PrimaPagina febb. 2011

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4 feb. / 2011

Gentile direttore, la presente a sostegno dell’articolo comparso nel numero gen.2011 “Parioli dimenticati” infatti vorrei segnalare il peggioramento delle condizioni del manto d via Fonte Baiano all’altezza del numero civico 78, il quale non è stato interessato dai recenti lavori, nonostante un aumento del dislivello -come facilmente riscontrabile nelle immagini allegateCordiali saluti Alessandro Scenna Grazie per la segnalazione e il “sostegno”. Speriamo servano… Egr. Santarelli, complimenti per la proprietà della testata del mensile. Lei ha fatto bene a farlo sapere a tutti di chi è il periodico, ma è anche stato zitto sul fatto evidente di chi comanda davvero. Non può negare che c’è un direttore generale occulto, un vecchio giornalista che dirige anche un altro mensile e che ha a Prima Pagina la sua più stretta collaboratrice che figura direttore responsabile. Poi ci sta un’altra cosa da chiarire. LEI parla di indipendenza ecc ecc, ma ci sono tanti segnali che indicano una certa linea.Vediamo questo numero d1 del 2011. Un articolo – guarda caso – di Tiziana Mattia che fa domande a Martelli e che gli fa fare critiche Al centro destra di Chiodi. Due attacchi di Di Nino, uno al Comune del centro destra di Brucchi ed uno al BIM definito dal mensile (è un titolo messo dalla direzione, no?) ente inutile. Grasso che cola per la sinistra. E poi va bene approfondire un argomento ma tante e tante pagine caritas, sembra una ristampa di Famiglia Cristiana in edizione locale.Per correttezza dico che mi sembra buono il settore che riguarda il settore legale sanitario ed anche le ricette sembrano sempre azzeccate, ma è noto che a Teramo si mangia bene. Comunque vada avanti e speriamo di vedere più equilibrio, non per affermazioni ma negli articoli che il direttore ufficiale ed il comandante effettivo fanno pubblicare. La mia firma è solo quella di un lettore modesto per studi ma attento a quello che succede qui da noi. Alberto Di Filippo, nato a Campli ma ora a Teramo Gentile lettore di Campli ora a Teramo, La ringrazio per i rallegramenti sulla dichiarata proprietà. Evidente che l’assenza di conoscenza personale la induca ad una temeraria quanto errata valutazione su “figuri” o “eminenze grigie”. C’è un passaggio a pag. 4 dell’edizione di Gennaio che le è sfuggito: “ in redazione, abbiamo diversi punti di vista, ma cerchiamo sempre di aiutarci a vederli meglio, per meglio rispettare chi legge.” Noi non consideriamo un “media” strumento di personali sfoghi o concertati attacchi, peggio ancora quale arma di ricatti.

Quello che Lei apostrofa come vecchio giornalista, lo trovo quanto mai giovane ed attuale nell’intelletto, non solo è Direttore di una testata ma ne è il proprietario e non vedo quale vantaggio possa trarre nell’ esercitare un condizionamento su PrimaPagina essendo già libero di scrivere e pubblicare ciò che pensa senza possibilità di discussione alcuna. Mi sfugge perché la dr. Tiziana Mattia (nostro Direttore) non possa dirigere la testata e allo stesso tempo collaborare con altra. Per quanto ci riguarda interpreta correttamente il suo ruolo e la sua direzione è equilibrata e competente. Mi permetta, invece, di suggerirLe l’attenta lettura di giornalini locali ove il conflitto di interessi è palese e veramente grave, almeno dal mio punto di vista. In materia,l’ambiente teramano esprime una anomalia (tra le tante) tutta “sui generis” : direttori che amministrano ed Editori indaffarati a pensare ad altro che non riflettono sui contenuti delle loro testate. Viene da chiedersi come facciano e perché. Per noi il vero Padrone è il mercato, l’unico che ci consente di “tirare avanti”, non siamo beneficiari di prebende. Ben vengano le critiche quando occorrono, qualunque sia il presunto orientamento politico, semmai di questi tempi ce ne fosse. Comunque rischiando di sembrarLe presuntuoso, provi (se ha tempo) a rivedere l’edizione in questione, magari scoprirà che la valutazione è stata dettata dalla fretta. La ringrazio dello sprone a proseguire, La invito a continuare a seguirci. Troverà sempre In PRIMAPAGINA equilibrio ed eleganza. La mia firma, come la sua, è modesta anche per studi ma è quella di un romantico sognatore. Enrico Santarelli Proprietario della testata “PrimaPagina”

Per scrivere a PrimaPagina

Per una risposta privata inviare alla redazione specificando il titolo dell’articolo o della rubrica Via Costantini n.6 64100 Teramo Indirizzi mail: redazione@primapaginaweb.it direzione@primapaginaweb.it sito internet: www.primapaginaweb.it telefono/fax 0861. 412240


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In copertina:

Si ringraziano gli inserzionisti per il loro sensibile contributo che consente la pubblicazione e la divulgazion del periodico. Edito da E.C.S. Editori srl Via Costantini, 6 - TERAMO Tel. 0861. 250336 Fax 0861.412240 direzione@primapaginaweb.it redazione@primapaginaweb.it PROPRIETARIO DELLA TESTATA

Enrico Santarelli

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n. 605 del 14/07/09 n. 20081 E.C.S. Editori srl Via Costantini, 6 - Teramo Tel. 0861. 250336 Fax 0861.412240 direzione@primapaginaweb.it Iscr. Roc. 20081 F. Carboni Mira Carpineta Vincenzo Castaldo Paolo Cajano Daniele Cianci Michele Ciliberti Paolo De Cristofaro Gianni Di Giacomantonio Lorena Di Giambattista Luca Di Mattia Valter Di Mattia Giulia Paola Di Nicola Ivan Di Nino Laura Di Paolantonio Marina Grossi Antonella Lorenzi Matteo Lupi MattoMattiaPompei Federica Mazzoni Giuseppina Michini Alessandra Morelli Daniela Palantrani Vincenzo Lisciani Petrini Barbara Pojaghi Gianfranco Puca Errico Recanati Raul Ricci Fabio Rocci Valerio Vinod Silverii Oscar Straniero N. Viandi Guido Visconti Dr. Daniele Cianci

Nicola Arletti Pegasus Communcations Poste Italiane 16 Febbraio 2011

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di Guido Visconti

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Una scommessa da vincere

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Ruzzo: così l’acqua diventa salata

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Identikit Polizia Provinciale

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Il senso del tempo

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Il sogno giovane della musica

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A Cuba alla ricerca dello scorpione “salvavita”

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Genitori separati e mantenimenti dei figli

Emisfero Violenza (foto free royalty from internet)

Scienza del clima tempi lunghi e molta pazienza

di Mira Carpineta di Ivan Di Nino di Daniela Palantrani di Oscar Straniero di Vicenzo Lisciani Petrini di Raul Ricci di Gianfranco Puca

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Focus on Emisfero Violenza Oggi, la “violenza di genere” pare infiltrata anche su soggetti ritenuti ”normali”. Segno che è arrivata l’ora X È accaduto in una scuola elementare di Teramo, dove un genitore ha “rimproverato” la maestra del figlio per aver proposto una lettura, a suo dire, decisamente “violenta”. Così sul banco degli imputati è salito nientedimeno che il libro “Cuore” e, in particolare, il capitolo intitolato “La piccola vedetta lombarda”. Dove il giovane protagonista viene colpito da una fucilata nemica e sepolto con gli onori militari. Incredibile pensare a un De Amicis trasformato da scrittore “strappalacrime” e anche troppo “sdolcinato” a incitatore all’assassinio di adolescenti. E’ questa la morale del Duemila? Le ultime generazioni di genitori, sollecitate dalla cronaca quotidiana e, il più delle volte, da una buona dose di “ignoranza letteraria”, confondono il messaggio patriottico e degli alti sentimenti con la violenza spicciola e immotivata sbandierata dai mass media. Con il risultato che De Amicis, ignorato per anni proprio perché ritenuto ormai fuori moda, e riproposto per una sincera rilettura “elementare”, paga lo scotto dell’impopolarità. Emozioni e alti ideali, quelli sì, sono “out”. Ma i giovani genitori non se ne accorgono. Forse perché impegnati altrove. Dunque, di odierna morale parliamo questo mese con Marcello Martelli e affrontiamo, nel focus, il tema della violenza. Sulle donne e sui minori. Rimpiangendo quella “piccola vedetta” che tante lacrime faceva versare ai nostri nonni, ma allargava l’animo, subito dopo. Grazie De Amicis. Di “cuore”. Tiziana Mattia


6 feb. / 2011

Conflitti nel mondo Il ruolo del web Il dualismo tra l’informazione ufficiale e e quella delle piattaforme tecnologiche inizia ad assumere un connotato socialmente preoccupante l Maghreb, dopo decenni in cui ha cercato di trovare i giusti equilibri tra l’essere avanguardia del continente africano e dell’Islam e zona di contatto con le democrazie occidentali ed il vicino Israele, ora è scossa da cruente sollevazioni popolari. Che, nel caso dell’Egitto, pongono in uno stato di comprensibile apprensione le democrazie europee e nordamericane, preoccupate di pericolose derive confessionali di tipo integralista. Gli stessi Stati Uniti hanno espresso sostegno condizionato a Hosni Mubarak che, a detta della maggiore potenza mondiale, dovrebbe essere il traghettatore dell’Egitto da un sistema autoritario ad uno riformista, proprio mentre i cittadini si sollevano per la sua defenestrazione. Una sorta di schizofrenia politica e culturale: da una parte i sistemi occidentali sostengono il quasi deposto rais de Il Cairo, dall’altra milioni di cittadini affamati, esclusi ed evidentemente riottosi accettano lo scontro aperto per rovesciare Mubarak e il suo apparato nepotista. In tale contesto, non ci si risparmia colpi bassi ed illiberali. Alcuni giorni fa, le agenzie di stampa hanno diffuso le immagini di un dimostrante

tunisino freddato, alle spalle, da un cecchino della polizia, sotto gli occhi di migliaia di cittadini. Della situazione egiziana, parimenti, i media rappresentano una guerra civile in corso, nella quale ai tradizionali strumenti di repressione, si aggiungono nuovi e più sofisticati meccanismi di controllo, di manipolazione, di sospensione della comunicazione civica. Per ultimo, ma non da ultimo, i governi maghrebini hanno sentito la necessità di fronteggiare l’emorragia informativa generata dai social network che, a dispetto dei tradizionali mezzi di informazione (giornali, televisioni, radio, ecc.), sfuggono maggiormente alla cosiddetta. comunicazione selettiva e manipolativa. Il dualismo tra l’informazione ufficiale, cioè quella espressione delle tradizionali agenzie, e quella delle piattaforme tecnologiche inizia ad assumere un connotato socialmente preoccupante. Le vicende del Maghreb interrogano anche le coscienze civiche del nostro Paese, che rilevano – sempre più spesso – la diacronia tra le modalità informative assunte dai diversi attori della comunicazione e, non ultimo, dalle agenzie di senso.

la folla chiede le dimissioni di Mubarak


7 feb. / 2011

Il dimissionario Mubarak

Il futuro della informazione, ritengono i più qualificati studiosi, sarà sempre meno gestibile sia dai sistemi illiberali, ma anche da parte degli apparati democraticamente eletti. Già da tempo, ad esempio, i partiti occidentali tradizionali si propongono, oltre che attraverso le classiche dinamiche di penetrazione, anche attraverso i social network. Sarà il web il campo di dialogo, confronto e scontro delle future democrazie? E’ probabile ed è anche il motivo per il quale gli impianti di governo ad esso riservano particolare attenzione ed approfondimento.

la protesta in Egitto

GIANNI DI GIACOMANTONIO (SOCIOLOGO)

Obama, osservatore imparziale


8 feb. / 2011

Scienza del clima tempi lunghi e molta pazienza e il segno della popolarità di una scienza è quanto se ne parla in giro allora la scienza del cambiamenti climatici sembra occupare una posi-zione importante. Ritengo, invece, che l’eccessiva volgarizzazione di un problema scientifico lo danneggi irreparabilmente. Questo è quanto sta succedendo oggi quando si sentono le persone sempre più allarmate del-le alluvioni in Australia, del freddo intenso nell’Europa Centrale o negli Stati Uniti. Il tutto orchestrato dai media che non fanno altro che caval-care l’ansia e le apprensioni della gente. Eppure quella dei cambiamenti climatici è una scienza complessa molto di più di tante scienze esatte e blasonate (l’astrofisica ad esempio) perché richiede conoscenze in vari campi dello scibile che vanno dalla biologia alla geologia, alle teorie del caos. Non tutti questi aspetti sono quantificabili perché a differenza di quanto si vuol far credere non tutte le scienze si possono studiare con gli stessi metodi (la matematica ad esempio o la computer science). Anche se ci si limita ad un solo aspetto di questi problemi si rimane molto per-plessi. Prendiamo ad esempio il problema di attribuire l’attuale variabilità nel tempo meteorologico ai cambiamenti climatici. Ci sono molti aspetti che vanno a complicare il problema. Innanzitutto su quale variabile puntia-mo, la temperatura, la precipitazione e quale tipo, neve pioggia grandine. Inoltre quanto sono affidabili i confronti

fra quello che viene sicuramen-te rilevato oggi e quelli che sono stati i fenomeni in passato. Poi c’è la parte più difficile e cioè la simulazione di eventi severi del passato e di eventi attuali con condizioni iniziali che vengono cambiate con una ap-posta strategia. Questo problema è talmente complesso che oggi è nata una branca delle scienze del clima che si occupa solo della rivelazione e dell’attribuzione della influenza delle attività umane sui cambiamenti climatici. Il risultato di questi studi ha delle implicazioni nel campo della legislazione penale e civile. Pensate ad esempio se si potesse attribuire con certezza che un evento meteorologico di un certo tipo fosse dovuto all’aumento di gas di serra. In paesi dove la giustizia funziona le vittime dell’evento potrebbero far causa alle imprese produttrici di energia per avere immesso in atmosfera troppa anidride carbonica. Questo strano a dirsi è successo negli Stati Uniti e a dirimere in parte la questione di so-no chiamati degli studiosi dei cambiamenti climatici. In Inghilterra si sono fatte simulazioni per stabilire se le alluvioni del 2000 potevano es-sere attribuite al riscaldamento globale e la conclusione è stata che non è possibile farlo. Come si fa quindi a parlare con tanta leggerezza che il tempo è cambiato Allora non dobbiamo scordarci l’accademia (intesa come l’insieme dei ricercatori non necessariamente universitari) perché questa di volta in volta (soprattutto nei paesi an-

glosassoni dove esiste il famoso detto publish or perish) inventa le spiegazioni da hoc più fantasiose e spesso scarsamente supportate dai fatti. La prima necessità è quella di far capire alla gente comune che la scienza del clima non è magia e quindi richiede tempi lunghi e pazienza che non si accordano con la fretta dei mass me-dia e quella di alcuni politicanti. Diceva Mark Twain, Il clima è quello che ti aspetti, il tempo è quello che ti becchi. Oggi qualcuno cambia in nodo esagerato questa frase con: Il clima è che quello che influenzi, il tempo è quello che ti prende. Ma d’altra parte mentre il tempo è facilmente osservabile, ma non sempre predicibile, il clima sembra invece predicibile, ma non altrettanto osser-vabile, se non su tempi che superano quelli di una generazione. Forse la strada da percorrere è quella del fumatore incallito che smette di fumare per evitare guai con la salute siano essi più o meno prevedibili. E l’altro aspetto è quello di rassegnarsi anche a dei cambiamenti nell’ambiente e nelle nostre abitudini. Non ci scordiamo che la Terra ne ha passate di si-tuazioni ben più gravi: pensate solo all’ultima glaciazione. E quindi la conciliazione di questi due aspetti contraddittori che richiede la nostra attenzione. PROF. GUIDO VISCONTI DOCENTE DI

FISICA DELL’ATMOSFERA E OCEANOGRAFIA ALL’UNIVERSITÀ DE L’AQUILA


9 feb. / 2011


I festini di Arcore e la “ricetta” di un grande abruzzese Morale e moralità, moralisti e moralismi. Stanno tornando di moda vocaboli archiviati da un bel “gruzzolo” di anni? Intanto, la prima “vittima” teramana di questo “nuovo senso del pudore” riesploso rumorosamente tra certi scranni della politica, è un notissimo cultore dei buoni sentimenti, quell’ Edmondo De Amicis che con il suo libro”Cuore” tante generazioni di bambini aveva tirato su bene, tutto sommato. Che sta succedendo, dunque, alla società dei costumi dilatatissimi e dei finti scrupoli di coscienza? Lo chiediamo a Marcello Martelli, giornalista e scrittore (nonno, soprattutto), che sull’argomento offre una sua riflessione, aprendo il nuovo numero di questa apprezzatissima rubrica. De Amicis e il libro ‘Cuore’ fuori moda? Non è una novità. Altri sono i modelli di riferimento per i ragazzi e, in primis, per la mamma e il papà di oggi. Tv e mitici protagonisti come quelli in cattedra al Grande fratello hanno ormai cancellato gli eroi di un passato neppure tanto lontano. Dalla Maestrina dalla penna rossa di allora siamo alle veline e alle escort di oggi. Persino il Tricolore nazionale era finito in cantina, dimenticato e rinnegato anche da chi, finalmente, cerca di recuperarlo. E non avrebbero potuto fare diversamente, in tempi di celebrazione del 150° dell’Unità d’Italia. Ma non solo il recupero della bandiera nazionale, avremmo bisogno anche del ritorno, sulla scena nazionale, di un Edmondo de Amicis. Con il libro “Cuore”, ai suoi tempi, ebbe molto successo e diventò lo scrittore più letto, insegnando ai giovani le cosiddette “virtù civili”. Vale a dire l’amore per la patria, il rispetto per le istituzioni e i genitori, lo spirito di sacrificio, l’eroismo, la carità, la pietà, l’obbedienza e la sopportazione delle disgrazie. Hai detto che maestri come de Amicis educavano i giovani, fra l’altro, al rispetto delle istituzioni. Ma non è una missione difficile, adesso, con certi cattivi esempi che arrivano dall’alto? Attenzione a non generalizzare. I buoni esempi non mancano nella nostra società, anche se non riescono spesso a prevalere sul peggio che c’è e che domina la scena. Con effetti devastanti. Consentiamo di salire in cattedra solo ai veri maestri e a coloro che hanno le carte in regola. Mettiamo in ombra i falsi miti. Usiamo il telecomando contro gli spacciatori di immoralità e ignoranza, che ormai sono diventati -ahinoi!- maggioranza schiacciante. E sui “festini di Arcore” che idea ti sei fatta? Non emetto sentenze sommarie come si usa fare nei tribunali mediatici delle tv e dei giornali. Preferisco aspettare le sentenze della magistratura, che arrivano, quando arrivano, a conclusione dei tre gradi di giudizio. Mettere il carro avanti ai buoi, come normalmente si fa, è uno sport che non mi piace. E’ una barbarie vera e propria. Ma di un primo ministro che passa le serate in così allegra compagnia, cosa pensi? Che nessuno possa permettersi di entrare nella vita di una persona, anche se trattasi di un leader politico. Altro discorso è se, durante quelle serate, si verificano reati penalmente rilevanti, che spetta alla magistratura accertare e punire. Senza riguardo per chicchessia. D’accordo per l’aspetto penale. Ma per quello etico e morale, cosa dici? Il giudizio sulla morale lasciamolo alla coscienza di ciascuno e al prete nel confessionale. L’importante è non confondere le due sfere, quella dell’etica e l’altra giudiziaria o penale. Una confusione che invece si è verificata per le note vicende che hanno coinvolto il premier Silvio Berlusconi. Il

quale avrebbe diritto a vivere la sua vita privata, senza che Rosy Bindi si senta in diritto di andare a frugare fra le lenzuola. Liberi i giudici, poi, di accertare eventuali responsabilità penali. E invece? Abbiamo assistito al solito copione. Ad un grande processo celebrato in tv e sui giornali, con sentenze mediatiche sommarie e grande “sputtanamento” di uomini e pubbliche istituzioni in particolare. Facciamo una ipotesi: se la sentenza dei giudici vera e di garanzia per tutti (lentamente, ma arriverà) dovesse smontare ogni accusa, come si riparerebbe al danno grave procurato a uomini e istituzioni? Conclusione? Come si esce, secondo te, da un labirinto che avvelena la vita nazionale, per questa come per altre vicende? Da più parti sento dire ormai che non viviamo in un paese normale. Dovremmo rientrare tutti velocemente nella normalità, tornando al rispetto reciproco e alla salvaguardia della comunità nazionale. Magari approfittando dell’evento delle celebrazioni per l’Unità d’Italia, da trasformare in un’occasione di riscoperta e rilancio dei valori di democrazia e convivenza nazionale. Che vanno poggiati non su sterili parole e vuota retorica. Un impegno per tutti. Da concretizzare in che modo? Ad assistere a certi scontri in tv e in altre arene “de toros”, si capisce che tutti i contendenti ritengono di essere dalla parte del vero e del giusto, e via con il muro contro muro. Un disco incantato, senza via d’uscita. Si dovrebbe, invece, rovesciare la padella e ripartire dall’idea che tutti abbiamo torto, almeno un po’. Solo così sarà possibile far cessare la canea impazzita, ripristinando sani e corretti rapporti di convivenza. Con i cittadini che tornano a fare i cittadini, i politici i politici e i magistrati i magistrati. Senza prevaricazioni e straripamenti, nel rispetto rigoroso delle leggi e delle regole. Ma non è una pia illusione, la tua, considerato il punto in cui si è arrivati, con le istituzioni messe sotto i piedi di chi pure dovrebbe rappresentarle e onorarle, e l’insulto come normale mezzo di comunicazione? Sarà pure una utopia e non vorrei illudermi troppo. Al riguardo consiglio la rilettura di un grande abruzzese dimenticato, Panfilo Gentile, grandissimo pensatore tornato di stringente attualità, che attaccò i clientelismi e l’abuso di potere degli apparati della politica, scagliandosi contro mandarinati e degenerazioni oligarchiche della democrazia. In che cosa potrebbe essere di aiuto un pensatore come Panfilo Gentile, oggi? Non hai detto che ormai è confinato nell’oblio? Consiglierei una lettura o rilettura dei suoi libri a tutti e, naturalmente, ai giovani. Dall’alto del suo liberalismo aristocratico, della sua cultura e saggezza, Panfilo Gentile ci ricorderebbe, come ha lasciato scritto in una delle sue opere migliori: “Ci sono epoche della storia in cui si può andare avanti soltanto tornando indietro. Sono le epoche di decadenza, nelle quali una civiltà che si diceva acquisita si viene disfacendo sotto i nostri occhi costernati”. Proprio così: per salvarci, urge tornare indietro.

