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BMB: come produrre capsule per caffè in resine naturali compostabili La tecnologia al servizio dell’impegno responsabile
Il ruolo delle macchine eKW full-electric di BMB nello stampaggio dei polimeri compostabili per uso alimentare. La produzione di articoli plastici partendo da materiali ottenuti da fonti rinnovabili, che risultano appunto biodegradabili e compostabili. È quanto ha raccontato Lucio Strappazzon di BMB nel corso di uno dei webinar che anticipavano l’arrivo della mostra-convegno Greenplast, la cui onda lunga d’interesse non si è ancora ritirata
DI ERMANNO PEDROTTI E LUCA MEI
“Ce l’ho fatta, saremo ricchi!”. Così cominciava la lettera che, un giorno del lontano 1895, King
Camp Gillette, commesso viaggiatore di
Chicago, scrisse alla moglie che era fuori città per una visita ai parenti. Quel giorno l’inventore del rasoio monouso pensava di aver raggiunto l’obiettivo della sua vita: fare soldi creando qualcosa di nuovo.
In realtà aveva fatto molto di più: aveva inventato un nuovo modo di produrre, di vendere e di consumare. Il sistema “usa e getta”.
Da allora sono passati 127 anni e il suo metodo è stato applicato a migliaia di casi: dai fazzoletti di carta alle lenti a contatto, dalle macchine fotografiche agli orologi e, ultime in ordine di tempo, alle capsule per caffè. Certo è che nel 1895 non v’era traccia di un tale che di nome faceva Kenneth Boulding (1910-1993), il quacchero che introdusse l’ecologia in economia. “Cowboy o astronauti? Praterie sconfinate o piccola navicella spaziale? Dobbiamo comportarci con l’attenzione dell’astronauta”, scriveva l’economista americano, “perché, in fondo, la Terra non è che una piccola navicella spaziale nell’universo e, a distanza di tanti anni, la navicella Terra è sempre più sgangherata e impoverita”.
L’impegno responsabile… anche nelle capsule per il caffè
A proposito di capsule per il caffè, subito dopo avere iniziato nel 1975 la sua carriera d’ingegnere nel reparto packaging della sede svizzera di Nestlé, Eric Favre, come Gillette, era convinto dell’importanza d’inventare qualcosa di rivoluzionario che potesse essere venduto su larga scala. Leggenda vuole che un giorno Favre e sua moglie, italiana, fossero a Roma presso il Caffè Sant’Eustacchio, dove i romani fanno la fila per bere una tazza di caffè espresso del barista Eugenio. “Grazie a Eugenio ho capito che per ottene-

re un buon caffè è necessario immettere la massima quantità d’aria nell’acqua prima che entri in contatto con il caffè”, avrebbe poi commentato Favre. “L’aria ha il 20% di ossigeno. In questo modo gli aromi e gli oli essenziali sono ossidati e possono essere estratti più rapidamente”. Da lì l’illuminazione e, dopo aver svolto un ruolo chiave nella creazione della capsula Nespresso originale, nel 1991 Favre fondò in Svizzera la propria società: Monodor. E vai con l’usa e getta “à gogo” di capsule per caffè espresso. Oggi, però, se vogliamo in ossequio a Boulding, per fortuna sono disponibili resine naturali biocompostabili come soluzione all’invasione di quei rifiuti. E in quest’ambito il costruttore italiano di presse a iniezione BMB ha tanto da dire. Cosa che è puntualmente avvenuta nel quarto webinar organizzato da Promaplast per promuovere la mostra-convegno Greenplast, tenutasi a Fiera Milano all’inizio dello scorso maggio. “Voglio iniziare questo mio intervento additando il fenomeno del greenwashing”, ha esordito Lucio Strappazzon, sales area manager dell’azienda bresciana BMB, “che è quell’ecologismo di facciata, con finalità d’interesse, adottato da alcune imprese al solo scopo di apparire sostenibili e ambientaliste, mentre in realtà gli obiettivi perseguiti sono ben diversi, facendo passare come eco-friendly prodotti e processi produttivi che non sono esattamente tali. In tal senso, mi preme ricordare che l’immissione di CO2 nell’ambiente è il vero strumento di misura per calcolare l’ecosostenibilità di un prodotto e del suo riciclo”. Dopo aver ricordato che l’azienda bresciana è attiva sin dal 1967 nel campo delle presse a iniezione e che, ad oggi, ha una dimensione produttiva di circa 400 macchine l’anno, per la maggior parte elettriche e ibride, Strappazzon è entrato nel merito di quelle full-electric usate nella lavorazione dei polimeri naturali biocompostabili e lo ha fatto illustrando una soluzione realmente eco-friendly, nata ad hoc per lo stampaggio e il confezionamento appunto di capsule per caffè, che BMB ha poi fisicamente esposto a Greenplast. “In figura 1 è raffigurato il viaggio circolare del caffè, oggi possibile grazie all’uso delle capsule biocompostabili”, ha spiegato Strappazzon. “Nel senso che il prodotto è stato sviluppato con finalità di autodecomposizione in un massimo di sei mesi nelle normali compostiere domestiche per rifiuti organici, dove non si generano microplastiche post compostaggio e il cui compost può essere usato come fertilizzante per l’orto di casa, o per i fiori in vaso. Senza scordare che l’uso di resine naturali biocompostabili riduce la produzione di fertilizzanti chimici, con conseguenti positive ricadute in termini di CO2, come pure riduce i consumi energetici e le relative immissioni sempre di CO2 a seguito sia del mancato ricorso ai mezzi di

