Popolis - Agosto 2011

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Periodico di attualità, economia, informazione e cultura cooperativa anno 9 • n. 4 agosto 2011

Longobardi, patrimonio dell’Umanità Verso l’aggregazione con Banca Veneta 1896 Progetto pazienti “fragili” all’ospedale di Leno

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editoriali

Cooperazione, partecipazione, socialità

Cari soci, la cooperativa si caratterizza per essere una forma di impresa economica del tutto differente da quella privata. Da quest’ultima si differenzia per il fatto che le cooperative non hanno come fine la realizzazione di un utile – differentemente dalle società di capitali – ma la prestazione di un servizio ai soci. Ma è per gli aspetti di socialità che essa incorpora e rafforza, che la cooperativa si specifica ulteriormente. La socialità insita nella cooperativa si esprime principalmente in una condizione fondamentale: la valorizzazione della persona umana. La partecipazione attiva dei soci a tutte le fasi della vita della cooperativa, l’uguaglianza sostanziale di tutti i soci, l’autonomia, la spontaneità di adesione e di diffusione della cultura cooperativa, rappresentano i principi e le regole che formano il tessuto ideale delle cooperative. Da tali principi emerge chiaramente un’indicazione di moralità naturale che tratteggia il percorso di sviluppo del movimento cooperativo, nella convinzione che occorra evitare di perseguire modelli evolutivi della cooperazione risolti solamente in dati quantitativi, senza un agganciamento ai valori cooperativi avendo presente che la cooperativa è un’associazione di uomini che persegue fini non totalmente economici, ma di sviluppo delle migliori capacità umane: la solidarietà, la democrazia partecipativa, nel rispetto di valori quali l’equità e l’eguaglianza. Vittorio Biemmi

sommario

presidente Cassa Padana

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4-5-6-7 Il monastero di San Salvatore di Brescia e i siti longobardi di Leno e della Bassa patrimonio dell’Umanità L’avventura longobarda Chi viveva nel medioevo nel monastero di Leno?

8 Cassa Padana e BCC Camuna: l’integrazione ad un anno dalla fusione

9 Verso l’aggregazione con Banca Veneta 1896 2


L’idea forte per il futuro

Nella rivista si accenna al progetto di fusione con Banca Veneta 1896 e all’iter procedurale iniziato per renderlo operativo. In caso di esito positivo si creerà una banca di credito cooperativo grande, la seconda in Italia per numero di sportelli, attiva in quattro regioni e 15 province. Più importante dei numeri è però l’idea forte che ci sta dietro. Il valore non risiede nella dimensione del montante, se questa diviene il fine. È la capacità di svolgere un’azione sempre più utile per i territori, per le comunità che hanno bisogno di crescere sotto tanti punti di vista, a dare il senso, ad essere il metro di giudizio dei “numeri”. La fusione consolida, permettendo di raggiungere una massa critica idonea, un modello di banca che ha prospettive di svolgere in futuro autonomamente e in modo pieno la sua missione. È un’autonomia vera perché la banca è attrezzata su ogni fronte (personale, risorse economiche, equilibri tecnici, presidi organizzativi e di sviluppo delle mutualità, sistemi di controllo, ecc..) per svolgere un’azione incisiva. È artefice diretta. È un’impostazione strategica che ha un orizzonte di medio periodo: costruire una banca di territori diversi che fra di loro dialogano, ognuno con le proprie caratteristiche, identità e autonomie, attraverso soluzioni organizzative che realizzano una migliore prossimità rispetto alle diverse comunità locali e alle esigenze di ogni tipo che queste manifestano. Luigi Pettinati

direttore generale Cassa Padana

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Agricoltura, dalla Regione Lombardia 15 milioni di euro per l’ammodernamento

Progetto pazienti “fragili”: trattamenti idrokinesiterapici per soggetti affetti da malattie rare

Il Ghana e i suoi profeti

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Homebanking, la sicurezza prima di tutto

Graphic Design e Multimedia a Leno: aperte le iscrizioni al corso triennale Le girls del calcetto vincono a Gambara

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Asini in festa a Gussola

All’ombra dell’Abbazia: Federico Barbarossa a Leno

San Benedetto, tradizioni e interculturalità a Leno

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Quegli Unni in riva al Mincio

12-13 A Martignana di Po, insieme al lavoro per il bene comune

Tappa in riviera romagnola per la mostra su Karol Wojtyla

Il Risorgimento più segreto in mostra a Isola Dovarese

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Sul Po volano le Aquile

Agosto a castello

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Il monastero di San Salvatore di Brescia e i siti longobardi di Leno e della Bassa

patrimonio dell’Umanità

di Angelo Baronio

coordinatore scientifico Fondazione Dominato Leonense

L’avventura longobarda Originari dei territori dell’attuale Danimarca, i Longobardi sono identificati col nome di Vinnili da Paolo Diacono, lo storico che ai tempi di Carlo Magno narra la storia del suo popolo. Dopo successive migrazioni verso meridione, aggregando nel loro cammino varie popolazioni del centro Europa e avendo assunto il definitivo nome di Longobardi, nel VI secolo sono stanziati in Pannonia, l’area che individua i territori dell’Ungheria e di parte della Slovenia. Nel 568 l’intero popolo emigra in Italia. Sotto la guida del re Alboino nell’arco di pochi anni conquista le città della pianura a nord del Po. Vincendo la debole resistenza

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opposta dai Bizantini e compiendo razzie a danno delle chiese e dei proprietari più ricchi, i Longobardi si spingono lungo la penisola, giungendo, secondo la tradizione, fino alla punta estrema della Calabria. Danno vita, quindi, a un regno con capitale Pavia, articolato in ducati che si costituiscono intorno alle principali città dei territori conquistati. Trascorso il periodo dell’invasione e la fase del consolidamento della conquista, si avvia un processo che li porta a una rapida integrazione con la popolazione romana. Entrati in contatto con il Cristianesimo nella forma dell’Arianesimo, quando ancora erano insediati in Pannonia, i Longobardi vivono la loro religiosità come valore politico e identitario. Gli


qui sotto, chiesa dei Santi Nazzaro e Celso. a sinistra, Villa Badia (Immagini dall’archivio fotografico della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia)

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ino all’ultimo c’è stata trepidazione, ma tutti confidavano che questa volta si sarebbe centrato l’obiettivo. Sabato 25 giugno l’unesco ha deciso: San Salvatore di Brescia e i luoghi bresciani dei Longobardi sono inseriti nella lista dei siti considerati patrimonio dell’umanità. Il duro lavoro di preparazione della documentazione da sottoporre ai severi giudici dell’icomos, l’agenzia incaricata di istruire la pratica, era stato finalmente premiato. La squadra di tecnici e studiosi che avevano preparato la richiesta non aveva tralasciato nulla. In particolare, si è saputo che a colpire favorevolmente i commissari è stato il fatto che la documentazione per la candidatura di Brescia fosse la più ricca e completa. Consapevole di vantare il complesso architettonico più prestigioso, rispetto agli altri sei siti (Torba-Casteseprio in provincia di Varese, Cividale del Friuli in provin-

esponenti delle generazioni successive all’invasione sono, dunque, aperti all’opera di evangelizzazione, come testimoniano le iniziative della regina Teodolinda e di papa Gregorio Magno. Ma il processo incontra anche resistenze, come documenta l’attività legislativa del bresciano Rotari, il re che a metà del VII secolo interpreta l’esigenza di salvaguardare l’identità del suo popolo, trascrivendone – peraltro in latino – le leggi non scritte nel codice che porta il suo nome. È tuttavia con Liutprando, nel corso della prima metà dell’VIII secolo, che la conversione al cristianesimo nella forma cattolica si completa e viene sancita nelle leggi che egli emana, definendosi

cia di Udine, Campello sul Clitunno e Spoleto in provincia di Perugia, Benevento e, infine, Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia), che costituiscono la rete denominata I Longobardi in Italia. Centro di potere (569-774), Brescia ha dimostrato di non stare con le mani in mano in attesa del verdetto. Oltre a valorizzare l’importante monumento cittadino di San Salvatore, inserito nel grande complesso monastico di Santa Giulia, il Comune di Brescia ha messo mano agli scavi davanti al Capitolium, che hanno fornito nuove conoscenze sul periodo che ha segnato l’arrivo dei Longobardi nel 569 e il loro cospicuo insediamento in città e nella pianura. Soprattutto nella Bassa e in particolare lungo la fascia delle risorgive, a Sirmione, Calvisano e Manerbio, a Montichiari, Cazzago San Martino e Chiari, ma soprattutto a Leno, le campagne di scavo che

esplicitamente re cattolico. È sotto la sua guida che i Longobardi si avviano a completare il controllo dei territori della penisola sconfiggendo i Bizantini. Con il re Astolfo conquistano definitivamente Ravenna e le città della Pentapoli fino alle porte di Roma, suscitando la più viva opposizione del Papa, in difficoltà anche per il violento contrasto con i Bizantini per la lotta iconoclasta, scatenata a Bisanzio contro il culto delle immagini. L’appello rivolto dal Papa ai re Franchi, perché difendessero gli interessi della Chiesa, è raccolto una prima volta da Pipino che interviene contro Astolfo. Poi, da Carlo. Nel 757 nuovo re dei Longobardi era diventato Desiderio, bresciano d’origine,

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salito al trono approfittando dei contrasti fra i duchi più eminenti del regno. Dopo aver avviato una politica di alleanza con Carlo, entra in contrasto con il re dei Franchi, inducendolo a raccogliere l’invito del Papa. Sceso in Italia e cinta d’assedio Pavia, nella primavera del 774 Carlo sconfigge Desiderio, ne conquista il regno, assumendo anche il titolo di re dei Longobardi. Il regno costituito da Alboino e ora conquistato da Carlo, incoronato imperatore a Roma la notte di Natale dell’800, entrerà, con la denominazione di regno d’Italia, a far parte del Sacro Romano Impero, la nuova grande costruzione politica che disegna le fondamenta dell’Europa. a.b.