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11 feb. / 2011

Teramo e provincia contributo all’Unità

Anche se trascorsi 150 anni, è difficile dire che, fatta l’Italia, siano stati fatti pure gli Italiani. Anzi, pessimisticamente, si può affermare che gli italiani non siano proprio stati fatti, cioè, non costituiscono ancora un unico popolo che si riconosce in radici comuni e con un forte senso di appartenenza, come voleva il Mameli. Già subito dopo aver raggiunta l’unità politica, la Destra Storica aveva imposto un’organizzazione amministrativa di tipo centralistico contro l’opinione non solo dei federalisti ma anche della Sinistra in genere. Eppure, al di là della visione che voleva il sud come terra di conquista da parte dei Savoia e l’esercito piemontese come “ultima calata dei barbari” , bisogna considerare che la stragrande maggioranza delle popolazioni dei diversi Stati della penisola, facendo leva sull’insofferenza alle imposizioni della Restaurazione e sull’onda dell’entusiasmo dell’impresa dei Mille, ha contribuito e aderito al processo di unificazione in modo veramente plebiscitario. Il territorio teramano, per la sua ubicazione geografica e per la sua appartenenza politica, ha espresso sentimenti e posizioni contrastanti nei confronti dell’Unità sotto i Savoia. Teramo stessa ha accolto, in diverse occasioni e prima dell’unità, con scene di giubilo i sovrani Borbonici e/o i suoi rappresentanti in visita alla città. Occorre, pure, tener presente che il Tronto marcava il confine tra un consolidato regno unitario del sud e i numerosi Stati del nord, la cui frammentazione politica è da attribuire a cause diverse. Nella prima metà dell’Ottocento il fiume opponeva lo Stato Pontificio a quello Borbonico. Le popolazioni, pertanto, risentivano di questo retaggio storico e, a seconda delle difficoltà del momento, insorgevano o difendevano i Borboni. L’era

napoleonica, ad esempio, aveva creato un clima di avversione all’ancien regime, premessa dei successivi moti insurrezionali, da parte di tanti intellettuali e dei “rei di Stato”, che non erano semplici briganti ma autentici patrioti che lottavano contro i soprusi e le malvessazioni dei regnanti. D’altra parte non è da dimenticare l’Orazione funebre per la morte di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, pronunziata da don Alessandro Tonelli, il 4 giugno 1859, nella chiesa di S. Agnese a Corropoli. Il malcontento era generato dalle pessime condizioni di vita in tutta la provincia teramana, la cui economia era legata al solo settore primario (agricoltura, pastorizia, pesca e artigianato per soddisfare le esigenze del settore e della vita quotidiana). Il primato raggiunto dal regno borbonico in tanti ambiti (industria, marineria, credito bancario, tecnologia: illuminazione pubblica, telegrafo, ferrovia, ecc.) era pur sempre limitato alla capitale e ad esclusivo vantaggio della casa regnante, mentre il popolo ne restava escluso. Da questa contraddizione nasce il contributo della provincia all’unità, anche se l’ultima resistenza ai piemontesi venne proprio dalla fortezza di Civitella del Tronto, arresasi il 20 marzo 1861, dopo che il nuovo parlamento, 1l 17 marzo, aveva decretato l’unità politica del paese. La provincia di Teramo ha dato un fattivo contributo al processo di unificazione con tanti carbonarie garibaldini come i fratelli Pasquale ed Emidio Giordani da Teramo e la moglie di quest’ultimo, Maria Imbastaro, di Corropoli. Ai molti patrioti si aggiunge pure Adolfo Borgognoni, letterato e intellettuale, nato a Corropoli, grande mazziniano convinto, come dimostra la sua corrispondenza con Aurelio Saffi MICHELE CILIBERTI


12 feb. / 2011

Una scommessa da vincere Intervista a Benigno D’Orazio D’Orazio, presidente del Parco marino Torre del Cerrano-Pineto DI

MIRA CARPINETA

Area Marina Protetta del Cerrano è stata istituita qualche anno fa, ma l’attività vera e propria del Parco è iniziata da pochi mesi. Al presidente, Benigno D’Orazio, chiediamo di fare il punto della situazione. Il Parco Marino del Cerrano è stato avviato nel 2007 con la costituzione del consorzio, ma di fatto è rimasto inoperativo fino al maggio 2010, perché solo allora è stato costituito il consiglio di amministrazione come definito nel decreto che istituiva appunto l’Area Protetta Torre del Cerrano. A sei mesi dall’inizio dell’attività, abbiamo già ottenuto dal Ministero il finanziamento di diversi progetti, a cui collaborano anche alcuni enti locali come il Comune di Silvi, la Provincia di Teramo e la Regione Abruzzo. Il Comune di Pineto, probabilmente per motivi economici, non è ancora riuscito ad erogare alcuna risorsa, ma immaginiamo che presto si unirà agli altri enti. In questi primi mesi l’attività è stata a dir poco turbolenta, nel senso che abbiamo già avviato diversi progetti, alcuni già finanziati, altri in fase di esame e altri ancora in corso di perfezionamento. Che tipo di progetti? Abbiamo realizzato a Silvi la porta del par-

co, tensostrutture mobili già utilizzate per fare dei corsi di educazione ambientale, degli info-point per educare sia i cittadini che i ragazzi o i turisti a questa presenza del parco, al rispetto della natura e alla valorizzazione del territorio. C’ è spazio anche per la ricerca?

Benigno D’Orazio

Per quanto riguarda la ricerca, abbiamo già delle convenzioni in essere sia con l’Università di Teramo che con altri atenei e con l’Istituto Zooprofilattico. Indubbiamente la ricerca avrà una parte importante nella nostra attività.Vi puntiamo molto anche per sviluppare una co-partecipazione del territorio e dei suoi abitanti. Un esempio di questa politica il progetto legato alle vongolare. Da un lato i soggetti che vivono il mare si erano trovati di fronte a una barriera quasi invalicabile, mentre la soluzione che passa attraverso la ricerca ha permesso di stimolare i pescatori all’utilizzo di attrezzature meno impattanti, che hanno dato la stessa resa in termini economici, senza penalizzare il nostro fondale marino. Con i vongolari abbiamo anche un accordo per collaborare alla pulizia dei fondali, dove si trova veramente di tutto, in modo da rendere i pescatori protagonisti e responsabili della vita dell’area protetta. Quali gli obbiettivi a cui tendete? In questo caso specifico, riuscire a creare un prodotto, garantito e tutelato, di vongole del parco che chiameremo “la paparazza del Cerrano”, un prodotto praticamente doc realizzato in ambiente pulito che ha la sua importanza anche da un punto di vista commerciale. A questo scopo abbia-


13 feb. / 2011

CHI È Benigno D’Orazio, 49 anni, avvocato, è nato a Lanciano (Ch). Dopo gli studi liceali a Roseto (Te), si laurea a 23 anni, con il massimo dei voti e la lode presso la Facoltà di Giurisprudenza de “La Sapienza” di Roma. Nel 1988 è eletto consigliere comunale a Pineto e ricopre l’incarico di assessore all’Urbanistica. Dal 1995 al 2008 ricopre ininterrottamente la carica di consigliere regionale con incarichi importanti. Da maggio 2010 ad oggi è presidente dell’Area Marina Protetta Torre Del Cerrano

mo costituito una società che si occuperà della promozione e commercializzazione delle nostre tipicità anche unendole ad altri prodotti del nostro territorio. Nella manifestazione organizzata a Silvi, la Porta del Parco, abbiamo realizzato un piatto contenente sia la vongola del parco marino che il tartufo del Gran Sasso. La “tagliatella dei due parchi” ha attirato l’attenzione anche dei media nazionali, che realizzeranno un servizio su questo progetto. Inoltre, stiamo preparando una convenzione con l’Arta e con i pescatori per monitorare anche i fiumi, perché riteniamo che l’inqui-

Torre del Cerrano

namento maggiore provenga da lì. Come si è visto, la scorsa estate, sulla costa teramana nord. Stiamo cercando di evidenziare le criticità di questa zona che è molto ampia, non è una baia, non è circoscritta e quindi risente delle alterazioni dell’ambiente circostante, per il perseguimento di una vera difesa dell’ambiente marino. Maggior attenzione su scarichi, utilizzo del litorale e delle pinete. Quante persone lavorano nel Parco? Abbiamo previsto una pianta organica di 15 persone che deve essere ancora approvata dall’assemblea del Parco, anche perché alcune risorse saranno messe a disposizione dai comuni di Pineto e Silvi e dagli altri enti locali. Questi progetti prevedono anche rapporti con altre istituzioni al di fuori del nostro territorio? Certo, abbiamo collaborato con l’ Univer-

comunità? Un parco deve essere innanzitutto un investimento che lo Stato fa per valorizzare le sue risorse. La tutela, la protezione della natura e l’educazione ambientale hanno un senso quando la collettività ne riceve i benefici. altrimenti abbiamo perso la scommessa.

Contatti del Parco Torre del Cerrano Area Marina Protetta

www. torredelcerrano.it w w w. L i 8 L i . c o m

2.2409

Veduta dell’Istituto

sità Federico II di Napoli, con l’Università di Camerino, ma anche con società commerciali. Normalmente per avviare un progetto come un’area marina protetta occorrono cinque anni, noi in pochi mesi abbiamo già dato vita a diverse attività e i primi risultati stanno già arrivando. Un esempio su tutti il progetto bike –sharing, con il quale vorremmo aprire le porte della torre di Cerrano e collegare in una lunga pista ciclabile Pineto e Silvi. Cosa importantissima, credo, dal punto di vista turistico, perché i turisti apprezzano molto questo genere di iniziative. Così come ritengo fondamentale un’apertura sempre maggiore della torre. Speriamo di poter in futuro delocalizzare la presenza dell’Istituto Zooprofilattico in modo da ampliare lo spazio a disposizione per le visite. Quindi la ricerca e l’ambiente possono essere anche fonte di ricchezza per la

le foto sono una gentile concesisone di Fabio

Vallarola

Un parco deve essere innanzitutto un investimento che lo Stato fa per valorizzare le sue risorse


“Il Rotary l’economia, l’azienda” Secondo l’imprenditore Vanni Di Giosia DI

MIRA CARPINETA

uasi” cinquant’anni, laureato in economia e commercio alla Luiss di Roma, Vanni di Giosia, imprenditore e attuale presidente del Rotary club di Teramo dice di se stesso: “Ho avuto la fortuna di avere come compagni di università Gianni Chiodi e Carmine Tancredi, due amici cari, ma dopo la laurea ho deciso di proseguire l’attività di famiglia piuttosto che optare per la professione di commercialista”. Per circa 20 anni ha affiancato il papà, poi ha proseguito nella sua attività imprenditoriale con la ferma convinzione che dal passato, dalla tradizione, si può trarre un valore che aggiunge al presente e consente di progettare il futuro: “Come imprenditore sento l’importanza del contenuto del passato come risorsa per scegliere e costruire il futuro, perché solo nella consapevolezza di ciò che si è o di ciò che si è stato, si può avere la giusta ambizione di realizzare desideri e obiettivi.” Com’è avvenuto l’incontro con il Rotary? Il club di Teramo ha una tradizione che dura da oltre 50 anni, quindi è una tradizione importante. Ne ho sentito il “peso” quando ho assunto la presidenza. E’ un club service, cioè i suoi contenuti sono portati dai soci. In pratica, dovrebbe essere lo specchio della società, in cui tutte le espressioni professionali che la compongono dovrebbero trovarvi spazio nelle forme migliori . Quando si parla di service si intendono interventi sul sociale, sulla cultura, rapporti internazionali, ma il Rotary è anche amicizia, eticità nei compor-

tamenti sociali e professionali. Vorrebbe e dovrebbe essere portatore di buon senso, soprattutto in un momento come questo in cui se ne avverte il bisogno. Quali sono gli ambiti o le iniziative che vi vedono coinvolti? Per sfatare il mito che i clubs non si riuniscono solo per mangiare (anche se una riunione conviviale predispone più serenamente alla ideazione di eventuali interventi), ma per dare luogo ad iniziative socialmente utili e importanti. Quattro anni fa, per esempio, progettammo il restauro del crocifisso ligneo che di recente è tornato ad essere esposto al duomo. Un’opera d’arte di un valore artistico anche superiore alla stima precedente il restauro. Nell’ultimo anno , in diversi appuntamenti, abbiamo cercato di attirare l’attenzione e stimolare la riflessione su diversi aspetti della cultura, dell’economia, delle domande sociali, abbiamo parlato di enogastronomia di qualità attraverso alimenti fondamentali come l’olio, il pane e il vino prodotti nel nostro territorio. Con l’ Inner wheel club e il colonnello Massimo Morico abbiamo parlato di meteorologia e di come questo argomento stia diventando un ulteriore motivo di stress nel nostro quotidiano. Di come il tempo influenzi l’economia e il mercato anche solo attraverso le previsioni, determinando l’andamento dei consumi di determinati prodotti, così come abbiamo stimolato riflessioni sull’importanza di una risorsa primaria come l’acqua. Tutte le nostre iniziative hanno lo scopo di indurre la società alla riflessione. Oltre alla divulgazione, in quali altre forme si esprime l’attività del club?

Abbiamo donato alla città una statua dedicata al multiculturalismo, La sua collocazione però non aveva sufficientemente stimolato l’attenzione sul tema. Su suggerimento di un famoso urbanista, abbiamo fatto spostare la statua in un luogo più idoneo a trasmettere il messaggio che il monumento doveva evocare, e cioè l’integrazione, il coesistere di multiformi aspetti sociali. Oggi si trova nei giardini Ivan Graziani, luogo frequentato da mamme, bambini, anziani, persone a passeggio che ne possono cogliere il senso di socializzazione, di partecipazione, di condivisione. A Natale abbiamo deciso di donare al reparto di pediatria e neonatologia dell’ospedale di Teramo un respiratore neonatale e a breve pubblicheremo un bando per un premio di laurea universitaria. Il futuro è dei giovani, e se ne riusciamo a promuoverne la crescita e i principi etici, possiamo garantirci il futuro. Inoltre, ogni due anni organizziamo un forum sull’economia teramana. Verso aprile parleremo di economia, ma anche di cultura e turismo. A proposito di economia, cosa ci aspetta secondo lei? Il futuro è nell’innovazione, ma non solo tecnologica. Innovazione è anche il comportamento virtuoso che genera altri comportamenti virtuosi. L’esempio è il messaggio “tutti abbiamo una funzione sociale importante”. Per questo, se riuscissimo a “seminare” comportamenti etici, facendo bene il nostro lavoro, metteremmo in moto meccanismi positivi che si ripercuoterebbero inevitabilmente su tutta la società. Questi sono i principi del Rotary, condivisi dall’imprenditore che è in me.


15 feb. / 2011


16 feb. / 2011

Ruzzo, così l’acqua diventa salata Ruzzo Si è visto come nel Ruzzo ci sia stata tempo fa una polemica per assunzioni non proprio ortodosse, ivi compresi anche moltissimi “letturisti”, cioè signori che andavano in giro esclusivamente per ‘leggere’ i contatori dell’acqua. Detti lavoratori tornavano poi in ufficio dove consegnavano il quaderno in cui avevano diligentemente scritto a mano le “letture” e un impiegato passava alla digitazione delle bollette al computer. Tale fatica durava circa dieci giorni e per il resto si passava il tempo in altro modo. C’è stato anche un tempo in cui i fontanieri, i terrazzieri e gli altri operai del Ruzzo parlavano fra loro tramite economici walkie-talkies. Poi l’avvento dei cellulari ha cambiato tutto. Inizialmente questi furono dati soltanto al direttore generale, al capoufficio tecnico e a pochissimi altri; non erano a disposizione nemmeno del capo-

struttura. Certo il telefono è costoso sia nell’acquisto che nella gestione, ma se non si dispongono di frequenze notevoli, è pressoché impossibile contattare un collega che sta lavorando all’altro capo della provincia con i walkies. Così si decise di allargare la base di utenti. Tali cellulari erano configurati in maniera che vi fossero tutti i numeri necessari: ufficio, Asl, comuni, quello dei colleghi, carabinieri, polizia, vigili del fuoco. I privati erano negati. Più che giusto, ma poi la solita politica di mano larga ha fatto sì che anche questi ultimi venissero sbloccati e che il Ruzzo –cioè noialtri- si trovasse a pagare bollette fantasmagoriche. Parrebbe inoltre, secondo voci di corridoio non confermate, che qualcuno si divertisse anche a chiamare i famigerati numeri dell’144. Si è così passati dall’ avere telefoni “blin-

dati”, ma con tutti i numeri che potessero avere anche una minima attinenza con il lavoro, alla più ampia anarchia. Altra fonte di spreco di denaro pubblico i contratti di consulenza esterna. A cosa serve assumere in pianta stabile un avvocato se poi, per “fare causa”, se ne chiama un altro, libero professionista? E’ necessario un anno di contratto di consulenza ad una persona appena pensionata dall’ente stesso? Allora tanto valeva lasciarlo dov’era. Ancora, molti sono gli ingegneri informatici ed edili che lavorano negli uffici dell’acquedotto, ma di quelli con la specializzazione in idraulica ce n’è uno solo. The last but not the least, anche l’eredità dei comuni è pesante. Nel prossimo numero la spiegazione. IVAN DI NINO


17 feb. / 2011

Furti in periferia periferia, raccolta di firme bipartisan

Alboreto o Tortoralba, nozze ”antisprechi” La notizia è di quelle che fanno la felicità dei contribuenti: due comuni che si uniscono, risparmiando sulle poltrone di sindaci, assessori e consiglieri. A superare i soliti italici campanilismi ci stanno pensando i due sindaci di Alba Adriatica e Tortoreto, Franchino Giovannelli e Generoso Monti, di schieramenti politici opposti. Ora si vuole trovare un nome che accomuni entrambi: dal macchinoso Tortoralba al più poetico Alboreto, la contesa è aperta. Se ne parla da molto tempo, ma pare che la cosa si faccia in tempi relativamente brevi. Il primo cittadino di Tortoreto, che ha lanciato tre mesi fa assieme al collega quella che sembrava solo una provocazione, ha dichiarato: «E’ stato uno scellerato chi nel 1956 ci ha divisi. Abbiamo un bell’entroterra entrambi, due spiagge favolose, due lungomari contigui». Invero non tutti sanno che questi due comuni una volta erano…uno solo. Secondo il sindaco di Alba, nel 1956 furono “i notabili” a volere la separazione. Tuttavia si parla nelle cronache anche di piccoli tumulti di piazza.Infatti Alba era una frazione di Tortoreto abbastanza autonoma, con la banca, le poste, negozi, la stazione ferroviaria inau-

gurata appena due anni dopo l’unità d’Italia nel 1863. Una San Nicolò ante litteram. Da allora le spinte autonomistiche di questo grande e sparuto popolo diventarono sempre più forti. A periodi di apparente quiete seguirono anche scioperi, occupazioni delle rotaie e via sfasciando. Il 27 novembre 1945, mentre l’Italia era intenta alla ricostruzione senza soldi, con tanta fatica e qualche speranza, non si trovò niente di meglio da fare che costituire un comitato per la “tutela degli interessi di Tortoreto stazione”-all’epoca si chiamava così- e nel febbraio successivo venne inoltrata domanda al Ministero degl’Interni per diventare comune. Con la solita mancanza di prevedere il futuro che ha sempre contraddistinto i nostri politici, venne bonariamente concessa l’istituzione del comune di Alba Adriatica il 14 luglio 1956. A distanza di 55 anni si è ora pensato a riunirsi. Giovannelli, tra l’altro residente a Tortoreto, ha inoltre dichiarato che “già stiamo allineando la cosa pubblica e la gestione amministrativa al nuovo modo di concepire il territorio”. Anche per quanto concerne la stagione estiva si sta pensando di fare un cartellone unico. Uno a uno e palla…al ministero. N. VIANDI

Socialmente utili dopo la sbronza Il nuovo codice della strada permette di commutare alcune pene detentive e pecuniarie con lavori di pubblica utilità non retribuiti. Questo si fa da tempo in molti altri Paesi. L’Italia è allineata solo adesso. La norma si applica di solito su soggetti sorpresi al volante con tasso alcolemico superiore al consentito, che non abbiano causato un incidente. A Teramo e provincia l’unico ente che si è detto disponibile a fare ciò è il Comune di S.Omero. La convenzione con il Tribunale di Teramo è già attiva, sicché, di fronte al giudice monocratico, l’imputato potrà chiedere –per una sola volta- la commutazione della pena in lavori di pubblica attività. Per il Comune vibratiano tali impieghi si tradurranno in “servizi di affiancamento ai vigili, servizio di assistenza all’uscita delle scuole, o durante il trasporto scuolabus e attività similari.” C’è però un’altra idea che questo ente pieno d’iniziativa non riesce ancora a far de-

collare: il progetto “deltaplano”, che punta alla realizzazione di una residenza per l’autonomia guidata destinata a ragazzi e ragazze dai 17 ai 21 anni in dimissione dalle Comunità educative per minori. Questi giovani vengono “ributtati” in società senza spesso un titolo di studio, un lavoro, o una famiglia che li supporti. E’ allora facile che optino per scorciatoie di devianza. E’ prevista, oltre alla costruzione di una casafamiglia, anche l’assunzione di alcune figure qualificate, nonché determinate attenzioni verso i ragazzi stessi: monitoraggio della casa –spesa, pulizia, cura di sé- una funzione formativo-lavorativa con inserimento nel mondo del lavoro ed anche un eventuale accompagnamento alla richiesta di ‘prosieguo amministrativo”. Il luogo è già pronto, un terreno vicino all’ospedale di S.Omero, di proprietà del comune. Cosa manca, allora? Il comune ha già in cassa € 385.000, ma ha chiesto alla Regione € 605.000 senza i quali non sarebbe possibile

DI

DANIELA PALANTRANI

Raccolta di firme promossa dal comitato spontaneo “contro i furti sulla SS 150”. La portavoce, Giusi Casolani, segretaria del circolo Pd di Villa Vomano, Forcella, Caprafico,Sardinara, Miano, Poggio Cono e Poggio San Vittorino, precisa che l’iniziativa non ha colore politico, anzi invita tutti i cittadini, di destra o sinistra, ad aderirvi. Casolani lamenta i quasi 50 furti avvenuti in pochi mesi. Ogni notte sono state colpite fino a 5/6 abitazioni, con veri a propri raid, da parte di malviventi che si spostavano a piedi e sparivano nelle campagne. I ladri si introducevano nelle case, anche in presenza degli abitanti. “Siamo seriamente preoccupati, perché nonostante le nostre denunce presso gli organi di Polizia, la situazione non è affatto migliorata. Purtroppo, abbiamo rilevato la presenza di pattuglie delle forze dell’ordine solo sporadicamente. Nonostante la buona volontà dei residenti non riceviamo alcuna risposta tangibile da parte degli organi preposti.” Secondo Giusi Casolani, molti residenti non avrebbero neanche più sporto denuncia, sfiduciati che i “predatori” possano finalmente essere assicurati alla giustizia. “Ci chiediamo ancora una volta se dobbiamo considerarci cittadini di serie B solo perché abbiamo deciso di vivere in periferia? A Teramo, a tutela dei residenti, sono state installate anche delle telecamere di sorveglianza, invece da noi non mandano neanche le pattuglie, motivando la mancata costante copertura della zona, con carenza di personale. Eppure - puntualizza la segretaria - all’incontro con il dott. Brucchi, svoltosi alla Gammarana qualche settimana fa, il sindaco aveva con sé ben 14 ‘agenti’ di scorta. Ma noi non viviamo in regime di mafia. Ci sono unità disponibili per fare da scorta al sindaco e non per pattugliare la periferia? Finita l’emergenza le pattuglie spariscono?”.

