosse dallo Yacht Club di Monaco SARA CONTESTABILE @sara_counts

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50 signore del mare hanno animato le danze di una nuova, affascinante edizione - la numero 13 - della “Monaco Classic Week - La Belle Classe”, appuntamento biennale che quest’anno si è svolto dal 13 al 17 settembre e che per una settimana ha riunito in Principato le più rare e prestigiose vele d’epoca. Uno sguardo privilegiato sul passato, quasi un tuffo nella lontana Belle Epoque. Il mare calmo, il sole di fine estate nel preludio di un tiepido autunno, hanno abbracciato questa rassegna che sempre riporta ai fa-

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sti di quell’epoca, mentre si passeggia davanti alla nuova marina dello Yacht Club monegasco, osservando lo charme di vele centenarie, che frastagliano il cielo imponendosi con i loro profili eleganti, senza tempo. Tra antichi alberi e cime pittoresche, il colpo d’occhio è una cartolina da ammirare nei perfetti tramonti di settembre. Molti sguardi sono rivolti a Tuiga: il cutter aurico costruito nel 1909 e dal 1995 vela ammiraglia dello Yacht Club di Monaco. Ma tutto il patrimonio marittimo del passato è qui all’onore e protagonista: le vele d’epoca, i motor-yacht d’epoca e i

primi motoscafi. Creato nel 1994, questo rendez-vous ha saputo conservare tutto lo spirito dei primi meeting dei motoscafi del 1904, quando in Principato già si riunivano gli industriali da tutto il mondo per assistere alle prove nautiche. Questa suggestiva settimana dedi-

Tuiga @Studio Borlenghi-Carlo Borlenghi


Dettaglio di Viola. @Studio Borlenghi-A.Pisapia

cata all’«arte di vivere il mare», sempre alterna prove nautiche, ispezioni tecniche, concorsi culinari, artistici e di eleganza. «È quel tipo di evento che colloca Monaco quale città per cui è conosciuta: per il porto - ha sottolineato Bernard d’Alessandri, segretario generale dello Yacht Club de Monaco - Monaco è una destinazione di yachting che sia quello moderno o quello d’epoca -. Fra i momenti forti di quest’anno, le celebrazioni dei 90 anni di Creole, Xarifa e Trinakria che il sabato della Classic Week hanno fatto un ingresso suggestivo e toccante nel port Hercule scandito da colpi di cannone e il sottofondo del suono quasi nostalgico delle cornamuse. E l’omaggio a Carlo Riva, recentemente scomparso, geniale e indimenticabile creatore delle iconiche imbarcazioni in mogano, fra i simboli del jet set degli anni ’50.

Il Trofeo al «Viola»

La giuria, presieduta da Sir Robin

Knox-Johnston - il primo uomo ad aver terminato il giro del mondo in solitaria senza scali - ha quest’anno premiato Viola che ha così conLa belle Classe Academy. @Studio Borlenghi-A.Pisapia quistato il trofeo Monaco Classic Week 2017. Si tratta di un cutter aurico del 1908 in Francia conside- - e il motoscafo Albatros di John Filoes. rato monumento storico, parte del «patriLa giuria presieduta da Sir Robin Knoxmonio marittimo». Kostia Belkin dello Johnston ha plaudito alla qualità delle Y.C.M., felice della prestigiosa ricompenimbarcazioni presenti in questa appena sa ha riassunto in due parole la storia di trascorsa edizione -. Non è stato facile dequesta imbarcazione: amore e competen- cidere tra i concorrenti di ques’anno - ha ze, sottolineando che «in qualità di skipdetto il presidente -. E ammiriamo e siaper sappiamo che le barche che ricevono mo riconoscenti per l’implicazione degli cure e amore restano eternamente belle. armatori così legati alle loro imbarcazioni, Penso anche alle competenze necessarie permettendo che la loro bellezza perduri essenziali affinché questo patrimonio ma- nel tempo. È importante incoraggiarli. In rittimo venga preservato. Senza le squaquesto senso, questo evento, è veramendre dei carpentieri marittimi Viola non te unico». potrebbe essere così bella».

«La Belle Classe» e L’eleganza

Un altro momento sempre atteso di questa rassegna, è quello dell’ispezione tecnica della giuria de «La Belle Classe Restauration» che permette a specialisti riconosciuti della storia e dello yachting d’epoca, di visitare e analizzare le barche partecipanti al fine di valutare la qualità dei restauri. Lo stretto rispetto dei piani d’origine e dei materiali utilizzati per la costruzione delle barche oltre che la mano d’opera di coloro che le hanno riportate «in vita». E il trofeo al miglior restauro è stato attribuito quest’anno a The Blue Peter, di Mathew Barker, cutter Marconi del 1930. Mentre il concorso di eleganza ha premiato Elena of London di Mark Dixon - replica della goletta Elena di Nat Herreshoff, lanciata nel 1911

CREOLE 90 anni e giovane

Creole, la celebre goletta tre alberi, è stata fra le protagoniste assolute della Classic Week 2017: il capolavoro di Charles Nicholson che nel 2013 qui conquistò il trofeo “La Belle Classe Restauration”, in questa occasione ha celebrato i suoi 90 anni. Scortata da Trinakria (50 metri) e il ketch Xarifa, entrambe lanciate nel 1927, Creole ha preso posto «regalmente» nella YCM Marina, seguita da una suggestiva parata di motoscafi come Riva, Chris Craft e Hacker Craft, accorsi a salutare questa «Big Boat» di 58,22 m. che nulla ha da invidiare alle sue contemporanee. «L’ingresso nel porto, con tutti gli armatori, i marinai che sono venuti a salutare la barca... è stato un momento magnifico» ha dichiarato l’armatrice di Creole, Allegra Gucci, commossa durante la consegna dei riconoscimenti.

L’omaggio a Carlo Riva

Scomparso lo scorso aprile all’età di 95 anni, Carlo Riva ha rivoluzionato il mondo dello yachting creando le barche indimenticabili, oggetti del desiderio del jet set degli anni ’50 e ’60. Brigitte Bar-

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

15 M JI in flotta. @Studio Borlenghi-S.Gattini

dot, Sofia Loren, Elizabeth Taylor o Richard Burton - solo per citarne alcuni sono state fra le celebrities dell’epoca a desiderarne uno. I suoi successi e il suo ricordo in questa pagina fatta di storia e di mare, sono stati omaggiati da tutta la famiglia Riva, riunita nella YCM Marina in cui la scritta «Grazie Carlo» ha accompagnato e intrecciato ricordi e commozione. Un altro momento di emozione quando sono stati liberati in cielo decine di palloncini turchesi: colore iconico e signature del celebre marchio simbolo del design e del nostro migliore «made in Italy». Lia Riva, figlia dell’ingegnere ha assistito all’intima cerimonia sul leggendario Lipicar che apparteneva al padre. «Questo omaggio mi ha commossa e ringrazio tutti coloro che ne hanno fatto parte» ha detto.