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sa Padana BCC – sta conducendo da un decennio attente campagne di scavo sul sito dell’abbazia e nei dintorni dell’abitato. Di straordinario rilievo sono i risultati ottenuti dalle ricerche condotte nell’area dell’abbazia; ma anche assai importanti le scoperte fatte scavando nel sito della chiesa dei Santi Nazzaro e Celso. Il commissario dell’icomos è venuto a Leno a compiere un attento sopralluogo sui cantieri aperti e ha richiesto che alla documentazione prodotta per San Salvatore di Brescia fosse aggiunta una relazione sui siti di Leno e fosse prodotta tutta la serie di studi condotti nei vari convegni tenuti a Villa Seccamani, sede di Cassa Padana, e pubblicati in due ponderosi volumi di Brixia Sacra. Ma non basta. Il commissario ha anche visitato la mostra I Longobardi nel Bresciano, che la Fondazione Dominato Leonense e la Soprintendenza Archeologica avevano allestito a Montichiari con il sostegno del Comune. Al termine del suo sopralluogo risultava evidente che le testimonianze degli insediamenti longobardi nella Bassa Bresciana e quelle relative al monastero di San Benedetto di Leno, in particolare, gemello di quello femminile di San Salvatore di Brescia, avrebbero permesso di comprendere meglio la storia straordinaria del monumento bresciano. Il grande lavoro di ricerca e studio promosso dalla Fondazione Dominato Leonense, unito a quello che sta conducendo l’assessorato alla cultura del Comune di Brescia con la Fondazione Brescia Musei, ha certamente contribuito a convincere i commissari dell’unesco della serietà con cui si procede sulla strada della riscoperta e della valorizzazione di un patrimonio millenario. Lo confermano una volta di più i numerosi progetti in corso in vari comuni della Bassa, scaturiti dall’azione promossa dalla Fondazione Dominato Leonense, che ha portato alla nascita di Langobardia Fertilis, la rete dei siti longobardi che l’amministrazione provinciale sta coordinando. Per quanto riguarda Leno, gli scavi da poco conclusi e l’apertura imminente di altre prospezioni da un lato, dall’altro il lavoro dei paleografi impegnati a trascrivere le pergamene degli archivi del monastero e del comune e, infine, gli studi in corso di pubblicazione sulla storia del territorio prima della fondazione dell’abbazia, presentati nel recente convegno Da pagani a Cristiani, forniscono una straordinaria mole di conoscenze inedite, che gettano nuova luce su un periodo così lontano della nostra storia e costringono gli storici a considerare che sia venuto ormai il tempo di riscrivere gran parte della storia del medioevo. Non solo di Brescia. ¬

Chiesa dei Santi Nazzaro e Celso. nella pagina a destra, Villa Badia (Immagini dall’archivio fotografico della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia). sotto,

la chiesa di San Salvatore a Brescia.

si sono susseguite negli ultimi anni hanno dimostrato la grande importanza degli oggetti ritrovati dagli archeologi, che si sono dimostrati preziosi per conoscere usi e costumi del misterioso popolo del nord d’Europa. I reperti venuti alla luce nelle necropoli di Leno hanno particolarmente impressionato. Gli esperti li definiscono tra i più interessanti dell’Italia settentrionale. Soprattutto desta curiosità tra gli studiosi il fatto che i monili scoperti nelle sepolture di Leno, nel testimoniare la presenza di personaggi della nobiltà longobarda protagonisti dell’invasione in Italia, concorrano a gettare nuova luce sulla figura di Desiderio e sulla sua famiglia. Secondo il racconto di un anonimo cronista leonense dell’VIII secolo la famiglia di Desiderio, l’ultimo re longobardo, aveva proprio a Leno le sue proprietà, lasciando così aperta l’ipotesi di chi sostiene che proprio a Leno egli fosse nato. Prima di divenire re, infatti, egli aveva deciso di costruire sulle sue proprietà lenesi, poco distante dal palazzo in cui risiedeva, la chiesa dedicata al Salvatore, alla Vergine Maria e all’arcangelo Michele. Accanto alla chiesa, una volta divenuto re, nel 758 Desiderio aveva poi deciso di fondare il monastero di San Benedetto e aveva ottenuto a tal fine dall’abate di Montecassino una colonia di 12 monaci guidati da Ermoaldo, che divenne il primo abate del nuovo monastero. Per sottolineare l’importanza della nuova fondazione essi portarono con sé la reliquia del braccio di San Benedetto lungo il tragitto per raggiungere Leno. Giunti a Roma ottennero dal Papa anche quelle dei santi martiri romani Vitale e Marziale. Per verificare le notizie di queste antiche fonti, la Fondazione Dominato Leonense – che fa riferimento a Cas-

Per saperne di più www.popolis.it/abbazia

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www.unesco.it


Chi viveva nel medioevo nel monastero di Leno? Lo scopriamo con l’antropologa Elena Fiorin di Daniela Iazzi

daniela.iazzi@fondazionedominatoleonense.it

La Fondazione Dominato Leonense e Cassa Padana in questi anni hanno promosso le ricerche storico-archeologiche riguardanti il monastero longobardo, intitolato a San Benedetto, sito in Villa Badia a Leno. Come già ampiamente esposto dall’archeologa Denise Morandi nel numero di Popolis di ottobre 2010, durante la realizzazione di nuovi sottoservizi nell’area est del parco di Villa Badia, necessari all’apertura del distaccamento della Libera Accademia delle Belle Arti di Brescia, gli archeologici hanno scoperto la presenza di una chiesetta di piccole dimensioni con molteplici sepolture disposte nelle vicinanze e la fondazione di un muro di 1.60 metri di larghezza, con probabile funzione difensiva. Un primo resoconto di quanto emerso è stato presentato in occasione dell’Assemblea dei Soci della Fondazione Dominato Leonense, che si è tenuta a Leno il 10 luglio scorso durante la nona edizione della Fiera San Benedetto. Nel corso dei mesi appena trascorsi è giunta al termine anche un nuovo tipo di indagine, sempre commissionata dalla Fondazione Dominato Leonense, e relativa

allo studio antropologico degli scheletri ritrovati nelle numerose tombe che circondano il perimetro della chiesa. I resti ossei rinvenuti in contesti archeologici si studiano con lo scopo di ricostruire la demografia di un popolo, per sapere come si nutrivano gli individui che lo costituivano, qual era il loro stato di salute, quali le occupazioni principali, oltre a dati più tecnici quali la loro statura o l’età alla morte. Le informazioni ottenute servono ad integrare i dati reperiti attraverso lo studio dei documenti antichi e lo scavo vero e proprio. Il sito archeologico di Villa Badia è stato studiato dall’antropologa Elena Fiorin, sotto il coordinamento della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, che ha analizzato 47 sepolture per un totale di 54 individui, di cui 17 di sesso maschile e 9 di sesso femminile. Dei 28 restanti è stato impossibile determinare il sesso a causa dell’immaturità fisica o per l’incompletezza del materiale scheletrico. Dall’analisi approfondita di alcuni dettagli è emersa la presenza di malattie comuni quali l’artrosi, nella maggior parte dei casi dovuta all’età avanzata del soggetto. È stata osservata, inoltre, una notevole usura dei denti, nonché la frequente perdita degli stessi in vita dovuta all’età,

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a una dieta coriacea e ricca di fibre, ma anche alla presenza di granelli di pietra all’interno delle farine ottenute grazie all’utilizzo di macine in pietra. Tra tutti, di particolare interesse è l’inumato della Tomba 58 di cui l’altezza stimata è di circa 1 metro e 83 centimetri e che pare avesse una muscolatura molto sviluppata rispetto alle altre. Purtroppo dello scheletro si sono conservati solamente gli arti inferiori poiché la restante parte è stata manomessa dalla cava di ghiaia realizzata in occasione della distruzione del Monastero nel XVIII secolo d.C. Le sepolture erano tutte prive di corredo e quindi di oggetti che permettessero di dare riferimenti temporali. Per questo motivo, al fine di completare l’interessante studio di Elena Fiorin, su suggerimento della Soprintendenza la Fondazione Dominato Leonense ha deciso di ricorrere all’analisi del radiocarbonio che permette di fornire una datazione molto precisa dei reperti di origine organica, quali sono i resti ossei appunto. L’analisi è stata condotta su 24 sepolture e ha permesso di individuare 3 fasi principali di utilizzo dell’area sepolcrale. Le tombe più antiche risalgono al IX-X sec. d.C., vi è poi una seconda fase databile al X-XI sec. d.C. ed infine una terza pertinente al XIII-XVI sec d.C. Le datazioni associate ai dati dello scavo e all’analisi antropologica hanno reso più sicure le interpretazioni cronologiche di tutte le strutture più significative dalla chiesa al muro difensivo. Oltre a queste ultime interessanti informazioni, nei prossimi mesi altri esperti saranno all’opera per analizzare i frammenti di recipienti in ceramica, gli oggetti in bronzo e in pietra rinvenuti durante lo scavo, in modo tale da raccogliere altre novità che permettano di ricostruire l’aspetto dell’edificio e la vita all’interno del glorioso monastero di Leno.