né la costruzione né la gestione della residenza. Per ora da L’Aquila tutto tace. Sicuramente il momento è difficile. Come se non bastasse la devastante crisi economica, ora è necessario gestire anche il postterremoto, ma è amaro constatare come, a fronte di continue richieste per fare beneficenza in altri continenti, ci si dimentichi di quello che bisogna fare in casa nostra. IVAN DI NINO


18 feb. / 2011

Scuole dell’infanzia “Le risorse al servizio della qualita” DI

MIRA CARPINETA

a tempo ormai molti genitori teramani sono in aperto contrasto con l’amministrazione comunale per l’annunciata chiusura di alcune scuole dell’infanzia: da Nepezzano a Val Vomano, passando anche per il centro a via d’Annunzio. Sono sorti così comitati di genitori che si oppongono a queste chiusure, paventando spostamenti e accorpamenti che andrebbero a discapito della qualità, della continuità didattica e forse anche della praticità di raggiungimento delle nuove sedi. Le parti hanno avuto incontri di vivace dibattito in cui sono state dette molte cose e molte altre poi smentite: una chiusura annunciata e poi procrastinata di un altro anno, un edificio da restituire alla Provincia, ma di cui la Provincia pare non abbia reclamato la restituzione. Insomma, la mancanza di risposte certe impedisce di fatto ai genitori di scegliere serenamente dove iscrivere i loro figli per il prossimo anno, rendendo ancora più precaria la sopravvivenza di queste scuole. Abbiamo girato tutte queste domande all’assessore Piero Romanelli che replica: “Il Comune ha una competenza diretta e totale di gestione sugli asili nido e solo logistica sulla manutenzione e costruzione degli edifici scolastici dalle scuole dell’infanzia fino alle medie, mentre delle scuole superiori se ne occupa la Provincia e della parte amministrativa il Ministero della Pubblica Istruzione. A Teramo, ci sono 27 scuole dell’infanzia. È un numero pazzesco. Noi non chiudiamo le scuole perché dobbiamo risparmiare, si chiudono per ottimizzare le risorse. Quello che si recupera, può essere utilizzato per migliorare le situazioni logistiche delle altre scuole, mentre il personale può servire a potenziare i servizi, magari con orari più lunghi, ma molto più importante è il di-

scorso pedagogico educativo che appartiene particolarmente alla scuola dell’infanzia. Spesso alcuni asili carenti da questo punto di vista, perdono la prerogativa educativa perché diventano semplicemente una forma di badantato. È stato dimostrato che laddove il numero dei bambini non supera le 20/25 presenze, l’attività didattica è notevolmente ridotta se non assente”. Quali sono i criteri adottati per individuare le strutture da chiudere? Secondo la riforma Gelmini il primo criterio è il numero degli iscritti, poi ci sono criteri logistici, stato dell’edificio che, se è troppo fatiscente o non adeguabile alle norme di sicurezza attualmente in vigore, è inutile anche l’intervento manutentivo. Rapporto con il territorio: ci sono delle scuole difficilmente raggiungibili anche se dislocate. Un altro criterio è la proprietà del Comune. È un problema di Corte dei Conti. Ci si può chiedere perché, con tanti edifici di proprietà comunale, si continui a pagare affitti per locali dislocati nelle frazioni come a Nepezzano, a Villa Pompetti,ma anche alla Provincia per i locali di via d’Annunzio. L’opera di razionalizzazione che il Comune sta attuando un po’ in tutti i servizi ha portato ad alcune decisioni. L’adeguamento alle norme di sicurezza è possibile o no? È vero che molte scuole sono vecchie e spesso l’adeguamento totale non è possibile, ma sono comunque sicure e l’esperienza del terremoto lo ha dimostrato. Ciononostante, se guardiamo oltre le contingenze, va elaborato un progetto più ampio, di creazione di strutture più funzionali e sicure. Ma chiudere le scuole delle frazioni impoverisce le periferie? Parlando con le famiglie ho cercato di ribadire l’importanza del discorso pedagogico educativo e il fatto che molti abitanti delle frazioni portano comunque i loro bambini nelle scuole

cittadine. Ma si parla di chiusura anche per l’asilo di via d’Annunzio. La Provincia, tramite l’assessore all’Istruzione, aveva richiesto i locali per destinarli all’istituto Superiore “Milli”. Poi si apprende di questa smentita, ma rimane il fatto che abbiamo dei locali nostri su cui non paghiamo affitti e anche vicini, quelli della scuola S.Giuseppe. Nel nostro Comune, la giunta e il sindaco hanno fatto scelte molto forti: meno opere pubbliche, meno manutenzione delle strade ecc, ma il sociale, i bambini, i disabili sono assistiti tutti, a tutti i livelli e con il massimo delle ore. I nostri asili sono i migliori d’Italia. Sono state individuate 9 scuole materne da chiudere entro il 2013, e in collaborazione con gli uffici tecnici, sono stati previsti interventi di ristrutturazione degli edifici, che dovranno ospitare i bambini nell’attesa della costruzione delle nuove strutture. Per le scuole stiamo guardando lontano: i lavori per il primo polo inizieranno tra due mesi. Quali e quanti sarebbero questi poli? Ne sono previsti due, anche se ce ne vorrebbero almeno tre: uno al centro, uno in periferia, individuato nella zona dove è situata la scuola media D’Alessandro e l’altro, sarebbe molto utile a mio avviso a San Nicolò, perché è una zona in forte espansione. Come si realizzerebbero? Cedendo i vecchi edifici, attraverso il Project Financing, il privato costruisce il nuovo polo. Il Comune da solo non ha le risorse economiche necessarie, e questa soluzione rende possibile avere nuove strutture a costi razionalizzati. Per le realtà locali, come le frazioni invece, bisogna vincere anche la ritrosia dei teramani all’aggregazione e l’attitudine al campanilismo di quartiere. Il problema di queste scuole è solo logistico, alcuni locali sono anche abusivi, ma anche in questo caso, coinvolgendo imprenditori locali, si potrebbero creare dei mini- poli con scuole materne e elementari decentrati nelle periferie.


19 feb. / 2011

Rapino, ultimo paese e non solo sulla mappa DI

DANIELA PALANTRANI

Rapino frazione ai confini del territorio del comune di Teramo che pochi conoscono, ma che vanta origini preromane. Piccolo paese arroccato sulla collina, suggestivo, ma irraggiungibile. Non per la distanza, ma perché le strade per raggiungerlo versano in condizioni pietose. Già dal 2006, Giovanni Di Francesco, presidente del comitato di frazione, lamentava il pessimo stato delle vie di accesso a causa della quasi totale assenza di manutenzione ordinaria delle strade comunali e della strada di collegamento tra il paese e la SS150. Cosa è successo da allora? In sintesi, precisa Di Francesco, lamentele inascoltate, frane, strada chiusa perché non sicura, aggravarsi dell’incuria, ed allo stato attuale 4 Km di strada totalmente impraticabile a causa di ben 11 frane. “Assurdo che una situazione denunciata già quattro anni fa, - aggiunge - recuperabile con poche decine di migliaia di euro, sia

sta totalmente dimenticata, e che adesso abbisogni un dispendio di denaro pubblico ben superiore per il ripristino. Certo è che gli abitanti di Rapino da anni, semplicemente per recarsi a lavoro, devono percorrere una bretella che doveva essere provvisoria in attesa del ripristino della normale via di accesso.” “A nome di tutti gli abitanti -conclude Di Francesco - chiedo se è sufficiente rispondere che non ci sono i soldi e abbandonarci. All’inizio, abbiamo chiesto solo manutenzione ordinaria, apertura di tombini e canalizzazione della acque piovane. Restiamo inascoltati con i risultati che adesso sono sotto gli occhi di tutti. Se non si canalizzano le acque, se non si liberano i tombini dalle erbacce, è chiaro che in territorio come questo, il risultato sono delle frane. Forse siamo l’ultimo paese del comune, e non solo sulla carta geografica.”

le condizioni della viabilità


20 feb. / 2011

Anziani non “vecchi” nziano non è sinonimo di “vecchio”, anzi spesso sono proprio i giovani ad essere stanchi, sfaticati ed avvizziti dal tempo che non hanno. Mancanza di idee e di vitalità che invece riscopriamo spesso negli anziani. L’incontro con il cav. Antonio De Padova, presidente del Centro sociale diurno per anziani, ne è una dimostrazione. Allegro, pieno di idee e tanta voglia di fare smorzati dalla mancanza di spazio ed opportunità. “Il centro- racconta il cavaliere- viene fondato nel 2005 e nel corso del 2008 si è spostato in via Antica Cattedrale per una sistemazione provvisoria. Purtroppo, ciò che doveva essere

temporaneo è durato e perdura fino ad oggi: tre piccole stanze per complessivi 70 mq circa.” Sufficienti per incontrarsi, leggere quotidiani e periodici o giocare a carte in compagnia di coetanei, ma decisamente pochi per organizzare altro. “Le idee non mancano. Oltre a un’area di lettura vorremmo aprire una sala biliardo e adibire uno spazio come zona ristoro, organizzare serate danzanti, pranzi sociali e gemellaggi con altri centri, ma per fare ciò necessitano di almeno 200 mq di spazio fruibile. Quello che ci dispiace è che spesso si parla di attenzione alla terza età, ma con tanti edifici sfitti non si riesce a trovare un’ade-

guata sistemazione per il nostro centro. E dire che per sistemare, rendere fruibili e a norma alcune stanze basterebbe investire solo qualche decina di euro”. Lodevole la decisione di ampliare e migliorare i servizi offerti dal centro ai propri iscritti. Tesserati che, purtroppo, da 120 sono celermente scesi a 80. “La motivazione è facilmente intuibile. Anche organizzare gemellaggi con altri paesi è impensabile. Il nostro impegno resterà massimo, anche se al momento l’unico che abbiamo è mantenere puliti e decorosi i locali del circolo.” ANTONELLA LORENZI

MATTEO LUPI


21 feb. / 2011

Via Pannella problemi di viabilità ia Pannella è una delle arterie maggiormente vivide di Teramo, funge da “cerniera” tra due strade importanti come Viale Crispi e via Po e si trova ad ospitare tra le altre cose una chiesa, un’autoscuola, un Ufficio Postale e un’edicola, ovvero un flusso di persone costante lungo tutto l’arco della giornata. Per rispondere alle esigenze degli abitanti del quartiere, da pochi mesi sotto i portici costeggianti l’edicola è sorta anche una lavanderia. Da qui che nasce la protesta: “ Quasi ogni giorno – ci spiega la proprietaria – troviamo ‘bisognini’ di cani di fronte ad una delle due entrate”. Il problema, ad un’analisi superficiale forse trascurabile, appare in tutta la sua serietà se si pensa che coinvolge l’attività di una lavanderia, che della pulizia ne fa il proprio significato di vita. “Una volta ci ha chiamato una signora per lamentarsi della sporcizia. E’ una questione di correttezza: dato che

noi non possiamo controllare chi porta i propri animali da compagnia a fare il giro proprio da queste parti, dovrebbero essere i padroni a munirsi di guanti e palette” peraltro obbligatorie. L’intervento del compagno della signora sottolinea un certo imbarazzo nella gestione dei problemi quotidiani, poiché “spesso abbiamo dovuto aspettare che quei ‘resti’ si essicassero per poterli rimuovere in qualche modo. Proprio pochi giorni fa è stato necessario l’intervento di due operai della Teramo Ambiente per sgrombrare l’ingresso”. Certo i problemi non finiscono qui. Quella del parcheggio selvaggio è infatti una piaga che infesta tutto il territorio teramano, e che si fa sentire anche in via Pannella, dove abitualmente le vetture in transito devono impegnarsi in un vero e proprio “slalom” tra automobili e motorini posteggiati in seconda o terza fila. “In tutta la zona del parcheggio l’asfalto non esiste proprio e a

volte capita che qualcuno lasci la macchina qui per due o tre giorni, togliendo spazio ad altri che ne avrebbero bisogno”. Le buche, ben visibili anche da lontano, sono per di più potenzialmente molto pericolose per i pedoni. “Quando piove e si mette il piede fuori dall’auto, non si sa mai cosa si può incontrare. Inoltre c’è sempre il rischio che qualcuno non faccia attenzione nello scendere dal marciapiede, rischiando di farsi male. In questo caso sarebbe il Comune a doverne rispondere, ma io dico che è meglio prevenire che curare”. Un intervento di restauro verrebbe giudicato probabilmente come ritardatario – rispetto alle segnalazioni degli abitanti – ma è pur sempre necessario, anche nel tentativo ridare fiducia anche a quei cittadini più smaliziati, come la proprietaria della lavanderia appunto: “Sembra che Teramo non si possa aggiustare più!” MATTEO LUPI


22 feb. / 2011


23 feb. / 2011

Intercoop servizio alle famiglie ntercoop è una cooperativa sociale nata nel 1994 e strutturato come consorzio a partire dal 2004. Le cooperative che ne fanno parte sono: la Coop. Soc. La Meridiana, Blu Servizi piccola soc. coop. Il Tiglio coop. soc., Istacoop coop. Soc., Deltacoop, Marcoop, Croce Gialla , Croce Arcobaleno, I Dodici, Tutto Service. Prima come singola cooperativa e poi come consorzio di cooperative sociali, l’Intercoop ha operato in svariati settori come welfare locale e servizi alla persona, gestione degli spazi verdi, trasporto scolastico e servizio di noleggio con conducente per turismo; sempre richiamandosi a una idea di cooperativa sociale che sia risorsa per il territorio. Inoltre, pone molta attenzione all’inserimento lavorativo delle fasce più deboli della popolazione, oltre che proporsi naturalmente come erogatrice di servizi sociali qualitativamente elevati. Si cerca di sostenere le famiglie con persone affette da disabilità fisica e psichica offrendo loro, per esempio nel caso di ragazzi in età scolare, il trasporto e l’assistenza nelle scuole, così da abbattere le barriere che impediscono alle persone disabili una piena partecipazione e integrazione nella società e nel territorio. Il settore del trasporto scolastico è uno degli ambiti dove l’intercoop può vantare maggiore esperienza. Il servizio è svolto nel rispetto del piano di trasporto scolastico adottato da ogni comune, che stabilisce orari, percorsi e ubicazione delle fermate in accordo con la provenienza degli studenti e degli orari di apertura

Giovani leoni per il sociale e la cultura

degli istituti. Il consorzio inoltre, in convenzione con la comunità montana Monti della Laga, gestisce il centro socio-educativo Rocche di Civitella, dove un’équipe di esperti propone attività orientate alla crescita e allo sviluppo dell’autonomia di ragazzi e adulti. Negli ultimi mesi, poi, sta portando avanti un progetto internazionale, denominato “Scuola a diverse latitudini”. Si tratta di una collaborazione con l’Associaciòn Civil Hermanos Misericordistas che opera nella provincia di Santiago del Estero, in Argentina. L’associazione opera in diverse scuole in una delle regioni con una maggiore arretratezza socio-economica. Attraverso una raccolta fondi si cerca di inserire la figura di uno psico-pedagogo nella scuola San Vincente, a partire dal 2012. Il dott. Flemac, responsabile e direttore della cooperativa, afferma che c’è ancora molto da fare, anche per migliorare i servizi già esistenti. Tuttavia, per far ciò, sono necessarie una maggiore attenzione e razionalizzazione nella distribuzione di fondi (sempre più esigui) da parte delle amministrazioni locali. Eclatante il fatto di aver avuto da parte del comune di Canzano la disponibilità di un immobile, sequestrato alla malavita, da destinare ad attività di recupero, ma non poterne disporre a causa della sua (risaputa ma indisturbata) occupazione abusiva, che ne ha fatto una stalla per cavalli.

l Leo club è formato da un gruppo di giovani, dai 16 ai 30 anni, che si riuniscono principalmente per effettuare servizi alla comunità. Oltre ad uno scopo benefico l’associazione si propone iniziative attente alla cultura e al mondo giovanile. L’acronimo Leo significa Leadership Experience Opportunity. A Teramo il gruppo è nato in seno ai Lions Club. Presente da circa trent’anni sul nostro territorio, il primo Lions Club fu fondato in America nel 1917. Il gruppo giovanile Leo arrivò più tardi, nel 1957. In Italia sono 430 i Club con oltre 8000 soci, mentre 134 sono le Nazioni dove opera quest’associazione. Le prossima attività che vedrà questi giovani volenterosi protagonisti sarà una raccolta fondi per il progetto Unileo 4 light: luce per gli studenti ipovedenti, in programma il 27 febbraio nelle maggiori piazze italiane. Le collaborazioni con le Onlus sono moltissime, disponibili da sempre ad abbracciare progetti che mirino alla formazione sociale e culturale dei giovani. L’ appello che questi 14 leoncini vogliono rivolgere ai ragazzi è di essere meno diffidenti verso queste associazioni, che comunque promuovono gesti di utilità collettiva e insegnano, come lo sport, l’unione tra le persone, l’amicizia, i rapporti umani. La sede teramana è presso l’hotel Abruzzi. Virtualmente è possibile contattare i giovani tramite il gruppo Facebook e il sito internet www.lionsclubteramo.it

VALERIO VINÒD SILVERII

VINCENZO CASTALDO


24 feb. / 2011

Identikit Polizia Provinciale w w w. L i 8 L i . c o m

DI

DANIELA PALANTRANI 2.2407

a Polizia Provinciale ha una lunga tradizione, predecessori furono le guardie ittico-venatorie fino al 1981, successivamente la Provincia assunse un contingente di 17 persone con il profilo di vigili ecologici. Nel 1997 è stato istituito ufficialmente il Corpo di Polizia Provinciale. Il comandante Enzo Ranalli, ci aiuta a comprendere quali sono i compiti e le numerose mansioni del gruppo che dirige formato da solo 19 unità, tra cui due donne, per coprire l’intero territorio della provincia. Zona molto vasta che spazia dalla montagna al mare. Purtroppo l’organico è esiguo ed andrebbe rimpinguato. Le competenze in materia ambientale sono tra le mansioni più importanti ed i controlli e le operazioni attuate anche nello scorso anno sono molteplici. “Molti i controlli alle aziende che gestiscono rifiuti - precisa il comandante Ranalli -; servizio di controllo per la tutela delle acque del bacino idrografico del Vibrata e sull’asta fluviale del torrente Vibrata nell’ambito del Comitato Operativo Inquinamento Fluviale, costituito presso la Prefettura di Te-

ramo. Attenzione particolare alle aziende che utilizzano acqua nel ciclo produttivo, come ad esempio lavanderie industriali, e coinvolti in attività sociali

ai depuratori comunali”. La Polizia Provinciale si occupa inoltre di controlli in materia venatoria, con particolare attenzione alle zone di ripopolamento e cattura, servizi di vigilanza e controllo in materia di polizia stradale finalizzati al contenimento e controllo del fenomeno della eccessiva velocità sulle strade. Organizzazione di un corso per la formazione di guardie ecologiche volontarie, che andranno a rinforzare l’organico. L’orario attualmente coperto dalla polizia provinciale è dalle 7 alle 19, organizzato in due turni. “Se l’organico fosse aumentato – sottolinea Ranalli - si potrebbe coprire un orario più ampio allargando i turni alle ore serali. Le infrazioni riguardanti le discariche abusive, purtroppo, vengono commesse in modo particolare nelle ore della tarda serata, approfittando dell’oscurità. Lo smaltimento abusivo dei rifiuti è una delle infrazioni più comuni e più gravi, sappiamo tutti che smaltire rifiuti è costoso. Compito importante è stato quello di dare attuazione al programma di divulgazione delle tematiche ambientali nelle scuole elementari e me-


25 feb. / 2011

radicati nel territorio

die, sensibilizzando gli studenti degli istituti che hanno aderito al progetto, in materia di tutela dell’ambiente. E’ importante sensibilizzare le nuove generazioni, - conclude il comandante - perché saranno quelle che in futuro potranno salvaguardare l’ambiente ma anche coloro che magari pungolano in famiglia perché si stia attenti a ciò che cerchiamo di insegnare e segnalare.” I cittadini per segnalazioni possono rivolgersi al nr. 0861.331372.

presenti nelle manifestazioni

a servizio della comunità

Per segnalazioni rivolgersi al numero: 0861. 33 13 72

attenti alla formazione delle nuove generazioni


26 feb. / 2011

Servizio Civile esperienza di crescita

n provincia di Teramo sono stati selezionati 46 volontari da impiegare nel Servizio nazionale civile. E’ vero, però, che in tempi di crisi utilizzare il termine “volontari” risulta fuorviante. In pratica, infatti, per un anno verranno retribuiti con 433 euro mensili. Detta così la questione, se si ha tra i 18 e i 28 anni, inizia a fare gola e un pensierino lo si fa. In sostanza, si tratta di un impegno non indifferente per il giovane prescelto (30-36 ore settimanali), che si troverà impiegato in un ambito che quasi sempre ha a che fare con anziani, disabili o bambini, ma non solo. L’attività può riguardare infatti assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all’estero. Questo è senz’altro un punto fondamentale. Sta a dirci che l’interesse alla retribuzione è sacrosanta, ma anche una buona dose di motivazione non deve mancare. Proprio per questo è importante scegliere bene dove si vorrà prestare il proprio servizio; per fare ciò leggere attentamente il progetto di riferimento può non bastare, perché lo stesso progetto, a volte, potreb-

be non corrispondere alla realtà. O meglio, potrebbe essere infarcito di attività e motivazioni messe lì tanto per far in modo che il Ministero lo approvi. Per esperienza personale (sono attualmente impegnato nel Snc presso L’Unione italiana ciechi), che fortunatamente spesso non è così e a guardarsi bene intorno si può fare la scelta giusta, e far sì che l’anno di servizio civile diventi davvero un’esperienza significativa nel cammino di crescita e formazione di un giovane. Nell’ultimo bando (scaduto il 4 ottobre 2010), in provincia di Teramo, a farla da padrone è l’Unione italiana ciechi con venti volontari. Tra gli altri progetti quello dell’Agenzia Giovani e delle Acli. In generale, gli enti a cui è riservato il servizio civile sono le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative e le associazioni no profit. Per poter partecipare gli enti devono dimostrare di possedere requisiti strutturali ed organizzativi, avere adeguate competenze e risorse specificatamente destinate al Scn. FABIO ROCCI


