vignetta di MattoMattia
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Botta e risposta
Riceviamo e pubblichiamo una lettera affettuosa che alcuni alunni hanno Spett.le direttore, forse non sono stato chiaro scritto alla loro prof di Ed. Fisica che va in pensione. Un bell’esempio che nell’esprimere il mio pensiero: strade sicure, sanità riconcilia con il mondo della scuola spesso “sotto esame”. efficiente, sicurezza, dovrebbero essere l’abc di una società moderna, realizzate con i soldi dei contribuenti Alla prof.ssa Valeria Venturoni che i politici dovrebbero saper gestire. Io parlo di una Cara Prof, struttura privata che di contributi statali non usufruisiamo davvero arrivati al capolinea: per noi si apriranno altre porte, nuovi sce, e anche a chi di motori che rombano non interesorizzonti ricchi di novità e non senza qualche difficoltà. Per lei, dopo anni sa, potrebbe far comodo come sbocco lavorativo per di onorata carriera, si preannunciano anni di meritato riposo: farà la non- figli, nipoti, giovani, donne. Se lei legge attentamente na, si dedicherà alla famiglia, ma è proprio sicura di non sentire la nostra ho detto che a tutt’oggi, anche dopo trent’anni, nella mancanza? Per noi ragazzi le ore in sua compagnia sono state tra le più nostra provincia la Asl e altri enti pubblici sono l’unico gradevoli: che sudate e che strigliate se qualcuno si azzardava ad entra- sbocco lavorativo valido (e comodo per i politici), e re in palestra con le scarpe sporche o senza la fatidica maglietta bianca! le dico questo perché giro per gli autodromi italiani e Ogni giorno solare, elegantissima e curata, nelle sue ore ci ha sempre stranieri da anni e vedo il giro commerciale e lavoradato gioia e carica positiva, tra una partita di pallamano e la preparazio- tivo che offrono. Ho 50 anni (tre figli medio piccoli) ne di un movimentato balletto. E che dire dell’apparato scheletrico e di e non sono un ragazzino. Lavoro presso la Asl dal quello respiratorio? Tra un po’ ne sappiamo più noi che un neolaureato 1980. Comunque grazie della sua risposta dalla quain medicina! Chi semina raccoglie, ed io credo che il suo raccolto sia le ho capito il suo pensiero. Saluti. stato particolarmente ricco: ci lascia un carico di nozioni, conoscenze, Vincenzo Leonzi ma soprattutto lezioni di vita, per aiutarci a crescere e a crearci il nostro piccolo spazio nella società. Ci scusi prof, se Gent.le lettore, qualche volta l’abbiamo fatta arrabbiare, se abbiamo sbuffato, questo dialogo iniziato (e proseguito) mi piace. Perse siamo stati maleducati: siamo solo dei ragazzi un po’ ribelli ché dà modo a entrambi di esprimere quel che pensa. che a volte sbagliano credendo di essere nel giusto. Non si E chiarirsi. Non è il compito dei giornali, d’altra parte? dimentichi mai di noi, delle tante ore trascorse insieme e noi Se l’autodromo-privato che lei auspica è davvero rilefaremo lo stesso; la porteremo nel cuore e quando la incon- vante ai fini economici e occupazionali per la nostra treremo in giro per la città, saremo orgogliosi di dire: ”Quella provincia (e dalla sua esperienza in giro per l’Italia e è stata la mia Prof”. all’estero parrebbe proprio di sì) perché non iniziare Con affetto e stima insieme una piccola battaglia per raggiungere l’obietClasse III D tivo? Come vede, anche lei non ha capito fino in fonScuola media D’Alessandro do il mio pensiero.
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A Teramo la notte finisce alle 22 “Bella Teramo”Fonte Baiano invece…
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“L’olio della solidarietà”
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L’Aquila Bella Mè Ars e belli merletti
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Pink Bikers largo alle donne
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“Il mio campione battuto dalla Sla”
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Come migliorare stile di vita e fitness
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E sulle pagelle la matematica è un’opinione Gli insegnanti riscoprono l’importanza della matematica. Anzi, dei numeri. Anzi, delle operazioni elementari, addizione e sottrazione. Con appena qualche punta di moltiplicazione. Giusto un cenno. E qualche divisione. L’essenza della matematica, l’aritmetica, si è presentata in tutta la sua valenza al termine di questo anno scolastico. Tra giudizi finali ed esami di licenza, tra uno sbadiglio e un calo pressorio da correzioneInvalsi. Ci ha provato il ministro Gelmini a dettare una serie di regole per un “sei” (anzi “sex”, come bisogna scrivere) non più “politico”, ma “meritorio”. Ci ha provato la neo-mamma dell’Istruzione a stilare circolari per un buon andamento degli esami. Tutto inutile. Gli insegnanti hanno acuito l’ingegno e di fronte al bisogno, un’aggiunta qua, una levata di là, i conti sono stati fatti. E riempite pagelle. “è la somma che fa il totale”, diceva il grande Totò. Così i professori. Altro che ultimi in matematica. Almeno in sede di scrutini. E arrivederci a settembre. Tiziana Mattia
Sommario e non solo
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Dietro le quinte
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Il Ruzzo? Grande realizzazione ma di “padre ignoto” Censurato e sparito l’unico libro che ne racconta la storia di
Tiziana Mattia
“Il Ruzzo. Storia, situazione, prospettive. Rapporto sull’approvvigionamento idrico dell’Abruzzo orientale”. Una ricostruzione, l’unica, certamente la più completa, della nascita e sviluppo di una delle opere fondamentali per il progresso civile della provincia di Teramo e la crescita socio-economica dell’Abruzzo. Per tutto quello che un acquedotto moderno rappresenta sotto l’aspetto del benessere collettivo, igienico, turistico ed economico. L’acquedotto del Ruzzo fa parte della vita quotidiana delle popolazioni servite. Ma pochi ne conoscono la storia. Pochissimi sanno che, prima della realizzazione della grande infrastruttura idrica, la provincia di Teramo era terra poco salubre e igienicamente carente, con ricorrenti epidemie di colera. Oltre che una grandissima infrastruttura, un’opera di ingegneria allora considerata all’avanguardia. L’acquedotto del Ruzzo come decisivo strumento di risanamento delle condizioni igienico-sanitarie di una vasta area. Dalle città ai piccoli paesi, alle frazioni più sperdute. Basta leggere “Il Ruzzo”, un bel libro curato dal giornalista e scrittore Marcello Martelli, per conoscere le origini e lo sviluppo di una infrastruttura che non fu per niente facile realizzare. Fra costi altissimi e insormontabili difficoltà burocratiche. Un libro, fra l’altro,
Traforo del Gran Sasso. Scivolo di scarico delle acque. Nel corso dei lavori della grande galleria si scoprono nelle viscere dellla montagna enormi quantitativi d’acqua pregiata
1930/’35. Preparazione del tubo per l’adduttrice del grande acquedotto del Ruzzo, un’opera d’avanguardia, ammirata a livello nazionale
editorialmente eccellente e puntuale nei contenuti, ma con un imprevisto annesso. Una pubblicazione mai fatta conoscere al grande pubblico. Top secret. Parliamone con l’autore e vediamo di spiegare le cause di una evidente “congiura del silenzio”. Cerchiamo di scoprire cosa c’è dietro la sparizione del libro e cosa possa esserci di tanto “scomodo” nelle colorate 150 pagine circa del volume. Finito non si sa dove. Negli scantinati, forse, dell’ex Consorzio? Martelli, ci dice intanto com’è nato il libro-tabù? “Siamo intorno agli anni ’80-’90. A prendere l’iniziativa è Pio D’Ilario, allora
presidente del Consorzio, con Ennio Licursi e Giuseppe Corsaro, valorosi e rimpianti dirigenti dell’ente”. E poi? “Non c’era niente di simile. Fu abbastanza laborioso, spulciando fra le carte e gli atti d’archivio, scrivere una storia dell’acquedotto in un momento cruciale e decisivo, per affrontare e portare a termine i programmi di sviluppo promossi dagli amministratori del tempo. Con a capo D’Ilario, ex sindaco di Roseto e importante personaggio della Dc di Gaspari e Natali”. La pubblicazione vide la luce proprio in coincidenza con il passaggio dalla gestione dei vecchi amministratori dc ai “nuovi” di sinistra. Promotori, questi ultimi, della moltiplicazione delle poltrone con Ato e altri meccanismi di ingegneria partitocratica. Un “nuovo modo” di gestire che, tutto sommato, non ha favorito le casse dell’ente. “I nuovi arrivati, evidentemente, hanno letto la storia del Ruzzo, pronta per essere diffusa, in chiave essenzialmente ideologica. Nel senso -spiega l’autoreche l’acquedotto, un’opera fra le più importanti mai realizzate nel Teramano, fu voluto e portato a termine dal regime fascista. La lieta novella arrivò in città il 2 settembre 1929, a conclusione di una lunga odissea di difficoltà e ostacoli, con un telegramma a firma del capo del governo, Mussolini. Il progetto veniva esteso anche alle zone rurali. Costo complessivo 51.600.000 lire”. Un atto di nascita che non piace a tutti, evidentemente. Dalla storia postfascista alla Dc, che sicuramente ha contribuito in modo determinante allo sviluppo successivo dell’acquedotto del Ruzzo, come infrastruttura prioritaria al servizio delle popolazioni. Una storia ricostruita con rigore, e una documentazione interessante e ineccepibile. Ma si tratta d’una “verità storica” poco gradita, evidentemente, ai successori dei vecchi amministratori fascisti e, poi, democristiani. Tanto da occultarla e lasciarla in soffitta. Sempre che qualcuno non dia altra spiegazione della sparizione di un libro che offre l’unica completa testimonianza finora esistente sulla nascita e lo sviluppo dell’acquedotto del Ruzzo. Che resta una grande infrastruttura, ma di padre… ignoto.
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A Teramo la notte finisce alle 22 Dopo i provvedimenti della questura per la “pace” notturna, gestori di locali e giovani restano a bocca asciutta. di
Cristian Di Mariano
Se dovessi definire Teramo con il titolo di un film, la chiamerei “Non è un paese per giovani”, storpiando il titolo di una delle opere dei fratelli Coen, “Non è un paese per vecchi”. Se già in condizioni normali la gente si lamenta della mancanza di una movida attiva nella vita teramana, figuriamoci come può ridursi la situazione quando di mezzo ci si mette la legge. Pare, infatti, che in seguito ad alcuni provvedimenti presi dalla questura, alcuni locali teramani si vedano costretti a chiudere i battenti intorno alle 22.00, perdendo di conseguenza tutta la clientela che, si sa, d’estate inizia a muoversi a quell’ora. La ragione principale? Disturbo della quiete pubblica. Sembra che i residenti del centro città siano particolarmente infastiditi dal traffico di coloro che frequentano alcuni locali, lamentandosi degli schiamazzi notturni e del chiacchiericcio che i giovani fanno davanti ad una birra. Le chiamate alle forze dell’ordine sono state così frequenti ed insistenti che la questura ha deciso di adottare questa manovra per garantire agli anziani abitanti del centro storico il meritatissimo riposo notturno. Ma che ne pensano i gestori dei locali coinvolti? “Una cosa del genere poteva succedere solo a Teramo- esordisce il primo -, dove la soglia di anzianità è estremamente alta. Questi signori pensano di poter fare la vita tranquilla di campagna dentro il centro storico di una città come la nostra.” Poi continua: “Non si rendono conto che
la popolazione più giovane ha certe esigenze, e che chiedere loro di tornarsene a casa a dormire alle dieci di sera è una cosa inconcepibile.” Il danno economico, ma non solo, è piuttosto ingente. è giusto attribuire la colpa solo agli anziani intolleranti, o ci sono davvero “teste calde” che causano guai? “Il pregiudizio è uno dei principali problemi, secondo me. - fa eco un altro gestore - Solo perché un ragazzo indossa una maglietta di un qualche gruppo metal, non vuol dire che sia automaticamente un poco di buono”. Tra i provvedimenti adottati nella “crociata” contro il divertimento serale, c’è anche l’obbligo di assumere uno steward, ovvero un buttafuori professionista, in caso si volesse organizzare qualche evento particolare nel proprio locale. Lo steward, ovviamente, è interamente a spese dell’organizzatore. Insomma, la situazione non è delle migliori. Se da un lato c’è una gioventù teramana che cerca di rivendicare il proprio diritto a socializzare, dall’altra c’è una schiera di anziani e persone di mezza età che vorrebbe semplicemente starsene in pace. Per quanto entrambi i punti di vista siano in qualche modo condivisibili, non si può fare a meno di notare come manchi la tolleranza da parte della fascia più adulta della popolazione. Dopotutto, va da sé che se si vuole stare in pace, bisogna evitare il centro città, no?
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Via d’Annunzio “infiorata” Dopo l’infiorata di Torricella Sicura, evento giunto alla quinta edizione, si ripete l’opera degli infioratori all’interno di “Shop art via d’Annunzio”, a Teramo. Accanto a opere di artigiani, pittori e altri poliedrici artisti, ecco u n suggestivo quadro della Vergine fatto in trucioli, a cura d i un volenteroso gruppo di infioratori. I lavori sono iniziati la mattina presto, in un clima festoso per concludersi solo nel tard o pomeriggio. L’infiorata è un evento artistico religioso, che si tiene in genere in omaggio al Corpus Domini e, che affonda lontano le sue radici. Prassi era decorare il percorso della Solenne Processione del Corpus Domini, festività proclamata a seguito di un miracolo Eucaristico avvenuto nella Chiesa di Santa Cristina a Bolsena, con petali di fiori alla rinfusa. Con il passare del tempo la tradizione si è trasformata nella ricerca di qualcosa di più elaborato e ricercato fino ad evolversi nelle attuali infiorate, che riproducono scene del Nuovo e Vecchio Testamento. Alcune delle più antiche infiorate italiane sono di-
venute celebri, come ad esempio quella di Bolsena, Fucecchio e Noto. Il materiale usato per colorare le enormi icone a terra sono trucioli di abete bianco, nel rispetto dell’ambiente. Si evita la raccolta massiccia di fiori, e il materiale, di origine vegetale, è di facile smaltimento e di costo contenuto. Antonella Lorenzi
QUESTURA DI TERAMO
Colleatterrato-Nepezzano, le iniziative del circolo del Pd di
Daniela Palantrani
Colleaterrato, quartiere alla periferia est di Teramo in continua espansione e con necessità urbanistico-strutturali in crescita. Maria Rosaria Armenio, segretaria del circolo di Colleatterrato-Nepezzano ci illustra le iniziative che il Partito Democratico ha programmato sul territorio. “Al centro dell’azione politica del Circolo del Partito Democratico”, ha sottolineato la segretaria, “vi è il coinvolgimento della popolazione attorno alle iniziative programmate, perché attraverso la partecipazione democratica vengano analizzati i disagi e le problematiche lamentate dai residenti”. C’è stata una sentita raccolta di firme sia per la richiesta di un apertura di una farmacia, che per la sottoscrizione delle istanze di rimborso dell’Iva, non dovuta, sulla Tia. Si avverte forte tra i residenti del quartiere la necessità di essere trattati alla pari con i residenti del centro, rimproverando all’amministrazione l’assenza di una pianificazione atta a garantire condizioni di vivibilità anche nella periferia orientale della città. Il circolo promuove attività di legame con il territorio per ascoltare le necessità del cittadino “è nostra convinzione – ribadisce la segretaria - che occorre garantire una vera partecipazione democratica alla gestione della cosa pubblica, così come era stato previsto nello statuto del Comune di Teramo, che purtroppo risulta essere zoppo in assenza di regolamento attuativo”. Peril territorio di Nepezzano, il circolo del Pd si muove per ottenere l’apertura di un dispensario farmaceutico. Ma il territorio abbisogna anche di interventi di riqualificazione che tuteli la sicurezza stradale. La segretaria elenca alcuni punti ritenuti fondamentali per il rag-
Maria Rosaria Armenio
giungimento di una qualità di vita accet tabile: •“Una rotonda sulla strada provinciale per Varano all’incrocio della strada comunale per Colleatterrato; •marciapiedi da realizzare sia lungo la strada comunale di collegamento tra la predetta rotonda e il quartiere di Colleatterrato Alto e il quartiere S.Lorenzo, che tra la rotonda e Ctr. Casalena, ivi compresi gli impianti di illuminazione; •dissuasori di velocità nel centro abitato della Fraz. di Varano lungo la strada provinciale, al fine di garantire il rallentamento del traffico automobilistico; •delle due rotonde inserite nel programma triennale delle opere pubbliche del Comune a servizio della zona artigianale di Villa Pavone; •una nuova Chiesa nella zona di Colleatterato Alto; •un percorso pedonale e ciclabile di collegamento tra la località di Colleatterrato Basso e quella di Colleatterrato Alto; •dare inizio ai lavori della Chiesa di Colleatterrato Basso; •consentire attraverso una modifica alla pianificazione urbanistica e commerciale del Comune l’insediamento di attività commerciali di vicinato nella zona di Colleatterrato Alto.”
Ufficio Stampa
Rafforzato il dispositivo di vigilanza sulla costa teramana Negli ultimi giorni le Forze di Polizia hanno ricevuto denunce di furto in appartamento lungo la costa ed i denuncianti hanno candidamente ammesso di aver lasciato la finestra o la porta/finestra aperte. Molti sono coloro che hanno aperto le case al mare nei 58 km. di costa della provincia di Teramo. La sera, capita spesso che dopo cena si esca a fare due passi o a prendere un gelato e si lasciando le finestre aperte. E’ ovvio che ciò facilita il ladro. La situazione economica che stiamo vivendo è difficile per tutti ed in giro, specie nelle zone frequentate dai turisti, si concentrano normalmente anche i delinquenti che sperano nel guadagno facile. La Questura di Teramo nei mesi di luglio e agosto, pur non avendo alcun presidio sulla costa, pattuglia quel territorio con proprio personale, in collaborazione con quello del reparto Prevenzione Crimine di Pescara e della Polizia Stradale. Si uniscono quindi ai Carabinieri ed alla Guardia di Finanza per rafforzare la prevenzione e la vigilanza. CITTADINI: Quando siete fuori casa chiudete persiane, finestre e balconi, se siete ai piani bassi mettete le inferriate, quanto uscite chiudete la porta con tutte le mandate, durante la notte mentre dormite non è prudente lasciare tutto aperto: chiudere almeno le persiane. 5 luglio 2010 Rinnovo licenza di porto di fucile uso caccia La Questura di Teramo comunica che in previsione dell’imminente apertura della stagione venatoria 2010/2011 i possessori di licenze di porto di fucile per uso caccia, rilasciate nei mesi di giugno/ luglio/agosto/settembre 2004, sono invitati a inoltrare le istanze tese al rinnovo dei predetti titoli almeno un mese prima della scadenza. Tale richiesta si rende necessaria per evitare una concentrazione eccessiva di istanze per la cui trattazione sarebbero conseguentemente necessari tempi più lunghi di quelli attualmente assicurati dall’ufficio per il rilascio delle richieste licenze.
