Liceo classico “A. Oriani” - Corato
Appunti I.R.C. www.religioweb.it
prof. Antonio de Palma
V°ginnasio Modulo didattico
.
Simboli e immagini del sacro .. nelle religioni e culture
Simboli e immagini del sacro Introduzione: o Etimologia o Definizione Semiologica: significato e significante o Tipologie L'attività di simbolizzazione Dai simboli alle raffigurazioni sacre.. tra iconofilia e aniconicità .. nelle principali Religioni: o Induismo: fonema OM o Buddhisno: dharmacakra o Taoismo e confucianesimo: dao o Shintoismo: Torii, tre tesori o Ebraismo: menorah e maghèn David o Islam: bi-smi' llâhi e mezzaluna-stella o Cristianesimo: Crocifisso o croce o I simboli del primo cristianesimo o Raffigurare il "divino" nel cristianesimo.
Introduzione Etimologia:
La parola "simbolo" deriva dal latino symbolum e a sua volta dal greco σϋμ-βολον súmbolon, indica il segno di un accordo, di un patto. Il prefisso (latino cum) indica semplicemente la congiunzione, il secondo designa e precisa il carattere di questa congiunzione. Il verbo (riunisco) e quindi l’analogo sostantivo (simbolo), hanno quindi il significato approssimativo di unire insieme due parti distinte. Nella lingua corrente della Grecia antica, il termine simbolo (Σύμβολον) passò a significare “tessera di riconoscimento”, e rimandava all'antica l’usanza per cui due individui, due famiglie o anche due città spezzavano una tessera, di solito di terracotta, e ne conservavano ognuno una delle due parti a conclusione di un accordo o di un’alleanza. Il perfetto combaciare delle due parti della tessera provava l’esistenza dell’accordo.
Definizione: SIMBOLO = un segno che rende visibile l’invisibile Il simbolo è un elemento-ponte che unisce due realtà, il MONDO sensibile e il MONDO sovrasensibile due realtà che la semiotica (o semiologia) chiama: significato e
significante.
Il simbolo, stimola un percorso intuitivo - immaginativo, che permette alle facoltà umane di conoscere realtà anche astratte. Ogni simbolo esiste solo grazie alla relazione tra significante e significato: ► significante è la forma, l’espressione che può essere grafica, pittorica, verbale, sonora, gestuale, e che viene utilizzata per richiamare il .. ► significato è l'immagine che nella nostra mente è associata a un determinato concetto.
Tipologia:
Il simbolo è un elemento importante della comunicazione che può essere di tipo: -> analogico, cioè capace di evocare in sè una relazione tra un oggetto concreto e un'immagine mentale. -> convenzionale, ovvero tale in virtù di una convenzione sociale: ogni cultura, ogni religione crea i propri segni convenzionali, e il significato può variare in base a fattori sociali, religiosi o soggettivi. Nella vita umana segni e simboli si legano e si richiamano, formando i linguaggi umani.
"Un Simbolo è più profondo, infinitamente più profondo del pensiero di chi lo contempla."
L'attività di simbolizzazione .
La simbolizzazione (la capacità simbolica) consiste nell'attribuire a un segno, a una parola, a un suono, a un oggetto un valore, un significato. Nei segni grafici e nei linguaggi, soprattutto nell'arte, si ritrova fino ai massimi livelli questa.. competenza tipicamente umana, caratteristica essenziale della cultura e di ogni cultura. L'attività di simbolizzazione nasce con l'uomo. Nelle caverne, grotte, tombe.. gli speleologi e antropologi, hanno trovato e studiato tantissimi simboli lasciati dall'uomo fin dalla preistoria. E' questo che nei reperti archeologici lo differenzia dalle altre specie. L'homo
erectus già 1 milione e mezzo di anni fa osserva segni naturali portatori di
informazione (simboli analogici) e li riproduce sotto forma di grotte per trasmetterne il messaggio…
glifi (tracce) sulle pareti delle
(Glifo dal greco γλύφω (glýphō), "incidere", in origine indicava un qualsiasi segno, inciso o dipinto, come ad esempio i glifi della scrittura maya o di quella egizia conosciuti invece come geroglifici (dal greco "segni sacri").