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La chiamano “violenza di genere”. Riguarda donne e bambini. Un orrore per il quale, a Teramo, a cura della Commissione Provinciale Pari Opportunità, è nato il centro “La Fenice” che “aiuta le donne a uscire da una spirale solitaria per rifarsi una vita lontano dai loro aguzzini”, e a Roseto il progetto “Adria”, insieme ai Comuni di San Salvo, Porto San Giorgio e Cervia, Fondazione Maria Regina e associazione Focolare Maria Regina – Centro studi sociali. Parliamo di violenza, dunque. Proprio nel momento in cui pare che ci si accorga, finalmente, del declino di valori e del senso della moralità. In

realtà, sembra essere più che altro un inarrestabile processo degenerativo iniziato da un certo numero di decenni, e non certamente un fenomeno indicativo di questi giorni. Non che la violenza sui più deboli non esistesse, ahinoi, in tempi remoti. Le cause scatenanti però, nella maggioranza dei casi, erano dettate da alterazioni psichiche o da abusi di sostanze varie. Oggi, la “violenza di genere” pare infiltrata anche su soggetti ritenuti ”normali”. Segno che è arrivata l’ora X.

focus on Emisfero Violenza

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Cambio di civiltà Una ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa nel mondo di morte violenta e di invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni. Più del cancro. Più degli incidenti stradali. La cronaca ci presenta continui casi drammatici. Si ha persino l’impressione che taluni giornalisti ci prendano gusto a fare uno scoop sulle spalle delle donne: una ragazza incinta viene sepolta viva dall’amante, che non vuole affrontare lo scandalo; un fratello uccide la sorella, rea di non aver obbedito al diktat matrimoniale della famiglia; una ragazza viene prima data per scomparsa poi ritrovata uccisa da tre coetanei perché incinta; un immigrato pakistano uccide la figlia, aiutato da altri parenti maschi, una donna fatta a pezzi e gettata in un fosso… Innumerevoli episodi di stupro da parte di giovani immigrati e di mariti e fidanzati italiani contro compagne in procinto di lasciarli, senza contare i diffusi comportamenti persecutori di mobbing e stalking. I casi registrati non rappresen¬tano che la punta dell’iceberg, giacché è noto che più del 90% delle donne maltrattate non sporge denuncia per paura di ritorsioni, per non denunciare chi ama, per timore del giudizio boomerang dell’ambiente. Non ci sono barriere geografiche, economiche, culturali: è un problema del Sud del mondo come dell’Occidente opulento. Le vittime non sono affatto donne degli strati più poveri,

ma anche laureate e diplomate, dirigenti e imprenditrici. Gli uomini sono spesso signori per bene, che salutano gentilmente quando scendono le scale del condominio e che si rivelano degli aggressori a casa. Come è possibile pensare di combattere la violenza, con la sola azione penale che ha mostrato di avere così limitata incidenza? Si fa abbastanza sul piano culturale? Di certo persistono una tendenza al fatalismo e una deplorevole tolleranza della violenza nel matrimonio, causa di omicidi, di patologie conclamate e di aborti. Colpiscono le condanne generiche, che parlano di incidenti isolati, in situazioni particolari di ar¬retratezza e emergenza, quando non si attribuisce la colpa alla vitti¬ma e si concede l’impunità ai colpevoli. Addolora il silenzio assordante della Chiesa. Le campagne di sensibilizzazione internazionale hanno avuto impatto deludente. La richiesta del Parlamento europeo di proclamare un «Anno europeo contro la violenza verso le donne» non è stata accolta. Per contro le organizzazioni convocate a New York hanno lanciato un messaggio chiaro: le violenze contro le donne costituiscono violazioni dei diritti umani e impegnano la responsabilità dei governi. Bisognerebbe però evitare la tendenza a generalizzare, inducendo a pensare che quasi tutte le donne siano oggetto di violenza e che la famiglia sia il luogo di coltura per eccellenza. Andrebbe rispettata la proporzione tra violenza nelle famiglie

e le violenze intenzionalmente programmate come: prostituzione coatta, turismo a sfondo sessuale, offerta di mogli-schiave dai PVS al mercato europeo, stupri, mutilazioni genitali. Aggiungeremmo anche violenze solitamente meno evidenziate, come i programmi di controllo obbligatorio delle nascite, la sterilizzazione e l’uso forzato di anticoncezionali, l’incitamento ad abortire, l’utero in affitto, la pianificazione verticistica sul corpo delle donne, specie più povere. C’è chi teme – non senza ragioni – che si finisca con l’indebolire la famiglia, specie se in contrapposizione si esaltano modelli alternativi, quali l’omosessualità “gentile”, rispettosa e intelligente… Da una parte c’è il problema dell’entità del fenomeno e dall’altra le azioni di contrasto per lo più punitive. Quale è l’impegno per la prevenzione dei modelli di dominio nelle relazioni tra i sessi? Si fa qualcosa per cambiare la mentalità maschile? Questa comunque è una battaglia persa se mira solo al Palazzo, trascurando il modo di pensare, comunicare, litigare, amarsi tra uomini e donne. Gianna Agostinucci Campanini descrivendo in un suo famoso articolo tre modelli di neofemminismo, radicale, marxista e cristiano, aveva scritto che quest’ultimo non prevedeva “la lotta contro il maschio… ma la lotta comune di uomini e donne” per una società migliore. GIULIA PAOLA DI NICOLA


“ Salviamo i bambini ” Parla Andrea Bollini Bollini,, responsabile del Centro studi sociali della Fondazione Maria Regina di Pineto DI

MIRA CARPINETA

Scerne di Pineto dal 1988 ospita alcuni centri che hanno come obiettivo principale la cura del bambino abusato e maltrattato. Del minore, cioè, che nel suo percorso di vita e in alcuni casi fin dalla nascita, ha subito traumi, legami di attaccamento disfunzionali per carenze genitoriali. Per realizzare un percorso di recupero sono nate diverse strutture articolate. La prima è stata una comunità, Casa Madre Ester, che accoglie bambini nella preadolescenza e adolescenti. In circa 23 anni di attività ha ospitato più di 600 bambini. Dal ‘91 è nata una nuova comunità a Isola del Gran Sasso, il Nido del Focolare, per bambini della primissima infanzia, e dal 2001 una terza comunità, il Focolare, sempre a Scerne di Pineto, che accoglie prevalentemente bambini in età scolare. Incontriamo il dott. Andrea Bollini, responsabile del Centro Studi Sociali, altro importante settore della Fondazione a cui tutte le attività fanno riferimento. “Vi è stata la necessità – spiega Bollini - di creare un luogo che avesse una certa omogeneità di età, il più possibile familiare, comunitario, per bambini e ragazzi che ci vengono affidati dai Tribunale dei Minori”. Da dove provengono questi bambini? Quali problemi affrontano? Sono bambini in prevalenza abruzzesi, ma in alcuni casi anche di altre regioni. Accanto all’accoglienza è necessario un percorso di comunità educativa per tutti quelli la cui permanenza in famiglia costituirebbe un pericolo per la loro stessa sopravvivenza, per il loro benessere psicofisico. Nel momento in cui si genera un abuso sessuale, con genitori comunque invischiati e quindi senza la possibilità di appoggiarlo ad un genitore protettivo è chiaro che l’allontanamento è inevitabile, come anche in casi di deprivazione molto gravi in cui i bambini sono a rischio di sopravvivenza perché non vengono alimentati. In questi anni abbiamo accolto molti bambini denutriti, vittime di gravi maltrattamenti fisici, quegli stessi che a volte sfociano purtroppo negli infanticidi, e che se non vengono rilevati, rischiano

di dare origine alla cronicizzazione del maltrattamento con gravissime conseguenze. Per curare i danni prodotti dal maltrattamento e che si classificano come i cosiddetti “traumi”, ma che in realtà sono danni che producono disturbi del comportamento, della sfera cognitiva e spesso ritardi (es. la trascuratezza può produrre ritardi motori, del linguaggio), oltre all’intervento di comunità, di casa, che è già una parte importante della terapia, è molto importante ricreare un clima che ripristini le condizioni di una qualità della vita che il bambino potrebbe non aver mai conosciuto. Quando arrivano da noi, a volte in condizioni igieniche deplorevoli, oppure dopo aver fatto esperienza di relazioni violente, ritrovarsi in un ambiente in cui non vengono usate le mani né alcuna forma di punizione corporale, con la rete dei volontari, degli educatori e degli operatori a garantire supporti psicologici, emotivi, il ripristinarsi di regole e orari dei pasti ecc., il bambino ritrova la qualità della vita. Si dice che i bambini riparano subito i loro danni. E’ vero o no? Con i bambini non bisogna perdere tempo. In molti casi i danni sono riparabili, in altri no o solo parzialmente. Le variabili sono tante. Soggettive, che noi chiamiamo resilienza: ci sono bambini che sono resilienti al maltrattamento, cioè sanno uscir fuori dalle situazioni di crisi anche con un modesto accompagnamento psicologico, e che da adulti mostreranno pochissimi segni. O, al contrario, trasformeranno la loro esperienza di vita in qualcosa che darà loro la spinta per essere genitori ancora più adeguati o persone impegnate anche su questo fronte. In questi venti anni abbiamo assistito a bambini che sono diventati a loro volta adulti particolarmente sensibili a questi temi, e quindi operatori o volontari. La resilienza è un dato comune a quasi tutti i bambini, che però fanno un percorso, sia di cura al nostro interno, sia poi con esito di adozione, o comunque con l’ingresso in una famiglia adeguata che lo possa proteggere e accompagnare la sua crescita. Purtroppo, i casi di fallimento si

registrano quando i tribunali, le corti d’Appello, magari anche sulla base di relazioni dei servizi sociali, consentono il rientro del bambino in famiglia, anche se le condizioni che hanno dato origine al maltrattamento non sono state riparate. Spesso vengono riaffidati in virtù di decreti, senza che la famiglia sia tornata ad essere idonea. Poi molto dipende dalla gravità dell’abuso. Nelle forme più gravi di maltrattamento, come quello fisico o l’abuso sessuale, è necessario che ci sia un percorso continuato psicoterapeutico. Certi traumi non si cancellano semplicemente entrando in una nuova famiglia. Rischiano di riemergere durante l’adolescenza o l’età adulta per cui il percorso di accompagnamento è indispensabile per prevenire i disturbi e le ricadute . Che tipo di percorso? Nel ‘91 è nato il centro Primavera e dal ‘97 attuiamo un progetto –obiettivo regionale di interventi sanitari in convenzione con la Asl di Teramo. In tutti questi anni abbiamo fatto una ricerca - presentata a novembre 2010 – nella quale in oltre tredici anni di attività e solo in questo centro, abbiamo assistito circa 400 bambini. Da un lato con la riabilitazione, intervenendo sui ritardi, e dall’altro con la psicoterapia per quegli abusi che producono traumi pesanti nella sfera psico-affettiva. In che misura la famiglia può essere un fattore di rischio? È ovvio che il 91% dei casi che trattiamo riguarda bambini abusati all’interno della propria famiglia. E’ chiaro quindi che la famiglia presenti fattori di rischio comuni come l’alta conflittualità familiare (44%), deprivazione materiale o economica (23%), patologie psichiatriche di uno o entrambi i genitori, patologie da dipendenza, droga o alcool, ma in quasi tutte le storie familiari troviamo eventi di trau-

Emisfero Violenza


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matizzazione infantile dei genitori. Questo è il dato comune che emerge: che a loro volta i genitori sono stati vittime di abusi. La letteratura scientifica lo definisce “abuse cycle”, ciclo dell’abuso. Un bambino maltrattato ha un’alta probabilità di diventare da adulto un genitore maltrattante, se non si interviene in tempo. Non in tutti i casi è necessario l’allontanamento, anzi in alcuni casi l’accompagnamento deve interessare tutta la famiglia. Occorre che i servizi intervengano sia in prospettiva di crescita del bambino, sia per consentire alla famiglia stessa un recupero adeguato. Quanto è importante la prevenzione? Il maltrattamento di solito si genera fin dai primissimi anni di vita del bambino, e quindi riuscire a seguire la madre a rischio fin dalla gravidanza e magari aiutarla in un percorso fino ai primi 2- 3 anni di vita del bambino, anche a casa, potrebbe essere un intervento che ci consentirebbe di prevenire. Invece i servizi che in questi anni si sono maggiormente sviluppati e pure fanno ancora fatica ad esistere, sono i servizi di protezione, cioè quelli che intervengono dopo che l’abuso si è verificato. Anche i servizi sociali di base oggi intervengono sulla patologia, laddove il problema si è già creato, a riparare il danno. La frontiera del servizio sociale dovrebbe essere invece proprio la prevenzione, riconvertire soprattutto i servizi di base verso un ‘intervento preventivo, cercando di sviluppare tutte le risorse per prevenire il maltrattamento. La scuola come può inserirsi in un circuito di educazione e prevenzione? Nella scuola siamo ancora all’anno zero su questo tema. Da un lato, abbiamo insegnanti che lo avvertono in maniera forte: l’epidemiologia dell’abuso, secondo il Consiglio d’Europa dice che 1 bambino su 5 è vittima di abuso e la statistica generale europea stima 7 bambini a rischio su 100. E’ chiaro che chi opera a contatto con i bambini, come gli insegnanti, lo avverte, ma non c’è una adeguata preparazione per affrontarlo, perché l’argomento della violenza è in qualche modo ancora un tabù, si tende a rimuovere anche l’eventualità. I casi di cronaca parlano spesso di “mostri”, in realtà sono persone normali come il vicino di casa. Il comportamento maltrattante è ancora abba-

stanza radicato e diffuso, se si pensa che fino a poco tempo fa, ma ancora oggi, noi tolleriamo le punizioni corporali sui bambini. C’è tutta una corrente di pensiero che lo ritiene un metodo non solo lecito, ma anche efficace (il famoso sculaccione). Il lavoro culturale è ancora all’inizio, occorre un cambiamento di prospettive, per saperne di più. Nelle società occidentali si assiste anche al paradosso di bambini iper curati, iper nutriti, viziati. La patologia delle cure- ipercura o sindrome di Munchausen - laddove le cure diventano eccessive è un’altra forma di maltrattamento, come nel caso di genitori iper protettivi che somministrano cure eccessive anche farmacologiche per malattie non reali. La genitorialità vive su un equilibrio molto difficile. A questo proposito stiamo cercando di promuovere corsi di sensibilizzazione delle famiglie per una genitorialità positiva. Quanto è difficile essere genitore? Specie nella società italiana c’è l’idea diffusa che si possa essere genitori per istinto naturale, invece non è così. Bisogna imparare ad esserlo. Parlando con chi ha due o tre figli capita di sentire frasi come: “Tutti gli errori che ho fatto con il primo con gli altri non li ho fatti”. Certo hanno imparato a spese del primo! Uno degli interventi più importanti della prevenzione, utilizzati nei programmi internazionali che stiamo cercando di portare anche in Italia parte proprio da questo presupposto. A seconda dei bisogni delle famiglie, dare informazioni di diversa tipologia: dal livello informativo divulgativo al livello che mira alla formazione, all’educazione familiare fino alla consulenza e all’assistenza vera e propria. Oggi dobbiamo andare sulla prevenzione diffusa e primaria che si prenda carico della genitorialità prima ancora della famiglia. I corsi di preparazione al parto sono impostati principalmente sugli aspetti biologici, però un bambino lo si aspetta anche a partire dall’attesa psicologica e dalla voglia di concepirlo. E si torna sempre alla prevenzione. È più costoso prevenire o curare? In realtà la prevenzione costerebbe meno della riparazione. Un bambino maltrattato o abusato andrà probabilmente da adulto a

riempire ospedali o carceri con dei costi elevati per lo stato. Ci sono studi sui costi sociali della violenza ormai che hanno ampiamente dimostrato questo assunto. Se solo si capisse che attraverso l’investimento sulla prevenzione si avrebbe un considerevole risparmio di spesa pubblica, e i bambini avrebbero quella qualità della vita che li porterebbe a diventare adulti sani, responsabili e socialmente produttivi anche intermini economici. Nel 2011 organizzeremo un corso di perfezionamento in tecniche della prevenzione della violenza all’infanzia. Sulla prevenzione siamo veramente all’inizio. Ma per prevenire è necessario anche conoscere i fattori di rischio e l’esito degli interventi. Il nostro paese non ha un sistema di monitoraggio nazionale dei casi di abuso e maltrattamento. A differenza dei sistemi che ci sono in Francia, Spagna e Regno Unito. Tra l’altro è uno degli obblighi previsti dalla convenzione Onu a cui il nostro paese non ha mai dato seguito. C’è una carenza di dati conoscitivi sulla epidemiologia della violenza, dati limitati a realtà territoriali circoscritte ma non organicamente raccolti. Questo ci porta ancora oggi a non conoscere bene i fattori di rischio che determinano la violenza nelle varie aree del paese, e se non partiamo dal capire i perché non possiamo sapere neanche quali strumenti usare per verificare l’efficacia degli interventi. Un problema ulteriore è che, per effetto della crisi economica, la trascuratezza dei bambini aumenta. Sebbene i cicli economici negativi non abbiano una forte incidenza sugli abusi sessuali, ne hanno invece sulla trascuratezza, perché genitori senza lavoro non possono più garantire un mantenimento adeguato ai figli. La crisi economica ha inciso sostanzialmente sia su questo aspetto, provocando un aumento di casi specifici, sia sulla riduzione delle risorse sociali. Il fondo per le politiche sociali è stato tagliato. Erano già fondi insignificanti rispetto ai capitali impegnati, ad esempio, per le missioni militari. Quando viene a mancare anche il minimo è chiaro che il numero dei casi è destinato ad aumentare. Gli indicatori di benessere dell’infanzia e dell’adolescenza dicono che l’Italia è al 19esimo posto in Europa.


Dove l’aiuto C’É I centri e le fondazioni teramane più attivi e sensibili verso la violenza contro donne e bambini Casa “Madre Ester” La Comunità educativa “Casa Madre Ester” nasce nel 1988, grazie all’impegno di don Silvio De Annuntiis, e di alcune Suore diocesane che nella casa parrocchiale di Scerne di Pineto avevano iniziato ad accogliere ragazze madri in difficoltà ed i loro bambini. In tutti questi anni ha aiutato centinaia di bambini e decine di mamme, avviato un importante lavoro di prevenzione e formazione degli operatori, divenendo un modello per la tutela e la cura del bambino a disagio. Nei suoi locali vengono ospitati minori, ai quali viene offerta la possibilità

di alleviare e superare la sofferenza dovuta al maltrattamento, in un ambiente familiare e confortevole. I bambini ed i ragazzi svolgono attività varie, finalizzate al recupero e reinserimento nella famiglia d’origine o in famiglie adottive.

La Comunità “Nido del Focolare” è a Cerchiara di Isola del Gran Sasso. Ospita minori nella fascia della prima infanzia (0-6 anni), per i quali si sia reso necessario l’allontanamento dalla famiglia di origine o che siano costretti, per altre ragioni, a vivere temporaneamente al di fuori del nucleo familiare di appartenenza. Accoglie, inoltre, bambini disabili privi di famiglia di origine o abbandonati alla nascita, per i quali non è stato possibile percorrere l’iter adottivo. A loro è stata

dedicata anche la Comunità “dopo di noi” Casa Debora, inaugurata dal vescovo, mons. Michele Seccia, il 19 aprile 2008. Dal 1991 coordinatrice è suor Caterina Battaglia.

Casa Madre Ester via Oberdan, 26 64020 SCERNE DI PINETO (TERAMO) Tel. 085/9461127 - Telefax 085/9461282 e-mail: fondazione@ibambini.it web: www.ibambini.it

“Nido del Focolare”

Nido del Focolare via Recchiera - 64045 CERCHIARA DI ISOLA DEL GRAN SASSO (TERAMO) Tel. e Fax 0861/978390

Comunità “Focolare” La Comunità “Focolare”, attivata da gennaio 2006, è al primo piano del moderno edificio che ospita anche il “Centro Primavera”, a Scerne di Pineto. Accoglie 10 ospiti a degenza piena e dispone di 2 posti letto per emergenze. Coordinatrice suor Santa (Cecilia) Pepe.

Comunità educativa per minori “Focolare” piazza Unicef - 64020 SCERNE DI PINETO (TE) Tel e Fax 085/9461313. e-mail: santa.pepe@ibambini.it web: www.ibambini.it

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focus on Centro “Primavera” Il “Centro Riabilitativo Polivalente Primavera” opera nell’ambito dell’associazione “Focolare Maria Regina Onlus”, per la tutela della vita umana e della famiglia, con particolare attenzione al mondo dell’infanzia e della gioventù emarginate. Il Centro integra, in un nuovo modello di intervento clinico sul bambino con disarmonie della sfera psico-affettiva, le competenze di un Centro di Riabilitazione con quelle psicoterapeutiche. Attua, inoltre, dal 1997 un progetto pilota regionale di interventi sanitari in favore di minori a rischio e loro

famiglie, promosso dalla Regione Abruzzo e convenzionato con la Asl di Teramo. Il centro tratta, a livello specialistico, i disturbi neurologici e delle funzioni psichiche superiori ed intellettive, associati a disagio psicologico di bambini ed adolescenti e loro famiglie. Centro Riabilitativo Polivalente “Primavera” via Oberdan, 26 – 64020 SCERNE DI PINETO (TERAMO) tel. 085/9462495 – telefax 085/9462496 sito internet: www.ibambini.it e-mail: info@ibambini.it

Centro Studi Sociali sull’infanzia e l’adolescenza Il Centro Studi Sociali sull’Infanzia e l’Adolescenza è una struttura per la ricerca, formazione, progettazione sociale, realizzata dall’associazione “Focolare Maria Regina onlus”, per la formazione di operatori laici e religiosi in materia di infanzia ed adolescenza e della formazione dei giovani. Il Centro Studi è, inoltre, la prima istituzione formativa italiana specializzata nel campo del maltrattamento dei minori. Ha sede a Pineto. Il Centro Studi nasce su un’area di servizi

sala per terapia psicologica

per l’infanzia, che si affaccia sulla piazza Unicef e che comprende già “Casa Madre Ester” e il Centro per l’Età Evolutiva “Primavera”. Dal 2004, ha svolto, annualmente, un’intensa attività di formazione e di progettazione, quali i convegni annuali, i corsi di formazione per operatori di contrasto alla violenza, convegni, workshop e seminari in materia sociale, corsi di formazione per gruppi svantaggiati, collaborazione come partner a progetti europei.