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“Bella Teramo” Fonte Baiano invece… di
Daniela Palantrani
Chiacchierata con Enzo D’Ignazio, presidente e fondatore dell’associazione “Bella Teramo”, nonché presidente onorario – puntualizza - mai onorato, dell’associazio ne Teramo Nostra. “Bella Teramo” nasce per salvaguardare non solo il patrimonio storico, artistico e culturale di Teramo, ma soprattutto l’essere umano in quanto tale. “Abito a Fonte Baiano –esordisce - e venendo qui ho contato ben 82 toppe sul
manto stradale...e dire che non abito proprio alla fine, lassù in alto”. è rimasto quieto per un po’ D’Ignazio, si sentiva un privilegiato ad abitare in quel quartiere ritenuto d’élite, ma toppa dopo toppa, e il constatare che il suo quartiere diventava un “quartiere dormitorio”, ha rotto il silenzio. Persona spigliata ed avvezza a raccogliere necessità dell’altro, ad interessarsi della città e del cittadino, non ha potuto fare a meno di rac-
Enzo D’Ignazio parla delle due realtà contrapposte
cogliere il malcontento che serpeggia anche tra questi teramani considerati di serie B. A soli 1,800 Km dal centro di Teramo i residenti di Fonte Baiano si sentono degli isolati. D’Ignazio si fa loro portavoce, racconta di una mamma e del suo bimbo che, seduto sul seggiolino, si è spezzato un dentino quando la macchina ha sobbalzato a causa del notevole dislivello di un tombino in mezzo alla strada, oltre che dei timori per muri di contenimento lesionati e con scostamenti notevoli. “E se in caso di piogge continue e ripetute il muro cedesse?” Oltre all’augurarsi che nessuno si faccia male c’è la triste consapevolezza che il popoloso quartiere potrebbe restare isolato. Esiste un’unica strada, un unico punto di accesso “basterebbe un incidente per bloccare migliaia di persone, senza sottolineare poi, che se si chiamano i vigili, spesso ci si sente rispondere che vi sono solo tre pattuglie, già impegnate in centro”. Per i mezzi pubblici, altro tasto dolente, alle 20.00 la “città chiude”. Più volte è stato chiesto che almeno la corsa delle 23.00, che va alla Cona, faccia deviazione per Fonte Baiano, ma ad oggi la più che legittima richiesta resta inascoltata. “Ho provato a vivere senza l’uso dell’auto, ed a spostarmi esclusivamente con mezzi pubblici, come già faccio quando sono fuori città, ma mi è stato impossibile. Sono stato costretto ad acquistare almeno lo scooter”. I mezzi pubblici ci sono puntuali e precisi ogni mezz’ora la mattina e vanno via via diradando nel corso della giornata, nel pomeriggio uno ogni
ora, fino ad arrivare ad avere preclusa ogni possibilità di spostarsi, in assenza di mezzo proprio, alle 20.00. Necessita sottolineare che a Fonte Baiano mancano negozi, così come ufficio postale e farmacia, la mancanza anche solo di un ciuffetto di prezzemolo costringe i residenti a raggiungere Teramo, o a farne a meno. Si costruisce, il quartiere cresce, in abitazioni e popolazione, ma i servizi restano ai primordi. Illuminazione stradale quasi inesistente, poca la presenza delle forze dell’ordine, deterrente indispensabile per la criminalità, marciapiedi promessi e mai realizzati sono solo alcuni dei punti che “Bella Teramo” si propone di portare avanti per Fonte Baiano e per la città tutta. Sottolinea D’Ignazio “se un’ amministrazione promette e non realizza e la successiva continua a restare inattiva, non è meno respon-
“Se un’ amministrazione promette e non realizza e la successiva continua a restare inattiva, non è meno responsabile della precedente”.
sabile della precedente”. “Osserverò, pungolerò e promuoverò tutto ciò che sarà necessario, affinché tutti possano scoprire, riscoprire ed amare la nostra Teramo”. Progetto ambizioso ma lodevole è quello di far nascere e riunire comitati di quartiere in tutto il territorio del teramano, “perché è l’unione che fa la forza e che porta risultati”.
Colleparco al… verde Problemi irrisolti di un quartiere cittadino in crescente sviluppo
di
Antonella Lorenzi Sede comitato:evidenti segni di infiltrazioni
Piero Di Silvestre, presidente del comitato di quartiere Colleparco e Coste S.Agostino, sottolinea come questo rione, di relativa recente costruzione, che in passato è stato un quartiere dormitorio, stia cambiando ed evolvendo. “Sono cresciute le esigenze - spiega -, c’è bisogno di un negozio, un panificio, un giornalaio, una farmacia, di una piazza dove incontrarsi. Fino a qualche anno fa queste esigenze non c’erano, la maggior parte dei residenti usciva la mattina per andare a lavoro e tornava la sera per cena, unico luogo d’incontro era la Chiesa, ma non è più sufficiente per creare aggregazione”. Si sono succeduti nel tempo anche diversi comitati di quartiere, che hanno affrontato man mano problemi diversi. “Venti anni fa il problema poteva essere la lampadina fulminata del lampione, oggi le problematiche sono molto più ampie”. Il quartiere convive con una grande ed importante realtà per tutto il territorio Teramano che è il polo universitario, come vi rapportate con questa responsabilità? “Siamo vicini, ma in fondo due realtà ben distinte, l’Università pensa a se stessa, vive di vita propria e di propri finanziamenti. Noi però da parte nostra stiamo assistendo ad uno spopolamento di studenti, che preferiscono alloggiare al centro piuttosto che in zona, proprio perché, come dicevamo poc’anzi, mancano tutti i servizi essenziali. Un
progetto del comitato è quello di creare un servizio per trovare le case in loco agli studenti, ottenendo un duplice risultato, creare occupazione e monitorare i prezzi degli affitti per non permettere ai soliti furbi di approfittare del prossimo”. Promosso anche l’avvio di una raccolta di firme per l’apertura di un supermercato nel rione e, magari, di locali dove gli universitari possano incontrarsi. Nei primi giorni del mese di giugno il sindaco Maurizio Brucchi ha incontrato i rappresentanti del comitato e una delegazione in rappresentanza delle oltre seimila anime di Colleparco, riconoscendo concrete esigenze e richieste avanzate dal presidente Di Silvestre. Argomento di confronto anche i “vasconi” del Ruzzo, che all’inizio si trovavano ai margini del quartiere, ma negli anni, con il procedere dell’edificazione, sono diventati un tutt’uno con le abitazioni. “A nostro avviso – fa notare Di Silvestre – i vasconi sono pericolosi. In caso di terremoto e di rottura delle vasche di contenimento, l’intero quartiere verrebbe trascinato a valle. Chiediamo che vengano spostati più a monte, in posizione di sicurezza per tutti. Inoltre, sarebbe possibile recuperare l’area attualmente occupata dal Ruzzo per costruire una grande piazza ad uso del quartiere, senza dover ricorrere ad uno sbancamento della collina”. Altra richiesta al sindaco, una sede idonea per il comitato di quartiere.
Teramo Nostra: “Le brutture che allontanano dalla città” di
Daniela Palantrani
Piero Chiarini presidente dell’associazione culturale Teramo Nostra, ci spiega che l’associazione è stata fondata nel 1987 da un gruppo di volenterosi artigiani ed intellettuali con l’intento di valorizzare la città, vivendola, non solo criticando. Da allora Teramo Nostra evidenzia ciò che non va, dando voce ai cittadini e propone soluzioni e suggerimenti anche alle istituzioni, oltre ad organizzare svariati eventi. Esempio di una piccola battaglia vinta è quella relativa alla Casa del Mutilato che si voleva trasformare in mediateca, Teramo Nostra è invece riuscita ad ottenere che restasse alla sua funzione originaria, ossia accogliere il consiglio provinciale. Intento di Chiarini, in qualità di presidente, ma soprattutto di cittadino attivo, creare opportunità d’incontro e socializzazione a Teramo, per Teramo. Si oppone con forza allo spostamento delle attività al centro commerciale di S.Atto a discapito del centro storico. “Un’associazione culturale non può attuare soluzioni, a quello devono provvedere le Istituzioni, ma continuiamo a dare stimoli. Un progetto a cui stiamo lavorando è la trasformazione del vecchio frantoio in un museo che permetterebbe di creare opportunità di attirare visitatori, nonché creare posti di lavoro”. Per gli stessi motivi si cura l’organizzazione della festa laica della Madonna delle
Grazie “Creare un museo all’interno della chiesa sarebbe possibile anche solo recuperando e restaurando i numerosi oggetti che vi sono custoditi”. “Ci pregiamo, anche di organizzare il prestigioso premio Di Venanzo, giunto alla sua XV edizione”, appuntamento di notevole rilevanza per la città. Rammarico del portavoce dell’organizzazione è la latitanza delle istituzioni che danno segnali opposti a quelli che invece sono gli sforzi e gli obiettivi perseguiti dall’organizzazione. “Se si entra a Teramo trovando un cantiere aperto, da ormai tre anni a piazza Garibaldi, o si attraversa Porta Romana costellata di puntelli, una bruttura, il visitatore che messaggio riceve? Di certo non quello di tornare a Teramo”.
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luglio2010
Dove governano “rattocrazia” e “palizzatocrazia” Scorcio della Gammarana
di
Antonella Lorenzi
A colloquio con Alfonso Marcozzi, presidente dell’associazione Quartiere Gammarana
L’intervista all’ing. Alfonso Marcozzi, presidente dell’associazione culturale “Quartiere Gammarana” inizia con un problema in via di risoluzione, ovvero il deposito dei cassonetti nell’area Villeroy, di recente sgombrato. L’associazione si è battuta duramente per ottenere la ripulitura dell’area, su cui erano stati depositati cassonetti sporchi o addirittura pieni di spazzatura, all’avvento del ‘porta a porta’. “La raccolta ‘porta a porta’ è un passaggio culturale importante, anzi, siamo in ritardo nei tempi rispetto alle esigenze dell’ambiente. – sostiene Marcozzi - Il cittadino ha bisogno di essere educato, ed auspico anche una differenziazione negli scarti del cibo. C’è un rifiuto sproporzionato rispetto all’uso quotidiano, si consuma troppo e si consuma male. Quello attuato è un passo rilevante, che pero’ per noi ha comportato dei disagi non indifferenti.” L’ing. Marcozzi ha coniato nuovi termini per definire la situazione del suo quartiere: la rattocrazia, ovvero il “potere Alfonso Marcozzi
dei ratti”. Infatti, l’area di deposito dei cassonetti sporchi ha creato un ambiente favorevole al proliferare dei ratti. “I topi hanno tranquillamente socializzato con le persone muovendosi indifferentemente nell’area e tra le abitazioni vicine”. Si attende l’opera di bonifica, che si spera non tardi, anche perché vicino all’area ex Villeroy c’è un ristorante. Altro termine coniato la palizzatocrazia, il “potere delle palizzate”. Il quartiere ha diversi siti, di proprietà privata, recintate dai proprietari con lamiere, in attesa di edificazioni. Ad oggi, non c’è nessun cantiere, ma le recinzioni permangono e sono indecorose. “Non è che il cittadino, gli abitanti della Gammarana vogliano appropriarsi di questi spazi – precisa l’ingegnere - assolutamente no! L’area è privata, e tale deve restare, ma deve essere tenuta in maniera consona. Recintare per anni con lamiere di tre metri che diventano luogo di affissioni selvagge di manifesti, non può appartenere a questa cultura. Sollecitiamo affinché le lamiere vengano rimosse o quantomeno sostituite da recinzioni decorose e gradevoli alla vista. Stiamo provvedendo a chiedere, con una lettera al sindaco e all’assessore al ramo, se esiste un progetto per le lamiere. Se esiste, ci dovranno spiegare perché è stato approvato un progetto con delle lamiere. Se non esiste, si dovrà provvedere a presentare un progetto che sia compatibile con la realtà circostante, una recinzione appunto gradevole alla vista e rispettosa degli altri. Anche per l’area
ex Adone, si chiede che venga bonificata, e che le palizzate vengano rimosse e sostituite da recinzioni.” Altro sito abbandonato da decenni l’area ex Villeroy e Boch, per la quale non ci sarebbero né progetti né idee concrete di destinazione d’uso. “Uno spazio enorme sprecato, - aggiunge Marcozzi -, di oltre 5 ettari, che potrebbe avere tantissime funzioni”. Senza dimenticare l’area adiacente la scuola e l’asilo nido lasciata all’incuria e ricovero per topi e serpi. Altro nodo cruciale per gli abitanti della Gammarana è lo svincolo del Lotto Zero, oggetto di ricorso. “Non è che noi non vogliamo lo svincolo - precisa Marcozzi –, abbiamo detto no a quel tipo di svincolo. Consuma terreno, è lungo più di 800 metri, invece di 350, andando ad impattare su un’area sportiva (lo svincolo è a ridosso del centro dell’Acquaviva), e contempla spreco di denaro notevole. Costerebbe oltre un milione di euro in più rispetto al vecchio progetto. Le aree interessate non sono edificabili, quindi non ci sono interessi di altra natura”. Conclude Marcozzi: “Non ci spieghiamo questo cambiamento, infatti già con la giunta Chiodi si era parlato di un progetto, condiviso anche dai residenti, con cui si poteva ottenere lo stesso risultato percorrendo 350 metri piuttosto che 850”. “Abbiamo fatto ricorso, se sarà necessario porremo in essere tutti gli atti amministrativi che lo Stato ci mette a disposizione per opporci ad un progetto che non rispetta il cittadino e la sua qualità di vita”.
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luglio2010
Tommaso Ginoble condanna la politica di oggi e i colleghi senza memoria Tommaso Ginoble
“Qui ci vuole un... progetto condiviso” di
Mira Carpineta
Dagli esordi nel 1985 all’attuale scranno di deputato nello schieramento di centro sinistra, Tommaso Ginoble ha partecipato alle diverse trasformazioni della politica italiana post Democrazia Cristiana, che hanno portato il Paese all’attuale assetto bipolare. Dalla dissoluzione del partito, che per 50 anni aveva caratterizzato e definito il centro moderato, polo equidistante dalla Destra e dalla Sinistra di storica costituzione, la scelta obbligata, per le diverse “correnti” che lo componevano, ha portato, su due fronti contrapposti, persone con bagaglio politico comune. La scelta di Tommaso Ginoble è stata la Sinistra, depositaria di valori comunque legati alla tradizione, dove la responsabilità di governare non può prescindere dalla memoria. Nelle sue parole, la critica è rivolta soprattutto a quelle situazioni in cui alcuni suoi colleghi parlamentari indulgono, a giustificare abusi o inadempienze, in dichiarazioni quali: “Non ricordo, non ne ero a completa conoscenza, non sapevo di cosa si trattasse”, sintomo a sua parere di “sciatteria politica”. On. Ginoble, da assessore a deputato. Quali sono le differenze del fare politica? “Sono due aspetti dell’impegno politico molto diversi tra loro. In Regione o in ambito locale il compito di un amministratore è soprattutto quello di risolvere i problemi di un territorio circoscritto, di cui si conoscono le peculiarità, le risorse e i bisogni. In Parlamento è un ruolo prettamente
Il parlamentare della Sinistra legislativo. Arricorda il suo esordio ricchisce ancora di più il e tira le somme delle sue mio bagaglio di esperienze. Quando ho iniziato, nell’85, mai avrei esperienze immaginato di raggiungere tanti ruoli diversi e di grande prestigio, che io accetto come un dono e che non cambiano il mio essere una persona comune”. Come può il centro sinistra superare le sue divisioni interne e fare un’opposizione costruttiva e utile al Paese? “Se si riuscisse ad evidenziare, una volta per tutte, le ragioni dello stare insieme e a lasciar perdere i motivi di contrasto, se comprendessimo che il Paese ha, ora più che mai, bisogno di un centro sinistra che legga e interpreti i disagi e i bisogni, le attese e le richieste dei cittadini, potremmo correggere il malcostume, la sciatteria dell’attuale momento politico. Un momento politico davvero difficile per chi crede ancora nei valori fondamentali della democrazia. C’è da ridefinire il rapporto tra le varie anime della sinistra, ed elaborare un comune obiettivo. Con l’Italia dei Valori, con il resto della sinistra massimalista e delle forze di centro per poter dar corpo ad un progetto valido di alternanza”. Roseto degli Abruzzi è la sua città. C’è anche, tra i suoi progetti, quello di diventarne sindaco? “Non c’è dubbio che fare il sindaco della città che amo di più mi piacerebbe, ma
al tempo stesso mi sembrerebbe di mancare di rispetto verso coloro che in questi anni vi hanno lavorato più di me, e hanno la giusta e legittima ambizione di concorrere a questa carica. Vedremo di fare la scelta migliore”. Nasce a Roseto degli Abruzzi (Te) nel 1953, dove risiede, è sposato con un figlio. Dal 1995 al 2002 ricopre la carica di segretario provinciale del Ppi (Partito popolare italiano) a Teramo. La sua carriera politica inizia nel 1985 come consigliere comunale del Comune di Roseto degli Abruzzi, primo eletto nelle file della Dc. Fino al 1997 è amministratore della sua città, ricoprendo le cariche di assessore ai Lavori pubblici, assessore all’Urbanistica, nonché quella di vice sindaco. Nel 2000 è eletto, con la lista del Ppi, circoscrizione di Teramo, consigliere regionale della Regione Abruzzo. Nel 2005 è confermato consigliere regionale, nella lista “La Margherita”. Nel 2008 è eletto al Parlamento nelle liste del Pd.
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L’assessore provinciale Renato Rasicci e i detenuti
“Vediamoci in fattoria” Numerosi i progetti nel settore del sociale, ma con un occhio puntato sull’erosione della costa e sul turismo di
Mira Carpineta
Dottor Rasicci, ad un anno dall’insediamento di questa giunta provinciale, quali sono i programmi realizzati ? “Premesso che un anno è un tempo relativamente breve per poter fare bilanci, sicuramente però è possibile analizzare il percorso intrapreso. Per quanto riguarda il settore di mia competenza e la situazione economica non brillante della Pubblica Amministrazione in genere, posso dire che qualche situazione è stata affrontata, e direi anche in modo positivo. Ad esempio, per il sociale, a fronte di un debito di circa 2 milioni di euro per i servizi di trasporto e assistenza disabili, si è riusciti a ri-
Renato Rasicci
durne il disavanzo di circa 500.000 euro. Con il governatore Chiodi dovremo nei prossimi giorni definire le quote di competenza tra Provincia e Regione. Ancora in questo ambito, sono stati selezionati dei progetti, come le fattorie sociali o gli istituti di mediazione culturale, già in fase di attuazione. Ad Alba Adriatica, infatti, a seguito dei disagi e delle proteste scoppiate all’indomani del delitto Fadani, è sembrato necessario intervenire, soprattutto nelle scuole, con una iniziativa che attraverso la mediazione culturale sia anche in grado di monitorare le situazioni più a rischio allo scopo di prevenire episodi tragici come quello citato. Altra importante iniziativa sociale è stata l’istituzione del centro “La Fenice” che si occupa della violenza sulle donne. Il centro è stato ulteriormente potenziato con l’incremento del personale applicato, psicologi e operatori. Con la fattoria “Rurabilandia”, della fondazione “Ricciconti” di Atri, abbiamo invece avviato un progetto di recupero per detenuti. Otto di essi, infatti, lavoreranno alla fattoria durante il giorno, e la sera faranno ritorno alla Casa Circondariale, seguiti da personale e mezzi della Provincia che ne cureranno il trasporto e la formazione”. Quali sono invece i programmi ancora da realizzare? “Per il sociale abbiamo in fase di ultimazione, a Villa Brozzi, un centro diurno per l’accoglienza post scolastica di
ragazzi disabili, che potranno trascorrere le ore del doposcuola in attività di tipo creativo, manuale e ludico. Con il dott. Albanello e Federfarma stiamo invece realizzando “Farmacie in ascolto”, creando nelle farmacie punti di ascolto detti anche “angoli del benessere psicofisico”. Sono nove le farmacie coinvolte e selezionate in tutto il territorio provinciale, per la prima fase”. Oltre il sociale, quali sono altri punti di attenzione nella nostra provincia? “Tra i problemi da affrontare in senso più generale c’è ad esempio l’erosione marina. Su questo argomento e per studiare un più vasto intervento sia sul territorio che sulle prospettive del turismo e delle risorse, è nato uno studio affidato al prof. Colloca dell’Università Roma Uno, che verificherà lo stato del territorio costiero da Martinsicuro a Silvi. Non dobbiamo dimenticare che la nostra provincia, per la sua naturale collocazione è ricca di risorse naturali e culturali, e che investire sul territorio e sulla sua cura, tutelando le aree di maggior interesse storico- naturalistico, non può che accrescere il nostro patrimonio comune e l’offerta turistica”. Nato nel 1956 a San Benedetto del Tronto, vive ad Alba Adriatica. è medico odontoiatra, professore presso l’Università degli Studi de L’Aquila. Eletto alle ultime elezioni amministrative nella giunta provinciale di Teramo per il PdL, ricopre l’incarico di assessore alle Politiche Sociali, nonché di vice presidente.
