Copertina Invito a Teatro 2013-14_Copertina Invito a Teatro 2013-14 02/10/13 21:17 Pagina 2
Cultura
Stagione Teatrale 2013/2014
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Dove abbonarsi
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Come funziona
9
Calendario spettacoli
13 -18
CRT Milano /Centro Ricerche Teatrali
23
Elfo Puccini
31
Oscar - PACTA . dei Teatri
41
Piccolo Teatro di Milano
49
Teatro Arsenale
57
Teatro Carcano
63
Teatro della Cooperativa
69
Teatro Franco Parenti
79
Teatro i
87
Teatro Leonardo da Vinci - Quelli di Grock
93
Teatro Libero
101
Teatro Litta
109
Teatro Martinitt
119
Teatro Menotti
127
Teatro Out Off
135
Teatro Ringhiera / Atir
143
Teatro Sala Fontana
151
Teatro Verdi
159
Ideazione e realizzazione Srl Concessionaria di pubblicitĂ per Teatri e Spettacoli
Via Garofalo,31 20133 Milano Tel 02 2046933 - 77 Fax 02 2043493
info@lasrl.com
Coordinamento Luciano Attolini
Pubblicato nel mese di Ottobre 2013
Distribuzione gratuita
Redazione Roberto Attolini Progetto grafico A+G AchilliGhizzardiAssociati Impaginazione Aldo Cristalli
Carta LumiSilk gr.115 e gr.200 Stampa Intigraf Srl
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Sommario
Presentazione
"Nell’arte è impossibile restare fermi: o si va avanti, o si va indietro. Le forze interiori diventano sempre più robuste e, crescendo, cercano sempre nuove vie per esprimersi in azione creativa" Le parole di Konstantin Stanislavskij, uno dei più grandi uomini di Teatro dell'ultimo secolo, sintetizzano perfettamente la ragione dell'importanza di Invito a Teatro, un'iniziativa che da oltre 30 anni coinvolge decine di migliaia di persone, cittadini della Grande Milano e dell'intera area metropolitana meneghina. La Provincia, in questi anni di crisi senza precedenti per i bilanci pubblici (e per quelli culturali), è riuscita non solo a mantenere Invito a Teatro, ma persino a farlo crescere. Gli spettatori, infatti, potranno scegliere quest'anno tra 18 Teatri di produzione, incluso lo storico Teatro Martinitt, che accogliamo con grande piacere nel novero delle sale che offriranno la visione di spettacoli a prezzi decisamente vantaggiosi. Questa Amministrazione, inoltre, conferma anche quest'anno Invito a Teatro in Provincia, la rassegna che propone il meglio della produzione delle giovani compagnie attive nei Comuni della provincia. Possiamo quindi affermare con orgoglio che siamo riusciti a mantenere inalterata la proposta teatrale della Provincia di Milano e riproporre ai nostri cittadini la magia del Teatro, una forma d'arte che interroga la parte più intima dell'uomo, aprendolo al desiderio di bellezza e di fruizione culturale. Il Teatro apre a ciascuno di noi panorami ancora inesplorati, quelli del sapere e del conoscere, magicamente rinnovati e trasfigurati nella trama teatrale.
Guido Podestà Presidente della Provincia di Milano
Novo Umberto Maerna Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano
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Librerie
Provincia di Milano c/o
Biglietteria online Teatri per Milano vendite online su
Spazio Oberdan
viale Vittorio Veneto,2 tel. 02 77406316
www.teatripermilano.it
Biglietteria telefonica vendite carnet con carta di credito c/o
Teatro Elfo Puccini
Tel. 02 00660606
Centofiori piazzale Dateo,5 tel. 02 7381670
Del Convegno via Lomellina,35 tel. 02 743556
Egea via Bocconi,8 tel. 02 58362278
Altri luoghi
Università Cattolica del Sacro
Scuola Quelli di Grock via E. Muzio,3 tel. 02 66988993
Ufficio Comunicazione
largo A. Gemelli,1 palazzina uffici, piano terra tel. 02 72342950
ScenAperta - Altomilanese Teatri c/o Biblioteca Civica A. Marinoni via Cavour,3a - Legnano (MI) tel. 0331 1613482 tel. 329 7775140
I Carnet sono inoltre in vendita presso i Teatri che aderiscono all’iniziativa CRT Milano /Centro Ricerche Teatrali , Elfo Puccini, Oscar - Pacta . dei Teatri, Piccolo Teatro di Milano, Teatro Arsenale, Teatro Carcano, Teatro della Cooperativa, Teatro Franco Parenti, Teatro i , Teatro Leonardo da Vinci, Teatro Libero, Teatro Litta, Teatro Martinitt, Teatro Menotti, Teatro Out Off, Teatro Ringhiera/Atir, Teatro Sala Fontana e Teatro Verdi.