tore - la Monaco Classic Week è una delle più belle regate al mondo. E torneremo ogni volta che potranno navigare i 15 M JI -. The Lady Ann e Hispania hanno completato il podio davanti a Tuiga in questa occasione condotta da Beppe Zaoli (presidente dello Yacht Club Sanremo) assieme a Olivier Campana. La classe delle vele «Epoca Aurici» riunisce le barche più antiche, le più ammirate e quelle protagoniste di restauri meticolosi. Marc Audine-

au su Olympian, ha conquistato il primo posto davanti a 15 concorrenti precedendo Bruno Troublé su Chips, che in questa occasione ha navigato accanto a John Marshall, grande protagonista della Coppa America. Kelpie di Philip Martinson ha vinto la terza marche. Cambria, di Chris Barkham, unica rappresentante della «Classe dei 23 metri Stazza Internazionale» che naviga ancora è salita sul primo gradino del pdio, fra le Big Boats davanti due unità battenti i colori dello Yacht Club di Monaco: Moonbeam IV (1914) ed Elena of London. Stesso scenario per la categoria dell’«Epoca Marconi» con la vittoria di Brendan McCarty su Rowdy già avanti dal primo giorno di regata. Billoch Martin su Cippino II e David Myatt su Erica hanno completato il podio. Prova di regolarità: una quarantina di motoscafi tra cui una decina di Riva (MBS, Ariston, Super, Barilani, Super Florida, Junior) ma anche Chris Craft e Hacker Craft, hanno corso la prova di regolarità che consiste nell’effettuare un percorso rispettando una velocità imposta. La vittoria è andata a Why Not, un Riva Junior del 1967, seguito da Giolisan, un Riva Super. Il Chris Craft Aristote, proveniente da Saint Barthélémy ha chiuso il podio.

IL CONTEST 2017

Al di là di tutti i diversi concorsi e trofei assegnati durante la Classic Week di quest’anno, le 68 vele d’epoca presenti a questa edizione, assieme ai quattro 15 M JI e i venti Dinghy 12’, hanno dato vita ad una gara affascinante, tutta da ammirare dalla costa. Per quanto riguarda i 15 M JI, Mariska, timonata da Benjamin Redreau non ha lasciato chance alcuna alle sue rivali, aggiudicandosi 3 delle 6 manche corse. Per Christian Niels, il suo arma-

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90 anni di Creole Creole. @Studio Borlenghi-S.Gattini.


Concorso degli Chef. @Studio Borlenghi-A.Pisapia

sipario alzato sugli Chef

La rassegna della Classic Week dedica una parentesi insolita e originale che compara e mette in risalto anche la creatività degli chef di bordo, dando vita ad un concorso presideuto da Jacques Maximin. La prova è aperta anche a tutti gli equipaggi professionisti - e non - che hanno potuto dimostrare le proprie abilità in ambito culinario. Protagonisti fra gli altri del «Concours des chefs» sono stati Christian Plumail chef dello Y.C.M., Christian Garcia chef del Palais princier, Philippe Johannes chef del Fairmont Hotel Monte Carlo ed Eva Casanova.

protagonista insostituibile dello yachting e porta un’esperienza di altissima qualità in questo ambito - ha sottolineato nell’occasione John Wyborn, direttore delle formazioni Bluewater - è naturale per noi esserci associati a loro con una gamma di formazioni specializzate e su misura per le giovani generazioni». Il

centro di formazione per i professionisti dello Yachting è attivo da quasi 2 anni nello Yacht Club del Principato, ha come obiettivo quello di offrire l’eccellenza a bordo, approfittando dell’incontestabile savoir-faire ed esperienza ai massimi livelli dello Y.C.M. Le formazioni si rivolgono agli armatori e anche a tutti colo ro che aspirano ad una carriera in questo settore - in crescita e che in Principato rappresenta la quarta industria. Chi ambisce a formarsi per diventare capitano, far parte del management e tutte le altre professioni ad esso legate come far parte degli equipaggi e diventare marinai. Le lezioni alternano moduli prettamente tecnici di navigazione da una parte e «l’arte del servizio», l’etichetta e il protocollo a bordo (spesso, ai più, sconosciuti) dall’altra. Sotto il nome de «La Belle Classe Academy», lo Y.C.M. ha fra i suoi obiettivi prioritari, quello di favorire lo sviluppo di tutti i lavori legati allo yachting, in particolare guardando alle nuove generazioni. Il prossimo appuntamento con la Monaco Classic Week sarà dall’11 al 15 settembre 2019. Il palmarès completo della Monaco Classic Week 2017 si puo’ leggere on line sul sito dello Yacht Club di Monaco www.yacht-club-monaco.mc

Creole. @Studio Borlenghi-Carlo Borlenghi

IL FUTURO

Fra le novità più importanti di questa Monaco Classic Week ci sono state le formazioni promosse dallo Yacht Club di Monaco, dedicate ai giovani aspiranti professionisti nel settore dello yachting: si tratta di formazioni di alto livello e fra le azioni più interessanti che vedono coinvolto lo Y.C.M. in prima linea e il suo centro di formazione. A bordo della goletta Doriana - vela d’epoca di 38 metri del 1930 - Bernard d’Alessandri, segretario generale dello Y.C.M. e Peter Bennet, Ceo di Bluewater, hanno presentato le nuove sessioni di formazione con il marchio «La Belle Classe by bluewater». «Lo Yacht Club di Monaco è un

L’omaggio a Carlo RIVA nella Y.C.M. Marina. @Studio Borlenghi-S.Gattini

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Focus a cura di sara contestabile

Una suggestiva immagine del Metropole Hotel di Monte Carlo

Coccole cinque stelle al Métropole Hotel Monte-Carlo e nella sua nuovissima Spa Givenchy Il centro benessere, inaugurato la scorsa primavera, è la grande novità del 2017 A concepire lo spazio, caratterizzato da gusto e armonia, è stato Didier Gomez Coccole cinque stelle per una vacanza davvero indimenticabile e da sogno all’insegna della raffinatezza, del lusso, dell’eleganza, dei sapori più deliziosi. I cinque sensi sono appagatissimi e anche soltanto darsi appuntamento qui, per un drink con le amiche o un veloce caffé nel pomeriggio, lascia stupore, spensieratezza, un ricordo sempre piacevole: é questo l’indirizzo più esclusivo del Principato di Monaco, il Metropole Hotel. L’Hotel 5 stelle situato nel centro del Carré d’Or é la maison signorile, la più raffinata e sa distinguersi. Ogni dettaglio, curatissimo, trasmette

charme e armonia. Dall’architettura, agli arredi interni, alle decorazioni come quelle floreali – sempre eccezionali in ogni momento dell’anno - scelte con gusto sopraffino e armonia con gli interni. La grande novità di quest’anno all’ Hotel Métropole Monte-Carlo é stata l’apertura della «Spa Métropole By Givenchy». Inaugurata la scorsa primavera, una creazione nata in partenariato con la Maison Givenchy, é stata la grande novità 2017 dell’Hôtel Métropole Monte-Carlo: la «Spa Métropole By Givenchy». Il tocco creativo, nel concepire

questo spazio, é quello di Didier Gomez. La nuova Spa incarna tutta la filosofia degli stabilimenti Givenchy : la scelta del luogo – rigorosamente d’eccezione - spazi luossuosi, cure e massaggi sofisticati, il piacere e il benessere assoluti. E’ quello che ci si aspettava da uno degli indirizzi più prestigiosi del Principato, una cornice incantevole, quasi fuori dal tempo. Questo scrigno lussuoso appare distante dalla vita frenetica quotidiana: é quasi sospeso ed immerso in un’atmosfera unica. E’ in questa ricerca continua di «perfezione» che l’Hôtel Métropole Monte-Carlo continua