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Val Vibrata tra amore e politica Intervista a tutto tondo a Emiliano Di Matteo, ex presidente dell’Unione dei Comuni di
Manolo Ciprietti
Ben pochi sanno fondere l’impegno politico e sociale all’amore della propria terra. Emiliano Di Matteo è uno di quei pochi. Anche se non lo esprime a chiare lettere, dalle sue parole emerge un affettuoso intento politico nei confronti della Val Vibrata, terra inespressa di risorse di ogni genere, dal turismo al settore commerciale sopra ogni cosa. In qualità di ex presidente della città territorio Val Vibrata le chiedo, qual è lo “stato di salute” di questa zona? “La Vibrata è un “soggetto” che ha i suoi problemi, i suoi “acciacchi” come un po’ tutti. Tuttavia non la vedo assolutamente come un “malato terminale” o “irrecuperabile”.
Emiliano Di Matteo
A cosa sono dovuti i questi “acciacchi”? “In questo momento la Val Vibrata è in una situazione di difficoltà in linea purtroppo con le difficoltà della nostra regione e ovviamente dell’intera nazione. Trattandosi di una zona produttiva che ha fatto sempre dell’attività d’impresa la propria essenza, la propria spina dorsale, dal momento che viviamo un periodo di grossa crisi nazionale e internazionale, è ovvio che la Val Vibrata non può non risentirne”. Quali misure crede sia necessario prendere per sanare la Vibrata? “Io credo che in Vibrata dobbiamo innanzitutto cercare di conservare ciò che già c’è e funziona bene. Mi riferisco alla salvaguardia del Gruppo ATR e dei suoi lavoratori mediante la concessione degli ammortizzatori in deroga. È un impegno preso dalla Provincia e dalla Regione al fine di tutelare l’azienda, che è un evidente punto di riferimento del panorama industriale della vallata, e di far sì che questa torni ad essere la compagine industriale di un tempo; siamo fiduciosi soprattutto dopo la pubblicazione dei bandi di vendita. Seguendo questa linea, credo sia necessario, come d’altra parte la Regione sta facendo con il bando “lavorare in Abruzzo” – ma esiste anche qualcosa di più specifico per la Vibrata, riconosciuto come uno dei poli produttivi regionali –, supportare le piccole imprese che rappre-
sentano il nerbo della nostra società”. Cosa fare, quindi, per sostenere le imprese? “Innanzitutto, ed è quello che stiamo facendo, far fronte alla politica occupazionale mediante incentivi per le assunzioni. Poi facilitando l’accesso al credito e in questo senso alcune leggi sono al vaglio delle commissioni consiliari. L’accesso al credito per le piccole e medie imprese, che si vedono costrette a far fronte a richieste delle banche eccessive e spesso insuperabili se non dalle grosse aziende, è una prerogativa indispensabile per il rilancio dell’economia. Inoltre accanto al sostegno all’occupazione e all’accesso al credito sta l’innovazione tecnologica. Questa insieme con la riqualificazione dei lavoratori, che avviene naturalmente attraverso la formazione professionale, rappresenta lo slancio necessario per la valorizzazione delle risorse per il territorio vibratiano”. …e per rilanciare l’economia. “Io credo che il salto di qualità a livello produttivo avverrà quando riusciremo a creare un prodotto di altissimo livello, quasi di nicchia. La produzione di massa infatti appartiene ormai ad altri mercati e “palcoscenici” che non sono più i nostri. Pertanto non solo il made in Italy, ma anche il made in Vibrata diventa fondamentale per il rilancio della nostra economia”. Lo stesso discorso vale per il turismo. “Il lavoro e l’economia possono essere rilanciate sicuramente potenziando l’offerta turistica. La quale deve però passare attraverso la salvaguardia della costa da un punto di vista ecologico, cioè intensificando gli interventi che già quest’anno abbiamo attuato affinché se ne impedisca
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Nasce a S. Benedetto del Tronto il 7 ottobre 1971, segue gli studi di scuola superiore che lo porteranno alla maturità classica prima e alla laurea in giurisprudenza all’Università degli studi di Teramo dopo, ottenendo anche l’abilitazione all’attività forense. Il suo impegno politico, che si racchiude in poche ma significative tappe, ha inizio nel 1999 quando viene eletto consigliere provinciale nel collegio S. Egidio alla Vibrata – Ancarano – Torano Nuovo. Successivamente, nel 2001, viene eletto sindaco del Comune di Ancarano alla guida della lista “Civica Ancaria”. Dal 2003 al 2004 ricopre l’incarico di capogruppo di Alleanza Nazionale nel consiglio provinciale. Nel 2006 viene rieletto sindaco alla guida della medesima lista con circa l’80% dei consensi da parte della popolazione cittadina. Riceve nel febbraio 2007 la nomina di presidente della città territorio Val Vibrata, Unione dei Comuni (precedentemente vicepresidente sotto la presidenza Iustini) che raggruppa 12 comuni per una popolazione di 70.000 abitanti circa.
l’erosione, e accrescendo quel processo, che fortunatamente è partito, di “sistema integrato” dove il turismo venga visto non più come una prerogativa della zona costiera ma abbracci il territorio nella sua interezza. Per far questo però c’è bisogno di perfezionare i servizi e le infrastrutture per meglio collegare la costa con l’interno della regione e abbassare i tempi di percorrenza da un luogo all’altro”. Quali sono a suo dire, parliamo d’ambiente, le sfide maggiori che la Val Vibrata deve affrontare? “In materia d’ambiente si presenta il grosso problema dei rifiuti come regione e, più da vicino, come provincia nel vibratiano. Siamo troppo indietro nei sistemi di smaltimento. Non è possibile pensare che tutto si possa risolvere con le discariche”. Quale soluzione? “Personalmente non credo nei mega impianti. Ritengo piuttosto, come avviene in Europa, che debba essere applicato un po’ ovunque in questa regione il principio di “prossimità del rifiuto”, ossia lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato il più vicino possibile da dove è stato prodotto. Questo permetterebbe un forte abbattimento dei costi ai comuni, con conseguente riduzione delle tasse che attualmente i cittadini pagano, e renderebbe la raccolta differenziata non più un esercizio virtuoso fine a sé stesso ma qualcosa di utile e concreto. In sintesi, in materia ambientale, sul piano dei rifiuti, io ritengo che si giochi una partita importante. È evidente invece che oggi tutto viene assorbito dallo smaltimento dei rifiuti che è diventato un mostro che fagocita tutto e che, stando così le cose, non permette agli enti di risparmiare e predisporre di risorse che potrebbero essere impiegate, per esempio, nella difesa del suolo per
quanto riguarda la mitigazione del rischio geologico o nel risanamento dei fiumi”. Davvero una grande prova da affrontare. Ma ancor più grande e sensazionale è la sfida delle recenti scoperte in campo scientifico ottenute dallo scienziato abruzzese Fabio Cardone in primis e rese note dal Consiglio Nazionale delle Ricerche che intravedono sviluppi importanti. Di cosa si tratta? “Recentemente è sorto un nuovo filone avviato in consiglio regionale con una risoluzione, di cui sono il primo firmatario, che prende le mosse da un brevetto del Cnr, sostenuto anche dall’Enea, che prevede la possibilità di sviluppare una ricerca scientifica volta alla produzione di energia nucleare pulita. Si tratta sostanzialmente di energia liberata sotto forma di neutroni da un elemento sottoposto a sollecitazioni ultrasoniche. Queste reazioni ultrasoniche sono importanti, e qui sta la scoperta, perché permettono di decontaminare un elemento della sua radioattività liberando allo stesso tempo energia pulita”. Ma occorrono molti fondi… “Per questo abbiamo approvato la risoluzione per chiedere che in Abruzzo venga creato un centro ricerche attraverso provvedimenti legislativi e con l’utilizzo dei fondi europei affinché si passi dalla fase della scoperta a quella dello sviluppo e dell’applicazione nei vari campi di cui abbiamo già detto”. Sul fronte sicurezza, come arginare questa ondata di violenza anche in Val Vibrata e tutelare i cittadini?
“Oggi assistiamo ad un fenomeno di immigrazione massiccio, non solo di extracomunitari ma anche di persone provenienti da tutta Italia, che ha fatto sì che la realtà dei nostri comuni sia profondamente cambiata. Pertanto il potenziamento delle caserme dei carabinieri, l’istituzione di un commissariato di polizia sulla costa – che faccia da completamento a quanto già fanno le caserme e all’impegno dei propri uomini – nonché la riqualificazione della polizia municipale attraverso l’associazione di comuni, sono le tre ricette che ritengo dover applicare subito per dare una risposta forte e non fare sentire il cittadino solo di fronte ai pericoli che purtroppo l’attuale società quotidianamente presenta”. Di recente si è parlato molto dell’ospedale di S. Omero conteso tra chi lo vuol mantenere un presidio pubblico e chi lo vuol vendere ai privati. Lei da che parte sta? “Rispetto alle varie ipotesi non sono pregiudizialmente contrario a nulla, purché la finalità sia quella del potenziamento dell’ospedale che tra le altre cose deve passare per il riordino della rete sanitaria e ospedaliera regionale. Rispetto agli scenari prefigurati, in collaborazione con altri medici, ho anche lanciato la proposta di individuare nell’azionariato popolare un buon partner per la gestione dell’ospedale che potrebbe far pervenire nelle proprie casse nuove risorse e possibilità, dall’assunzione del personale all’acquisto di macchinari moderni. Si tratta di una sfida affascinante, non semplice da realizzare. Eppure ritengo che se c’è una parte della nostra provincia e forse dell’intera regione che può cimentarsi in questo tipo di sfide questa è senz’altro la Val Vibrata, più delle altre e meglio delle altre. Sotto questo punto di vista non ci faremo cogliere impreparati”.
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“L’olio della solidarietà” di
Raul Ricci
Il progetto dell’associazione Ricciconti di Atri compie un anno e guarda già al futuro
Un luogo distante mille anni luce dal caos urbano che si snoda a poca distanza, un casolare che si erge nella campagna di Atri. Rurabilandia è un progetto dell’associazione Ricciconti alternativo alle formule classiche di ricezione e di aiuto alle categorie più svantaggiate, quali persone diversamente abili o bisognose. Un modo nuovo di concepire l’idea di integrazione che, ci si augura, farà scuola molto presto. Inaugurata nel settembre del 2008, la struttura è un centro diurno di riabilitazione sociale per giovani in situazione di handicap, per dare un aiuto concreto alle loro famiglie, divenendo un vero e proprio laboratorio di integrazione della disabilità col resto del mondo. Il lavoro è l’elemento cardine del progetto, il punto attivo col quale i giovani disabili interagiscono col mondo esterno. La struttura, che funge anche da agriturismo, offre la possibilità a questi ragazzi di inserirsi innanzitutto lavorativamente, sia nelle attività agricole della fattoria sia in quelle di ristorazione. Le innumerevoli iniziative di Rurabilandia portano i bambini delle scuole elementari della provincia a scoprire le particolarità delle produzioni agricole, dove gli stessi ragazzi del centro si impegnano a spiegare le varie fasi di coltivazione e di allevamento. Una empatia che va ben oltre il rapporto con i più piccoli e che si estende anche ai più disagiati. è da poco iniziato, infatti, “L’olio della solidarietà”, un’iniziativa voluta fortemente con il carcere di Castro-
gno di Teramo per dare la possibilità a otto detenuti di lavorare nell’azienda per 4 giorni al mese. Un vero e proprio scambio culturale con i ragazzi del centro, che da parte loro hanno anche allestito una manifestazione teatrale dentro le mura della casa circondariale. Rapporti veri, alcuni addirittura epistolari, che si sono andati creando tra due categorie “speciali”, distanti nelle problematiche, ma vicini nel bisogno di socializzazione. Come coronamento di un anno vissuto intensamente, la ciliegina sulla torta è stata la realizzazione dell’ennesimo progetto sperimentale, quello della creazione di un periodico informativo e di approfondimento interamente prodotto dai ragazzi interni del centro con il coordinamento dell’ Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo. Una volontà di inserire nel campo giornalistico i
soggetti che hanno una normale abilità tale da garantire loro autonomia psico-intellettiva, con la possibilità, per chi prenderà l’esperienza con serietà, di iscriversi tra due anni all’ordine stesso. Un’idea, quella di Rurabilandia, fortemente voluta e realizzata dal presidente uscente Roberto Prosperi e dai due veri coordinatori, l’agrotecnico Luciano e la sociologa Maria. Un impegno che, nonostante stia per compiere appena il secondo anno di attività, ha già dato molto nel campo del volontariato e del sociale, tracciando un solco importante nel terreno della integrazione tra mondi paralleli e spesso incompresi, un solco che ci si augura possa diventare sempre più strada maestra per il futuro.
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luglio2010
Speciale scuola
Tra luci e ombre Incontro con Lantino Romani, responsabile dell’ufficio scolastico provinciale di Teramo di
Ropel
è vero che cambierà questo ufficio: come denominazione o come competenze? “No, le competenze rimangono quelle che abbiamo attualmente, l’unica cosa che stiamo cambiando è il nome che diventa Ufficio Settimo, ambito territoriale di Teramo. Secondo un decreto del ministro Gelmini che ha stabilito per l’ufficio scolastico regionale sette uffici e di questi quattro riguardano gli ambiti territoriali della provincia”. La scuola teramana si può considerare sana, nonostante qualche problema qua e là? “La stampa in questi ultimi tempi praticamente ha messo in luce alcuni episodi che sono successi nelle scuole. La magistratura sta controllando e verificando, noi siamo attenti a queste situazioni. In linea di massima la scuola è sana. Certo su cinquemila docenti, qualche incidente può anche capitare”. A proposito di numeri, qual è la situazione, quindi con gli effetti che poi ne conseguono sia sul piano del lavoro che su quello dell’organizzazione, fra dirigenti, docenti e alunni della provincia di Teramo? “Cominciamo a parlare dei dirigenti e quindi anche della razionalizzazione delle istituzioni scolastiche. Il ministero ne ha rilevate ben 45 sottodimensionate, delle 292 presenti nella regione Abruz-
zo. Per cui, abbiamo realizzato un piano triennale di rientro, togliendo le scuole al di sotto dei parametri. Abbiamo avviato due anni fa la razionalizzazione di ben 19 presidenze con accorpamento delle scuole a livello regionale. Già prevista per l’anno scolastico 2009/2010 una ulteriore razionalizzazione specialmente per le superiori da far coincidere con i nuovi indirizzi della riforma delle superiori, purtroppo non abbiamo fatto in tempo. Per
“Abbiamo avuto un calo alle superiori, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia abbiamo avuto un aumento” il prossimo anno in programma la razionalizzazione di ben 26 presidenze. Con i pensionamenti dei dirigenti scolastici abbiamo in provincia di Teramo dieci posti vacanti. Gli alunni, in totale, sono 41900 così distinti: per infanzia (7490), nella primaria (13700), nella media (8753) e nelle superiori (11919)”. Le variazioni più significative?
“Abbiamo avuto un calo alle superiori, invece per quanto riguarda la scuola dell’infanzia abbiamo avuto un aumento perché alcune scuole private hanno chiuso per problemi economici, per cui i ragazzi si sono riversati nelle scuole pubbliche. Per i docenti, avevamo previsto e ‘codificato’ 584 posti (organico di diritto) e 95 (organico di fatto), ma c’è la previsione di dover perdere circa 160 posti (oltre i circa 100 del personale ATA). L’unica soluzione sarà il necessario accorpamento di classi”. Tra le varie problematiche della scuola, c’è sicuramente quella relativa ai soggetti diversamente abili o portatori di handicap. Qual è la realtà in provincia di Teramo per gli insegnanti di sostegno? “Abbiamo 1081 ragazzi disabili, ufficialmente riconosciuti, che sono in tutte le scuole in ogni ordine e grado. In organico di diritto quest’anno ci sono 382 posti docenti, in organico di fatto avremo una ripartizione a livello regionale di circa 450 posti. In provincia di Teramo sicuramente un centinaio di posti in più; quindi andremo a riequilibrarci rispetto all’anno scorso. Naturalmente il numero dei ragazzi è aumentato e quindi non riusciamo a sopperire a tutte le richieste. Purtroppo le esigenze e le richieste dei ragazzi sono sempre in aumento”. Come si risolve?
“L’anno scorso con i fondi del terremoto siamo riusciti a istituire ulteriori posti su tutto il territorio, non solo del cratere sismico. Quest’anno, il direttore generale Carlo Petracca sta adoperandosi per riuscire ad ottenere fondi per sopperire a queste necessità veramente impellenti. Praticamente, è una risorsa e una qualità nella scuola l’inserimento sia dei diversamente abili che degli stranieri”. A proposito di realtà non ordinarie, ci sono progetti, iniziative prese dai singoli istituti o favoriti complessivamente da un osservatorio privilegiato come questo dell’ufficio scolastico provinciale? “In provveditorato, abbiamo figure professionali ad hoc nell’ufficio studi che vigilano un po’ su questa attività e facciamo anche da coordinamento. Certe attività le facciamo direttamente con gli enti. Ad esempio nella sanità, progetti di educazione alimentare e di prevenzione li facciamo con la Asl; con l’Aci, Provincia, e con il comune di Teramo, realizziamo progetti veramente significativi di educazione stradale. Qualche mese fa abbiamo avuto il progetto Icaro, diffuso a livello nazionale, che ha ‘fatto sosta’ qui a
Teramo, ed è stata una bellissima manifestazione”. A proposito di iniziative particolari, c’è qualcosa su cui avete puntato, ad esempio il bullismo. “Sul fenomeno del bullismo abbiamo un osservatorio regionale con rappresentanti anche locali, e cerchiamo di toccare questo argomento perché tante volte accadono fatti del genere e noi non ce ne accorgiamo, anche all’interno della scuola. Avere classi numerose crea problemi”. Un ultimo aspetto, parlando di scuole. Le competenze degli enti locali relative alle strutture sono rimaste, però alcune scuole purtroppo non sono a norma, altre hanno carenze di edilizia. Come agisce il provveditorato nei confronti degli enti locali? “L’anno scorso siamo stati chiamati dalla Corte dei Conti per una conferenza e ci hanno dato la documentazione relativa allo status della situazione. Molte scuole non sono a norma, altre non hanno certificati di agibilità. Stiamo adoperandoci proprio per cercare di fare il possibile perché la sicurezza dei ragazzi ci preme. Il problema dell’agibilità è perché sono edifici costruiti molti anni fa poi, dopo il
terremoto 2009, è cambiata la normativa per l’adeguamento, ed è quasi un rincorrersi fra nuove norme. Alcuni sindaci sono venuti anche qui, hanno la possibilità di un intervento, però la normativa già comincia ad essere più rigida, per cui l’intervento che hanno programmato non va più bene”. Per paradosso potrebbero essere in mezzo alla strada migliaia di studenti perché non hanno la sicurezza? “Il problema sicuramente c’è. Naturalmente stiamo lavorando con le superiori e con la Provincia che si sta adoperando adeguatamente”. Ha un sogno del cassetto? “Dopo una trentina d’anni che sto lavorando qui posso dire di essere una memoria storica della provincia di Teramo, perché credo di essere uno dei più anziani. La mia disponibilità è totale, tanto è vero che ho un centinaio di giorni di ferie arretrate, col sospetto di poterne beneficiare quest’anno. I sacrifici che faccio spero che servano al benessere della popolazione scolastica. Il sogno nel cassetto sarebbe quello di un giusto riconoscimento, dopo nove anni di gestione di questo ufficio”.