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Cassa Padana e BCC Camuna:

l’integrazione ad un anno dalla fusione Di Mirko Cominini

mirko.cominini@gmail.com

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sostenibile della propria terra non può prescindere dalla sana crescita economica dei singoli soggetti e delle realtà associative. Muovendo da questi presupposti, intere generazioni di cooperatori si sono impegnati per portare a compimento la propria mission. Anche per i buoni cooperatori creditizi, questi principi di base devono sempre essere tenuti in considerazione senza cercare scorciatoie che magari possono garantire nel breve termine momentanee gratificazioni, ma non replicabili nel lungo periodo. È trascorso un anno dalla fusione di BCC Camuna con Cassa Padana. Possiamo sostenere che tutti gli artefici di questa operazione, soci in primis, bene si sono immedesimati nel condividere questi principi ispiratori racchiusi nell’articolo 2 dello statuto tipo di ogni BCC. La frenesia della vita moa crescita

denti. Come l’adempimento preciso e puntuale del piano industriale presentato ai soci in occasione dell’assemblea di approvazione dell’iter di fusione con la realizzazione e il completamento in pochi mesi di quattro nuove filiali dislocate in paesi strategici della Valle e che si sono aggiunte alle quattro filiali storiche di BCC Camuna armonizzando di fatto il territorio. Tutto ciò non solo per garantire un migliore servizio ai propri soci e clienti, ma anche per favorire tutto il territorio indistintamente che ora può usufruire di tanti altri innumerevoli servizi di natura non prettamente bancaria. Quegli stessi per cui Cassa Padana è ben nota negli altri territori ove già opera da anni. Molti progetti hanno già visto la luce negli ultimi mesi. Presso la sede storica della Cassa di Esine è stata aperta una sede distaccata del CSV di Brescia, il Centro servizi per il volontariato a favore di tutte le associazioni non profit che operano sul territorio camuno. A Cividate Camuno è

derna, probabilmente, non ha ancora consentito ai più di riconoscere tutti i segni di questa ultima iniziativa, ovvero distinguerne i benefici ed individuare nel profondo le motivazioni di questa scelta storica. L’ultimo numero di “la Camuna”, periodico edito da BCC Camuna in collaborazione con Cassa Padana titolava così: “Cassa Padana e BCC Camuna, una fusione per il futuro”. Un monito che ben racchiudeva le vere motivazioni della scelta di aggregazione presa dai rispettivi consigli di amministrazione di allora. Dopo il primo passo istituzionale che ha visto unanime condivisione del progetto da parte delle due compagini sociali, il processo di integrazione si è messo subito in moto per velocizzare ed accordare l’operatività bancaria e cercare di integrare le due realtà e rendere sempre di più partecipi i veri protagonisti della vita di una banca cooperativa, ossia i soci della stessa. Le prime iniziative certamente sono state le più evi-

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stato da poco inaugurato un centro al servizio delle famiglie con figli con problemi di autismo. Un servizio innovativo di cui la Valle reclamava da tempo la necessità. È della scorsa primavera l’ultimo viaggio in Cina, organizzato proprio dalla nostra banca, che ha portato nel lontano Paese aziende che rappresentano eccellenze del nostro territorio con l’obiettivo di veicolare il loro nome ed i loro prodotti in una terra lontana con capacità ricettive e prospettive di sviluppo enormi. L’attività economica è stata affiancata anche da iniziative di carattere culturale e di promozione più ampia della nostra zona. Insomma, siamo una banca proattiva. Una vera banca a favore di tutti i territori che, come ama definirli il nostro Direttore generale, sanno essere lungimiranti. E sanno considerare il loro proprio legittimo interesse come parte integrante di un interesse generale più ampio capace di generare ricchezza non a vantaggio di pochi, ma a favore di tutti. ¬


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I DATI DI SINTESI DELLA BANCA AL 31.12.2010

Verso l’aggregazione

con Banca Veneta 1896 Obiettivo: costruzione di una banca dei “territori” più vicina ai bisogni delle comunità locali di stefano boffini

stefano.boffini@cassapadana.it

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consigli di amministrazio-

ne di Banca Veneta 1896 e Cassa Padana, riuniti il 28 giugno, hanno approvato il progetto di fusione fra le due banche di credito cooperativo. È iniziato quindi l’iter procedurale che prevede l’autorizzazione prima da parte della Banca d’Italia e poi la successiva sottoposizione del progetto alle rispettive assemblee dei soci. L’obiettivo principale dell’aggregazione è quello di costituire una banca di credito cooperativo ancora più forte e attrezzata nelle risorse umane e patrimoniali, dimensionalmente più grande e diversificata nei territori, con migliori prospettive future di svolgere in modo autonomo, nelle condizioni ottimali e nel modo più efficace, la propria funzione a

terà in modo più compiuto un modello di banca di territori diversi, che fra di loro dialogano, ognuno con le proprie caratteristiche, identità e autonomie, attraverso soluzioni organizzative efficienti che realizzano una migliore prossimità rispetto alle diverse comunità locali e alle esigenze di tipo economico e non che queste oggi esprimono – o esprimeranno in futuro. Con la fusione si consolida la massa critica necessaria. Ci sono le risorse patrimoniali e umane, il know how e le esperienze positive maturate negli anni dai due istituti, a rendere possibile l’obiettivo. Si tratta di una banca che sarà in grado di investire continuamente in qualità: qualità nella clientela, più vicina per dimensioni e caratteristiche al mondo delle banche di credito cooperativo; qualità nelle risorse umane, perché emerge sempre di più la necessità di capire, di essere flessibili, adattarsi velocemente, cogliere i problemi e le prospettive in modo più ampio e completo; qualità nelle relazioni con i soci e i territori, perché la cooperazione fra i

favore delle comunità locali nelle quali opera. Il progetto, in particolare, prevede la trasformazione dell’attuale Banca Veneta 1896 in un’area territoriale della nuova banca, dotata di ampia autonomia, in grado di esprimere un presidio rafforzato sul proprio territorio, con riferimento sia all’attività di intermediazione finanziaria sia allo sviluppo delle mutualità, che possa contare sui solidi supporti patrimoniali, organizzativi, di risorse e di esperienza messi a disposizione da Cassa Padana. Tra i due consigli di amministrazione si è instaurata una profonda sintonia strategica che è alla base del progetto di fusione: una condivisione sul ruolo che una bcc è chiamata a svolgere nei territori, oggi e ancor di più in futuro. È un modello di banca locale proattivo verso i bisogni che le comunità locali esprimono, in coerenza con l’articolo 2 dello statuto sociale. Nel caso l’iter procedurale della fusione si concluda favorevolmente, si sperimen9

Banca Veneta 1896 ha una storia ultracentanaria. Sulla scia delle soluzioni date ai bisogni di credito nella Pianura Padana da Leone Wollemborg, nel 1896 l’ingegner Giovanni Vicentini diede vita alla Cassa Rurale Depositi e Prestiti a Carpi di Villa Bartolomea. Nel 1972, a seguito della fusione con Cassa Rurale ed Artigiana di Menà Vallestrema, prese la denominazione di Banca di Credito Cooperativo del Basso Veronese. Dopo 35 anni di attività a favore dei propri territori l’istituto nel 2007 ha assunto l’attuale nuovo nome di Banca Veneta 1896. La sede principale è a Legnago (Vr). Due le sedi distaccate a Rovigo (dal 2009) e Ferrara (dal 2010). soci: 2.500 impieghi (in milioni di €): 329 raccolta (in milioni di €): 327 patrimonio vigilanza (in milioni di €): 24 dipendenti: 89 filiali: 12 comuni di competenza: 69 province di operatività: Verona, Rovigo e Ferrara presidente: Antonio Masin direttore generale: Gabriele Meneghello www.bccbassoveronese.it

diversi attori che vi insistono è indispensabile per affrontare i problemi. L’obiettivo strategico maturato dai due CdA è lavorare per realizzare una banca attrezzata su ogni fronte (del personale, degli equilibri tecnici, dei presidi organizzativi e di sviluppo delle mutualità, dei sistemi di controlli interni, ecc…) per essere aderente all’articolo 2 dello statuto e raccogliere al meglio l’eredità centenaria e i valori originari dei padri fondatori, adattati e reinterpretati in chiave ventunesimo secolo. ¬ Per saperne di più www.cassapadana.it


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Agricoltura,

dalla Regione Lombardia 15 milioni di euro per l’ammodernamento

di Marco Bortoli

bortoli@gruppoimpresa.it

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a regione Lombardia ha recentemente stanziato 15 milioni di euro a favore del settore agricolo per l’innovazione di processo o di prodotto e la gestione degli effluenti di allevamento a valere sulla Misura 121 del Programma di Sviluppo Rurale. Beneficiarie dei fondi regionali sono le imprese individuali, le società agricole, le società cooperative e le imprese associate. L’iniziativa, finanzia gli interventi per la realizzazione di strutture e l’acquisto di attrezzature per la gestione sostenibile degli effluenti di allevamento prodotti esclusivamente sul territorio regionale. Gli effluenti trattati devono essere in prevalenza di provenienza dell’impresa o della società richiedente, compresi anche quelli origi-

nati da contratti di conferimento. Ad essere agevolate, in particolare, sono le spese per le opere di miglioramento fondiario di natura straordinaria quali costruzione, ristrutturazione o ampliamento di platee e vasche di stoccaggio aziendale degli effluenti di allevamento; l’acquisto di nuove macchine e attrezzature; l’acquisto di nuove apparecchiature e/o strumentazioni informatiche; l’acquisto o la realizzazione di impianti aziendali per il trattamento degli effluenti di allevamento; la realizzazione di coperture delle vasche e platee di stoccaggio. Sono inoltre ammesse le spese generali fino ad un massimo del 10% nel caso di interventi inerenti alle opere, del 5% nel caso di impianti

e dotazioni. Tutte le spese devono essere sostenute dopo la data di presentazione della domanda. L’intervento prevede la concessione di un contributo in conto capitale o in conto interesse pari al 35% (45% per zone svantaggiate montane), con una maggiorazione pari al 5% per le imprese condotte da giovane agricoltore. Il contributo in conto interesse viene erogato mediante un abbattimento di cinque punti percentuale del tasso fisso di riferimento utilizzato per il calcolo degli interessi. La valutazione delle domande avviene secondo graduatoria e l’attribuzione del punteggio di priorità è quindi elemento indispensabile per stabilire la posizione che ogni domanda assume all’interno dell’elenco regionale ed

avviene valutando le caratteristiche degli interventi, desunte dal piano aziendale, il comparto produttivo interessato, il tipo di intervento proposto e l’ambito territoriale in cui questo viene realizzato, le caratteristiche della società o dell’impresa, e la coerenza con la programmazione provinciale. La domanda deve essere inviata, per via telematica e cartacea, alla Provincia sul cui territorio si attua l’investimento o, nel caso in cui l’area in questione si estenda sul territorio di più Province, alla Provincia sul cui territorio ricade la parte finanziariamente più rilevante dell’intervento. La scadenza è fissata al 31 ottobre. ¬ PER SAPERNE DI PIÙ Gruppo Impresa - Tel 030 2306904 info@gruppoimpresa.it www.gruppoimpresa.it Regione Lombardia www.agricoltura.regione.lombardia.it