a reinventarsi offrendo ai suoi visitatori il meglio : che sia nel design, nella gastronomia o nel benessere. Ed é qui che Givenchy ha immaginato una spa «su misura». Linee pure e materiali nobili, uno spazio concepito dall’architetto d’interni Didier Gomez, la nuova spa concilia la sofisticatezza e la modernità che coabitano nella lussuosa maison: all’entrata domina il marmo, di cui i volumi sono sottolineati da decise linee nere. Tra i materiali e lo stile contemporaneo, un muro digitale vegetale dà un tocco di serentià assoluta. Giochi di luce intimi e vibranti, immergono le dieci cabine massaggio, finemente decorate e una doppia suite e una singola sono dotate di bagno e hammam privato. Dettagli di lusso fra cui ogni cliente potrà scegliere una fragranza che l’accompagnerà per tutta la sua esperienza spa. Ultima tappa per ciascuna cura e ciascun massaggio, il «risveglio in freschezza» che utilizza la critoterapia, prolungando in dolcezza un momento di serenità. Dalla Heat experience alla musica preferita in cabina massaggi La nuova spa include il percorso «Heat experience», il percorso composto da sauna, hammam, caldarium, fontana con ghiaccio e docce sensoriali. Non manca certo la sala fitness con atrezzi di ultima generazione (technogym, Kinesis Personal, Kinesis Stations) ed uno studio pedi/manicure firmato Bastien Gonzalez. L’identità sonora della spa, creata da Béatrice Ardisson, é concepita per accompagnare e personalizzare i trattamenti in cabina. Ogni cliente puo’ scegliere la sua play-list secondo la musica preferita. Infine la boutique dedicata alla bellezza Givenchy che riunisce tutti i prodotti del marchio: dai profumi, alle creme, al maquillage. Metropole Hotel una tappa imperdibile per i gourmand di tutto il mondo Il Metropole Hotel é anche la cornice ricercata per i gourmand del pianeta, tappa imprescindibile del gusto perché qui, da 13 anni, trova posto il Robuchon Monte-Carlo, 2 stelle Michelin, ristorante gastronomico tra i più famosi a Monaco e

Relax e benessere nella Spa Givenchy

Oltralpe e diretto dal fedele braccio destro di Robuchon, Christophe Cussac. Una carta raffinata, rivolta ai sapori mediterranei e un’occasione per provare il celeberrimo purée dello chef, fra le sue proproste “signature”. Nella maison si trova anche Yoshi, l’unico ristorante giapponese al mondo con la firma Robuchon, dove la tradizione culinaria nipponica é brillantemente reinterpretata, una stella Michelin: qui lo chef, Takéo Yamazaki, propone una scelta di Maki, Sushi e Sashimi oltre che squisite portate à la carte come l’Ise Ebi No Soupe (aragosta al consommé di Kombu) o lo Zeitaku Wakame (frutti di mare in gelatina). Infine l’Odyssey in piscina: la “troisième table” qui a Monaco di Joël Robuchon. Aperta nella bella stagione, da maggio a settembre, il suo giardino, la pool house e gli spazi armoniosi si combinano perfettamente con i sapori estivi in uno spazio incredibilmente “à la mode” concepito da Karl Lagerfeld. I cocktail firmati Givenchy sono stati la novità

dell’estate. E per l’inverno? Torna il succulento «Bar à chocolat» nel Lobby Bar Hanno strizzato l’occhio alla nuova Spa Métropole by Givenchy i nuovi cocktail creati per l’estate dai barmen dell’ Hôtel Métropole Monte-Carlo. Una vera «collezione di cocktail”»con i nomi delle 4 fragranze della Maison Givenchy : Live Irrésistible, Gentlemen Only, Dahlia Divin e L’Ange Noir. Ma dopo il successo dello scorso anno, ora che si avvicina la stagione più fredda, la freschezza di questi coktail estivi lascerà il posto alle degustazioni, quelle più succulente, al Lobby Bar. Anche per questa stagione 2017/2018 torna il “Bar à Chocolat” firmato Robuchon. Guardando alla storia del Metropole Hotel di Monte-Carlo Questa maison monegasca nasce nella prosperità della Belle Epoque, alla fine del XIX secolo. Prima di essere acquistato nel 1886 dalla società «Monte-Carlo Hotel Company Ltd», il terreno sul quale sarebbe stato eretto l’Hotel Metropole, prima versione, apparteneva anticamente al Papa Leone XIII. Dalla sua creazione l’hotel ha attirato un’elite internazionale, grandi nomi dell’aristocrazia e uomini d’affari. L’epoca é quella storica, di una villaggiatura raffinata e questa diventa una delle mete più ricercate in Côte d’Azur. Bisognerà aspettare un secolo, gli anni ’80. Innamorato di Monaco, un promotore libanese, acquista il Metropole e per restituirgli tutto il suo splendore darà il via ad importanti lavori. Ribattezzato Métropole Palace: diventa subito crocevia di lusso del «coeur de la ville», un indirizzo che farà risplendere la destinazione Monaco e che contribuisce alla sua bellezza ancora oggi. Nella storia di questo hotel si conterà un secondo importante restauro: tra l’autunno 2003 e l’estate 2004. Ne uscirà la crisalide: «Hôtel Métropole Monte-Carlo» che diventa il nome ufficiale di questo 5 stelle. Da qui una nuova concezione di hôtellerie prestigiosa, nel cuore del lusso e del Principato, continuata oggi dal savoir faire del suo direttore dall’autorevole esperienza: Serge Ethuin.


Tax&Legal

Luigi Belluzzo Equity partner di Belluzzo & Partners

La nuova normativa antiriciclaggio

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l nostro paese è stato tra i primi a recepire la IV Direttiva (UE) 2015/849 che aggiorna la complessa regolamentazione di contrasto alle attività di riciclaggio e/o di finanziamento del terrorismo. Il decreto di attuazione, decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 («Decreto»), è entrato in vigore il 4 di luglio u.s. anche se manca ancora all’appello la legislazione secondaria che consentirà l’operatività di alcune importanti disposizioni. Il cardine su cui ruota la nuova normativa è l’analisi del rischio che accompagna l’adeguata verifica della clientela. Viene previsto, in particolare, un meccanismo che partendo dai pareri formulati dalle autorità europee di supervisione (Eba, Eiopa, Esma) arriva sino ai destinatari degli obblighi antiriciclaggio che sono chiamati, in concreto, a valutare i rischi e a predisporre i necessari presidi. Il nuovo regime degli obblighi di adeguata verifica inasprisce le norme sugli obblighi «semplificati» ed amplia quelle sugli obblighi «rafforzati» allargando al contempo il novero delle persone politicamente esposte (i cd. Pep). Con riferimento a queste ultime, l’attuale disciplina ricomprende non solo i sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti, ma anche i componenti dei principali organi di gestione e amministrazione delle imprese controllate da un ente pubblico (direttamente o indirettamente), così come i direttori delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie locali. La normativa impone, nel caso in cui ci sia un sospetto, o un motivo ragionevole di sospettare che siano state eseguite o siano in corso operazioni di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo, l’obbligo di inviare la segnalazione di operazione sospetta (cd. SOS) all’Uif. Anche a tal fine risulta, quindi, di fondamentale importanza procedere ad una identificazione preliminare del cliente. Nel caso dei professionisti, ad esempio, tale obbligo incombe relativamente a tutte le operazioni richieste. Le