Lucio Strappazzon, sales area manager di BMB
Fig. 1 - Il viaggio circolare del caffè

Strato esterno (materiale di rivestimento miscelato con il 5% in peso di agente adesivo)
Strato barriera (EVOH dal 5 al 10%)

Fig. 2 - La tecnologia BMB è in grado di conferire proprietà barriera sia all’ossigeno sia all’umidità Strato interno (materiale di rivestimento miscelato con il 5% in peso di agente adesivo)
trasporto per la raccolta dell’umido sia del mancato uso dell’energia necessaria al riciclo industriale”. Il sales area manager di BMB ha poi menzionato, rapidamente e per sommi capi, tre altri benefici dell’uso dei polimeri biocompostabili in tale ambito… e cioè: elevata shelf life (12-18 mesi); riduzione degli sprechi, dato che con shelf life inferiori è dimostrato l’elevato sperpero di materiali, con conseguenti costi più elevati; inesistenza di packaging esterno, dato che la tecnologia BMB conferisce, di suo, una barriera sia all’ossigeno sia all’umidità (vedi figura 2). “Il primo punto (elevata shelf life) sta a indicare che la qualità del caffè contenuto nella capsula rimane perfetto fino a 12 mesi, mentre dal 12° al 18° mese inizia un leggero deterioramento nell’aspetto gusto-olfattivo, se vogliamo, ma quasi impercettibile. Quindi, per quasi un anno e mezzo il contenuto nella capsula rimane perfetto”, ha tenuto a precisare Strappazzon prima di ricordare che sul mercato esistono altre tipologie di capsule per caffè biodegradabili, ma che: “Tali prodotti non sono realizzati in coiniezione e, quindi, presentano un livello inferiore di barriera all’ossigeno”. Leggasi: questi altri prodotti richiedono un packaging supplementare per una conservazione adeguata. “Fin qui si è detto che la shelf life viene determinata principalmente dalla barriera che si riesce a creare all’interno della capsula, la quale, a sua volta, riduce la trasmissione dell’ossigeno e tiene al di fuori l’umidità. Vero, ma ciò non basta”, ha poi proseguito Strappazzon. “La qualità è un’altra cosa e qui riguarda il processo completo, dove, dalla pressa che fa la capsula in resina biocompostabile, si passa direttamente al riempimento e al confezionamento del caffè. Non ci sono pause, non c’è immagazzinaggio, ma si ha una produzione diretta dell’articolo”.
La pressa eKW full electric energy saving
Il costruttore bresciano produce macchine elettriche fin dagli inizi degli Anni Duemila e, da subito, ha affrontato la questione senza particolari titubanze e/o défaillance. Questo perché vent’anni fa BMB era già introdotta nel mondo degli articoli plastici a parete sottile, utilizzati tipicamente nel packaging. “Abbiamo approcciato già allora questa tipologia di presse con estrema professionalità, scegliendo fin da subito motori torque con accoppiamento diretto alla vite di plastificazione, motori brushless collegati a viti con ricircolazione di rulli satellite per l’apertura, la chiusura e l’estrazione rapida e precisa dei pezzi stampati”, ha ricordato Strappazzon. “E, ancora, optando per attuatori in bagno d’olio raffreddati a liquido, per garantire affidabilità e rispetto per l’ambiente, oli “food-grade” per la lubrificazione, recupero d’energia di frenata e controllo CNC, che ha fatto la differenza rispetto ad altri prodotti”. Riguardo proprio al CNC della eKW full-electric energy saving, usata per produrre le capsule in resina naturale biocompostabile, il sales area manager di BMB ha precisato che il software in esso contenuto s’è mostrato fondamentale per il governo della camera calda, che, in questo caso, è chiamato a una coiniezione di altissimo livello prestazionale. “Grazie al sistema CNC che governa gli azionamenti di questa macchina full-electric, possiamo gestire tutti i parametri dei profili d’iniezione dei due iniettori (figura 3) adeguando velocità e tempi alla perfetta sincronia necessaria alle tre fasi d’apertura degli otturatori della camera calda”, ha aggiunto Strappazzon. Alle note del sales area manager di BMB può essere utile aggiungere che, per realizzare le capsule in polimero biocompostabile, servono elevate pressioni (circa 2000 bar), velocità d’iniezione nell’ordine dei 400 mm/s, un più che perfetto controllo di posizione e apertura degli ugelli per ben suddividere in tre fasi la produzione della capsula: apertura totale dell’iniettore sulle pareti esterne; chiusura al 50% e iniezione alla massima velocità del PVOH; processo congiunto dei due iniettori. Un’altra nota di merito che esalta la valenza del made in Italy di questa tecnologia è quella che vede l’azienda veneta Piovan impegnata a risolvere le questioni inerenti alla deumidificazione, che deve avvenire a 60°C per quattro ore. Infine, come ha ricordato in chiusura Lucio Strappazzon: “I parametri di deumidificazione dei dryer sono integrati e gestiti nel controllo della pressa via OPC-UA, in un’ottica di Industria 4.0”.
Materiale di rivestimento (skin) miscelato con il 5% in peso di agente adesivo