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Homebanking,

la sicurezza prima di tutto di Andrea Daffi

andrea.daffi@cassapadana.it

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sempre più sicuro. Cassa Padana, attenta ai problemi legati alla sicurezza sui sistemi di banca virtuale, usa una crittografia SSL3 128 bit e un sistema di autentificazione che oltre al codice utente e alla password prevede una ulteriore sofisticazione di elevato grado di sicurezza: il pin, codice alfanumerico di 10 cifre. È disponibile presso le filiali, senza costi aggiuntivi (per le postazioni multiutente la gratuità riguarda solo il primo dispositivo), il Token, uno strumento che sostituisce il pin e che deve essere utilizzato anche tutte le volte che viene disposto un pagamento. Per il prodotto Hbnext, il token è solo nella versione hardware ed essendo un prodotto monoutente è possibile chiederne solo uno per homebanking. Per il nuovo prodotto Core banking sono disponibili sia la classica versione hardware che la nuova versione software che permette di installare il token sia sul pc che sul cellulare di ultima generazione (iPhone, Blackberry, Android). omebanking

Essendo il Core banking un prodotto multiutente è possibile richiedere più di un otp. Si ricorda che solo un token per utente è concesso in uso gratuito. Per il secondo è prevista una spesa una tantum per i tre anni di validità. Un token è tipicamente un generatore di numeri pseudocasuali ad intervalli regolari (nell’ordine di poche decine di secondi) secondo un algoritmo che, tra i vari fattori, tiene conto del trascorrere del tempo grazie a un orologio interno. Altri fattori che influenzano l’algoritmo possono essere il numero di serie del token, o altri codici

numerici associati al possessore all’atto della consegna del token. Lo stesso algoritmo è anche implementato su di un server di autenticazione, che è stato inizialmente sincronizzato con il token e che, quindi, genera la stessa sequenza di numeri pseudocasuali del token negli stessi momenti, pur non essendoci alcuna comunicazione tra i due oggetti. Tale numero viene combinato con una password nota all’utente e al sistema di autenticazione per generare una password temporanea, o di sessione, che può essere usata per effettuare l’autenticazione entro la scadenza dell’intervallo temporale. Di conseguenza, la password temporanea per l’autenticazione sarà diversa in momenti diversi della stessa giornata. L’autenticazione a due fattori è data dal fatto che per generare la password temporanea corretta è necessario: possedere lo specifico token che, in un dato istante, genera lo stesso numero pseudocasuale generato dal server di autenticazione; conoscere la password di partenza con cui il numero va combinato. Considerato che la password temporanea scade dopo poche decine di secondi, chi volesse violare la sicurezza dovrebbe non solo indovinare quella valida (cosa che presuppone la conoscenza dell’algoritmo, dei valori che lo influenzano e anche della password nota all’utente) per il particolare istante, ma dovrebbe anche usarla prima che essa scada. Per questo motivo, un token eleva notevolmente gli standard di sicurezza. ¬ Per saperne di più www.cassapadana.it

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A Martignana di Po insieme per il bene comune

di Silvano Treccani

silvano.treccani@popolis.it

Grazie ad una squadra di lavoro speciale e un capo area preparato, Davide Gibellini, raggiungiamo ottimi risultati. Dopo tutti questi anni indimenticabili passo alla filiale di Manerbio, piazza importante e dove trovo colleghi preparati e disponibili. E ora eccomi a Martignana di Po nel Casalasco. Per il sottoscritto posti nuovi o quasi. Luoghi dove un mancato “esploratore” si trova a suo agio da subito. Facile innamorarsi della piazza di Casalmaggiore e del suo Po. Bello passeggiare incantato nella piccola Atene (Sabbioneta) o nella piccola Torino (Rivarolo Mantovano). Facile dialogare con la gente semplice del posto. In definitiva un’ulteriore occasione di crescita professionale e umana.

Massimo Guindani, responsabile della filiale di Martignana di Po, è nato a Manerbio, in provincia di Brescia, il 30 ottobre 1965. Da sempre residente a Pralboino, un paese che ama e dove trascorre buona parte del suo tempo libero. È responsabile dei turnisti volontari del bar dell’oratorio parrocchiale San Giovanni Bosco e “cassiere” del Gruppo Sportivo Calcio Pralboino. Tifoso del Brescia… ma meglio non gridarlo troppo forte. In Cassa Padana da oltre 20 anni, prima a Gambara, poi Seniga e Manerbio, sempre nel bresciano. Da circa tre anni lavora nel Casalasco, in provincia di Cremona, a Martignana di Po. Con lui ci sono Alex Grossi e Floriana Dallavalle.

Mi pare di capire che sei un tipo che si adatta molto be-

ne in qualsiasi luogo e situazione, ma dimmi, qual è la realtà economica, sociale e culturale che hai trovato a

Mar-

tignana?

Martignana di Po è un paese dove il bene comune e la vo-

M

artignana di Po è un centro a vocazione rurale e residenziale di circa 1900 abitanti. Si trova nella zona sudorientale della pianura cremonese ed è circondata da una distesa di campi. Tra lunghi filari di pioppi, s’incunea il Po che traccia il confine con l’Emilia. È il fiume a connotare la storia di questo paese della Bassa cremonese. Un tempo situato vicino all’alveo, poi ritiratosi all’interno, con l’argine maestro a rappresentare un rassicurante baluardo di fronte ai pericoli di alluvione. È qui che incontriamo Massimo Guindani.

Classe di ferro 1965, tu sei il responsabile della fiMartignana di Po da tre anni, ma hai una lunga militanza in Cassa Padana. Ricordo che il mio primo giorno in Cassa Padana, pardon Cassa Rurale (le filiali allora erano solo cinque), era un freddo giorno del primo dicembre 1988. Inizio a Gambara (grazie Gardini) ma con l’idea in testa di andare a lavorare nella filiale di Seniga. Infatti a Seniga ci passo 14 anni, iniziando dalla cassa per passare poi alla tesoreria, proseguendo come vice responsabile per arrivare alla promozione a capo filiale. liale di

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Sul Po volano le Aquile La sezione “Oglio-Po” dell’Organizzazione Nazionale Volontari di Protezione Civile “Le Aquile” è sorta dopo la grande piena dell’ottobre-novembre 2000, dopo aver constatato la mancanza di una struttura del genere nel territorio del Casalasco. Iscritto nell’elenco delle organizzazioni di volontariato della Provincia di Cremona e del Dipartimento della Protezione Civile, il gruppo conta mediamente una quarantina di iscritti ogni anno. La specializzazione prevalente dell’organizzazione è la logistica e il soccorso in genere, ma dal 2003 è iniziato l’addestramento dei primi cani, che negli anni seguenti si è concretizzato mettendo a disposizione una media di 3-4 Unità operative all’anno. La sede legale e operativa del gruppo si trova in Via Libertà 66 a Martignana di Po, il magazzino principale in Via Garibaldi 2, mentre il ricovero mezzi e l’area tecnica di addestramento Settore logistico e Unità cinofile sono al Campo Sportivo Comunale. Sin dall’inizio, l’organizzazione si è posta tra gli scopi istituzionali, oltre naturalmente agli interventi di Protezione Civile in caso di calamità, la tutela dell’ambiente e in particolare della golena del fiume Po. Nel 2001 sono state infatti ripulite le golene di Martignana di Po, Gussola e Torricella del Pizzo. L’impegno è continuato negli anni successivi con l’organizzazione e la partecipazione alle iniziative di tutela ambientale (una su tutte la “Giornata Verde Pulito”), sensibilizzando quando possibile i ragazzi delle scuole e tutta la cittadinanza. Dai volontari è sempre arrivata una grande disponibilità anche per l’opera di sorveglianza – sia diurna che notturna – a manifestazioni, fiere e sagre, locali e non. Tra i numerosi interventi effettuati in questi anni ricordiamo i più rilevanti: sono valori ancora molto sen-

glia di salvaguardare il territorio titi dalla comunità. In poche parole l’invito dell’articolo 2 del nostro statuto è ben saldo e vivo. Infatti, oltre al gruppo di volontari della Protezione Civile che si racconta nell’articolo qui vicino, esistono nel territorio, e molti sono nostri clienti, vari gruppi che lavorano per il bene della gente del Casalasco. Vado a memoria: la Santa Federici di Casalmaggiore che segue le persone diversamente abili; il gruppo A.P.I. che si prende cura delle persone anziane e si occupa del piedibus; la Proloco che opera per aggregare le persone del posto; il gruppo amatori calcio e ovviamente la parrocchia e l’oratorio locali. Ma quali tipologie di servizi bancari sono più richiesti dalla clientela della vostra filiale? Martignana è filiale di raccolta, filiale dove la gente vuole disponibilità e sicurezza, vuole prodotti semplici e tranquilli, dove a fianco di due o tre aziende importanti esistono numerose piccole imprese in ogni campo e settore. Si appoggiano alla nostra filiale anche ditte medio-piccole di San Giovanni in Croce, Casalmaggiore e altri piccoli centri del territorio. Nuova realtà e nuovi colleghi, come sono i rapporti con i tuoi nuovi compagni “d’avventura”? Il lavoro svolto in filiale e sulla piazza è possibile solo grazie alla disponibilità dei colleghi: Alex che ci mette esperienza e disponibilità verso la gente e Floriana che invece offre la sua grande voglia di fare e di imparare. Gli stessi sono parte importante del gruppo che segue l’attività di onoterapia a Gussola, interessante progetto, partito nel 2009, portato avanti dall’Associazione Centro Natura Amica in collaborazione con l’ASL di Brescia e Cassa Padana. Ringrazio il capo area Nicola Ferrari per la sua collaborazione e la filiale di Cremona tutta per l’aiuto e il supporto nei periodi di necessità e ferie. ¬

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da sinistra:

