Il fascicolo intende fornire dati fondamentali su temi etici per riflessioni individuali e dibattiti in gruppo.
Liceo classico “A. Oriani” - Corato
Appunti I.R.C. www.religioweb.it
prof. Antonio de Palma
POLITICA
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I DIRITTI UMANI LA DEMOCRAZIA LA PACE LA GLOBALIZZAZIONE LA FAME NEL MONDO L’IMMIGRAZIONE IL RAZZISMO LA PENA di MORTE
Affermare che esistono dei diritti umani significa riconoscere che ogni persona, indipendentemente da dove è nata o dal luogo in cui si trova, ha alcuni diritti fondamentali che gli altri devono riconoscere. Questi diritti sono
naturali (appartengono all’essere umano in quanto tale) universali (appartengono a tutti gli esseri umani) inalinabili (nessuno può esserne privato) indivisibili (se uno solo manca, la dignità della persona è compromessa).
I DIRITTI UMANI LA CONQUISTA dei DIRITTI Si possono dividere i diritti umani secondo tre categorie:
diritti civili e politici : diritto alla vita; diritto alla libertà; diritto di libera circolazione e di asilo; diritto a non essere torturati o resi schiavi; diritto a una giustizia equa; diritto alla libertà di pensiero, opinione, espressione e religione;
diritti economici e sociali: diritto all’istruzione; diritto alla salute; diritto al lavoro; diritto al riposo e allo svago; diritto a non essere sfruttati; diritto contro la povertà; diritto di accesso alle risorse;
diritti ambientali, culturali e allo sviluppo: diritto a un ambiente non inquinato e protetto dal degrado; diritto allo sviluppo culturale, politico ed economico.
I primi riconoscimenti ufficiali dei diritti umani risalgono alla fine del 1700: il Bill of Rights della Virginia (1786), la Costituzione americana (1787) e il Bill of Rights americano (1787), ma soprattutto la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), documento fondamentale per l’affermazione dei diritti umani, nel quale si legge che tutti gli esseri umani “nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”. Da allora la riflessione etica e giuridica sui diritti dell’uomo è progredita notevolmente fino ad arrivare all’importante Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. La Dichiarazione universale è la base della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. La Dichiarazione universale rappresenta una tappa importante nella promozione dei diritti umani, ma il lavoro che da allora si è fatto e che ancora resta da fare è enorme perché come diceva Rousseau nel Contratto sociale: “I diritti proclamati sulla carta, tardano a essere applicati”.
PROBLEMI ETICI In numerosi Paesi i diritti umani sono regolarmente violati a causa del razzismo, della discriminazione sessuale (nei confronti di donne e omosessuali) e sociale (verso le categorie più deboli, bambini, vecchi e poveri), dell’intolleranza religiosa, di interessi economici e dell’autoritarismo politico. Anche in molti di quei Paesi che si dichiarano difensori dei diritti umani, non sono rari i casi in cui questi diritti vengono calpestati, o per ragioni di opportunismo, o per l’incapacità di applicare le leggi. In Italia, per esempio, l’impegno per la tutela dei diritti umani in alcuni casi non trova riscontro nei fatti:
il commercio delle armi, soprattutto di quelle leggere (di cui l’Italia è il secondo Paese esportatore al mondo), non è sottoposto a un serio controllo giuridico;
nonostante le indicazioni contenute nell’art. 10 della Costituzione italiana, manca una legislazione sul diritto d’asilo (unica nazione in Europa), che tuteli i rifugiati politici;
il Codice Penale italiano non prevede il reato di tortura.
CHE COSA DICE LA LEGGE Dichiarazione universale dei diritti umani “Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri con spirito di fratellanza. Articolo 2 1. Ogni individuo e titolare di tutti i diritti e di tutte le liberta enunciati nella presente Dichiarazione senza distinzioni di alcun genere, quali la razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, I’origine nazionale o sociale, la condizione economica (property), di nascita o ogni altra condizione”.
La difesa e la diffusione dei diritti umani non passa evidentemente solo attraverso le leggi, la cui importanza rimane comunque fondamentale, ma anche e soprattutto attraverso opere di sensibilizzazione, di provocazione e di confronto, dirette a modificare il comportamento sia di coloro che contribuiscono alla violazione dei diritti umani, sia di coloro che la subiscono. Una legge che punisce i mariti che picchiano le mogli, anche se necessaria, è meno efficace delle azioni di comunicazione, spiegazione e sostegno per ottenere il rispetto sulla base della consapevolezza e non della forza. Altrimenti il marito si limiterà a picchiare la moglie in privato e lei non penserà di avere il diritto e il dovere di denunciarlo. La difesa dei diritti umani è anche una lotta contro la povertà, l’ignoranza e tutte le condizioni di disagio che favoriscono la loro violazione, ma è soprattutto un obbligo morale per ciascun individuo: ovunque e in qualsiasi momento si deve vigilare e intervenire, perché è a partire dall’impegno personale e quotidiano che si vincono le grandi battaglie.
Posizione delle DIVERSE religioni Nell’ambito dei diritti umani l’induismo esprime una profonda contraddizione: il sostanziale carattere di compassione e di rispetto per ogni forma di vita convive con il sistema delle caste. Il problema è che mancando il concetto di persona, i diritti individuali vengono sacrificati crificati all’ordine sociale. L’ideale supremo remo del buddhismo è la salvezza, cioè il raggiungimento della liberazione attraverso at la rinuncia Tutto ciò che appartiene al SAMSARA (il mondo mo che cambia) è considerato come adiaphora, cioè cosa cos priva di interesse. La situazione economica, sociale e politica degli individui non è importante ai fini della realizzazione di una vita giusta. Tuttavia oggi il buddhismo, specie quello monastico tibetano, tibetano, si occupa dei diritti umani e il suo massimo rappresentante, il Dalai Lama, manifesta nelle sue conferenze conferenze di pace l’interesse per la difesa e lo sviluppo dei diritti umani. Anche nella tradizione confuciana non esiste il concetto di persona: l’attenzione è rivolta unicamente alla comunità degli esseri viventi. Tuttavia nel confucianesimo contemporaneo il dibattito sui diritti umani è aperto. .
La Dichiarazione sui diritti umani nell’Islam, nell’Islam redatta dalla Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri riuniti al Cairo il 5 agosto 1990, è divisa in 25 articoli molto simili per alcuni aspetti alla Dichiarazione Universale: fondamentale dignità e uguaglianza (artt. 1,10,19), diritto diritto alla vita (art. 2), parità tra i sessi (art. 6), educazione religiosa (art.8), diritto alla libertà (art. 11), al lavoro (art. 13), alla proprietà (art. 15), a vivere in un ambiente sano (art. 17), alla sicurezza per sé (art. 18), alla libertà di opinione (art. 22). Gli articoli 24 e 25 sottolineano sottolineano il modo di interpretare i diritti mai in modo individuale ma secondo la sharia (ve di p. 318) islamica (art. 24) che è la sola fonte di riferimento (art. 25). Le tavole della TORAH contengono i principi che costituiscono la base etica del comportamento. Le norme di vita e di condotta vengono fatte risalire all’autorità di Dio e sanciscono sanciscono i diritti umani fondamentali: la cura per la vita e per la salute, il rispetto della proprietà,la prietà,la cura degli anziani e dei malati, il sostegno per gli stranieri e l’educazione dei figli popo veri; inoltre il rispetto verso i genitori, la comunità, lo Stato e il corretto rapporto nel lavoro. lavor Nell’insieme si può affermare che i valori etici e sociali presenti nella cultura europea, prima prima ancora di diventare diritti, sono basati sull’etica biblica. Tali valori-diritti diritti vennero ripresi ripre e ulteriormente sviluppati nel giudaismo. Le Chiese cristiane offrono un enorme contributo alla diffusione della sensibilità verso i diritti umani, in difesa dei quali qua si sono ripetutamente pronunciate. Con il Concilio Vaticano II,, su impulso della dottrina sociale della Chiesa e di alcuni pontefici come Paolo VI e Giovanni Paolo II, II anche la Chiesa cattolica si è schierata a favore della promozione dei diritti umani, esprimendo in numerosi documenti l’importanza di affermare e di difendere i diritti di umani.”Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, affidatole, proclama i diritti umani e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai nostri giorni tali diritti vengono promossi ovunque” (Gaudium et Spes, n. 41). “La vera ra pace, una effettiva sicurezza internazionale vengono assicurate non solo con il i prevenire le guerre e i conflitti, ma con la promozione dello sviluppo e la creazione di condizioni che assicurino che i diritti umani fondamentali sono pienamente garantiti” (Papa Giovanni Paolo Il, 1995). Il Catechismo della Chiesa cattolica dedica molte pagine ne alla questione dei diritti umani, poiché poi “Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura.. Questi diritti sono so anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità legittimità morale di ogni autorità: una società so che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione legislazione positiva, mina la propria legittimità morale. Se manca tale ta rispetto, un ‘autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per per ottenere l’obbedienza dei propri sudditi. È compito della Chiesa richiamare alla memoria degli uomini di buona volontà questi diritti e distinguerli dalle rivendicazioni abusive o false.” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1930). Anche papa Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza e l’urgenza genza dell’universalità dei diritti umani, dei diritti delle minoranze ranze e del rispetto dell’uomo.