Speciale scuola
Una riforma in cammino di
Mira Carpineta
Un altro difficile anno scolastico è stato archiviato. Tra le sudate carte, studenti, insegnanti e pubblici amministratori tirano le somme dell’ennesimo tentativo di conciliare esigenze, progetti, risorse. La tanto discussa riforma Gelmini ha avuto il suo battesimo del fuoco, e i risultati continuano ad alimentare discussioni e polemiche. Gli studenti lamentano carenze strutturali e di supporti didattici chiedendo l’adattamento dell’apparato scolastico all’evoluzione della società. Gli amministratori, ossessionati dai bilanci di spesa, si esibiscono in virtuosismi matematici, tagliando e spostando numeri da una colonna all’altra, che si concretizzano poi nell’atto operativo di insegnanti sempre più mobili e precari. L’Invalsi è l’ente di ricerca che effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa degli istituti di istruzione e formazione professionale, in particolare gestisce il Sistema Nazionale di Valutazione. Le prove sostenute da tutti gli studenti italiani hanno di fatto evidenziato un livello culturale non brillante, in particolare è stata rilevata una oggettiva difficoltà all’uso della logica nell’elaborazione delle risposte. Questo metodo si compone infatti, di una serie di quesiti in forma di test con risposte chiuse, cioè da scegliere tra più opzioni, o aperte cioè da completare con nozioni proprie. Tali modalità prevedono quindi l’utilizzo di ragionamenti logici per la scelta delle risposte appropriate. I risultati, deludenti, hanno ulte-
riormente spaccato il mondo accademico in due distinte fazioni, tra quelli che vedono in questo strumento una chiara chiave di lettura della qualità culturale della scuola italiana e quelli che la ritengono insufficiente alla valutazione di studenti, che sono anche persone con caratteristiche, attitudini e peculiarità non standardizzabili. Da qui la difficoltà, per molti insegnanti, di stabilire i parametri di valutazione oggettivi e soggettivi per un effettivo giudizio di merito. Molti di loro, infatti, si sentono “costretti” all’utilizzo di “tabelle” di riferimento che si traducono a volte in voti espressi in virgole e centesimi. Altra obiezione tra i docenti riguarda il passaggio troppo repentino tra un metodo e l’altro: “Sarebbe stato utile un passaggio graduale, con modifiche introdotte in momenti successivi, così come il riassetto dell’organigramma del corpo docente, una categoria sempre più precaria, sempre più privata di strutture e supporti. – spiega Paolo, insegnante in un istituto tecnico – è difficile coordinare classi di 30 alunni, laddove ci sono anche situazioni di handicap o di soggetti a rischio, senza insegnanti di sostegni o mediatori culturali. Ci sono realtà in cui gli enti locali offrono l’aiuto di operatori del servizio civile, ma non sono la regola, mentre invece il loro contributo è molto utile”. Tra le positività dei cambiamenti introdotti dalla riforma, il voto di condotta che incide sulla media pare che abbia avuto un effettivo successo, con l’aumento della frequenza scolastica e la diminuzione di “turbolenze comportamentali”.
Speciale scuola
La mia pagella Questa è la tipica domanda che mi viene posta alla fine di ogni anno scolastico. Quest’anno però è stato diverso, perché ho appena finito il primo anno di scuola superiore e lì le cose sono differenti in tutto e per tutto. Frequento il liceo Scientifico Tecnologico, e come tutti gli altri studenti sono andata a vedere i quadri di valutazione. Posso dire di essermela cavata piuttosto bene, per il primo anno, insieme a molti miei amici, anche se qualcuno ha avuto un po’ di difficoltà. Nella mia classe, infatti, non sono molte le persone che sono riuscite e superare l’anno senza problemi, perché la maggioranza ha riportato almeno un debito da recuperare a settembre, mentre una sola persona è stata proprio bocciata. Valutazioni ancora più gravi ci sono state in una classe frequentata da una mia amica del liceo Socio-Psico-Pedagogico, dove le bocciature hanno dimezzato una classe di una ventina di ragazze. Altri
miei amici, invece, più grandi di me, hanno riportato esiti decisamente più brillanti.. Direi comunque che, volendo fare una media, i risultati non sono eccellenti, ma potrebbero migliorare, visto che il numero di bocciati e rimandati è diminuito sensibilmente quest’anno. Spesso i responsabili sono proprio gli studenti “ciuchi”, d’accordo, però anche alcuni insegnanti (pochi per fortuna) non fanno nulla per venirci incontro. Ci fanno “affondare con la nostra nave senza lanciare un salvagente” ed è veramente brutto sapere che le persone che dovrebbero forgiarci e plasmare la nostra cultura per il futuro, non ci aiutino quando davvero ne abbiamo bisogno. Per fortuna, non sono tutti così. Ci sono anche persone fantastiche, dall’altra parte della cattedra, che ti sollevano, ti rassicurano e ti fanno affrontare serenamente la scuola, senza farti camminare sul filo
del rasoio, spesso anche facendoti fare cento interrogazioni pur di arrivare a una sufficienza stiracchiata! Il torto e la ragione stanno sia dall’una che dall’altra parte, dalla nostra e dalla “loro”. Però la cosa che dovrebbero capire molti insegnanti e studenti è che questa è la scuola, e dobbiamo conviverci per gran parte della nostra vita. Per questo io credo sia giusto trascorrere questo tempo nel modo più sereno possibile, cercando di risolvere i problemi invece di aggravarli. è il mio punto di vista, quello di una studentessa che si chiede cosa ritroverà a settembre, nella stessa scuola, con le stesse persone e tra gli stessi banchi. Ilaria F.
Speciale scuola
Un “rito” chiamato maturità di
Antonella Lorenzi
Esami di maturità. Giovani al bivio: scegliere di lavorare, di un lavoro che poi non si trova o la scelta difficile di una facoltà che permetta di realizzarsi. Dalla lettera di una ventenne al primo anno di Università, che scrive del suo timore di lasciare il “nido” sicuro tra le mura di casa, parte la nostra riflessione. Insieme alla psicologa Emanuela Torbidone che ci aiuta a capire i nostri ragazzi. Dubbi, limiti, incertezze e poca voglia di compromesso dei giovani adulti. “Ricordo ancora il mio esame di maturità. Ciò che poteva tranquillizzare di più un maturando, era parlarne con gli amici che già avevano fatto l’esame l’anno prima (più era recente e meglio era).. le solite frasi corrono ancora per la mia testa “Ma alla fine il tempo vola, passi un’ora e nemmeno te ne accorgi”; “Sai, non ricordo nemmeno cosa mi hanno chiesto”; “Alla fine se sei ammesso all’esame poi te lo fanno passare in tutti i modi”.. ma la cosa più importante per me, era vederli ancora vivi. Ebbene si, grandissima rivelazione, l’esame di maturità non ha mai ucciso nessuno. Tocca a tutti gli scolari, e quel fatidico giorno prima incute timore, poi non vedi l’ora che arrivi in attesa di quella liberazione che si può provare solo quando lo stress accuratamente accumulato in qualche mese svanisce in un’ora.” Cercando nel dizionario la parola “maturità” si legge: 1-“Periodo che sta tra la giovinezza e la vecchiaia; età adulta” 2- “Diploma statale di scuola media superiore; l’esame per conseguirlo”. C’è da
Le paure e le domande attraverso la voce dei protagonisti e degli esperti. aggiungere inoltre che la maturità si consegue intorno ai 18 anni, di conseguenza è facile intuire che il diploma rappresenta simbolicamente quasi come un “rito” di iniziazione. Ma la “maturità psicologica” coincide con l’esame di maturità? “La liberazione... mi sentivo irrefrenabile, l’esame l’avevo dietro alle spalle, finalmente mi sarei goduta l’estate senza materie da studiare e il peso sulla coscienza che a Settembre ricominciava la solfa e dovevo ripresentarmi preparata ad un nuovo anno, dimostrare di aver speso una parte della mia estate sui libri. Ma questa irrefrenabilità, non dura tutta l’estate.. il senso di responsabilità comincia a veicolare sulla tua testa, e a lui non puoi sfuggire. Si comincia col sentirsi soli. A chi ti appoggi?” (…) “L’appoggio stabile, il tuo nido sicuro non ha più un’aula da offrirti... ormai l’esame l’hai fatto e sei stato pure promosso... mica puoi ripresentarti alle superiori! Inconsciamente il panico comincia a farsi strada... E adesso che si fa? L’università quando comincia? Dove sono i nuovi libri da comprare?” La maturità rappresenta uno scoglio e allo stesso tempo un traguardo. Un traguardo che non ha risposte in sé, anzi, pone il giovane adulto di fronte a nuove domande. Spesso è vista come un punto fermo, ma concretamente è un altro punto di partenza: ancora tutta la vita da decidere. La scuola dell’obbligo, con i suoi obblighi appunto, rappresenta un porto sicuro con argini entro cui operare, un percorso che, seppur pesante, è già strutturato e definito: il
professore che periodicamente interroga, le giustificazioni per le assenze, la consegna delle pagelle. La scuola dell’obbligo pone delle regole precise e dei limiti da rispettare, un percorso strutturato dentro cui procedere. Con il superamento degli esami arriva il tempo dell’euforia e dei festeggiamenti ma, inevitabilmente, alla fine dell’estate una domanda torna a imporsi alla coscienza: “che direzione voglio dare alla mia vita?”. Inizia una fase più riflessiva, in cui si sperimenta la solitudine, essere adulti infatti vuol dire fare scelte e darsi una direzione. Prima erano i grandi a indicare la strada, a volte a imporla… con l’età adulta ci si assume la responsabilità delle proprie scelte e in questa responsabilità di sé stessi si è soli… si possono raccogliere consigli, si può avere l’illusione di appoggiare la decisione ad altri ma si è soli con la responsabilità della propria scelta, a tale proposito sono calzanti le parole del cantante Ligabue in sua nota canzone: Questa è la mia vita Se ho bisogno te lo dico Sono io che guido Io che vado fuori strada Sempre io che pago Non è mai successo Che pagassero per me Nelle decisioni si è soli, perché soli poi si subiscono le conseguenze delle proprie decisioni. Un genitore o un amico può essere dispiaciuto, può soffrire di riflesso…
ma, appunto, è un riflesso. “Ma l’attesa per nostra fortuna non è eterna, e l’università comincia. Cominciano i corsi per l’esattezza, e tutto è molto più nuovo… non sei più tra una ventina di persone a prendere gli appunti, ma attorno hai un’aula di minimo 80 posti tutta occupata. Il professore parla addirittura col microfono affinché tutti lo possano sentire.
dei propri genitori che vogliono vedere la loro “ragazza” una professionista affermata, oppure è una scelta personale ed autentica? L’abbandono degli studi universitari è frequente nei primi casi poiché in un percorso così poco strutturato come quello universitario è facile perdersi e non portare a compimento una scelta
Il corso è diverso, scende più nello specifico, ti addentri completamente nella materia che hai scelto tu stesso.. ed è bellissimo. Finalmente un po’ ti senti in pace con te stesso, perché qualcosa stai facendo, non sei un nullafacente. A questo punto, devo dire che questo senso di giustificazione con sé stessi purtroppo per noi non è eterno. Le sessioni d’esami si stringono sempre di più in cerchi concentrici intorno a te. Ed è proprio questa la prova cangiante: ritornare alla solita routine prima disprezzata, poi tanto rimpianta.. lo studiare. Chiudere gli occhi alle giornate di sole, chiudere gli occhi a quel caffè in più con gli amici e rimanere seduto a concentrarsi su di un libro. è proprio in questo momento che, chi si è dilettato a far l’inetto prima, si trova davanti ad un bivio.. Se non fai gli esami, ti senti mortalmente in colpa.. le tasse da pagare non sono una passeggiata, e mettiamo pure in conto che le tasche sono quelle dei genitori”. Semplificando, due sono le strade che si possono intraprendere dopo la maturità: il lavoro o l’università. La ragazza che ha scritto questa lettera ha scelto di proseguire gli studi universitari e c’è da chiedersi in che modo abbia fatto questa scelta: sotto la pressione
che non corrisponde alle proprie attitudini o inclinazioni, inoltre è assolutamente normale sperimentare momenti di smarrimento in cui si mettono in dubbio le decisioni prese… sono momenti che possono permettere di dare una nuova direzione oppure di riconfermare quella intrapresa. Il compito più arduo dopo la maturità, indipendentemente che si scelga di proseguire gli studi o di entrare nel mondo del lavoro, è fare i conti con i propri ideali. Spesso gli ideali che i ragazzi hanno sono molto alti, a volte anche presuntuosi e poco attinenti alla realtà e alle loro effettive capacità. “L’Università non è come la scuola superiore. Non puoi più appoggiarti a questa, non c’è più il professore che ti prende per i capelli e t’interroga se hai “mancato” il compito. Se l’esame non l’hai fatto, se l’esame non l’hai superato, devi vedertela solo con te stesso. Piano piano ci si sente soffocare perché il peso sulle spalle comincia a farsi sentire. Ed è proprio questo il momento, la decisione va presa. Cosa devo e cosa voglio realmente fare della mia vita?” Qualunque sia la decisione questa giovane adulta diventerà sempre di più una protagonista consapevole della propria vita.
Dagli esami più temuti al debutto nella vita “vera”
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Missing – Scomparsi Un fenomeno in preoccupante aumento nel Teramano. Già 29 casi denunciati negli ultimi mesi di
Raul Ricci
Scomparire, dileguarsi nel nulla, lasciandosi alle spalle famiglia, lavoro, rapporti sociali, tutto. Tentare di cancellare il proprio nome dalla quotidianità nella quale si è vissuto fino a poco prima. Le motivazioni per un gesto così estremo possono essere molteplici, spesso riconducibili a un malessere familiare intollerabile, a disturbi della psiche, a reati illeciti di varia natura. Ma anche l’amore, in alcuni casi, può essere il motivo scatenante, in una coppia, per prendersi per mano e fuggire. Altrove, lontano dalla propria realtà. Il popolo degli scomparsi, secondo le stime governative del Viminale relative alle denunce effettuate dal 1974 ad oggi, sarebbe di un numero superiore a 91mila. Una vera e propria città di invisibili, che spesso svaniscono nel nulla, rendendo vane le ricerche disperate dei familiari al seguito. Programmi televisivi come Chi l’ha visto?, che si occupano proprio di casi come questi, tanto per intenderci, sono ormai nei palinsesti tv da molti anni. Un fenomeno italiano che dal 2008 è in crescita e ancora tutto da decifrare, che manifesta talvolta sfumature ancor più drammatiche, quelle della pedofilia o della vendita di minori (il rapimento della piccola Denise Pipitone), di presunti intrighi riguardanti presunti poteri occulti (la scomparsa di Stefania Orlandi in Vaticano), di omicidi risolti dopo molti anni (il ritrovamento dei resti di Elisa Claps). A Teramo? Lungi dall’immaginare scenari inquietanti da romanzo poliziesco, tuttavia, sono ben 29 i casi accertati di persone scomparse nella nostra provincia. E solo nell’ultimo anno e mezzo, esattamente nel periodo compreso tra il 1
gennaio 2009 e il 30 giugno 2010. Dati che bene fanno intendere quanto questo fenomeno spesso sottaciuto dai media sia presente anche nel nostro territorio. Scomparse temporanee che hanno avuto (quasi) tutte un lieto fine, ma che sono il sintomo nascosto e sempre più sentito della necessità di alcuni di oltrepassare la linea di confine della quotidianità per fuggire via. Un fenomeno che riguarda molti e che abbraccia diverse sfere sociali, in gran parte disagiate: gli italiani come stranieri, i minorenni in cerca di emozioni forti come gli uomini e le donne. Tutti con il comune obiettivo di far perdere le tracce di sé. Delle denunce di scomparsa depositate presso la questura di Teramo, ventuno riguardano persone di nazionalità italiana (di cui 17 uomini e 4 donne), mentre le rimanenti otto vedono protagonisti gli stranieri (in questo caso, 6 donne e 2 uomini). Gli episodi che interessano minorenni sono nove, tutti che rientrano nel filone delle “fuitine d’amore”. In un solo caso si ha avuto invece un epilogo tragico: un uomo, 40enne teramano, trovato morto dopo diversi giorni presso
il lungofiume Vezzola, lo scorso ottobre, all’altezza del Ponte a Catena. Nessun giallo, una semplice fatalità dovuta a cause naturali. Episodi minori che simboleggiano tuttavia un malessere sociale che sta divenendo fenomeno sempre più allarmante, riguardante in particolar modo soggetti che frequentano strutture locali di ricovero dedite al recupero dalle tossicodipendenze, ma anche anziani troppo spesso abbandonati a se stessi e stranieri che fuggono dal proprio datore di lavoro dopo aver acquisito il permesso di soggiorno tramite un’assunzione. La fuga come gesto estremo d’amore da condividere con la propria amata, svincolandosi da un contesto che ne rinnega magari la dignità d’esistere evidenzia senz’altro l’aspetto più “romantico” della fuga, addirittura un fattore sociale ben più complesso se si parla (come in uno dei casi più recenti) di una giovane coppia di etnia rom. Se la percentuale è già considerevolmente elevata per un territorio come il nostro, è anche possibile ipotizzare che il numero di scomparsi nel Teramano possa essere ancora più alto, se si considerano eventuali altri casi di denuncia anche al di fuori della provincia e non registrati nel territorio. In un mondo sempre più tecnologicamente dotato, il paradosso è proprio questa capacità ancora possibile di sparire, talvolta nel nulla. Dileguarsi in una coltre fitta quanto profonde motivazioni personali che inducono ad un gesto estremo: cancellarsi, licenziarsi dal proprio ingombrante ruolo sociale, sradicare le proprie radici per ricreare lontano da qui (tentare di farlo) una nuova e forse più confortevole identità. Missing: scomparso.