Più tardi.. L’homo sapiens, 100 mila anni fa, sa di sapere, conosce religiosamente e simbolizza riproducendo segni che non corrispondevano a nulla di osservabile in natura, segni caricati da lui stesso di significati più profondi:
ieroglifi
(tracce di sacralità)
La ricerca antropologica conferma che l'uomo, da che esiste, si manifesta come homo religiosus capace cioè di esprimere le proprie esperienze interiori anche attraverso i simboli. Il simbolo nelle religioni e nelle antiche culture ha il potere di mettere l'uomo in relazione con il sacro, con l'eterno e con il divino, mette insieme il visibile e l'invisibile, colmando la distanza fra uomo e Dio, .. entra nella sfera della SACRALITA’, mediante oggetti e forme diverse come la croce, il tao, la stella.. anche per questo diventano sacre. Con la scrittura comparsa durante il IV millennio a.C. (3500 a.C. circa) e precisamente nell’area Mesopotamica per opera dei Sumeri, gli uomini fissano su pietra, argilla, papiro, pergamena, legno, nei canti, nelle danze, nei racconti, la coscienza delle loro esperienze religiose. Successivamente gli Egizi intorno al 3000 a.C. inventarono il loro sistema di scrittura e simbolizzazione, poi i cinesi nel 1500 a.C., i Maya nel 50 d.C., gli Aztechi nel 1400 d. C.. Ogni cultura ha espresso in simboli quelle immagini primordiali che Carl Gustav Jung psichiatra, psicoanalista e antropologo chiama archetipi. Secondo questo studioso seguace di Freud, oltre alla nostra coscienza individuale e immediata ogni persona e quindi ogni popolo eredita una coscienza collettiva che si esprime negli archetipi.
Arte e Simbolo
Le opere d’arte che ci circondano, da qualunque cultura esse provengano, costituiscono uno sconfinato repertorio di simboli. Arte e simbolo si possono considerare imprescindibili l’una dall’altro nella storia dell’umanità fino dalle sue origini. Il Simbolo è parte integrante di un’opera d’arte ne costituisce la chiave di lettura, anzi molto spesso il manufatto artistico si presenta come il semplice veicolo di trasmissione del simbolo stesso. La concretezza che l’arte dona al simbolo rende quest’ultimo strumento di comunicazione. In particolare Arte e Simbolo si uniscono per rendere visibile il sacro nella quotidianità. L’arte diventa in tali casi l’attività per eccellenza produttrice di simboli, attraverso modalità diverse nel tempo e nello spazio.
Simboli, immagini
e icone, tra.. iconofilia e aniconicità. In molte religioni e culture i simboli , da forme semplici e stilizzate, evolvono verso figure sempre più chiare e rappresentative della divinità fino a diventare vere e proprie immagini sacre o icone nelle quali le figure sacre sono espressioni grafiche del messaggio cristiano e della sua teologia. Si dice che le icone non si dipingono, ma si "scrivono".. non appartengono all'arte religiosa ma all'arte teologica.
Quale rapporto tra religione e immagine? L’immagine artificiale interagisce con la memoria e con la psiche: ci ricorda una persona amata, conserva volti e atmosfere, permette di commuoversi, ci fa sognare. L’immagine ancor più del simbolo rende visibile ciò che non è visibile perché è passato, perché è lontano, perché esiste ma non appare. Questo particolare offre all’immagine un rapporto speciale con il divino. L’uomo da sempre si è relazionato con il divino, ma esso non è visibile. L’immagine, nella pittura o nella scultura, può rappresentarlo nelle sembianze che ogni religione o cultura sceglie per la sua apparizione terrena: un animale, un elemento della natura, una forma umana.
Ma.. attenzione all’IDOLATRIA: le immagini possono essere venerate di per sé , riempiendo la distanza fra la rappresentazione
e
la
divinità
assente.
A
questo
punto
l’immagine diventa idolo: un oggetto che può essere non solo guardato, ma anche adorato.
Si spiega così il divieto di alcune religioni per es. Ebraismo (Esodo, 20, 4-6) e Islam che proibiscono la rappresentazione per immagini, sia della divinità.
Religioni e culture hanno fatto scelte diverse.
►
Aniconiche si dicono tutte le religioni e le culture prive di immagini e raffigurazioni sacre a causa di proibizioni dovute a dettami religiosi. Ne consegue la presenza di un’arte aniconica, quindi non figurativa, senza riferimenti a forme reali o naturali ma solo geometrica e ornamentale. Atteggiamenti conseguenziali sono: L' iconofobia Come altri lemmi derivanti dal greco, questo termine ha come suffisso -fobia cioè intolleranza, paura, avversione o antipatia istintiva e come tema un sostantivo che ne specifica l'oggetto in questo caso l'icona, l'immagine o la raffigurazione del sacro.
L' iconoclastia
Parola derivante dal termine greco eikonoklastes. Si compone del sostantivo eíkon, 'immagine', e del verbo kláein, 'spezzare' “rompere".. E' quindi una dottrina o un movimento storico contrario al culto delle immagini sacre fino a predicarne la distruzione. Nei secc. VIII-IX l'iconoclastia divenne un movimento che causò una crisi di ampie proporzioni “Iconofobia” e “iconoclastia” non sono assimilabili, poiché, se l’iconofobia indica uno stato di inquietudine, di paura provocata dalle immagini con un atteggiamento iconofobico comunque “passivo”, l’iconoclastia rappresenta il tentativo di sopprimerle o di abolirle, in modo aggressivo.
