Porto d'Oro magazine n. 2

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Porto d’Oro . i l . m a g a z i n e . d e d i c a t o . a . o r o m a r e .

Porto d’Oro n. 2/2011 - Supplemento a

Porto&diporto n. 8 2011 - Tariffa R.O.C. Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Napoli - Costo singolo per copia € 5



ph:Dario Averardi

GA.RA. Preziosi S.r.l. Modulo oromare: D224 Strada provinciale 22 km 1,750 81025 Marcianise (CE) Tel: 0823 1644340 Fax: 0823 1644341 garapreziosi@hotmail.it http://www.garapreziosi.it



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Sommario Oromare Oromare, far sistema Dieci buone ragioni Oro, oro delle mie brame Catalano gioielli Frena l’export partenopeo Il settore orafo italiano Fratelli Dinacci, un successo tira l’altro L’eleganza facilita il successo Linea ultra slim nel nuovo atelier Ragusa I manufatti d’autore non conoscono crisi Lux in arcana Giro del mondo sulle vie dell’arte Le grandi mostre d’autunno Limousine del mare con Sea Shuttle Stile classico per l’eleganza maschile Floating Life al Marmaris Yacht Marina Sacs Tributo Ferrari Le Vele d’Epoca a Napoli La Evoque si fa piccola ma molto seducente Uno per tutti Ricordo ai caduti di ieri Lo Chef - tra professionalità e passione Lo champagne è un vino Una passegiata tra i vigneti SPA, salus per aquam

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Porto d’Oro - Settembre 2011 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Progetto e realizzazione grafica Paola Martino Stampa: Morconia Print - Morcone (BN) Il magazine Porto d’Oro è proprietà di AM editori srl - Tel/Fax 081 5592332 info@ameditori.it - www.portoedoro.it Supplemento a Porto & diporto n.8 - Agosto 2011 Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 marzo 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’ vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

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Tutto il meglio è qui. Potrebbe sembrare un semplice slogan ma, a ben vedere, non è solo così. Anzi. Il consorzio Oromare, difatti, è una singolare realtà che racchiude per davvero tutto quel che c’è di meglio e necessario per gli operatori del segmento orafo. E’ un centro produttivo artigianale che riunisce, in un unico complesso immobiliare polivalente, una filiera di oltre 200 piccole e medie imprese, tutte appartenenti al distretto orafo di Torre del Greco, Napoli, Marcianise e specializzate nella lavorazione di oro, corallo, preziosi in genere e nella creazione di cammei che hanno scelto di fare sistema. E, in quest’ottica, riunirsi in un unico luogo di lavoro per condividere obiettivi, interessi e progetti comuni; una cittadella dove ritrovarsi in sinergia per ottimizzare il concetto di filiera produttiva e fare economia di scala e di costo nella creazione e commercializzazione del prodotto orafo artigianale; una vera e propria oasi dove creare disegnando e producendo in vista della distribuzione secondo le antiche regole dell’artigianato e nel segno della condivisione in un’atmosfera armonica a prescindere dalle complessità del comparto e delle epocali congiunture economiche. Un’idea straordinaria che offre ai soci tutti i benefici di una piattaforma. Ossia numerosi vantaggi sia per le affinità distributive e logistiche che legano tra loro i produttori sia per gli acquirenti che a loro volta possono ugualmente trovare in loco sinergie commerciali. Il tutto con un risultato, diverso dal profilo del distretto ampiamente diffuso altrove, che va ben oltre le aspettative. La rete di servizi con cui Oromare è attrezzato, d’altra parte, ne fa una moderna struttura capace di valorizzare l’attività artigiana dei 200 aderenti, un pool di professionisti del settore che spazia dai designer orafi agli spedizionieri passando per i produttori di prototipi, semilavorati, minuterie e quant’altro ai quali offre opportunità di miglioramento in termini produttivi e commerciali non solo a livello locale e nazionale ma anche internazionale. Realizzato su progetto dell’architetto Massimo Pica Ciamarra, cui si deve una struttura di pregio che, articolata in moduli su più piani intorno ad un ampio spazio centrale in parte messo a verde; riassume in se l’armonico incontro tra la tradizione dei tipici mattoncini rossi da costruzione e la più moderna innovazione che coniuga materiali come l’acciaio e il vetro il complesso nasce a Marcianise, a metà strada fra Napoli e l’area industriale di Caserta, ed è punto di riferimento per ben 1300 addetti il cui impegno lavorativo quotidiano trova, appunto, attinenza con l’intera filiera produttiva. E’ qui che, ogni giorno, la grande tradizione partenopea della gioielleria cresce e si rinnova con uno sguardo agli antichi saperi dei maestri orafi

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di una volta ed un altro che punta avanti e mira lontano con la complicità delle più avanzate tecnologie e delle nuove strategie di marketing e comunicazione. D’altro canto l’inizio di tutto è proprio nell’intento di fare rete nel solco delle esperienze che da secoli i piccoli laboratori artigianali si tramandano di padre in figlio ma in piena serenità e cioè non più in tessuti urbani poco confortevoli e talvolta insicuri, bensì avvalendosi dei privilegi e delle facilitazioni che vengono dal concetto stesso di consorzio il cui obiettivo è appunto quello di condividere esperienze e competenze per meglio aprirsi ai mercati vicini e lontani. Alla guida di Oromare il napoletano Antonio Sticco, 70 anni, titolare della SticcoSped, azienda del settore spedizioni doganali e trasporti internazionali presente anche all’interno del consorzio di Marcianise e da meno di un anno eletto presidente del centro orafo campano per mettere la sua lunga e intensa esperienza ormai quarantennale nel settore aziendale della logistica al servizio del sodalizio. Gli inizi non sono mai semplici ma in Oromare, nonostante un complesso start up in un periodo di delicata congiuntura economica mondiale, la dose d’entusiasmo è sempre notevole. Punto di forza di Oromare, oltre il consolidamento sul mercato interno nazionale, naturalmente l’internazionalizzazione, un obiettivo difficile ma anche attraente: la globalizzazione non permette alle piccole imprese di avere un’immagine all’esterno ed è per questo che si fa cartello, proprio per aprirsi una finestra sui mercati stranieri emergenti attraverso vari canali che spaziano dai contatti avviati con l’Istituto per il commercio estero e con il Ministero per le attività produttive, in particolare un piano strategico di sviluppo nei paesi dell’area Bric (Brasile, Russia, India e Cina) dove potersi posizionare con migliori prospettive che su mercati ampiamente impegnati, se non addirittura saturi, come per esempio quello statunitense. Tutto ciò senza dualismi ma nel segno della complementarità e della proficua intesa e vicinanza, piuttosto che in quello della dannosa concorrenza, con altre analoghe associazioni d’impresa che trattano categorie similari ma diverse dalle principali materie prime di Oromare che sono specialmente coralli, conchiglie, perle, pietre naturali affidate alle esperte mani dei maestri orafi, braccio operativo nella lavorazione e assemblaggio di prodotti finiti da passare poi a chi invece si occupa di commercializzazione. Paola de Ciuceis

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Asako

sede operativa: c/o Oromare-moduli D 125 e 126 tel. 0823 1644117 fax 081 1644109 sito: www.caravecchia.it info: caravecchiagina@libero.it

gioielli by Caravecchia


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Oromare, far sistema e approdare forti e compatti su tutti i mercati Dall’insieme di piccole e medie aziende artigiane specialiste nella lavorazione di oro, corallo e cammei e con una forte vocazione all’esportazione del distretto di Torre del Greco a consorzio per fare sistema, il passo non è stato breve né veloce. Ma chi va piano, va sano e va lontano. E, oggi, Oromare si distingue come luogo d’eccellenza dove gli ultimi artigiani del settore orafo lavorano e fanno scuola. La sua storia inizia nel lontano 1998 per iniziativa di un brillante imprenditore torrese, discendente da una famiglia impegnata da più generazioni nell’ambito della lavorazione artigianale dei cammei su conchiglia: Gino Di Luca, socio fondatore e primo presidente di Oromare, cui si deve l’idea di una società consortile tra un folto gruppo di aziende torresi del comparto il cui intento, tutt’ora valido, doveva essere quello di fare cartello per arrivare, compattando le energie, laddove per i singoli lo sforzo poteva diventare esorbitante. E così è stato. “La pensata iniziale - spiega lo stesso Di Luca - è nata dall’obiettivo di tutti: aprirsi a nuovi e più grandi mercati. Di qui l’iniziativa il cui principale intento è stato la definizione di una piattaforma comune sulla quale poggiare le attività di tutti sia dal punto di vista produttivo, sia da quello commerciale. In tal modo le esigenze dei singoli venivano a essere approcciate e risolte facendo fronte comune, cioè dividendo fra tutti l’impegno e l’onere di alcuni investimenti fondamentali, altrimenti insormontabili per le aziende singole”. Al di là dei particolarismi, l’idea di fare fronte comune nel sostenere una campagna di promozione, la partecipazione a una fiera o qualunque altra iniziativa di un certo impegno sul mercato interno

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ADV AM editori srl

P&P

SILVER

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S.r.l.

OROMARE Strada Provinciale 22 km 1,750 - 81025 Marcianise (CE) Tel. 081 5630256 - Fax 081 289899 - E-mail: ppsilver@hotmail.com - Web: www.ppsilver.com


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come su quello estero, per di più nell’ottica di una ripartizione delle spese e delle incognite che ogni impresa può riservare, non poteva che essere un’allettante proposta! Tanto che, continua Di Luca, “in principio si era un gruppo di una quarantina di operatori, poi siamo diventati 200 e addirittura si era creata anche una lista d’attesa per poter ottenere i moduli della grande struttura immobiliare che si stava andando a costruire per lavorare anche tutti insieme, l’uno vicino all’altro”. Certo, poi, c’è stata una contrazione che ha portato a un ridimensionamento degli aspiranti partecipanti al Consorzio, ma, ora, si è in oltre 160. Tutti per uno e uno per tutti, proprio come recita il vecchio adagio. Due gli obiettivi da raggiungere per rendere pienamente concreta la formula vincente pensata da Gino Di Luca. Uno, il primo, la realizzazione della sede, cioè la scelta dell’ubicazione del Consorzio che “con tutte le nostre forze avremmo voluto sul nostro territorio, a Torre del Greco, ma cui abbiamo dovuto rinunciare per una serie di difficoltà urbanistiche oltre che di altro genere”, spiega Gino Di Luca. E di qui l’individuazione dei suoli nell’area di Marcianise, “vicino al Tarì per esserne braccio produttivo”, e la costruzione del complesso, inaugurato alla fine del 2007, madrina Sofia Loren, ma concretamente in attività dal 2009. A seguire, fatto il contenitore, via con il conseguimento del secondo, lo step numero due: cioè la definizione (ormai in dirittura d’arrivo) di strategie di gruppo con le quali poter fronteggiare il mercato interno ed estero pur restando realtà medio piccole attente al binomio tradizione-qualità. D’altra parte è nel segno delle eccellenze che il pool di piccole e medie aziende specialiste nella lavorazione di oro, corallo e cammei di Oromare vuole muoversi. “Il pregio del consorzio è proprio quello di essere come una grande fabbrica” riprende l’imprenditore Di Luca che sottolinea come “il progetto sia stato calibrato sulle necessità dei soci, tutti produttori artigiani con una forte vocazione all’esportazione” e come “le prospettive siano sempre quelle iniziali: cioè, ottimizzare il concetto di filiera produttiva, attivare un’economia di scala e di costo con un solo obiettivo finale: essere un insieme di realtà produttive, una rete di iniziative e attività integrate per crescere insieme, nella quantità e nella qualità, nelle idee e nello stile per affrontare i grandi colossi asiatici su mercati altrimenti destinati a restare lontani”. Naturalmente, la crisi economico-finanziaria mondiale ha fatto da freno ma è il momento di recuperare terreno per non vanificare i grandi sforzi profusi da tutti i promotori. Quale futuro per Oromare, dunque? Roseo, naturalmente, anche alla luce delle numerose iniziative di consolidamento ormai al varo il prossimo ottobre sempre per iniziativa di Gino Di Luca. D’altra parte, oltre 160 aziende per un totale di circa 1300 addetti non sono proprio cifre da poco e non solo come forza lavoro ma anche in termini di concentrazione di idee. Soprattutto, fanno di Oromare un centro produttivo dalle potenzialità uniche, tali da poter affrontare non solo la commercializzazione dei semilavorati come accadeva sino ad otto-dieci anni fa ma anche di prodotti finiti come conferma il trend più recente. Uno scatto che per le piccole aziende implica costi forti e poco sostenibili ma che, facendo cartello, invece, possono ulteriormente ampliare la gamma produttiva e orientarla sino anche alla creazione di gioielli finiti con i quali proporsi su tutti i mercati con prodotti unici, riconoscibili, magari personalizzati. Naturalmente, sempre pensati e realizzati nei laboratori di Oromare da designer e artigiani che si tramandano la manualità di padre in figlio. Paola de Ciuceis