Informazioni
Provincia di Milano Settore Cultura e Beni Culturali viale Vittorio Veneto,2 - 20124 Milano tel. 02 77406384 / 6329
nei seguenti orari: da lunedì a giovedì 9,00 -13,00 e 14,00 -17,00 venerdì 9,00 -13,00
www.invitoateatro.provincia.milano.it
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Dove abbonarsi
Dove abbonarsi
Biglietterie
Invito a Teatro è un’iniziativa promossa dalla Provincia di Milano/Settore Cultura e Beni
Culturali, che giunge alla sua 35 a edizione confermando il successo di questa particolare formula di abbonamento trasversale grazie alla quale è possibile scegliere 8 spettacoli ( in 8 teatri diversi ) tra gli 89 complessivamente proposti per la stagione 2013/2014 dai 18 teatri aderenti all’iniziativa. I teatri di produzione che partecipano a Invito a Teatro sono: CRT Milano/Centro Ricerche Teatrali, Elfo Puccini, Oscar - Pacta . dei Teatri, Piccolo Teatro di Milano, Teatro Arsenale, Teatro Carcano, Teatro della Cooperativa, Teatro Franco Parenti, Teatro i, Teatro Leonardo da Vinci, Teatro Libero, Teatro Litta, Teatro Menotti, Teatro Out Off, Teatro Ringhiera/Atir, Teatro Sala Fontana, Teatro Verdi e per la prima volta Teatro Martinitt. Istruzioni per l’uso • Ogni carnet, in vendita a 76 euro, è costituito da diciotto tagliandi, uno per ciascun teatro, sui quali sono riportati gli spettacoli, le date delle rappresentazioni e le modalità di prenotazione. Il prezzo del carnet include la prenotazione.
• I tagliandi possono essere utilizzati per ogni rappresentazione compresa nel periodo indicato, a discrezione di ciascun teatro potranno essere escluse le “prime” e le repliche straordinarie. • Il carnet dà diritto al posto in platea, se disponibile al momento della prenotazione o, in alternativa, per i teatri con galleria, al posto in galleria. Sono escluse le poltronissime. Si avverte che in alcuni teatri tale ordine di posti può variare. • Per ritirare il biglietto è necessario recarsi alla cassa del teatro con l’abbonamento. • In caso di soppressione di uno spettacolo, il possessore del carnet può assistere ad un altro spettacolo indicato dal teatro stesso. • E’ consigliabile usufruire dei tagliandi nei primi giorni o settimane di programmazione dello spettacolo. • La programmazione potrà modificarsi in relazione ad eventuali cambiamenti apportati al cartellone dei singoli teatri. Si consiglia, a garanzia degli abbonati, di consultare i quotidiani per le date esatte di programmazione. • In caso di furto o smarrimento il carnet non potrà essere sostituito. • L’abbonamento potrà essere utilizzato fino al 15 luglio 2014. I tagliandi non fruiti non potranno essere utilizzati per la stagione successiva. Promozioni per gli abbonati • Una volta utilizzato il tagliando di un teatro, gli abbonati potranno usufruire di uno sconto del 30% sui restanti spettacoli proposti dal teatro, presentando il carnet alla cassa del teatro. • Gli abbonati che avranno utilizzato tutti gli 8 tagliandi, potranno usufruire di uno sconto del 30% su tutti i rimanenti spettacoli inseriti nell’abbonamento presentando il carnet alle casse dei teatri. Il carnet di Invito a Teatro consente di usufruire di numerose promozioni riservate agli abbonati consultabili sul sito: www.invitoateatro.provincia.milano.it
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Come funziona
Invito a Teatro 2013 / 2014
CRT Milano / Centro Ricerche Teatrali
progetto La trilogie des îles tre storie di vendetta, perdono, amore e libertà ideate, adattate e dirette da Irina Brook dal 20 al 23 novembre 7 e 8 dicembre “L’ île des esclaves” di Pierre Marivaux 24 novembre 1, 7 e 8 dicembre “Une odyssée” tratto da Omero dal 26 al 30 novembre 4, 5 e 6 dicembre “Têmpete !” tratto da William Shakespeare
OSCAR - PACTA . dei Teatri