► Iconofile
si dicono tutte le religioni e culture che hanno amato rappresentare il sacro sviluppando una vera e propria ARTE SACRA e conseguentemente scienze e discipline come l'iconografia e l'iconologia. Il termine icona deriva dal greco "eikón" che può essere tradotto con immagine, nel campo dell'arte religiosa identifica una raffigurazione sacra dipinta su tavola. L'arte delle icone è legata all'arte bizantina ( IV-XV secolo ). Per iconografia, nell'ambito della storia dell'arte, s'intende lo studio del significato delle immagini e la classificazione dei temi o dei soggetti rappresentati. Per iconologia, un termine spesso confuso col precedente, o considerato suo sinonimo, secondo la formulazione che ne diede Erwin Panofsky (in Studi di iconologia, 1939), s'intende invece un più approfondito studio dell'opera d'arte, che prendendo le mosse dal suo significato iconografico ne esamini il valore in rapporto allo stile e alla cultura del sua epoca.
► Adiaforiche
dal greco adiaphorìa, composto dal privativo a- e da diaphoros, “differente”, ovvero
“che non fa alcuna differenza”. Nel Protestantesimo e nelle culture da esso influenzate l'adiaforicità è la dottrina che definisce l'immagine sacra “indifferente” e “ininfluente” per la fede e per la morale.
Il SIMBOLISMO religioso Con l'espressione simbolismo religioso si indica l'insieme dei segni e delle raffigurazioni che, per astrazione, rappresentano e mettono in particolare evidenza aspetti importanti delle religioni. Iniziamo il nostro percorso partendo dalle religioni orientali e precisamente dalla religione madre di tutte le religioni cosmicomistiche:
Induismo
L'induismo è una religione con un simbolismo fortemente formalizzato e codificato che utilizza tutte le forme espressive (grafica, pittorica, verbale, sonora, gestuale). Posture del corpo, i gesti delle mani (mudra), acconciature, oggetti, vestiti, ornamenti, personaggi e figure di contorno dell'arte cultuale sono codificati secondo un preciso simbolismo. Il linguaggio simbolico indù serve a rendere visibili i miti e le storie sacre contenute nei Veda (le più antiche e autorevoli scritture induiste) ed è immediatamente comprensibile in tutto il subcontinente indiano.
►Ma
oggi simbolo universalmente riconosciuto dell'Induismo, la religione più antica di tutte, la terza più diffusa nel mondo dopo il Cristianesimo e l'Islam, è il fonema OM (scomponibile in aum). E' considerato:
il suono primordiale che ha dato origine alla
creazione, la quale viene interpretata come manifestazione stessa di questo suono. Secondo i Veda inizialmente Dio era l'Assoluto Unico, privo di forma, senza nome, pieno, completo. Non esisteva molteplicità, relazione. Poi, per potere sperimentare sé stesso, espresse il primo desiderio:“ Io sono Uno; diverrò i molti ”. Questa volontà assunse la forma di ASSOLUTO COSMICO (BRAHMAN) attraverso l'OM, .. la sillaba mistica per eccellenza. Lo si utilizza nella preghiera contemplativa unendolo talvolta alla tecnica yoga della concentrazione favorendo il controllo del ritmo respiratorio. il mantra più sacro e rappresentativo della religione induista.
Cosa sono i mantra? Sono brevi formule riprese dai sacri testi indiani o anche semplici invocazioni monosillabiche, come appunto il fonema "OM". Nei rituali indù sono concepiti come un mezzo per destare l'attenzione della divinità e per stabilire con essa una vibrazione armoniosa.
►Nell'Induismo
le raffigurazioni del sacro da forme simboliche, evolvono verso immagini concrete e particolari delle divinità rappresentate da un forte antropomorfismo, alterato da elementi sovraumani (per esempio più teste, molte braccia e mani) oppure da elementi teriomorfici, cioè caratteristici degli animali. La tradizione figurativa e i racconti mitici contenuti nei testi sacri che narrano dei vari avatar divini (interventi delle divinità) sono la fonte di questi elementi presenti nelle figure degli dèi. Presso la religione induista, un avatar è l'assunzione di un corpo fisico da parte di dio, o di uno dei suoi aspetti al fine di svolgere determinati compiti. Questa parola deriva dalla lingua sanscrita, e significa "discesa".
Il pantheon dell'induismo è costituito da tre divinità principali Brahma, Vishnu e Shiva che sono la personificazione della triplice azione (TRIMURTI) del Brahman, un panteistico Spirito Cosmico, indescrivibile, incorporeo, originale, infinito, assoluto, eterno. È il principio ultimo che non ha avuto inizio, non ha una fine, è nascosto in tutte le cose ed è la causa, la fonte, la materia e l'effetto di tutta la creazione conosciuta e sconosciuta: Brahma, (divinità creatrice) è il creatore dell'universo. Nell'attuale religione indù svolge un ruolo di secondo piano: Vishnu, Shiva vengono venerati più diffusamente. Vishnu (divinità conservatrice) e "onnipervadente", fedele al suo ruolo di conservatore, si dice intervenga nel mondo quando l'ordine universale è minacciato, per ristabilire il dharma (l'ordine delle cose) e salvare i propri devoti manifestandosi nelle sue incarnazioni o "discese" (avatara) che secondo la tradizione possono essere teoricamente infinite. Shiva (divinità distruttrice). Shiva fra le deità del pantheon indiano è una delle più importanti, più antiche e più complesse, perché nei diversi culti assume diversi significati o aspetti.