Alex Grossi, Floriana Dallavalle, Massimo Guindani

• Macugnaga 2002. Una squadra composta da 8 volontari si è recata nei pressi di Macugnaga in Piemonte, dall’11 al 18 settembre, nella seconda fase dell’Emergenza Lago Epiglaciale Ghiacciaio Belvedere (“Lago Effimero”). • Piena Novembre 2002. In occasione della piena del Po molti volontari si sono alternati nei turni di sorveglianza per un totale di 320 ore di servizio. • Carrara 2003. Nel corso del mese di settembre una decina di volontari si sono recati in Toscana ad aiutare gli amici della locale Associazione di Protezione Civile nell’opera di pulizia dal fango delle abitazioni della città di Carrara a seguito della disastrosa alluvione di quei giorni. • Roma 2005. In occasione delle esequie di Papa Giovanni Paolo II, una squadra di 5 volontari si è recata a Roma assieme ai volontari di altre associazioni cremonesi. • Mondiali di pesca 2008. Un buon numero di mezzi, attrezzature e volontari, hanno contribuito all’organizzazione dei Mondiali di pesca che si sono tenuti nel canale navigabile di Cremona dal 5 al 7 settembre. • Emergenza Abruzzo 2009. Dalla data dell’evento, 6 aprile 2009, sino all’ottobre dello stesso anno l’associazione ha inviato volontari, con funzioni anche di responsabilità all’interno delle singole missioni coordinate dalla Protezione Civile Nazionale. • Emergenze Allagamenti 2010. Nei mesi di maggio e giugno l’associazione è intervenuta negli allagamenti avvenuti nel territorio cremonese a seguito di forti piogge. Dal 2009 il gruppo fa parte, assieme ad altre otto organizzazioni di volontariato di Protezione Civile, di quella che diventerà la Colonna Mobile Provinciale di Cremona. In particolare il gruppo si sta specializzando nelle funzioni cucina e segreteria di campo. Per rendere tutti gli iscritti consapevoli dell’importanza della professionalità che deve distinguere i volontari di Protezione Civile, nel corso degli anni molto è stato fatto per promuovere la formazione dei volontari. Dal 2001 gli iscritti hanno seguito esercitazioni e corsi di formazione specifici, sia interni che organizzati da altre organizzazioni di volontariato, dalla Provincia di Cremona, dalla Regione Lombardia o dal C.I.S.VOL., il Centro Servizi per il Volontariato. Per saperne di più www.leaquileogliopo.it

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Progetto pazienti “fragili”: trattamenti idrokinesiterapici per soggetti affetti da malattie rare di Michela Bertolazzi

coordinatrice amministrativa accettazione ambulatori

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marzo 2011 la Dominato Leonense Sanità (DLS) ha siglato con l’ASL di Brescia un accordo che prevede la realizzazione di un progetto a favore di pazienti “fragili”, ossia pazienti affetti da malattie rare, morbo di Parkinson o altre malattie extrapiramidali e pazienti diversamente abili. Le malattie rare costituiscono un ampio gruppo di patologie (circa 5000 secondo l’OMS, l’Organizzazione mondiale della Sanità) molto eterogenee, che possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano e che, nonostante la bassa prevalenza, rappresentano un problema sanitario di notevoli dimensioni. Col progetto “pazienti fragili” si riconosce la possibilità di stesura di programmi riabilitativi individuali con trattamenti fra i quali

miche, alterazioni metaboliche, miodistrofie, patologie plurimalformative, anomalie del sistema nervoso centrale, anomalie del metabolismo dell’osso. Tali malattie sono spesso caratterizzate da un deficit motorio importante e presentano principalmente quadri clinici di tetraparesi spastica, emiparesi, atassia, distonia, spesso assenza di deambulazione, rigidità muscolare e retrazioni osteomiotendinee dolorose. La rieducazione in acqua rappresenta per questi piccoli pazienti un mezzo ideale per favorire lo sviluppo neuromotorio. L’assenza di gravità permette loro di compiere dei movimenti e degli esercizi che sarebbero difficili da eseguire fuori. La temperatura dell’acqua (33°) consente il rilassamento muscolare e la riduzione delle sintomatologie dolorose. Il movimento in acqua produce notevoli vantaggi terapeutici: • riduce la spasticità diminuendo l’instaurarsi di contratture e retrazioni dolorose, spesso aggravate da stati di ansia latenti e dalla paura del bambino di cadere o di essere toccato. Il piccolo è più sicuro, tranquillo e quindi partecipe alla seduta riabilitativa; • migliora la coordinazione del ritmo respiratorio; • migliora la presa di coscienza del proprio cor-

frequentemente si annovera l’idrokinesiterapia. DLS è in grado di offrire risposte adeguate grazie alla piscina terapeutica in uso presso la propria struttura riservata, in particolari fasce orarie, al trattamento idrokinesiterapico dell’età pediatrica, età ad elevata incidenza di malattie rare e da sempre oggetto di particolare attenzione da parte degli specialisti nel Servizio di DLS. Qui vengono trattate svariate patologie infantili. I bimbi accedono dopo valutazione fisiatrica e successiva stesura di un progetto riabilitativo. Il trattamento è svolto da due fisioterapisti specializzati per tali patologie che operano in sinergia con la fisiatra. Attualmente sono in trattamento 41 bambini. Di questi, 21 sono affetti da patologie rare come alterazioni cromoso14

po nello spazio tridimensionale; • favorisce la verticalità, l’allineamento corporeo e la correzione delle asimmetrie; • migliora l’equilibrio e la coordinazione dei movimenti; • permette una mobilizzazione del tronco, impossibile fuori dall’acqua; • permette di lavorare sulla deambulazione in scarico o a carico graduale in patologie ortopediche; • rallenta il movimento e quindi aumenta i tempi di esecuzione facilitando l’apprendimento; • diminuisce lo stress terapeutico proponendo un’attività riabilitativa poco “sanitarizzata’’ e divertente in un ambiente, la piscina, che ha anche risvolti ludici. L’idrokinesiterapia è inserita in un progetto riabilitativo più ampio, che comprende sedute di rieducazione neuromotoria, coinvolgimento diretto delle famiglie, indicazione di ausili e ortesi che facilitino l’autonomia del bambino. Gli obiettivi vengono verificati e modulati periodicamente, anche con l’utilizzo di scale di valutazione neuromotoria appropriate. Per garantire priorità di intervento per i “pazienti fragili” è attivo un percorso agevolato in fase di prenotazione. Si rammenta che presso l’ASL di Brescia opera il Centro Territoriale per le Malattie Rare: CTMR, via Galilei 20, Brescia – 2° piano – tel. 030 3839256. ¬ Per saperne di più tel. 030 9037221-9037236 www.dominatoleonensesanita.it


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Graphic Design e Multimedia a Leno: aperte le iscrizioni al corso triennale di Daniela Iazzi

daniela.iazzi@fondazionedominatoleonense.it

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l polo distaccato della Libera Accademia delle Belle Arti di Brescia prosegue con successo le sue attività formative in Villa Badia. A Leno, con la collaborazione di Cassa Padana, dal 2009 è infatti aperto il Corso di Graphic Design e Multimedia, corso di laurea triennale legalmente riconosciuto. Nel mondo dei nuovi media il confine tra arte e design è labile. Da una parte molti artisti si impiegheranno come designer commerciali, dall’altra i designer professionali faranno evolvere il linguaggio dei media, impegnandosi in una sperimentazione sistematica e creando nuovi standard e nuove concezioni. Ad ottobre 2011 a Leno partirà il terzo anno di questa scuola. I giovani che in questi due anni hanno scelto di frequentarla hanno potuto apprezzare la possibilità di stringere un rapporto diretto e di essere seguiti in modo puntale dai docenti. Una possibilità data dalla scelta di costituire classi composte al massimo da 20 alunni. Da sempre la Laba persegue due obiettivi: il forte legame con il territorio e l’internazionalizzazione, sfociata di recente in una partnership con la Cina nell’ambito della progettazione e della ricerca per il Fashion e per il Design. La soddisfazione maggiore della direzione dell’istituto bresciano deriva dalla constatazione che la magda sapere gior parte degli studenti Chi può accedere all’accademia diplomati si sono inseriPossono iscriversi all’Accademia ti nel mondo delle progli studenti che siano in possesso fessioni, soprattutto nel del diploma d’esame di Stato settore della comunicaconseguito presso qualsiasi tipo di zione e delle nuove forscuola. me espressive. Come ci si iscrive Il successo della Laba È possibile iscriversi alla Libera è dovuto in larga misura Accademia di Belle Arti fino al 30 alla professionalità e alla settembre presso la sede centrale: disponibilità dei docenVia Don Vender, 66 – Brescia ti e alla forte sinergia che Tel. 030.391636 info@laba.edu www.laba.edu si è creata tra le diverse componenti: la direzioNumero Per garantire qualità ed efficacia ne, i collaboratori, i doall’insegnamento, la LABA organizza centi, gli allievi, tutti anicorsi a numero chiuso senza test mati da un forte senso di d’ingresso. appartenenza e di spirito Durata delle lezioni di squadra. ¬

Si amplia la sede di Leno Dal 2009 la LABA di Brescia è ospitata in Villa Badia di Leno. Le è stata riservata l’ala est della villa ottocentesca che sorge nel centro dell’abitato e che è di proprietà di Cassa Padana. Per poter offrire agli studenti e ai docenti un luogo sempre più adatto alle esigenze scolastiche, Cassa Padana – con la collaborazione degli studenti e dei docenti del corso di restauro della LABA – sta ristrutturando la porzione nobile della villa. Sale affrescate, pavimenti e porte ottocentesche riportate in uso dalle sapienti mani di restauratori e dai numerosi studenti che negli ultimi due anni hanno trascorso qui molte ore di tirocinio. Con il coordinamento della Soprintendenza per i Beni architettonici della Lombardia, la storia si intreccia con le nuove tecnologie, non solo riguardo al corso che qui viene ospitato, ma anche nell’utilizzo di impianti moderni che possono assicurare praticità e funzionalità nello svolgimento delle lezioni scolastiche. Un contesto affascinante dove poter far crescere e stimolare la propria creatività. Per saperne di più www.laba.edu

FOTONOTIZIA

Le girls Gamba del calcetto ra vincon Questa v oa o

Le lezioni si tengono dall’inizio di ottobre alla fine di maggio, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17.30.