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Dieci buone ragioni per comprare diamanti ad Anversa Non sono scolpiti sulla pietra del Sinai, ma i dieci “comandamenti” dell’AWDC, Antwerp World Diamond Centre, sono incisi su pietre meno sante, ma più lucenti, i diamanti. E possiamo dire che non indicano rigide regole alle quali attenersi inderogabilmente, ma suadenti inviti che sono espressi dai rappresentanti del centro di Anversa con il ben noto garbo e professionalità. L’organizzazione del settore più grande e autorevole della bella e dinamica città belga si ripropone all’attenzione degli operatori europei e mondiali attraverso un rilancio delle proprie attività e del proprio brand. Come? Attraverso una serie di iniziative che mirano a rafforzare il proprio ruolo di storico e tradizionale centro della lavorazione, dell’analisi e del commercio diamantifero. Tutto questo in un momento in cui la concorrenza di altri paesi, gli stessi paesi con forti economie emergenti che preoccupano non poco gli addetti al settore italiani, sta fieramente insidiandone il business se non l’immagine. Ma la piazza belga dei diamanti può contare su una tradizione secolare: da Carlo V fino al XX secolo ad Anversa è tutto un progredire di sviluppo e successi durante una corsa lunga 500 anni. Purtroppo la ricca storia della città ai buyer non basta più ed allora sono scesi in campo i dirigenti dell’AWDC con una strategia di comunicazione per sottolineare l’attualità e la convenienza delle offerte delle oltre 1800 aziende presenti nell’area chiamata “Diamond Square Mile”: un mosaico di nazionalità, un variopinto incredibile concentrato di tutto quanto può concernere l’arte, la cultura, il commercio della gemma più ambita. Tutto questo si traduce in un primato mondiale, infatti, a dispetto della concorrenza, nel mondo otto diamanti su dieci sono lavorati nello Square Mile. E la metà di quelli finiti (polished) transita sempre attraverso la città belga grazie al “Cut in Antwerp” un trademark che certifica che il taglio e la pulitura sono stati effettuati ad Anversa trasformandosi in un valore aggiunto per il gioiello attraverso il lavoro e la professionalità di 34mila addetti al business del diamante. Dei piani di rilancio del Diamond Centre ci parla Ari Epstein, CEO dell’AWDC. Signor Epstein, l’AWDC ha giocato un ruolo fondamentale per sostenere la crescita dell’industria del diamante ad Anversa. Vuole illustrarci le iniziative a beneficio del settore? AWDC rappresenta un settore economico che comprende il più importante gruppo di compagnie diamantifere operanti in qualsiasi parte del mondo. Non solo gestisce la maggior parte dei diamanti grezzi e puliti venduti globalmente ogni anno, ma fornisce una parte importante dei finanziamenti, il know-how e le competenze tecniche necessarie per mantenere il settore dell’industria del diamante operativo giorno dopo giorno. Il nostro ruolo non è quello di fare il lavoro al posto delle industrie del diamante, ma piuttosto di offrire condizioni e strumenti che consentano loro di massimizzare l’efficienza e la produzione. Ogni anno, per esempio, il nostro team organizza i “Padiglioni del Diamante di Anversa”, che accolgono aziende del settore dei diamanti di Anversa, nelle più importanti fiere di gioielli e di preziosi del mondo. Chiamati appunto “Antwerp Diamond Pavilions”, sono spesso i più grandi padiglioni nazionali in questi particolari eventi. Non solo diamo assistenza alle aziende con i dettagli tecnici e logistici per esporre all’estero, ma promuoviamo anche la loro partecipazione alle fiere per ottenere i migliori risultati possibili. Che cosa fate per la città di Anversa? Una strategia chiave è quella di rafforzare il ruolo di Anversa come capitale del business e del commercio globale nel settore dei diamanti, e come tale Anversa si presenta anche come il centro intellettuale della nostra industria. Per sottolineare questa funzione, l’AWDC organizza regolarmente ad Anversa delle conferenze chiamate “Antwerp Diamond Conferences” che sono diventate, nel corso degli anni, eventi di spicco per l’industria, e che hanno ospitato relatori come l’ex presidente americano Bill Clinton e il Nobel per l’economia Nobel Joseph Stiglitz. Il tema della Antwerp Diamond Conference, che ha avuto luogo il 23 e 24 maggio 2011, si è focalizzato sull’evoluzione del commercio dei diamanti nel corso del prossimo decennio. Hanno partecipato esperti dall’interno e dall’esterno del settore, tra cui Colin Powell, l’ex Segretario di Stato americano. Quali progetti avete in cantiere? L’attuale programma dell’AWDC prevede il progetto di sviluppo a lungo termine di un piano strategico per il settore dei diamanti di Anversa per i prossimi anni. Chiamato “Progetto 2020 “, è stato studiato per rafforzare il ruolo della nostra città nel settore internazionale dei diamanti e garantire la leadership di Anversa nell’industria dei diamanti in tutto il mondo. Si tratta di un piano globale, che coinvolge l’industria, le banche e i rappresentanti del governo a livello federale, regionale, provinciale e comunale. MDC

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Oro, oro delle mie brame In tempi di crisi, si sa, navigare tra azioni e titoli di stato diventa poco sicuro e per scampare alle turbolenze che spesso mandano a picco interi equipaggi non resta che cambiare rotta e dirigersi verso porti sicuri. È quanto stanno facendo gli investitori internazionali che rivolgono ormai da tempo tutta la loro attenzione all’oro. Bene rifugio per eccellenza il metallo prezioso sta vivendo un periodo degno del suo nome e continua ad apprezzarsi sui mercati valutari trascinandosi dietro i prodotti finanziari che puntano sul lingotto mentre azioni, petrolio e dollaro continuano a perdere terreno spingendo al ribasso le principali borse europee. Milioni di euro bruciati in una sola giornata alimentano l’incertezza sulla ripresa. Dunque altro che bolla speculativa. Crisi del debito, debolezza del dollaro e inflazione fanno il resto contribuendo all’impennata del “mattone” giallo che all’inizio del mese di agosto ha toccato i 1700 dollari l’oncia. E la corsa sembra destinata a non arrestarsi anzi l’impennata delle quotazioni dell’oro promette di intensificarsi nei prossimi anni. Il rischio che le attuali quotazioni possano improvvisamente sgonfiarsi, innescando una tendenza opposta a quella dell’ultimo periodo, pare improbabile. E’ vero infatti che le quotazioni sono balzate su del 23% negli ultimi dodici mesi e del 9% nel primo semestre del 2011. Le aspettative degli analisti, tuttavia, sono in larga prevalenza verso una ulteriore impennata. La società finanziaria Jp Morgan stima che il prezzo dell’oro salirà a 2500 dollari l’oncia entro la fine dell’anno mentre un grande esperto statunitense del ramo, Lorimer Wilson, monitorando le previsioni di ben 133 analisti del mercato, ha appurato che in ben novanta casi le attese sono di una crescita tumultuosa, tale da superare nei prossimi anni la soglia del 5000 dollari l’oncia. A trainare il mercato, gli acquisti crescenti del prezioso metallo giallo da parte di nuovi colossi, quali l’India (primo mercato al modo per il metallo prezioso) e la Cina. Stefania Castaldo

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Frena l’export partenopeo di gioielli e pietre preziose Calano le vendite all’estero di gioielli e pietre preziose prodotte in Campania. È quanto emerge dai dati analizzati dal Centro Studi del Mercato del Lusso. I numeri parlano chiaro: meno 28,58% pari a un fatturato di 3 milioni 127 mila euro. La perdita, nel primo trimestre del 2011, ammonta a circa un milione 250 mila euro e risulta ancor più elevata a livello regionale (-34,90%). Il decremento medio nazionale si ferma al 22,97% mentre la riduzione dell’export del Mezzogiorno non supera il mezzo punto percentuale (-0,48 %). La battuta d’arresto delle esportazioni partenopee è legata al crollo della domanda negli Emirati Arabi Uniti, principale mercato di sbocco nel 2010. Lo scorso anno infatti la percentuale di incremento degli ordinativi esteri aveva sfiorato il +58% mettendo a segno un risultato nettamente superiore alla media italiana. Tornano dunque a farsi difficili gli scenari internazionali per il mercato di gioielli e pietre preziose made in Naples nonostante gli investimenti sulla qualità e sull’innovazione di gamma siano stati la mossa giusta sulla scacchiera della concorrenza. Una competizione elevata quella del mercato del lusso che per adesso sembra premiare l’export indiano destinato a registrare nuovi incrementi anche nel prossimo futuro. Secondo la Gem and Jewellery Export Promotion Council nell’anno fiscale 2011-2012 le esportazioni indiane dovrebbero aumentare ancora, tra un minimo del 15 e un massimo del 20%. Sembra tutta in salita la strada della ripresa dell’export partenopeo. Per Anna Lepre, la sua riduzione è dovuta alla “mancanza di canali strutturati necessari per la creazione di una base solida di crescita delle esportazioni”, come dichiarato sul sito della Lepre Group. Un intervento urgente quello sottolineato dalla Presidente del Centro Studi del Mercato del Lusso se si considera che la provincia di Napoli contribuisce per oltre tre quarti (78,93%) all’export campano (3 milioni 962 mila euro), e per il 33,68% a quello del Mezzogiorno (9 milioni 286 mila euro). Dal confronto con le restanti regioni meridionali ed insulari emerge che il solo fatturato estero partenopeo supera le esportazioni di ciascuna di esse. Nel dettaglio, gli ordinativi siciliani e abruzzesi si attestano, rispettivamente, a 3 milioni 15 mila euro ed a un milione 360 mila euro. Segue la Puglia con 788 mila euro. Di gran lunga inferiori sono le vendite estere di Molise (100 mila euro), Sardegna (37 mila euro) e Calabria (21 mila). Registra una forte riduzione dell’export anche Caserta (-50,43 per cento), il cui export scende a 778 mila euro a fronte di un milione 570 euro del primo trimestre del 2010. Ad importare in primis i gioielli e le pietre preziose made in Naples è Hong Kong. Qui le vendite partenopee sono passate da 192 mila euro a 633 mila euro, incidendo per il 20,24% sulle esportazioni napoletane. Mostra, invece, una riduzione del 17,93 l’export in Giappone che totalizza 309 mila euro. Seguono gli Stati Uniti e la Svizzera con, rispettivamente, 294 mila euro e 232 mila euro. Evidenziano un trend negativo anche le spedizioni verso l’Ue a ventisette (-17,46%), che scendono a quota 993 mila euro a fronte di un milione 203 mila euro del primo trimestre 2010. Quanto all’import, la provincia di Napoli registra un decremento del 5,53%, attestandosi a quota 6 milioni 316 mila euro. Quasi la metà dei prodotti importati sono di provenienza cinese (3 milioni 105 mila euro), in aumento del 3,70%. Nel primo trimestre del 2011, il disavanzo commerciale partenopeo, aumentato del 39,03%, è passato da 2 milioni 293 mila euro a 3 milioni 188 mila euro. Stefania Castaldo

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Catalano Gioielli: L’oro di Napoli

La purezza non ha tempo

Sono pezzi unici le creazioni artigianali della ditta Catalano Gioielli piccola impresa a conduzione familiare nata più di quaranta anni fa a Borgo Orefici a Napoli grazie alla passione del suo fondatore. Oggi Patrizio Catalano con la moglie Amalia e i figli, Valentina e Alessandro, produce gioielli raffinati in oro e pietre preziose che arricchiscono il panorama del “made in Campania” e dedica la nuova collezione ai monumenti e ai panorami mozzafiato del capoluogo partenopeo. Ed ecco la celeberrima cartolina Greetings from Naples diventare un paio di orecchini preziosi. L’albero di pino con la veduta del golfo e il profilo del Vesuvio sono una delle tante decorazioni stilizzate in oro che caratterizzano i manufatti della piccola impresa. Immancabile tra le riproduzioni ispirate alle architetture napoletane la sagoma di Castel Nuovo testimone dei fasti dell’età e della corte angioina. Non mancano di fantasia alla Catalano Gioielli che proprio per questo sa cogliere i gusti di chi ama oggetti originali e raffinati. Specializzata nella lavorazione di oro, corallo e cammei la ditta non perde d’occhio chi predilige linee semplici e moderne. Collane, pendenti, bracciali dal design sagomato per lui, morbido ed elegante per lei in un trionfo di oro giallo, bianco e brillanti. Interamente fatti a mano i gioielli Catalano nascono nel laboratorio del centro produttivo orafo di Marcianise (Caserta) “Oromare”, dove l’azienda ha stabilito la sua sede. Qui ogni bijou viene disegnato nel minimo dettaglio. Si passa quindi alla realizzazione del primo modello della serie con le nuove tecniche di prototipazione rapida e dopo aver verificato la bontà del progetto si continua con la sua definitiva messa in opera a partire dalla fusione del metallo prezioso. La saldatura a laser e l’incastonatura completano il processo che dà vita a vere e proprie opere d’arte visibili sul sito www. catalanogioiello1970.com o, tramite password, sul sito www.portodoro.it nella sezione dedicata a Catalano Gioielli. Stefania Castaldo

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Il settore orafo italiano incontra il governo “Unità di intenti e voglia di andare avanti, orgogliosi di appartenere a un comparto che ha ancora molto da dire in campo nazionale ma soprattutto a livello internazionale, ove la nostra produzione può ancora essere competitiva a condizione che vi sia l’impegno del Governo per favorire la soluzione delle criticità illustrate nel documento che abbiamo presentato a Gianni Letta”. Questa la prima dichiarazione di Licia Mattioli, presidente di Confindustria Federorafi, portavoce dell’incontro svoltosi a Palazzo Chigi presieduto dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. “Seppure consapevoli del momento di grave congiuntura che stiamo attraversando, dobbiamo far quadrato e mettere in campo tutte le risorse che abbiamo”. Affiancata dai colleghi delle altre organizzazioni di rappresentanza del settore orafo, dalla produzione alla distribuzione, Licia Mattioli ha chiesto quale priorità la costituzione di un tavolo interministeriale in grado di mettere a punto una concreta politica settoriale. La proposta è stata prontamente accolta dagli interlocutori istituzionali che hanno rinnovato l’invito a partecipare ad una ulteriore riunione di approfondimento delle problematiche presentate al rientro dalla pausa estiva, riunione nella quale verranno date le prime risposte ai quesiti più urgenti per il comparto. La difficoltà che molti operatori incontrano per la recessione economica, l’inarrestabile corsa al rialzo del costo delle materie prime, fanno parlare senza mezzi termini di emergenza credito. Attenuare la stretta creditizia in atto e scongiurare la paralisi delle attività attraverso la costituzione di un Fondo nazionale di garanzia a sostegno delle imprese, individuare nuovi strumenti finanziari capaci di soddisfare l’adeguato approvvigionamento della materia prima necessaria alle aziende potrebbero essere la soluzione per favorire gli investimenti in tecnologia ed innovazione. Il comparto nazionale è costituito da circa 11mila imprese impegnate nella produzione e da oltre 20mila dettaglianti, per un fatturato annuo di 6,5 miliardi di euro e un contributo non indifferente all’equilibrio della bilancia commerciale. L’esportazione del 75% della produzione rimane uno sbocco privilegiato per il settore gioielliero del nostro paese, nonostante dal 2000 al 2010 la quota di esportazione di gioielleria italiana nel mondo si sia ridotta in valore di ben 2/3 passando dal 35% al 12%. Il passaggio all’euro, la crescita quantitativa e qualitativa dei paesi emergenti come produttori ed esportatori, il rafforzamento del protezionismo extraUE e la concorrenza sleale sono le principali cause di questa drastica riduzione. Una efficace attività di promozione e di internazionalizzazione potrebbe costituire una valida soluzione. MDC