►Vacca Sacra In India esiste una vera e propria venerazione nei confronti delle vacche, esse possono pascolare e circolare liberamente per le strade delle città. Krishna, la divinità più popolare in India, è il protettore delle vacche. La sacralità dei bovini è strettamente connessa con la dottrina della reincarnazione. Secondo questa dottrina le anime, prima di arrivare a reincarnarsi nell’uomo, devono attraversare una lunga catena di trasmigrazioni da una specie animale all’altra e l’ultimo gradino è rappresentato proprio dalle vacche. In realtà come abbiamo spiegato nella presentazione del Pantheon indiano, essendo mancato nella storia indù un potere religioso, nessuno ha mai stabilito quale fosse il canone del Divino e delle sue forme.
Buddhismo Nella sua fase più antica la religione e la cultura buddhista era aniconica, non conosceva quindi nessuna raffigurazione del sacro, tutt’al più i contenuti dell’ insegnamento del Buddha venivano rappresentati con dei simboli, alcuni dei quali ancora oggi sono parti essenziali dell'arte buddhista: il fior di Loto, l’albero di Bodhi, il leone, lo stupa, ecc.
►OGGI
il simbolo più diffuso di questa religione è la
Ruota del Dharma
(in sanscrito Dharmacakra). E' un'arma sacra a forma di ruota lanciata dal Buddha e dai suoi seguaci contro gli ostacoli, gli errori, gli attaccamenti che impediscono all'uomo di liberarsi dal dolore, dalla sofferenza per raggiungere il Nirvana. E' costituita da 8 raggi che rappresentano il Nobile ottuplice sentiero cioè gli insegnamenti (Dharma) che Buddha indica per raggiungere il Nirvana. Per il Buddhismo, la vita è una ruota (cakra), (il circolo della vita è il samsara; sam=girare intorno; nascita-morte-rinascita=reincarnazione), per ogni uomo è il campo della liberazione dal suo carico di limiti. La ruota può anche essere divisa in tre parti, ognuna delle quali rappresenta un aspetto della pratica Buddhista, il mozzo (disciplina), i raggi (saggezza), e il cerchio (concentrazione). Alla base delle credenze dei buddisti indiani e tibetani vi è comunque la convinzione che prima di raggiungere il 'nirvana' bisogna passare molte vite, in cui ogni volta, anche se non ci si ricorda della vita passata, occorre migliorarsi. La legge che regola il ciclo di reincarnazioni o samsara è il karma, altrimenti conosciuto come legge di causa ed effetto, in virtù della quale ciò che l'uomo semina raccoglierà. Per reincarnazione, quindi, si intende la rinascita dell'anima (spirito di un individuo) in un altro corpo. Il ciclo di trasmigrazione delle anime è quindi raffigurato come una ruota. Va distinta dalla metempsicosi, letteralmente "passaggio da una mente all'altra", espressione spesso usata, per errore, al posto di metemsomatosi, letteralmente "passaggio da un corpo all'altro". Il fine del Nobile Ottuplice Sentiero è di permettere il distacco dalla Ruota e l’entrata nello stato di beatitudine del Nirvana.
►
Circa l'iconografia o la raffigurazione del sacro abbiamo detto che, almeno inizialmente, il BUDDISMO si è presentato come una religione aniconica, nella quale non era permessa nessuna raffigurazione del sacro. Lo stesso Buddha insegnava a liberarsi dall'esperienza sensibile, dalle forme caduche di questa vita. Vi erano dunque solo simboli alcune volte un pò più elaborati del dharmacakra come per esempio: il loto che ricordava la nascita del Buddha, o l'albero, come luogo della sua illuminazione avvenuta sotto una pianta. In epoche successive si incominciò a raffigurare l' Icona di Buddha iniziatore storico del Buddhismo, colto in atteggiamento di preghiera, di meditazione o benedicente, in forma umana ma poi gradualmente anche in forme "alterate o disumanizzate".
Nelle immagini del Budda sono ben visibili alcune caratteristiche:
la vusnisa, cioè una protuberanza sulla testa, alcune volte tondeggiante, altre volte a forma di cono, o a punta, o come una fiamma, per rappresentare l'illuminazione. l'urna, una protuberanza sulla fronte tra i due occhi che poi diventa un punto splendente, per simboleggiare il terzo occhio, quello della visione spirituale; i lobi delle orecchie molto allungati, per indicare la nobiltà di origini e la sua sovranità nell'ambito spirituale e in terra; Tutte le immagini del Buddha sono legate ai temi del silenzio, della pace interiore, della meditazione. Sono pensate come aiuti per la meditazione del fedele.