PAROLE CHIAVE Diritto È l’insieme delle regole, cioè le leggi o norme, emanate dagli organi che sono proposti alla loro approvazione (potere legislativo), secondo secon la Costituzione dello Stato, e la cui mancata manca osservanza prevede delle sanzioni o pene (potere giudiziario) Doveri Obblighi o divieti. Diritti Autorizzazioni garantite. Diritti dell’uomo Da non confondere con i diritti in generale, rispetto ai quali formano un sotto-insieme. insieme. Mentre si è sempre affermata l’esistenza di diritti, la nozione di “diritti dell’uomo” è una nozione moderna e contemporanea, che afferma l’esistenza di diritti naturali, che appartengono all’uomo per il solo fatto di essere uomo, inalienabili e così fondamentali che la loro violazione appare come un attentato alla sua stessa umanità
LA DEMOCRAZIA
La democrazia, termine che deriva dalle parole greche demos (popolo) e kratos
IL MODELLO RAPPRESENTATIVO
La democrazia, così come la conosciamo oggi, è un’invenzione relativamente recente. È vero infatti che la democrazia nacque ad Atene nel V secolo a.C., ma con caratteristiche diverse dai sistemi democratici moderni: l’idea di uguaglianza era in realtà limitata a una politico nel quale il potere piccola minoranza di uomini liberi (schiavi, donne e stranieri erano esclusi), che inoltre è detenuto o controllato esercitavano il potere direttamente. Si trattò comunque di un’esperienza limitata nel tempo e dal popolo (principio di che non si ripeté per molti secoli. sovranità), senza alcuna Bisognerà attendere il XVIII secolo, quando le critiche alla monarchia assoluta, porteranno alla distinzione dovuta alla ribellione delle colonie americane e alla rivoluzione francese, per vedere nuovamente attribuita al popolo la sovranità (il potere di governare). nascita, alla ricchezza o Tuttavia poiché le grandi dimensioni degli Stati in cui si sviluppa la democrazia moderna, alle capacità (principio di impediscono l’esercizio diretto del potere, la democrazia si struttura secondo il modello uguaglianza) rappresentativo: i singoli cittadini non governano più direttamente, ma eleggendo i propri rappresentanti attraverso il voto. Questa è la principale differenza fra la democrazia degli antichi e quella moderna, CHE COSA DICE LA LEGGE le cui principali caratteristiche sono: (potere), indica un sistema
il popolo esercita il diritto di governare attraverso dei rappresentanti; il potere di chi governa si fonda sulla capacità di rappresentare il popolo e non sull’origine divina;
agli individui vengono riconosciuti dei diritti inalienabili, con le diverse Dichiarazioni dei diritti dell’uomo (vedi p. 159);
per salvaguardare questi diritti bisogna limitare il potere e quindi operare una
Costituzione della Repubblica italiana Articolo 1 “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
divisione fra potere legislativo, esecutivo e giudiziario;
la necessità di regole che servano di riferimento nell’esercizio del potere (diritti e doveri di chi rappresenta il popolo) e di una sfera non decidibile (quella dei diritti umani), darà origine alle diverse Costituzioni.
Dichiarazione universale dei diritti umani 1.
PROBLEMI ETICI La conquista della democrazia è un processo lento e difficile, frutto di un impegno e di una vigilanza costanti, necessari per difendere la libertà che è sempre in pericolo, come testimonia il fatto che il XX secolo verrà ricordato sia come il secolo della diffusione del modello democratico, sia come il secolo dei totalitarismi.
Nel totalitarismo è che in presenza di quest’ultimo gli individui non devono essere politicamente responsabili, ma semplicemente obbedire. Chi esercita il potere è al di sopra della legge, essendone in realtà la fonte, e chi obbedisce è in uno stato di inferiorità o perché crede nella legittimità di quel potere o perché ne ha paura. Nella democrazia invece, dove gli uomini sono tutti uguali, il potere è diviso fra tutti
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Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto o secondo una procedura equivalente di libera votazione.
i cittadini e tutti sono responsabili nei confronti delle leggi di cui sono nello stesso tempo autori e soggetti. Se i cittadini non sono virtuosi, se non danno cioè prova di senso civico, l’irresponsabilità ha il sopravvento e con essa la fine della democrazia. Poiché la democrazia si fonda sulla necessità di far prevalere gli interessi generali su quelli particolari e di subordinare le ambizioni personali al bene comune, ogni volta (e quante volte succede!) che un individuo agisce pensando solo al proprio tornaconto contribuisce a minare il sistema democratico. La corruzione del sistema politico, trasformato in un mestiere che permette di fare molti soldi facilmente, l’utilizzo di cariche pubbliche per curare interessi personali, ma anche il disinteresse dei cittadini e la comoda idea che è sempre colpa degli altri, l’astensione dal voto, il fatto di approfittare di tutte le occasioni che offrono vantaggi a scapito della comunità, sono solo alcuni esempi di atteggiamenti che rivelano l’incoscienza di chi si rifiuta di capire che la democrazia è affare di tutti e che se si distrugge la nave su cui si naviga si affonda con lei.
Posizione delle DIVERSE religioni L’organizzazione della società indiana in caste (varna), si spiega con la volontà lontà di difendere la trasmissione per via ereditaria, della posizione sociale raggiunta, e quindi quindi di un mestiere, di un ruolo di potere, ecc. Le caste come istituzioni sociali hanno poi trovato vato una giustificazione religiosa: si nasce in una casta a causa del karma individuale. Il karma è un ostacolo molto grosso al progresso sociale collettivo e individuale, individuale, un principio contrario a ogni tendenza democratica. Benché le caste siano ano state abolite ufficialmente dopo la proclamazione della repubblica indiana, indiana esse restano essenziali nell’esperienza induista. Una società in cui gli uomini hanno gli stessi diritti è considerata positivamente, anche se nella realizzazione di una vita virtuosa la forma di governo è indifferente.
Espressione di una società aristocratica, il confucianesimo non contempla la possibilità di un governo democratico. .
Lo spirito democratico trova riscontro in molti brani del Corano. Il temine shura (Corano 3,159; 42,36-48) 42,36 significa “consultazione” e si ritiene che fosse precisamente questo il modo usato nelle tribù pre-islamiche pre per designare i capi e prendere decisioni importanti. La natura egualitaria dell’islam è asserita dal Corano nella surah 49,13: “0 voi uomini, vi abbiamo creato maschio e femmina, vi abbiamo abbiamo costituiti in popolo e tribù perché vi conosciate conoscia tra voi. Il più nobile tra voi, agli occhi di Dio, è il più timorato tra voi”. Ogni uomo dunque ha uguale valore lore in quanto creato creat da Dio. E la surah 30,2 1-22 insegna segna che sono segni di Dio la “varietà delle vostre lingue e colori”. Questa diversità non disgrega l’unità l’u ma è un’unità nella diversità. Laccento sull’uguaglianza sull’uguaglianza e la fraternità ha avuto storicamente come frutto la solidarietà so tra i musulmani. Nell’ambito della religione e della cultura ebraica ebraica la democrazia è diffusamente accettata. Anticipati dalle encicliche di Giovanni XXIII Mater et Magistra del 1961 e Pacem in Terris del 1963, i documenti che sviluppano le riflessioni sulla democrazia sono la Gaudium et Spes e la lettera apostolica di Paolo VI Octogesima Adveniens. Nel primo documento al n.75 75 si dichiarano disumane tutte le forme totalitarie di governo e pienamente conforme forme alla natura umana l’esigenza dei cittadini di controllare e di partecipare alla gestione degli affari pubblici attraverso strutture democratiche. Nella lettera Octogesima Adveniens al n. 47 si richiamano alla coscienza le motivazioni motiva dell’impegno politico litico specie in ordine alla creazione della democrazia. democrazia. Il credente deve evitare ogni integralismo e riconoscere il pluralismo delle opzioni, anche dei propri fratelli di fede (n. 50). Alcune precisazioni sono tuttavia necessarie: ► la democrazia non si può identificare con il cristianesimo perché il Vangelo di Gesù non si identifica con nessuna ideologia politica; ► le realtà espresse dai termini democrazia e cristianesimo sono contrastanti in quanto la democrazia de è costruita sul pluralismo delle scelte scelt e sulla sovranità popolare mentre il cristianesimo nesimo è costruito sul principio dogmatico e sulla fede in un’autorità che non deriva dalla base sociale; ► quando la democrazia tende a realizzare sul piano sociale la dignità della persona e il principio prin dell’uguaglianza e della fraternità si può riconoscere in essa una proiezione sociale del cristianesimo e in quel caso appare non uguale, ma omogenea al cristianesimo.
PAROLE CHIAVE Democrazia Forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo senza intermediari (democrazia diretta) o tramite rappresentanti (demo (democrazia indiretta, rappresentativa, parlamentare) Anarchia Dottrina sociale e politica che propugna l’abolizione dell’autorità dell’auto costituita, in favore di un ordine ordi sociale basato sulla libertà e l’autonomia degli individui. Aristocrazia Il potere è detenuto da una minoranza, mino ritenuta saggia, che agisce nell’interesse della comunità. Oligarchia Il potere è nelle mani di una minoranza, mino a cui non è riconosciuta nessuna nes superiorità intellettuale, che lo esercita a proprio vantaggio. Monarchia Il governo è nella mani di una persona per sola che gode del consenso dei sudditi. Tirannide Il potere è nelle mani di uno solo, che non gode però del consenso popolare.
Il termine PACE, indica in generale, l’assenza o la
cessazione di un conflitto.
LA PACE PACE come NON-GUERRA
La pace è sempre definita in relazione alla guerra: mentre in un qualsiasi dizionario la guerra è descritta, all’incirca, come “lotta armata fra due o più Stati”, la pace è definita come “condizione contraria allo stato di guerra”. Se definiamo la pace come non-guerra, è allora necessario riflettere sulla guerra per comprendere cos’è la pace e a quali condizioni può realizzarsi. Possiamo dire che la guerra è un conifitto fra gruppi politici indipendenti, la cui soluzione è affidata alla violenza organizzata. Si ha una situazione di conflitto ogni volta che i bisogni o gli interessi di un individuo o di un gruppo non possono essere soddisfatti se non a danno di un altro individuo o gruppo. È il caso della concorrenza per un bene scarso, del desiderio di possedere ciò che appartiene ad altri o di vedere riparata un’offesa. Per gruppo politico si Qui ci occuperemo della pace intende un gruppo organizzato per il mantenimento o la conquista del potere. Per violenza organizzata si intende l’uso della forza fisica, intenzionalmente mirata al raggiungimento dell’oesterna, in particolare della biettivo e non consentita da chi la subisce. pace intesa come cessazione Definita in questo modo la guerra, a proposito della pace possiamo dire che i gruppi politici di quello specifico tipo di sono in pace fra di loro quando non esistono ragioni di conflitto, oppure queste sono risolte conflitto che è la GUERRA. senza ricorrere all’uso della violenza. Abbiamo così individuato anche le condizioni che consentono l’affermarsi della pace, e cioè l’uso della ragione e la ricerca di forme alternative alla guerra nella soluzione dei conflitti. Il pacifismo considera la guerra un male assoluto, che procura danni maggiori dei vantaggi per ottenere i quali è combattuta, e si batte per realizzare una pace universale e durevole.