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Fratelli Dinacci un successo tira l’altro! Continua la lunga serie di successi della Fratelli Dinacci: in un momento di forte incertezza come questo che stiamo vivendo, in cui anche l’ottimismo sembra essere un’utopia, l’andamento positivo dell’azienda guidata da Flavio e Tiziana Dinacci è un esempio davvero incoraggiante. Con impegno, grinta e giuste motivazioni è infatti possibile centrare obiettivi ambiziosi tenendo alto il nome della Fratelli Dinacci, che è oggi una stimata firma del settore saggio metalli e montature, oltre ad essere sinonimo di garanzia ed affidabilità. Una storia cominciata agli inizi del secolo scorso che ha portato la terza generazione Dinacci a raccogliere i frutti di un lavoro ininterrotto, collezionando continui e prestigiosi riconoscimenti. L’ultima attestazione di stima, in ordine di tempo, è stato l’incontro annuale organizzato a fine giugno dall’A.R.R.O., appuntamento fisso per i membri dell’Associazione Regionale Romana Orafi, che la Fratelli Dinacci, da sempre sensibile alle questioni del settore orafo, sponsorizza. L’evento è stato organizzato alla Casina Valadier - uno dei luoghi più affascinanti di Roma, nel cuore di Villa Borghese - dove agli oltre duecento ospiti, in una suggestiva cornice scenografia, è stata offerta un’ottima cena. Tanti gli ospiti presenti: Pino Aquilino presidente nazionale della Federdettaglianti, i fratelli Paolillo e Marcello Perri, solo per citarne alcuni, che già in mattinata avevano avuto modo di incontrarsi durante un’importante assemblea con i vertici di Federdettaglianti, a cui per la prima volta Flavio Dinacci ha preso parte in qualità di vicepresidente della F.O.C. Durante la serata, che si è svolta in un’atmosfera amichevole e rilassata, Flavio Dinacci ha colto l’occasione per invitare i soci presenti all’imminente apertura di un nuovo ufficio Dinacci a Roma: la ICP ITALIA, in rappresentanza della quale è intervenuto l’amministratore Massimo Marletta. L’inaugurazione della sede capitolina è prevista per settembre e segue di qualche mese quella di Quadri, che si è svolta a Vicenza il 23 maggio scorso con una gustosa cena buffet offerta a centocinquanta invitati a suggello di una collaborazione che ha portato l’azienda vicentina ad essere il primo distributore dei prodotti Dinacci nel Nord Italia. Se aggiungiamo Sofia di Catania ed Erregi di Corato, diventano quattro i “gioielli” Dinacci nel nostro paese, a garanzia di una presenza importante sul territorio. Fratelli Dinacci, pur essendo un’azienda con una storia di oltre un secolo, ha uno spirito giovane che la spinge ad ampliare i propri orizzonti e a sperimentarsi, con successo, in settori diversi rispetto a quello di competenza. Dopo aver sostenuto negli anni scorsi un team velico tutto al femminile, nella stagione sportiva appena conclusa la Fratelli Dinacci è stata sponsor della Arzano Volley, squadra di pallavolo femminile che dopo uno straordinario campionato, segnato da vittorie schiaccianti sulle avversarie e vinto nettamente a tre giornate dalla fine, è stata promossa in B1. Inutile dire che per l’autunno, Flavio e Tiziana Dinacci hanno in serbo per i propri clienti altre sorprese che Nella prima foto in alto: Flavio Dinacci con a preferiscono non rivelare ancora. sx Massimo Marletta della Icp Italia co/sponsor Questione di scaramanzia?

della serata e a dx Francesco Bon

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Porto d’Oro

L’eleganza facilita il successo Riscoprire i valori di un marchio che ha fatto la storia del made in Italy della moda di qualità, di un lifestyle che ha fatto sognare: Emilio Schuberth. Dopo quasi trent’anni di assenza dal mondo della moda arriva il rilancio internazionale. Nel 2007 la E.M.I. (Emilio Moda Italia) guidata da Elena Perrella, Direttrice Creativa di Emilio Schuberth, docente di Comunicazione della moda all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e grande appassionata di moda, ha rilevato il marchio insieme ad un gruppo di imprenditori napoletani. “Per me era impensabile che nessuno si occupasse del marchio che ha rappresentato la moda italiana negli anni ’50, proprio negli anni in cui nasceva. Una serie di congiunture favorevoli mi hanno permesso di rilanciarlo. La volontà è di riproporre al mercato i valori di un marchio storico rendendolo così contemporaneo. Sono della convinzione che la cultura dovrebbe fare business, e la cultura è lo spirito che continua ad ispirarmi”. Nel rispetto della storia del marchio, la E.M.I. coglie con sensibilità e innovazione le attuali esigenze del mercato proteggendo allo stesso tempo l’identità originale del brand: l’alta qualità e l’eleganza. Protagonista estroso del primo italian style, il marchio Emilio Schuberth fonda le sue radici nella tradizione sartoriale e nel culto dell’eleganza. Emilio Federico Schuberth è stato definito il “grande Dior della moda italiana”. Nato a Napoli nel 1904, contribuì a creare negli anni ’50 uno stile italiano della couture che ben presto venne apprezzato nel mondo. La storica sfilata nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze nel 1951 lo consacrò protagonista indiscusso della nascente moda italiana. Da Roma, città in cui ha espresso il suo talento di couturier, ha vestito la Dolce Vita nel suo periodo aureo. Nell’atelier di Schuberth in via Condotti a Roma si incontravano tutti i protagonisti del jet-set internazionale, dall’alta società romana alle dive del cinema. Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Rita Hayworth, Ingrid Bergman, Bette Davis, Brigitte Bardot, Anna Magnani erano affascinate dallo stile unico e femminile delle creazioni dello stilista. Oggi il brand produce tre linee donna: Haute Couture, prêt-à-Couture e la linea di abiti da sposa. L’azienda possiede una produzione sartoriale d’eccellenza basata prevalentemente sul “prêt-à-couture” come ama definire Elena Perrella. Gli abiti sono caratterizzati da una minuziosa ricerca di tessuti pregiati e dall’unione dell’esperienza sartoriale con l’utilizzo di tecniche innovative e giovane manodopera. Creatività e studio anatomico dei singoli pezzi rendono uniche le “capsule collection”: un contenuto numero di abiti per ogni occasione confezionati e rifiniti nei minimi dettagli e venduti in un network di boutique italiane selezionate. Scelte che delineano obiettivi qualitativi piuttosto che quantitativi. “Il sapore di una storia è considerato un lusso. È finita l’epoca dell’ostentazione dei pezzi nelle sfilate – afferma il Direttore Creativo di Schuberth noi organizziamo trunk show in cui i clienti possono scegliere con accuratezza gli abiti. La linea di abiti è pensata per essere portabile dalle ragazze alle signore. Non bisogna dimenticare, infatti, che lo stilista aveva vestito Sofia Loren quando ancora non aveva compiuto 18 anni”. È un rilancio a tuttotondo quello di Emilio Schuberth, infatti una delle principali mission della maison è trovare nuove sinergie, così come è accaduto con Extraordinary Fragrance s.r.l., un’azienda napoletana di profumi da anni presente sul territorio con la quale è partito il progetto di rilancio. Da questa collaborazione sono nate le tre fragranze del marchio: Schu, Taffetà e Coquillage, in Italia presenti in 60 punti vendita, distribuite in un prezioso cofanetto contenente anche un libro sulla storia della maison. La risposta del mercato è soddisfacente soprattutto in ambito internazionale, infatti riscuote grande interesse negli Emirati Arabi, in Russia, Germania, Inghilterra e Israele. Un altro importante accordo è stato realizzato con Annamaria Biancheria per la collezione di biancheria, presentata quest’anno al Pitti casa. Piccole aziende licenziatarie con un grande know-how arricchiscono il marchio e le collezioni con borse e accessori, inoltre sono in fase di valutazione gli accordi per la linea di scarpe e underwear. Un’interessante partnership la Schuberth l’ha sottoscritta con l’azienda di poltrone VIP di Pappalardo per la quale disegna e produce le stoffe. Un modello rivisitato della poltrona è stato donato ultimamente ad Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria. La E.M.I. ha riportato nella città natale di Schuberth la sede creativa della griffe, convinta che la creatività napoletana possa cogliere nuovi stimoli e opportunità. Tra i prossimi obiettivi del marchio, infatti, l’intento di restaurare la boutique di via Roma a Napoli e aprire il primo monomarca Emilio Schuberth. “Voglio trasmettere il valore legato all’intera filiera, la passione, la controtendenza nel produrre prodotti eccellenti senza avere i numeri dei brand affermati – afferma Elena Perrella - La moda è un’espressione del tempo, uno specchio in cui il tempo si riflette. Oggi questo riflesso ci

rimanda un’immagine di crisi nel settore dell’abbigliamento, ma penso che presto ci sarà una ripresa. L’abito per una donna è importante, è importante per sentire la propria identità, il fascino, la personalità. È questo che riscopre l’abito Schuberth, ma ciò non basta per vivere lo stile e l’eleganza che ha fatto sognare; occorrono anche un profumo e accessori adeguati”. Come Schubert affermava: “la donna elegante è facilitata a mantenere il successo”. Chiara Concilio

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Fratelli Ragusa Sartoria - Abiti da cerimonia - Accessori della moda

Linea ultra slim nel nuovo atelier Ragusa

Per l’uomo che ama l’abito sartoriale e non rinuncia ad accessori in stile, la griffe dei Fratelli Ragusa raddoppia nel segno della continuità. E con il nome Gianni Ragusa apre un nuovo punto vendita. Sempre all’interno del Mc Arthur Glenn La Reggia Outlet Designer di Marcianise (Caserta), dal prossimo 29 settembre. Un’idea che nasce dall’intento di ampliare l’offerta del già ampio assortimento di abiti sartoriali maschili con un’ulteriore ventaglio di proposte. Fiore all’occhiello del nuovo atelier Ragusa, è una maggiore gamma di scelta e una diversa modellistica, in particolare una linea ultra slim con tessuti particolarmente confortevoli dedicati all’uomo di stile che preferisce stoffe di grande leggerezza, ovvero da 190 grammi. Per il resto le parole chiave restano sempre le stesse: la garanzia della migliore selezione delle più belle tele inglesi da uomo scelte e lavorate su misura dal team Ragusa, specializzato da sempre nella sartoria di qualità per mise da cerimonia, da sera o giornaliere messe a punto con l’esperienza della migliore tradizione artigianale partenopea. Se la vostra priorità è indossare abiti sartoriali, dunque, quello di Gianni Ragusa è un altro indirizzo da appuntare in agenda, specialmente per chi ancora non avesse avuto la fortuna di conoscere i prodotti della ditta Ragusa. E’ questo il posto giusto dove approdare, soprattutto quando le vostre misure non corrispondono perfettamente alle taglie standard, o se avete predilezione per tessuti pregiati e di peso particolarmente leggero oppure, semplicemente, se amate avere cura della vostra persona e della vostra immagine in ogni dettaglio. Con la nuova boutique Gianni Ragusa, l’antica ditta – mezzo secolo d’esperienza ininterrotta tramandata da una generazione all’altra - si propone come punto di riferimento essenziale per un certo tipo di vestire proprio in virtù della profonda conoscenza maturata nel settore quanto a tessuti maschili e metodi di taglio e cucitura di abiti da uomo il cui segreto è tutto in una speciale fattura frutto di una sequenza di passaggi essenziali. Prima di tutto la selezione dei tessuti nella quale il cliente è assistito, come sempre, dai Fratelli Ragusa e dal loro team nel passare in rassegna la vasta scelta di proposte di tutti migliori tessutai al mondo di cui sono concessionari, in particolare, stoffe e drapperie inglesi delle migliori qualità: saia, batavia, sete da cucire a mano quale che sia il tipo d’abito, ovvero dai completi da sera e cerimonia ai completi giornalieri; quindi, dopo la scelta della stoffa, le misure personalizzate per lo sviluppo del cartamodello, il taglio in laboratorio e la prima prova, magari anche la seconda se necessaria, infine, la consegna. Naturalmente, con il serrato ritmo della vita moderna, chi non avesse troppo tempo a disposizione, potrà sempre optare per la risorsa prèt à porter, ovvero le collezioni stagionali della ditta, sempre alla ricerca di novità quanto a colori, tessuti e modelli da realizzare, però, sempre secondo la regola dell’antica manifattura artigianale. Paola de Ciuceis

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Gioielli Scala

UNA STORIA, UNA PASSIONE, UNA TRADIZIONE.....