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uniche prestazioni che non rilevano ai fini della normativa antiriciclaggio sono quelle relative all’analisi dei rischi connessi all’instaurazione di un giudizio presso le corti di merito eseguite nei confronti della clientela. Inoltre, è da accogliere con estremo favore il superamento dell’obbligo del registro della clientela che, tuttavia, ha come contropartita nuovi stringenti obblighi di conservazione della documentazione per almeno 10 anni. Tale obbligo deve essere inteso nel senso che deve essere possibile ricostruire in modo univoco la data di inizio del rapporto, i dati identificativi (del cliente, dell’esecutore e del titolare effettivo), e fornire informazioni su scopo e natura del rapporto o della prestazione così come la data, la causale e l’importo dell’operazione nonché i mezzi di pagamento utilizzati. Ulteriori nuove misure sono state previste in merito alle informazioni sulla titolarità effettiva. In particolar modo vengono disciplinate tutta una serie di modalità di raccolta delle informazioni da parte dei soggetti tenuti agli obblighi antiriciclaggio, avendo riguardo alla conformità della normativa in commento con le regole sulla privacy. In tema di trasparenza delle informazioni relative alla titolarità effettiva di società e trust viene prevista l’istituzione, in ogni Paese membro, di un registro pubblico centrale accessibile alle autorità competenti e a chiunque sia in grado di dimostrare un legittimo interesse. Si fa notare che in caso di violazioni dell’impianto normativo è stato ampliato lo spettro delle sanzioni amministrative che divengono assai rilevanti. In conclusione si può a ragione affermare che con questa normativa si è fatto un ulteriore passo in avanti nella direzione di rendere assai trasparente il sistema all’interno del quale si muovono i diversi operatori economici, contribuendo a creare un ambiente più attraente per gli investimenti ed incentivando la libertà di intraprendere.


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Occupazione, torna la fiducia I datori di lavoro mai così fiduciosi dal 2011 ad oggi: per il prossimo trimestre prevista una crescita del 3%. I settori Alberghiero, Ristorazione, Trasporti e Comunicazione tra i più ottimisti Il mercato italiano del lavoro sembrerebbe avviarsi nella direzione giusta. Lo sostiene Manpower-Group, leader mondiale nelle soluzioni strategiche innovative per la gestione delle risorse umane, che presenta oggi MEOS (ManpowerGroup Employment Outlook Survey) l’indagine trimestrale sull’occupazione. Secondo i dati relativi al periodo ottobre-dicembre 2017 la previsione per il quarto trimestre si attesta a quota +3%, che è il miglior dato di previsione registrato dal 2011 ad oggi e indica una maggior fiducia nelle assunzioni da parte dei datori di lavoro. "Anche se è troppo presto per affermare che siamo in piena ripresa, possiamo dire che siamo verso una svolta importante per il mercato del lavoro", afferma Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterranea, Nord ed Est Europa di ManpowerGroup. “Negli ultimi mesi, in Italia molti indicatori sono migliorati e diventati positivi: abbiamo notato una maggior fiducia tra i datori di lavoro. La domanda di talenti è in aumento e gli imprenditori hanno bisogno più che mai di rendere la talent strategy una priorità: costruire però la pipeline del Talento richiede tempo ed interventi mirati sullo sviluppo delle competenze chiave e dovrebbe, nei prossimi mesi, diventare un focus chiave per ogni azienda”. I datori di lavoro del Nord-Est d’Italia riferiscono le prospettive di assunzione più ottimistiche per il periodo ottobre-dicem-

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bre, con una previsione netta sull’occupazione pari a +9%. D’altra parte, i datori di lavoro del Nord-Ovest riferiscono piani di assunzione limitati, con una previsione di +1%, mentre si prevede che i mercati del lavoro resteranno fermi sia in Italia Centrale che nel Sud/Isole, dove i datori di lavoro riferiscono una previsione pari a -2%. In 6 settori industriali su 10, i datori di lavoro prevedono un aumento dei propri organici nel corso del quarto trimestre 2017. Si prevede che i mercati del lavoro più forti saranno quelli di ristoranti e alberghi, dove i datori di lavoro riportano una previsione netta sull’occupazione pari

a +9%. È previsto un certo aumento degli occupati nel settore di trasporti e comunicazioni, con una previsione del +6% e nel settore di agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca, dove le previsioni si attestano sul +5%. Si prevede un lento aumento del numero di occupati sia nel settore di elettricità, gas e acqua che nel settore pubblico e sociale, con una previsione del +2%. Tuttavia, si preve-

Leica sceglie Cegid per migliorare la customer experience Leica Camera AG, produttore internazionale premium di fotocamere e ottiche sportive, aggiornerà l’infrastruttura digitale dei negozi di proprietà a livello globale grazie all’implementazione di una soluzione retail omni-canale basata su cloud di Cegid.Leica – che può contare su una presenza su scala mondiale attraverso 75 store in 15 Paesi, compresi Germania, Francia, Regno Unito, Cina e Stati Uniti oltre a un network internazionale di 140 formati shop-in-shop chiamati Leica Boutique – ha guardato al cloud per implementare una soluzione che permettesse di integrare la propria rete di negozi all’interno di un’unica piattaforma, abilitando la visualizzazione contestuale dei dati sul cliente e dell’inventario, al fine di migliorare anche l’esperienza dei consumatori.In seguito a un rigoroso processo di selezione, Leica ha scelto

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il software gestionale retail, omni-canale e basato su cloud Yourcegid Retail, riconoscendone l’unicità delle capacità globali, del supporto internazionale 24/7 e l’esperienza consolidata di Cegid nel servire brand premium con le proprie soluzioni. Potendo offrire la visione completa dei dati sul cliente e sull’inventario, Cegid consentirà al business di fornire un livello di servizio in-store ancora più personalizzato e coerente presso tutti i punti vendita internazionali.


(segue da pagina 3)

Professionisti ed equo compenso, gli avvocati lanciano un Sos

de un calo del numero di occupati in quattro settori, in particolare nel settore minerario ed estrattivo e nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, con una previsione pari a -3%. I datori di lavoro di tutte e quattro le categorie previste dalla ricerca (micro aziende, piccole aziende, medie e grandi aziende) prevedono un aumento del personale nel corso dei prossimi tre mesi. Le

grandi aziende (oltre i 250 dipendenti) riferiscono i piani di assunzione più ottimistici con una previsione netta sull’occupazione pari a +15%, mentre la previsione per le piccole aziende (1049 dipendenti) si attesta al +4%. I datori di lavoro di aziende medie (50-249 dipendenti) e micro (fino a 10 dipendenti) sono più cauti e riferiscono previsioni rispettivamente pari a +2% e +1%.

Vendite al dettaglio: resta la preoccupazione I dati sulle vendite di agosto confermano le preoccupazioni sulla dinamica dei consumi e rafforzano l’idea che la ripresa corrente sia affetta da qualche elemento di fragilità, a partire dal forte rallentamento del reddito disponibile reale. E’ vero che i servizi - esclusi dal computo dell’indice delle vendite - restano dinamici e qualche indicazione positiva si registrerà nei

dati sui turismi attivi. Ma è altrettanto vero che, nonostante la repentina impennata della fiducia nel bimestre agosto-settembre, la ripresa stenta a farsi sentire in tanti settori di spesa, presso le imprese di minori dimensioni e, probabilmente, in molti territori. Pertanto se si vogliono migliorare i ritmi di crescita attuali è necessario un rilancio dei consumi interni, obiettivo che si può realizzare esclusivamente attraverso una riduzione generalizzata della pressione fiscale. E’ il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio ai dati Istat di oggi.