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Il sapone della nonna Alla casa di riposo “G. De Benedictis”, dove affiorano antichi ricordi
Fra le molteplici attività svolte dagli ospiti della casa di riposo “De Benedictis”, la preparazione del sapone fatto in casa artigianalmente è un vero successo. Il laboratorio, promosso dalle animatrici che operano nella struttura, è riuscito a rievocare ricordi antichi. La produzione del sapone è risultata stimolante, non solo a livello manuale, ma anche psicologico. Infatti fare il sapone in casa è una occupazione creativa e ognuno offre la sua ricetta personale, mentre altri decidono di tenerla segreta. Non c’è una ricetta codificata, gli ingredienti anticamente erano quelli a disposizione dell’economia agricola, come il grasso di maiale. Alcuni profumi: edera, citronella e lavanda.
L’esecuzione è molto laboriosa, lunga, si impiega un’ora solo per il mescolamento del composto a freddo, necessita di collaborazione e i tempi di attesa favoriscono la socializzazione e il compimento di vari rituali codificati tra i quali, e non ultima, la benedizione. Il prodotto finale è unico e insostituibile, per un bel bagno rilassante con i profumi naturali dei nostri nonni. Vincenzo Castaldo
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Tra dialogo e letteratura Focolarini e islamici insieme scoprono un cammino parallelo con iniziative e attività di spessore di
Vincenzo Lisciani Petrini
Circa dodici anni fa alcune famiglie di San Nicolò a Tordino ebbero la prima occasione di confronto e dialogo con la comunità islamica di Teramo. Nasceva così un rapporto solido e duraturo, di stima e rispetto, i cui frutti non finiscono di stupire. Donato Fazzini, del Movimento dei Focolari, racconta alcuni episodi di questo dialogo speciale. Dodici anni fa cominciava il dialogo con la Comunità Islamica di Teramo. Quale è stata l’occasione? “L’inaugurazione di piazza Progresso a San Nicolò. Tra le varie iniziative fu organizzato dal parroco un momento di preghiera per la pace nel mondo a cui intervennero anche i musulmani. Fu un momento incredibile in cui si capì la necessità di incontrarsi e conoscersi”. Ma non vi siete fermati lì... “È nata subito la voglia di fare insieme qualcosa di importante per la città. Sono cominciati alcuni incontri con i responsabili della comunità islamica per decidere quale fosse l’iniziativa migliore. Fu così che nacque il concorso letterario “Diversi... ma Uno!” Quest’anno siete arrivati all’undicesima edizione. Come avete fatto ad arrivare così lontano? “Una cosa deve essere chiara: bisogna essere forti della propria identità per poter dialogare e accogliere. Altrimenti si vive nella paura di essere influenzati e plagiati, e non è possibile arrivare alla piena comprensione”. Immagino però che un rapporto così bello non si sia creato solo attraverso questo concorso. Donato Fazzini
“La vita quotidiana ha fatto sì che nascessero amicizie e che il rispetto reciproco crescesse sempre di pari passo con la conoscenza reciproca della propria cultura. Poi sono accadute molte cose: quando è nato il mio primo figlio, una coppia di amici musulmani è stata la prima a venirci a salutare. Quando è Natale
I relatori del concorso letterario “Diversi... ma Uno!”
ci danno i loro auguri che noi ricambiamo quando è il mese del Ramadan, e così via”. Che cos’è il rispetto di cui parli? “Direi per prima cosa che il rispetto non è timore, ma è andare oltre e voler bene ad una persona per quello che lei è, senza aspettarsi di cambiarla, senza neanche cercare di cambiarla secondo il proprio punto di vista. Questo rispetto, vissuto così, posso dire che rende liberi e toglie ogni pregiudizio. Nessuno mira a “modificare” l’altro e c’è molta reciprocità in questo”. L’integralismo è un argomento tabù? “Quando se ne parla, si cercano insieme le cause individuandole e provando a capire cosa, anche nel piccolo, si può fare per arrivare alla pace. Per la pace, infatti, ci vediamo spesso insieme per pregare in silenzio, ognuno come sa fare. In questo dialogo, così aperto e libero, si riesce a respirare un’aria di profondità fraternità”.
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Dietro le quinte A colloquio con Sara Ciapica scenografa e costumista teramana di
Vincenzo Lisciani Petrini
Qualche tempo fa ho avuto occasione di incontrare Sara Ciapica, mentre con la mia scuola di teatro lavoravamo al “Peter Pan” di Barrie. Lei stava allestendo la scenografia, a testa china, facendo capire che o si veniva a darle una mano o era meglio stare in silenzio. Vedevamo prendere forma tra le sue mani la fiaba del più famoso bimbo sperduto: ecco la testa del famelico Coccodrillo, il cappello di Capitan Uncino, la prua della nave dei pirati... C’è da esserne incantati ed è un onore potersi muovere in una scenografia che evoca di per sé la storia e crea quello spazio necessario per raccontarla. Volendo saperne di più, ho chiesto a Sara di dirci qualcosa di sé e di questo lavoro poco conosciuto e forse ancora troppo poco apprezzato. Come nasce la passione per la scenografia? “È nata in modo casuale. La mia professoressa di Storia dell’Arte, del Liceo, un giorno ha scoperto sotto il mio banco un disegno. Dopo averlo esaminato attentamente, mi ha detto: “Questo non è tuo, vero?” Così mi consigliò
Luci della ribalta
di provare a dedicare i miei futuri studi proprio all’arte”. Dove sei andata dopo il diploma? “Sono andata a Firenze, per intraprendere gli studi in Lettere e Filosofia, indirizzo “Costume per lo spettacolo”. Come
vedi la scenografia non è arrivata subito, nasco come costumista. La scenografia è arrivata poco dopo la laurea: ho provato il test per l’Accademia di Brera, ed è andata! Una volta a Milano, poi, le occasioni di lavoro si sono moltiplicate e posso dire di essere proprio del mestiere”. Ma che cos’è per te questo lavoro? “Significa intanto “saper collaborare” e il saper collaborare vuole umiltà. Si deve fare in modo che il progetto a cui si lavora sia perfetto in ogni ingranaggio. Quando si lavora in questo campo bisogna dimenticarsi degli orari e delle proprie necessità personali. Soprattutto se si è tecnici di scena. Il lavoro prima dello spettacolo, dalla fase progettuale a quella realizzativa deve essere continuamente il frutto di una dialettica tra i
tecnici e il regista. Ogni aspetto di uno spettacolo deve essere discusso perché risulti funzionale da tutti i punti di vista, e in questo ognuno esprime la propria sensibilità, secondo la propria preparazione professionale. Nella messa in scena ogni linguaggio adoperato (visivo, tecnico, registico e formale) deve tenere conto dell’emozione del pubblico, il fruitore finale: quando si è lavorato bene dietro le quinte e durante il laboratorio, lo spettacolo non può che essere eccellente, una macchina e un prodotto, in fondo, fatto di luci, costumi, scenografie, musica, rumori, ritmo parola e azione. Tutto perfettamente orchestrato. Occorre una grande preparazione tecnica: non si può improvvisare niente. Non possiamo permetterci errori”. Com’è la collaborazione con un regista? “Una buona collaborazione con un regista nasce quando c’è un rapporto costruttivo e sincero. Ripeto: l’obiettivo è che lo spettacolo funzioni in ogni sua parte. In un rapporto di lavoro tutto nasce da esperienze professionali differenti, che devono collimare in un’intenzione. Quando un regista parla poco con lo scenografo, col costumista, o col light designer vuol dire, il più delle volte, che non ha ancora chiara la sua intenzione registica o che non ne è pienamente convinto”. I tuoi rapporti con Teramo. Nota dolente? “Perché “nota dolente”? Se esclu-
diamo questo lavoro fatto sul Peter Pan con voi de “Il Satiro” e gli ospiti del Centro Diurno del DSM (lavoro che mi è servito come tesi di specialistica) direi semplicemente che rapporti non ce ne sono, perché non c’è realtà teatrale e quindi non c’è possibilità per il mio lavoro”. Mi sembra che però tu non ti riferisca solo a uno spazio fisico, ma anche – forse soprattutto – ad uno spazio intellettuale chiamato “Teatro”. Giusto? “Esatto. Se è venuto a mancare a Teramo un teatro inteso come spazio fisico è perché in fondo non è forte la necessità intellettuale. Se pensiamo poi che, nonostante i numerosi spettacoli importati o prodotti nel Teramano, non esista una critica, possiamo facilmente capire come sia, sotto sotto, tutto permesso. E allora anche una mancanza di
qualità non viene e non verrà mai avvertita. Se non c’è critica non può esserci teatro”. Ti piacerebbe lottare qui per far sì che anche a Teramo passi la cultura teatrale? “Io amo Teramo, mi piace questa città, pur con tutti i suoi difetti. Tuttavia sforzarsi di impiantare qui una cultura del teatro
NOME: Sara COGNOME: Ciapica SOPRANNOME: ce ne sono troppi! DATA DI NASCITA: 17/08/1982 CITTà: Teramo STUDI: Liceo Linguistico. Lettere e Filosofia, indirizzo Costume per lo Spettacolo, Firenze. Accademia di Belle arti di Brera, Specializzazione in Scenografia, Milano. In Accademia ho l’onore di partecipare a lezioni e stage con Peter Brook, Teatro dell’Opera di Pechino, Dario Fo, Massimo Cantini Parrini, Edoardo Sanchi, Maria Carla Ricotti e molti altri. COLLABORAZIONI: A Macerata, per la stagione lirica, con Gabriele Lavia, lavoro nel backstage di “The Servant”, opera di G.Lavia e M. Tutino. A Milano, assistente alle scenografie e ai costumi per “Mozart e Salieri” di R. Korsakov, Regia di F. Micheli. A Milano, presso la Casa
Teatro di Atri
non dovrebbe essere compito mio; mi sembra uno sforzo cieco e che ha poco a che fare con la dimensione artistica che sto cercando per la mia vita. Io sono votata al teatro, lo vivo con ’urgenza’ e con onestà intellettuale. So bene che esistono dei ruoli però. Teramo spero trovi la voglia di maturare”.
d’Arte Fiore lavoro per la modisteria finalizzata all’Arena di Verona e per altri circuiti teatrali. A Milano, lavoro per Chanel. A San Miniato, assistente costumista a Cristina Aceti, per “Bariona”, di J.P.Sartre, regia di R.Guicciardini, con Sebastiano Lomonaco. A Ascoli, lavora per un cortometraggio con la regia di C. Sestili, con Flavio Bucci. Collabora con il Laboratorio Minimo Teatro, sempre a Ascoli, come costumista per “Hedda Gabler” (di H. Ibsen), con la Regia di Alessandro Marinelli e le scenografie di Pietro Cardarelli. A Milano, lavora come Stylist, Make Up Artist e Hair Stylist per un gruppo emergente, i Sursumcorda (Dasè Soundlab). PROSSIMI PROGETTI: per scaramanzia non ne parlo… ma posso dirti che si tratta di un buon progetto che sto portando avanti a Milano. SOGNO NEL CASSETTO: vivere altre realtà teatrali, misurarmi di più con l’opera. UN AGGETTIVO PER DESCRIVERSI: …eclettica!
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Un’ “Arcat”
di tradizioni di
Ropel
Intervista ad Aldo Pierangeli presidente dell’associazione che da sei anni lavora per la difesa e la conservazione delle radici più genuine del nostro territorio
Come e perché è nata l’associazione Arcat, fondatore Pierangeli? “L’Arcat, cioè Attività di Ricerca Culturale, Ambientale e Turistica, è nata nel dicembre 2004 per non vanificare un lungo lavoro di ricerche ed iniziative già avviate, con gli enti territoriali, nell’ambito del progetto unitario “Estate Gran Sasso – Laga”. Quali fini persegue l’associazione? è una onlus? “Si, è proprio una onlus. Persegue finalità di solidarietà sociale, attraverso progetti di rilevante interesse culturale e turistico, promuovendo lo sviluppo, diffusione, tutela e valorizzazione della natura, dell’ambiente e delle tradizioni popolari, e per dare continuità al progetto unitario. In sintesi, assicurare vita alla ‘Rassegna Internazionale di Musica, Danza e Canto Popolare’ giunta alla 23^ edizione (nata nel 1987 con il coordinamento dell’agenzia regionale per la Promozione Culturale di Teramo), insieme alle attività gastronomiche promosse dall’Arcat con le ‘Giornate del Gusto e della Natura’, e alla rassegna gastronomica “Antichi e nuovi sapori” (sesta edizione)”. Quali programmi più significativi per la seconda metà dell’anno? “Proprio la 6^ edizione cui ho fatto cenno, avvalendosi l’Arcat della propria rete ope-
rativa e della consulenza di tutte le realtà principali di settore (la Federazione Italiana Tradizioni Popolari – cui l’Arcat aderisce da anni -, l’European Folk Culture OrgaNisation, nonché il Conseil International de la Dance). Un’edizione non solo di continuità, ma anche di crescita e maturazione dove il ‘momento’ ludico-ricreativo si sposa con quello più spiccatamente culturale-turistico, con ricerca e documentazione artistica, anche in chiave didatticoeducativa. Un ponte tra le identità locali, attraverso la musica, la danza ed il canto popolare nel più ampio quadro del pluralismo culturale”. Quindi è già definito il programma in dettaglio? “L’avvio dell’importante manifestazione è fissato per la sera di mercoledì 28 luglio prossimo. Nella significativa cornice di piazza Martiri della Libertà, cuore di Teramo. La Rassegna Internazionale proseguirà lì anche il giorno successivo, mentre la conclusione avrà luogo in modo particolare nel quartiere di Colleatterrato. Teramo sarà dunque il palcoscenico privilegiato per un entusiasmante confronto tra formazioni italiane e straniere. Dall’estero verranno gruppi folklorici e formazioni musicali di livello quali: il Trio
Acustico Musical “Manos Argentina” (Argentina), il Gruppo Mariachi “La Plaza“ (Messico ), Ballet Folclorico “Guarionex” (Portorico), l’Ansamblul Folklore “Mugurelul” (Romania), il Group dance “Szinvavolgy” (Ungheria), e per l’Italia il cantastorie Biagio Accardi (Calabria), il cantautore Pino De Maio (Campania), l’associazione culturale “Costom de par” (Lombardia), il gruppo folklorico “La Morgia” (Molise), il gruppo musicale “Sud Folk” (Puglia), il gruppo “I trantati ballet” (Puglia), il gruppo di musica etnica “Sarba la pezza” (Sicilia), Il gruppo musicale “Il meliuso” (Sicilia), ed inoltre gruppi musicali diversi del nostro Abruzzo”. Con quali mezzi l’Arcat riesce ad organizzare tali manifestazioni? Chi può diventare socio? “L’associazione riesce a raggiungere tali obiettivi grazie alla sinergia e al determinante intervento degli enti territoriali sensibili al settore. Tutti coloro che condividono le finalità dell’Arcat possono fare domanda di adesione che sarà valutata dal direttivo”. Quale ruolo riveste Aldo Pierangeli all’interno della Federazione Italiana Tradizioni Popolari? “Sono componente della giunta della Fitp e ne sono felice”.
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L’Aquila Bella Mè Mostra fotografica di tre giovani artiste teramane di
Raul Ricci
C’è chi ha vissuto l’orrore con i propri occhi, increduli dinnanzi alla devastazione imminente del luogo che ha ospitato per anni gli studi, le speranze, i progetti. L’Aquila, città universitaria svuotata della sua forma, dei suoi contenuti. Molti studenti, dopo il 6 aprile dello scorso anno, sono tornati dalle loro famiglie o sono “volati via altrove”, spinti da un urgente bisogno di rigenerarsi dal ricordo indelebile di un dramma. Tra loro, una giovane gallerista di arte contemporanea, Monica D’Eugenio, che da Pianacce, paese d’origine, è passata per L’Aquila, fino ad arrivare a Firenze, dove ha allestito nel maggio scorso una importante personale di arte contemporanea. Ma le radici e il ricordo non si disperdono nel tempo, tanto da percepire istintivamente un senso di appartenenza al luogo che, nonostante ora distante nello spazio, rimane presente nella memoria di chi l’ha vissuto: L’Aquila e ciò che era. Insieme ad altre due giovani e volenterose artiste teramane, Giuseppina Cantarini e Lisa Falone, ha preso corpo l’idea di allestire una mostra, raccogliendo tutto il materiale dei giovani fotografi che negli anni hanno colto scorci di una città che ora non esiste più, se non nella memoria. “Salvare l’arte con l’arte” è stato il leit- motiv che le ha spronate alla ricerca e alla selezione di quanto fosse stato raccolto fin d’ora: un ricordo in bianco e nero di impressioni incancellabili. Scorci, momenti di vita, raccolti e conservati nella memoria che si fa fotografia: “L’Aquila Bella Mè”. Immagini silenziose accompagnate dalle liriche del giovane poeta atriano Antonio Ricci, esposte come parentesi di parole tra piani visivi. La mostra, che è stata ospitata e continuerà ad esserlo per tutto l’anno in molte città e paesi abruzzesi, dal mese di giugno fa parte dell’allestimento organizzato dalla Galleria D’Arte Pignatelli di Roma, in collaborazione con il Ministero dell’Interno, dal titolo “L’Aquila Non Si Muove. L’Immutabile Identità di un Popolo”. I proventi della vendita delle opere, che saranno esposte durante lo svolgimento di manifestazioni culturali – gastronomiche - musicali, in collaborazione con le numerose associazioni culturali presenti nel territorio e con il patrocinio della provincia dell’Aquila, Medaglia d’Oro al Merito Civile, saranno devoluti in beneficenza per la ricostruzione dei patrimonio artistico e architettonico danneggiato dal sisma. Il censimento dei danni ha individuato quarantaquattro siti che hanno necessità urgente di interventi di restauro, tra cui la cattedrale, il Forte Spagnolo sede del Museo Nazionale, il palazzo comunale, la Basilica di Collemaggio.