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I manufatti d’autore non conoscono crisi

Di questi tempi, contrassegnati dalla crisi economica, il gioiello è un lusso, si sa. Ma da sempre Gioielli Scala vuol dire bijoux di lusso. La ditta, infatti, associa il suo nome a lavorazioni di pregiata fattura artigianale destinate a un mercato di nicchia. Splendide parure in oro e brillanti, preziosi set di orecchini, anelli con zaffiri esaltano le delicate nuance di acquemarine naturali di oltre venti carati. La voluminosità, l’estrosità del design, la cura del dettaglio sono lo stile inconfondibile di questi manufatti d’autore esposti on-line sul sito www.gioielliscala.it. Caratteristici il “Vaso floreale”, il “Mascherone carnevalesco”, la “Collana di Corallo” incisi completamente a mano. Il minuzioso lavoro artigianale contraddistingue ciascun pezzo della collezione riconoscibile per lo stile classico, con richiami al periodo Liberty e all’Art Déco. Smeraldi, rubini, ametiste, madreperla, turchese, cristallo e lapis sapientemente accostati svelano il fascino dei colori. Tutti pezzi unici, realizzati secondo le antiche tecniche dell’arte orafa campana apprese da un giovanissimo Eduardo Scala nelle botteghe di Borgo Orefici a Napoli. Oggi il fondatore dell’azienda omonima guida da più di trenta anni un’attività nata dalla voglia di produrre gioielli che rispecchino sempre e comunque il suo gusto senza piegarsi alle esigenze del mercato. Un progetto ambizioso nato nel 1980 e che ancora oggi continua a confermare la bontà di una scelta coraggiosa. Lasciare un lavoro sicuro per mettersi in proprio. L’obiettivo? Dedicarsi all’alta gioielleria e sorprendere la clientela con gioielli originali. È proprio l’originalità insieme con l’alta qualità dei materiali adoperati, la forza di Gioielli Scala che per questo ha saputo guadagnarsi un posto di tutto rispetto nel mercato italiano di riferimento. Ma è allargando gli orizzonti commerciali che la ditta ha potuto consolidare la sua immagine riscuotendo grande successo all’estero: Europa, America, Asia, Paesi Arabi. L’azienda oggi vince la concorrenza grazie anche alla sua vitalità commerciale che la vede sempre presente nelle principali fiere internazionali di settore. “Ogni anno - dichiara il patron - partecipiamo a circa dieci saloni internazionali del lusso durante i quali riusciamo a presentare collezioni sempre nuove”. L’innovazione, la continua ricerca delle forme sono tra i must del laboratorio di Eduardo Scala che oltre su un team di esperti può contare sulla collaborazione della sua famiglia. La moglie Caterina lo aiuta nella ideazione dei gioielli e coordina il team di orafi in sua assenza, mentre i tre figli Luca, Daniele e Alessandro si sono specializzati nell’incastonatura, nell’arte orafa e nella gestione dei rapporti con l’estero. Stefania Castaldo

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Lux in arcana

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Un evento eccezionale, unico, irripetibile, annunciato al mondo il 5 luglio 2011 presso la Sala Stampa Vaticana, alla presenza, tra gli altri, del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone e del sindaco di Roma Gianni Alemanno: l’esposizione permanente, da febbraio a settembre 2012, di 100 preziosissimi documenti originali provenienti dall’Archivio Segreto Vaticano, che per la prima volta nella storia varcheranno i confini della Città dei Papi – lo Stato della Città del Vaticano – per essere esposti nella prestigiosa sede dei Musei Capitolini in Piazza del Campidoglio a Roma. Lux in arcana, luce nei recessi: questo il titolo dello straordinario evento, il cui scopo è mettere in luce 12 secoli di storia della Chiesa, del Papato, della Cristianità, del mondo intero; un patrimonio culturale incalcolabile, di cui l’Archivio dei Papi, con i suoi 85 Km di scaffali è, a tutt’oggi, riflesso tangibile e geloso custode. Un progetto culturale di altissimo livello, una mostra evento organizzata dall’Archivio Segreto Vaticano in collaborazione con Roma Capitale, la Sovraintendenza ai Beni Culturali e Zètema

Progetto Cultura, in occasione del IV Centenario dalla Fondazione dell’Archivio dei Papi, istituito da Paolo V Borghese nel 1612. È in quell’anno infatti – il 31 gennaio per l’esattezza – che il pontefice nominò Baldassarre Ansidei primo custode del Nuovo Archivio della Santa Sede, facendo concentrare in alcuni locali del Palazzo Apostolico Vaticano un consistente nucleo di documentazione archivistica conservata nei secoli precedenti in altri luoghi. Gli organizzatori della mostra non hanno ancora rivelato l’elenco dei documenti esposti, che forse – per la maggior parte – rimarranno “segreti” fino all’apertura della manifestazione, ma alcuni di questi incomparabili tesori sono già stati annunciati nella conferenza stampa di lancio. È stato monsignor Sergio Pagano, vescovo titolare di Celene e dal 1997 Prefetto dell’Archivio Segreto – con una carriera da archivista e studioso all’interno dell’Istituto ormai trentennale – a rivelare i primi sei documenti che saranno esposti: il Dictatus papae di Gregorio VII (1073-1085), la bolla di deposizione di Federico II (1245), la lettera dei membri del Parlamento inglese


Porto d’Oro L’Archivio Segreto Vaticano si rivela: 100 documenti originali esposti per la prima volta al pubblico

a Clemente VII sulla causa matrimoniale di Enrico VIII (1530), gli atti del processo di Galileo Galilei (1616-1633), la lettera su seta di Elena di Cina a Innocenzo X (1650), la lettera – su corteccia di betulla – degli indiani d’America a Leone XIII (1887). Oltre questo elenco di documenti – alcuni dei quali fanno riaffiorare alla mente eventi cruciali della storia, studiati sui banchi di scuola – monsignor Pagano ha annunciato la presenza, alla mostra, di documenti del pontificato di Pio XII relativi alla Seconda Guerra Mondiale, appartenenti al cosiddetto “periodo chiuso”: il materiale archivistico che secondo la legislazione vaticana non è ancora consultabile dagli storici. Un ulteriore documento, di eccezionale portata per gli effetti che ha generato nella storia della Chiesa e d’Europa, è stato rivelato il 10 agosto scorso, con un coinvolgente stratagemma comunicativo: la sua pubblicazione on line sul sito internet dedicato alla mostra (www.luxinarcana.org). Si tratta della bolla con cui papa Leone X, il 3 gennaio 1521, scomunicò il monaco agostiniano Martin Lutero,

autore della famose 95 tesi contro lo scandalo delle indulgenze e la remissione dei peccati dietro pagamento di obolo promossa dalla Curia Romana per la costruzione della basilica di S. Pietro. Il website presenta, nella sezione centrale (Documenti), un mosaico di immagini che riproducono particolari di alcuni documenti (circa 25). Cliccando sulle immagini che al passaggio del mouse si illuminano, si apre una finestra con una scheda di approfondimento sul documento. Ulteriori pagine sono dedicate ai personaggi coinvolti, in qualche modo, con i documenti esposti (Bonifacio VIII, Mozart, Maria Antonietta), a curiosità e spigolature “d’archivio” (ad es. il ritrovamento di alcune monete in un volume di corrispondenza della Segreteria di Stato Vaticana del 1677). Lux in arcana, luce di conoscenza che non abbaglia ma irradia, mostra al visitatore 100 tesori culturali, 100 preziose perle della storia dell’umanità che brillano di luce propria, illuminando gli ultimi dodici secoli della nostra storia.

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Porto d’Oro

Anticipazioni su sette di cento documenti selezionati per la mostra Atti del processo di Galileo Galilei (1616-1633)

Il volume, l’autentico e completo incartamento processuale relativo a Galileo, contiene un insieme di atti raccolti dalle Congregazioni del Sant’Uffizio e dell’Indice durante il processo allo scienziato pisano che, nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, aveva sostenuto il moto della Terra intorno al Sole, aderendo così alle teorie copernicane, considerate eretiche dalla Chiesa. A conclusione del processo, Galileo rinnegherà le sue teorie pronunciando formale abiura nel convento dei Domenicani di S. Maria Sopra Minerva.

Lettera dei membri del Parlamento inglese a Clemente VII sulla causa matrimoniale di Enrico VIII (1530)

Definita «il documento più impressionante mai messo in circolazione dall’Inghilterra dei Tudor», la sontuosa pergamena, sottoscritta da 83 firmatari e corroborata da 81 sigilli pendenti in cera rossa, contiene la petizione indirizzata a Clemente VII dai Lords d’Inghilterra e da altri membri della Camera dei Comuni e della Corte inglese, affinché il Papa annulli al più presto il matrimonio fra Enrico VIII e Caterina d’Aragona. Il Dictatus Papae di Gregorio VII (1073-1085): la supremazia dei Papi 27 proposizioni dettate dal Papa, dalla sua viva voce, e inserite nel registro originale della sua Cancelleria per affermare la supremazia pontificia su ogni altro potere, compreso quello dell’imperatore. Il Dictatus ribadisce tra l’altro che il Papa può riformare qualsiasi sentenza emanata da altri, che a lui solo i principi devono baciare i piedi, che nessuno lo può giudicare. Ma l’affermazione più forte, che mette in discussione il precario equilibrio che da secoli aveva caratterizzato lo scontro dialettico tra potere regale degli imperatori e sacra autorità dei Papi è senza dubbio la proposizione XII: «A lui sia lecito deporre gli imperatori».

Lettera su corteccia di betulla degli indiani d’America a Leone XIII (1887)

Pierre Pilsémont, capo tribù degli indiani Ojibwe (noti anche come Chippewa), scrive a Leone XIII definendolo «Grande Maestro della Preghiera, colui che fa le veci di Gesù», ringraziandolo per aver inviato alla sua tribù un «guardiano della Preghiera», il vicario apostolico del Pontiac Narcisse Zéphirin Lorrain. La lettera, in lingua indiana con caratteri occidentali, è scritta su corteccia di betulla e datata «Là dove vi sono le Grandi Erbe [Grassy Lake], nel mese dei fiori [maggio]».

Lettera su seta di Elena di Cina a Innocenzo X (1650)

Convertitasi al Cristianesimo grazie alla predicazione di alcuni padri Gesuiti, l’imperatrice Wang, che ha assunto il nome di Elena, informa il Papa di aver abbracciato, con suo figlio Yongli, ribattezzato Costantino, la nuova religione. La lettera è scritta su seta, ornata di pizzi, decorata con il motivo del dragone, simbolo dell’Impero, e dotata del chop, il sigillo tradizionale cinese dell’Impero in color cinabro; è conservata all’interno di un pregiato tubo di bambù decorato, con finimenti in oro.

Bolla di deposizione di Federico II (1245)

Il documento è il primo esempio di deposizione di un’imperatore da parte del Papa. A conclusione della terza sessione del Concilio di Lione, Innocenzo IV dichiara l’imperatore Federico II, già scomunicato da Gregorio IX, «prigioniero dei propri peccati e abbandonato da Dio e privato di ogni onore», deponendolo formalmente dalla dignità imperiale.

Alcuni documenti del «periodo chiuso» relativi alla Seconda Guerra Mondiale

Il limite cronologico posto alla consultabilità dei documenti conservati nell’Archivio Segreto Vaticano è attualmente fissato a tutto il pontificato di Pio XI (febbraio 1939). Ciò nonostante, con il consenso della Segreteria di Stato, la mostra “Lux in Arcana” esporrà alcuni documenti provenienti dalla Pontificia Commissione Soccorsi relativi al pontificato di Pio XII (1939-1958) e inerenti la Seconda Guerra Mondiale.

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Giro del mondo sulle vie dell’arte senza muoversi dall’Italia La 54ª Biennale Internazionale d’Arte, il Padiglione Italia, le sedi locali “La Biennale è come una macchina del vento. Ogni due anni, scuote la foresta, scopre verità nascoste, dà forza e luce a nuovi virgulti, mentre pone in diversa prospettiva i rami conosciuti e i tronchi antichi (e quest’anno i tronchi saranno davvero antichi vista l’intenzione della curatrice di aprire con Tintoretto). L’arte è qui intesa come attività in continua evoluzione”. Così Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia, introduce la 54esima edizione dell’Esposizione internazionale d’arte che, affidata alla direzione di Bice Curgier storica dell’arte e critica, oltre che curatrice della Kunstahus di Zurigo e della Tate Gallery di Londra - dallo scorso giugno (e sino al prossimo 27 novembre) con il nome “ILLUMInazioni” anima Venezia di opere e artisti, visitatori curiosi e addetti ai lavori oltre che di tante, inevitabili, polemiche di ogni genere. Sei mesi in cui la città lagunare, costellata di padiglioni internazionali – 10mila mq distribuiti tra quello centrale ai Giardini e l’Arsenale - è crocevia di un affascinante pellegrinaggio nel segno dell’arte per fare il punto della situazione sul vitale, complesso e multiforme scenario di menti e voci che si muovono in lungo e in largo per le vie dell’arte nel mondo al di là delle più consuete immagini ufficiali. Un unico percorso espositivo con artisti da tutto il mondo invitati dalla Curgier a tenere presente cinque domande sui temi dell’identità e dell’appartenenza alle cui opere ne sono state affiancate tre di Tintoretto – “L’Ultima Cena”, “Il Trafugamento del corpo di San Marco” e “La Creazione degli Animali” proposte dalla curatrice nella convinzione che “con la loro immediatezza pittorica, possano rivolgersi ancora oggi a un pubblico contemporaneo”. Dalla A di Albania alla Z di Zimbabwe tra le nazioni (molte per la prima volta) che partecipano alla mostra, naturalmente, anche la nostra con il Padiglione Italia affidato alla direzione artistica del critico, curatore e storico dell’arte Vittorio Sgarbi al quale si deve l’elaborazione di un originale progetto la cui eccezionalità è non solo nella scelta di esporre 200 artisti indicati da un pool di scrittori, poeti, registi, uomini di pensiero di riconosciuto prestigio internazionale, ma anche per la presenza delle venti Accademie di Belle Arti d’Italia con i loro più promettenti allievi e per l’importante ruolo riservato al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, celebrato con una serie di iniziative speciali tra le quali esposizioni regionali locali, in Campania nell’Ex Tabacchificio Centola di Pontecagnano Faiano in collaborazione con il Cam Contemporary Art Museum di Casoria diretto da Antonio Manfredi, e in tutti gli Istituti di cultura italiani all’estero. Paola de Ciuceis