“Tutto inizia dall’ascolto” La testimonianza di Teresa Ginoble assessore alle Politiche sociali e vicesindaco del Comune di Roseto DI

MIRA CARPINETA

“Preferisco parlare di Politiche Sociali, piuttosto che di servizi sociali, perché solo attraverso scelte politiche di buon senso si può capire il grado di civiltà di un paese”. Esordisce così Teresa Ginoble, assessore e vicesindaco di Roseto. Della sua cittadina e delle iniziative sociali di cui è responsabile parla con entusiasmo ed energia, elencando i progetti realizzati e quelli in fase di realizzazione. “Tutto inizia dall’ascolto- spiega- perché solo ascoltando le persone e le loro richieste, i loro bisogni o i loro disagi, un amministratore politico di buon senso può dare risposte risolutive”. Nell’attuale momento di restrizione economica e riduzione delle risorse, come si possono mantenere dei servizi sociali o evitarne soppressioni? Il benessere di una comunità passa attraverso l’attivazione delle politiche sociali. Non è comprensibile che una comunità socialmente equa possa vivere dimenticando gli altri. Il Comune di Roseto, grazie a scelte lungimiranti del recente passato, ha confermato il suo impegno di bilancio per la funzione sociale, inoltre siamo riusciti a creare una rete di persone, volontari, cooperative, parrocchie, Caritas (di cui abbiamo fortemente voluto uno sportello qui a Roseto), il Banco Alimentare ecc., con i quali abbiamo realizzato una serie di servizi per bambini anziani, disabili, immigrati, famiglie disagiate. Persone a cui è stata data anche la possibilità di conseguire una formazione specifica –sanitaria, sociale e comportamentale- a seconda del campo in cui avrebbero operato. Quali sono le risposte che avete dato? Sono veramente tante e tutte efficienti. Per gli anziani abbiamo attivato diverse iniziative come “Le amiche di casa”, gruppo di badanti e assistenti domiciliari di cui fanno parte tante italiane. In un certo senso ci stiamo riappropriando del nostro territorio, ed è giusto che sia così. Il progetto della casa famiglia “Asilo” per i malati di Alzheimer da accogliere in ambienti di tipo familiare con personale adatto

a gestire questo tipo di malattia. Vorremmo realizzare un vero e proprio albo per questo tipo di lavoratrici a cui poter attingere dopo averne accertato la preparazione. Siamo stati tra i primi Comuni ad attivare i progetti per l’estrema povertà e quella organizzazione ci ha poi permesso di creare una rete che è stata in grado di accogliere da subito i 6000 aquilani. Chi di loro è stato a Roseto non potrà dimenticarlo. Per l’infanzia, invece, il mio sogno è di attivare più asili nido. Ne abbiamo tre e siamo al 36% del trattato di Lisbona, ma abbiamo la lettura al nido (lettura di favole e racconti per stimolare l’approccio ai libri), tempo pieno, colonia estiva , assistenza specialistica nelle scuole, ludoteca, la cittadella dei ragazzi dai 13 ai 18 anni). Quando dico che siamo molto attenti all’ascolto è perché questo ci ha permesso di individuare le tipologie di intervento anche e soprattutto coinvolgendo le persone interessate, nelle scuole. Abbiamo, ad esempio, costituito il comitato dei genitori per la democrazia partecipata. A Roseto le politiche sociali dell’assessore Ginoble hanno permesso di affrontare e monitorare diverse problematiche: anziani, bambini, madri in difficoltà, famiglie disagiate, adozioni, immigrazione, ma in ogni ambito l’organizzazione degli interventi si basa sulla partecipazione degli stessi soggetti. “La comunità d’accoglienza per madri in difficoltà con minori, creata da noi e funzionante, per mantenere i bambini nel territorio –continua l’assessoreè un altro fiore all’occhiello. Siamo il Comune capofila per le adozioni nazionali e internazionali (solo a Roseto 21 adozioni e 20 affidi). Tra le altre iniziative realizzate, la palazzina per l’inclusione sociale, una struttura con un’ assistente sociale e un’ amministrativa per le pratiche e il laboratorio per l’inserimento lavorativo dei disabili, che sarà per il momento un semiresidenziale, ma che potrà divenire stanziale per l’accoglienza di momentanee emergenze.”

Quando dico che siamo molto attenti all’ascolto è perché questo ci ha permesso di individuare le tipologie di intervento anche e soprattutto coinvolgendo le persone interessate, nelle scuole

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Quando l’orco vive in casa Dal Centro “Primavera” di Scerne di Pineto i risultati di una ricerca su 399 casi di abuso in Abruzzo Abruzzo. Il 91,6% si consuma fra le mura domestiche. In aumento i casi di pedofilia. lia Sono in prevalenza vittime di maltrattamento psicologico (50%) e di trascuratezza (58%), ma anche di violenza assistita (23%) ed abuso sessuale (18%), i bambini abruzzesi, che ricevono le violenze nel 91,6% dentro la propria casa, il luogo che invece dovrebbe proteggerli e farli stare al sicuro. Spesso a scatenare la violenza le conflittualità familiari (44%), le separazioni (36%), la dipendenza da alcool e droga (17%), la malattia mentale (17%). Nella maggior parte dei casi le vittime di violenza hanno fra i 6 e i 10 anni (47%) e sono maschi (58%). Il ritratto dell’infanzia e dell’adolescenza vittima di violenza in Abruzzo, è presentato dal Centro per l’età evolutiva “Primavera” di Scerne di Pineto, che da 13 anni gestisce il progetto obiettivo regionale di interventi sanitari per minori a rischio e loro famiglie, promosso dalla Regione Abruzzo e convenzionato con l’Azienda ASL di Teramo. Analizzati 399 casi di minori abusati e presi in carico in 13 anni di attività del progetto obiettivo. La ricerca ha messo a fuoco, in particolare, le caratteristiche dei bambini vittima, i fattori di rischio del maltrattamento, il profilo degli autori della violenza, la diagnosi dei danni prodotti e gli interventi di cura messi in atto. “Sono dati importanti per capire il fenomeno della violenza sui bambini in Abruzzo – commenta Andrea Bollini, direttore del Centro Studi di Scerne – perché, per la prima volta, disponiamo di informazioni su un largo spettro di tipologie di maltrattamento. Questo quadro ci aiuta anche ad attivare interventi più specifici di riparazione dei bambini, ma anche di prevenzione della violenza. Su questo speriamo che la Regione

aumenti gli sforzi per combatterla”. I bambini vittima di violenza sono per il 58% maschi e per il 42% femmine. La fascia di età in cui l’abuso si manifesta è fra i 6 e i 10 anni (47% dei casi) e dagli 11 ai 14 anni (32%). Il 97% è di nazionalità italiana, il 3% di nazionalità straniera. Le violenze più diffuse sono la trascuratezza (58%), che colpisce i bambini per omissioni fisiche e psicologiche dei genitori di fronte ai bisogni dei bambini, il maltrattamento psicologico (50%), che si esprime con pressioni psicologiche, aggressioni e violenze verbali, la violenza assistita (23%, un totale di 71 bambini sui 315 analizzati), che si ha quando i bambini vengono esposti a liti violente e aggressioni fisiche in famiglia, la violenza sessuale (18%), il maltrattamento fisico (16%, 50 bambini del campione), consistente spesso in violenze fisiche, percosse, morsi. Il più delle volte le violenze avvengono a casa (91,6%). Nel 55,8% dei casi sono entrambi i genitori a commetterla, nel 12% solo la madre, nel 9,9% solo il padre, nell’8% dei casi il genitore insieme ad altri familiari. A scatenare queste violenze spesso la conflittualità fra i genitori (44%), le separazioni difficili (36%), l’estrema deprivazione e la povertà (24%), ma anche le patologie mentali (18%), la dipendenza da droghe e alcool (17%), i problemi dei familiari con la giustizia (9%). A scoprire e ad inviare i casi di bambini abusati sono i servizi sociali nel 29%, i pediatri e i medici di famiglia nel 33% (spesso su richiesta stessa dei genitori inviano i bambini al Centro), i consultori familiari (8%), le Comunità educative (22% degli utenti). Al momento dell’ammissione i bambini vittime

di violenza presentavano disturbi psicologici nel 94% dei casi, un bambino abusato su 4 presentava ritardi cognitivi, motori e nel linguaggio, un bambino su 3 disturbi relazionali (36%), mentre il 6% risultava affetto da sindrome post-traumatica da stress, il 5% da disturbi dell’attenzione e dell’iperattività, un altro 5% da danni fisici ed il 4% dei bambini abusati anche da disturbi del comportamento alimentare. Quali percorsi di cura dei bambini maltrattati il Centro Primavera ha messo in atto nel 48% la psicoterapia individuale, nel 10% la psicoterapia familiare, nel 29% il sostegno psicologico e nel 15% la terapia riabilitativa. La media del periodo di cura è fra i 2 e 3 anni, che salgono nei casi di abusi con danneggiamenti più gravi. Un approfondimento specifico meritano i dati relativi agli abusi sessuali (esaminati 56 bambini vittime di abuso sessuale in Abruzzo). Le bambine vittime di abuso sessuale rappresentano il 57% ed i bambini maschi il 43%. Un dato quest’ultimo notevolmente alto, che fa comprendere come oggi la violenza sessuale non colpisca più solo le bambine, ma anche i bambini, soprattutto per il diffondersi di casi di pedofilia, che prima raramente venivano denunciati. Gli abusi sessuali avvengono nel 72% solo a casa, il 5% fuori casa ed il 4% attraverso l’uso della rete internet. Gli autori di abuso sessuale sono il padre (31%), lo zio/a (12%), dal nonno/nonna (4%), dal convivente (11%), dal vicino o conoscente (11%), dal genitore insieme ad altri familiari e non (23%), da sconosciuti (4%).+


Grafo n. 1: Classi di età 0 - 3 anni 4 - 5 anni 6 - 10 anni

Il doppio volto dell’amore

11- 14 anni 14 -17 anni

Grafo n. 2: Suddivione per sesso Maschi Femmine

Grafo n. 2: Autore del maltrattamento Vicino/conoscente Altro Non disponibile Il padre La madre Entrambi i genitori Zio/Zia Genitori/e e un parente Genitori/e e un non par. Convivente

Grafi di sintesi dell’analisi condotta

Il 25 novembre è stata la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Le giornate dedicate a questo o quel problema sociale si moltiplicano, ma questa - a parte la retorica del vocabolo “eliminazione” – ha in questo periodo una risonanza speciale forse perché suscita una indignazione crescente la violenza domestica di uomini apparentemente bravi cittadini, il più delle volte innamorati delle loro moglie e capaci in un impeto di rabbia di ucciderle per motivi futili. Di fatto muoiono – e il silenzio su questo punto di chi dovrebbe parlare da cattedre e pulpiti è assordante - troppe mogli, amanti, madri di famiglia, ree il più delle volte di non corrispondere all’amore, di rifiutare un rapporto, di suscitare attese e pretese immaginarie. Non va trascurata l’influenza della pornografia in questo gonfiarsi di attese nei confronti di donne-madri normali, supposte ninfomani per l’immaginario del mercato del sesso. L’opinione pubblica è scossa dalla scomparsa di ragazzine, dai fenomeni della tratta, del turismo sessuale, delle spose bambine, dei matrimoni che coprono l’acquisto di domestiche a basso costo… Vi è una naturale reazione contro quella violenza, che é frutto dell’associazione forza-sessopotere, perché in questi casi si stabilisce una ferita profonda alla relazione uomo donna che è fondante tutti gli latri rapporti. La confusione tra amore e uso della forza intacca nell’intimo le relazioni di fiducia tra le persone, tramutando l’amore in odio incontrollato, violento e improvviso, come muta nel romanzo il Dr Jekyll in Mister Hyde. E’ sempre poco quello che si fa per correggere queste distorsioni che inquina-

Emisfero VIolenza


focus on

Dal baratro la metamorfosi no la vita sociale e ne lacerano il tessuto connettivo. In particolare nei confronti della tratta di donne dai paesi cosiddetti “sottosviluppati” verso i paesi cosiddetti “sviluppati” abbiamo tutti responsabilità gravissime, se non dirette almeno di omissione. Per questo dobbiamo essere grati a quanti lavorano concretamente arrivando là dove noi non possiamo o non riusciamo ad arrivare. Consociamo l’opera della comunità Giovanni XXIII, mentre poco conosciuti sono gli sforzi immani delle religiose che dedicano la loro vita ad aiutare altre donne così bersagliate dalla sorte. Ne citiamo una: l’Unione Superiore Maggiori d’Italia (USMI) ha nominato Suor Eugenia Bonetti che per 24 anni è stata missionaria in Kenia e ha conosciuto decine e decine di donne sfruttate, rapite, violentate, responsabile dell’Ufficio tratta. Attualmente coordina una rete di circa 250 suore di 75 congregazioni diverse, con 110 case di accoglienza per ex prostitute. Suor Eugenia nel libro che la editrice San Paolo e in cui ha descritto la sua esperienza insieme ad Anna Pozzi (giornalista che sostiene il progetto “Mai più schiave” sulle donne nigeriane) le ha chiesto e che si intitola significativamente “Schiave” sostiene: “Più di 5 mila donne sono uscite in questo modo dalla prostituzione”. Suor Eugenia riporta dati e analizza fenomeni sociali mettendo in luce il lavoro di suore che realizzano la sorellanza effettiva, non quella proclamata di certi salotti femministi e sbandierata dai mass media, ma quella concreta, silenziosa, feriale di donne che non hanno alcun potere di fare leggi e decreti, di argomentare e definire dottrine, ma vivono contattando una persona alla volta, da accogliere com’è, il più delle volte stravolta e abbrutita dalle violenze subite, e le restituiscono pian piano, a forza di amore e di servizio, la voglia di vivere, la dignità, il gusto di sognare un avvenire diverso. GIULIA PAOLA DI NICOLA

La vita quotidiana è un pesante campo di battaglia dove è sempre meno probabile che chiudendo la porta di casa si possa sfuggire alle più gravi violenze. Violenza subita e perpetuata, tollerata e combattuta, auto inflitta e imposta. Ferite morali, dignità oltraggiata, abusi fisici. La violenza sulle donne è un tema che merita di essere sempre meglio conosciuto e compreso. L’informazione aggrega, unisce, incoraggia a sentirsi in diritto di poter reagire e approdare con più coraggio a piste di vita nuova. Scegliere di cambiare è possibile e può diventare l’unica via d’uscita quando si è coinvolti in maltrattamenti. È necessario ritrovare fiducia in se stesse, scendere dagli ingranaggi malati delle abitudini. In alcuni casi le donne si ostinano a credere in una relazione anche quando si è consapevoli di essere scese troppo in basso nel rendersi ogni giorno vittime sacrificali dentro una tacita e consenziente gabbia. Se a casa arrivano ospiti si innesca un sipario nuovo e ingannevole affinché non si percepisca che fino ad un istante prima si era in balia dell’oppressione degli insulti e la paura di degenerare nell’aggressione. Si svolge tutto come se una pastiglia di dopamina si mettesse istantaneamente in circolo nel sangue: la situazione tergiversa e gli onori di casa spostano l’attenzione sul savoir-faire e bon ton. D’un tratto una risata anestetizzante dell’umore fa cogliere nuovamente il piacere di ridere con i familiari, una briciola di calore che molte volte basta a far pensare che si possa sorridere solo in simili occasioni fortuite e ci si abbandona alla scelta di un esistenza sull’orlo del precipizio. Alcune donne nel tentativo di essere comprese e aiutate confidano il loro malessere, ma si ritraggono come chiocciole senza guscio non appena si affacciano all’idea di dover reinventare la vita. Tanti i sensi di colpa, la paura di essere giudicate dai figli soprattutto.

Un’esistenza che ci insegna a combattere la violenza a non subirla è il modello di cui abbiamo bisogno, la dimostrazione pratica della forza della vita che ciascun figlio vorrebbe respirare. Appello la virtù comunicativa dell’arte che sin da tempi lontani, in svariati modi, ha rappresentato la violenza subita dalle donne, con lo scopo di esorcizzare qualsiasi forma di costrizione fisica e psicologica e valorizzare l’universo femminile. Si pensi a Pentesilea, regina delle Amazzoni, uccisa da Achille, il quale si innamorò di lei colpito dalla sua bellezza, proprio nell’istante in cui la trafisse con la lancia. Dafne invece, inseguita da Apollo in preda al desiderio, riuscì a salvarsi soccorsa dal padre che la trasformò in alloro. Questa metamorfosi è una saggia metafora che ci ricorda che è possibile condividere l’evoluzione dalle grinfie dei soprusi con gli altri e con il mondo. GIUSEPPINA MICHINI

I frammenti rivivono nell’immanenza della terra. -Tu non eri nata- fiore – e la farfalla innocente girava, sugli ettari rimboschiti di Aprile. -Forza! La storia ritorna!-Sei stufa e ne hai bisogno di vita. Un pensiero rigato nel cielo una scia. (poesia di Giuseppina Michini)


Campagna italiana contro la violenza alle donne

Ma non è una storia d’amore Questa è la storia di un lui e di una lei, ma vale la pena chiarirlo subito, non è una storia d’amore. Era una domenica d’ inverno e come al solito a Roma pioveva senza sosta. Erica, giovanissima studentessa universitaria teramana, guardava fuori dal finestrino del pullman, pensando che in fondo era stata via solo per il fine settimana, eppure quella vita frenetica le era mancata tanto. L’ora di cena era già passata, ma sulla Tiburtina il traffico continuava a rumoreggiare; lunghe file di auto bloccate da un semaforo rosso. Alcuni passanti camminavano frettolosi ai bordi della via, altri svogliati, altri ancora si fermavano davanti a cartelloni luminosi della pubblicità. Arrivata alla stazione, come d’abitudine, accese una sigaretta e rimase accanto alla fermata aspettando che Luca, il suo ragazzo, la venisse a prendere. Una giornata come tante altre, che volgeva al termine, passando inosservata. Ma qualcosa andò storto... All’improvviso davanti a lei si fermò un uomo: difficile dimenticare quello sguardo bramoso, quell’odore,quelle mani cosi pesanti, la pioggia che le bagnava il viso. Cosi racconta il suo dramma: ”Ero cosi spaventata che rimasi immobile; infettava ogni parte del mio corpo con le sue impronte, piangevo in silenzio. Non parlavo con Dio da circa dieci anni, ma in quel momento lo pregai di farmi rivedere i miei genitori. Iniziò a colpirmi con violenza. .. per un attimo pensai di morire. Avevo completamente perso lucidità,tanto da non sentire dolore.” Non ricorda bene cosa fece scappare il maniaco, forse delle voci o la vista di una volante della polizia. Era salva. Fisicamente. Ma parte della sua anima era morta in quel preciso istante, soffocata dalle luride mani di quell’uomo. Restò in silenzio, tornò a casa e giurò a se stessa che avrebbe custodito quel terribile segreto. Nei mesi seguenti cercò di reagire in tutti i modi, inizialmente anche con il sostegno di uno psicologo. Voleva dimenticare, reprimere il dolore, la vergogna, la rabbia e continuare normalmente la sua vita. Passavano i giorni, svanivano le certezze in cui aveva sempre creduto, ogni punto di riferi-

mento era smarrito. Tanta solitudine, voglia di scappare lontano per ricominciare una nuova vita. Lasciò Roma, il suo ragazzo, accantonò gli studi, trascurò le amicizie più care, creò un rapporto conflittuale con i suoi genitori. Avrebbe voluto urlare al mondo intero il suo disagio, ma uno strano pudore le impediva di farlo. Senza contare la paura di far soffrire e di sconvolgere le vite di chi le stava attorno. Unico rimedio, il tempo. La strada percorsa è stata lunga e non senza ostacoli, ma oggi Erica non ha più paura del buio, e soprattutto ha cancellato per sempre dal suo vocabolario la parola rassegnazione. Dopo quasi due anni, ha finalmente ripreso il controllo della vita, scegliendo di tornare a sorridere. E quando le chiedono dove abbia trovato la forza lei risponde cosi: “Basta leggere la cronaca sui giornali per capire cosa vuol dire essere donna oggi. Ho portato avanti la mia battaglia in nome di tutte noi, che siamo fragili, indifese, incomprese, .ma abbiamo nel petto un cuore grande, gonfio di coraggio e pieno d’amore.” Poi si gira commossa verso il suo “nuovo” lui, lo chiama il suo “angelo custode in carne ed ossa”. Ed è veramente un’altra storia. FEDERICA MAZZONI

Emisfero VIolenza


38 feb. / 2011

L’altra faccia del paradiso Qysqueia, San Pedro de Macoris Santo Domingo a 70 Km dalla capitale

Il reddito di una persona con un lavoro dipendente è di circa 110 euro al mese. La prima volta che Isabel mi ha portato a Qysqeia sull’autobus ero l’unico bianco e ti guardano come un salvatore a cui chiedere denaro. 100 pesos equivalgono a 2 euro e ogni sera veniva qualcuno a chiedere quella cifra. Molti, soprattutto gli anziani o i bambini vivono con i soldi che ricevono dai loro parenti emigrati in America o in Europa. La cosa che più mi ha colpito è stata la musica. Musica latina a tutto volume fin dal mattino per le strade, dalle case, dappertutto, fino a sera. Quelli che non lavorano passano la giornata in strada, ubriachi di rum. I bambini spesso passano gran parte della giornata da soli, in strada mentre i genitori sono nei campi di canna da zucchero o negli

alberghi dei villaggi turistici. Per una ragazza il riscatto sta nello sposare un facoltoso turista, per i ragazzi l’aspirazione è diventare “pelotero”, giocatore di baseball, nella Liga Americana. Tutti sono armati o vanno in giro armati. Pistole o machete sono come per noi i cellulari, si dorme perfino con l’arma sul cuscino. Santo Domingo ha accolto molti profughi Haitiani dopo il terremoto, la frontiera è facilmente attraversabile. Il terremoto ha fatto più di 600.000 morti. Oggi sta affrontando l’emergenza colera. Il 28 gennaio tornerò a Qysqeia con medicine, disinfettanti e vaccini che ho raccolto grazie alla sensibilità di alcune farmacie teramane . GIANCARLO VORTICE

Curiosità su Santo Domingo Santo Domingo è un paradiso per turisti, spiagge e resort da sogno… recintati da muri e filo spinato. Dietro il paradiso la realtà ha altri colori, odori, sapori. Case di lamierato che ricordano le favelas brasiliane, scarichi all’aperto. Condizioni igieniche

inesistenti, topi, epatite e dissenteria perché l’acqua potabile non è alla portata di tutti: pochi possono permettersi di comprare i contenitori d’acqua, la maggior parte delle persone usa l’acqua delle fontane pubbliche non trattata igienicamente.