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lta ce l’h anno fatt Padana. a le raga E alla gra zze di C nde. Le le chiam assa nostre “ a il Miste girls”, c r (al sec hanno vin ome olo Mas to il torn simo Min eo di ca girone a uti), lcio fem ll’italian minile a a, giocato Gambara 7 , con tr a giugno , Bassa e luglio Brescian erano Ca a a. Le squ lvisano, adre in g Carpene Gottolen ara dolo, Fie go, Isore sse, Gam lla e Cas quest’ult bara, sa Pada ima, Luis na. In ca a Ardesi 77), Elis mpo, pe (n. 4), M a Brune r arina Be lli (n. 5), Iazzi (n.6 rtoni (n. Ilenia Ca ), Tania p u z L z uchena (n i (n.7), D 12), Jati aniela . 10), Va nder Ka nka Jorg ur (n. 2), Raggi (n ji (n. G iu . 11), Ing lia Pazzin rida Tafa i (n. 3), P (n. 8) e P aola aola Zan i (n. 9).


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tenuta da persone fragili (disabili e anziani) che in questi anni hanno frequentato abitudinariamente il Centro, in quanto ospiti di una delle cooperative o fondazioni in rete con l’associazione. I presenti alla ‘parata asinina’ avranno anche modo di assistere al rito di preparazione dello spiedo, che per questa edizione della festa farà da piatto trionfante del pranzo, accompagnato da golosità tipiche gussolesi. Non mancheranno musica e giochi della tradizione, grazie alla rinnovata collaborazione con l’Associazione Oltre Fosse; mentre i bambini già dal primo pomeriggio saranno catturati da clown di strada, cantastorie e animatori, che li traghetteranno nel magico mondo degli amici asini. Al fine di perfezionare i servizi offerti rispetto alle precedenti feste, in questi mesi estivi sono inoltre in corso di realizzazione un ampio e comodo parcheggio, un porticato alla ‘Casetta in Canada’ e verranno duplicati gli alloggi dei nostri amici asini per rendere il loro riposo più confortevole alla luce degli ultimi nati… ne dell’amico asino

Asini in festa 11 settembre a gussola di benedetta cherubini

benedetta.cherubini@cassapadana.it

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i preparativi per l’edizione 2011 della festa sociale dell’Associazione Centro Natura Amica Onlus di Gussola, che si terrà domenica 11 settembre a Gussola, in Località Valloni. Dopo l’inaugurazione dell’esposizione didattica permanente ‘In Mostra… Il Primo della Classe’ lo scorso maggio, il Baby Asino Day a giugno, le numerose Feste dei Grest estivi a luglio e l’Happy Hour dagli Asini a Ferragosto, le prime giornate fresche di settembre faranno godere appieno la golena in un clima di festa condivisa per ringraziare i tanti volontari e sostenitori di questa curiosa iniervono

ziativa che si è trasformata in un modello progettuale, sostenuto nell’ultimo anno non solo dai partner fondatori ma anche da Provincia di Cremona e Fondazione Comunitaria di Cremona Onlus. Una progettualità che ha catturato l’attenzione anche di quotidiani nazionali come il Sole24Ore-Regione Lombardia che lo ha definito un progetto d’eccellenza; della testata giornalistica regionale di RAI3 che ha dedicato al Centro Natura Amica un servizio lo scorso giugno per testimoniare gli importanti risvolti raggiunti sul ben-essere della persona stimolando il livello cognitivo, non-

ché di Fondazione Sodalitas che per il 2011 lo ha inserito fra i progetti ad elevata responsabilità sociale per iniziative rivolte al territorio del Sodalitas Social Award. Dopo due anni di operosità, l’attivo gruppo di volontari che coordina le attività terapiche di mediazione con l’asino e di onodidattica per la valorizzazione del territorio locale, propone appunto per domenica 11 settembre al vasto territorio cremonese una giornata di festa con un ricco programma di appuntamenti ricreativi e culinari! A partire da metà mattinata si terrà una dimostrazione di preparazione e conduzio-

Info e prenotazioni Associazione Centro Natura Amica Onlus Sede legale: via XX Settembre, n. 50 Sede operativa: Località Valloni 26040 Gussola (Cremona) Tel. 331 3615741 – 339 5470562 mail info@centronaturaamica.it

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ATTENZIONE! Per partecipare all’Asino Day di domenica 11 settembre è necessario iscriversi entro il 2 settembre. ¬


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San Benedetto,

tradizioni e interculturalità a Leno Successo per la nona edizione della Fiera di paola zani

paola.zani@cassapadana.it

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nche quest’anno l’appuntamento di luglio

Tappa in Riviera romagnola per la mostra su Karol Wojtyla La mostra “Karol Wojtyla. Fede, cammino, amicizia. Gite con gli amici (19521954) realizzata da Animamedia in collaborazione con la Fondazione Dominato Leonese, dopo la tappa alla casa di riposo di Gottolengo, nella Bassa Bresciana, a luglio è approdata a Rimini (che Papa Wojtyla visitò nel 1982), in occasione della decima edizione della Festa nel Borgo San Giovanni sul tema ‘Una storia, tante storie’. Instancabile guida della mostra è stato Jozef Dabrowskj, ex parlamentare polacco e vicepresidente del gruppo parlamentare polacco-italiano, testimone di tanti momenti del pontificato di Giovanni Paolo II. Dabrowskj ha conosciuto da vicino il Santo Padre partecipando più volte nella cappella vaticana privata alla Messa da lui celebrata insieme alla sua famiglia. Toccanti alcuni episodi personali del legame con Papa Wojtyla: Dabrowsky ebbe il figlio primogenito dopo diversi anni di matrimonio e dopo una benedizione speciale ricevuta insieme alla moglie proprio dal Papa e per questo chiamò il figlio Giovanni Paolo. L’ex parlamentare polacco ha condotto le visite guidate alla mostra nei due giorni della festa attorniato da folle incessanti di visitatori. La Mostra è stata allestita in una cornice giovane, semplice e accogliente dalla parrocchia di San Giovanni Battista.

con la Fiera di San Benedetto è stato ricco di eventi ognuno dei quali è riconducibile ai monaci benedettini e alla regola “Ora, Lege et Labora et Noli Contristari”. I monaci benedettini erano molto attenti all’ambiente ed furono fautori di innovazioni agricole come la bonifica della terra e l’irrigazione. Seppero coltivare e produrre cibi di qualità. Ecco perché durante la fiera protagonisti sono stati i produttori bio e le associazioni di promozione della salvaguardia ambientale. I monaci benedettini erano grandi lavoratori e si costruivano ogni oggetto di cui avevamo bisogno. E in fiera c’erano quindi bancarelle dell’artigianato artistico. I monaci benedettini erano uomini di cultura e durante la fiera c’è sempre una mostra d’arte e vengono invitate associazioni culturali. I monaci benedettini erano aperti all’accoglienza e quest’anno la fiera ha sviluppato proprio questo tema guardando a culture diverse con uno spettacolo di abiti, immagini, danze e tradizioni dal mondo. Numerose bancarelle di comunità straniere hanno poi proposto prodotti tradizionali e del commercio equo e solidale. Come scrive Khaled Hosseini in “Mille Splendidi Soli”: “…Vedete, ci sono cose che vi posso insegnare, altre che potete imparare dai libri. Ma ci sono cose che, beh, bisogna vedere e sentire…”. Per saperne di più www.fieradisanbenedetto.it

Quegli Unni in riva al Mincio Nella piccola frazione di Valeggio sul Mincio, Salionze, l’associazione “I Salionzesi” ha organizzato dall’8 all’11 luglio quattro giorni di festa, la Sagra di Salionze. Un evento molto sentito dalla piccola comunità valeggiana legata a questa tradizione che ricostruisce nell’ultima giornata di festa, il lunedì, varie scene del passaggio del Re degli Unni, Attila, e del suo seguito, in questo territorio. Dal banchetto a cavallo al corteo dei lunghi veli, con il quale le fanciulle accolsero il Re nel villaggio, dalle gare di tiro con l’arco, ai giochi ed ai duelli, fino allo storico incontro tra Papa Leone Magno e il re degli Unni. La ricostruzione, realizzata unicamente da volontari salionzesi, cerca di essere il più fedele possibile alle usanze, ai costumi ed ai comportamenti dell’epoca e vede impegnate, all’interno di un ricostruito accampamento Unno, oltre cento comparse divise tra cristiani e barbari, sulle note di diverse musiche ed in particolare sulle arie del dramma lirico “Attila” di Giuseppe Verdi. Unicità di questa rievocazione, rispetto ad altre, la presenza di novelli Cavalieri “Unni”, anch’essi volontari, che si danno appuntamento nella piccola frazione. Cornice della sagra, numerosi stand gastronomici con i piatti preparati dagli chef dell’associazione “I Salionsezi” guidati dal loro instancabile presidente Cesare Nocentelli. L’evento ha avuto il patrocinio del Comune di Valeggio sul Mincio e Cassa Padana BCC.

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Il Ghana e i suoi profeti di Elisabetta Berto

elisabetta.berto@cassapadana.it

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sagyefo, redentore. Co-

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sì venne ribattezzato Kwame Nkrumah quando portò il Ghana all’indipendenza. Ed effettivamente, Africa Must Unite, suo testamento ideologico-politico, è una storia di redenzione. Nel suo libro, che esce in questi giorni per la prima volta in Italia dal 1963 - anche grazie al contributo della Fondazione Dominato Leonense - anno della prima pubblicazione, Kwame Nkrumah ci accompagna nel lungo viaggio verso l’autogoverno del suo Ghana attraverso i passi che il paese coloniale dovette compiere per rinascere nazione dal punto di vista politico, economico, sociale, culturale.