La pace può essere • interna, se l’assenza di conflitto riguarda lo stato d’animo di un unico individuo, • esterna se si riferisce all’assenza di un conflitto fra individui o gruppi.
PROBLEMI ETICI
CHE COSA DICE LA LEGGE
L’idea che la guerra sia inevitabile si è tradizionalmente espressa nelle teorie che giustificano la guerra come male necessario, o addirittura come bene se si accetta che il progresso dell’umanità passa anche attraverso la guerra (diffusione di una civiltà superiore, selezione del più forte o del migliore, unione di popoli, impulso allo sviluppo tecnico), oppure come guerra giusta (di difesa contro l’aggressione altrui, di difesa della civiltà contro la barbarie, di crociata). Dopo l’invenzione della bomba atomica, sembrava che nessuna giustificazione avrebbe più potuto motivare una guerra, ora che esisteva un’arma in grado di distruggere l’umanità intera. Invece dopo anni di guerra fredda, assistiamo al tentativo di trasformare la pace stessa in giustificazione dei nuovi conflitti che affliggono il pianeta. Gli interventi militari sono definiti guerra preventiva, guerra contro il terrorismo, per l’esportazione della democrazia, guerra contro gli Stati canaglia che non rispettano i diritti umani. Senza entrare nel merito degli interessi che si nascondono dietro queste guerre “umanitarie”, è evidente che è paradossale pensare che ci si possa servire del male per creare il bene. La guerra, che è sempre difesa o affermazione di interessi particolari, non può contribuire al raggiungimento della pace universale e perpetua, che è la condizione preliminare per la realizzazione della libera convivenza.
ONU Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace 1984
La guerra non è inevitabile, e soprattutto non è mai legittima.
1. Proclama solennemente che i popoli della Terra hanno un sacro diritto alla pace; 2. Dichiara solennemente che la salvaguardia del diritto dei popoli alla pace e la promozione di questo diritto costituiscono un obbligo fondamentale per ogni Stato; 3. Sottolinea che, per garantire l’esercizio del diritto dei popoli alla pace, è indispensabile che la politica degli Stati tenda alla eliminazione delle minacce di guerra, soprattutto di quella nucleare all’abbandono del ricorso alla forza nelle relazioni internazionali e alla composizione pacifica delle controversie internazionali sulla base dello Statuto delle Nazioni Unite 4. Fa appello a tutti gli Stati e a tutte le organizzazioni internazionali affinché contribuiscano con ogni mezzo a garantire ai popoli I esercizio della pace tramite I’adozione di misure appropriate a livello nazionale ed internazionale”
Alla guerra che è una forza fisica, bisogna opporre la non-violenza che è una forza morale. Le teorie della non-violenza, che nella tradizione occidentale si ispirano al precetto evangelico del “porgi l’altra guancia” (Mt 539), sostengono la rinuncia all’uso di mezzi violenti. Anche in quelle situazioni in cui sembrerebbero necessari e moralmente giustificati. Mentre la guerra conduce allo sterminio indiscriminato, l’uso di tecniche non cruente permette di risolvere i conflitti senza violare i diritti umani GANDHI sconfisse I’impero inglese con la pratica della non-violenza, dimostrando così la forza della pace.
Posizione delle DIVERSE religioni L’invocazione della pace, Shanti, è molto importante per il credente indù,sia quando prega, ga, sia nella vita quotidiana. La pace è sentita come dono di Dio e va cercata nello spirito spiri La pratica dello yoga, della disciplina dell’autocontrollo mirano a raggiungere giungere stabilmente la pace interiore. Nelle relazioni interpersonali la pace è attuata attraverso l’ahimsa o non-violenza violenza e si traduce nel non provocare mai del male ad alcun essere vivente. Il principio cardine del buddhismo è la compassione verso ogni essere vivente, che significa signi vivere nell’ahimsa, cioè astenersi dall’uccisione. La pratica della meditazione è rivolta rivolta a coltivare la pace interiore da cui deriva la pace esteriore. Per il raggiungimento della perfetta armonia, che è lo scopo di ogni essere vivente, un corretto cor rapporto con la pace è essenziale.. .
Nell’islam la pace è così importante da essere uno dei nomi di Dio. Realizzare la pace sulla Terra significa obbedire alla volontà di Dio. Anche nell’islam, come in tutte le religioni, gioni, la realizzazione della pace perfetta è solo nel Paradiso. A livello personale la pace ce si realizza osservando l’insegnamento morale del CORANO. Sul jihad che secondo la tradizione può assumere la forma di una guerra che un buon musulmano musul deve combattere quando si tratta di difendere i valori religiosi dell’islam, è in atto to una riflessione critica. La pace è dono di Dio da una parte e frutto della collaborazione collaborazione tra gli uomini dall’altra. La pace esige il superamento degli antagonismi e dei conflitti conflit nella società. L’osservanza dei comandamenti che ogni credente deve attuare consente di realizzare la pace. La pace perfetta tuttavia è solo nel tempo finale quando ritornerà il Messia: così si esprimono i profeti Isaia al capitolo 2 e Micheaa al capitolo capito 4 dell’Antico Testamento. L’insegnamento della Chiesa cattolica sul tema della pace e della non-violenza violenza è contenuto principalmente nel Discorso della Montagna (Mt 5,39-48): 48): il versetto 5 parla di “beati i miti [...]“, il versetto 9 di “beati gli operatori di pace [...]“e il versetto 44 esorta ad amare i nemici. Il comportamento stesso di Gesù all’ingresso in Gerusalemme a dorso di un’asina (Mt 21,1-5), 5), è carico di significato simbolico: Gesù non vuole essere un Messia terreno, in armi, che sconfigge i romani con la forza. Gesù entra nella città sacra della pace, nel segno della pace, come il Messia di cui parla Isaia (Is 2,2-5 2,2 e 9,11) e realizza la visione del re che viene a stabilire un regno di pace (Zc 9,9-10). Nel momento della grande de sofferenza nell’orto degli ulivi, Gesù rimprovera Pietro che aveva usato la forza staccando un orecchio a un soldato e lo invita a rimettere la spada nel fodero (Mt 26,52) poiché coloro che pongono mano alla spada periranno di spada. Il Magistero della Chiesa esprime in molti documenti l’invito alla pace: Pacem in Terris di Giovanni XXIII, Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, I Populorum Progressio di Paolo VI e i tanti messaggi di pace rivolti al mondo il primo giorno dell’anno. È utile riportare uno stralcio dell’intervista rilasciata da papa Benedetto XV al giornale francese Libertè il 23 giugno 1915, nel quale appare con chiarezza la posizione della Chiesa cattolica cat rispetto alla guerra: “Dio vuole che la pace regni fra gli uomini. uomini. Un Papa non può volere e predicare altro che la pace”. Fu lo stesso papa a definire la Grande guerra come “l’inutile strage”!
PAROLE CHIAVE Genocidio Metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta compiu attraverso lo sterminio degli individui vidui e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali. Pacifismo Dottrina diretta a dimostrare la possibilità, l’utilità e il dovere dell’abolizione del della guerra; atteggiamento giamento non-violento non ispirato da profonda repulsione per qualsiasi soluzione non pacifica delle contese tese internazionali, internazionali in polemica specie con i motivi della propaganda propa nazionalista. Guerra totale Lotta armata tra Stati o coalizioni per la risoluzione di una controversia contro internazionale, motivata da veri o presunti pr conflitti e interessi ideologici ed economici. Non è ammessa dalla coscienza giuridica giuridi moderna. Jihad La parola non significa “guerra santa”, come comunemente, ma erroneamente, si crede. Essa significa, piuttosto, “sforzo” interiore, lotta per raggiungere ngere un determinato determi obiettivo spirituale. Nell’accezione più vera il jihad rappresenta lo sforzo intimo e personale che ogni credente cre deve compiere per riuscire a conformare il proprio propr comportamento mento alla volontà di Dio. I fondamentalisti identificano identifican però questo sforzo con la guerra, legale, obbligatoria obbligato e comune, contro i non musulmani. Mujaheddin E’ il termine che nel mondo arabo identifica il combattente del jihad, o semplicemente, come patriota.
Il termine GLOBALIZZAZIONE, usato per la prima volta nel 1992 dal settimanale The Economist, indica l’estensione dei processi di interazione sociale, economica, politica da livello locale a livello mondiale. Le azioni e la sorte di ogni individuo, gruppo, nazione, sono legate a quelle di qualsiasi altro individuo, gruppo, nazione.
LA GLOBALIZZAZIONE UN MONDO GLOBALE Sebbene già nell’Ottocento e nel primo Novecento molti studiosi stu avessero evidenziato come il progresso di modernizzazione modernizzazione stesse portando a una progressiva integrazione del mondo, è solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento che si comincia a usare il termine globalizzazione per indicare indi un’economia che in nome del libero scambio supera su i confini nazionali e lega il destino di ogni singolo Paese a quello di tutti gli altri. Negli anni Sessanta si assiste a una rapida crescita del fenomeno feno dell’interdipendenza politica, economica e culturale, inizialmente soprattutto fra gli Stati occidentali. Interdipendenza fra gli Stati significa che non è più possibile operare una netta Interdipendenza separazione fra affari interni e affari esterni, fra ciò che avviene a livello nazionale/locale e ciò che avviene a livello internazionale/globale.
In un mondo globale ciò che avviene all’interno di uno Stato ha conseguenze anche all’esterno, così come ciò che avviene ne fuori dai confini nazionali, ha un impatto anche all’interno. La rapida diffusione della rivoluzione informatica e dell’informazione, hanno accelerato il fenomeno, contribuendo anche a definire la consapevolezza che il mondo è ormai uno spazio economico e sociale comune. Gli scenari che si configurano, però, non sono quelli della formazione mazione di una società mondiale armoniosa, nella quale culture e società diverse si integrano nella realizzazione di un maggiore benessere comune. Anzi,la consapevolezza delle le crescenti interconnessioni provoca dubbi e diffidenze, se non addirittura sentimenti xenofobi e politiche reazionarie. zionarie. Gli stessi studiosi sono tutt’altro che concordi nel valutare i vantaggi e gli svantaggi della globalizzazione.