Castello de L’Aquila:foto di Stefania Gigante
foto di Paolo Luzi
Giusy, Monica e Lisa
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A Canzano, da oltre vent’anni, si rinnova l’antichissima tradizione del ricamo
Ars e vecchi merletti I progetti dell’amministrazione comunale in attesa di un museo
di
Alessandro Di Emidio
Quando una terra o una comunità tramandano le proprie tradizioni e la propria cultura, quella terra, quella comunità, lottano per affermare il loro orgoglio, la loro appartenenza. Sono vive. è quanto avviene ormai da ben ventuno anni a Canzano, in provincia di Teramo, dove l’associazione culturale Ars et Labor svolge la propria preziosa opera di insegnamento dell’antica arte del ricamo. Nell’antico borgo dominante la valle del Vomano, patria del merletto e del prelibato tacchino alla canzanese, un gruppo di volenterose donne ha votato la sua azione all’insegnamento e alla diffusione di un pezzo importante dell’anima locale. Stoffe, punti, disegni, invenzioni e rielaborazioni. Esercizi che spesso si traducono in creazioni originali di assoluto pregio artistico. Un’attività artigianale e artistica allo stesso tempo, bagaglio condiviso di una tradizione antica sviluppata dalla pratica abituale delle operose donne del posto. Su tutte lei, la maestra Editta Serpente fedele custode, dall’alto dei suoi 86 anni, della sapienza di cui necessita il ricamo. Primaria artefice dell’associazione Ars et
Labor, instancabile motore delle attività del gruppo, inesauribile fonte di idee e di ispirazione, capace di coinvolgere nella sua scuola non solo donne, ma anche giovani ragazze e perfino alcuni ragazzi, attratti dalla possibilità di poter contribuire alla salvaguardia della propria identità. Stoffe decorative, tessuti preziosi, ma anche oggetti di uso comune come tovaglie, coperte, centritavola. Tutto si presta ad essere valorizzato dall’intervento della mano sicura, ma delicata dell’artista, che rievoca un passato dimenticato o lasciato scivolare troppo velocemente. La scuola si dedica allo studio e all’applicazione di punti della tradizione locale, ma si apre anche alla contaminazione – in senso positivamente culturale – con scuole e retaggi di altri territori, anche al di fuori dei confini regionali. L’attività dell’anno scolastico 2009/2010, che si è concluso con la consueta esposizione dei lavori delle allieve presso Palazzo De Berardinis, nel centro storico di Canzano, «è stata incentrata per il secondo anno consecutivo – spiega la maestra Editta Serpente – alla riscoperta e alla valorizzazione del Punto Canzano, un
punto della nostra tradizione ispirato ad un antico tessuto abruzzese, riproposto dall’associazione Ars et Labor per la prima volta lo scorso anno. Il nostro obiettivo è di rendere le allieve sempre più abili nella sua realizzazione, in modo da riportarlo definitivamente in auge». Tra i lavori esposti, ampio risalto ad una serie di coperte decorate con disegni ispirati ai fregi e alle volute di memoria medioevale, rintracciabili in numerose testimonianze artistiche e monumentali della nostra regione. Canzano si identifica agli occhi del visitatore con i suoi “ambasciatori”, il merletto e il tacchino, simboli di due differenti forme d’arte, il ricamo e la cucina. Per tale motivo, l’amministrazione comunale, con il sindaco Francesco Di Marco e il vicesindaco Katia Pompetti in testa, intende fare quanto in suo potere per valorizzare ed aiutare concretamente tali espressioni culturali, pur in un momento di gravi ristrettezze economiche per le pubbliche amministrazioni. In questa direzione vanno due progetti, il cui stato d’avanzamento è differente ma che potranno rivelarsi importanti strumenti di promozione
per intercettare i flussi di turismo culturale. Il primo riguarda i lavori di ripavimentazione e arredo urbano della piazza principale del centro storico, nel tratto prospiciente il monumento ai caduti. Le incisioni sul lastricato che verrà posato a formare una “campana”, come quelle disegnate a terra per gioco dai bambini, richiameranno motivi ispirati ai ricami della scuola, così come le sedute sui cubi di porfido che saranno installati nella piazza. Al contempo, una fontana totem riporterà incisioni e cita-
zioni, a descrizione dei ricami riprodotti. Il secondo progetto, più distante nel tempo ma ancor più importante, prevede il recupero funzionale dei locali sotterranei di Palazzo De Berardinis per ospitarvi un museo del ricamo. A tal proposito è stato richiesto un finanziamento alla Fondazione Tercas, sempre sensibile alla promozione dell’arte e della cultura del territorio. Un museo del ricamo farebbe di Canzano la patria riconosciuta di quest’antica arte e segnerebbe il giusto riconoscimento all’opera preziosa e insostituibile dell’associazione Ars et Labor.
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“Benedetti” da Maria De Filippi Incontro con Fabrizio Leonetti, fondatore della Mò Better Band, che ha conquistato la simpatia di tutte le piazze italiane di
Vincenzo Castaldo
Notaresco, un bar in piazza. All’interno, un ragazzo raggiante che in stile Happy Days, dice essere nel suo studio. Fabrizio Leonetti, fondatore della “Mò Better Band”, lascia trasparire, sin dalle prime battute, la sua passione per la musica. “Il gruppo - dice - è nato quasi per caso durante la Coppa Interamnia di sette anni fa. Il pezzo che suonammo per la prima volta era un arrangiamento di Mò better blues, brano colonna sonora dell’omonimo film di Spike Lee”. Come può essere definito il vostro genere musicale? “Funky, anche se Mò better blues ha poco a che vedere con tale genere musicale, lo dice il titolo stesso, ma per noi è stato
solo un punto di partenza. Con il tempo abbiamo trovato una nostra dimensione e ora siamo pronti ad uscire con un album che rappresenta il frutto del lavoro di questi sette anni. Il disco è stato registrato negli studi della Noise Lab Studio di Sergio Pomante, a Giulianova. La presentazione dell’album il 15 luglio all’arena Quattro Palme di Roseto degli Abruzzi”. Vi rifate ad un modello tipicamente americano, dove le band in genere sono composte da molti elementi . “In America ci sono band di strada che suonano jazz e blues con numerosi elementi, ma nel nostro piccolo rappresentiamo anche noi un primato, essendo l’unica street band presente
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dalla Toscana in giù. Ne andiamo orgogliosi”. Musicisti a tempo pieno? “Quasi esclusivamente, ma ci sono al-
cuni elementi del gruppo che riescono eroicamente a conciliare le diverse realtà lavorative”. Come non parlare della vostra re-
cente apparizione tv, nel programma con Maria De Filippi, Gerry Scotti e Rudy Zerbi. “è servito a farci rendere conto di quanto fossimo seguiti sul territorio, un’ importante conferma. Il giorno seguente lo show televisivo, ci sono arrivate settanta richieste di serate”. Il vostro spettacolo non è solo musicale. Ballate, fate piroette, nell’insieme è veramente molto scenografico. “Per il look, ci vestiamo tutti con le magliette del nostro gruppo, ultimamente abbiamo uno sponsor anche per le scarpe. Per le coreografie decidiamo insieme cosa fare”. (Foto: www.mobetterband.it)
•Fabrizio Leonetti - Soprano Sax •Alessandro Di Bonaventura – Tromba •Giulio Filippetti – Tromba •Massimiliano Santono – Tromba •Francesco Di Giulio – Trombone •Pier Paolo Candeloro – Baritono Sax •Michele Ginestre – Trombone •Marco Di Gianmarco – Tuba •Luca di Gianmarco – Alto Sax •Luigi Di Marco - Tenore Sax •Riccardo Maggitti – Tenore Sax •Sergio Pomante – Alto Sax •Italo D’Amato – Sax Baritono •Silvano Marcozzi – Percussioni •Claudio Bollini – Percussioni •Roberto Di Gianmarco - Percussioni
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Nuovi poveri? Le donne di
Sergio Matalucci
Le donne partecipano alla vita economica in misura ridotta rispetto agli uomini ma, anche quando lavorano, vengono retribuite e gratificate in maniera diversa rispetto agli uomini. Considerando tutti i paesi Ocse, le donne guadagnano il 18% in meno rispetto agli uomini e soltanto un terzo delle cariche manageriali è occupato da una donna. Paese per paese le condizioni sono diverse, ma non si raggiunge mai una parità di condizioni retributive neanche nei paesi più virtuosi come il Belgio e la Nuova Zelanda. Come ha detto Hillary Clinton a marzo alle Nazioni Unite “le donne costituiscono ancora la maggioranza dei poveri del mondo, di coloro che non hanno accesso all’educazione, alla salute, al cibo”. La realizzazione delle donne passa anche attraverso la famiglia ma questa scelta sembra penalizzare le possibilità lavorative delle donne: secondo l’ente australiano Financial Service Institute, le donne e gli uomini sono d’accordo sul fatto che la maternità diminuisca le possibilità di carriera della donna. Inoltre, a parte nei paesi nordici, il tasso d’occupazione è circa del 30% superiore tra le donne non sposate. Infine, in tutti i paesi Ocse le donne hanno meno tempo libero rispetto agli uomini, specialmente in Italia dove in media una donna dispone di 80 minuti al giorno in meno rispetto agli uomini per distrarsi e divertirsi. Differenza di genere in Italia: nel 2009 siamo al 72esimo posto dopo Kazakistan e Uzbekistan In Italia meno del 50% della popolazione femminile partecipa al mercato del lavoro, tra i paesi Ocse meglio soltanto di Turchia e Messico. Anche per questo, l’Italia
In coda da sempre rispetto agli uomini per meritocrazia e retribuzioni, le italiane scivolano agli ultimi posti nel mondo. Superate anche dallo Sri Lanka. è stata relegata al 72esimo posto del ranking redatto annualmente dal World Economic Forum sulle differenze di genere, indicatore della disuguaglianze tra uomini e donne. In sostanza, in Italia le donne sono più penalizzate che in Sri Lanka (16esimo), Cuba (29), Russia (51) ma anche rispetto a paesi come il Kazakistan (47) e l’Uzbekistan (58). A non far arrivare il Belpaese ultimo in Europa, fortunatamente c’è la cara Grecia (85), diventata ormai un punto di riferimento e un’ancora di salvataggio “politica” per dire che noi italiani non siamo poi così male, che c’è di peggio. Certo, i paesi virtuosi sono ben altri: Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Nuova Zelanda e Sudafrica guidano la classifica, seguiti da Danimarca, Irlanda e Filippine. è comunque da rilevare che nella maggioranza dei paesi, come anche in Italia, il livello di salute e di educazione delle donne è assimilabile a quella dei loro concittadini di sesso maschile, ma le differenze si fanno sentire nella partecipazione alla vita economica e politica del paese. Quello che rende particolarmente discriminate le donne italiane rispetto alle nazioni più “rosa” sono appunto le opportunità in campo economico, -27% rispetto a Islanda e Finlandia, e soprattutto in ambito politico. In un confronto con gli uomini, le donne italiane incontrano molte più difficoltà ad accedere alla vita politica rispetto a quanto succeda in Islanda e in Finlandia. Il rapporto 2009 del World Economic Forum sottolinea come questo si accompagni anche a una minore propensione alla maternità: la media italiana è di 1,4 bambini per donna mentre in Islanda e in Finlandia questa percentuale raggiunge rispettivamente una media di 2,0 e di 1,8.
Meritocrazia sconosciuta In Italia la meritocrazia non è un concetto particolarmente diffuso, una chimera che non si conosce e che molti non vogliono che si conosca. Sul dizionario Sabatini Colett la meritocrazia è una “concezione per cui debbono essere conferiti riconoscimenti di ordine morale o materiale soltanto in rapporto ai meriti individuali”. Basterebbe la definizione per capire quanto la meritocrazia non sia un concetto che si addica al contesto italiano, ma forse è meglio citare anche uno studio dello scorso anno della Sda Bocconi. Secondo la Sda, il 90% dei dirigenti pubblici italiani riceve la massima valutazione sulla performance, strumento utilizzato per assegnare i bonus annuali, indicando una mancanza di differenziazione nella distribuzione dei premi nella pubblica amministrazione italiana. Nonostante il problema non sia un fenomeno prettamente italiano, la caratteristica del Belpaese è la mancanza (o l’inutilità) di soluzioni che possano correggere la situazione: in Germania al massimo il 15% dei dipendenti può ricevere un bonus per le performance in azienda mentre negli Stati Uniti non più del 6% può ricevere una maggiorazione per le proprie prestazioni.
PROVINCIA DI TERAMO All’asta la caserma dei Vigili del Fuoco di via Diaz a Teramo La Provincia mette in vendita la Caserma dei Vigili del Fuoco di via Diaz a Teramo. L’importo a base d’asta è di 2 milioni e 500 mila euro per un’area di quasi 5 mila metri quadri a destinazione residenziale. Le offerte dovranno pervenire all’ente entro il 28 luglio e già il 29 si procederà all’apertura delle buste: le modalità di partecipazione all’asta sono pubblicate sull’home page del sito www.provincia.teramo.it .
Assessorato alle politiche sociali
Il 9 luglio, all’interno delle manifestazioni organizzate dalla Coppa Interamnia si è svolta “Notte Rosa” interamente dedicata alle artiste donna. Grazie all’associazione AMS Sound City Society e con la direzione artistica di Angelo Macozzi si sono esibite artiste fra le più interessanti del panorama internazionale. In questo contesto si è inserito l’Assessorato alle politiche sociali cogliendo un’occasione “davvero straordinaria” per sensibilizzare giovani e meno giovani rispetto alle tematiche legate al contrasto dei fenomeni di violenza sulle donne e sui minori. è stato distribuito materiale informativo e la Carta Amica, la card con la quale viene promosso il Centro Antiviolenza La Fenice e tutti i punti di pronto assistenza in caso di bisogno. La Card contiene i numeri telefonici di Carabinieri 112, Polizia 118 e delle quattro sedi del pronto Soccorso degli Ospedali di Teramo, Atri, Sant’Omero e Giulianova e tutti i riferimenti dell’Associazione nazionale “Donna” (tel. 1522) cui direttamente è legato il Centro antiviolenza “La Fenice”.
Città di Giulianova Provincia di Teramo
Guardia Medica Turistica. Da Sabato 10 luglio al via il servizio. Al via la Guardia Medica Turistica. Dopo la levata di scudi dei sindaci dei sette comuni della costa teramana capeggiati dal sindaco di Giulianova Francesco Mastromauro, la direzione generale della ASL di Teramo ha deciso di ripristinare il servizio. Sabato 10 luglio, alle ore 17, l’intesa tra il Comune, la ASL di Teramo e la Croce Rossa per l’attivazione della Guardia Medica Turistica.
I “talenti” del Gran Sasso Un grande alpinista scopre giovani abruzzesi capaci di affrontare altezze quasi impossibili con passione e tecnica da professionisti.
di
Tonino Di Natale
Essere nati in una regione che, da qualunque posto la guardi, non preclude la mirabile visione della più bella montagna dell’Appennino, concede dei benefici. Aria sana, acqua fresca, panorami mozzafiato, e di questo siamo più o meno consapevoli. Ciò di cui è però importante avere coscienza è l’arricchimento della persona nel corpo e nello spirito. Daniele Nardi, alpinista affermato di Latina, conquistatore degli ottomila, impegnato da anni nella sfida con la montagna, ha scoperto sui nostri monti talenti che mostrano una passione per lo sport estremo ed una tecnica che nulla hanno da invidiare ai grandi alpinisti del nord. Daniele, frequentando le nostre montagne, ha riconosciuto nei giovani alpinisti abruzzesi ed in Lorenzo Angelozzi un talento di Teramo che, con esperienza e saggezza ha iniziato a coltivare. Perché questo è importante? Perché dà voce ad un gigante che sembra addormentato da troppo tempo ma che, come la storia racconta, è stato capace di conquistare le più alte vette del mondo. Vogliamo pensare che questo sogno di lanciare l’Abruzzo tanto in alto da far sentire la sua voce in tutto il mondo possa essere reale? Daniele e Lorenzo ci credono, come credono nella passione per uno sport, l’alpinismo, che confronta con un mondo da rispettare, come credono nel valore di un sogno che diventa progetto e non resta nel cassetto, credono nella forza di provarci e nella umiltà di rinunciare se la montagna alza le sue difese; perché questi sono i valori che lo sport insegna: una meta da raggiungere ma non ad ogni costo. L’alpinismo è uno sport estremo, il rischio l’accompagna passo passo, ma confrontarsi con il pericolo aiuta ad averne coscienza e riconoscere il proprio limite, a muoversi con coraggio e a misurarsi con la paura. Di questo Daniele e Lorenzo hanno parlato venerdì 16 luglio, nella sala “C. Gambacorta” della Banca Di Teramo, in viale Crucioli. Durante la presentazione sono state proiettate diapositive col probabile percorso per raggiungere la vetta.
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Alla conquista di Hassin Peak L’associazione Mountain Feedom, ha organizzato questa spedizione a due componenti per rendere snello il tentativo di conquista dell’Hassin Peak, montagna inviolata di 6300 m nel gruppo Himalayano K2 in Pakistan, senza sussidi artificiali, ossia senza maschere e ossigeno. I primati d’alta quota non si stabiliscono con le bombole di ossigeno. Oggi è possibile mettere una cappa sopra la testa di un bambino, somministrargli ossigeno, e fargli scalare gli 8000 m. Non è in forma artificiale che si conquista una vetta; la montagna va scalata in forma naturale; si sa che il rischio è sempre in agguato e i segni premonitori di pericolo la montagna li dà e bisogna osservarli per quanto possibile, perciò bisogna seguirne gli umori che possono cambiare anche in maniera repentina. Sta alla sensibilità dell’alpinista decidere se continuare a salire o tornare indietro. In alta quota si respira il 30% in meno, quindi bisogna rimanerci il meno possibile. Salire su una montagna inviolata deve essere sublime. Sei solo col pensiero di arrivare su una vetta dove si vive certamente una spiritualità genuina, perché chi la conquista sa che è il primo ad accarezzarne la sommità. Guardandoti intorno da quell’altezza noti l’immensità del mondo perché lo sguardo si perde nell’infinito; guardando in alto, immagino che questo sia il momento in cui ti puoi sentire più vicino al tuo Dio, essendo lontano da qualsiasi interferenza umana; guardando a ritroso, pensi alle anime di chi, da lassù, non è tornato a casa: i loro corpi sono stati ghermiti da quelle montagne per non staccarsi più, ma il loro spirito, ne sono certo, vivrà nei cuori di chi ama la montagna, perché quando sali su
una montagna, con difficoltà tecniche e fisiologiche elevate, questa ti rimane nel cuore e nella mente. Passo dopo passo, la montagna è sempre diversa a quelle quote; perciò è affascinante ma sempre temibile. La montagna non si aggredisce, si scala sempre in sicurezza: tempeste di neve, slavine, ghiacciai che scivolano e aprono profondi crepacci, nuovi corsi d’acqua tra i canaloni fanno, delle vie della montagna, percorsi sempre nuovi. E quando arrivi su un campo base sei sfinito, ma pieno d’orgoglio perché ci sei arrivato. Daniele, esperto alpinista più volte sugli 8000 m, e Lorenzo, giovane alpinista che si arrampica come un camoscio d’Abruzzo, me lo ha descritto un compagno di scalata, vanta anch’egli un curriculum importante, avendo ripercorso le vie delle vette italiane tecnicamente più impegnative. Un binomio simbolo della staffetta umana: con questa spedizione Daniele vuol consacrare l’abilità di Lorenzo portandolo sulle vette più ambite dagli scalatori di tutto il mondo; domani, potrà essere Lorenzo a consegnare il testimone ad un altro alpinista emergente. Un sincero augurio a questi atleti puri intenti ad incidere i loro nomi sul ghiacciaio dell’Hassin Peak. L’ambizioso progetto è possibile anche grazie a coloro che hanno creduto nell’impresa e agevolato il percorso. La montagna è una risorsa se le sue direttrici sono immediatamente fruibili con un ruolo propulsivo per lo sviluppo economico della collettività. Quando il turista rientra a sera nella propria abitazione deve poter dire: “Oggi ho trascorso una bella giornata, anche se con un po’ di fatica”; quella fisica che si recupera con una buona dormita.
L’alpinismo è esplorazione, ricerca; le istituzioni locali dell’Appennino si sono accorte delle potenzialità sociali, turistiche ed economiche delle nostre montagne troppo tardi. Quando un flusso di gente estemporanea, e soprattutto la popolazione giovanile, abbandona la montagna, per cercarne una dove si produce attività multifunzione, il suo recupero diventa arduo se non impossibile. Innanzitutto bisogna rileggere il carteggio legislativo dei parchi dove la burocrazia è più complicato della legislazione dove i parchi non insistono. È necessario migliorare la qualità della vita delle popolazioni montane promuovendo la costituzione dei Consorzi operativi ad ampio respiro, pur facilitando lo sviluppo delle potenzialità innovative individuali che sappiano distribuire una qualità elevata del prodotto offerto. Occorre incentivare la facilità di accesso alla montagna con una viabilità adeguata, e dotarla di strutture ricettive alberghiere e ristorative e di percorsi cicloturistici, sciistici, e quant’altro di sportivo si possa installare in loco con un’apposita commissione eterogenea per riconosciuta cultura d’intenti vari e possibili.