La prima redenzione fu da un modello economico colonialista basato sulla politica di esportare i ricchi giacimenti di materie prime per produrre semilavorati e prodotti finiti in madre patria e poter importare di nuovo il prodotto finito nelle colonie, importanti mercati di sbocco per le industrie colonialiste. Questa politica, imposta dalle potenze coloniali all’unico scopo di garantire il proprio arricchimento, aveva portato il Ghana a paradossi come quello di non avere nemmeno un’impresa produttrice di cioccolato sul proprio territorio nonostante il paese fosse il maggior produttore al mondo di cacao. Oppure, aveva creato casi di ordinario colo-

Samia Nkrumah davanti al mausoleo dedicato al padre Kwame, ad Accra.

nialismo come per le patate della Costa d’Oro, antico nome del paese, giudicate non adatte al consumo umano. Dato che il bisogno pri18

mario delle amministrazioni coloniali era quello di estrarre le ricchezze delle colonie per trasferirle in madre patria, ogni attività a beneficio


dei locali era puramente incidentale: di fatto, i profitti derivati dalle materie prime non venivano condivisi con il lavoratore della colonia né reinvestiti in lavoro pubblico o servizi sociali, ma costruire strade e porti o istruire gli africani erano attività funzionali a quella estrattiva. Così, diamanti e oro portarono il treno in Sudafrica mentre minerali e legname furono la spinta motrice della ferrovia ghanese e fecero nascere il porto di Takoradi. La seconda redenzione, quindi, dopo quella economica dal commercio e la produzione di materie prime verso l’industrializzazione del paese, fu quella dal blackout istruttivo e dalla negazione del passato di un continente. Nel 1950, il 99% della popolazione del Mozambico era analfabeta. Nel 1954, dei 6 milioni di Africani che vivevano in Africa, solo 5000 frequentavano una scuola primaria, 73 la secondaria e 42 corsi professionali di formazione industriale. “Quando un’intellighenzia destata emerge da un popolo sottomesso”, diceva Nkrumah, “essa diventa l’avanguardia della lotta contro la legge straniera”. Per questo il colonialismo ostacolò sempre la creazione di strutture educative volte all’istruzione degli africani nelle colonie, finché non divenne caro importare ufficiali inglesi e le comunità commerciali europee non iniziarono ad avere bisogno di lavoratori africani più qualificati. Ma l’istruzione fu un bene sempre concesso con avarizia. Per questo motivo, oltre che filosofo e teologo, Nkrumah fu insegnante per un periodo della sua vita e, all’indipendenza del Ghana dal Regno Unito, si trovò a dover colmare con politiche istruttive l’assenza di un corpo di tecnici e amministratori africani. I modelli educati-

vi dell’epoca erano plasmati su quelli britannici e i pochi africani istruiti venivano formati per diventare copie inferiori degli inglesi, loro caricature da deridere al primo errore grammaticale. I loro libri di testo erano inglesi e parlavano della storia e della geografia anglosassone, del modo di vivere, delle abitudini e delle idee degli inglesi, perfino della loro meteorologia! Oscurato il glorioso passato del continente africano, quando, un esempio fra tutti, Timbuktu scambiava propri studiosi con la Spagna e i più importanti centri studi del mondo islamico, gli africani venivano informati di non avere un presente e per questo, non potevano avere un futuro. Il ricambio amministrativo tra i nuovi tecnocrati autoctoni e gli inglesi in partenza fu graduale: i nuovi impiegati statali dovevano essere non solo dei leader ma un esempio per le persone che servivano, dei pionieri. Era a rischio un’intera rivoluzione e la ricostruzione di un paese se anche questa parte del piano di redenzione non fosse stata condotta “with heart as well as head”, con la testa e con il cuore. La ricostruzione di un paese passò anche per la ricerca di capitali all’estero, in un delicato equilibrio che permettesse investimenti diretti senza degenerare nello sfruttamento, per compensare il mancato accesso al credito degli imprenditori africani da parte delle banche britanniche, dato che il sistema di proprietà della terra ghanese non prevedeva la proprietà privata. Per questo motivo fu necessario instillare la parsimonia ed il risparmio nella vita quotidiana degli africani: risparmiare era necessario per costituire le riserve di capitale necessarie allo sviluppo e per fare questo nel Ghana di Nkrumah si intro-

dusse il risparmio obbligatorio, si tagliarono le importazioni di beni considerati non essenziali, si costituì una filiale dedicata ai risparmi presso la banca nazionale e si ampliò la rete postale per rendere capillare la possibilità di depositare. Ma Africa Must Unite è anche la storia della redenzione di un intero continente, perché “nessuna singola zona dell’Africa può considerarsi sicura, o libera di svilupparsi appieno e indipendentemente, fintanto che una qualsiasi delle sue parti rimane non liberata, finché il vasto patrimonio di risorse economiche continua ad essere sfruttato da interessi imperialisti e neocolonialisti”. Nkrumah era fermamente convinto che solo unendo l’Africa politicamente sotto un governo di unione panafricana si potevano risolvere i problemi politici ed economici di ognuno, perché solo con un’Africa unita il mondo avrebbe iniziato a rispettare gli africani e gli africani sé stessi. Nacquero così i primi esperimenti di Unione di stati africani, prima tra Ghana e Repubblica di Guinea, poi tra Ghana Guinea e Mali, che si spinsero fino alla firma di un vero e proprio statuto e alla pianificazione della fine delle barriere doganali entro cinque anni dal primo gennaio del 1962,

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dopo un lungo dibattito sulla necessità di partire da una unificazione politica per approdare a quella economica o viceversa. A testimonianza del fatto che la redenzione del Ghana e dell’Africa e il pensiero lungimirante di Nkrumah ispirarono anche i padri fondatori dell’Unione Europea, oltre a porre le basi degli Stati Uniti d’America di oggi attraverso quel laboratorio culturale e di diritti civili che furono Accra e il Ghana a cavallo degli anni cinquanta, dove Malcom X e Martin Luther King erano di casa e Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald contribuirono a far nascere un nuovo stile musicale, a metà strada fra la musica locale e il jazz. Far rivivere, quindi, oggi le idee di Nkrumah è ridare all’Africa un passato e riconoscerle a pieno titolo il ruolo di madre anche della nostra civiltà. Ciò che siamo oggi lo dobbiamo anche a lui. ¬


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All’ombra dell’Abbazia: Federico Barbarossa a Leno

di Daniela Iazzi

daniela.iazzi@fondazionedominatoleonense.it

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Programma

che la storia di Leno si è intrecciata più volte con Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, significativo rappresentante della storia italiana ed europea. La prima visita risale al 1158, ma è la seconda quella più significativa. Siamo nel 1184: Federico Barbarossa, chiamato a sedare alcune controversie tra gli agitati comuni italiani, viene accolto a Brescia ed ospitato presso il monastero benedettino di Leno. In questa occasione l’allora vescovo Giovanni da Fiumicello gli ripropose la questione ancora aperta con il monastero di Leno. L’incontro, come riportato da un testimone oculare, un certo Ottone Mussa, si risolse con la riconferma dei possessi abbaziali alla stessa e l’ordine al vescovo bresciano di non trattenersi un giorno in più nell’ospizio della stessa. Tra spettacoli e tornei medioevali, banchetti e giullari questa storia sarà rievocata nella straordinaria manifestazione che sarà allestita a Leno, dal 23 al 25 settembre, proprio dove sorgeva l’abbazia. Organizzata dal gruppo medievale “In Illo Tempore”, con la collaborazione della Fondazione Dominato Leonense e di Cassa Padana BCC, gode del patrocinio della Provincia di Brescia e del Comune di Leno. Nell’incantevole scenario di Villa Badia l’associazione “In Illo Tempore” per celebrare questa storica visita ha coinvolto oltre 150 figuranti in costume provenienti da tutta Italia e dalla Svizzera. Ogni gruppo, armati, arcieri, musici e giocolieri, popolani e cialtroni, bari e stroleghi, mostrerà al sovrano Barbarossa e ai presenti le proprie abilità: dimostrazioni di tiro con l’arco, esercitazioni di spada, farandole scatenate al suono di cornamuse e tamburi. I visitatori di ogni età potranno anche scoprire come si viveva tra fuochi accesi, arcieri, semplici popolani, musica e strafalcioni, giocolieri e cantastorie, spegnendo la sete con del buon vino speziato, ottima cervogia (birra), acqua mulsa; approfittare della “Taberna de lo viandante” per assaggiare ottime ricette, oppure partecipare alla cena storica, rigorosamente imbandita rispettando l’usanza del tempo e con la presenza illustre dell’imperatore, allietata da musici e giocolieri (a numero chiuso, su prenotazione al numero 334 1537951). Infine, sarà allestita una mostra mercato con banchi tematici dove poter scoprire oggetti e curiosità medioevali ed il gruppo Sagitta Imperialis esporrà in mostra le macchine da tortura medioevali. ¬ documentato

VENERDÌ 23 SETTEMBRE 20.00 Apertura di un’accogliente “Taberna de lo viandante”. 21.00 Concerto di apertura con i FUTHARK – Medieval Folk. (Ingresso libero). SABATO 24 SETTEMBRE 14.00 APERTURA DELLA MANIFESTAZIONE Le porte di Villa Badia si aprono al pubblico che potrà visitare gli accampamenti allestiti nel parco, l’esposizione delle macchine di tortura medioevali, il mercato medioevale. Apertura della “Taberna de lo viandante”. 16.30 ARRIVO DELL’IMPERATORE Arriva il Barbarossa a cavallo accompagnato dalla consorte e dal suo seguito, fra musiche, ali di figuranti e foresti allineati lungo il viale. 20.30 A TAVOLA CON L’IMPERATORE Cena medioevale (su prenotazione al 334 1537951) Durante la cena intrattenimenti, giullari, musici, ciarlatani, cantastorie e scaramucce. Dalle 21.00 SPETTACOLI E DIMOSTRAZIONI DI ABILITà Nel parco tra fuochi accesi, musica e strafalcioni, vino speziato, ottima cervogia (birra), e acqua mulsa: spettacoli di armigeri, arcieri, popolani, giocolieri e cantastorie fino a notte fonda. DOMENICA 25 SETTEMBRE Dalle 9.00 IL RISVEGLIO I figuranti animano le vie del centro storico di Leno. 10.00 APERTURA DELLA MANIFESTAZIONE Dalle 14.30 IN ONORE DELL’IMPERATORE Armati, arcieri, musici e giocolieri, popolani e cialtroni, bari e stroleghi, offriranno il meglio di ciò che sanno fare. Dimostrazioni di tiro con l’arco, esercitazioni di spada, farandole al suono di cornamuse e tamburi, banchi didattici dove ascoltare cose ignorate, sorseggiare vino speziato o assaggiare pani antichi. 16.00 FEDERICO BARBAROSSA A LENO NEL 1185 Un incontro per approfondire il periodo storico rievocato all’interno della manifestazione. A cura del prof. Angelo Baronio, storico del Medioevo. 18.00 SALUTO AI GRUPPI PARTECIPANTI 19.00 CHIUSURA DELLA MANIFESTAZIONE Le tende si abbassano, il cancello si chiude, tutti a casa… in attesa di una nuova avventura. Per saperne di più Gruppo “In Illo Tempore” Tel. 334 1537951 info@inillotempore.it www.inillotempore.it www.fondazionedominatoleonense.it