PROBLEMI ETICI La globalizzazione è considerata da molti una minaccia per i diritti umani e l’ambiente, causa di povertà nelle zone ne meno sviluppate del pianeta e fonte di gravi squilibri squili fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Il libero scambio, che è l’essenza della globalizzazione,se non è praticato con dei correttivi, rettivi, non può essere equo, perché si realizza fra nazioni con diversi gradi di sviluppo, e quindi con alcune in posizione di vantaggio rispetto alle altre. Queste iniquità derivano:
dalla diversità delle strutture produttive produ e dei rapporti di forza fra gli Stati. Se le regole del commercio sono scritte dai Paesi ricchi, il libero scambio può impoverire ulteriormente riormente i Paesi caratterizzati da una struttura produttiva fragile, fra concentrata su pochi prodotti:i: i Paesi ricchi esporteranno esporteran i loro prodotti (più vari e convenienti) senza in cambio importare quelli dei Paesi poveri (meno vari e meno interessanti). interes È ovvio che per realizzare uno scambio equo occorrono occorro misure correttive adeguate e tempo per applicarle;
dalla
CHE COSA DICE LA LEGGE “Le Parti Part del presente accordo. Riconoscendo che le loro relazioni nel campo del commercio e delle attivit economiche dovrebbero attività essere finalizzate ad innalzare il tenore di vita a garantire garanti la piena occupazione e un volume sostanziale e in continua con crescita di reddito reale rea e di domanda effettiva e ad espandere la produzio e il commercio di beni e produzione servizi consentendo al tempo stesso un impiego ottimale delle risorse mondiali mon conformemente all all’obiettivo di uno sviluppo sostenibile che miri a tutelare tutela e a preservare l’ambiente e a potenziare gli strumenti strum per perseguire tale obiettivo in maniera compatibile con le rispettive esigenze e i rispettivi problemi derivanti dai diversi livelli di sviluppo economico. economico Riconoscendo altres che occorre adoperarsi altresì concre concretamente affinché i paesi in via di sviluppo in particolare quelli meno avanzati, si assicurino assi una quota della crescita cre del commercio interna internazionale proporzionale alle necessita del toro sviluppo economico, [ … Istituiscono I’Organizzazione I’ mondiale del commercio (in appresso denominata I‘O I‘OMC) Accordo di Marrakech che istituisce I I’Organizzazione Mondiale del Commercio 1994.
diversità delle legislazioni nazionali in materia di regolamentazione industriale, ambientale e dei diritt tti umani. Spesso i Paesi ricchi spostano le produzioni nei Paesi poveri solo perché le norme che tutelano i diritti dei lavoratori e la tutela ambientale sono meno rigide, quando non del tutto inesistenti. Il libero commercio consente così di sfruttare i lavoratori e l’ambiente, con grave danno non solo lo per questi Paesi (lavoro infantile, in condizioni di schiavitù, inquinamento), ma anche per quelli sviluppati (perdita di posti po di lavoro). Il punto non è dunque stabilire se la globalizzazione sia giusta o sbagliata, dal momento che si tratta comunque di un processo irreversibile, ma di pretendere preten che da strumento di potere e di arricchimento imento nelle mani di pochi, diventi un’occasione di crescita e di benessere per tutti.
Posizione delle DIVERSE religioni Dobbiamo innanzi tutto fare una premessa e dire che tutte le religioni sono globalizzate, nel senso che sono diffuse su tutto il globo terrestre. Non in tutte le religioni esiste però una riflessione sul fenomeno della globalizzazione: questo è il caso cas dell’induismo. La globalizzazione è un fenomeno positivo non solo perché traccia la via per l’unificazio l’unificazione del mondo, ma anche perché, mettendo a nudo i meccanismi di controllo dei ricchi sui poveri, consentirà la costruzione di una società globale più giusta e virtuosa. .
Anche nel confucianesimo non esiste una riflessione ufficiale. Molti economisti, però, però, indicano indi il confucianesimo come il motore del quarto capitalismo, il boom produttivo che ha come protagonisti, non a caso, i Paesi orientali. Alla base dello sforzo produttivo che ha dato to impulso alla nuova economia globale, ci sarebbe l’etica del dovere dov propria della prospettiva confuciana. Mentre per l’islam integralista è concepibile solo una globalizzazione che diffonda la cultura cul islamica, e la penetrazione di valori diversi è considerata un evento funesto, l’islam moderato è favorevole all’integrazione culturale. L’ebraismo più di ogni altra religione è nata e si è sviluppata al di fuori di confini geografici geografi definiti. Nessuna religione come quella ebraica esprime, me, pur nell’identità religiosa, religio una così profonda diversità sità culturale. La Chiesa cattolica si è più volte pronunciata sulla sulla situazione del mondo contemporaneo in documenti, come la Mater et Magistra, la Pacem in Terris di papa Giovanni XXIII e la Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II. Con l’enciclica del 1967 Populorum Progressio di papa Paolo VI la Chiesa ha anticipato i grandi temi della globalizzazione: ► si fanno rilevare squilibri crescenti tra Paesi ricchi e Paesi poveri, nell’uso dei redditi e nei processi di industrializzazione; ► si sottolineaa la necessità di programmi e di pianificazioni globali, da realizzarsi a servizio dell’uomo, salvaguardando ogni tradizione culturale; ► vengono denunciate le iniquità nelle relazioni commerciali mondiali, causate dal crescente divario di prezzi tra le materie aterie prime e i prodotti finiti, dall’imperare del principio del liberalismo liberalismo come regola degli scambi commerciali; ► si auspica inoltre la giustizia dei contratti fra i popoli per costruire un mondo solidale. A distanza di un decennio, la Commissione pontificia Justitia ustitia et pax redige una ‘Nota’ dal titolo Lo sviluppo dei popoli, popoli che sviluppa le riflessioni precedenti. La Nota pone in evidenza alcuni fatti fatti nuovi relativi allo sviluppo, tra cui la relazione dello sviluppo dei popoli con il problema dell’ambiente: biente: “Le inquietudini per l’ambiente e per l’approvvigionamento energetico e di materie prime pri fanno capire che non si può sognare di generalizzare modelli di sviluppo ampiamente fondati sullo spreco; al contrario bisogna rivedere questi modelli di sviluppo svil nei Paesi ricchi medesimi [...] (n. 157)”. Occorre dunque una nuova coscienza del mondo “alla ricerca di una visione globale dei problemi posti .“ (n. 160).Per avanzare in questa visione globale dei problemi, prosegue la Nota, “sono necessari nuovi progressi ogressi nella strutturazione delle organizzazioni mondiali [...]“ (n. 161). Tuttavia questa visione globale stenta a dare i suoi frutti a causa dell’indisponibilità delle grandi gran potenze a “veder intaccato il loro potere economico e finanziario mondiale [...]“ (n.162). E subito continua: “In questo clima è difficile sperare progressi sostanziali di solidarietà mondiale mon {. ..] (n. 163)”. L’appello appello conclusivo della riflessione è rivolto a tutti i credenti a mobilitarsi per una vera promozione pro umana, impegnandosi nandosi principalmente nell’annuncio di Gesù Cristo e nel “far vivere del suo amore gli uomini e le civiltà” (n. 165)
PAROLE CHIAVE Dumping sociale (o ambientale) Pratica di concorrenza sleale che consente a un’impresa di trarre vantaggio dalla meno rigorosa legislazione sociale o ambientale di un Paese, per produrvi a costi vantaggiosi merci da vendere a prezzi concorrenziali su altri mercati. cati.
Free trade Libero commercio, che si realizza quando le barriere alla libera circolazione colazione di merci e servizi servi vengono rimosse.
Fair trade Commercio equo, inteso come creazione di regole in grado di riequilibrare quilibrare le disparità esistenti fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Una concretizzazione di questa prospettiva spettiva sono le reti di commercio equo e solidale, che consentono onsentono alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo di vendere i propri prodotti dotti nei Paesi più sviluppati, tramite mite partner commerciali che offrono un prezzo giusto per le loro produzioni.
Multinazionali Società, di tipo industriale o di tipo finanziario, presenti in varie nazioni ni del mondo che detengono il monopolio di alcune risorse e beni nei diversi settori della produzione e distribuzione commerciale. La loro politica economica può determinare mutamenti nelle decisioni degli Stati, a favore re o contro scelte economiche e ambientali favorite da gruppi di pressione all’interno dei partiti politici e da spostamenti di grossi flussi di denaro.
Banca mondiale Gruppo di istituzioni che ha come scopo quello di contribuire all’eliminazione della, povertà nel mondo, attraverso finanziamenti agevolati e assistenza tecnica.
WTO (World Trade Organisation) o OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) Nasce nel 1995 succedendo al GATT (Accordo generale sulle tariffe e il commercio) fondato nel 1947. Vi aderiscono 149 Paesi di tutto il mondo. Ha sede a Ginevra. I quattro pilastri dell’OMC sono l’accordo sul commercio e le tariffe; sul commercio dei servizi; sui diritti di proprietà relativi al commercio; sulle misure relative agli investimenti. ta i Paesi in via di sviluppo inserirsi inse Inoltre l’OMC aiuta nel sistema economico internazionale.
FMI (Fondo Monetario lnternazionale) Istituzione finanziaria che ha il compito di promuovere promuo la cooperazione monetaria internazionale, la stabilità dei tassi di cambio e la crescita economica e dell’occupazione. Il FMI fornisce anche aiuto tecnico co e finanziario ai Paesi invia di sviluppo.
Il diritto all’alimentazione è uno dei principi proclamati dalla
LA FAME NEL MONDO PERCHE’ SI MUORE ancora di FAME ?