(...) In primis verrà bandita la clausola relativa al carattere gratuito di alcune prestazioni (vedi per esempio i pareri), una prassi professionalmente mortificante e deresponsabilizzante. Vi si aggiunga il divieto di inserire clausole di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali e quello di anticipare le spese della controversia a carico dell’avvocato. Sono da ritenersi nulle anche le clausole che prevedano l’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto o quelle che impongono all’avvocato la rinuncia al rimborso delle spese. La nullità colpisce anche la stipula di termini di pagamento superiori ai sessanta 2wwwgiorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente e quelle in cui, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, al legale venga riconosciuto solo il minore importo previsto in convenzione, anche laddove le spese liquidate siano state in tutto o in parte corrisposte o recuperate dalla parte. L’autorità predisposta a salvaguardare i diritti del legale, è naturalmente il giudice, il quale, accertata la non equità del compenso previsto e la vessatorietà della clausola, d’ufficio ne dichiara la nullità e ridetermina il compenso sulla base dei parametri fissati dalla legge forense del 2012, destinati ad operare per i casi in cui manchi una valida pattuizione tra le parti. Basterà il Ddl a riequilibrare i rapporti contrattuali degli avvocati nei confronti dei clienti forti? Probabilmente si, ma il disegno, a mio parere dovrà essere ampliato. Non si tratta di una lotta di quartiere. Ne sono penalizzati anche gli ingegneri, gli architetti, i medici, i dentisti, i giornalisti, i commercialisti e tutti qui lavoratori autonomi appartenenti a questo tipo di categoria. É per tanto apprezzabile l’impegno in tal senso del presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi che chiede l’estensione del Ddl sull’equo compenso alle categorie più sopra viste. Sulla stessa linea d’onda si trova la parlamentare Camilla Sgambato, la cui proposta sarebbe quella di modificare direttamente l’art.2233 c.c., prevedendo la nullità di ogni patto contenente compensi manifestamente sproporzionati all’opera prestata. Non ci resta, dunque, altro che attendere un augurato e positivo riscontro parlamentare.

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Sgarbi svela i suoi tesori Fino al prossimo 14 gennaio, l’esposizione propone 120 tra dipinti, sculture e disegni facenti parte della ricca collezione personale del celebre critico e storico d’arte LAURA FACCHIN @laurafacchin73

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opo dieci anni di interventi il castello visconteo di Novara si affaccia alla sua nuova storia di sede espositiva e per eventi culturali nella città con una straordinaria esposizione: «Dal Rinascimento al Neoclassico. Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi». Aperta dal 21 settembre 2017 al 14 gennaio 2018, la mostra propone 120 tra dipinti, sculture e disegni facenti parte della ricca collezione personale del celebre personaggio: critico e storico d’arte, ma anche noto personaggio televisivo e della carta stampata, scrittore, opinionista, docente e politico - è attualmente assessore del comune di Cosenza, e giusto quest’anno ha fondato un nuovo movi-

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mento, Rinascimento, che pone al centro del proprio programma la bellezza, nelle file del quale è candidato a governatore della Regione Sicilia alle prossime elezioni del 5 novembre. L’esposizione, patrocinata dalla Regione Piemonte, oltre che dal Comune di Novara, è a cura del giovane studioso bolognese Pietro di Natale. Conosciuto in occasione della realizzazione della sua tesi di laurea, collabora con il noto critico da alcuni anni, sia come curatore del patrimonio della collezione Cavallini Sgarbi, sia per eventi espositivi a cura dello stesso Sgarbi, come quelli organizzati in occasione di Expo 2015, «Da Cimabue a Morandi» e «Il Tesoro d’Italia», nonché per la recente mostra di Perugia «Da Giotto a Morandi. Tesori d’arte di Fondazioni e Banche italiane».

SELEZIONE

La rassegna novarese presenta una selezione di opere d’arte da un ben più cospicuo patrimonio, circa 4000 pezzi divisi tra la Fondazione Cavallini Sgarbi di Ferrara e la casa di famiglia a Ro Ferrarese, frutto di quarant’anni di appassionato collezionismo del noto critico, condiviso con complicità da sua madre, Caterina Cavallini, mancata nel 2015 a 89 anni. Farmacista di professione, impegnata nello storico negozio acquistato da lei e dal marito all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, ma interessata alle arti e alla cultura, la sua presenza aleggia in tutto il percorso della mostra e si concretizza in una immagine fotografica giovanile a poche sale dall’inizio del percorso espositivo. Secondo quanto affermato dallo stesso Sgarbi, tutto nasce intorno


Una vera e propria tournée nella quale la promozione delle bellezze italiane e l’espressione del gusto di un seguace collezionista si abbinano a non trascurabili capacità imprenditoriali

Fondazione Cavallini-Sgarbi, di cui è presidente Elisabetta Sgarbi, sorella di Vittorio, regista e scrittrice, nonché direttore della casa editrice la Nave di Teseo. Fondata nel 2015, ha recentemente acquisito il controllo della Baldini & Castoldi. Si occupa di narrativa, saggistica e poesia, sia italiana che straniera. Non a caso, oltre ad aver pubblicato il catalogo della mostra, è la casa editrice degli ultimi libri d’arte del critico «Dall’ombra alla luce. Da Caravaggio a Tiepolo» (2016), «Dalla luce al mito. Da Casanova a De Chirico» (2017), rispettivamente quarto e quinto volume della serie «Tesori d’Italia» collana ideata da Sgarbi, volta a divulgare maestri noti e meno noti della storia dell’arte italiana, a partire dal Medioevo.

LA CORNICE E LE OPERE

al 1983. Ormai annoiato della sua raccolta di libri d’arte, un patrimonio di quasi tremila titoli messi insieme nel giro di sette anni, riconosciuto allo scultore Nicolò dell’Arca, forse originario della Dalmazia, ma nato in Puglia e attivo a Bologna, l’assorto San Domenico, il primo pezzo da lui acquistato, Vittorio decise di investire tempo e denaro in una raccolta d’arte, non certo primo, tra gli storici e i critici d’arte a costruirsi una propria collezione, si pensi solamente a Roberto Longhi. Operando in modo rapsodico e fiutando le buone occasioni nelle aste internazionali come presso privati amatori, piuttosto che rincorrere artisti troppo rari o troppo cari sul mercato, il Vittorio nazionale è riuscito, in alcuni decenni, a ricostruire un ampio panorama della storia dell’arte italiana, vario per autori, epoche e anche generi, dalla ritrattistica scultorea sei-ottocentesca alle impagabili caricature di Pier Leone Ghezzi, dai soggetti sacri, declinati, e forse non c’è da stupirsi, nelle seducenti forme delle Maddalene, alla scena di genere. Novara è la terza tappa in Italia, dopo Osimo e Trieste, di questa esposizione itine-

rante che ha avuto le prime sedi all’estero, nel 2013 Burgos e Cécers (con solo un terzo delle opere attualmente esposte), per poi spostarsi a Città del Messico l’anno successivo. Una vera e propria tournée nella quale la promozione delle bellezze dell’arte italiana e l’espressione del gusto di un sagace collezionista si abbinano a non trascurabili capacità imprenditoriali. L’anima organizzativa spetta alla fondazione di famiglia, la

Investimenti pubblici e privati hanno permesso al castello visconteo di Novara, costruito tra Due e Trecento su antiche mura romane, di riproporsi come fulcro culturale della città, dopo secoli di trasformazioni d’uso e più recenti decenni di abbandono: da struttura fortificata difensiva e poi caserma sino al XVIII secolo, a carcere dall’epoca napoleonica. Fu così snaturato che alla fine dell’Ottocento si pensò addirittura di abbatterlo. Il recupero del castello e la sua valorizzazione quale monumento di se stesso, sito archeologico, luogo di intrattenimento

Novara è la terza tappa italiana dopo Osimo, Trieste e Burgos

Sgarbi ha riscostruito in pochi anni un‘ampio panorama della storia dell’arte italiana.