39 feb. / 2011

Cyberbullismo Un fenomeno in preoccupante giovani. E non solo. crescita tra i più giovani Tutti conoscono l’ espressione bullismo, ma molta meno importanza si associa all’ affine termine cyberbullismo. E’ un fenomeno in costante crescita, che coinvolge bambini, adolescenti o ragazzi tormentati, ricattati, minacciati, vessati, umiliati, imbarazzati, o in ogni caso, presi di mira da un coetaneo, attraverso tecnologie digitali come telefoni cellulari o internet. Tuttavia. ritenere che il fenomeno sia rivolto solo ed esclusivamente ai più giovani, è superficiale. La distinzione per gruppi di età è a volte indicato come cyberstalking o cyberharassment, quando perpetrati da adulti verso gli adulti, a volte diretto, sulla base del sesso. Comuni e di vario genere le minacce verso vittime, anche non facoltose, riguardo l’occupazione, reputazione, sicurezza o vita privata. Recenti ricerche hanno dimostrato che

tre bambini su quattro sono stati coinvolti in episodi di bullismo online in un arco di tempo di dodici mesi. Molto radicata anche l’omertà. Solo uno su dieci parla a mamma e papà dell’accaduto, per paura di subire l’ira degli stessi genitori o di non poter più usare il computer per accedere ad internet. Il cyberbullismo è molto simile a quello che i ragazzi praticano a scuola. Internet non è visto come un ambiente separato, ma è strettamente connesso alla vita sociale, sia all’interno delle aule che nella quotidianità. Purtroppo, come spesso accade per altre circostanze, la causa è da ricercare nella famiglia, sempre meno presente e sempre meno vigile per un’ educazione significativa e plasmante, strettamente necessaria per la crescita naturale del figlio. A differenza della prepotenza fisica, in quella digitale il

bullo può rimanere quasi anonimo, utilizzando account di posta elettronica temporanei, pseudonimi in chat, programmi di instant messaging o messaggi di testo nei telefoni cellulari per mascherare la sua identità, e questo forse libera da vincoli normativi e sociali sul comportamento. Così facendo si avvale di un potere autoritario in una sorta di libertà senza regole e censure che, pur essendo legalmente punibile, gode del fatto che è quasi impossibile essere intercettati. Non dobbiamo mai dimenticare e cercare di far comprendere ai ragazzi che internet è immenso e misterioso. Per questo si deve fare attenzione quando si dialoga o si conosce qualcuno sul web. Dall’altra parte potrebbe esserci qualcuno che fa solo finta di essere un amico. DANIELE CIANCI


40 feb. / 2011

A margine di Teramo

DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

ppena sotto il vecchio stadio Comunale di Teramo c’è un luogo incantato della nostra città: il quartiere San Giuseppe. È incantato perché tutti lo vedono, ma in pochi lo guardano, come se non esistesse. Come baluardo il campanile dell’omonima chiesa che fa capolino di qualche metro sopra il livello stradale. Attraversata non senza rischi la circonvallazione (ancora priva dei dissuasori e le macchine corrono), Alberto Melarangelo prende a spiegarmi qualcosa di questo quartiere, partendo proprio dall’edificio sacro. “La chiesa di San Giuseppe è quasi sempre chiusa: un peccato perché è molto caratteristica, con esempi di barocco notevoli, come la pala d’altare lignea del Maievskij. Viene aperta di tanto in tanto per delle catechesi e nel giorno del suo Santo. Sembra strano che non possa essere stretto un accordo tra Curia e Comune. Tenendola aperta, oltre ad essere riconsegnata al culto quotidiano dei fedeli, offrirebbe l’occasione di incrementare il turismo culturale teramano annettendola a un percorso che coinvolga diversi punti notevoli della città.” La chiesetta sta silenziosa di fronte a noi, assorta nei primi colori del tramonto. Alberto riprende: “Quando parlo di turismo culturale non mi riferisco solo a stranieri che visitano Teramo. Ma anche a teramani che girano e trovano occasione di conoscere meglio la propria città…” Il quartiere è davvero grazioso, immerso nel verde, con una vista panoramica di Teramo ango-

Con Alberto Melarangelo nel quartiere San Giuseppe nato sul lungofiume Tordino lata in modo singolare: dal basso.Tra vecchi portali e casette che si appoggiano al crinale proseguiamo la discesa fino ad arrivare ad un lavatoio, in pieno abbandono e degrado. “È uno dei tre lavatoi di Teramo: uno è a Fonte della Noce, l’altro era nei luoghi del lotto zero (ora ovviamente non esiste più), l’ultimo è questo. I superstiti, come vedi, versano in completo abbandono. Anche qui, senza eccessive spese, si potrebbe reintegrare questa struttura almeno fino al decoro, un concetto che, non c’è niente da fare, è completamente estraneo alle amministrazioni. Anche perché si potrebbe addirittura riutilizzare questo lavatoio, magari per dei percorsi tematici sull’acqua, appoggiandosi a collaborazioni con altri enti locali: il Ruzzo, ad esempio.” “Un’altra cosa: questa discesa (la discesa principale del quartiere) con la pioggia, tende sempre ad allagarsi formando uno spiacevole effetto ‘Niagara’. L’acqua allaga sempre una parte dei piani terra delle abitazioni. Da diverso tempo si è chiesto al Comune di migliorare il drenaggio. Ovviamente: niente!” Di fronte ad un largo spiazzo erboso c’è l’occasione di parlare di un progetto molto importante per Teramo: il polo scolastico, che dovrebbe sorgere proprio lì, concentrando scuole elementari e medie. “Il progetto è interessante e molto importante per Teramo. Certamente occorre valutare attentamente l’impatto ambientale che questa soluzione può avere al fine di evitare un ‘lotto zero bis’. Bisogna poi vedere geologicamente se il terreno è adatto, es-

Teramo dal lungo fiume Tordino


41 feb. / 2011

sendo molto vicino al fiume: insomma, occorre fare tutte le dovute valutazioni. Non ultima come collegare il polo scolastico alla città, perché l’unico punto di accesso è questa breve discesa.” Ci avviciniamo al parco fluviale del Tordino, fronteggiando la consueta scenografia di un diffuso degrado: buste del riciclo sparse ovunque, rifiuti abbandonati, etc. “A volte, io non so come, alcuni politici vedano queste segnalazioni di degrado come un gesto ‘romantico’. Non so se ci si rende conto dell’assurdità e della gravità di questo modo di pensare. I nostri due parchi, ad esempio, potreb-

bero davvero essere un fiore all’occhiello per Teramo, ma non lo sono. È purtroppo scomparsa la figura del vigile ecologico, che aveva il compito di garantire la custodia degli spazi verdi. Se non altro, dico io, bisognerebbe almeno stringere degli accordi con dei privati cui affidare delle zone più o meno estese del parco ed esigerne da loro la custodia. C’era infatti l’idea di un bando per la gestione: nessuno l’ha ancora visto. Siamo davvero indietro.” E a queste parole speriamo ci sia una risposta da parte di qualcuno. E non siamo così ‘romantici’… la strada per il lungo fiume

A volte, io non so come, alcuni politici vedano queste segnalazioni di degrado come un gesto “romantico” le vasche per le lavandaie

Il quartiere è davvero grazioso, immerso nel verde, con una vista panoramica di Teramo angolata in modo singolare: dal basso

un particolare


42 feb. / 2011

Il senso del tempo Dai popoli più antichi ai moderni mezzi di calcolo, i preziosi orologi astronomici di Collurania “scampati” miracolosamente al terremoto astronomia è la più antica scienza umana. Quando i nostri antenati iniziarono a coltivare la terra, scoprirono la necessità di misurare il tempo. Occorreva sapere quando si doveva arare, quando seminare e quando raccogliere i frutti del lavoro nei campi. Fu probabilmente allora, che alzando gli occhi al cielo, si resero conto che il tempo è scandito dal movimento degli astri. Fu allora che pensarono di costruire imponenti monumenti megalitici, come quello nel sito archeologico di Stonehenge. Monumenti di pietra e legno che molto probabilmente servivano anche a marcare la posizione nel cielo del Sole e di altri astri in particolari giorni dell’anno. Le oltre 2000 persone, in gran parte stu-

Lo storico telescopio Cooke all’Osservatorio di Collurania

denti, che visitavano ogni anno l’Osservatorio di Collurania, prima dello sciagurato terremoto del 6 aprile 2009, potevano facilmente rendersi conto dello strettissimo legame tra scienza astronomica e misura del tempo. Le tre meridiane che accolgono il visitatore sul piazzale della palazzina Cooke marcano le ore babiloniche, quelle italiche e quelle moderne. Le prime contano il tempo a partire dall’alba, mentre le seconde indicano quanto manca al tramonto. Studiando i movimenti astronomici, abbiamo imparato a misurare il tempo. Eccone alcuni esempi. La durata di un anno corrisponde al tempo necessario alla terra per compiere una intera orbita intorno al Sole. Ogni giorno a mezzogiorno, il Sole raggiunge la sua massima altezza. All’inizio delle ultime decadi di marzo e settembre, il giorno e la notte hanno durata uguale (equinozi). Lo zodiaco non è stato inventato per predire il futuro, ma per conoscere ilmese corrente, come una specie di calendario celeste. Se il Sole era nella costellazione della Vergine, gli antichi sumeri, assiri, egiziani e greci sapevano che erano in agosto. Fu Giulio Cesare, nel 46 a.c., a promulgare il primo calendario a diffusione planetaria. Esso fu riformato dopo la pubblicazione della bolla Inter Gravissimas, emessa da papa Gregorio XIII nel 1582. Poco tempo prima, infatti, gli astronomi della Compagnia di Gesù avevano scoperto che i loro calcoli della data della ricorrenza pasquale erano sballati di parecchio giorni. Il vecchio calendario, ancora oggi usato in molti paesi come la Russia, non teneva conto della precessione degli equinozi. Gli orologi astronomici sono il sistema più preciso per misurare il tempo. La pulsar

PSR B1937+21, scoperta nel 1982 nella costellazione della Vulpecula, ogni 1,557708 millisecondi emette un impulso radio con il quale potreste regolare qualsiasi orologio. Le pulsar sono stelle di neutroni che si formano a causa del collasso del nucleo di una stella massiccia giunta al termine della sua vita (si veda l’articolo sul numero di Gennaio). Mentre il raggio del nucleo si riduce, la velocità di rotazione cresce, fino a raggiungere valori vicini a quella della luce. PSR B1937+21compie 642 rotazioni ogni secondo. L’impulso radio che emette ad ogni giro ha una frequenza così regolare da far invidia al miglior orologio atomico. Nonostante gli ingenti danni causati dal sisma all’edificio che ospitava il museo e il telescopio Cooke, la preziosa collezione di orologi astronomici è rimasta miracolosamente intatta, così come tutti gli strumenti e le collezioni di lastre fotografiche. Alcuni pezzi di particolare pregio sono stati esposti a Roma in occasione della mostra ASTRUM, realizzata dai Musei Vaticani con l’Istituto Nazionale di Astrofisica, per l’anno internazionale dell’astronomia. In attesa di reperire i fondi necessari per il restauro degli edifici, si sta valutando la possibilità di aprire al pubblico un’esposizione temporanea degli strumenti e degli orologi astronomici di Collurania presso il parco della Scienza alla Gammarana. Con la collaborazione del Comune di Teramo, speriamo di riuscire a concretizzare questa iniziativa entro il 2011. Nel frattempo, ci auguriamo che possano al più presto iniziare i lavori di restauro dell’Osservatorio. OSCAR STRANIERO (DIRETTORE OSSERVATORIO DI COLLURANIA)


43 feb. / 2011

Voci dall’Università Parla Barbara Pojaghi preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata a mia lunga esperienza con i giovani - insegno in questo Ateneo da oltre 35 anni - mi convince sempre di più che, quando si parla di loro, quando si può decidere del loro futuro è necessario farlo con grande rispetto, sforzandosi di prevedere l’effetto delle proprie parole. L’intervento della Ministra Mariastella Gelmini rivolto agli studenti di Scienze della comunicazione - ma direi a tutti gli studenti che hanno il torto di frequentare facoltà umanistiche e, quindi, a suo dire, inutili per l’impresa - è stato molto grossolano, svalutante oltre che basato su opinioni e non su dati. Un Ministro della Repubblica non può permettersi di rilasciare dichiarazioni del genere, riferendosi a una Facoltà che ogni anno laurea studenti e accetta iscrizioni di ragazzi con l’avallo del suo stesso Ministero. La Ministra Gelmini voleva forse dire che il suo Ministero permette l’esistenza di Facoltà e corsi di laurea che insegnano amenità? E le amenità di cui parla sono la storia, l’economia, il diritto, la semiotica, la psicologia, la sociologia, l’informatica, le lingue e tante altre discipline? Non oso neppure ipotizzare quali siano le sue opinioni sulle accademie, sui conservatori e sul Dams! La svalutazione che la Ministra e i mass media da molto tempo stanno operando ai danni dei docenti universitari, evocando un’immagine di una classe di lavoratori corrotta e impegnata solo a fare concorsi per amici/parenti/ amanti, è poi anche applicata alla categoria dei medici, dei magistrati, dei lavoratori del pubblico impiego, dei ministeriali. Ma non è così: in ogni categoria abbiamo persone per bene e non, anche tra i politici; ma io non mi sento di affermare che tutti i politici sono corrotti. E’ una questione di metodo, lo stesso che noi insegniamo ai nostri studenti: un metodo rigoroso, che non lascia spazio alle opinioni “di pancia”, ma

solo a ragionamenti legati a fatti verificabili. E’ vero che molti giovani non trovano lavoro, che non lo trovano coerente con gli studi fatti, che sono sottopagati: il periodo che stiamo vivendo è sicuramente molto arduo per l’inserimento nel mondo del lavoro dei nostri ragazzi. Sicuramente questa difficoltà non dipende solo dal tipo di facoltà frequentata; probabilmente bisogna prima valutare il ruolo della crisi economica e delle scelte politiche effettuate. Eppure, nonostante questa crisi così forte che stiamo vivendo, molti nostri studenti hanno trovato lavori prestigiosi nelle aree di studio della loro Facoltà: quotidiani e televisioni sia locali sia nazionali, agenzie pubblicitarie di prestigio, case editrici, aziende rilevanti nel nostro territorio (Varnelli, Teuco, Fornarina, Lube), piccole imprese ed enti pubblici. In ogni caso, i dati sugli sbocchi professionali di una laurea in Scienze della comunicazione forniti da AlmaLaurea, l’agenzia che dal 1994 a oggi ha seguito i percorsi lavorativi di 1.5 milioni di laureati italiani in tutte le discipline, vanno in tutt’altra direzione rispetto alle ripetute affermazioni della Ministra: i laureati in Scienze della Comunicazione “si laureano in tempi brevi – è riportato sul sito stesso dall’agenzia -, con ottimi voti, conoscono bene l’inglese e hanno buona padronanza degli strumenti informatici; hanno frequentato regolarmente le lezioni e svolto stage o tirocini durante gli studi. Dopo la laurea si inseriscono facilmente nel mercato del lavoro: a cinque anni dal conseguimento del titolo i laureati occupati superano la soglia del 90%”. Senza fare paragoni con altri corsi di studio, perché le differenze sono veramente risibili, i laureati in Scienze della comunicazione hanno le stesse prospettive dei loro colleghi di altre facoltà. PROF.SSA

BARBARA POJAGHI


44 feb. / 2011

Tra piano e podio Incontro con Manfredo Dorindo Di Crescenzo musicista eclettico

DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

ianista e direttore d’orchestra, Manfredo Dorindo Di Crescenzo è un musicista completo, professionista che da anni lavora in progetti di ampio respiro che però, purtroppo, non hanno ancora coinvolto la nostra città. Questa intervista, oltre a delineare il profilo dell’artista, vuole essere un augurio per future collaborazioni con la nostra città. Manfredo, dirigere e suonare... come si conciliano questi due aspetti? “È stata la passione per la musica a condurmi: sono venuto fuori, naturalmente, come pianista. Sentivo però che l’esperienza di stare davanti ad un’orchestra mi avrebbe completato. L’obiettivo, sia che si diriga sia che si stia al pianoforte, è sempre la musica, nella sua bellezza: la natura del lavoro è la stessa.” Credo che per i musicisti (pianisti, violinisti, etc.) dirigere un’orchestra equivalga al sogno comune a molti italiani di allenare una squadra di calcio: forse perché è una speciale mistione di potere e creatività. Cosa ne pensi? “Può essere vero... l’importante però è che quando sei di fronte a trenta, quaranta strumentali non devi usare mezzucci. C’è sotto un gran-

da pianista

de lavoro, anche psicologico: alcuni orchestrali vanno incoraggiati con delicatezza, altri vanno ripresi in tono fermo e perentorio. Dipende dal loro carattere: occorre essere quasi degli psicologi! Comunque, lavorando per bene, si arriva a metterli nella condizione di essere in perfetta sintonia. Questo è l’importante.” La prima volta da direttore... “E’ stato un concerto tutto strumentale. Autori: Mozart, Elgar, Ciaikovskij. Un bel ricordo, una profonda emozione...” E il pianoforte? Sei tornato solista? “Con orchestra sì, mi è capitato. Ma concerti di solo pianoforte non li ho più fatti. Suono molto con formazioni cameristiche il cui repertorio spazia dalla musica classica, al tango (che adoro oltremodo!) fino ad arrivare alla musica contemporanea. Con mia moglie Tiziana Perna suono in duo pianistico; di frequente lavoro col chitarrista Cristiano Poli Cappelli. Accompagno anche diverse cantanti, come la bravissima Beatriz Lozano, con cui ho avuto occasione di fare una tournée in Argentina.” Adesso, se non sbaglio, sei stato impegnato in spettacoli che riguardavano anche la danza... “Sì, si è trattato di una tournée che ha toccato diverse città italiane, dal nome: ‘

La Musica attraverso il Balletto’, con la Corelli Chamber Orchestra di Roseto degli Abruzzi e dalla Compagnia Euroballetto di Roma, diretta da Marco Realino. Il repertorio è stato costituito da pezzi di Ciaikovskij tratti dalle sue opere più popolari, Lago dei Cigni, Schiaccianoci, La bella addormentata nel bosco. Ne sono molto soddisfatto: siamo stati in tournée dal 1 al 16 gennaio, ottenendo una calorosa risposta da ogni pubblico, da Roma a Pescara, da Roseto a Fondi.” Un consiglio che senti di voler dare ai musicisti che si stanno affacciando nel mondo del professionismo... “Intanto di essere sempre perseveranti. So che può sembrare una frase fatta e quindi vuota. Ma è davvero così: conta davvero molto il desiderare un risultato da se stessi. Oggi con tutti i tagli che sono stati fatti alla cultura è sempre più difficile trovare gli spazi giusti per poter fare bene questo meraviglioso lavoro, così utile per la società. Solo chi avrà la forza di collaborare potrà venirne davvero fuori e continuare a mantenersi ad un livello importante. È la sfida che ci attende per provare a risollevare la cultura nel nostro paese.”


45 feb. / 2011

Il sogno giovane della musica Nata nel 2004 dal sogno di alcuni giovanissimi artisti, l’Interamnia Ensemble promette di essere tra le orchestre teramane più quotate DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

Interamnia Ensemble è un’orchestra da camera nata nell’aprile del 2004, quasi per gioco, non troppo diversamente da una boy band liceale. Da lì si sono moltiplicate occasioni ed esperienze che in breve hanno portato questa piccola realtà a togliersi delle importanti soddisfazioni, partecipando a festival nazionali e fondandone uno proprio dal titolo “Le chiavi della musica”, alla sua seconda edizione. Incontriamo uno dei fondatori, nonché coordinatore e primo violino dell’Ensemble, Alessandro Ascani. Qualche cenno dell’atmosfera degli inizi? “Gli inizi sono stati pioneristici: avevamo solo una piccola

i componenti

sala per provare nella sede del comitato di quartiere ‘Santo Spirito’. C’era una grande voglia di studiare insieme e di mettere a frutto i nostri studi musicali che, per molti, erano ancora in fieri. Insomma: nessuno di noi era diplomato nel proprio strumento e molti non avevano neanche sostenuto l’esame di ottavo.” Come dire: avete gettato il cuore oltre l’ostacolo. “Sì, in un certo senso… volevamo studiare ed era bello che nessuno si sentisse già arrivato, ma che tutti facessero i conti con le proprie difficoltà tecniche.” Collaborare insieme, in sette, con tante idee e pensieri diversi… “È certamente la parte più difficile, ma anche quella che ci appassiona di più. Ormai ci conosciamo bene, sappiamo come prenderci ed è importante. Ci piace mettere insieme le nostre idee, studiare, proporre dei programmi. E’qualcosa di estremamente creativo che ci piace fare insieme.” Se non sbaglio, poi, voi siete un po’ come la Orpheus Chamber Orchestra, che suona senza direttore. Giusto? “Solo in parte: per quanto riguarda lo studio siamo effettivamente da soli; poi il materiale

lo poniamo al direttore che ci dirigerà in concerto. Comunque, diverse volte abbiamo suonato anche senza direttore, proprio come la Orpheus.” Come è oggi l’Interamnia Ensemble? “Una realtà che poggia su sette orchestrali fissi e che con gli allargati arriva fino a quindici. Proviamo nella ‘Taverna Quattro-Quarti’ (vecchio nome dell’orchestra) ed è importante che la prova finisca con una bella bruschettata. È una realtà che è cresciuta arrivando ad importanti collaborazioni e ad esperienze fondamentali come una tournée in Cina in collaborazione con l’orchestra Abruzzo Musica e al festival Fabbriche di Roma. La nostra soddisfazione è che molti dei contatti di lavoro gli abbiamo avuti dopo essere stati ascoltati e apprezzati. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto degli enti locali, in particolare della Fondazione Tercas” Quali sono i progetti a cui state adesso lavorando? “La seconda edizione del nostro festival ‘Le chiavi della musica’: speriamo di bissare il successo dell’anno scorso…” Ma tutto cominciò quando… Vittoria Verducci (viola) “Ricordo una telefonata ed Eugenia che mi proponeva di far parte dell’orchestra. Dopo qualche timore dovuto alla mia timidezza l’entusiasmo e la disponibilità degli altri mi tranquillizzarono:


46 feb. / 2011

durante le prove

due caratteristiche che non ci hanno mai abbandonato. Da allora quel gruppo di ragazzi che provava a suonare insieme si è poi trasformato in un gruppo di amici che fa musica!” Patrick Ruggieri Ravalson (violino) “Quando Alessandro mi chiese di dare una mano all’orchestra accettai subito, anche se non conoscevo bene tutti i componenti. Da subito serietà e impegno sono state le prerogative fondamentali, perché non è mai facile suonare insieme. Poi, nel tempo, sono cambiate anche esigenze e ambizioni, facendoci maturare anche attraverso delle piccole crisi, sempre ben superate. La gratitudine e la stima verso Alessandro è tanta: sono contento della sua stima e di quelli di tutti, ovviamente reciproca.” Eugenia Di Bonaventura (violoncello): “Ogni settimana andavamo in un paesino delle Marche per studiare in un’orchestra in un piccolo teatro freddo e squallido. Però ci andava bene così. Eravamo presi dalla musica e sognavamo di creare, da amici, qualcosa di nostro. Abbiamo deciso tutto, quasi senza parlare, sebbene oltre alla grinta, all’amicizia e alla voglia di suonare non avevamo altro.