Dichiarazione Universale dei diritti del’uomo dal 1948, che
Secondo il rapporto FAO del 2005 oltre 800 milioni di persone sono affette da malnutrizione cronica, sia nel sud sia nel nord del mondo (20 milioni negli Stati Uniti). A questi 800 milioni, di cui 200 sono bambini,vanno aggiunti 9 milioni di persone che muoiono di fame ogni anno, cioè 24000 nell’art. 25 afferma che “ogni ogni giorno, il 75% dei quali è costituito da bambini che hanno meno di cinque anni. individuo ha il diritto ad un tenore Al numero enorme di persone vittime della fame cronica bisogna aggiungere i milioni di persone che ogni anno soffrono di fame “occasionale”, dovuta a catastrofi naturali (alluvioni, terremoti, siccità), di vita sufficiente a garantire la carestie (coltivazioni distrutte da parassiti o malattie), guerre civili e di conquista (anche salute e il benessere proprio e “preventive”). della sua famiglia, con particolare Ma perché alle soglie del terzo millennio, quando ormai CHE COSA DICE LA LEGGE riguardo all’alimentazione …” l’uomo è in grado di andare sulla Luna, costruire aerei Tuttavia la fame, la denutrizione e velocissimi, guardare i programmi della televisione 1. Ogni uomo donna e bambino ha il diritto inalienabile di essere l’insicurezza alimentare affliggono giapponese comodamente seduto in un salotto a Napoli, comunicare in tempo reale con tutto il mondo, liberato dalla fame e dalla ancora oggi l’umanità. sconfiggere tutte le malattie, garantirsi l’eterna denutrizione al fine di potersi giovinezza, si muore ancora di fame? C’è chi ritiene che pienamente sviluppare e la causa principale sia la mancanza di cibo ma ciò non è assolutamente vero: le risorse della Terra possoconservare le proprie facoltà fisiche no nutrire tutti, e il cibo disponibile è addirittura cresciuto del 18% negli ultimi anni. Nonostante e mentali. La società di oggi l’incremento della popolazione dunque, c’è cibo a sufficienza per tutti: ogni essere umano avrebbe a possiede già risorse, capacità disposizione 2800 calorie, mentre il minimo necessario è 1900. Questo significa che si potrebbero organizzative e tecnologiche nutrire senza problemi 12 miliardi di persone, il doppio della popolazione mondiale. Così si esprimeva sufficienti e pertanto, i mezzi per Jeremy Rifkin, economista e filosofo, fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends di realizzare tale obiettivo. Di conWashington: “Oltre quindici anni fa la FAO (Food and Agricolture Organization), aveva già presentato un seguenza l’eliminazione definitiva rapporto confortante: il mondo, in base all’attuale stato della capacità produttiva agricola, potrebbe della fame costituisce un obiettivo nutrire senza alcun problema più di dodici miliardi di esseri umani. Nutrire significa assicurare a ogni comune a tutti i Paesi sviluppati e bambino, uomo o donna della Terra una razione quotidiana di cibo che oscilla fra le 2400 e le 2700 degli altri Stati in grado di fornire calorie, a seconda del suo lavoro e del clima in cui vive”. (In Karibu, n. 1, febbraio 2005). un aiuto. È evidente dunque che non è la Terra, ma il sistema degli uomini che non funziona. 2. Spetta ai governi il compito fondamentale di collaborare PROBLEMI ETICI all’incremento della produzione alimentare e al conseguimento di Il problema della fame nel mondo è di ordine economico, politico e etico. La divergenza fra la retorica una più equa ed efficace politica e l’impegno autentico; la miopia dei governi che per salvaguardare il benessere e i privilegi di ripartizione dei prodotti alimentari una minoranza, riducono in povertà i loro Paesi, compromettendo il futuro di tutti; la malafede dei tra i diversi Paesi e in seno ad essi. governi occidentali che perseguono solo i loro interessi economici; un modo perverso di intendere la I governi dovrebbero sferrare globalizzazione che riduce gran parte del mondo in terreno di conquista, dove non valgono i diritti immediatamente un attacco umani; una produzione e un consumo sfrenati da parte dell’Occidente che richiedono un grande concertato di più vaste proporzioni sfruttamento delle risorse per mantenere il sistema capitalistico a scapito degli interventi di sostegno contro la denutrizione cronica e le nei confronti dei Paesi poveri; l’indifferenza della maggior parte della popolazione occidentale, sono le malattie ad essa connesse che vere cause di questa tragedia planetaria. colpiscono i gruppi vulnerabili e a È agghiacciante vedere come sono distribuite le risorse economiche sul pianeta: l’80% della basso reddito [ } Dichiarazione popolazione mondiale vive con il 20% circa delle risorse della Terra. È ora che i Paesi ricchi, governi e universale per I’eliminazione singoli cittadini, recuperino il senso di responsabilità e si facciano carico delle iniziative necessarie a definitiva della fame e della risolvere il problema della fame e più in generale della povertà: ►sostenere i Paesi poveri con programmi di sviluppo delle economie locali, unica via per emanciparsi denutrizione 1974 dal giogo delle economie occidentali e costruire un benessere duraturo; eliminare la corruzione che vede protagonisti il corruttore Occidente (Banche e multinazionali) e i corrotti del Terzo Mondo, in larga parte coincidente con le classi dirigenti locali; promuovere l’istruzione, necessaria per costruire professionalità e indipendenza; cancellare i debiti contratti con l’Occidente (vedi p. 202);
►combattere pregiudizi come l’idea che i popoli in via di sviluppo facciano troppi figli e siano quindi loro stessi responsabili delle scarse risorse o che non ci sia abbastanza cibo per tutti sulla Terra;
►scegliere investimenti in quelle banche sulla cui trasparenza etico-giuridica non esistano dubbi e in imprese che svolgono attività corrette: questi investimenti oculati impediscono il finanziamento a banche coinvolte in operazioni moralmente scorrette e a imprese collegate a multinazionali responsabili dello sfruttamento dei Paesi poveri; ►escludere
dal carrello della spesa i prodotti dei grandi gruppi economici che attraverso lo sfruttamento del lavoro, anche infantile, la distruzione dell’ambiente, il rifornimento di armi, contribuiscono a mantenere e aggravare le condizioni di povertà;
►scegliere i prodotti del commercio solidale (vedi p. 192), il cui scopo è sostenere le economie dei Paesi poveri, facendo in modo che i guadagni vadano nelle tasche di chi lavora. Infine non bisogna fingere che il problema non esista o che non ci riguardi. Josué de Castro, medico e intellettuale brasiliano che ha dedicato la vita alla lotta contro la fame, nel suo celebre libro del 1952 Geopolitica della fame osservava:”Gli individui si vergognano così’ tanto di sapere che un gran numero dei loro simili muore a causa della mancanza di cibo che coprono questo scandalo col silenzio totale. Questa vergogna continua a essere condivisa dalla scuola dai governi e dalla maggioranza di tutti noi”.
Posizione delle DIVERSE religioni Forse a causa della povertà endemica della società indiana, l’induismo accetta la condizione di povertà come un evento inevitabile. Non esistono organizzazioni umanitarie induiste. L’attenzione e la compassione nei confronti degli altri sono tipiche della dell cultura buddhista, sta, perciò la povertà e la fame sono ritenute uno scandalo. Nei monasteri buddisti trovano trova rifugio i poveri. La povertà non è rilevante da un punto di vista etico, non essendo considerata una forma di ingiustizia. Tuttavia esistono trattati, ttati, a opera di un allievo di Confucio, sui metodi di coltivazione coltivazione per migliorare la produzione in modo da avere più cibo da distribuire al popolo. .
Tra i cinque capisaldi dell’islam indicati nel Corano c’è la Zakkat, cioè la “purificazione” rificazione” della propria ricchezza attraverso la donazione di parte di essa. L’uso giuridico islamico distingue tra sadaqa (donazione volontaria) e Zakkat (tassa vera e propria regolata dalla legge). Nella surah IX della conversione al versetto 60 si specificano con dettaglio minuzioso, le categorie di persone alle quali si deve dare l’elemosina rituale: primi di tutti sono i poveri e i bisognosi. Nella Dichiarazione sui diritti umani nell’islam si afferma che l’uomo va protetto da ogni sfruttamento sfrut perché grande è la sua dignità (art. 1), perché la sua vita è un dono di Dio e va garantita garantita (art. 2), perché nessuno ha il diritto di rendere schiavo, di umiliare, di opprimere e di sfruttare un essere umano (art. 11). Lo Stato stesso deve assicurare assicurare il diritto dell’individuo a una vita dignitosa, che gli consenta di soddisfare tutte le sue esigenze, compresa l’alimentazione (art. 17). L’ebraismo si radica nell’esperienza di amore partecipata da Dio al suo popolo po esperienza enza che e stata fissata nella Torah , la Legge per eccellenza. Dalla Torah derivano numerose applicazioni cazioni che possono essere riassunte nel comandamento dell’amore: “Amerai il prossimo tuo come te stesso, io sono so il Signore” (Lv 19,18). L’amore amore per il prossimo pr deve tradursi in azioni concrete: ciascuno deve impegnarsi perché perché tragedie come quelle della fame non esistano più. Nel discorso sul giudizio finale riportato nel Vangelo di Matteo (Mt 25,35), Gesù afferma il dovere per il discepolo discepo di occuparsi di chi ha necessità di mangiare; e al versetto 40 dice di espressamente: “Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico:ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Nella parabola del ricco e del povero Lazzaro,, nel Vangelo di Luca (Lc 16,19-21), 21), al ricco viene impedito l’accesso al paradiso perché “tutti i giorni banchettava lautamente” mentre il povero mendicante “giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco”. Il motivo è chiaro, come indica Matteo al capitolo 25,42: “Perché ho avuto fame e non mi avete ave dato da mangiare [...]“. Il prossimo è da considerarsi come un altro se stesso e quindi bisogna aiutarlo aiutarlo a vivere con i mezzi necessari. L’apostolo Giacomo così si esprime nella sua lettera al capitolo 2,15-16: “Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi’, vi’, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?”. Lo stesso apostolo usa parole di fuoco contro i ricchi che hanno vissuto senza ricordarsi ricordar dei poveri: “Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza” (Gc 5,5-6). La Chiesa, riprendendo il messaggio evangelico, afferma, nella Gaudium et Spes, che l’esistenza l’esisten di persone che muoiono di fame è un’offesa nei confronti onti di Dio creatore; sempre la Gaudium et Spes al n. 69 indica ai cristiani il dovere di sovvenire alle necessità di chi ha fame e ammonisce con le parole dei Padri: “Dà da mangiare a colui che è moribondo per fame, perché per se non gli avrai dato da mangiare, re, lo avrai ucciso”. Lo scandalo denunciato dalla Chiesa oggi consiste nel fatto che alcuni vivono nell’abbondanza e sprecano i loro beni mentre i governi spendono enormi ricchezze per costruire armi.