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cultura & business

Sala dopo sala è possibile ricostruire un viaggio nella storia dell’arte tra XV e XIX secolo senza dimenticare stranieri come Jusepe de Riba e Jacob Ferdinand Vooet.

e sede espositiva, rappresentano una tappa significativa per il piano di rilancio turistico della città promosso dal Comune di Novara e supportato dalla Regione Piemonte. La scelta di ospitare per la sua riapertura l’esposizione della collezione d’arte di una personalità sempre alla ribalta, come Vittorio Sgarbi, sottolinea la volontà di rilancio della città quale punto di riferimento e di attrazione ben al di fuori dei confini locali. Sala dopo sala (e sono in tutto quattordici) è possibile percorrere un suggestivo viaggio nella storia dell’arte italiana dalla metà del XV al pieno XIX secolo, senza dimenticare alcuni «ospiti» stranieri, ma lungamente attivi nella penisola come Jusepe de Ribera o Jacob Ferdinand Voet. A nomi ormai divenuti celebri, come quello di Artemisia Gentileschi, di Guercino, di Francesco Hayez o ancora di Guido Cagnacci, pittore nativo di Sant’Arcangelo di Romagna e apprezzato dall’imperatore Leopoldo I d’Asburgo che lo volle a Vienna, dove morì nel 1663, più volte evocato dallo stesso Sgarbi sin dalle sue performance televisive degli anni Novanta, si alternano figure di notevole importanza storica e di rilevante qualità artistica, ma meno note al grande pubblico, come il padovano Pietro Liberi op-

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pure il lucchese Pietro Paolini. Il percorso è organizzato secondo una partizione cronologica e, in alcuni ambienti in base all’appartenenza geografica, seguendo quella storica suddivisione per «scuole pittoriche» che fu teorizzata a fine Settecento dall’abate Luigi Lanzi, direttore degli Uffizi, e che è divenuta, nel corso dell’Ottocento, un diffusissimo criterio organizzativo di musei italiani e stranieri. Inutile dire che hanno un ruolo da protagonisti gli artisti di origine ferrarese e, più in generale romagnola ed emiliana del Quattro e Cinquecento, come Giovanni Battista Venuto, detto L’Ortolano, Garofalo, Bastianino, ma anche dei secoli successivi, sino ad arrivare a un protagonista della pittura divisionista dell’Ottocento, come Gaetano Previati anch’egli nativo della città estense, con il potente Cristo Crocifisso. Nutrita è anche la rappresentanza di grandi maestri veneti e veneziani, da Simone Brentana alla più nota Rosalba Carriera, del resto ben noti allo Sgarbi studioso sin dai suoi primi anni di attività come funzionario di Soprintendenza, né manca uno scelto, ma significativo nucleo lombardo, a partire da una straordinaria tela di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, uno dei protagonisti della Milano di primo Seicen-

to, per arrivare a un inaspettato Andrea Appiani. Così si legge, tra le opere, l’interesse di Sgarbi per le Marche, da Andrea Lilio a Simone Cantarini con la raffinata Allegoria della Pittura, un vero emblema, e maestri fiorentini, romani e napoletani e persino artisti monferrini, come Orsola Maddalena Caccia, figlia del più celebre Moncalvo, e torinesi come il ritrattista di corte Domenico Duprà e il suo gentiluomo britannico in posa durante il settecentesco Grand Tour d’Italie. Dopo essere state ospitate nelle ristrutturate sale del medievale castello novarese, nel mese di febbraio 2018 le opere ritorneranno alla terra d’origine, ossia a Ferrara, allestite in mostra in una sede di primaria importanza: l’antico castello estense. Anch’esso in fase di profonda ristrutturazione, dopo il terremoto che colpì l’Emilia nel 2012 e il recente trasferimento di tutti gli uffici, già qui ospitati, per lasciare il posto ai capolavori della Pinacoteca Comunale di Ferrara, il complesso celebrerà la sua «rinascita» con l’esposizione della raccolta Cavallini Sgarbi, evento di sicuro richiamo nazionale, forse d’auspicio per una futura collocazione permanente almeno di parte della collezione in questa sede storica di grande prestigio.


a cura di

Randstad, « stupidità funzionale » dipendenti riduce creatività I risultati dell'Hr Trends and Salary Report 2017 Roma (Labitalia) - Le imprese italiane sono divise fra la necessità e l’aspirazione a una maggiore creatività per poter essere più innovative e una cultura aziendale che tende a favorire la «stupidità funzionale» dei propri dipendenti, quell’atteggiamento per il quale viene richiesto alle risorse umane di attenersi a pratiche consolidate e alle direttive dei vertici aziendali anche quando le ritengono migliorabili o addirittura errate, per renderli più efficienti. Sono alcuni dei risultati dell'Hr Trends and Salary Report 2017, realizzato da Randstad Professionals, la divisione specializzata del gruppo Randstad, secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, che si occupa della ricerca e selezione di middle, senior e top management, in collaborazione con Asag, Alta Scuola di psicologia «Agostino Gemelli» dell’Università Cattolica di Milano. La ricerca ha analizzato le tendenze e gli sviluppi del settore delle Risorse Umane e dei processi di selezione in Italia. Se a livello astratto soltanto il 9% delle direzioni Hr ritiene che non soffermarsi in maniera critica sulle attività da svolgere velocizzi i processi e migliori l’efficienza e solo il 14% pensa che in un’azienda il conflitto creativo vada evitato perché porta disordine e scarsa efficacia, quando si analizzano le concrete prassi aziendali il quadro diventa molto più sfumato. Soltanto il 43% delle direzioni Hr, infatti, pensa che la stupidità funzionale porti al fallimento degli obiettivi aziendali, il 36% ritiene che porti al successo, mentre per il restante 21% non porta né all’uno né all’altro. La situazione migliora quando si parla del conflitto crea-

tivo, che il 64% considera uno strumento di lavoro efficace e proficuo sotto ogni punto di vista, solo il 12% ritiene che sia negativo per i risultati aziendali, mentre il 24% mantiene un’opinione neutrale sull’argomento. Tuttavia, soltanto il 31% dei dirigenti Hr concretamente considera il conflitto come potenziale strumento di lavoro e contrasta la stupidità funzionale delle prassi aziendali, mentre il 45% ritiene positiva la stupidità funzionale e da evitare il conflitto creativo e il restante 24% vede molti ostacoli di tipo organizzativo e culturale al rinnovamento dei processi aziendali. "L’indagine rivela una netta polarizzazione all’interno delle direzioni Hr fra chi ritiene che la stupidità funzionale porti al successo o al fallimento degli obiettivi aziendali», commenta Marco Ceresa, Ad di Randstad Italia. «Il sostegno al conflitto creativo - spiega - è più marcato, ma nella realtà delle prassi aziendali meno di un dirigente Hr su tre si adopera concretamente per sostenere un sano confronto critico fra dipendenti, dirigenti e gruppi di lavoro, mentre la quota restante tende ad assumere un atteggiamento difensivo, preoccupata dagli ostacoli organizzativi e culturali che occorre superare per attuare il cambiamento. Un atteggiamento conservativo che rischia di limitare molto l’innovazione, lo sviluppo del business e la capacità di attrarre i nuovi talenti, che sempre di più cercano un ambiente di lavoro piacevole e stimolante e una cultura aziendale nella quale ci si possa identificare». «Questa ricerca va a esplorare il polo entro cui la vita organizzativa di un’azienda