Taoismo
e
Confucianesimo
Le due religioni cinesi hanno entrambe il simbolo del Tao (dao: letteralmente la Via o il Sentiero), uno dei concetti fondamentali della Filosofia cinese dettata dal vecchio saggio maestro Laozi, concetto spesso tradotto come "il Principio dinamico". Il TAO è la FORZA eterna e fondamentale che scorre attraverso tutta la materia dell'Universo. Formato da due spirali (SERPI), una che si avvolge e l'altra che si svolge, ad esso è associata la concezione dello yin-yang. Il concetto di Yin (jin) e yang (jang) ha origine dall'antica filosofia cinese, molto probabilmente dall'osservazione del giorno che si tramuta in notte e della notte che si tramuta in giorno. Essi: sono i 2 princìpi che mantengono l'ordine naturale e rappresentano le due forze primordiali presenti in tutte le cose dell'Universo. sono opposti, complementari e relativi (si può essere yin sotto un certo aspetto e yang sotto un altro) ma non antitetici, tanto che nella pienezza dell'uno è implicita l'origine dell'altro. Il loro alternarsi determina tutte le cose. La funzione fondamentale del Tao, è dovuta all'azione combinata di queste due forze che stanno alla base del divenire delle cose: lo Yin (l'assenza di moto, il femminile, il passivo, il nero) e lo Yang (il moto, il maschile, l'attivo, il bianco) come nel suo simbolo il "cerchio YingYang". Il simbolo ben raffigura il loro rapporto dinamico e inversamente proporzionale: lo Yin raggiunge il suo acme dove lo Yang finisce e viceversa, e la linea che li separa è curva. Il punto bianco nella parte nera e quello nero nella parte bianca indicano la loro origine l'uno dall'altro e il fatto che indipendentemente non possono esistere.
Il concetto di Yin e Yang può essere illustrato dalla tabella qui sotto.
Yin
Yang
nero
bianco
luna
sole
notte
giorno
buio
luce
freddo
caldo
riposo
attività
femminile
maschile
nord
sud
ovest
est
inverno
estate
autunno
primavera
destra
sinistra
introversione
estroversione
terra
cielo
fenice
drago
Le due componenti dell'essenza primordiale dell'universo sono intrinseche in ogni cosa, e questo fa sì che la dottrina taoista sia dualistica solo all'apparenza. È infatti dalla combinazione e fusione delle due manifestazioni dell'essere che germina la vita. Il panteismo del Taoismo sta proprio nell'affermare che dietro alla necessaria bipolarità di ogni cosa sta l'unità infinita, il Tao, che Laozi descrive come la misteriosa madre delle creature. Ogni cosa esiste perché esiste anche il suo opposto, con il quale essa si può combinare generando la vita. La luce non esisterebbe se non esistesse il buio, il freddo non esisterebbe se non esistesse il caldo, la vita non esisterebbe se non esistesse il trapasso. Il vuoto, lo spazio fecondo, è la vera essenza dell'universo. Lo spazio vuoto tra gli stipiti è ciò che veramente conta in una finestra, poiché è ciò che da senso all'intero sistema, che permette di guardare oltre. La donna è il vuoto materno, la fertilità, la vita. Il Tao può essere interpretato come una "risonanza" che risiede nello spazio vuoto lasciato dagli oggetti solidi. Allo stesso tempo, esso scorre attraverso gli oggetti dando loro le loro caratteristiche. Lao Tze (letteralmente "Antico Maestro") che visse tra il VI e il V secolo a.C. autore del Tao Te Ching ("Libro della via e della virtù"), dice che il Tao nutre tutte le cose, che crea una trama nel caos. La caratteristica propria di questa trama è una condizione di inappagabile desiderio, per cui i filosofi taoisti associano il Tao al cambiamento; le rappresentazioni artistiche che tentano di rappresentare il Tao sono caratterizzate da flussi.
Shintoismo ►I
simboli più celebri di questa religione rimangono i "Tre tesori imperiali" cioè lo specchio, la spada e i gioielli custoditi nel tempio di Ise, il più importante sito sacro dello Shintoismo. Il divieto di accesso al pubblico rende difficile vedere questi tesori, o addirittura, verificare la loro stessa esistenza. Dal 690 d.C., durante la cerimonia di insediamento sul trono imperiale, i sacerdoti del tempio presentano questi tre oggetti all'imperatore. Questa cerimonia non è pubblica e gli oggetti, per tradizione, sono visti solo dall'imperatore e da determinati sacerdoti. Per questo non ne esistono fotografie o disegni conosciuti.
►Il simbolo più diffuso è invece il " Torii " (鳥居, torii) tradizionale portale d'accesso giapponese che porta ad un jinja (santuario shintoista) o, più semplicemente, ad un'area sacra. La sua struttura elementare è formata da due colonne di supporto verticali e un palo orizzontale sulla cima e frequentemente viene dipinto in colore vermiglio. Tradizionalmente sono fatti di pietra o legno, ma in tempi recenti i costruttori hanno iniziato ad usare anche l'acciaio o il cemento armato. Secondo altre fonti autoctone, un tempo i torii avevano la funzione di ospitare i galli sacri dalla lunga coda e gli uccelli in generale, visti come messaggeri degli dèi (tra l'altro questi particolari galli si trovano ancora in certi sacrari). Questa teoria parrebbe confermata dallo stesso termine torii, composto di tori (gallo, gallina, uccello) e i (stare, luogo).