PAROLE CHIAVE Cancellazione del debito L’iniziativa per la cancellazione del debito estero (il debito contratto da un Paese verso creditori privati, governi ed enti pubblici di altri Paesi) dei Paesi più poveri e indebitati, lanciata da FMI e Banca Mondiale, adottata dai Paesi del G7 nel 1996 e “rafforzata” dal G7/G8 nel 1999, includeva inizialmente 41 Paesi, succes-sivamente ridottisi a 38. Attualmente dei 27 Paesi dichiarati effettivamente eleg-gibili all’iniziativa, solo 18 hanno benefi-ciato della cancellazione del proprio debito estero. Le ragioni a favore della cancellazione del debito sono il fatto che l’indebitamento è da molti ritenuto una delle maggiori cause della povertà e del sottosviluppo in questi Paesi; il fatto che gran parte del debito di molte nazioni povere (per esempio in Africa) è stato accumulato da regimi dittatoriali militari che furono poi destituiti; il fatto che la povertà e il debito di molti Paesi del Terzo Mondo, nonché i loro drammi politici, sono spesso riconducibili a responsabilità, dirette o indirette, da parte delle stesse nazioni industrializzate che vantano i maggiori crediti nei confronti di questi Paesi. In questo senso, l’annullamento del debito viene percepito non come un atto di bontà, bensì come un atto di giustizia.
I trasferimenti per periodi lunghi o permanenti, delle popolazioni dai Paesi di origine verso Paesi stranieri, in cerca di condizioni di vita economicamente, socialmente o politicamente migliori, sono definiti MIGRAZIONI. Mentre l’emigrazione indica lo spostamento dal luogo d’origine per adare a vivere altrove, l’IMMIGRAZIONE indica l’ingresso nel Paese in cui si vivrà più o meno stabilmente.
L’IMMIGRAZIONE L’INCONTRO e lo SCONTRO di CULTURE DIVERSE I processi migratori comportano sia il cambiamento territoriale (passaggio da un luogo a un altro), sia il cambiamento sociale (passaggio da un ambiente sociale a un altro). Possiamo dire che gli elementi caratteristici del fenomeno migratorio sono:
il movimento fisico di singoli individui o di gruppi di persone verso un diverso spazio geografico, una diversa cultura, rispetto a quella d’origine. Lo spostamento è considerato permanente quando dura più di un anno; nel caso di spostamenti occasionali o temporanei, come quelli di pendolari, turisti o nomadi non si parla di migrazioni;
il cambiamento nel sistema delle interazioni. Chi immigra si trova a dover fare i conti con una società nuova nella quale il modo di relazionarsi, i bisogni, i valori sono spesso radicalmente diversi. Questo processo di cambiamento può concludersi con l’assimilazione-integrazione o il rifiuto della nuova cultura.
È proprio il cambiamento sociale, e dunque il fatto che culture diverse entrino in contatto, e magari debbano condividere o contendersi privilegi e diritti come la casa e il lavoro, a costituire uno dei maggiori problemi dell’immigrazione. Le situazioni conflittuali sono pressoché inevitabili tra gli abitanti originari, ben inseriti e fieri delle loro tradizioni culturali, e gli immigrati di prima generazione, poveri di conoscenze linguistiche, legislative e culturali e dotati di generiche competenze professionali. Ma spesso il conflitto rimane anche a livello delle generazioni successive, cioè dei figli di immigrati che, anche se nati nella nuova patria, non si adattano ai nuovi modelli imposti dalle società occidentali, senza peraltro conoscere o rispettare neanche le proprie radici culturali (ad eccezione del caso in cui i valori tradizionali diventano un mezzo per ribellarsi al disagio sociale). Va infine osservato che le situazioni conflittuali possono essere accresciute dall’incontro fra i valori etico-religiosi degli immigrati e quelli degli abitanti locali.
PROBLEMI ETICI Gli Stati esercitano un potere di vita o di morte sugli immigrati.
Il potere di morte si esercita stabilendo confini esterni (confini geografici) e interni (Centri di Permanenza Temporanea) che negano l’accesso al suolo nazionale. In questo modo si respingono gli immigrati nella morte, e non solo nel senso che per la società occidentale, una volta respinti, gli immigrati non esistono più (e chi se ne importa di quello che gli succederà altrove), ma anche nel senso che le politiche restrittive incrementano l’immigrazione clandestina con i risultati che tutti conosciamo perché occupano quotidianamente le pagine dei giornali: carrette del mare che colano a picco, uomini che muoiono su imbarcazioni stracariche, cadaveri gettati in mare.
Il potere di vita si esercita invece con le politiche di integrazione degli immigrati “regolari”, a cui
CHE COSA DICE LA LEGGE Articolo 13 1. Ogni individuo ha diritto alla liberta di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese. Articolo 14 1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. 2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite Articolo 15 1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza né del diritto di mutare cittadinanza
sono cioè stati concessi i permessi di soggiorno. Far vivere significa però assoggettare gli immigrati ai valori condivisi dalla maggioranza della popolazione dello Stato: gli immigrati devono essere contemporaneamente assimilati (plasmati ai valori della cultura dominante) e esclusi (rimanere differenti rispetto all’accesso alla cittadinanza). Le pratiche di addomesticamento e normalizzazione Dichiarazione universale mirano a rendere gli immigrati il più conformi possibile ai modelli della cultura dominante, senza alcuna dei diritti umani considerazione e rispetto per la loro identità culturale. Da un punto di vista etico possiamo osservare che:
non rispettare l’identità di una persona significa calpestare un diritto umano fondamentale;
pretendere che qualcuno rinneghi la propria cultura a favore della nostra, sottintende la presunta superiorità della cultura occidentale e rivela quindi un atteggiamento razzista;
non comprendere che il contatto con una cultura diversa significa arricchimento e non pericolo, e che le società diventeranno inevitabilmente multirazziali e multiculturali, è segno di superficialità e poca lungimiranza. Se l’identità degli immigrati (considerati per lo più forza lavoro) non ha valore, l’identità dei cittadini dello Stato va invece salvaguardata e difesa. Ecco perché agli immigrati viene negata la cittadinanza: con lo status di cittadini, infatti, potrebbero partecipare attivamente alla vita dello Stato, diventando “troppo uguali”. È amaro constatare che finora gli immigrati sono stati e rimangono cittadini di serie B (come in passato lo sono stati donne, omosessuali, ecc.) a cui si chiede di conformarsi a una società che nega loro la parola e la libertà di scelta.
Una società davvero giusta, quella che impone doveri e nega diritti !
Posizione delle DIVERSE religioni Nell’induismo il senso nell’appartenenza etnica è molto forte, fatto che comporta una certa diffidenza nei confronti di chi non è indù. Vi è un acceso dibattito sulle conversioni: conver si nasce induisti e non si può diventarlo. La Terra appartiene a tutti gli uomini e non dovrebbero dovrebber esserci confini. Inoltre l’immigrazione zione è una opportunità di incontro e conoscenza. Nonostante una certa diffidenza nei confronti degli stranieri, dovuta al fatto che il confucianesimo confucianesimo è diffuso soprattutto nelle campagne, vi è un forte senso di accoglienza acc nei confronti fronti di chi appartiene a culture diverse. .
Al di là dei comportamenti politici che spesso contraddicono le convinzioni religiose, va osservato che le tre grandi religioni religio abramitiche, ebraismo, cristianesimo e islam, discendono discendono da un emigrante, Abramo. In generale i Paesi islamici mostrano diffidenza nei confronti fronti di culture diverse. Ma poiché nella società contemporanea molti dei protagonisti delle del migrazioni sono di origine islamica, il problema dell’accoglienza sorge soprattutto soprattutto presso i paesi che accolgono, con altrettanta diffidenza, gli immigrati provenienti da Paesi musulmani. Il popolo ebraico è fin dalle origini un popolo in cammino. Nel corso dei secoli gli ebrei sono emigrati in molti Paesi del mondo, combinando la capacità di conservare le proprie tradizioni e la propria identità con la capacità ca di integrarsi con la cultura dei luoghi in cui si trasferivano. La fede cristiana è da sempre aperta al dialogo con ogni cultura. Il cristianesimo non coincide affatto con una cultura, cul né tanto meno con la cultura egemone. Il cristianesimo moderno, moderno, cerca il confronto e il dialogo esattamente come faceva il cristianesimo delle origini, dopo la morte e la risurrezione di Gesù. Gesù Le culture, con la loro ricchezza ri e profondità di valori, diventano percorsi provvidenziali per riscoprire l’autentico messaggio evangelico. evan L’immigrato immigrato diventa così una ricchezza per il cristianesimo, non una minaccia: è un fratello da riconoscere nella comunità dei credenti credenti e con c cui costruire la felicità. Il papa Benedetto XVI nella giornata mondiale che la Chiesa dedica al migrante e al rifugiato, così esprimeva il suo appello:”Le migrazioni grazioni sono un fenomeno assai diffuso: sono un segno dei tempi e possono essere volontarie volonta o forzate, legali o clandestine, per motivi di lavoro o di studio {...] la Chiesa invita a cogliere gliere l’aspetto positivo di questo segno dei tempi, vincendo ogni forma di discriminazione, di ingiustizia e di disprezzo della persona umana [...] perché tutti gli uomini sono immagini di Dio ...”. Il cristiano è invitato a cogliere nell’altro, la presenza di Dio, soprattutto nei deboli, deboli, nei poveri, nelle persone senza fissa dimora, nelle popolazioni in fuga dalle guerre. Il cardinale cardi Tettamanzi, vescovo di Milano, in occasione della festa di sant’Ambrogio, pronunciò un forte discorso in favore degli stranieri immigrati e in difesa dei musulmani etichettati da molti mol come terroristi: “Che cosa è la cittadinanza? Cittadinanza è prima di tutto il riconoscimento della piena dignità di tutti gli uomini all’interno della comunità civile. Il riconoscimento dell’integrità tegrità dei loro diritti. È giusto chiedere l’adempimento dei doveri, ma è conforme a giustizia riconoscere ri i diritti [...]. La città è fatta di tutti i suoi cittadini. Senza esclusione alcuna, qualunque que sia la razza, la religione, la cultura” .