inevitabilmente si muove: da un lato, la tendenza a cercare stabilità, a ripercorrere ciò che è già stato un valore, e quindi a cercare omogeneità tra le persone; dall’altro, il misurarsi con la differenza e il conflitto degli attori coinvolti», spiega Caterina Gozzoli, direttrice Asag, Alta Scuola di psicologia «Agostino Gemelli» della Cattolica di Milano. «Questa oscillazione, in alcuni momenti può portare a fissare l’organizzazione in pratiche di lavoro già note, condivise e rassicuranti ma anche meno aperte al nuovo. Quindi, la stupidità è funzionale perché è un modo di proteggersi. Ma se questa nel tempo diventa l’unico registro stabile, non lasciando spazio alla creatività e alla divergenza di visioni, il rischio per l’organizzazione è di non potersi innovare e di non essere competitiva nel medio termine», aggiunge. «In merito al talento, la ricerca evidenzia come il concetto stesso debba essere messo in dialogo con le culture organizzative specifiche delle singole aziende. Non si tratta di un talento astratto e assoluto ma legato al contesto. D’altro canto, sempre di più i talenti per essere trattenuti hanno bisogno non solo di un riconoscimento salariale o di benefit, ma anche di un buon clima di lavoro, di un senso di appartenenza, di una identificazione con l’azienda e di una progettualità condivisa in cui crescere».


tecnologia

L’avvocato non costa più nulla, si chiama Ross ed è un cyborg Il robot è capace di risolvere qualsiasi quesito giuridico, ed è più veloce dell’uomo. Può aggiornarsi in tempo reale e scoprire anche il minimo errore nelle scritture private. In Italia lo usano già alcuni studi legali, e negli Stati Uniti è un successo andrea costa costa@newspapermilano.it

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tudia e legge come un uomo. Anzi come un avvocato. Che in questo caso riesce a farvi saltare l’ostacolo della consulenza. Non è dura la vita soltanto per gli operai che hanno subito l’avvento dei robot, ma adesso an-

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che per i legali che dovranno superare la concorrenza del primo cyborg al mondo che offre consulenza gratuita per mille tipologie di controversie. Dalla sanzione ingiusta, al contenzioso tributario. Il tutto contenuto in un software studiato per offrire un parere di massima rispetto al quesito sottoposto. Se credevate che la tecnologia non po-

tesse spingersi ad attenuare le prerogative dell’uomo fino a questo punto, vi eravate sbagliati. E anche di parecchio. La sfera intellettuale, infatti, si riteneva intoccabile, inarrivabile. Qualcosa che nessuna macchina o programma sarebbe riuscito ad eguagliare. Invece oggi sbuca da dietro le quinte come una finzione scenica un avvocato virtuale a no-


Il computer è in grado di scrivere una lettera di appello che l’utente può soltanto stampare e firmare

stra disposizione per assisterci nella difficoltosa procedura volta a contestare multe ingiuste fino ad ottenerne l’annullamento.

DO NOT PAY

Ha perfino un nome, si chiama «DoNotPay», ed è appunto l’applicazione creata da uno studente 19enne di Stanford, che sta spopolando a Londra e New York. In due anni, su oltre 250mila casi analizzati, sono stati 160mila verbali contestati e annullati per parcheggio non pagato e divieto di sosta. «DoNotPay» ha, insomma, avuto ragione nel 64% dei casi, una percentuale di successo che farebbe sfigurare qualunque legale, e ha portato ad annullare multe per un totale di 4 milioni di dollari. Ecco come funziona l’app, descritta come «il primo avvocato robot del mondo»: l’intelligenza artificiale discute, può anche generare una lettera di appel- de profitto. Ross (il nome del mostro via chat, con l’utente «ponendo apposite lo, che l’utente deve solo stampare e fir- con la toga) per il momento si occudomande volte a guidare il sanzionato at- mare. «L’industria legale negli Usa ha pa soltanto di diritto fallimentare ma traverso i passaggi legali per l’impugna- un valore di 200 miliardi di dollari - ha è già in grado di svolgere il lavoro di zione della pratica». Le informazioni a detto Browder - ma sono entusiasta di ben 50 avvocati. Realizzato dalla Ibm, quel punto vengono acquisite e i casi va- rendere la legge gratuita, anche se al- è in grado di comprendere le domanlutati singolarmente così da predisporre cuni dei più grandi studi legali non sa- de e di dare risposte con tanto di riferil’appello online nei confronti dell’agen- ranno contenti». menti e citazioni. Non solo consente di Si tratta di un bel passo verso l’igno- migliorare le ricerche in ambito legazia che gestisce i parcheggi. Browder, lo studente della Stanford Uni- to, e non soltanto dal punto di vista le dato che può fornire solo le risposte versity che ha ideato questo sistema, ha tecnologico. L’impatto che potrebbe più pertinenti (e non migliaia di risulraccontato di averlo realizzato per aiu- avere sui giovani avvocati dal punto tati che spesso servono a poco) ma è tarlo a pagare rapidamente le multe. Poi di vista occupazionale potrebbe esse- anche in grado di tenere sotto controlman mano ha reclutato volontari e avvo- re devastante. Lo studio Bakler & Ho- lo il contenzioso in modo da informacati che lo aiutassero con l’aspetto giu- stetler ne ha adottato uno che lavora re lo studio legale che lo ha «assunto» ridico, affinando le funzioni del robot. a ritmo serrato, e tra l’altro con gran- se ci sono sentenze recenti che possoCosì ora su «DoNotPay» è possibile digitare «ho riRealizzato da Ibm è in grado di comprendere le domande e di dare risposte con tanto di riferimenti e citazioni . cevuto una multa ingiusta Inoltre fornisce soltanto le risposte più pertinenti ed è in grado di tenere sotto controllo il contenzioso informando per un parcheggio» e avelo studio sulle più recenti sentenze che possono risultare utili ad una o più cause assegnategli re una consulenza oppure chiedere un risarcimento legale per una discriminazione razziale subita o per un volo cancellato e per oltre 1.000 diverse categorie.

CHATBOT

Se il chatbot è in grado di procedere con la richiesta

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tecnologia

Il Cyborg apprende i sistemi giuridici che possono influenzare la causa intrapresa, ma sa leggere un contratto e correggere i riferimenti normativi sbagliati

particolare quelli che possono influenzare i casi.

IL PARERE

no risultare utili per una o più pratiche a lui «assegnate».