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Le grandi mostre d’autunno

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Finito il tempo delle agostane scorribande balneari, in settembre la voglia di vacanza cambia abito e indossa l’idea di quieti week end fuori porta, di quelli dai ritmi più lenti e rilassati come sanno offrirli le città d’arte dove alternare il passeggiare in affascinanti centro storici ricchi di tesori e monumenti alla visita di grandi mostre di quelle che spesso animano le nostre belle città italiane. E in lungo e in largo per lo stivale, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Da nord-est, naturalmente in cima alla lista, la romanticissima Venezia dove a settembre oltre la Biennale del Cinema c’è tempo ancora per la Biennale Arte dove scoprire, tra i Giardini e l’Arsenale - secondo l’antica e caratteristica formula dei padiglioni nazionali - le proposte degli 83 artisti selezionati per “ILLUminazioni” da Bice Curgier, curatrice della 54^ Esposizione internazionale d’arte, e quelle degli artisti provenienti da ogni parte del mondo selezionati dai singoli curatori degli 89 Paesi (alcuni partecipanti per la prima volta) chiamati ad offrire uno spaccato della loro ricchezza culturale e del ruolo che attribuiscono all’arte contemporanea; tra questi, naturalmente anche il Padiglione Italia a cura di Vittorio Sgarbi. Più verso il centro, a Parma, alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo dal 10 settembre (e sino al prossimo 11 dicembre) è di scena “Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Époque”, un’originale riflessione sull’opera del celebre artista francese nata sulla scia del “japonisme”, ovvero l’ispirazione all’arte giapponese della quale – nelle sue notissime affiche, capolavori d’arte e testimonianza di un’epoca - egli traspone tecniche e inquadrature di un mondo affascinante e misterioso al contesto occidentale dei locali notturni e delle case chiuse che frequenta non solo come artista. Un’occasione imperdibile - per la rarità delle opere di Lutrec nei musei italiani – e per il confronto con i paesaggi degli impressionisti Monet e Renoir, oltre a Cézanne che completano la rassegna. A Ferrara, invece, “Gli anni Folli. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalì.1913-1922” (dall’11 settembre) riunisce dalle collezioni dei maggiori musei del mondo un bel ventaglio di dipinti, sculture, costumi teatrali, ready-made, fotografie, disegni realizzati nella prima città di Francia quando tra la fine della Grande Guerra dei primi anni Trenta la cosmopolita ville lumière era la capitale mondiale dell’arte. Anni definiti “folli” in cui furono protagonisti anche Monet, Matisse, Mondrian, Braque, Chagall, Duchamp, De Chirico, Miró, Magritte che tutti insieme erano in un grande laboratorio dove mettere in gioco le loro ricerche; l’energia creativa dei maggiori artisti del tempo segnava quel clima di

rinascita prima che l’ascesa del Terzo Reich in Germania cambiasse in maniera irreversibile il clima europeo. A Roma, a Palazzo Cipolla, la Fondazione Roma Museo rende omaggio - dopo Edward Hopper - ad un’altra icona dell’arte americana del XX secolo: Georgia O’Keeffe (dal 4 ottobre), una grande retrospettiva storica che esplora il complesso universo artistico dell’artista, capofila nel 1920 dell’arte modernista e tra le più famose d’America ma poco conosciuta al di fuori dei confini americani per le rare occasioni che hanno visto le sue opere in esposizione in Europa. Una rassegna di oltre 60 opere provenienti dalla collezione del Georgia O’Keeffe Museum di Santa Fe in New Mexico oltre che dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, dal Whitney di New York e da altre prestigiose collezioni private cui si aggiunge una serie di fotografie realizzate da celebri fotografi americani come Alfred Stieglitz, Ansel Adams, Arnold Newman e Todd Webb che consacrano momenti e luoghi dell’appassionante vita di Georgia O’Keeffe oltre che una straordinaria ricostruzione dello


studio dell’artista, in cui i suoi strumenti di lavoro e oggetti personali, eccezionalmente prestati per questa mostra, ricreeranno l’atmosfera e l’ambiente lavorativo di Georgia O’Keeffe. In Calabria, tra il Marca di Catanzaro e il suggestivo Parco archeologico di Scolacium della vicina Roccelletta di Borgia, dopo Tony Cragg, Antony Gormley, Dennis Oppenheim e Michelangelo Pistoletto,la sesta edizione della rassegna Intersezioni a cura di Alberto Fiz vede protagonista la scultura monumentale del maestro toscano Mauro Staccioli che, tra i maggiori protagonisti dell’arte ambientale, presenta (sino al 9 ottobre) “Cerchio imperfetto”: in esposizione, emozionanti e sorprendenti lavori che interagiscono direttamente con la storia e la natura del Parco. In Catania, al Riso - Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, prosegue sino a fine ottobre “Sotto quale cielo?” una mostra dedicata ai 5 artisti di rilievo internazionale - Massimo Bartolini Flavio Favelli Hans Schabus Marinella Senatore Zafos Xagoraris – protagonisti del programma di residenze a cura di Daniela Bigi “ETICO_F Cinque movimenti sul paesaggio” – avviato nel luglio 2010 e realizzato in diversi centri della Sicilia dai contesti molto diversi tra loro per storia, attualità e prospettive. Infine, nel pieno dell’autunno, al Palazzo Ducale di Genova, debutta “Van Gogh e il viaggio di Gaugain” (dal 12 novembre al 15 aprile)

un’occasione per il grande pubblico di apprezzare una sequenza mozzafiato di capolavori dedicati al tema del viaggio: viaggio inteso come esplorazione geografica sino in capo al mondo, viaggio negli spazi e nelle culture ma anche, e quasi soprattutto, viaggio dentro di sé nell’immensità dell’animo umano. Fulcro della mostra sono gli interrogativi dell’opera “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” di Gauguin - un’opera enorme, maestosa e sublime, proveniente dal Museum of Fine Arts di Boston che ne ha fatto il suo simbolo e sinora mai vista in Italia – da apprezzare assieme a tutte le altre e ai 40 dipinti di Van Gogh a cominciare dal conosciutissimo “Autoritratto al cavalletto” del 1888. Alla Reggia di Caserta, invece, volge al termine “1961 - 2011 Cinquant’anni di arte in Italia dalle collezioni GNAM e TERRAE MOTUS” (sino al 13 novembre) a cura di Paola David, Maria Marini e Rita Camerlini in collaborazione con la Soprintendenza Bapsae di Caserta e Benevento e la Soprintendenza alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma; una rassegna con la quale, attingendo alla collezione Terrae Motus in esposizione alla Reggia e alle raccolte della Gnam di Roma, i promotori rappresentano l’ idea di “contemporaneità nell’arte” mostrando mezzo secolo di sperimentazione nel nostro paese dal 1961 ad oggi. Paola de Ciuceis

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Porto d’Oro

Limousine del mare con Sea Shuttle Se amate le escursioni in angoli di paradiso indimenticabili o semplicemente non amate le code ad imbarchi affollati e lunghi spostamenti, un nuovo servizio è a vostra disposizione lungo le coste delle Sirene. Da questa estate è operativo il primo servizio di transfer veloce ed esclusivo con partenza e arrivo su qualunque località della costa campana. Non parliamo del solito charter di imbarcazioni disponibili per il periodo estivo nelle varie marine di questo tratto di Tirreno ma di un vero e proprio servizio di limousine del mare con tanto di autista ed hostess pronti ad accogliere gli ospiti, anche in perfetto inglese, solo per un trasferimento o per una escursione di una intera giornata. L’operatore che ha sviluppato questo nuovo servizio denominato Sea Shuttle © è la Magister Maritime Transfer Srl e Porto&diporto ha incontrato l’AD Alessandro Sabatini che ne spiega le particolarità. Come nasce l’idea di transfer veloce? Sea Shuttle è una giovane iniziativa che viene da lontano. L’idea è stata maturata e concretizzata grazie ad un gruppo di imprenditori, manager e professionisti operanti nella nautica e nella comunicazione che mettendo a disposizione le proprie competenze e professionalità hanno deciso di dar vita ad un servizio di trasporto via mare che garantisca efficienza, affidabilità, qualità, stile ed esclusività. Qual’è esattamente il target della vostra offerta? Il nostro è un servizio di fascia alta ed attualmente abbiamo una stretta collaborazione con le strutture ricettive più rappresentative dei golfi di Napoli e Salerno e nonostante forniamo un servizio praticamente unico la fascia di utenza è abbastanza ampia; in realtà dall’accoglienza ai servizi accessori non è altro che il prolungamento delle strutture a cinque stelle e delle residenze di lusso. In queste location il vero lusso è lo spazio e la comodità, due parametri che abbiamo ritenuto di primaria importanza nella scelta delle imbarcazioni. Dopo uno studio approfondito ed un’attenta valutazione ci siamo convinti che per ospitare passeggeri quasi mai avvezzi agli spazzi angusti ed essenziali dei mezzi nautici, anche quelli di fascia alta, dovevamo ricreare l’ampio comfort delle suite: da qui la scelta degli attuali mezzi. Abbiamo scelto Opera 60. Effettivamente un imbarcazione al top per queste caratteristiche. In effetti mostra tutta la sua sobria eleganza in tantissimo spazio. Basti pensare che può trasportare fino a quaranta persone ed usarla per uso esclusivo per se e i propri compagni di viaggio significa avere tanto spazio a disposizione che si presta non solo allo svago ma anche a meeting e riunioni confidenziali. L’imbarcazione è dotata di tutti i più moderni strumenti di navigazione e controllo per viaggare in totale sicurezza, oltre ad essere un’imbarcazione praticamente inaffondabile. L’elevata velocità di crociera garantisce trasferimenti veloci, cosa che ci rende operativi su quasi tutte le località in tempi brevi e con minimo preavviso. Il servizio è prenotabile 24 ore su 24 per 7 giorni su 7. Ciò a cui miriamo maggiormente è offrire il massimo confort in tutte le fasi non solo a bordo ma anche in quelle di informazione e prenotazione, infatti queste ultime due possono avvenire on line e/o via telefono con l’assistenza di operatori multilingue; personale qualificato è in grado di suggerire le mete che meglio soddisfino esigenze particolari come riservatezza e qualità di ristoranti e hotel di charm raggiungibili via mare. Nel vasto patrimonio naturale disponibile, quali mete proponete? In realtà le destinazioni che valgono la pena di essere vissute almeno una volta sono tantissime: abbiamo stilato, a puro scopo di esempio, una tabella con i tempi di percorrenza di alcune rotte possibili ma le dodici pagine di rotte che ne sono scaturite risultano assolutamente riduttive. In realtà la massima libertà con cui si possono decidere gli spostamenti non pone limiti alla fantasia se non quelli dettati dal comandante per motivi di sicurezza e rispetto delle norme vigenti. Che risposta avete avuto dal mercato per la stagione in corso e quali le previsioni per il futuro del servizio? Considerando che il lancio del servizio è avvenuto con il periodo di massima affluenza turistica già in corso siamo più che soddisfatti. A confermare le previsioni abbiamo svolto un ottimo lavoro con le strutture ricettive più qualificate, che sono meta dei turisti più esigenti, tanto che abbiamo già prenotazioni e conferme per il 2012; in verità tutto come da progetto ed infatti mantenendo fede ai programmi predisposti contiamo per il nuovo anno di utilizzare tre imbarcazioni gemelle sempre di questo tipo che avranno in più una ulteriore particolarità: saranno equipaggiate con motorizzazione ibrida. Ciò consentirà di accompagnare gli ospiti anche in specchi acquei protetti ….. a rimarcare l’esclusività ed unicità del servizio Sea Shuttle e la continua ricerca dell’optimum qualitativo per la massima soddisfazione di una clientela esigente. Maurizio De Cesare

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Porto d’Oro

Stile classico per l’eleganza maschile I nodi e le rose dei venti sono solo alcuni dei soggetti a tema marinaro che assieme alle croci animano il ben fornito catalogo di Luca Roncavasaglia, azienda specializzata da oltre un ventennio nella produzione e distribuzione di oggetti di oreficeria da uomo. In particolare ciondoli, in oro semplice o con applicazioni di zirconi, il cui pregio è non solo una delicata e originale fattura ma anche un ottimo rapporto qualità prezzo. “Il nostro mercato di riferimento - spiega il titolare - è quello dei grossisti interessati alla gamma per il comparto maschile cui offriamo un ampio assortimento di prodotti, ben 50 diversi modelli per i ciondoli e altrettanti per le croci, prodotti con macchine ad alta tecnologia a taglio laser che consentono di realizzare articoli di ottima qualità di proporzioni medio-grandi ma a pesi ridotti, cioè compresi tra 1 e 15 grammi”. Lavorazioni sapienti, di stile classico ma innovativo quelle di Roncavasaglia ditta che opera all’interno del centro orafo Oromare di Marcianise e ben radicata sul mercato locale e che punta ad una sempre maggiore presenza su quello nazionale. Naturalmente oltre a lavorare su linee proprie svolge anche attività su commissione per conto terzi. “In effetti - continua Luca Roncavasaglia - ci muoviamo agevolmente su un doppio binario: da una parte, abbiamo la nostra produzione per la quale ci occupiamo dal disegno in 3D alla distribuzione passando per la definizione prima dei prototipi quindi della concreta realizzazione; dall’altra, invece, mettiamo il nostro know-how a disposizione di terzi per i quali produciamo direttamente linee già disegnate o per le quali provvediamo all’intero ciclo dalla creazione del disegno all’elaborazione dell’oggetto desiderato”. Paola de Ciuceis