PAROLE CHIAVE Centri di Permanenza Temporanea (C.P.T.) C.P.T.) Sono strutture (ex caserme militari, capannoni industriali dismessi), in cui vengono ospitati, per trenta giorni (sessanta secondo la nuova proposta!), posta!), i clandestini in attesa di espulsione; quindi, come recita la legge, sono “centri di raccolta e di smistamento” di stranieri. Agli “ospiti” è offerta assistenza sanitaria e giuridica (attraverso un legale d’ufficio), d’ufficio), nonché la, presenza pre di ministri di culto e mediatori culturali, ma sotto stretta sorveglianza delle forze dell’ordine. dell’ordine. In realtà queste strutture sono dei lager, in cui gli immigrati sono privati di ogni status giuridico dico e detenuti in condizioni condizion di sovraffollamento, to, dopo esservi stati rinchiusi con un semplice atto amministrativo, mentre la libertà personale può essere limitata soltanto in caso di reato penale e in seguito a un processo (art. 24 della Costituzione).
Cittadinanza È l’insieme dei diritti civili, politici e sociali che sono alla base della democrazia moderna; rimane oggi l’ultimo privilegio di status che limita l’uguaglianza delle persone ed è fonte di discriminazione in merito ai diritti fondamentali: i diritti della personalità spettano a tutti gli esseri umani in quanto persone, i diritti di cittadinanza (quelli sanciti dalle leggi di uno Stato in merito al lavoro, al matrimonio, all’abitazione, ecc.) sono riservati ai soli cittadini.
Il termine razzismo indica la teoria che afferma la superiorità biologica di una razza e si traduce in atteggiamenti di intolleranza (minacce, discriminazione, violenza e perfino assassinio), rivolti a gruppi o persone a causa dello loro razza, del colore della loro pelle o della loro origine etnica. Il razzismo può manifestarsi contro qualsiasi razza, qualsiasi colore della pelle o origine etnica.
IL RAZZISMO LA SUPERIORITA’ di UNA RAZZA SULL’ALTRA Storicamente il razzismo, è un fenomeno relativamente recente, che si è sviluppato a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Durante l’epoca coloniale, gli Stati europei si trovarono a dover giustificare la conquista di territori situati oltremare, ricchi di materie prime e manodopera, e a risolvere la divergenza tra i valori cristiani di uguaglianza e lo sfruttamento delle popolazioni indigene. Le scoperte delle scienze naturali (biologia, genetica, medicina) e sociali (antropologia, criminologia e sociologia) furono utilizzate per dare una base scientifica alla teoria dell’esistenza di una razza superiore. Questa teoria faceva riferimento, in modo assolutamente improprio, alle teorie evoluzioniste di Charles Darwin. Si affermava che gli esseri umani sono classificabili in razze diverse, con gradi diversi di evoluzione le une rispetto alle altre. In questa classificazione si descrivevano razze superiori per livello evolutivo e intellettivo e razze inferiori. Tra le razze superiori si poneva la razza bianca, come quella che aveva raggiunto il massimo grado di evoluzione. La superiorità di una razza rispetto a un’altra, giustificava la discriminazione e l’oppressione da parte della razza superiore nei confronti di quella ritenuta inferiore.
Le teorie pseudoscientifiche del razzismo influenzarono gli orientamenti sociali e politici anche in Italia dando vita a posizioni antimeridionaliste. Alfredo Niceforo, presidente della Società Italiana di Antropologia e di Criminologia, scriveva: “La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d’Italia dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco — dannata alla morte come le razze inferiori dell’Africa e dell’Australia ..”. Nel 1876 lo Stato italiano accettava la teoria dell’esistenza di almeno due razze in Italia: la razza eurasiatica (padana e ariana) e la razza euroafricana (centro-meridionale e negroide). Come non tremare nel riconoscere quanto questa teoria suoni ancora oggi familiare, presente in molti articoli giornalistici e sottintesa in alcuni programmi elettorali !
CHE COSA DICE LA LEGGE “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza di lingua, di religione di opinioni politiche di condizioni personali e sociali Costituzione della Repubblica italiana, art 3
PROBLEMI ETICI Una dichiarazione dell’UNESCO del 1951, messa a punto da una commissione di cinque genetisti e sei antropologi, confutando le teorie che giustificavano il razzismo, affermò che:
il concetto di razza ha valore classificatorio e si riferisce solo alle caratteristiche fisiche che possono essere trasmesse ereditariamente (struttura del corpo, forma del viso, colore della pelle, ecc.): esistono tre grandi razze umane che sono la caucasica (bianca), la mongolica (gialla) e la negroide (nera);
gruppi nazionali, religiosi, geografici, linguistici e culturali non possono essere definiti razze, poiché le loro caratteristiche non sono trasmissibili per via ereditaria;
non vi è alcuna relazione fra l’appartenenza a una razza e lo sviluppo intellettuale e culturale: le differenze genetiche non hanno alcun peso nel determinare differenze sociali e culturali fra individui e gruppi;
non ci sono e probabilmente non ci sono mai state razze “pure”, il che sancisce definitivamente il fatto che la cultura non ha una base biologica. Eppure il razzismo si è insinuato a tutti i livelli della vita sociale: negli atteggiamenti individuali e collettivi determinati da pregiudizi e stereotipi, come nelle politiche statali, macchiando la storia dell’umanità con l’infamia del razzismo di sfruttamento (leggi razziali in vigore nell’America del nord fino agli anni Sessanta e apartheid in Sudafrica), e del razzismo di sterminio (olocausto della Germania nazista). Il razzismo ha continuato la sua triste marcia fino ai giorni nostri. Attualmente in Italia l’antica diffidenza dei settentrionali nei confronti dei meridionali, è stata sostituita, dall’avversione nei confronti degli extracomunitari. La consistenza dei fenomeni migratori verso l’Europa e i timori suscitati dal terrorismo, accrescono in modo preoccupante il rifiuto nei riguardi dei diversi, in modo particolare degli islamici. Le nuove forme di razzismo, così come il permanere della vecchia e irrisolta mentalità antisemita, pongono al mondo occidentale il tragico problema della xenofobia e compromettono la tendenza biologica, storica e morale dell’umanità verso l’integrazione universale.
PAROLE CHIAVE Pregiudizio Giudizio espresso nei confronti di una persona o di un gruppo a priori, pr cioè indipendentemente dai fatti.
Stereotipo Immagine fissa e rigida costruita sulla base di informazioni false o incomplete, generalmente negativa.
Discriminazione Designa tutto ciò che limita l’azione ne di persone o gruppi sulla base di caratteristiche culturali, sociali, razziali, ecc.
Antisemitismo Avversione nei confronti della razza ebraica, sfociata in forme di persecuzione che sono giunte fino allo sterminio perpetrato dal regime nazista,
Apartheid Politica estremistica di discriminazione zione razziale perseguita dalle minoranze bianche nella repubblica repubblica Sudafricana e attuata con ogni mezzo, anche violento, ai danni della libertà e dei diritti civili civili degli indigeni di razza negra (dall’inglese apart “separato” e dall’olandese heit “condizione”).
Ghetto Zona o quartiere di una città in cui una minoranza si trova raggruppata raggruppata e isolata dal resto della popolazione.
Xenofobia Ostilità nei confronti degli stranieri e di tutto quello che proviene dall’estero dal (dal greco xenos “diverso, straniero” e fobia “paura”).
Posizione delle DIVERSE religioni Nell’induismo il senso di appartenenza etnica è particolarmente forte. Per molte correnti religiose, essere induista equivale a essere indiano, il che significa che chi non è indiano non può essere induista. Il buddhismo riconosce la necessità di salvaguardare la propria identità culturale e religiosa, religiosa, ma tutte le culture hanno pari dignità, e nessun uomo è superiore o inferiore a un altro.
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Il confucianesimo non riconosce una particolare importanza all’origine etnica. Questo fatto fat è particolarmente evidente se consideriamo il sincretismo giapponese, la mescolanza cioè di elementi religiosi diversi, per cui una persona può nascere confuciana, sposarsi cattolica tolica e morire buddhista. bu Il concetto di razza non ha senso perché si tratta di una religione tradizionalmente universalistica. universalistica. Anche l’ebraismo non attribuisce alcun valore al concetto di razza. Il concetto di popolo eletto non fa riferimento all’etnia, all’etnia dal momento che chiunque può convertirsi all’ebraismo. San Paolo,, nella prima lettera ai Corinti 12,13 richiama chiama all’unità delle nazioni, delle culture, delle razze e dei sessi:“In sessi: realtà tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo colpo”. La Chiesa è il segno della profonda unione degli uomini con Dio e questa unione è il suo primo fine spirituale: “Poiché la comunione ne tra gli uomini si radica nell’unione con Dio, la Chiesa è anche il sacramento dell’unità del genere umano. In essa tale unità è già iniziata ziata perché raduna uomini ‘di ogni nazione, razza, popolo e lingua’ (Ap 7,9) [...]“ (Catechismo della Chiesa cattolica, 775). Al n. 1935 il Catechismo cita la Gaudium et Spes che afferma l’uguaglianza tra gli uomini:”Ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della persona [...} in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o della religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio”. Infine è interessante notare come nel pensiero cristiano stiano sia inconcepibile la divisione tra le razze poiché le caratteristiche di appartenenza alla Chiesa derivano dalla nascita dall’alto non dalla nascita fisica,”dalI’acqua e dallo Spirito” come afferma Giovanni 3,3-5; il Popolo di Dio di cui ogni credente fa parte ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, non la cultura e la lingua di una nazione; la legge che accomuna comuna lo sforzo di ogni credente è l’amore come ha testimoniato lo stesso Gesù (Gv 13,34), legge ‘nuova’ dello Spirito Santo come viene definita in Romani 8,2.
La pena di morte o pena capitale è l’esecuzione di un uomo ordinata da un tribunale in seguito a una condanna. In genere viene comminata a persone che si sono macchiate di gravi reati, come l’omicidio o l’alto tradimento. Viene applicata solo in alcuni Stati.