PERFORMANCE

Ma la cosa più interessante è che Ross può apprendere dall’esperienza e migliorare le proprie performance. Esattamente come una persona. E come riporta la rivista futurism.com basta fare a Ross domande in un inglese semplice, come si farebbe con un collega, e Ross si mette al lavoro. Dopo aver letto leggi e sentenze darà la sua risposta citando le fonti normative e giurisprudenziali. Ross, infatti, è già sbarcato in ben sei studi legali di Milano, a dimostrazione di come l’esperienza fatta oltreoceano da Baker & Hosteler sia risultata presto allettante anche per qualche connazionale. Ross è stato progettato anche per leg-

gere e comprendere la lingua, postulare ipotesi quando ha posto domande, ricerche e quindi generare risposte (insieme a riferimenti e citazioni) per sostenere le sue conclusioni, inoltre impara dall’esperienza, guadagnando velocità e conoscenza più interagisci con esso. «Poni le tue domande in inglese semplice, come farebbe un collega, e Ross legge quindi tutto il corpo di legge e restituisce una risposta citata e letture attuali dalla legislazione, dalla giurisprudenza e dalle fonti secondarie per farti rapidamente veloce si legge sul sito di uno degli studi legali che lo hanno assunto . «Inoltre, Ross controlla la legge attorno all’orario per informarti di nuove decisioni giudiziarie che possono influenzare il tuo caso». Viene aggiornato con gli sviluppi del sistema giuridico, in

Negli uffici di Dla Piper, studio legale internazionale con sedi in 30 paesi del mondo, Italia compresa, il Cyborg si è guadagnato la sua bella scrivania. Virtuale naturalmente, eppure nascosto dentro al computer studia e interagisce con i colleghi che a loro volta studiano le cause da portare in tribunale, analizza parola per parola i contratti e smaschera le clausole più problematiche o da revisionare. L’avvocato Giulio Coraggio, intervistato dalla rivista Wired parla di fase sperimentale, ma non nega il salto qualitativo di un collega del genere: «La nostra intelligenza artificiale legge un contratto e identifica le clausole che devono essere riviste - spiega Giulio Coraggio, avvocato della sede milanese –. In un intero documento di centinaia di pagine magari le clausole da rivedere sono solo tre. Al momento siamo in una fase sperimentale. Viene adoperato solo se il cliente è informato e d’accordo». Il software è made in Canada, dell’azienda tecnologica Kira Systems, che lo scorso giugno ha siglato un accordo con Dla Piper per fornire il sistema. Dall’inizio del 2017 anche la sede italiana sta sperimentando il programma. E la Deloitte, la società di revisione contabile famosa in tutto il mondo, ha da poco adottato l’intelligenza artificiale.

La macchina per adesso si occupa principalmente di diritto fallimentare ma fa il lavoro di 50 persone 64

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orizzonte internazionale

IRENE BERTUCCI Docente di Scienza delle Finanze (LUISS - Roma) e Bilancio di Sostenibilità (UNISOB - Napoli)

Doha: il nuovo corso tra cultura, calcio ed energia

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oha è la capitale e il cuore pulsante del Qatar che sta vivendo un nuovo corso grazie alla figura di Hamad bin Khalifa Al Thani. L’ex emiro del Qatar, che ha abdicato in favore del figlio Tamim ben Hamad Al Thani, ha infatti avuto l’indiscusso merito di trasformare il suo paese in un vero e proprio leader culturale per consentirgli di assumere maggiore importanza nello scacchiere politico internazionale. Determinante è stato anche il contributo dell’emittente satellitare A-Jazeera. Non vi è dubbio che l’ascesa di Doha è stata favorita da diversi elementi. Primo tra tutti, la ricchezza di materie prime che hanno trainato la crescita economica degli ultimi dieci anni e ha posizionato il piccolo emirato tra i giganti mondiali dell’energia. Tutto ciò ha diffuso benessere tra la popolazione, tanto che il tasso di disoccupazione si aggira su percentuali tendenti allo zero. Importante anche constatare come la crisi finanziaria abbia avuto, rispetto ai principali competitor regionali quali Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, effetti più limitati sui bilanci delle banche qatarine. Per continuare ad affermarsi come un protagonista della scena mondiale, la famiglia reale è ricorsa anche all’arte, acquistando per oltre 250 milioni di dollari una delle cinque versioni dei «Giocatori di carte» di Paul Cézanne. Il dipinto più famoso del maestro post-impressionista francese sarà esposto in bella mostra nella sezione riservata alle opere d’arte moderna nel nuovo Museo Nazionale del Qatar, progettato dall’architetto Jean Nouvelle recentemente inaugurato. Secondo il rapporto pubblicato da Deloitte, nei prossimi 5 anni, l’emirato del Golfo Persico ha previsto un investimento di 150 miliardi di dollari per la costruzione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento dei Mondiali 2022 di calcio. Parte di questo importante stanziamento è ovviamente destinata agli impianti sportivi, mentre venti miliardi saranno investiti in strutture alberghiere, in attesa di 400mila visitatori. Tuttavia, non è stato ancora confermato se la kermesse calcistica si svolgerà nel canonico periodo estivo di luglio. Ma le autorità di Doha stanno già pensando di ovviare alla terribile calura con

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espansione

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SETTEMBRE-OTTOBRE 2017

stadi avveniristici e completamente climatizzati. Circa 140 miliardi di dollari sono investiti per il potenziamento dei trasporti pubblici, metropolitane, rete stradale e il nuovo aeroporto internazionale di Doha. Il vigore economico della Qatar Investment Autority (Qia), il fondo sovrano di investimento, si sta concentrando anche sull’Europa, mirando in particolare alla Grecia. Il Qia ha iniziato ad investire un miliardo di euro nella penisola ellenica. Dopo l’entrata di Doha dalla porta principale nel patrimonio energetico greco, Atene ha le carte in regola per diventare la base perfetta al centro del Mediterraneo, dalla quale gestire ed espandere gli interessi dell’emirato. Non è dunque un caso, se l’accordo con la Gek Terna sia giunto due mesi dopo l’istituzione del Nebras Power, un fondo da un miliardo di dollari creato dai vertici di Doha allo scopo di acquisire beni attivi nei settori energetico e idrico all’estero. Insomma, uno degli Stati più piccoli al mondo popolato da poco meno di 1,8 milioni di abitanti, è riuscito a sviluppare negli anni un modello economico così influente da assicurargli un ruolo da protagonista in un contesto tanto complesso come il Medio Oriente. C’è stato negli ultimi anni un ampio tentativo di diversificare la sua economia, infatti il settore non petrolifero ha contribuito per il 47,3 cento del Pil del Qatar nel 2015, rispetto al 39,6 per cento nel 2008. Il Qatar ha sviluppato il suo business Gnl (gas naturale liquido) attraverso partnership con le principali compagnie petrolifere del mondo, tra cui Exxon Mobil , Shell e Total. Inoltre Doha ha utilizzato i suoi avanzi di bilancio per diversificare l’economia attraverso l’aumento della spesa per le infrastrutture, programmi sociali , sanitari e istruzione. Tra le molte aziende italiane che stanno approfittando delle molte opere che si stanno realizzando a Doha c’è la Stone Italia una delle più all’avanguardia nella produzione di quarzo e marmo ricomposto. Stone Italia si è aggiudicata una fornitura di 30.000 metri quadri di pavimento, 28 chilometri di battiscopa e 1.300 set bagno per la costruzione di un campus universitario da 33.000 metri quadri e 1.200 posti letto all’interno dell’Education City altra perla dello sviluppo culturale della capitale qatarina.


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