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Floating Life al Marmaris Yacht Marina Floating Life International - gruppo svizzero specializzato nel campo della gestione, charter, vendita e multiproprietà di super e mega yacht – pone le basi per un nuovo sviluppo territoriale in Turchia. Dopo aver aperto un ufficio a Shanghai nel 2006 ed a Montecarlo nel 2010 approda al Marmaris Yacht Marina che diventerà un vero e proprio scalo e punto d’appoggio per la flotta Floating Life nel Mediterraneo. Marmaris Yacht Marina è situata a circa 8 km dalla cittadina di Marmaris – la Saint Tropez Turca - ed a pochi chilometri dall’aeroporto. Può ospitare 650 barche in acqua ed oltre 1.000 posti in secco. E’ dotata di un “full lifting service”, travel lift da ben 330 tonnellate, un servizio security 24/7 all’interno e nell’area esterna al marina. MYM si propone come il più importante full service marina del’Est Mediterraneo in una location da sogno con vista sulla Baia di Marmaris a pochissime ore di navigazione da tutte le più incantevoli isole dell’Egeo e dai siti storici della meravigliosa Turchia. Per Floating Life il MYM apre nuove prospettive di business con armatori Turchi, Greci, Sauditi, del Medio Oriente ma anche dell’Est Europeo e della Russia. Marmaris è a due ore di volo dall’Europa, dal Middle-East e dalla Russia. La Turchia al momento è il quarto produttore di superyacht del mondo dopo Italia, Stati Uniti ed Olanda. Un’industria fiorente basata su Istanbul (Tuzla), Bodrum, Antalya e Marmaris appunto. Presso Antalya è stata costituira una “free trade zone” (625,000mq) che ha permesso di far risparmiare ai cantieri turchi ben il 25% del costo del lavoro senza intaccare la propria manodopera specializzata, vanto del settore turco soprattutto per la lavorazione del legno. 11 cantieri navali che vantano un portafoglio di 35 yacht in consegna per questo 2011 e un costo base di ogni yacht prodotto del 30% meno rispetto alla concorrenza mondiale. “Per Floating Life essere vicini a queste aree in forte espansione è strategicamente coerente oltre che vantaggioso nei rapporti con i diversi cantieri operanti. Poter godere

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di rapporti diretti con una cultura mediterranea simile alla nostra – riferisce Andrea Pezzini Ceo di Floating Life – è di sicuro impatto. Il rapporto diretto con Marmaris Yacht Marina insegna. Il contatto umano in Turchia è ancora forte e necessario. Condividere strategie comuni con dei professionisti per sviluppare del business presso di loro ed a livello internazionale unendo le capacità di gestione di Floating Life alle strutture di marina e di cantiere di Marmaris è un vantaggio che al momento pochi o nessuno possono vantare”. Con Marmaris Yacht Marina viene condivisa quindi una mission comune ed una strategia che vedrà le due realtà insieme in un grande spazio comune al prossimo Monaco Yacht Show 2011 ed all’Istanbul Boat Show 2012 durante i quali si potrà esporre agli armatori ed agli interessati le prospettive di sviluppo in quell’area. Infatti la Turchia ha una buona disponibilità di porti con dei costi ragionevoli. Ad oggi le coste turche sono dotate di 20 porti che offrono 6.530 posti e 1.044 ormeggi invernali. Il governo turco ha lanciato un programma di espansione del numero delle marine circa 16 per oltre 5.800 posti barca. La Turchia si è collocata nel 2010 al secondo posto in termini di crescita percentuale del PIL nell’ambito delle G20 con un +7,5% dietro solo alla Cina. Con 27 milioni di visitatori e 21,2 miliardi di dollari in entrata, è settima nel Tourism world ranking. Il turismo nautico è il grande boom degli ultimi anni e registra nel 2009-2010 un incredibile +25%. MDC

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Sacs Tributo Ferrari

Mini tender ma eccezionali prestazioni! Colore rosso e forme da vera monoposto da competizione, con notevole dotazione di potenza e manovrabilità. Non stiamo parlando di una ulteriore auto granturismo replica, ma del nuovo tender prodotto da Sacs Marine in co-branding con Abarth e Ferrari. La genesi di questo nuovo gioiello, firmato Christian Grande DesignWorks, è iniziata con l’idea di onorare e rendere omaggio al più famoso e rappresentativo marchio italiano di automobili. E’ ormai nota la passione del designer parmigiano per il car design e le auto supersportive, passione che ha felicemente generato casi di contaminazione e “travasi” di forme, concetti, colori e materiali tra il mondo delle quattro ruote e quello della nautica sportiva di lusso. Ne sono esempi significativi il Lancia di Lancia e lo Strider Abarth Powershore o il Jaguar Strider, mezzi performanti e curati, nati dalla chiara volontà di trasporre la sportività automobilistica in chiave marina. Questa nuova creazione si pone come ulteriore pietra miliare in questo processo di “ibridazione” dei due mondi: la passione di Christian Grande per il car design lo spinge a replicare in forme eleganti e al contempo aggressive le caratteristiche delle monoposto di Maranello, con pilota in posizione centrale e dotazioni di bordo dallo spiccato carattere corsaiolo. Dettagli quali placche della plancia in carbonio, volante a tre razze, interruttori, spie e tappo serbatoio di derivazione “racing”, tutti elementi che siamo abituati a vedere a bordo delle veloci monoposto, sono inseriti in una scocca sapientemente lavorata dal designer parmigiano, che amplifica all’ennesima potenza lo stile italiano delle rosse, interpretandolo con superfici dinamiche, e giocate su rapporti di vuoto-pieno che ne esaltano l’attitudine alla sportività. I tubolari, quasi totalmente di colore rosso, sono impreziositi dal bottaccio e dai tientibene neri, e si fondono impercettibilmente nella scocca, anch’essa in rosso. In posizione centrale la plancia di guida è protetta anteriormente da una morbida palpebra che diviene un tutt’uno con la cuscineria di prua. Pregevole e lavorato il posteriore, che riconduce alle forme aeronautiche delle sorelle su quattro ruote, e culmina nel supporto per il poggiatesta che sembra un’evoluzione di quelli presenti sulle vetture di Formula 1, scevro solo dell’immancabile presa aerodinamica. Questi caratteri, come ormai ci si aspetta dal connubio Sacs-Christian Grande, non implicano una riduzione del comfort in navigazione, tantomeno una diminuzione dell’eleganza di questo piccolo tender, il cui bilancio cromatico giocato sul rosso Ferrari unito al nero di dettagli e carena e al grigio delle cuscinerie, risulta ideale per essere abbinato a qualsiasi tipo di yacht, sia esso tradizionale, sia esso avveniristico. Una vera e propria evoluzione, in direzione di maggiore comodità e flessibilità di utilizzo, delle moto d’acqua, in dimensioni contenute e con tutte le dotazioni proprie dei tender, con un occhio di riguardo alla sicurezza e all’affidabilità che fanno del marchio milanese una garanzia in termini. Il nuovo minitender sarà realizzato in edizione limitata in 199 esemplari nei colori della Abarth 695 Tributo Ferrari: Rosso Corsa, Giallo Modena, Blu Abu Dhabi e Grigio Titanio. “Sacs - Abarth 695 Tributo Ferrari” è il mezzo ideale per trasferirsi velocemente ed agilmente dalla barca alle insenature più piccole o verso le banchine dei porticcioli. E’ quindi perfetto per coloro che già possiedono grandi yacht e non vogliono rinunciare allo stile e alla sportività nemmeno durante i brevi spostamenti, ma potrebbe essere anche l’entry level di un ambizioso diportista. La livrea, nel tipico Rosso Corsa, è impreziosita dai loghi “Abarth Tributo Ferrari” presenti sui fianchi. Pannelli “carbon look”, abbinati alla speciale “carrozzeria”, rivestono la plancia, mentre la selleria è caratterizzata dalle impunture rosse tipiche dei sedili Abarth. Il tender é consegnato completo di Borsa Sacs Mare Abarth, perfettamente aderente al prodotto, creata in collaborazione con Tramontano, storico laboratorio artigianale napoletano. E’ così aggressivo che si può definirlo un kart del mare, capace di superare i 40 nodi di velocità e di stringere le virate come una moto d’acqua, spinto da 104 cavalli e da una sicura propulsione a idrogetto. Un tributo nautico al “cavallino” che solo Abarth e Sacs potevano inventare e che solo pochi fortunati armatori avranno il privilegio di concedersi. MDC

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Foto di Francesco Rastrelli


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LE VELE D’EPOCA A NAPOLI AND THE WINNER IS: KIPAWA 1° CLASSIFICATO TROFEO BANCA ALETTI 2011 Cala il sipario sul palcoscenico naturale del Golfo di Napoli e sull’ottava edizione Le Vele d’Epoca a Napoli Trofeo Banca Aletti, l’appuntamento annuale che il Reale Yacht Club Canottieri Savoia, in collaborazione con l’Ufficio Sport Velico Marina Militare, riserva agli Yacht d’epoca (anno di varo anteriore al 1950) e Classici (anno di varo anteriore al 1976). Quest’anno, sono stati chiamati a raccolta dal Presidente Pippo Dalla Vecchia anche i dragoni classici (con anno di costruzione entro il 1972 compreso) per la conquista della Coppa d’Oro Eduardo Pepe, cui hanno partecipato i primi due dragoni costruiti in Italia Ausonia e Blue Mallard, battenti il guidone del RYCCS. Una intera settimana di festa, dato che i primi arrivi si sono registrati a partire dal lunedì precedente l’inizio delle regate, e quattro intense giornate di sole, vento e vele spiegate. In gara 33 imbarcazioni: segnale di avviso alle 12.00 e percorso di gara sulle boe con partenze separate per vele d’epoca e dragoni classici. Il primo da Posillipo alla rada di Mergellina; il secondo – lo stesso campo di regata dei Giochi Velici dell’Olimpiade del 1960 – nelle acque fuori Castel dell’Ovo. Poi la regata lunga il giorno successivo con percorso costiero di circa 26 miglia sino a Massa Lubrense per le vele d’epoca e la parata navale di domenica che ha visto uscire le imbarcazioni da Santa Lucia in linea di fila sino alla Rotonda Diaz. Poi l’ultima regata nelle acque del Golfo di Pozzuoli navigando verso Napoli per il rientro al Circolo. A terra, in banchina ogni giorno un evento di intrattenimento, dall’happy hour al rientro delle regate Taralli&birra, al Party Banca Aletti sino alla istituzionale Cena di Gala. “Una edizione di indubbio successo – ha affermato il Presidente del Circolo Savoia Pippo Dalla Vecchia conquistato grazie alla collaborazione dell’Ufficio Sport Velico della Marina Militare che è vicino a noi sin dalla prima edizione. Abbiamo riportato a Napoli la storia, la tradizione e la bellezza della Vela. Grazie anche agli sponsor, in primis Banca Aletti. Avremo per altri due anni al nostro fianco la Marina Yachting. Poi ci hanno sostenuto fornitori campani che hanno ristorato i partecipanti, Ferrarelle, Birrificio Sorrento e il tarallificio Leopoldo. In corsa è salito a bordo anche la Dolce Napoli con la pasticceria realizzata da Sal De Riso e ancora ci ha aiutato Dimensione Triade. Con i dragoni abbiamo ricominciato da dove ci eravamo fermati, al 1960, la pianta è stata messa a dimora e domani sarà un albero solido. Per il 2012 abbiamo già concordato con l’Associazione Italiana Classe Dragone di realizzare una regata internazionale con tutti i dragoni classici e moderni attivi nel mondo” ha concluso Dalla Vecchia. Queste le parole del Capo Ufficio S.V. della Marina Militare, il Com.te Bruno Puzone Bifulco, durante la Cerimonia di Premiazione, svolta sulla terrazza del Circolo: “Porto il saluto dello Stato Maggiore della Marina Militare che ci teneva molto a partecipare a questo appuntamento che ci vede coinvolti da otto anni. Quest’anno poi abbiamo anche un Trofeo che ricorda l’Ammiraglio Lattarulo, colui che ha formato i nostri ragazzi e ci fa molto piacere che il suo ricordo sia indissolubilmente legato a questo Circolo”. Dopo un minuto di raccoglimento, voluto dal Presidente Dalla Vecchia, per ricordare l’Amm. Lattarulo salutato infine con gli urrà di tutti gli equipaggi, ha preso il via la Cerimonia di Premiazione. MDC

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La Evoque si fa piccola ma molto seducente I primi esemplari della Range Rover Evoque sono usciti dalla catena di montaggio all’inizio di questa estate ed è stato subito successo. Con 18.000 ordini acquisiti ancor prima di entrare in commercio la Evoque rappresenta un importante contributo al sistema economico britannico, con un valore di due miliardi di sterline annue in esportazioni e altri due miliardi in contratti con fornitori inglesi; il primo esemplare assemblato nella fabbrica di Halewood, presso Liverpool, è stato donato al Museo Archivio dell’Automobilismo Britannico. L’impianto di Halewood è fondamentale per il successo del nuovo modello, con un numero di dipendenti raddoppiato, che al momento supera le 3.000 unità; il 75% della produzione è destinato all’esportazione in oltre 170 paesi di tutto il mondo mentre la metà dei componenti del veicolo è prodotta nel Regno Unito, da oltre quaranta fornitori diretti. Ma perché tanta aspettativa e tanto riscontro all’order book? “Si tratta di un veicolo innovativo – ha affermato Ralf Speth, Ceo della Jaguar Land Rover – che si sposa alla perfezione con la gamma dei nostri due marchi, oggi sempre più forte e consolidata sul mercato internazionale. Ha il look di una concept car, che impiega le tecnologie dei materiali leggeri e vanta consumi ridottissimi, al contempo è una vera Range Rover, agile, reattiva, abile nel destreggiarsi nel percorso urbano ed in grado di affrontare i climi e i terreni più difficili tipici dei veicoli 4X4”. In effetti con questo progetto ci si accorge che Land Rover ha deciso di cambiare rotta: la nuova Evoque ha lo stile e il lusso di una Range ma aggiornati per andare incontro ai gusti di una nuova generazione di clienti, più giovane e anche cittadina; realizzata sulla Freelander, di cui è più leggera per l’impiego di materiali leggeri (alluminio) è la Land Rover più ecologica mai prodotta. I prezzi partono da 35.000 euro con motorizzazioni molto brillanti, turbodiesel da 2,2 litri con 150 e 190 CV e il due litri turbo a benzina a iniezione diretta da 240 CV. Come detto la Evoque vuole attirare un pubblico giovane e sempre più formato da donne e nasce dalla consapevolezza che nei prossimi anni saranno principalmente il marchio, la firma, lo stile a vendere e non solo le capacità tecniche off-road; ma se è vero che il 99% della clientela non prenderà mai in considerazione l’idea di portarla davvero tra guadi fangosi e pietraie, comunque è pur sempre una Land Rover e ci sono caratteristiche che deve obbligatoriamente possedere, anche se solo per tenere alta l’immagine del marchio. Di conseguenza quindi angoli caratteristici di buon livello, 25° di attacco, 22° di uscita e 33° di dosso, altezza libera dal suolo di 21 cm., attraversamento guadi di mezzo metro. Il fuori strada nel dna, ma niente paura per i pantofolai che vogliono concedersi il brivido di un marchio leggendario: dal prossimo anno è in arrivo la versione a trazione anteriore, forse meno abile sulle pietraie, ma più confortevole in città. Il lancio della Range Rover Evoque è solo una delle quaranta novità di prodotto che la Jaguar Land Rover realizzerà nei prossimi cinque anni: i nuovi programmi produttivi sono finanziati da un investimento annuale di 1,5 miliardi di sterline, destinati allo sviluppo di nuovi modelli, motori, tecnologie e linee di montaggio. Al momento la società conta quasi 19.000 dipendenti nel solo Regno Unito e genera un indotto di circa 140.000 posti di lavoro, fra fornitori, concessionari, partner; questo successo si traduce in un profitto di 1,043 miliardi di sterline per il periodo 2010-2011. Per gli appassionati che volessero provare su strada le qualità della Evoque potranno trovare il nuovo modello presso la Euromotor Srl (081 7517322) concessionaria per Napoli e provincia della casa inglese da oltre trenta anni. MDC