LA PENA DI MORTE UNA VIOLAZIONE dei DIRITTI UMANI Secondo i dati forniti da Amnesty International, aggiornati a dicembre 2005:
►122 paesi hanno abolito la pena di morte de jure (per legge) o de facto; • in 86 paesi è stata abolita per ogni reato; • in 12 paesi è stata abolita tranne che per reati eccezionali (crimini di guerra); • in 24 paesi è stata abolita de facto perché da almeno 10 anni non si registrano esecuzioni; • 76 paesi mantengono in vigore la pena capitale e spesso eseguono le condanne a morte.
Nel 2005 il 94% delle esecuzioni è avvenuto in Arabia Saudita, Cina, Iran e Stati Uniti. Benché il numero dei Paesi che prevedono la pena di morte sia ancora molto alto, si può constatare che la tendenza a abolirla è ormai consolidata. Nel mese di aprile 2005, le Nazioni Unite hanno approvato la risoluzione 2005/59, che afferma il diritto alla vita e dichiara che l’abolizione della pena di morte è essenziale per la salvaguardia di questo diritto, aprendo la via alla condanna della pena di morte come violazione dei diritti umani. Infatti, la pena di morte non priva i condannati solo della vita, ma di molti altri diritti. Ovunque è applicata la pena di morte, è altissimo il rischio di mettere a morte un innocente: nel caso della pena capitale gli errori giudiziari sono irrimediabili. Nonostante le indicazioni del diritto internazionale anche i minorenni e i disabili mentali sono condannati a morte. Possiamo poi immaginare le condizioni fisiche e psichiche in cui vivono i condannati a morte, le dolorose agonie provocate dalle tecniche con cui vengono eseguite le condanne. In molti Paesi la pena di morte è uno strumento di repressione (nel 1995 in Nigeria Ken Saro Wiwa è stato giustiziato per essersi opposto allo sfruttamento del suo territorio da parte delle compagnie petrolifere); spesso è sinonimo di discriminazione (negli Stati Uniti, a parità di numero di bianchi e di neri assassinati, l’80% dei condannati a morte ha ucciso un bianco).
Nel corso del 2005 vi sono state 2148 esecuzioni, ed almeno altre 5186 persone sono state condannate a morte. Queste cifre riflettono solo i casi di cui Amnesty lnternational è venuta a conoscenza; le cifre reali sono certamente più alte, [,,,] Vari sono stati i metodi impiegati per l’esecuzione, tra cui l’impiccagione, il plotone d’esecuzione, l’iniezione letale e la decapitazione ”. Amnesty lnternational, Rapporto 2006, EGA editore, Torino 2006.
CHE COSA DICE LA LEGGE
PROBLEMI ETICI
La pena di morte è stata abolita nel 1948 dall’art 27 della Costituzione italiana “Non e ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra” La legge 589 del 1994 ne ha deciso I’abolizione anche dal Codice Penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra. Più di due secoli fa nel 1764 Cesare Beccaria, autore di Dei delitti e delle pene scrisse a proposito della pena di morte “Parmi un assurdo che le leggi che detestano e puniscono I’omicidio ne commettano uno esse medesime, e per allontanare i cittadini dall’assassinio ne ordinino uno pubblico”.
Il dibattito sulla liceità della pena di morte si articola intorno a due questioni: se la pena di morte sia giusta, e se sia utile. I sostenitori della pena capitale affermano che è giusta perché è utile, mentre coloro che ne chiedono l’abolizione affermano che sarebbe ingiusta anche se fosse utile, perché viola due diritti umani fondamentali: il diritto alla vita e il diritto a non essere torturati. In realtà il problema non si pone perché, con buona pace di tutti coloro che la invocano come unica forma di giustizia efficace, la pena di morte non serve assolutamente a niente! Studi e ricerche hanno dimostrato, infatti, che la pena di morte non ha nessun effetto deterrente: negli Stati Uniti il numero di omicidi negli Stati in cui è prevista la pena di morte è molto più alto di quelli in cui è stata abolita. Inoltre, poiché spesso i reati vengono commessi in momenti di rabbia o paura, sotto l’effetto di alcool o di droghe, è difficile immaginare che una persona colta da un raptus o ubriaca, si fermi a riflettere sul fatto che rischia di essere condannata a morte. Lo stesso discorso vale per i terroristi che, mossi da forti convinzioni ideologiche, non vacilleranno certo pensando alla pena di morte (magari mentre si imbottiscono di esplosivo).
Rimane lo spirito di vendetta o l’idea che la morte di chi ha commesso un crimine sia una forma di risarcimento. Ma oltre a non essere efficace da un punto di vista psicologico, la vendetta non può essere posta a fondamento di un sistema giuridico. La pena di morte è dunque una punizione inutile e crudele, che dimostra come in molti Paesi sia più importante dimostrare che si sta combattendo contro la criminalità con atti plateali, piuttosto che adottare serie misure di prevenzione e oneste forme di punizione, che prevedano il recupero di chi ha commesso un reato, come dovrebbe succedere in tutte le società civili.
PAROLE CHIAVE Pena di morte Metodi diversi vengono impiegati per le esecuzioni: la sedia elettrica, elettri l’iniezione letale, l’impicca l’impiccagione, il plotone di esecuzione, la decapitazione.
Assicurazioni diplomatiche Sempre più frequenti sono i casi di estradizione di persone sospettate sospetta di terrorismo verso Paesi accusati accu di violare i principi fondamentali tali della dignità della persona. Sulla base di fragili assicurazioni diplomatiche, cioè di garanzie fasulle sul rispetto dei diritti umani, alcuni governi europei e nord americani, in particolare gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Canada e i Paesi Bassi, Bass espongono i colpevoli, voli, o presunti tali, a gravi rischi di torture o maltrattamenti. In tale modo questi Paesi subappaltano la tortura, salvando la faccia.
Tortura Metodo di coercizione fisica o psicologica, psicologica, inflitta per lo più con il fine di punire o di estorcere delle informazioni o delle confessioni, spesso accompagnata dall’uso di strumenti particolari ticolari atti a infliggere inflig punizioni corporali.
Posizione delle DIVERSE religioni La pena di morte non è contestata come espressione della legge, ma è fortemente criticata ta perché nessuno ha il diritto di togliere la vita a un essere vivente Il buddhismo non impone nessuna regola formale. Tra i cinque precetti (Sila) contenuti nell’insegnamento del Buddha, il primo dice di astenersi dal togliere la vita e dal far soffrire soffrire inutilmente ogni essere vivente. Poiché gli uomini sbagliano per ignoranza e non per cattiveria, non devono essere puniti ma educati. educati .
Non esiste una forma di condanna esplicita e ufficiale della pena di morte, come del resto re in nessuna religione. Al contrario di ciò che molti credono, l’islam non è un sistema di leggi sanguinarie. Il CORANO infatti parla di pena di morte solo per casi gravissimi, come la difesa sa della società (Legge ( del Taglione, surah 11,178). La surah XVII, 33 afferma che non si deve eccedere nella vendetta. La Sharìa, Sharìa il complesso di norme religiose, giuridiche ridiche e sociali fondate sulla dottrina coranica, prevede la pena di morte solo in tre casi: omicidio di un islamico, adulterio di una donna islamica sposata, bestemmia contro Allah. L’ebraismo ebraismo prevede la pena di morte, contemplata dalla fatto la pena di morte non viene ammessa.
Torah, ma le condizioni zioni applicative risultano così restrittive che di
Il cristianesimo ortodosso ammette la pena di morte solo come legittima difesa dello Stato. Il cristianesimo protestante pro è diviso pro o contro a seconda delle Chiese di appartenenza. apparte A proposito del cattolicesimo,, per correttezza storica, va detto che nei territori del vecchio Stato to Pontificio vigeva la pena di morte, morte, che è rimasta formalmente in vigore all’interno delle mura dello del Stato della Città del Vaticano fino al 1969 (benché non venisse applicata), applicata), anno in cui è stata ufficialmente abolita. In generale non bisogna mai dimenticare menticare che le religioni si rivolgono agli uomini tenendo conto della loro cultura, che si modifica nel corso della storia. Se per gli uomini a cui si rivolgeva l’Antico Testamento la pena di morte era normale, come testimoniano testimo le leggi mosaiche che la prevedono (Es 21,12-17,23-25; 21,12 Lv 24,17; Nm35,1), in seguito la Chiesa cattolica prese le distanza dalla pena di morte, rifacendosi a Gesù stesso, stesso, che si è sempre dichiarato contro la violenza e a favore del perdono di ogni peccatore. La mancata aperta condanna ndanna è motivata dalla volontà di non entrare nel merito delle singole legislazioni, legi ma il richiamo al perdono e a misure alternative hanno in realtà proprio il senso di una condanna. Leggiamo ciò che dice Giovanni Paolo Il nell’Evangelium Vitae:: “C’è nella Chiesa, come nella società civile, una crescente cente tendenza che ne chiede un‘applicazione ‘applicazione assai limitata e anzi una totale abolizione {.. .1. La pena che la società infligge «ha come primo scopo sco di riparare il disordine introdotto dalla colpa». [...] In tal modo l’autorità ottiene anche lo scopo di difendere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone, non senza offrire allo stesso stesso reo uno stimolo e un aiuto a correggersi e redimersi. [...] La misura e la qualità della pena {.. .J non devono giungere giungere alla misura estrema della soppressione del reo, se non in casi di assoluta necessità. [...] Oggi però [...} questi casi sono ormai molto rari, se non addirittura addirittura praticamente inesistenti [...J i mezzi incruenti sono sufficienti [...] meglio rispondentii alle condizioni concrete, [...] alla dignità della persona umana” (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 56). Nel Catechismo della Chiesa cattolica si propone allo Stato di utilizzare i mezzi incruenti quali li il carcere e l’ergastolo per punire chi commette gravi crimini.”Difendere il bene comune della della società esige che si ponga l’aggressore in stato di non nuocere. {. . .} L’insegnamento tradizionale zionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, pevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi mezz poiché essi sono meglio rispondenti denti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona perso umana. (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2266-2267). 2266