Non importava. Quella piccola orchestra era un gioco, ma intanto la musica cresceva silenziosamente dentro di noi, e noi crescevamo di riflesso.” Arianna La Rosa (violino) “Ricordo bene il giorno in cui con Alessandro ed Eugenia si parlava di realizzare un nostro progetto in musica. Ci siamo messi subito all’opera e, col tempo, non abbiamo più potuto fare a meno di quello stare insieme e la realtà dell’orchestra si è intrecciata con quella di amici. Impegno, costanza ed entusiasmo sono sempre all’ordine del giorno, come le idee che ognuno di noi ha reso fruibili a tutti insieme alle proprie competenze e capacità. Vogliamo comunicare in musica ciò che ci contraddistingue: tenacia, volontà, autocritica ma, soprattutto, un profondo legame di amicizia.”Alessio Fratoni (contrabbasso) “Gli inizi non sono stati facili: mi sono inserito in corsa in una realtà che era già avviata, ma tutto è andato bene. Oggi, il primo pensiero che ho quando penso alla nostra orchestra è quello di un gruppo più unito in alcuni momenti e meno in altri ma che nel corso degli anni è sempre riuscito a superare le difficoltà e le incomprensioni; credo che questo sia il miglior modo in cui poter crescere sia a livello umano e musicale! È stata la migliore scuola che potessi frequentare perché non c’è insegnante che possa far capire ad un allievo cosa significhi suonare in un gruppo, saper ascoltare gli altri e sentirsi parte di una melodia senza pensare solo a se stessi!”

w w w. L i 8 L i . c o m

2.2414

CHI È Nome: Interamnia Ensemble Componenti: Alessandro Ascani, Arianna La Rosa, Patrick Ruggieri Ravalson, Vittoria Verducci, Eugenia Di Bonaventura, Alessio Fratoni. nascita: aprile 2004 Città:Teramo Studi: IMP “G. Braga” di Teramo e Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro Collaborazioni: Ettore Pellegrino, Pier Narciso Masi, Michele Nitti, Andrea Castagna, Federico Paci, Filippo Proietti... Prossimi progetti: Seconda edizione Festival “Le Chiavi della Musica” Sogno nel cassetto: una sede tutta nostra Un motto: “A buon rendere!” (un modo di dire di Patrick che è diventato, in chiave ironica, il motto di tutta l’orchestra) Contatti: interamniaensemble@gmail.com


47 feb. / 2011

I Rock Race Andrea Castagna e Il suo violino bbiamo intervistato un noto violinista teramano, Andrea Castagna, apprezzato concertista e insegnante di Quartetto al conservatorio di Sassari. Partiamo subito dalle origini . Come, dove e quando hai iniziato a suonare il violino? Ho iniziato a suonare a quattro - cinque anni, ma non ricordo né come né dove. Raccontaci il momento più difficile, se c’è stato, nella tua giovane carriera da musicista . L’adolescenza sicuramente è uno di quei momenti in cui sei attratto da tante cose, ma tenendo duro e con l’aiuto della famiglia, sono riuscito a proseguire e a conseguire tutti gli obiettivi che mi ero prefisso. Il primo applauso non si scorda mai, qual è stato il primo concerto che ti ha suscitato una forte emozione? Difficile da ricordare, ti emozioni ogni volta. Decisamente la prima esibizione pubblica rappresenta un turning point, poi le emozioni le trovi facendo cose nuove e sempre diverse. Il musicista non deve fermarsi mai, bisogna sperimentare, auto stimolarsi per essere costantemente nella giusta condizione. Questo per quanto concerne il lato mentale, poi c’è il lavoro strettamente pratico dove ognuno plasma la propria idea di musica secondo il suo stile di vita, le proprie conoscenze, coscienze. Un grande esecutore, Glenn Gould, alla fine della sua carriera da concertista ebbe il bisogno di comporre, potresti avere anche tu questa necessità ? Quali i tuoi progetti per il futuro? Non ho aspirazioni da compositore, diciamo che io sono un esecutore nel senso stretto del termine, non oso sconfinare in territori che non mi interessano .Già è difficile fare discretamente una cosa, entrare in campi sconosciuti richiederebbe una gestazione molto sofferta, non bisogna sot-

la band rock

tovalutare questi aspetti. Specialmente chi esce da un corso di conservatorio vecchio stampo, ha un’ infarinatura generale della scrittura musicale, ma se non frequenta un corso di composizione approfondito, non si può definire erudito rispetto al mondo della costruzione del prodotto musicale. Concludiamo con un sorriso. Raccontaci un aneddoto simpatico che ti è capitato nel corso della tua intensa e giovane carriera. Ce ne sono parecchi, una volta dovevo eseguire la seconda Partita e la prima Sonata di Bach ad un concerto per violino solo. Stranamente avevo un abito blu più chiaro del solito e, appena salito sul palco, si ruppe la lampo dei pantaloni. Fu durante gli applausi, alla fine del primo tempo, che una signora, molto simpaticamente, me lo fece notare. Più che aneddoti simpatici conservo stretti nel mio cuore tanti bellissimi ricordi … Le persone, le culture, e le emozioni che incontro in giro per il mondo. VINCENZO CASTALDO

Andrea Castagna

tto pezzi di malcontento e ribellione in stile Guns ‘n’ Roses, Led Zeppelin, e sfogo al ruggito di una chitarra tirata fino allo spasmo e di una voce che strepita come il deragliamento di un treno in corsa. “Rock Race”, opera prima della band tutta teramana, distribuita dalla Ideasuoni di Nino Di Berardino, non deluderà certamente gli amanti del genere. Un disco che nelle parole e nell’attitudine diviene vero e proprio film della vita della gruppo. Un continuo altalenarsi di esperienze, vissute in un unico modo, a testa alta. Nessuna “prima donna”, nessun divismo da palcoscenico, solo quattro amici pronti a suonare (e sudare) la carica del loro personale rock ‘n roll. Antonio Gambacorta, chitarra e autore dei brani, imbraccia il suo strumento come un militare il fucile, mitragliando una raffica di riff che sembrano rigurgitare un doloroso passato, il disgusto di quanto accade quotidianamente intorno. Brani come “Valkjria” e “The Beginning”, posta tra le ultime quasi a sovvertire le leggi precostituite, sono lì a testimoniarlo. Glauco Di Sabatino, batterista di stampo jazz che si diverte come un matto a dondolare sulle linee del basso di Tommaso Paolone a colpi di controtempi. È un polpo impazzito dietro la sua folle cabina di comando, che sembra messa lì a fare a gara con l’urlo incavolato dei brani. Un innesto, quello del singer Rudy Baiocchi, che è la quadratura del cerchio. Voce duttile che sa essere potente e sgraziata, intima e infantile, tra brani di un indimenticabile passato e il presente, che guarda già al futuro di nuove composizioni per il prossimo album, “Rock Race II”. I quattro paladini teramani della musica “che fu” hanno saputo creare con questo disco d’esordio un suono unico, fondamentale, semplicemente rinnovando con nuovo carisma una musica che va oltre le mode dei tempi. “Lexy” è il picco intimista della track-list e il brano migliore, una rock-ballad che vuole essere catarsi in seguito ad un grande dolore e che è logicamente legata ad una personalissima “Don’t Let Me Down” (che con “Something completa la coppia di cover beatlesiane) che chiude in crescendo il disco. DI RAUL RICCI


a cura di Alessandra Morelli


a cura di Ivan di Nino


50 feb. / 2011

Rugby Teramo femminile l 24 ottobre di quest’anno a Perugia è iniziata l’avventura, nel campionato nazionale, della compagine femminile di rugby a sette del Teramo rugby, allenata dal coach Thomas Pacinelli ex gloria Teramana. La squadra dopo un inizio titubante, a incominciato a raccogliere i frutti di un duro lavoro di allenamenti, che si svolgono la sera alle 18:30 al campo comunale di Teramo, tre volte alla settimana. Come confermato anche dal capitano Petrini Luzzia,la squadra comincia a godere di grosso rispetto da parte delle avversarie, infatti i risultati si assottigliano sempre di più nel proseguo del campionato, fino ad arrivare alla prima vittoria, che risale a fine novembre contro l’Ascoli, nella terza gior-

nata di campionato. Il campionato di rugby a sette nazionale, vede, oltre la squadra teramana, la partecipazione di dieci squadre del centro Italia, le partite si dividono in due tempi da dieci minuti effettivi, cinque squadre alla volta si fronteggiano in scontri diretti. Dopo la quinta giornata di andata, la compagine Teramana è posizionata a metà classifica con 14 punti, ottimo risultato considerando che è la prima esperienza. Il prossimo incontro si terrà a L’Aquila il 30 gennaio in casa della prima in classifica, le finali della coppa Italia femminile di rugby a sette si terranno il 15 maggio probabilmente proprio a L’Aquila. Ricordiamo i Nomi delle giocatrici: Capiatano Petrini Luzzia,Vice capitano Marianna Di Addario, poi Di Addario Giorgia, Sbraccia Daniela, Tancredi Serena e Tancredi Pamela, Mariotti Veronica , De Carlo Ilenia, Bonavita Lorenza. Grossa soddisfazione da parte di tutta la dirigenza del Teramo rugby in particolare il presidente Vincenzo Misuraca, che ricorda a tutte le ragazze maggiorenni, che vogliono avvicinarsi a questo sport, di prendere tutte le informazioni del caso sul sito: www.rugbyteramo.it.

azione di gioco

la squadra teramana

recuopero del pallone di gioco


51 feb. / 2011

Per saperne di più e seguire il Rugby a Teramo www.rugbyteramo.it

placcaggio difensivo

azione di mischia

Curiosità sul Rugby Il rugby è uno sport di squadra diffuso, nelle sue varianti, in buona parte del mondo: specialmente nel Regno Unito e negli Stati dell’ex impero britannico come Irlanda, Australia, Nuova Zelanda, Figi, Papua Nuova Guinea e Sudafrica nonché in USA, prima dell’avvento del football americano. I vari tipi di rugby sono popolari in Francia, Italia, Russia, Argentina e in costante aumento di popolarità in Romania, Georgia, Giappone, India,

Marocco, Kenya nonché in molte nazioni di Oceania e Asia. È definito come uno sport di contatto e di situazione. È uno sport di contatto perché il confronto fisico tra i giocatori è una costante del gioco. Il rugby è anche definito sport di situazione perché nella sua evoluzione sta diventando sempre più importante la capacità di comprendere il contesto momentaneo in cui ogni fase della partita si sviluppa concretamente.


52 feb. / 2011

“Condannato Condannato a vincere” Dopo tre anni con il Teramo, Super Mario Orta racconta la squadra biancorossa e il futuro in vetta alla classifica un Mario Orta felice, soprattutto per gli ultimi goal fatti che sono valsi al Teramo il consolidamento della vetta. Giunto alla terza stagione in bianco rosso si appresta ad eguagliare il record di goal detenuto dal bomber Pulitelli a quota 61 goal ormai molto vicino. Ma “Super Mario” come lo chiamano i tifosi dal suo arrivo è scaramantico: “Sarebbe bellissimo eguagliare Pulitelli, che tra l’altro l’ho avuto anche come allenatore e quindi ho avuto il piacere di conoscerlo”. Alla mia affermazione “ormai ci siamo, lo supererai” dice: “Si vorrei almeno eguagliarlo, speriamo bene...non voglio sbilanciarmi”. Passando da un argomento all’altro giungiamo alla squadra che sta regalando tante soddisfazioni ai tifosi, e sorge spontaneo chie-

dergli chi dei nuovi arrivati l’ha più colpito: “All’incirca tutti, potrei dire Scartozzi ma già conoscevo le sue qualità, se c’è ne è uno in particolare quello è Borrelli, mi ha sorpreso dal ritiro e non mi aspettavo fosse così forte”. Per quanto concerne le partite da lui disputate fino a questo momento ci dice: “Sono soddisfatto anche se potevo segnare qualche goal in più che però non è venuto forse per sfortuna o sufficienza, ma quello che conta è essere primi e noi lo siamo con merito”. Orta non sente la “concorrenza” per un posto da titolare è ritiene importante per gli attaccanti essere sempre in discussione: “É difficile essere sempre in discussione, ma ti è di stimolo, ed è sicuramente meglio giocare in una squadra forte che dispone di grandi giocatori”. Il rapporto con i compagni è molto idilliaco ed è migliorato con il tempo soprattutto per quanto concerne il feeleng in campo: “Adesso va molto meglio, all’inizio ci abbiamo messo tempo per capirci, infatti arrivavano i risultati

ma non il gioco adesso invece abbiamo trovato la -medicina- giusta, ci conosciamo tutti e sappiamo le caratteristiche degli altri quindi è anche più facile giocare meglio”. Prima di concludere “Super Mario” dopo i primi tre anni sa quanto è difficile indossare la casacca bianco rossa: “E’ difficile perché sei condannato a vincere ogni domenica ma è sicuramente un prestigio, perchè è bello lottare per obbiettivi importanti come la vittoria del campionato”. L’obbiettivo di Mario per il futuro è chiaro “Voglio regalare la Seconda Divisione ai tifosi, alla società e a me stesso, sarebbe davvero il massimo averlo raggiunto nel minor tempo a disposizione”.

F. CARBONI FANSTERAMOBLOG@GMAIL.COM



54 feb. / 2011

A Cuba alla ricerca dello scorpione “salvavita”

uesta è la storia dei nuovi “viaggi della speranza”, che non guardano più all’America, come era per i nostri emigranti ad inizio Novecento, ma ad un’isola caraibica, Cuba. L’ ultima spiaggia per trovare la cura a un male ancora troppo grande, il cancro. Il mostro dalle mille teste della nostra contemporaneità, capace di entrare nella vita di chiunque e cambiarla per sempre. M. ha il padre gravemente malato da circa un anno, e per lui decide di partire alla ricerca del farmaco anti-tumorale Escozul, che i medici dell’ospedale cubano dell’Havana somministrano gratuitamente ai malati del luogo. Si tratta di un ritrovato naturale di ultima generazione. Numerosi gli americani che arrivano sull’isola proibita per cercare una cura. La maggior parte di questi è affetto da tumore al seno, polmone, colon o cervello. Secondo quanto affermano i sostenitori del medicinale sui social network, più di 25mila pazienti avrebbero mostrato un miglioramento in termini di remissione del tumore, aumento della sopravvivenza e riduzione del dolore. Per il 90 per cento di loro, comunque, la qualità della vita è cer-

tamente migliorata. L’ azienda produttrice del farmaco sostiene di avere iniziato una fase 3 di valutazione clinica, e un registro dei casi trattati finora che ammonterebbero a parecchie migliaia. La storia dell’ Escozul comincia nel 1985

il “medicinale” in questione

Il parere dell’esperto Sull’efficacia dell’ Escozul sentiamo il parere del dott. Amedeo Pancotti, primario del reparto di Oncologia dell’Ospedale Mazzini di Teramo. “I più lo ritengono un ‘anti-tumorale’, anche se l’accezione corretta è quella di semplice ‘anti - infiammatorio’. Nonostante non vi siano studi clinici riguardanti il farmaco, non escluderei che l’Escozul possa portare giovamenti. La Labiofam, la ditta farmaceutica cubana che la distribuisce gratuitamente, ritiene abbia effetti benefici sui pazienti che hanno il cancro. Personalmente non mi sento di sconsigliarne l’uso a chi volesse intraprendere questa cura, visto che per ora non ha mai avuto effetti collaterali. Però vorrei che chi ha problemi tumorali non


55 feb. / 2011

Negli ultimi mesi ho frequentato due dei più importanti convegni internazionali di oncologia, a Chicago e Berlino, e del farmaco non v’è stata traccia, nessuno l’ha menzionato. Questo deve far riflettere

quando Misael Bordier, un biologo cubano, scopre le proprietà antitumorali del veleno di scorpione azzurro, il Rophalurus junceus, da cui ricava un farmaco anti–infiammatorio che sembra avere un effetto curativo sui soggetti malati di tumore, che lo assumono quotidianamente con poche gocce poste sotto la lingua. Un farmaco controverso che la medicina internazionale non riconosce, guardandola con occhio scettico come una nuova “cura Di Bella”. Un anno fa il padre di M., sessantenne, scopre di avere un tumore al colon con metastasi al fegato. E’ l’inizio di un tunnel che non sa se vedrà l’uscita, ma è pronto a lottare, a non darsi per vinto. Inizia la lunga serie di esami clinici di routine e la chemioterapia, deciso a respingere di petto il male che lo affligge. Il servizio trasmesso a settembre dal programma cult di Italia Uno “Le Iene” e il

successivo tam tam mediatico tramite i forum lo convincono. M. partirà per Cuba, con cartella clinica paterna alla mano preventivamente tradotta in spagnolo. Sul suo cammino incontra un inatteso compagno di avventura, un ragazzo, anch’egli deciso a tentare l’ultima carta nell’isola caraibica per il tumore maligno della madre. L’accordo è di andare una volta l’uno, una volta l’altro, ogni quattro mesi, allo scadere di ogni ciclo di cura. Dieci giorni o poco più bastano per riportare in Italia a M. il prezioso farmaco. “Ho conosciuto sul mio stesso aereo persone di Atri, della Val Vibrata, una coppia di Giulianova, e tutte dirette a Cuba per lo stesso motivo. La cosa mi lascia pensare che ce ne siano molte altre”, racconterà al suo ritorno. RAUL RICCI

abbandonasse le cure tradizionali per rifugiarsi con tutte le proprie speranze in quest’unica soluzione, facendola diventare quasi una ‘pietra filosofale’. L’Escozul, ricordo, non è un sostitutivo. Questo lo sostengono gli stessi medici cubani che lo somministrano ai loro pazienti. Certo, la tossina presente nella sua composizione chimica parrebbe avere molteplici effetti non del tutto chiariti. Da un lato, sembrerebbe funzionare come inibitore delle proteasi (enzimi della cellula), dall’ altro ostacolerebbe la formazione della membrana cellulare e impedirebbe quindi l’ angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni nel tumore. Stimola anche il sistema immunitario e ha un’ azione anti-infiammatoria e antidolorifica. Ricordo che casistiche conclamate non ce ne sono. Negli ultimi mesi ho frequentato due dei più importanti convegni internazionali di oncologia, a Chicago e Berlino, e del farmaco non v’è stata traccia, nessuno l’ha menzionato. Questo deve far riflettere. Come è possibile che un farmaco con delle proprietà antitumorali possa essere messo da parte e ignorato? Probabilmente non è tutto oro quel che luccica”.


56 feb. / 2011

Il parere dello psicologo Una malattia che colpisce all’improvviso, lo stupore, lo sgomento, la paura, viaggi della speranza e non solo, per cercare di affrontare quanto di più sconvolgente ci possa accadere. Una malattia tanto subdola quanto temuta, la psicoterapeuta Emanuela Torbidone ci aiuta a capire quali meccanismi scattano in una persona quando si scopre il Cancro. Una parola che solo pronunciarla fa rabbrividire, una malattia che ci pone davanti alla consapevolezza della morte. Chi affronta il tumore e tutte le sue conseguenze con uno “spirito combattivo” presenta una reazione caratterizzata da atteggiamenti fiduciosi e dalla accettazione della malattia come evento di vita drammatico ma affrontabile. Si possono riscontrare nelle persone affette da carcinoma anche altre reazioni: la negazione, il fatalismo, la preoccupazione ansiosa e la disperazione. Il modo in cui il malato reagisce alla diagnosi influenza in modo positivo o negativo l’evoluzione della malattia. Alcuni studi hanno evidenziato che a parità di determinate condizioni cliniche e di terapie effettuate, i meccanismi psicologici posti in atto dal paziente, incidono in modo significativo sul decorso e quindi sulla prognosi della malattia, nonché sul reinserimento nella vita di tutti i giorni. Il momento è delicato già dalla diagnosi? La diagnosi di carcinoma

rappresenta il passaggio “dall’essere sani all’essere malati”. Si entra in una situazione caratterizzata da incertezza e minaccia di morte. Si tratta di un processo con elevati costi psicologici in cui ansia, depressione e rabbia possono essere considerate normali risposte adattive all’esperienza che la persona sta vivendo. È un momento di riflessione che riguarda le scelte passate, i propositi futuri e i desideri mai realizzati. C’è da fare una riflessione su un aspetto particolare: la diagnosi di cancro pone le persone di fronte alla morte, essere posti in modo così “tangibile” davanti alla fine fa emergere tutte le “domande importanti” ossia quelle domande che abbiamo spesso messo da parte con l’idea di riproporcele dopo, quando saremo più vecchi e più saggi. L’aiuto di uno specialista può aiutare? L’intervento psicologico e psicoterapeutico del paziente oncologico rappresenta ormai un aspetto significativo che si affianca agli altri trattamenti medici a cui la persona si sottopone nel corso dell’evoluzione della malattia, infatti, non si può non tener conto dei numerosi stress che il malato deve affrontare e dei cambiamenti, a volte inattesi, che si susseguono in ogni fase della malattia: dalla fase diagnostica a quella terapeutica, a quella della remissione, a quella di un’ eventuale aggravarsi della malattia o di

una recidiva. Nei casi oncologici l’’intervento psicoterapeutico può essere strutturato a più livelli: il primo livello può essere definito di “sostegno psicologico” ed é prevalentemente mirato a contenere l’ansia e le emozioni che scaturiscono dalla situazione oncologica; il secondo livello d’intervento è costituito dal “sostegno integrato”; si tratta di un intervento che unisce, agli obiettivi del sostegno psicologico, la possibilità di limitare gli effetti collaterali delle terapie mediche e della malattia stessa; infine il terzo livello è costituito dall’intervento psicoterapeutico il quale oltre a comprendere gli obiettivi degl’altri due livelli, permette di mobilitare le risorse interne della persona al fine di favorire un nuovo adattamento e il “continuum” del progetto esistenziale del paziente che includa l’evento cancro. La diagnosi di cancro, specialmente se maligno, mette in crisi il significato dell’esistenza e la prospettiva del futuro, ma, come sostiene Nietzsche, “Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come”. Ciò che importa allora non è tanto da quale destino si è stati colpiti, quale tipo di sofferenza si è costretti a subire, bensì cosa la persona può fare di quella sofferenza, quale significato può attribuirvi affinché non sia inutile.