Ebraismo Il più tipico dei simboli ebraici è il candelabro a sette braccia, è il simbolo più antico del popolo ebraico ed è simbolo della vita, in particolare della luce che scaccia le potenze delle tenebre. Nell'Esodo si legge che Mosè fece preparare su ordine divino un candelabro d'oro per la tenda dell'alleanza ( Es 25,31 – 40). Oggi il candelabro è posto nelle sinagoghe a fianco dell’arca della Toràh e adorna lo stemma dello Stato di Israele. Nella religione ebraica si chiama Menorak , ha sette candele che rappresentano i sette giorni della settimana e l’onnipresenza di Dio ( sette è il numero simbolico dell’infinito ) e i sette occhi di Dio che scrutano tutta la terra ( Libro di Zaccaria, capitolo 4 ). Il candelabro, presente in ogni casa e sinagoga ebraica, rappresenta simbolicamente la diffusione verso l’uomo della luce proveniente da Dio. Esso rappresenta anche l’universo con il sistema planetario al centro del quale brilla il sole di cui il fusto centrale è simbolo. Esiste anche un candelabro a 9 bracci per la festa di Hanukkah.
L'ultima candela di un menorah, il candelabro israelitico, viene accesa nel giorno conclusivo del periodo di Hanukkah, la "Festa delle luci" ebraica che commemora la dedicazione del tempio di Gerusalemme da parte di Giuda Maccabeo nel 165 a.C., seguita alla profanazione compiuta da Antioco IV Epifane, re di Siria e signore di Palestina. Quest'ultimo nel 168 a.C. aveva fatto dedicare il tempio al culto di Zeus Olimpio, e vi aveva fatto portare un altare dedicato al dio. Tre anni dopo, quando Giuda Maccabeo riconquistò Gerusalemme, fece purificare il tempio e collocare un nuovo altare nel luogo di quello preesistente, sconsacrato. Il tempio fu dedicato nuovamente a Dio, e le feste durarono otto giorni.
La stella a sei punte
è l’altro simbolo dell’ebraismo in quanto rappresenta l’Alleanza dell’uomo con Dio: essa è il risultato dell’incontro di due triangoli rovesciati e sovrapposti, in cui quello con il vertice verso il basso raffigura Dio che dall’alto si piega verso l’uomo e quello con il vertice verso l’alto rappresenta l’uomo che si protende verso Dio. La stella di Davide Maghèn David fu il simbolo posto dal grande re sugli scudi dei suoi eserciti. E’ un simbolo ebraico che adorna ad esempio le finestre delle sinagoghe e che fu usato durante la persecuzione antisemita, effettuata dai nazisti. L'Antico Testamento non permette la rappresentazione di Dio attraverso immagini per evitare il pericolo dell'idolatria: Non ti farai idolo nè immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo nè di ciò che è quaggiù sulla terra, nè di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio. ► Gli
ebrei ma anche i primi cristiani provenienti dall'ebraismo restarono fedeli all'insegnamento dell'Esodo che collegava strettamente monoteismo e aniconicità ("divieto di raffigurare Dio"), perché le immagini comportavano il rischio di far scivolare nell'idolatria.
Islam
Nell’Islam vige il divieto assoluto di raffigurare il divino, fino a rendere restia la cultura islamica all’arte figurativa anche quando raffigura l’uomo (che è pur sempre immagine di Dio). L’arte grafica più diffusa nel mondo islamico, perciò, è la calligrafia ed il simbolo più tipico dell’islam è l'invocazione ad Allah, o il
“bismillah” .
Questa formula si chiama Basmala e si trova all'inizio di tutte le sure del Corano eccetto la sura IX. Essa ha una funzione sacralizzante e, al contempo, costituisce un'invocazione ad Allah (gloria a Lui l'Altissimo) affinché accetti l'azione che segue. La Basmala è composta di due parti, la menzione del Nome divino "bi-smi' llâhi" ( in nome di Allah) seguita da due delle qualità o attributi con i quali Allah stesso (gloria a Lui l'Altissimo) ha voluto che Lo identificassero i Suoi servi :" ar-Rahmân, ar-Rahîm" (il Compassionevole , il Misericordioso). .
Altro simbolo molto noto è la mezzaluna con la stella , che nel mondo musulmano rappresenta il paradiso, per questo a forma di mezzaluna sono anche molte tombe del mondo arabo. La mezzaluna nell’islam è simbolo di risurrezione, perché è diversa dalla luna piena che è una sfera chiusa e una figura conclusa: la mezzaluna è apertura e promessa di miglioramento e di espansione. Nel simbolismo arabo la lettera N, che nell’alfabeto arabo ha la forma di mezzaluna, è quella più usata nelle rime delle preghiere destinate al servizio dei morti. La mezzaluna era un simbolo già diffuso prima della predicazione di Maometto e della nascita dell’Islam in quanto simbolo della luce e del cammino per le tribù berbere che di notte pascolavano le loro greggi. Molti paesi arabi hanno questo simbolo anche sulla loro bandiera.