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UNO PER TUTTI Notte d’incanto al Teatro Romano di Minturnae con la Compagnia Teatro Fabbrica Wojtyla Uno per tutti, l’Opera teatrale inedita di Patrizio Ranieri Ciu messa in scena il 9 giugno scorso al Teatro Romano di Minturnae in occasione dell’evento “Fratelli” realizzato in modo davvero meritorio dalla Provincia di Latina in collaborazione con la Sovraintendenza per i Beni Archeologici del Lazio ed il Comune di Minturno con l’alto patrocinio del 150° anniversario Unità d’Italia, ha visto la materializzazione dello storico motto di Dumas, uno per tutti: il messaggio, riconoscimento dell’immagine del soldato, reso reale ed umanizzato nella luce più oggettiva, è diventato tutti per uno, cioè tutti per lo spettacolo, un insieme di professionalità, veri artisti, militari, docenti e giovanissimi studenti in un lavoro che chi scrive non esita a definire un vero e proprio capolavoro, perla rara in tempi così bui per la produzione teatrale non solo italiana. Ancor più se si pensa appunto alle diversità delle compagini assemblate da questo autore casertano, vero mostro di capacità artistica, che potevano far pensare ad un happening stratificato di categorie e che invece, per pura magia, hanno rappresentato un’opera dall’altissimo contenuto morale con un dinamismo di messa in scena degno ancor più delle migliori messe in scena dei grandi Teatri nazionali ed internazionali. L’intero Comprensorio archeologico di Minturnae, brillando di luce propria, è diventato per una notte uno scenario totale dove il tempo sembrava essersi fermato: oltre 500 gli interpreti tra attori con la A maiuscola, teatranti, Fanfara dei Bersaglieri della Brigata Garibaldi, divise storiche del 17° R.A.V. “Acqui”, soldati veri e soldatini, una battaglia epica, canzoni originali dal sapore antico, la voce lirica profondamente sentimentale di Gino Ricciardi, impasti corali del popolo, danzatrici e bambini, finalmente bambini resi degni di essere sul palcoscenico in modo assolutamente artistico ed originale come ad esempio il piccolo coro greco. Una per tutti, citiamo Eugenia De Cesare, una giovanissima “Italia” in un monologo con dedica alla “sentinella caduta”, all’altezza di giovani attrici che sembrava non esistessero più. Sorrisi, gioia e commozione di un pubblico straripante non solo numericamente ma incredibilmente presente, attento e partecipe, preso da un incantesimo appagante che la regia di Patrizio Ranieri Ciu, ormai indiscutibile autore del teatro italiano, è riuscito a compiere. La sensazione finale è stata quella di aver vissuto una esperienza unica per stile, contenuto, profondità, intensità e, soprattutto, formazione, impagabile risultato culturale, come preannunciava in modo veritiero una brochure di riferimento. Un lavoro sicuramente con alle spalle un notevole tempo di preparazione e magari di costo vista la perfezione scenica e tecnica ma ne è valsa davvero tutta la pena. Un solo rammarico: a quando la prossima replica? M.G.Pellegrino

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Ricordo ai caduti di ieri ed un grazie alle Sentinelle di Pace di oggi

Quello che si respirava a Minturno il 9 giugno scorso era vero e proprio spirito di riconciliazione tra due Italie che a 150 anni di distanza ancora non trovano una chiave di lettura storica univoca dei fatti del 1860. Una giornata densa di avvenimenti che ruotando attorno alla commemorazione della storica battaglia sul fiume Garigliano tra piemontesi, garibaldini e borbonici, hanno dato pari onore e dignità a vinti e vincitori. Nella mattinata era stata scoperta una campana di bronzo dal peso di quasi due quintali con ai lati una stele dedicata ai caduti piemontesi ed un’altra dedicata ai caduti borbonici rappresentati dal generale Matteo Negri e dal capitano Domenico Bozzelli che con due compagnie di soldati duosiciliani rimasero fino al sacrificio in posizione per proteggere il disimpegno del grosso dei reparti verso Mola di Gaeta, oggi Formia. Prova di grande civiltà nell’impostazione di uno dei pochissimi eventi di commemorazione ufficialmente riconosciuti dal Governo, grazie all’impegno della Provincia di Latina, la Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio e del Comune di Minturno. Se da un lato nulla ricordava la celebrazione di una drammatica vittoria d’altro verso non aleggiava alcuna nostalgia monarchica, solo ed esclusivamente l’esaltazione dell’onore di chi ha mantenuto fede al giuramento alla propria bandiera, seppur già fratelli ancor prima dell’unificazione. Con lo stesso spirito non poteva chiudersi in miglior modo la giornata di commemorazione con la rappresentazione teatrale “Uno per tutti” andata in scena nell’antico teatro romano nel sito archeologico di Minturno. Un evento nell’evento. Una rappresentazione geniale che ha portato ad esibirsi contemporaneamente circa 500 (cinquecento!) tra attori, figuranti e militari veri tra cui la Fanfara della Brigata Galibaldi. Una ricostruzione storica in chiave di commedia popolare conclusasi con un emozionante ricordo del sodato italiano Matteo Miotto ucciso da un cecchino in Afganistan e l’omaggio a tanti nostri giovani soldati caduti in missioni di peace-​​keeping. Maurizio De Cesare

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Lo Chef tra professionalità e passione Gastronomia oggi: lavoro e passione, cultura e inventiva, professionalità e improvvisazione, tanti gli ingredienti di una professione sotto la luce dei riflettori e che tanto interesse attira in un vastissimo range di età, ma che soprattutto può offrire sviluppo occupazionale ai giovani. Porto d’Oro ne parla con Giuseppe Daddio, chef e maestro, con la missione di insegnare, far crescere il proprio territorio, la Campania, e gioire del suo “lavoro”. Innanzi tutto chi è lo chef Daddio? Mi definisco un cuoco anomalo perché a differenza di altri addetti ai lavori come me che si trovano ad essere degli operatori ai fornelli io penso di essere uno chef a tutto tondo svolgendo la mia attività a 360 gradi, manipolando il cibo come la fonte primaria della mia attività, mi riferisco alle verdure, ai prodotti del territorio, alla carne e al pesce, fino poi all’architettura del piatto, concetto fondamentale che spesso cerco di trasmettere anche ai ragazzi motivandoli a capire che il cuoco non è più una persona che trenta anni fa rimaneva chiusa nelle cucine, ma oggi si parla di apertura e confronto con il pubblico e di conseguenza di opportunità anche alle nuove leve. In effetti oggi si approccia la cucina in un modo molto diverso rispetto al passato anche recente, che cosa è cambiato? E’ cambiato il modo di mangiare, l’approccio verso il cibo, una volta un avventore quando andava al ristorante andava per mangiare, nel piatto voleva vedere la quantità, si diceva “andiamo a fare una bella mangiata”. Oggi si dice andiamo a fare un’esperienza, a provare quel piatto o conoscere quello chef, e questa è una cosa bellissima. Quando ho avuto un’esperienza all’Università, ad esempio, si parlava solamente di meta turistica, oggi si parla anche di enogastronomia, quindi un turismo da escursionista del gusto, abbinando alla visita del luogo e delle sue attrattive storico-culturali, anche la scoperta di prodotti e sapori tipici che arricchiranno la propria cultura. E in effetti proprio il nostro territorio è coinvolto in questo nuovo modo di fare turismo perché racchiude in se entrambi i fattori, culturali e gastronomici, al top delle eccellenze fruibili. Questo può essere fattore di sviluppo? Certamente e alla luce di ciò i nostri prodotti devono essere utilizzati e proposti in un modo semplice e senza troppe sofisticazioni altrimenti si finisce per proporre una cucina non per coloro che vogliono assaporare la tradizione ma per quelli affascinati dal richiamo di una cucina oggi fuori data che è la nouvell cousine. Oggi assistiamo ad un ritorno alla tradizione e quindi bisogna proporre la tradizione in chiave alleggerita, penso ad esempio alla cottura, alla manipolazione degli ingredienti, con gusti e sapori noti. Per far ciò niente di meglio di una scuola, Dolce & Salato, parliamone. La scuola Dolce & Salato nasce a Maddaloni quindici anni fa dall’incontro con il mio socio, Aniello di Caprio, io ho fornito da chef le competenze sul salato, mentre Aniello da Maestro pasticciere quelle sul dolce. Abbiamo messo a sistema le nostre conoscenze per fare formazione, non solo per il settore degli addetti ai lavori, quelli che vengono qui per accrescere la specializzazione, ma anche per il settore amatoriale, con corsi di quattro, cinque giorni. Si tratta di monografie molto apprezzate da chi ama stare a contatto con il cibo e i fornelli, ed è un mondo molto interessante che mi ha fatto coniare, in retrospettiva, un pensiero, “dai cuochi ho imparato a cucinare, dai clienti a mangiare” nel senso che la cucina non esiste solo nel laboratorio, ma l’esperienza si fa anche attraverso i commensali, il pubblico. Quale evoluzione ha avuto la scuola? Ultimo settore che da pochi mesi abbiamo messo a regime presso Dolce & Salato sono i Master: si tratta di un corso che al termine di tre mesi di formazione conferisce un attestato di addetto alle attività di enogastronomia e pasticceria con la particolarità di essere l’unica scuola del CentroSud Italia ad essere accreditata dall’ente regionale. Da molto tempo ambivamo a questo riconoscimento della Regione Campania ed oggi, grazie a numerosi controlli e adempimenti che abbiamo dovuto assolvere, siamo ampiamente gratificati di offrire ai nostri discenti anche questa prerogativa in termini di formazione. Stefania Castaldo

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Porto d’Oro

Lo Champagne è un vino Credo sia importante, parlando di Champagne, ricordare che si tratta di un vino, con le bollicine, ma pur sempre un vino. Può sembrare riduttiva come definizione, ma è quella corretta: lo Champagne rientra nella categoria “vini speciali”, quelli cioè che hanno un disciplinare di produzione diverso dal solito. Certo non è il vino di tutti i giorni, a meno di non essere uno dei nuovi nababbi russi, e anche se lo fossimo, che volgarità consumare Champagne solo perché il costo è alto! Lo Champagne è un vino dalle mille sfaccettature, talmente differente da produttore a produttore, da aver alimentato decenni di diatribe sugli stili delle Maison: com’è il Krug? Ossidativo o riduttivo? E il Taittinger Comtè de Champagne? E il Perrier Jouet Belle Epoque? A mio parere una diatriba anche sterile, il migliore è sempre quello che piace di più, anche se resta un esperimento affascinante scoprire le differenze tra gli stili produttivi. Confesso che il mio primo approccio con lo Champagne era dettato, 30/35 anni orsono, dalla moda del momento: si affacciava sul mercato uno Champagne di nuova concezione, dalla etichetta meno seriosa dei soliti, arancio acceso, e dal gusto decisamente accattivante e immediato, il Veuve Clicquot Ponsardin. Non era diffuso come oggi, ed era molto trendy ordinarlo direttamente all’importatore, e vantarsi della quasi “esclusiva”. Era un po’ diverso il Veuve Clicquot dell’epoca, aveva una leggera austerità in più rispetto al prodotto attuale. Oggi è uno Champagne fresco e floreale, con note di frizzantezza molto accentuate, ideale come aperitivo, dalla bevibilità facile ed immediata, e immediatamente piacevole. Ma sono rimasto letteralmente folgorato sulla via di Damasco partecipando ad un seminario comparativo proprio sullo champagne, nei primi anni novanta; ho scoperto Bollinger R.D. dove R e D stanno per Recemment Degorgèe. Significa che lo Champagne è rimasto sui suoi lieviti in bottiglia per un periodo molto più lungo di quello previsto dal disciplinare, e il degorgèment, in italiano sboccatura, avviene solo quando lo Chef de Cave decide che è arrivato il momento di metterlo in commercio, quando cioè è al massimo della maturità. Il Bollinger R.D. è uno champagne dal carattere decisamente ossidativo, il colore è giallo oro, il naso si apre a note tostate e leggermente legnose, e al gusto si avverte immediatamente la differenza con altri Champagne, con una minore presenza di bollicine, vellutato come pochi, dal corpo deciso e pieno. Non è uno Champagne facile, certamente non è adatto come aperitivo, o in abbinamento a piatti leggeri, pesce o antipasti. E’ uno Champagne che necessità di piatti decisi, le carni rosse per esempio, rompendo il tabù dell’abbinamento esclusivamente con i vini rossi. Bisogna ricordare che Bollinger è una delle poche Maison che ancora utilizza quasi esclusivamente le botti di rovere nei vari procedimenti di produzione, dalla fermentazione all’affinamento, fino all’invecchiamento dei vini di riserva, e questo conferisce un carattere inimitabile agli Champagne della Maison. La maggior parte dei produttori utilizza ormai solo i silos d’acciaio inox, difficile trovare ancora le botti, soprattutto nelle aziende da milioni di bottiglie, ma questo non significa prodotto scadente, è solo una questione di “stile”, come sempre. Un altro produttore dallo stile molto personale è sicuramente Krug: anche qui il legno di rovere è essenziale nel dare un carattere unico ad uno Champagne considerato da sempre come uno dei migliori. E’ un vino ricco e pieno, al naso sviluppa un ventaglio di aromi che vanno dal pane tostato alle nocciole, con toni di zucchero appena caramellato e note di gelatina di frutta, proseguendo nei toni della mela fresca, della mandorla e del frutto acerbo, con un finale di zenzero, spezie dolci e miele. In bocca non delude, con il riconoscimento agrumato del limone e del pompelmo, sostenuto da una bollicina fine ed elegante. Anche in questo caso siamo in presenza di uno Champagne destinato ai più svariati abbinamenti, dal più semplice, provatelo con un Parmigiano Reggiano extra maturo, ai più complessi, come un piatto aromatizzato con il tartufo bianco. Mi viene in mente una provocazione pubblicata qualche tempo fa che invitava a provare Krug Grande Cuvèe con la mortadella, paradossale senza dubbio, ma fantastico abbinamento tra la sensazione grassa e fortemente caratterizzata dell’insaccato povero per antonomasia e la capacità di detergere la bocca di uno Champagne così austero. Un cenno merita il top di Krug, a mio parere, il Clos du Mesnil, un Blanc de blanc di assoluto valore prodotto solo nelle annate migliori, e in un fazzoletto di terra da poche bottiglie l’anno destinate a pochissimi eletti, visto anche il costo letteralmente proibitivo. Nello stesso fazzoletto e precisamente a Mesnil sur Oger si produce uno Champagne altrettanto blasonato, sempre da sole uve Chardonnay, il Salon. Una Maison relativamente giovane, appena dal 1911, e in un secolo di vendemmie solo un terzo è stato destinato alla produzione del Salon, in cento annate poco più di trenta hanno raggiunto la qualità necessaria. Stiamo parlando di vini complessi, dal carattere deciso, con uno stile personale e riconoscibile, destinati ad un consumo tutt’altro che quotidiano, anche in considerazione del prezzo non proprio accessibile. Ma ovviamente le occasioni di consumo dello Champagne sono tante, e allora possiamo ricorrere con altrettanta soddisfazione a vini meno strutturati e di più immediata piacevolezza, ma di questi magari parliamo la prossima volta, dedicando uno spazio anche ai rosè, vini dalle infinite possibilità di abbinamento, persino su qualche dessert. Francesco Continisio