ANTONELLA LORENZI


57 feb. / 2011

Promozione del benessere e bassi costi sanitari A CURA DI

PAOLO DE CRISTOFARO*

l nostro impegno istituzionale nella terapia della patologia alimentare (obesità e disturbi alimentari), per ovvie ragioni, ci porta costantemente a confrontarci con la cosiddetta “normalità”. In realtà, nel periodo storico che viviamo, stiamo pagando un caro prezzo all’apparire sempre efficienti e competitivi e molto spesso per normalità intendiamo quella condizione in cui non è ancora palese una patologia. Siamo costretti a vivere, infatti, in una specie di palcoscenico globale in cui conta molto la facciata, mentre sono sempre più indefiniti i confini della nostra privacy e in cui aumentano esponenzialmente i doveri. Ci ritroviamo carichi di pensieri con lungometraggi mentali interminabili su ciò che avremmo dovuto fare e sul tempo che manca, mentre molti aspetti della nostra vita (salute, affetti ecc.) passano in secondo piano. Ci sentiamo il più delle volte in uno stato di subfrustrazione ed incompletezza, che alimentano ansie e tensioni muscolari e che provocano in noi una sfibrante stanchezza emotiva. Questa condizione si accompagna ad una angosciante sensazione di vuoto e di perdita della piacevolezza dell’ esistere. Lo scivolamento verso atteggiamenti autoconsolatori che serviranno solo ad alimen-

tare la nostra propensione alla trasgressione e conseguentemente il nostro senso di colpa è scontato e inevitabile. Cominciamo a non essere più contenti del nostro agire e cominciamo a avvertire i primi messaggi negativi del corpo che ci fa sentire stanchi, stressati, gonfi, ingrassati. Cominciamo ad avvertire un senso di inadeguatezza e di insoddisfazione corporea che compromette il nostro senso di benessere e ci fa percepire il “malessere” che si può definire uno stato intermedio tra salute e malattia. In questa fase avremmo bisogno di resettare la nostra vita e riorganizzarla, ma spesso troviamo delle risposte preconfezionate nel mercato. Ci accorgiamo che sono in molti ad avere il nostro stesso problema per cui aderiamo acritici ad allettanti proposte di riprenderci il corpo attraverso diete, programmi di fitness e fantasiose tecniche dimagranti che non sono altro che strumenti di pubblica autoflagellazione per espiare i sempre più invadenti momenti di vuoto e di compulsività alimentare. Il pensiero che sottende queste scelte acritiche e (frequentemente) autolesionistiche è: ho sbagliato e devo pagare. Il substrato psicopatologico è esattamente identico a quello che conduce ad un disturbo alimentare vero e proprio, l’unica

differenza è che in questi casi il disturbo rimane sottosoglia, anche se continua a produrre danni incalcolabili e costi sanitari sempre più elevati. E’ giusto domandarsi se la riaffermazione della centralità della persona e la conseguente riappropriazione assertiva del proprio tempo, del proprio spazio e del proprio corpo, che pratichiamo abitualmente nel percorso riabilitativo di obesità e disturbi alimentari, non sia indispensabile anche in questi casi. Il rilancio della sanità deve anche avere nuove idealità e secondo il nostro punto di vista dovremmo rilanciare Il diritto di abitare pienamente il nostro corpo, inteso come unità “mente-corpo” evitando il rischio della espropriazione e della frammentazione, così frequente nelle società di mercato. E’ la nuova sfida che ci troviamo di fronte, è il messaggio educativo che dobbiamo far passare, altrimenti rischiamo di vedere e di curare solo la punta dell’iceberg con scarsi risultati sull’economia sanitaria. * DIRETTORE CENTRO REGIONALE DI FISIOPATOLOGIA DELLA NUTRIZIONE ASL TERAMO


58 feb. / 2011

Chirurgia Estetica Continua il nostro viaggio

Dal Rinascimento ai nostri giorni a rinascita della Chirurgia Estetica verso la fine del XVI secolo è legata all’epidemia di una nuova malattia importata dalla scoperta dell’America, la sifilide. Questa malattia altamente stigmatizzante distruggeva in particolare il naso, per cui si rendeva necessaria la sua ricostruzione. La prima documentazione storica della ricostruzione nasale a seguito di sifilide o trauma è dell’ italiano Gaspare Tagliacozzi, professore di Chirurgia all’Università di Bologna nel suo libro del 1597 “De curtorum Chirurgia per insitionem” in cui veniva descritta la ricostruzione del naso mediante tessuto proveniente dall’avambraccio del paziente. Peraltro, questa importante innovazione era in contrasto con il pensiero del tempo secondo cui era una indebita interferenza sul corso della natura, per cui fu presto dimenticata. Fu solo due secoli dopo, nel 1794, che una simile operazione venne descritta in un giornale di Londra dal chirurgo inglese Coly Lyon Lucas, operazione compiuta da chirurghi indiani su un tale Cowasjee, cui era stato amputato il naso secondo la usuale locale punizione riservata a ladri, disertori, adulteri e prigionieri. Questa tecnica inizialmente importata in Gran Bretagna e poi diffusa al resto dell’Europa segnò l’inizio della moderna Chirurgia Plastica Ricostruttiva, padre del-

Sir. Harold Gillies

la quale è considerato il tedesco Johann Friederich Dieffenbach di Berlino che nel mezzo del XIX secolo divenne particolarmente famoso per le sue ricostruzioni di nasi ed orecchie. Passando alla Chirurgia Estetica, come oggi intesa, la prima addominoplastica per ridurre l’obesità fu compiuta nel 1899 dal chirurgo Americano Howard Kelly, che rimosse circa sette chilogrammi dall’ ad-

dome di una donna, che ne pesava 130. Sulla stessa donna tre anni prima un altro chirurgo, J.W.Chamber, aveva rimosso dai seni circa 11 chili, e quella fu anche la prima Mastoplastica Riduttiva. Il primo lifting facciale fu eseguito su una nobile polacca dal chirurgo tedesco Eugen Hollander nel 1901, mentre la prima blefaroplastica fu eseguita dall’americano Charles Miller nel 1906. Le prime iniezioni di grasso per trattare rughe facciali risalgono al 1920, come pure le prime operazioni di cambiamento di sesso. Come sempre nel caso della Chirurgia Plastica, la prima Guerra Mondiale con il suo enorme carico di feriti e mutilati portò ad un grande sviluppo delle tecniche di Chirurgia Plastica Ricostruttiva, particolarmente per merito del chirurgo inglese originario della Nuova Zelanda, Harold Gillies, a cui dobbiamo anche una chiara distinzione fra Chirurgia Plastica Ricostruttiva, come tendente a ripristinare l’aspetto normale, e Chirurgia Plastica Estetica che tende a migliorare l’aspetto normale.

DR PAOLO CAJANO (CHIRURGO PLASTICO-ESTETICO)


59 feb. / 2011

Walking Program benefici del camminare A CURA DEL PROF.

VALTER DI MATTIA E LUCA DI MATTIA

amminare è un movimento innato nell’uomo, uno stadio dello sviluppo motorio che si acquisisce spontaneamente. Il camminare non comporta nessun movimento forzato e quindi nessun trauma all’apparato locomotore (come invece può succedere nella corsa). Camminando si migliora il tono muscolare per cui la fibra, irrorata da più sangue, si ossigena e si rinforza. Le articolazioni, movendosi in modo naturale, mantengono un elevato grado di elasticità nei tendini e nei legamenti; il tessuto osseo si mantiene compatto prevenendo così rischi di deterioramento precoce come l’osteoporosi. Il sistema cardiocircolatorio ne trae dei benefici eccellenti: in un camminatore abituale il cuore risulta più grosso sia perché le cavità si ampliano per contenere una maggiore quantità di sangue, sia perché le pareti, costituite da tessuto muscolare, si rinforzano e si ispessiscono. La frequenza cardiaca diminuisce e, per affrontare uno sforzo, occorre un numero minore di pulsazioni. La circolazione sanguigna si modi-

fica perché le pareti dei vasi diventano più elastiche ed il sangue scorre incontrando meno resistenza. Diminuisce, quindi, la pressione sanguigna e c’è un migliore ri-

la presenza dell’istrutture è sempre fondamnetale

torno venoso del sangue al cuore (camminare previene il rischio d’infarto e arteriosclerosi). L’attività del camminare è decisamente aerobica, non ci sono strappi violenti e le energie provengono prevalentemente dalla combustione di glucidi e lipidi in presenza di ossigeno. Camminare migliora anche l’apparato respiratorio, perché i muscoli annessi alla cassa toracica si rinforzano e permettono un ampliamento dello spazio per i polmoni, i quali possono espandersi carichi di ossigeno. Tutto ciò porta ad un rallentamento della frequenza respiratoria proprio perché la quantità di aria che si butta fuori dopo un rigonfiamento massimo del torace è maggiore. Camminare è una pratica salutare per i nostri piedi. Nel piede la struttura ossea occupa la parte superiore, sotto c’è la polpa, un’ampia massa riccamente vascolarizzata. Quando si cammina questa massa viene, alternativamente nei due piedi, compressa e rilassata. Il sangue venoso viene spinto in alto, quello arterioso aspirato in basso. I piedi in cammino sono quindi due potenti


60 feb. / 2011

pompe che affiancano ed aiutano la pompa principale: il cuore. Il camminare apporta benefici anche al sistema nervoso procurando un rilassamento che giova a ristabilire l’equilibrio compromesso dai ritmi frenetici della vita quotidiana. Durante questa attività aumenta il ricambio del nostro organismo e tutte le scorie cominciano ad essere espulse, soprattutto attraverso il sudore: non solo le nostre tossine fisiche (ma anche i disagi psichici), tutti, al termine di una camminata, hanno la sensazione di essersi depurati, sono magari molto stanchi ma in modo sano. Il Walking Program®: è un programma di allenamento che interpreta nella sua interezza i benefici sopra citati. Si svolge su un

tapis-roulant meccanico e, il connubio tra esercizio e musica, trasforma il semplice gesto della camminata e gli esercizi ad essa associati, in un programma di allenamento avvincente e entusiasmante. Il Walking Program® è un esercizio di facile apprendimento e adatto a tutte le età e a tutte le esigenze. Per le sue caratteristiche peculiari infatti, può essere adottato per mantenere lo stato di benessere (fitness e wellness), per coadiuvare e integrare un programma dimagrante, per strutturare un allenamento pre-atletico e atletico, per la riabilitazione post-traumatica e post-fisioterapica e per la prevenzione delle patologie correlate alla senescenza.


61 feb. / 2011

Amici a quattro zampe Pettorina ad H

A CURA DI

MARINA GROSSI*

assiamo in rassegna gli alleati indispensabili per la gestione dei nostri amici a quattro zampe in città. Ci si sofferma troppo poco a pensare ad alcuni strumenti con i quali quotidianamente i nostri cani vengono a contatto, e che sono indispensabili per una vita assieme in armonia. Parliamo di gesti semplici ed immediati e di alleati indispensabili per le nostre passeggiate:il guinzaglio ed il collare o la pettorina. Raramente ci soffermiamo a riflettere, soprattutto se si tratta della passeggiata mattutina, cosa significhi per un cane essere trattenuto proprio in una zona importante come quella sotto la testa. Girare il collo serve ad interrompere un contatto visivo persistente (che può essere percepito come minaccia), lanciare un segnale di pacificazione ad un altro cane (girare il collo, sbattere gli occhi leccarsi le labbra), collo abbassato a terra permette al cane di odorare in giro (per rilassarsi o dare un segnale di stop ad un altro cane: Insomma, la zona del collo è importane per la socialità del cane (ad esempio è la zona in cui viene effettuata la T-position). Quante cose può impedire un semplice collare e quante cose sono permesse da una semplice pettorina ad H. La pettorina svedese è confortevole per il cane, sposta l’attacco

del guinzaglio più indietro favorendo così una buona conduzione (il cane è meno propenso a tirare in avanti avendo più libertà di movimento), non dà problemi a gomito e sterno e lascia completamente scoperto il collo. La pettorina non solo è un buon aiuto per la passeggiata al guinzaglio, ma anche un gesto di rispetto e benessere. Da evitare assolutamente i collari a strangolo o a semi strozzo. Un recente studio ha dimostrato che possono provocare lesioni ai vasi sanguigni dell’occhio, danni a trachea ed esofago, gravi traumatismi della colonna cervicale, svenimenti, paralisi temporanea delle zampe anteriori, paralisi del nervo laringeo. *EDUCATRICE CINOFILA WWW.DOGPEOPLE.IT

il nostro caro amico

La pettorina schema grafico

Da evitare assolutamente i collari a strangolo o a semi strozzo


62 feb. / 2011

Genitori separati e mantenimento dei figli A CURA DI

AVV. GIANFRANCO PUCA

urtroppo i casi di mancato pagamento del mantenimento, stabilito a favore dei figli o del coniuge, sono molto numerosi e possono dipendere da diverse cause, ma tutte classificabili in due categorie generali: la prima è relativa ad una situazione di oggettiva difficoltà del coniuge tenuto al versamento (perdita di lavoro, spese improvvise per motivi di salute e, in genere, situazioni oggettivamente verificabili e non dipendenti dalla volontà del coniuge obbligato); la seconda categoria è relativa ad un errato atteggiamento del coniuge tenuto al versamento che, per motivi personali di risentimento verso l’altro coniuge, non versa puntualmente il dovuto, ovvero non versa nulla, ovvero si rende del tutto nullatenente, vendendo o donando i propri beni e/o licenziandosi e/o lavorando “in nero”. In ogni caso il mancato versamento può produrre disagi nell’altro coniuge e ingenerare, naturalmente, forti conflitti. Il punto di partenza da tener ben presente, per impostare correttamente i rapporti tra ex coniugi, è questo: non è lecito interrompere o ritardare il pagamento della somma fissata dal Tribunale a titolo di mantenimento e, se la situazione economica del coniuge onerato cambia, è necessario rivolgersi al Tribunale per ottenere una riduzione del contributo. Nel caso di mancato pagamento, nonostante la permanenza del provvedimento giudiziale, è possibile agire sia in sede civile che in sede penale. In sede civile è possibile procedere con pignoramenti di beni mobili e/o immobili, ovvero di conto correnti bancari; è anche possibile, se il coniuge risulta regolarmente assunto, ottenere il versamento delle somme dovute direttamente dal datore di lavoro. Vi sono anche strumenti giuridici per revocare ed annullare gli atti compiuti dal coniuge onerato al fine di “spogliarsi” di tutti i beni, nel tentativo di rendere inutile una azione esecutiva nei suoi confronti; si noti, inoltre, che tali comportamenti fraudolenti non solo possono essere posti nel nulla con strumenti

civili, ma possono essere valutati anche in sede penale. Di fronte al mancato versamento dei con-

Art. 570: Dei delitti contro l’assistenza familia.Violazione degli obblighi di assistenza familiare. Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1. malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; 2. fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.

tributi è possibile anche agire penalmente, mediante una querela per il reato previsto e punito dall’art. 570 cp L’omissione del mantenimento costituisce, infatti, reato penale, previsto e punito da una norma relativa alla violazione degli obblighi di assistenza familiare; viene punita, quindi, la condotta di chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge”. Il reato, dunque, non deriva automaticamente dal mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, ma si configura quando il mancato pagamento fa venir meno i mezzi di sussistenza; quando trattasi di minore, però, la giurisprudenza sostiene che lo stato di bisogno costituisce un dato di fatto incontestabile, proprio perché il minore non è in grado di procacciarsi un reddito (Cass. Pen. 5432/1985); la minore età, quindi, è stata considerata come indice sicuro dello stato di bisogno (Cass. Pen. 20636/2007), con conseguente sussistenza del reato, finanche quanto (in concreto) i mezzi di sussistenza vengono forniti dall’altro genitore, poiché tale intervento non elimina lo stato di bisogno ma, al contrario, ne costituisce la prova (Cass. Pen. 18156/2003). La querela deve essere considerata, comunque, solo come ultimo ed estremo strumento, da utilizzare quando il coniuge onerato, deliberatamente e in assenza di valide e riscontrabili motivazioni, ometta di versare l’assegno; si ricordi, infatti, che il reato è perseguibile d’ufficio, vale a dire che, una volta iniziato, il procedimento penale andrà avanti fino alla sentenza, anche se, nel frattempo, i coniugi raggiungono un accordo e la querela viene rimessa. L’avvocato, in ultima analisi, deve valutare correttamente il caso specifico, privilegiando, sempre e comunque, le esigenze e necessità del minore, che “subisce” la separazione dei genitori e i conseguenti risvolti giuridici/processuali; al professionista legale, quindi, il delicato compito di tutelare gli interessi del minore, da un lato, e di tentare di raggiungere un accordo conciliativo, da altro lato, consigliando il ricorso alla sede penale solo dinanzi a comportamenti ingiustificati e palesemente diretti a danneggiare l’altro coniuge e la prole. avvocato@studiolegalepuca.it


63 feb. / 2011

Redditi di lavoro dipendente: conguaglio di fine anno l conguaglio fiscale è un adempimento cui sono chiamati i datori di lavoro che nell’anno hanno corrisposto somme e valori qualificabili come redditi da lavoro dipendente(art. 49 DPR N. 917/86 cd Tuir) o come redditi ad essi assimilati (art. 50 Tuir). A fine anno i datori di lavoro effettuano nei confronti del personale due conguagli.CONGUAGLIO FISCALE Il conguaglio 2010 delle ritenute deve essere operato sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga dell’anno e l’imposta effettivamente e complessivamente dovuta nel periodo di imposta, tenendo conto degli oneri deducibili, delle detrazioni per produzione reddito e/o carichi di famiglia e delle detrazioni per oneri di locazione eventualmente spettanti al contribuente. Sono redditi 2010 da conguagliare anche le somme e i valori corrisposti entro il 12/01/2011 se di spettanza del 2010. Il conguaglio deve essere operato entro il 28/02/2011 o alla data di cessazione del rapporto di lavoro se è avvenuto nel corso

del 2010. Novità anno 2010 Le novità da affrontare nell’effettuazione dei conguagli per l’anno 2010 derivano da recenti pronunce di prassi adottate dalla Agenzia delle Entrate e dal Ministero del Lavoro. Per la determinazione del reddito di lavoro dipendente i sostituti di imposta devono applicare i recenti chiarimenti sulla rilevanza reddituale di buoni pasto, oneri di utilità sociale e benefit a prezzo scontato , nonché somme erogate dal terzo al creditore pignoratizio e prestiti ai dipendenti. Nell’applicare le imposte i sostituti di imposta devono considerare le somme erogate nel 2010 per lavoro notturno, straordinario e a turni inizialmente confluite nel reddito complessivo assoggettato in via ordinaria, ma ora assoggettabili all’imposta sostitutiva del 10%; l’erogazione della contribuzione oggetto di sgravio calcolata sulle retribuzioni di secondo livello; l’applicazione dell’incremento di 0,30 punti all’aliquota dell’addizionale regionale all’ir-

pef per i contribuenti residenti in quattro regioni per cui è stato accertato nel settore sanitario un grave squilibrio finanziario tra cui l’Abruzzo. CONGUAGLIO CONTRIBUTIVO Il conguaglio contributivo ha il fine di quantificare correttamente l’imponibile contributivo, applicando le aliquote di riferimento, per imputare all’anno di competenza gli elementi variabili della retribuzione imponibile. Per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale il reddito di lavoro dipendente è determinato da tutte le somme a qualunque titolo maturati dal lavoratore nell’anno di competenza. Ai fini contributivi si applicano le disposizioni contenute nell’art. 51 del tuir con i correttivi voluti dalla norma previdenziale. Infatti alcuni elementi della retribuzione sono esclusi dalla base imponibile contributiva. LAURA DI PAOLANTONIO (COMMERCIALISTA – REVISORE CONTABILE) LAURADIPAO@LIBERO.IT

Condomini morosi morosi: condanna esemplare a morosità di alcuni condomini è un fenomeno molto diffuso nella pratica, che può determinare la paralisi dell’attività di gestione del Condominio, e comporta sempre un aggravio di spese per gli altri condomini, costretti a scegliere tra il pagamento delle quote insolute e il pagamento delle spese processuali. Poiché la Corte di Cassazione ha affermato che le quote dei condomini inadempienti non possono essere ripartite tra gli altri condomini, l’amministratore ha l’obbligo di procedere all’esecuzione forzata nei confronti dei condomini morosi. Questi ultimi, nel persistere nel proprio inadempimento, si espongono alla condanna, al termine del processo, non solo al pagamento delle spese di difesa del Condominio (art. 91 c.p.c.), ma anche, qualora dovesse risultare che hanno agito o resistito in giudizio con malafede o colpa

grave, al risarcimento dei danni subiti dal Condominio (art. 96, c. 1, c.p.c.). Nel mese di settembre 2006, due condomini si erano rifiutati di pagare le quote condominiali da ciascuno di essi dovute, pari ad euro 490,00 ed euro 210,00, e avevano proposto opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’amministratore sostenendo che, poiché gli immobili di cui erano proprietari non venivano utilizzati, non erano tenuti al pagamento delle spese per la tinteggiatura, l’illuminazione e la pulizia del vano scale. Il Tribunale di Teramo, pronunciandosi in sede di appello al termine di un processo durato quattro anni, ha condannato i due condomini al pagamento di una somma pari ad euro 9.000,00 ed euro 8.700,00 ciascuno. Tale somma comprende le quote dovute maggiorate degli interessi legali, le spese di difesa del Condominio nel giudizio davanti al Giudice di Pace e in sede

di appello, nonché il danno da lite temeraria per la pretestuosità e infondatezza dell’opposizione. Il Giudice, dott. Giampiero Maria Fiore, ha condannato i condomini morosi al risarcimento del danno in favore del Condominio, in misura pari ad euro 1.000,00 ciascuno, per avere ostacolato l’attività dell’amministratore non contribuendo alle spese condominiali e per avere strumentalizzato e abusato di tutti i mezzi processuali disponibili solo per sottrarsi all’adempimento delle proprie obbligazioni. L’abuso del processo è oggi sanzionabile anche in base alla legge n. 69 del 18.06.2009, che attribuisce al Giudice il potere di condannare la parte soccombente, a titolo punitivo, al pagamento di una ulteriore somma in favore della controparte (art.96, c.3, c.p.c.). AVV. LORENA DI GIAMBATTISTA WWW.DIGIAMBATTISTASTUDIOLEGALE.IT



65 feb. / 2011

A cura dello Chef Errico Recanati, Ristorante “ Da Andreina” Loreto (AN). Noto al pubblico per le sue apparizioni televisive su “Alice” e ne “La prova del cuoco”. Marchigiano, pluripremiato, allievo del M° Gianfranco Vissani.

Taccuzzelle con ceci ed erbe aromatiche TACCUZZELLE

INGREDIENTI per 4 persone

Semola di grano duro (50%) Farina di grano tenero (50%) Acqua Sale

400 gr. di taccuzzelle 200 gr. di ceci cotti, 60 gr di pancetta affumicata, 1 spicchio d’aglio, 5 foglie di salvia, 1 rametto di rosmarino, 1rametto di prezzemolo, Scagliette di grana o pecorino, Olio extravergine d’oliva, Sale e pepe bianco.

Unire semola di grano duro, farina di grano tenero, acqua e sale. Lavorare a mano per ottenere un impasto omogeneo da far riposare, coperto da uno strofinaccio, per circa un’ora. Col matterello farne una sfoglia non troppo sottile. Tagliare a strisce di 3-4 cm di larghezza e sovrapporle per tagliarle definitivamente a rombi.

Bracioline di agnello alle erbe INGREDIENTI per 4 persone 8/10 braciole di agnello, 3 spicchi d’aglio , 1 bicchierino di brandy 80 gr di rosmarino Salvia, prezzemolo, maggiorana, menta Olio extravergine d’oliva, Sale e pepe. Tritare finemente le erbe quindi metterle in padella con l’olio dove avrà già preso colore l’aglio schiacciato (che poi verrà eliminato). Mescolare e lasciare insaporire per qualche minuto. Bagnare con il brandy, farlo evaporare e ritirare la salsa dal fuoco. In un altro tegame rosolare bene le braciole in poco olio, versarvi sopra la salsa alle erbe. Cuocere per qualche minuto e servire.

Tritare finemente il rosmarino, la salvia, il prezzemolo e lo spicchio d’aglio. Tagliare la pancetta a piccoli dadini; scaldare un po’ d’olio in una padella ed aggiungere il trito e la pancetta a dadini. Rosolare e unire i ceci e 2 cucchiai di acqua. Regolate di sale, coprire e cuocere per qualche minuto. Cuocere le taccuzzelle in abbondante acqua salata, scolarle e versarle nella padella con il condimento aggiungendo un po’ di pepe bianco. Fare insaporire e poi spegnere il fuoco. Cospargere con scaglie di grana o pecorino a seconda dei gusti e servire.


di MattoMattia Pompei




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