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Il Risorgimento più segreto in mostra a Isola Dovarese di Barbara Ponzoni

barbara.ponzoni@cassapadana.it

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(Cremona) – C’è tempo fino al 30 ottobre per poter visitare la mostra “L’altro Risorgimento. Isola Dovarese “piccola pietra nel grande edificio dell’Indipendenza” e il Generale Francesco Pistoja” inaugurata il 10 giugno scorso. L’evento, che rientra nel programma per le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, è un omaggio al mitico generale Pistoja e alla comunità stessa di Isola Dovarese. Organizzata da Archivio di Stato di Cremona e Società Storica Cremonese, con il contributo di Cassa Padana BCC e Fondazione Dominato Leonense, la mostra ha visto anche la collaborazione di Comune di Isola Dovarese, Auser, Pro Loco, Casa di Riposo San Giuseppe e di Luciano Sassi, curatore artistico dell’allestimento. La mostra è il frutto di un’accurata ricerca documentaria. Una sezione racconta le vicende della lunga e impegnativa vita di Francesco Pistoja, partendo dalle sue umili origini (era figlio di un oste) fino alla fuga in Piemonte per arruolarsi come volontario nella Brigata Savoia, dopo aver abbandonato il Seminario di Cremona, dove frequentava il secondo anno di Teologia. Prosegue con la brillante carriera di Francesco nell’esercito del Regno d’Italia fino al momento in cui

Verona. Qui transitarono le truppe dell’esercito francese, comandate da Napoleone, le truppe austriache e le truppe del Regio esercito italiano dopo la tragica sconfitta subita a Custoza nel giugno del 1866. I documenti raccontano le requisizioni di biade, fieno e cereali, paglia e mezzi di trasporto a svantaggio degli abitanti, che spesso non venivano rimborsati e sui quali poteva gravare anche l’onere dell’alloggiamento dei soldati, così come la cura dei soldati feriti che venivano lasciati lungo la via. Ma il fatto più importante, che meglio caratterizza e dà

ottenne la promozione (nel 1898) al grado di tenente generale, il massimo consentito dall’ordinamento militare in tempo di pace, assumendo prima il comando della Divisione di Brescia e nel 1903 quello del VII Corpo d’Armata con sede ad Ancona. Non manca il Pistoja politico: a partire dal 1900, ormai divenuto generale, si candidò infatti per la Camera dei Deputanti nel Collegio di Casalmaggiore e fu deputato fino al 1919. Nel marzo del 1923 coronò la sua brillante carriera con la nomina a Senatore del Regno da parte del re Vittorio Emanuele III, su proposta del governo Mussolini. Pistoja è lo spunto per parlare della comunità di Isola Dovarese, in quel particolare ed intenso momento storico che fu il Risorgimento. Il borgo sorge lungo quella che era una importante via militare fra Cremona e

lustro a questa comunità fu quando, il 27 giugno 1859, venne istituito un ospedale provvisorio per l’assistenza e la cura dei feriti dell’Armata francese che, dopo la sanguinosa battaglia di Solferino (24 giugno 1859), dovevano essere trasferiti da Castiglione delle Stiviere a Cremona, luogo di raccolta per le truppe francesi. L’ospedale di Isola entrò in funzione proprio all’oratorio di San Giuseppe, dove oggi è allestita la mostra. Qui furono predisposti ventidue letti. Dei soldati ricoverati sette morirono per le ferite riportate nei combattimenti e per le febbri tifoidee e furono sepolti nel cimitero di Isola. Il sentimento di fratellanza verso le truppe francesi era molto forte fra gli isolani che fornirono con generosità letti, biancheria, vitto, medicinali e assistenza medica. Dimostrando coesione, forza e patriottismo. ¬

Visite guidate e iniziative “L’altro Risorgimento. Isola Dovarese “piccola pietra nel grande edificio dell’Indipendenza” e il Generale Francesco Pistoja” è aperta fino al 30 ottobre all’Oratorio San Giuseppe a Isola Dovarese. Sabato e domenica dalle 16 alle 20 e i giorni infrasettimanali su prenotazione. Grazie alla collaborazione del gruppo di guide cremonesi Cart e dell’Agenzia Nobile Viaggi, vengono organizzate giornate ad hoc per visitare mostra, chiesa San Nicolò e chiostro della Casa di Riposo San Giuseppe. Le prossime uscite saranno programmate fra settembre e ottobre. (Info: 393 4672148).

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Agosto a castello

I nobili Federici abitarono questa struttura per secoli, fino a quando l’ultimo della stirpe morì senza eredi a metà Ottocento, lasciando l’antico castello in eredità alla sorella. La famiglia Alberzoni, dalla quale discendono gli attuali proprietari, visse a lungo in questo luogo, adoperandosi anche con ingenti restauri, come quello avvenuto nel 1928. Il castello può essere visitato tutte le domeniche alle 14 e alle 15.30, su prenotazione tutti i giorni: tel. 348 7947225, e-mail lontanoverde@gmail.com.¬

Visita a Gorzone, in Valle Camonica

Magda Stofler e Moira Troncatti

Associazione LOntanoVerde

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la Valle Camonica, a pochi minuti d’auto dal Lago d’Iseo, si raggiunge Darfo Boario Terme (Bs), rinomata per le sue acque salutari. Proprio nell’area sovrastante il parco termale, all’imbocco di una valletta laterale in direzione della Val di Scalve, si trova la frazione di Gorzone, dominata dall’alto dal suo castello, uno dei meglio conservati di tutta la provincia di Brescia. Dopo esser rimasto chiuso per anni, oggi il castello di Gorzone è aperto al visitatore grazie all’associazione LOntànoVerde che dal 2008 promuove non solo visite guidate per rivelarne la storia, ma anche eventi culturali, musicali e teatrali per animare quella che fu una tra le più prestigiose residenze della Valle Camonica e tutt’ora l’unico castello conservato della zona. È da almeno settecento anni che il castello controlla la via di collegamento tra le due vallate. Come ricorda un antico privilegio imperiale datato al 1047, di qui transitavano grosse quantità di ferro pregiato. La sua posizione strategica, a corona di un dosso e difeso sul lato meridionale dal profondo burrone scavato dal torrente Dezzo, ne faceva il presidio ideale per controllare i traffici di quest’angolo di territorio. Il fortilizio è ricordato per la prima volta nel 1198 quanisalendo

tificazione conserva ancora oggi il magnifico portale in pietra rossa locale, detta Pietra Simona, sul quale sono scolpiti lo stemma della famiglia Federici e quello di un’aquila coronata, esplicito simbolo ghibellino. Vi si trova anche lo scudo dei veronesi Della Scala, che amministrarono l’area bresciana e camuna all’inizio del Trecento. Molte delle trasformazioni del castello avvennero nel XV secolo. Nel 1428 la Repubblica di Venezia occupava le province della Lombardia orientale che erano state dei Duchi di Milano. I Federici, da sempre ghibellini e filoviscontei, gradirono poco questo cambio di poteri e non esitarono a sobillare ribellioni contro la Serenissima. Con la pace di Lodi del 1454 ogni controversia si concluse a favore della Repubblica di Venezia, che mantenne il controllo del territorio camuno per secoli, fino all’arrivo di Napoleone sul finire del XVIII secolo. Esaurita la funzione militare il castello venne gradualmente trasformato in una residenza signorile. Si ampliarono le stanze, si aprirono nuove porte e finestre, si costruirono luminosi loggiati affacciati sui cortili interni.

do le città di Brescia e Bergamo, in aperta contesa per espandere il loro dominio sul territorio camuno, pattuirono di demolirne parzialmente le difese a garanzia di una pace più stabile. Nel secolo successivo il castello divenne la sede principale dei nobili Federici. Originari del comune di Darfo Boario Terme, nell’arco di un secolo divennero i più importanti e potenti signori della vallata. Il castello nella sua struttura attuale è il risultato di secoli di trasformazioni, mutazioni, ampliamenti e ridimensionamenti. In origine doveva esser composto da un robusto mastio difeso da cinte murarie. Le tracce più antiche ancora leggibili risalgono al XIV secolo e sono nei resti della torre, parzialmente demolita nel primo novecento, e nel portale d’accesso. L’ingresso dell’antica for22

Per saperne di più www.lontanoverde.it

Popolis, periodico bimestrale di Cassa Padana autorizzazione del Tribunale di Brescia, n. 43/2000 dell’8 agosto 2000

Sede, Villa Seccamani, via Garibaldi 25, Leno-Brescia Redazione Macri Puricelli, direttore macri.puricelli@popolis.it

Lidia Sbarbada e Valentina Bragazzi, coordinamento lidia.sbarbada@cassapadana.it valentina.bragazzi@popolis.it

Armando Rossi e Debora Zanini, immagini armando.rossi@popolis.it debora.zanini@popolis.it

Sede: Villa Seccamani, via Garibaldi 25, LenoBrescia Tel.030-9040270, rivista@popolis.it

Comitato di redazione Franco Aliprandi, Stefano Boffini, Benedetta Cherubini, Valerio Gardoni,Daniela Iazzi, Andrea Lusenti, Luigi Pettinati, Barbara Ponzoni, Macri Puricelli, Armando Rossi, Lidia Sbarbada, Paola Zani Hanno collaborato a questo numero: Angelo Baronio, Elisabetta Berto, Michela Bertolazzi, Stefano Boffini, Marco Bortoli, Benedetta Cherubini, Mirko Cominini, Andrea Daffi, Daniela Iazzi, Barbara Ponzoni, Magda Stofler, SilvanoTreccani, Moira Troncatti, Paola Zani Fotografie: Archivio fotografico della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia, Associazione LOntano Verde, Annalisa Bazzana, Elisabetta Berto, Benedetta Cherubini, Valerio Gardoni, Daniela Iazzi, Sergio Moruzzi, Armando Rossi In copertina: Archivio fotografico della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia: fotopiano degli scavi in Villa Badia di Angelo Valsecchi Stampa: Staged, S. Zeno N. (Bs)


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