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Istruttore per passione Carlo Collevecchio volontario di
Matteo Lupi
per il recupero delle disabilità “sott’acqua” Carlo Collevecchio è un simpatico signore di 47 anni che si definisce “carrozziere di professione, istruttore per passione”. Istruttore di sub, si intende. Un uomo che anni ha fa ha deciso di dare un senso alla sua passione, dedicandosi al progetto HSA Italia, la onlus che da lungo tempo con professionalità si occupa di attività subacquee per persone con disabilità fisiche, con corsi di istruzione e possibilità di rilascio di brevetti specifici per i portatori di handicap, anche normalmente molto limitativi, quali cecità, paraplegia o tetraplegia. E dato che per l’HSA lavora anche l’associazione sportiva dilettantistica Teramo nel Blu (alla quale l’amministrazione comunale ha concesso un locale nella scuola media D’Alessandro), Collevecchio è diventato il riferimento locale per questa iniziativa, pur tra mille difficoltà Quali finanziamenti in questo settore? “Non ci sono finanziamenti, ci autotassiamo. Il novanta per cento dell’attrezzatura l’ho dovuto comprare io personalmente. Facciamo questo lavoro solo per uno scopo benefico”. Qual è il problema più evidente con cui avete a che fare in questo momento? “Il problema è che questo tipo di attività è sconosciuto ai più... Non è che vogliamo pubblicità, ma almeno far sapere che ci siamo anche noi! Qui non si gioca a calcio, non si gioca a pallacanestro, si fa subacquea. E proprio su questo fatto dobbiamo superare la diffidenza della gente, spesso”. Ovvero? “Ovvero ci sono molti luoghi comuni sull’attività sott’ acqua. Che si può essere
vittime di un’embolia e di tutto quello che ne segue, che è pericolosa: ma anche giocare a calcetto per due ore alle due di pomeriggio esposti ai raggi del sole può essere molto pericoloso. Tutto può esserlo, se non si rispettano i normali standard di sicurezza”. Parliamone, allora. “L’immersione viene sempre fatta in coppia, un normodotato con un disabile, per evitare qualsiasi complicazione. Nel caso dei non vedenti, invece, si fanno immersioni a tre. E tante altre cose. Adattiamo il materiale didattico ai singoli casi, per chi non ha l’uso delle gambe, chi delle braccia e così via. Alle volte parlo con persone che mi chiedono il perché di por-
Voi fate lezioni con gruppi compositi di allievi, come vi comportate con le varie esigenze? “Le tecniche di insegnamento sono le stesse. La prima prova è uguale per tutti: ingresso in acqua in posizione supina, l’allievo deve sapersi girare e muovere con sicurezza. Man mano che si superano queste prove si avanza di livello, fino ad arrivare ad avere il brevetto. Per questo studiamo anche quali sono i posti più accessibili per i portatori di handicap”. A Teramo come stiamo messi? “Le strutture sono poche. Si fanno molte pubblicità sulle strutture per disabili, ma abbiamo avuto tanti di questi ragazzi che ci hanno detto di preferire i bagni normali a quelli appositamenti preparati per loro, e questo perché spesso non vengono rispettate le effettive normative per i diversamente abili”. Crede che esista un insegnamento di ritorno? Cosa ne ricava un istruttore a contatto con persone che in acqua hanno altri problemi rispetto ai normodotati? “C’è la gratificazione per aver aiutato qualcuno meno fortunato. Senti di aver fatto qualcosa di buono. Se fossi nato ricco forse avrei aiutato le persone con qualche donazione. Non avendo avuto questa opportunità cerco di offrire la mia esperienza”. In conclusione? “L’attività subacquea ha potere terapeutico per i portatori di handicap. Un disabile che lascia la carrozzella fuori dall’acqua torna a sentirsi normale a tutti gli effetti. Per questo il motto dell’HSA è “diversi ma uguali”. Credo che sia molto importante”.
Per l’HSA lavora anche l’associazione sportiva dilettantistica Teramo nel Blu tare, ad esempio un cieco sott’acqua. Ma un ‘cieco’ semplicemente non ha la vista, però sviluppa altri sensi, e quindi ha una sensibilità superiore alla nostra”. Un esempio? “Circa un mese fa un nostro associato non vedente stava facendo un’immersione all’isola di Bergeggi, presso Genova. Ad un certo punto si è fermato e si è appoggiato ad un oggetto, avvertendo che sotto di lui c’era qualcosa di strano. Ha chiamato il suo istruttore, questi ha osservato attentamente, e ha capito che il giovane si era appoggiato su una bomba della seconda guerra mondiale. Hanno segnalato il reperto bellico agli addetti della capitaneria di porto, che hanno interdetto la zona e fatto brillare il ritrovamento. Tutto questo grazie proprio alla sensibile di un disabile”.
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Memorial Bernardini-Pecorale meeting di successo di
Dino Cardarelli
La sesta edizione del Meeting Città di Teramo “Memorial Costante Bernardini - Pino Pecorale” di atletica leggera ha riscosso un buon successo di pubblico e partecipanti. L’evento, organizzato dall’Aics di Teramo, in collaborazione con l’Atletica Gran Sasso, l’Ecologica “G” di Giulianova, l’Amatori Teramo ed il Comitato Provinciale Fidal, si è svolto, lo scorso 9 luglio, presso il Campo Scuola della Gammarana, ed anche quest’anno è stato dedicato a due personaggi che hanno fatto la storia dello sport cittadino, e ai quali la kermesse è intitolata, rispettivamente, da sei e tre anni. Rispetto alle edizioni passate, sono state introdotte novità importanti. Innanzitutto, il meeting ha acquisito valore nazionale, mentre in precedenza aveva una caratura puramente regionale. La competizione è stata così inserita nel calendario italiano.
Si è raggiunto, dunque, un buon numero di iscritti, circa 300, provenienti da diverse regioni d’Italia, sia del nord che del sud. L’altra variazione importante è stata quella dell’orario. Non si è gareggiato in mattinata, ma il via alle varie prove è stato dato alle 18.30, e fino alle 21.30 si è continuato a competere nelle varie discipline. In pratica, un evento in notturna. Oltre 20 le gare disputate, alle quali hanno preso parte molti atleti di valore. Stella della kermesse Michele Boni, il
due nuovi record regionali Allievi nel lancio del martello. In campo maschile Nicola Massi, altro portacolori del sodalizio
La competizione è stata inserita nel calendario italiano e si è svolta in notturna
più titolato tra gli iscritti, reduce dalla medaglia di bronzo conquistata, nel salto triplo, ai campionati italiani assoluti di Grosseto. Boni, portacolori dell’Aeronautica, ha vinto la sua gara, con la misura di 15.86 metri, migliore prestazione tecnica in assoluto del meeting, che gli è valsa la conquista del 1° trofeo Banca Tercas, istituito proprio per premiare chi avesse realizzato il risultato più rilevante della serata. Boni ha preceduto lo junior della Gran Sasso Teramo Zied Fekih Hassen, che ha chiuso a 14.20 metri. Tra le prestazioni più rilevanti, i
teramano, ha lanciato l’attrezzo a 55.01 metri, battendo così il precedente primato di Pierpaolo Patani, fermato a 54.58 metri nel 1991. Tra le donne invece, Isabella Di Benedetto, della Gran Sasso Teramo, ha raggiunto i 46.69 metri, superando il record di 45.67, detenuto da Azzurra Di Ventura. Da rimarcare anche la prova di Giada Bilanzola tra i Cadetti, con i 5.25 metri nel salto in lungo, mentre positivo il rientro del talentuoso Allievo Federico Gasbarri, atleta della Falco Azzurro Carichieti, che è giunto quinto negli 800 metri con il tempo di 2’00’’55. In sostanza, un meeting che non ha deluso le aspettative degli appassionati, e che, nonostante le ovvie difficoltà economiche e organizzative, è destinato a crescere ulteriormente e a diventare uno degli appuntamenti classici dell’atletica italiana.
Pink Bikers largo alle donne di
Dino Cardarelli
Da qualche anno a questa parte lo sport italiano, soprattutto ad alti livelli, vede le donne protagoniste assolute rispetto ai colleghi uomini. In molte discipline i risultati migliori sono stati ottenuti dalle rappresentanti del “gentil sesso”, basti pensare ai trionfi di Valentina Vezzali nella scherma, a quelli di Federica Pellegrini nel nuoto, o anche alla recente, storica vittoria di Francesca Schiavone al torneo di tennis del Roland Garros. Trionfi non casuali, e che sicuramente hanno contribuito a far crescere e stimolare, in molte ragazze, la voglia di praticare un’attività sportiva, sia per agonismo che per puro piacere e divertimento. Anche nella nostra provincia si vive questo fermento, e tra le realtà comparse negli ultimi tempi, spicca la nascita della prima associazione teramana totalmente femminile dedicata alla mountain bike, la asd Pink Bikers (già il nome è tutto un programma…). Senza dimenticare il motto che la dice ancora più lunga: “Ruote grasse, cosce secche”. Questo gruppo, nato da pochi mesi, ha già raccolto un buon numero di iscritte, e si sta facendo conoscere sul territorio con una serie di iniziative. A spiegarci come è nata l’associazione, e quali risultati sono stati finora raggiunti è Carla Di Giuseppe, una delle componenti del consiglio direttivo: “L’asd Pink Bikers - ci dice – è nata da un’idea di quattro amiche, che hanno deciso di dedicarsi alla mountain bike, ma non certo in chiave agonistica. Puntiamo infatti a diffondere l’uso di questo mezzo di trasporto soprattutto per aiutare tutte le appassionate ad entrare in contatto diretto con la natura e con l’ambiente che ci circonda. Puntiamo perciò – prosegue Di Giuseppe – soprattutto su un approccio cicloturistico piuttosto che su quello più professionale o agonistico.
Non a caso siamo anche associate al CSI, proprio perché condividiamo la sua idea di sport come momento di aggregazione. Per noi, l’uso della bicicletta, deve servire principalmente alla conoscenza del territorio”. Nata da circa tre mesi, l’Asd Pink Bikers conta già su una ventina di iscritte, che non provengono solo dal teramano: “Siamo partite da tre mesi o poco più – spiega ancora la Di Giuseppe – e possiamo già contare su circa 20 ragazze iscritte. è logico che la maggior parte delle componenti del gruppo sia del teramano, ma ce ne sono anche alcune che provengono da fuori regione, e si trovano a Teramo per motivi di lavoro”. Il calendario delle manifestazioni organizzate dall’associazione è molto denso, prevedendo almeno un paio di appuntamenti al mese: “Tra gli eventi più imminenti – riprende ancora Carla Di Giuseppe – in programma la Pedalata Rosa, in notturna, a Teramo, il 9 luglio, ed un’escursione al Ceppo, l’11 luglio. In passato abbiamo organizzato molte manifestazioni, tra le quali una visita alla Via dei Borghi di Torricella, o anche una pedalata nel Parco Fluviale di Teramo. Tra i nostri impegni principali anche l’adesione al coordinamento delle piste ciclabili abruzzo teramano, perché siamo convinte della necessità di dotare la nostra città di un maggior numero di spazi ciclabili. Speriamo che, anche grazie al nostro apporto, si possa raggiungere, in tempi brevi, questo obiettivo”. La Asd Pink Bikers non ha ancora un proprio sito internet, ma possiede una pagina su Facebook. La presidentessa del gruppo è Eugenia Puliti, segretaria Maria Bucci, mentre tra le consigliere figurano anche Elena Pigliacelli, Cinzia Menei e Laura Clemente.
Rugby, il segreto è il terzo tempo di
Matteo Lupi
“Un errore che non bisogna fare quando si parla di rugby è tirare fuori la solita retorica che si è tutti amici, che è tutto rose e fiori. Dimenticando che è uno sport ricco di agonismo, con in più una cosa eccezionale: il terzo tempo”. A parlare è Massimo Cozzi, vecchia gloria della formazione teramana dello sport nato nei college inglesi più di due secoli fa. “Il terzo tempo è una camera di compensazione. I giocatori si sono ritrovati immischiati per ottanta minuti in una vera e propria guerra, ma alla fine si stringono insieme come dei ‘vecchi commilitoni’ gloriosi di tante battaglie affrontate insieme”. Cozzi, nato in Australia e approdato a questo gioco proprio nella terra dei canguri, ha fatto parte della prima squadra teramana di rugby che nel ’76, su iniziativa del giovane universitario aquilano Franco Galeota, si era formata e aveva partecipato al campionato di serie C. Si trattava di un gruppo di giovani un po’ allo sbaraglio, guidati da allenatori come Natalino Benedetti, Ermanno Palmiero e Francesco Marinelli, aquilani tosti che per pura passione hanno retto le sorti della squadra nell’età pionieristica: “Senza di loro il rugby a Teramo avrebbe cessato ben presto di esistere”. Un gruppo rimasto tale anche fuori dai campi di gioco, con tanto di incontri mensili per una cena insieme, perché “nell’ambiente si rimane sempre. Un rugbista è come un carabiniere, anche dopo aver lasciato continua ad esercitare”. E chissà che in quei momenti non ricordino anche di quel periodo di imbattibilità casalinga durato due anni. “Per due volte consecutive stavamo per approdare alla seconda lega di serie A, unica squadra senza stranieri. E per far capire quanto il campionato potesse essere impegnativo, basti sapere
Massimo Cozzi, vecchia gloria della squadra teramana, racconta uno sport fuori da ogni retorica che la trasferta più vicina era ad Imola”. Certo che in una simile situazione solo la passione può essere la vera matrice. Perché nel Belpaese il problema di uno sport che non sia il calcio è sempre quello relativo alla difficoltà di trovare un valido sostegno economico. Oggi come ieri. Ed è anche per questo che, da cinque anni la Cus Teramo organizza la Giornata della Birra, nostrana kermesse di musica locale e internazionale, che permette un autofinanziamento per la copertura delle spese di trasferta e di organizzazione. Ma nonostante tutto, gli attuali dirigenti ed allenatori delle categorie (under 12, under 14, under 16, under 18 etc), tutti ex tecnici ed ex ‘commilitoni’, lavorano a titolo quasi gratuito, con il solo rimborso spese. In tempi di crisi, come è possibile questo? è la natura stessa del rugby che suggerisce la risposta: “Questo è lo sport più naturale che esista - afferma Cozzi -. Due bambini qualsiasi di fronte ad una palla cosa fanno? Uno la prende con le mani e scappa, l’altro l’insegue. Nasciamo dunque tutti rugbysti e crescendo degeneriamo - ride - e diventiamo calciatori”. Perché un giovane dovrebbe innamorarsi del pallone ovale? “Trovatemi uno sport di squadra più del rugby. Innanzitutto si gioca in quindici, per cui è anche più difficile che emergano gli individualismi. E poi è davvero un gioco per tutti, alti o bassi, grassi o magri. Per questo io dico, se vostro figlio non ha il fisico per fare altri sport, portatelo a fare rugby, che davvero accoglie tutti”. Diamo uno sguardo a come si muove a
trentaquattro anni dalla sua nascita la squadra di cui Cozzi è stato anche tesoriere per lungo tempo: “Oggi la prima squadra è formata da due nuclei, nettamente distinti per l’età. Quello più giovane è ricco di ventenni molto talentuosi, con buone prospettive di riuscita futura. O se vogliamo scendere di categoria, nell’under 16, ad esempio, gioca Simone Riccioni che è davvero un fenomeno. Diciamo che, se non a livello di risultati, oggi ci troviamo nella miglior situazione da quando faccio parte di questo ambiente”. Non mancano certo i problemi: “La cosa più importante è avere un centro che sia realemente efficiente. Da un anno e mezzo abbiamo a disposizione lo stadio Comunale. C’è un’intesa col comune che dovrebbe adattare una vecchia struttura con criteri di ultima generazione, in modo da poterne usufruire in concomitanza con l’abbattimento della nostra sede attuale. E speriamo realmente che sia così, perché un campo nuovo permette di avere una formazione giovanile seria, con tutti i crismi”. Con simili presupposti, la possibilità di rimanere senza tetto, una volta abbandonato il glorioso Comunale, sembra davvero catastrofica. “Senza stadio perderemmo completamente la giovanile. Oggi abbiamo oltre duecento tesserati, ed una categoria femminile di recente formazione che è arrivata seconda nel primo torneo disputato, a Tortoreto. Si smantellerebbe tutto. Ma la prima squadra non starebbe meglio, dato che non sapremmo dove farla trasferire fisicamente”.
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“Il mio campione battuto dalla Sla” di
Dino Cardarelli
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla), conosciuta anche come morbo di Lou Gehrig, dal nome del giocatore di baseball americano che ne fu colpito per primo, è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso. Le cause sono ancora sconosciute. Questo terribile male, che prosciuga nel fisico, lasciando però la mente lucida, è diventato tristemente famoso negli ultimi anni, per la sua diffusione abnorme nel mondo del calcio, dove ha un’incidenza 20 volte superiore rispetto alla popolazione comune. Il caso più conosciuto è senza dubbio quello di Stefano Borgonovo, ma tra gli ex atleti colpiti dalla malattia ce n’è anche uno che in passato ha vestito la maglia del Teramo Calcio. Si tratta di Moreno Solfrini, in biancorosso alla metà degli anni ’80, che da circa sette anni si trova a dover fare i conti con questa nuova condizione. A raccontarci il suo calvario la figlia Sarah: “Mio padre si è ammalato circa 7 anni fa. Non si è capito subito di cosa si trattasse. All’inizio i medici pensavano che fosse un tumore. è stato in cura a Milano, e lì si è scoperto che invece era Sla. I sintomi iniziali sono stati soprattutto quelli legati al linguaggio e alla difficoltà di parlare. Con il passare del tempo la situazione è peggiorata, e adesso mio padre si trova costretto a letto. Personalmente – continua Sarah –, non ho vissuto la cosa in modo diretto, perché, quando si è visto che stava male, i miei genitori hanno cercato di tenermi all’oscuro”. Un malato di Sla vede la propria vita completamente stravolta, e la cambia anche a tutti coloro che gli sono vicini: “Il problema principale – spiega ancora la Solfrini – è imparare a convivere con questa situazione, sia per me, che per mia madre, sulla quale è ricaduto tutto il peso della famiglia. Ci sono tante spese da affrontare, ma le difficoltà maggiori sono psicologiche. Vivi la sofferenza in prima persona, di fronte ad un malato che si rende conto di tutto quello che gli sta succedendo”. Stefano Borgonovo riesce a comunicare utilizzando un computer,
Moreno Solfrini stagione 1992-1993. Foto Sgattoni da www.sanbenedettooggi.it
per Moreno Solfrini invece questo non è possibile, date le sue condizioni: “Noi non abbiamo un computer – aggiunge Sarah –, perché mio padre si trova ad uno stadio più avanzato della malattia, e quindi non è in grado di utilizzarlo. Quando ci deve dire qualcosa lo fa tenendo lo sguardo fermo su una tastiera alfanumerica, e così riusciamo a capire i suoi messaggi”. Il caso di Solfrini non ha lasciato insensibili tutte le persone che lo hanno conosciuto, in primis amici ed ex compagni delle varie squadre in cui ha militato. Non è mancata la solidarietà, almeno da quando la sua storia è venuta alla luce: “All’inizio è stato tutto molto difficile – spiega ancora la figlia – perché mio padre non voleva che si venisse a sapere della sua malattia. Poi però, quando la storia è venuta fuori, abbiamo ricevuto la solidarietà di tante persone, specie dei suoi ex compagni di squadra, alcuni dei quali si sono dimostrati dei veri amici. Altri invece, sono scomparsi e ci hanno abbandonato”. Diverse le iniziative organizzate, specie a San Benedetto del Tronto, città nella quale Solfrini ha giocato.