Nell'Islam c'è il divieto assoluto di raffigurazioni sacre. Il Corano non le vieta espressamente, tuttavia il divieto di rappresentare qualsiasi forma vivente viene desunto dai detti di Maometto (Hadith), e questo ha fatto sì che in ambito islamico si sviluppasse un'arte decorativa di genere essenzialmente astratto (arabeschi). L'arte ornamentale architettonica è quasi esclusivamente di tipo geometrico e solo raramente vengono rappresentate piante e animali stilizzati. In tale concezione dell'arte i caratteri della scrittura occupano una posizione speciale e trovano la loro particolare elaborazione geometrica nella cosiddetta arte Kufi. Dunque la calligrafia e l’ornamentalistica hanno avuto un ruolo sostitutivo dell'immagine e hanno caratterizzato tutta l'arte islamica. Tuttavia, nel XIII e nel XIV secolo, soprattutto presso le corti di Persia e dell'India, si è sviluppata una iconografia sacra, legata anche alla vita di Maometto. Infatti nelle biografie del profeta e nei libri di storia è ricorrente trovare raffigurazioni di Maometto con il tipico velo sul volto e avvolto nel nimbo di fiamme.
Cristianesimo
Il più tipico tra i simboli cristiani è il crocifisso (o come preferisce la tradizione protestante, la croce ). Indica il momento supremo della salvezza operata da Dio in favore dell’umanità. Ci ricorda fino a che punto Gesù Cristo ha amato l'umanità, fino a che punto si ama...quando si ama veramente!
"Amatevi .. come io ho amato voi. Non c'è gesto di amore più grande.. che donare la propria..."
Pochi sanno che all'inizio del cristianesimo il crocifisso non era tra i simboli cristiani.
Come patibolo degli schiavi, appariva infame e vergognoso. C'era solo disprezzo per i crocefissi ed è significativo che nessuna raffigurazione di questo atroce e frequente supplizio ci sia pervenuta dall'antichità. Solo nell'alto medioevo, quando l'Impero romano e cristiano si sbriciola per l'assalto dei germanici a nord e degli arabi a sud, negli eremi, nei rifugi dei monaci, ma soprattutto nelle sofferenze delle popolazioni deportate, sacrificate e martirizzate si fissa la meditazione sulla passione e morte di Cristo. Nasce una parola che prima non esisteva: compassione (cum passione), dove passio, parola liturgica significa in maniera diretta la passione di Cristo. Nella lingua parlata indicava partecipazione alle sofferenze di Cristo, indicava comprensione del dolore della Madonna, la cui raffigurazione verrà chiamata Pietà.
La compassione è stata il lievito dei secoli bui, la fratellanza degli oppressi, l'eguaglianza nel dolore, la libertà di chi non ha più nulla da perdere ma anche la speranza al di là della morte, al di là della sofferenza, al di là dell'apparente sconfitta. Questo ha significato e significa il crocefisso nella nostra cultura, per la nostra civiltà.
I simboli del primo cristianesimo Sono i simboli e gli affreschi ritrovati nelle catacombe. Essi, analizzati, sono come un Vangelo in miniatura, un sommario della fede cristiana. Vediamone qualcuno. Il monogramma di Cristo è formato da due lettere dell'alfabeto greco, la X (chi) e la P (ro), intrecciate tra loro. Sono le prime due lettere della parola greca "Christòs", cioè Cristo. Questo monogramma, posto su una tomba, indicava che il defunto era cristiano. Si trovava soprattutto all'inizio dell'età di Costantino (312-337).
L'Alfa e l'Omega sono la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco; significano che Cristo è l'inizio e la fine di ogni cosa.
Il pesce In greco si dice IXTHYS (ictùs). Disposte verticalmente le lettere di questa parola formano un acrostico: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr = Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. E' un simbolo diffuso di Cristo, emblema e compendio della fede cristiana.
La fenice,
mitico uccello d'Arabia, che, secondo gli antichi, dopo un dato numero di secoli risorge dalle sue ceneri. E' il simbolo della risurrezione.
Il pavone è il simbolo della regalità di Cristo
La colomba
con il ramoscello d'ulivo nel becco o tra le zampe è il simbolo dell'anima che riposa nella pace divina.
L'ancora viene letta come il simbolo nascosto della croce, rappresentava la salvezza del cristiano in Dio e l'arrivo della sua anima al porto della vita eterna.
L'orante. Questa figura rappresenta un defunto, in piedi con le braccia aperte nel gesto antico della preghiera. Simboleggia la certezza dell'anima di poter vivere nella pace di Dio.