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Una passeggiata tra i vigneti Quando si parla di vini di qualità, non si intende solo bere un ottimo nettare, ma sempre più spesso i concetti più ampi di terroir di tradizione francese, e le attività correlate alla vendemmia e produzione, entrano a far parte di un godimento più ampio, frutto di passione e voglia di aprire a tutto tondo aziende più o meno grandi a enoturisti di ogni età. Così, a seconda delle potenzialità della zona, nascono enoteche speciali, come quella Segreta di Capri, un angolo da intenditori, ma anche scuole di cucina in cantina, passeggiate a cavallo tra i vigneti, vendemmie in azienda con i produttori, arte in cantina, e tante altre attività piacevoli e aggreganti. In alcune zone del mondo come nella Rioja spagnola, il vino è motivo di vita, e di economia locale, diventando addirittura slogan regionale “La tierra col nombre de vino”, grande richiamo turistico, in grado di offrire anche d’inverno la sorpresa di esplorazioni enologiche in cantine storiche tra le più grandi d’Europa, oppure in avveniristiche strutture firmate da architetti famosi che hanno dato alle case del vino forme nuove e sorprendenti. Ma più vicino a noi, nella stessa Italia, i passi avanti sono stati da giganti, negli ultimi anni raggiungendo un interesse ed un seguito inimmaginabile fino a non molto tempo fa. In Campania l’azienda Grotta del Sole ha una gestione giovane, partecipa spesso ad eventi che vedono il vino protagonista e le scelte di mercato sono indovinate, come per l’Asprinio D’Aversa D.O.C. della zona di Trentola, Ducenta, e San Cipriano, per lo spumante realizzato con il metodo Martinotti, che si accompagna ad antipasti, tapas, frutti di mare, oltre ad essere piacevole a tutto pasto, per il suo carattere particolare che tanto piaceva a Mario Soldati. Nel Lazio a Casalvieri in provincia di Frosinone è l’azienda Poggio alla Meta punto d’arrivo della carriera enologica di Mariano Nicòtina, enologo, docente di fitoparassitologia, ricercatore, che in terra frusinate ha intravisto i prodromi per una vitivinicultura innovativa (pionieristica sui vitigni autoctoni locali) e virtuosa (prima azienda italiana certificata Zeroemission avendo azzerato l’emissione di gas serra): i terreni collinari ai piedi dei Monti della Meta permettono vini intensi e rispettosi del frutto, tanto che poi, in cantina, l’uso dei legni è limitatissimo. Tra le prime aziende a confezionare una Passerina fresca e minerale (Piluc), Poggio alla Meta deve la sua fama ai due morbidissimi blend bordolesi (Il Giovane e Il Vecchio) uniti dall’uvaggio e da un concept vincente. Sono in lancio etichette autoctone sperimentali, molte delle quali inedite. Grappe e Ratafià completano la gamma. Tra i prodotti spicca Il Giovane Cabernet di Atina Doc, che ha vinto il Label Award per l’Etichetta Gambero Rosso 2009 grazie al concept che lo unisce a “Il Vecchio”, stesso uvaggio ma più “anziano”, affinato in legno per un anno. In Abruzzo, l’Azienda Masciarelli ha uno stile naturale per l’approccio al vino, così al Castello di Semivicoli si partecipa attivamente alla raccolta del Montepulciano e del Trebbiano d’Abruzzo, per assistere alle fasi fondamentali della vinificazione, godendosi le vigne, i pic-nic, la cantina, e le degustazioni, in un luogo magico tra accoglienza e convivialità, in provincia di Chieti a 365 metri di altitudine. In Umbria a Montefalco, in provincia di Perugia, si produce il Sagrantino, e l’Azienda Antonelli San Marco abbina all’amore per il vino, percorsi enogastronomici e degustazioni vino-cibo, con formule week-end. L’azienda enoturistica è in grado di offrire un’esperienza a tutto tondo tra vigneti, cantine, ospitalità rurale e scuola di cucina. “Cucina in Cantina” è una scuola di gastronomia tra le vigne, a disposizione dei turisti per partecipare a corsi di cucina, ma anche per gustare a pranzo e a cena la gastronomia locale o partecipare a una vera degustazione guidata dei vini Antonelli San Marco per apprezzarne più compiutamente le caratteristiche organolettiche. I corsi di cucina, in italiano, inglese e tedesco, sono organizzati su appuntamento per piccoli gruppi di 4-8 persone in una moderna ma tradizionale cucina “de Manincor”, tra fornelli e forno a legna. Ed ancora in questo viaggio virtuale sulle strade del vino d’Italia, non può mancare la Sicilia con l’azienda Centopassi ed un taglio sociale di tutto rispetto. Immersa nelle vigne del corleonese, l’azienda nasce sotto il motto “Sporcarsi le mani per fare il bene comune”, come attività vitivinicola delle realtà siciliane di LiberaTerra, con le Cooperative Sociali Placido Rizzotto e Pio La Torre, che gestiscono terreni agricoli confiscati ai boss di Cosa nostra, circa 60 ettari a vigneto in provincia di Palermo, appartenenti al Consorzio di Comuni Sviluppo e Legalità. Terreni magnifici, paesaggi di interesse storico e di bellezza straordinaria, da visitare nella provincia di Palermo verso l’interno, nell’Alto Belice Corleonese, zona principale in cui operano le cooperative, che offrono anche alloggio nelle strutture ricettive realizzate nei casolari confiscati a Cosa Nostra, come l’agriturismo Portella delle Ginestre, dove avvenne la famosa strage del 1947, con il Centro Ippico Giuseppe di Matteo, oltre al nuovo agriturismo Terre di Corleone. Il vino è il sapore di questi luoghi, mantenendo le promesse delle storie raccontate, interpretando sempre più terroir di provenienza, nonostante le loro ancor poche stagioni, grazie agli ottimi vigneti, per una gamma che comprende le selezioni di Nero d’Avola, Syrah, Catarratto e Grillo e i due blend Centopassi, Bianco e Rosso, entrambi a prevalenza di vitigni autoctoni. Annalisa Tirrito

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Porto d’Oro

SPA, salus per aquam

Dopo l’estate il carico di energia passa per i centri benessere

Sole e mare a gogò nelle lunghe giornate in barca o in spiaggia, ore piccole al chiaro di luna o al ritmo sfrenato delle danze estive, pasti fuori orario e troppe eccezioni alla regola tra cibo e bevande dal sapore irrinunciabile? Se siete reduci dalle ferie e avreste proprio bisogno di una bella vacanza ma il tempo utile è scaduto … Bene, tutto è come previsto. Però, si può sempre rimediare con un bel week end all’insegna del benessere in un confortevole centro benessere o Spa che dir si voglia. Ad un passo da casa o poco più, non è difficile trovare il posto giusto dove rimettersi in forma con massaggi, trattamenti speciali, nuoto in piscine chiuse e all’aperto, quel tanto che basta di ginnastica, qualche passeggiate all’aria fresca e anche un po’ di buon cibo, sano e controllato. In Campania, tra gli splendidi complessi termali di Ischia, i centri benessere dei grandi alberghi tra Napoli, Capri, Sorrento e giù di lì dalla penisola sorrentino alla costiera amalfitana non c’è che l’imbarazzo della scelta ma un posticino che è una vera chicca si nasconde nel cuore beneventano, per la precisione in quel piccolo, antico, borgo della Valle Telesina dov’è nato Aquapetra, (località Monte Pugliano, Telese Terme): un suggestivo relais di charme dove il design si combina con roccia calcarea ulivi secolari e le camere (o suite) trovano spazio nell’originaria casa padronale le aree benessere negli ambienti del fienile trasformato per accogliere sauna, bagno turco e sale per la cromo-aromaterapia, la vecchia cantina è stata trasformata per farne l’esclusivo ristorante “La locanda del borgo”. In più una piscina esterna e una interna. Oro, seta, ambra e zenzero, ginger, invece, sono i preziosi elementi alla base dei raffinati trattamenti di cui si può godere alle Terme di Saturnia, in Toscana, più precisamente in piena Maremma dove, chiuso tra i promontori di Piombino e dell’Argentario, il Terme di Saturnia Spa & Golf Resort è uno dei più prestigiosi

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e noti wellness resort del mondo, la vera perla di uno tra i maggiori complessi italiani dove relax e benessere non passano solo per la scelta del pacchetto benessere più adatto all’occasione del momento ma anche per l’ampia gamma di hotel, agriturismo o bed&breakfast in cui poter alloggiare per il periodo del soggiorno. Motore di tutto, la tiepida acqua sulfurea che sgorga al ritmo di 800 litri d’acqua al secondo ad una temperatura di 37° e fa del complesso maremmano senz’altro uno dei più noti e prestigiosi parchi italiani: quattro piscine termali all’aperto, idromassaggi, percorsi vascolari d’acqua fredda e calda. Dono della natura o, tra storia e leggenda, secondo il mito, dono di Saturno che spazientito dalla guerra con la quale gli uomini si dilaniavano l’un l’altro, scagliando un fulmine per placarli ne ottenne lo zampillare termale che diede inizio all’età dell’oro e tutt’oggi rende felici uomini e donne in un’oasi dominata dalle proprietà di una vera e propria acqua minerale, particolarmente adatta a proteggere la pelle (sulla quale esercita un peeling naturale), depurare il fegato, coadiuvante per l’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. Per un fine settimana rigenerante ma anche romantico, invece, la meta giusta è la pugliese Masseria San Domenico (a Savelletri di Fasano), uno straordinario complesso residenziale nato attorno ad una torre di avvistamento dei Cavalieri di Malta del XV secolo, poi diventata una masseria fortificata ed ora il posto ideale per immergersi nelle acque della spettacolare piscina scavata fra le rocce e abbandonarsi alla remise en forme autunnale o godere della talassoterapia con acque prelevate da una falda acquifera sotterranea proveniente dal vicino mare adriatico, ai trattamenti a base di alghe per disintossicare, defatigare, tonificare l’organismo. In alternativa, alla masseria con camere e suite, un chilometro e mezzo più in là, anche quattro camere nel neonato San Domenico a Mare, appunto, nella limitrofa zona litoranea direttamente con vista sul mare e un ristorante a pelo d’acqua dal nome “La nassa” dove godere drink al tramonto e cene al chiaro di luna. Per i golfisti, non manca un bel campo da golf a 18 buche, così come, per gli amanti del bien vivre, c’è una “champagnerie” dove condire di vodka e bollicine raffinate selezioni di caviale. Altra meta da non trascurare per qualche giorno di sano recupero è l’Abruzzo dove, a Caramanico Terme brillano le 5 stelle del Hotel La Réserve, un luogo davvero speciale per vivere ore liete nel cuore di una riserva naturale lontana dai ritmi frenetici delle città scegliendo percorsi personalizzati di rigenerazione fisica e mentale. Una vera oasi di pace e tranquillità con servizi esclusivi e vista panoramica sulle verdi cime della Maiella, ancor più suggestiva in pieno inverno quando è innevata. Un’occasione unica per gustare i prodotti tipici della terra abruzzese accuratamente selezionati dagli esperti de la Réserve per unire alla gioia di percorsi sensoriali ritempranti il piacere di scorribande enogastronomiche. Paola de Ciuceis

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