La figlia di Moreno Solfrini, ex gloria del Teramo, racconta il calvario del padre colpito dalla grave malattia che si sta diffondendo proprio nel mondo calcistico.
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Amichevole Teramo-Sulmona 6-2 ricordiamo Lanciaprima che in tutta la sua carriera biancorossa accumulerà 123 presenze per un totale di 50 goal. La partita fu divisa in tre tempi. TABELLINI: Teramo: 1° Tempo Poilucci, Zecchi, Trapani, Di Santo II, Viani, Ventura, Bertacca, Creziato, Argentieri, Di Santo I, Lanciaprima. 2° Tempo: Pallozza, Amichetti, Di Felice, De Angelis, Viani, Ventura, Bertacca, Creziato, Trevisanato, Di Santo I, Lanciaprima. 3° Tempo: Poilucci, Trapani, Zecchi, Di Santo I, Viani, Ventura, Argentieri, Creziato, Di Santo II, Trevisanato, Lanciaprima. Allenatore: Rebuffo Arbitro: Paolone di Pescara Reti: p.t. Creziato, s.t. Lanciaprima, Creziato, Argentieri, Viani e Lanciaprima
Amarcord Biancorosso
Per questa quarta puntata di Amarcord Biancorosso prendiamo in considerazione un vecchia amichevole disputata dal Teramo, che allora si chiamava A.S. Teramo, contro il Sulmona, incontrato anche quest’anno in Eccellenza. Il Teramo stravince 6-2 al Comunale che aveva subito delle modifiche necessarie per il campionato di Serie C 1939/40. I lavori di ammodernamento dell’impianto costarono in totale 35.000 lire divise tra società e comune che ne versò 16.000. Questi ritocchi consistevano nell’ampliamento degli spogliatoi, ammodernamento impianti interni, ampliamento della tribuna e costruzione delle gradinate per il settore del “prato”. Protagonisti del match
fansteramoblog@gmail.com
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Proprietari “al guinzaglio”
Educare i padroni per educare i cani a cura di
Francesca Alcinii*
I migliori amici dell’uomo
Sempre più spesso si possono osservare cani che portano a spasso i loro padroni, spiagge dove i nostri fido disturbano la quiete dei bagnanti, “ricordini” che qualche malcapitato calpesta lungo strade e giardinetti, palazzi dove l’abbaio incessante di qualche cane si protrae anche nelle ore notturne. Ma quanta colpa hanno i nostri amici animali in tutte queste situazioni? Sono effettivamente loro ad essere maleducati? “Non mi ascolta! È un testardo! Ma cosa devo fare?”, questa la richiesta di aiuto che maggiormente i proprietari mi rivolgono, credendo che il modo di comunicare del cane sia simile al nostro. Non è così. L’errore principale nel comunicare con un animale, in questo caso il cane, è pensare che loro attribuiscano un’importanza al linguaggio verbale simile alla nostra. In realtà la loro comunicazione è basata soprattutto sul linguaggio non verbale. Compreso questo concetto, è necessario che il proprietario apprenda quali sono i segnali che il cane percepisce, come ad esempio la mimica facciale e l’uso del nostro corpo nello spazio (la cosiddetta prossemica), e quali sono i segnali che il nostro animale ci manifesta ed il loro significato. Guardare il mondo con gli occhi del cane ed immedesimarci in esso, ogni qualvolta vogliamo stabilire un contatto con lui, ci apre le porte a nuovi mondi, in particolar modo quelle del “nostro” mondo, perché ci scopriamo diversi, capaci di cose che con gli uomini forse non faremmo mai, sperimentiamo nuove emozioni e sono proprio queste che educano il padrone. Emozionare il proprietario e consegnargli l’altro capo del filo della relazione uomo-cane, significa educare il proprietario. Non a caso la parola educare significa condurre fuori, dal latino e-ducere, quindi liberare, portare fuori qualcosa che è nascosto, ma che già esiste, in un certo senso ricordare! Molti episodi sopracitati non si osserverebbero più per le vie delle città, se ogni proprietario avesse una corretta e congrua comunica-
zione con il proprio cane. Importante diventa, inoltre, informare i proprietari su regolamenti e leggi riguardanti gli animali, in modo da renderli più consapevoli dei loro diritti e doveri, come ad esempio le leggi riguardanti i cani nei condomini, i regolamenti per gli accessi alle spiagge, il comportamento da assumere in luoghi pubblici, i permessi da avere per poter viaggiare con il proprio cane e così via. Un proprietario che conosce a livello normativo, etologico e zooantropologico il proprio animale è un padrone che si distingue dalla massa, ma soprattutto è un soggetto consapevole di vivere in modo pieno la sua relazione con il suo amico nella società, non escludendolo da importanti momenti di vita, lasciando giorno dopo giorno le impronte dei propri passi accanto a quelle delle zampe del proprio amico lungo le pagine bianche della vita. Non tutte le persone sono cinofile, alcune possono essere fobiche, altre possono essere allergiche, altre semplicemente indifferenti, l’importante è che nel rispetto di queste persone, chi ha un cane non lo deve “imporre” anche a chi ha deciso di non averne. Per questo i proprietari devono essere bravi a “far fare bella figura” ai propri amici con la coda, in modo da diminuire le antipatie verso di loro e le smorfie sul volto di chi osserva un padrone che non si china a raccogliere i bisogni del proprio cane. Molte persone non hanno una buona opinione dei cani e dei loro proprietari, appunto perché non viene dato il buon esempio di una civile, rispettosa ed educata convivenza con l’animale che da sempre è il miglior amico dell’uomo.
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Buone e cattive
abitudini alimentari Le ossa sono pericolosissime in quanto fungono da corpo estraneo, in particolar modo quelle di pollo e di coniglio che si scheggiano con una facilità maggiore rispetto alle altre. Questi piccoli frammenti aguzzi, una volta ingeriti, possono fermarsi in varie parti dell’organismo, creando notevoli danni per l’animale fino a portarlo, nei casi più gravi, al decesso. Cosa dare allora al posto dell’osso? Un bel tocco di pane duro che rinforza i denti, ha azione meccanica sul tartaro, lascia libero sfogo alla voglia di rosicchiare dei nostri cani, non rischia di perforare con le schegge i tessuti che incontra, è facilmente digeribile, e non contiene nulla che possa far male. Attenzione però ai cani obesi o a quelli che tendono all’obesità. Per loro ci sono tante altre alternative in commercio.
“Ho bisogno di te” Uno dei tre cagnolini, appena arrivati al canile, è stato adottato. Gli atri due sono Minù, la mamma, di circa un anno/un anno e mezzo, e Mietta, la figlia, di circa 5 mesi.
Minù & Miletta
Canili e associazioni che desiderassero trovare posto in questa rubrica potranno contattare l’indirizzo di posta elettronica direttoreprimapagina@libero.it Per informazioni si può contattare il Canile comunale di Teramo, contrada Carapollo, Tel. 0861 324220
Miss è una femmina giovane, di forse un anno, molto affettuosa e dolce. è stata trovata dai medici veterinari asl fuori dall’edificio dove si effettuano le sterilizzazioni. Li ha aspettati tutta la mattinata fuori la porta seguendoli e scodinzolando in cerca di contatto. Sembra molto abituata alle persone.
Miss
*Dr. in tutela e benessere animale. Tel. 340.4992690
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Come migliorare stile di vita e fitness di
Paolo De Cristofaro*
Salute
Lo stile di vita è la modalità relazionale complessiva attraverso cui ognuno di noi, in quanto essere vitale, interpreta il proprio rapporto con il suo ambiente di vita e di lavoro. Fitness è, invece, parola inglese che significa “buona forma fisica nella sua globalità”, il che esprime anche un più elevato livello di benessere e di armonia della persona. Tuttavia, ciò che ostacola maggiormente uno stile di vita attivo e il raggiungimento di un buon livello di fitness, è che molte persone diventano ipoattive a causa dello stress e dei condizionamenti del proprio ambiente di vita e di lavoro. Altre invece, pur consapevoli della necessità dell’attività motoria, si arrendono se incontrano troppi ostacoli, specie se appartengono alle classi sociali meno abbienti. Infine, c’è da aggiungere che le persone affette da disabilità fisiche e psichiche si trovano ad essere frequentemente disincentivate, discriminate ed emarginate, per cui sono impossibilitate a praticare una attività fisica metabolicamente efficace. A tal proposito occorre ricordare che l’attività fisica metabolicamente attiva è quell’attività di moderata intensità, che accelera il battito cardiaco e accresce il metabolismo a riposo da 3 a 6 volte (3-6 equivalenti metabolici) che deve essere incentivata soprattutto in quelle persone che hanno problemi metabolici. Per assurdo, in molti contesti sportivi, si trovano ad essere emarginati soprattutto coloro che si gioverebbero maggiormente dell’attività fisica, in particolare proprio gli obesi. Molte palestre, in verità, non sono ancora adeguatamente attrezzate per accogliere chi ha un problema di obesità o chi ha bisogno di praticare il fitness metabolico. Da nostre indagini è emerso che la maggior parte delle macchine
in uso nelle palestre sono tarate a 110 kg, per cui escludono l’utilizzo da parte di persone che hanno un serio problema di sovrappeso. è auspicabile che le palestre coprano, con sempre maggiore professionalità e con pacchetti e proposte specificamente studiate, questo tipo di bisogno. Sono state fatte ricerche per indagare le condizioni che ostacolano la pratica dell’attività fisica (WHO 2002) e sono emerse le seguenti motivazioni : - mancanza di tempo; - sensazione di inadeguatezza; - scarsa sicurezza dei luoghi in cui si potrebbe praticare attività fisica; - sentirsi spossati al punto da preferire di dedicare il tempo libero al riposo; - sentirsi già sufficientemente attivi. Il risultato finale di questa complessa situazione è che i due terzi della popolazione adulta (oltre i 15 anni) non raggiunge i livelli di attività fisica raccomandata. Migliorare lo stile di vita è, dunque, un importante obiettivo delle società industrializzate avanzate, che richiede complesse strategie per riprogrammare l’ambiente sociale e rendere la pratica dell’attività motoria naturale e necessaria. Nel frattempo, che ciò si realizzi (quanti anni ancora?) occorre realisticamente riconoscere che, come per la nutrizione umana esistono condizioni di ridotto apporto e di aumentato fabbisogno che hanno decretato il successo dell’integrazione alimentare, anche per l’attività motoria vanno riconosciute situazioni ambientali e lavorative che riducendo le possibilità di movimento spontaneo e riducendo l’esercizio di attività moderate/vigorose, richiedono di integrare l’attività motoria, in modo da ricostituire i livelli di attività fisica (LAF), compatibili con il manteni-
mento dello stato di salute e del benessere. Per questa ragione nel Centro Regionale di Fisiopatologia della Nutrizione di Giulianova, già da cinque anni si attua l’analisi dello stile di vita con l’Holter Motorio-Metabolico che non solo consente di individuare precocemente i soggetti ipocinetici, ma consente anche di individuare se l’ipocinesia riguarda il numero dei passi, oppure se riguarda le attività motorie spontanee, o se riguarda la riduzione delle attività ad intensità moderata. Tale diagnostico che abbiamo chiamato “Analisi Pluridimensionale del Movimento” consente di personalizzare la prescrizione motoria e di correggere lo specifico deficit motorio individuato. Per concludere, migliorare lo stile di vita significa evitare le correlazioni dannose tra attività fisica e diete restrittive e soprattutto significa promuovere con il supporto di specifiche competenze professionali, l’attività fisica per il benessere e “l’integrazione motoria” calibrata, piacevole e capillarmente praticabile, anche nei luoghi di lavoro “a rischio ipocinetico”, con importanti ricadute di tipo preventivo e terapeutico e con riduzione dei costi della salute. *Responsabile Centro Regionale di Fisiopatologia della Nutrizione Asl Teramo
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Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive Roberto Santoro (Magistrato)
Uno dei compiti di un moderno Stato di diritto è senz’altro anche quello di incoraggiare e tutelare lo sport ed ogni singola manifestazione che, di esso, rappresenti diretta manifestazione. In tal senso, occorre garantire non solo il regolare svolgimento di ciascuna competizione - agonistica o dilettantistica - ma anche assicurare l’incolume partecipazione del cittadino che vi partecipi in qualità di spettatore. Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti come principalmente gli stadi di calcio rappresentino troppo spesso il “campo di battaglia” ove frange impazzite di tifoseria sfogano istinti che ben poco hanno a che vedere con un sano spirito sportivo. Proprio allo scopo di arginare efficacemente il propagarsi di simili, inqualificabili episodi, il legislatore è intervenuto approvando la legge n. 401 del 13 dicembre 1989 – e successive modificazioni ed integrazioni – la quale, all’art. 6, stabilisce che nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore del luogo ove si è svolta la manifestazione sportiva ovvero si sono verificati i fatti giustificativi della misura, possa disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (c.d. DASPO) specificatamente indicate, nonché a quelli, pure specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono
alle manifestazioni medesime. Alle persone alle quali viene notificato il DASPO, il questore può prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell’ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell’obbligato o in quello specificamente individuato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto (che può avere ad oggetto anche competizioni sportive estere). Una volta emesso il provvedimento, il pubblico ministero - se ritiene sussistenti i presupposti indicati dalla legge - ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari entro 48 ore dalla notifica all’interessato. Il divieto di accesso e l’eventuale obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia non possono avere durata inferiore ad un anno e superiore a cinque e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, siano venute meno ovvero siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione. Da ultimo occorre solamente segnalare come, quantomeno in astratto, il trattamento sanzionatorio riservato in caso di violazione del DASPO sia sufficientemente rigoroso: il contravventore che non rispetti le prescrizioni imposte dal questore rischia, infatti, la condanna da uno a tre anni di reclusione ed il pagamento di una multa da 10.000 a 40.000 euro.
L’ indennità di accompagnamento di
L’indennità di accompagnamento, o assegno di accompagnamento, è prevista dalla legge 11.2.1980, n. 18, e costituisce un sostegno economico pagato dall’Inps che può essere erogato alle persone che non possono compiere gli atti quotidiani della vita, non deambulanti, e che necessitano, quindi, di una assistenza continuativa da parte di un’altra persona. La legge 18/80 è stata emanata in attuazione dell’art. 38 della Carta Costituzionale, in base al quale lo Stato deve garantire assistenza sociale e mezzi adeguati per le esigenze di vita in ipotesi di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria. Tale indennità è esente da imposte, in quanto costituisce solo un rimborso di natura forfettaria delle spese da affrontare per la situazione di invalidità; inoltre l’indennità è dovuta indipendentemente dal reddito del beneficiario e dalla composizione del suo nucleo famigliare. L’indennità di accompagnamento spetta anche: ai ciechi assoluti; alle persone che sono sottoposte a
Gianfranco Puca (avvocato)
chemioterapia o a altre terapie in regime di day hospital e che non possono recarsi da sole all’ospedale (Corte di Cassazione 25569/2008; 1705/1999); ai bambini minorenni, incapaci di camminare senza l’aiuto di una persona e bisognosi di assistenza continua (Corte di Cassazione 1377/2003); alle persone affette dal morbo di Alzheimer e dalla sindrome di Down; alle persone affette da epilessia, quotidiana o periodica. Secondo la normativa contenuta nel DPR 698/94, la domanda per l’accertamento dell’invalidità e per la concessione dei relativi benefici va presentata su apposito modello alla competente Commissione Medica presso la ASL di competenza territoriale, allegando la certificazione medica comprovante la minorazione o menomazione con diagnosi chiara e precisa e con l’espressa attestazione, ai fini dell’ottenimento dell’indennità di accompagnamento, che il richiedente è “persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” oppure che è “per-
(Eventuali tematiche da trattare possono essere segnalate all’indirizzo avvocato@studiolegalepuca.it)
sona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”. La domanda va sottoscritta dal richiedente stesso, cioè l’invalido, oppure dal suo legale rappresentante (uno dei genitori, se si tratta di minore, il tutore, curatore, oppure da altra persona che rappresenti il richiedente in forza di specifica procura). Poiché la domanda alla Commissione Medica può essere diretta anche all’accertamento e alla valutazione della situazione di handicap di cui alla legge n.104/92, è possibile richiedere, indicandolo nella domanda, oltre all’accertamento dell’invalidità civile ai fini dell’ottenimento dell’indennità di accompagnamento, anche l’accertamento della situazione di persona con handicap; in tal modo i familiari potranno utilizzare le agevolazioni previste dalla legge 104 cit., come, ad esempio, i permessi di lavoro o i benefici fiscali.
Angolo del legale
del dott.
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Dal volume “Una ricca...cucina povera” di Roberto Pelillo
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La “tiella” INGREDIENTI 1,2 kg di patate, 4 zucchine, 5-6 pomodori maturi (ma ancora duri), 3 peperoni, 1 melanzana affettata (e tenuta prima 2 ore “sotto sale”), ½ cipolla fresca, 1 spicchio di aglio, 200 gr. di pane grattugiato, 1 rametto abbondante di foglioline di prezzemolo, 3-4 grani di pepe (triturati), almeno 4 bicchieri di olio di oliva, sale q.b.
Preparazione Prendiamo gli “odori” e li tritiamo, tenendoli da parte perché andranno in ogni strato. Utilizziamo una grande pentola da forno (del tipo e dimensioni di un timballo) e formiamo degli starti sovrapposti di ingredienti, mettendo all’inizio e ad ogni
strato un po’ di olio e aromi. Dal fondo si inizia con le patate, tagliate non molto spesse e sopra zucchine, peperoni, melanzane e, sopra a tutti, i pomodori tagliati a metà su cui spargeremo pane grattugiato e ancora olio e quel che resta
degli odori. Si inforna tenendo a cuocere per almeno 45-50 minuti. N.B. Forno inizialmente già caldo e cottura a 180°.
La ricetta del mese
Crostata campagnola di fichi e mandorle INGREDIENTI Per la pasta: 450 gr. di farina, 2 uova intere + 3 tuorli, 100 gr. di zucchero, 150 gr. di burro. Per il contenuto: 5 arance, 1,2 kg. di fichi (puliti), 150 gr. di zucchero
Preparazione Mettere in acqua fredda le arance avendo l’accortezza di forellare (4-5 punti al massimo) la scorza. Cambiare l’acqua fredda almeno due volte e girarle spesso. Lasciarle in acqua. Il giorno dopo scolare le arance e “scottarle” in acqua già bollente per 2-3 minuti al massimo. Buttare l’acqua e ripetere l’operazione. Scolare le arance e affettarle (senza la scorza) a fette abbastanza sottili. Collocarle in una padella con lo zucchero e poca acqua per farle caramellare e, quindi, indorare. Preparare, intanto, la farina a “fontana” e versarci le uova, il burro e lo zucchero ed
amalgamare fino a formare una pasta morbida che si andrà a stendere con un matterello fino a realizzare una sfoglia. Imburrare una tortiera da forno e mettervi la sfoglia, curando di coprire regolarmente il fondo e le pareti. Mettervi sopra le arance ed i fichi (affettati) e versarci lo sciroppo delle arance. Mettere in forno (200°) lasciando cuocere e dorare.