Il Buon Pastore
con la pecora sulle spalle rappresenta Cristo salvatore e l'anima che ha salvato. Questo simbolo è presente con frequenza negli affreschi, nei rilievi dei sarcofagi, nelle statue e si trova di sovente anche inciso sulle tombe.
Raffigurazioni del sacro nel cristianesimo. Le antiche religioni politeiste, il paganesimo greco-romano, come quello egizio, erano ricchi di rappresentazioni (plastiche e pittoriche) sia del divino che dell’umano e l’immagine si prestava ad essere adorata, diventando idolo. (idolatria = adorazione degli idoli). Si spiega così il divieto molto netto della Bibbia (Esodo, 20, 4-6): Non ti farai idolo nè immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo nè di ciò che è quaggiù sulla terra, nè di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio,
che proibisce la rappresentazione per immagini, sia della divinità, sia di qualunque essere vivente o cosa. I motivi dell’opposizione veterotestamentaria alle immagini sono connessi al pericolo che esse diventino idoli da adorare, annullando la differenza tra la religione monoteista ebraica e il paganesimo. Esso sottintende una teoria degli “effetti forti” delle immagini, ritenute capaci di dominare le coscienze e quindi da evitare come un rischio. Tutta la storia dell’immagine in Occidente risente di questa originaria condanna e contiene una non sopita conflittualità (l’immagine accusata di sostituire il pensiero, adescare, confondere, banalizzare) nell’elaborare strumenti critici condivisi per valutare le icone e il loro potere. Nell’ebraismo Dio è invisibile, per gli ebrei, di Dio non si può pronunciare e scrivere nemmeno il nome. Nel cristianesimo invece Dio ha scelto di incarnarsi in Cristo, e quindi di rendersi visibile. Il Dio ebraico parla nella storia del suo popolo, il Dio cristiano è visibile nella sua incarnazione. Il cristianesimo è dunque portatore di una concezione positiva dell’immagine, o è disposto ad affrontare il rischio degli effetti forti delle immagini, piegandole al proprio intento di evangelizzazione. Ecco il MOTIVO che differenzia l’uso dell’immagine sacra nel cattolicesimo latino dall’ortodossia bizantina dall’ebraismo e dall’islamismo. Ciò spiega come ebrei e musulmani abbiano sviluppato un’arte non figurativa (per questo sono dette anche religioni aniconiche): non raffigurano né Dio, né angeli, nè santi. Anche i cristiani protestanti sceglieranno di attenersi a questa norma di non raffigurare il divino e il sacro (e viaggiando nei loro Paesi, visitando le loro chiese, si avverte subito questa particolarità, inconsueta per l’estroversa sensibilità religiosa mediterranea). Mosaico del Duomo di Monreale, Sicilia Il magnifico mosaico bizantino che raffigura il Cristo Pantocratore (cioè "Re dell'universo") attorniato dalla Vergine, dagli angeli e dai santi, decora l'abside del Duomo di Monreale.
Quindi il cattolicesimo latino, già al tempo della crisi iconoclasta nella Chiesa greco-bizantina, fece una scelta a favore dell’immagine: una scelta che risulterà decisiva per le arti visive dell’ultimo millennio. Se quella scelta fosse stata diversa, non avremmo i fastosi portali scolpiti e le coloratissime vetrate delle cento cattedrali medievali disseminate in Europa, nè la miriade di cicli pittorici sull’Antico e Nuovo Testamento, per esempio, la stupenda Bibbia illustrata della Cattedrale di Monreale con i suoi 6340 metri quadrati di mosaici o la Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto a Padova, nè avremmo l’Ultima cena di Leonardo, né la Cappella Sistina o la Pietà di Michelangelo, né le centinaia di piccoli e grandi musei d’Italia e d’Europa, che conservano in maggioranza opere a soggetto biblico e cristiano.
► Gli ebrei e i primi cristiani provenienti dall'ebraismo restarono fedeli all'insegnamento dell'Esodo che collegava strettamente monoteismo e aniconicità L'iconoclastia ("distruzione delle immagini sacre") trovò il momento di massima virulenza con l'imperatore bizantino Leone III Isaurico (680741). Egli proibì le immagini sacre, affermando che in Cristo la natura umana era assorbita dalla natura divina. In quel periodo gli iconofili, i difensori delle immagini sacre, tra cui molti monaci, furono trattati da eretici, imprigionati e torturati. ► Il secondo Concilio ecumenico di Nicea (787) ripristinò il valore spirituale delle icone affermando che "l'onore reso all'immagine va al prototipo", e diventò chiara la distinzione fra "venerazione" delle immagini e "adorazione", che spetta solo a Dio. Giovanni Damasceno (650-730) difese il culto delle immagini dicendo che in esse non è la materia a essere venerata, ma il Creatore di ogni materia. Alla base di queste considerazioni sta la fede nella incarnazione del Figlio di Dio che in questo modo ha reso visibile la realtà di Dio. Affermava Paolo VI:
"con Gesù Cristo l'arte sacra è entrata nella storia".