ELFO PUCCINI sala Shakespeare dal 18 ottobre al 10 novembre “Frost / Nixon” di Peter Morgan traduzione di Lucio De Capitani uno spettacolo di F. Bruni e E. De Capitani sala Shakespeare dal 7 al 29 dicembre “Alice Underground” da Lewis Carroll uno spettacolo scritto, diretto e illustrato da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia sala Shakespeare dal 10 gennaio 2 febbraio “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller traduzione di Masolino D’Amico regia di Elio De Capitani sala Fassbinder dal 5 al 23 marzo “Cassandra” da Christa Wolf traduzione di Anita Raja regia, video, scene e costumi di Francesco Frongia sala Shakespeare dal 29 aprile al 18 maggio “La discesa di Orfeo” di Tennessee Williams traduzione di Gerardo Guerrieri drammaturgia e regia di Elio De Capitani
dall’ 8 al 24 novembre (esclusi 12,15 e 16 novembre)
“Lettere di Lucille D.” Vita immaginaria e morte pubblica di Lucile Desmoulin da La morte di Danton di Georg Büchner drammaturgia e regia di Paolo Bignamini dal 29 novembre al 15 dicembre e dal 17 al 22 giugno “ CATS e altri gatti pratici... dei Navigli ! “ da T.S. Eliot/Sanesi drammaturgia e regia di Annig Raimondi coreografia di Monica Cagnani dal 12 al 16 febbraio “La terra desolata“ (The waste land) di T.S. Eliot traduzione di Roberto Sanesi regia e con Annig Raimond dal 18 febbraio al 2 marzo “Cocktail Party“ di T.S. Eliot traduzione di M. Teresa Petruzzi regia di Annig Raimondi dal 5 al 13 aprile “L’Isola dei rifatti” Omaggio al Grand Giuignol testo e regia di Virginio Liberti
dall’ 8 al 25 maggio “ LE REGINE. Elisabetta sala Fassbinder vs Maria Stuarda” dal 3 al 21 giugno da Maria Stuarda “Lola che dilati la camicia” di Friedrich Schiller dall’autobiografia di Adalgisa Conti drammaturgia di Paolo Bignamini a cura di Luciano Della Mea regia di Alberto Oliva drammaturgia di M.Baliani C. Crippa e A. Ghiglione regia di Marco Baliani 13
Stagione teatrale 2013 / 2014
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Stagione teatrale 2013 / 2014
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PICCOLO TEATRO DI MILANO
TEATRO ARSENALE
TEATRO CARCANO
al Teatro Giorgio Strehler dal 30 gennaio al 1° marzo “Celestina” Celestina laggiù vicino alle concerie in riva al fiume di Michel Garneau da Fernando de Rojas traduzione di Davide Verga regia di Luca Ronconi
dal 12 al 24 novembre “Nella giungla della città” di Bertolt Brecht traduzione di Paolo Chiarini adattamento e regia di Marina Spreafico
dal 14 al 24 novembre “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello regia di Giulio Bosetti
al Teatro Paolo Grassi dal 13 marzo al 6 aprile “Pornografia” di Witold Gombrowicz traduzione di Vera Verdiani regia di Luca Ronconi al Teatro Giorgio Strehler dal 22 maggio al 1° giugno “Blondi” di Massimo Sgorbani regia e progetto scenografico di Renzo Martinelli
dal 10 al 26 gennaio “Preferirei di no” Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini di Riccardo Mini dal testo di Giorgio Boatti regia di Valentina Colorni dal 19 al 24 febbraio “La lezione di musica e Solve et Coaugula” Un viaggio nella musica libretto di Marco Beasley musiche di Guido Morini altri testi e regia di Marina Spreafico dal 2 al 15 luglio “Hell screen” Racconto d’inferno di Ryunosuke Akutagawa adattamento e regia di Kuniaki Ida
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9 dicembre “L’infinito Giacomo” Vizi e virtù di Giacomo Leopardi Ritratto inedito del poeta attraverso le sue opere drammaturgia e regia di Giuseppe Argirò dal 24 gennaio al 2 febbraio “La coscienza di Zeno” di Tullio Kezich dal romanzo di Italo Svevo regia di Maurizio Scaparro
io ”
TEATRO DELLA COOPERATIVA
TEATRO FRANCO PARENTI
TEATRO i
dal 20 novembre al 1° dicembre “Io Santo, tu Beato !” testo e regia di Renato Sarti in collaborazione con Bebo Storti
sala Tre dal 4 al 19 dicembre “Niente più niente al mondo” di Massimo Carlotto spazio scenico e regia di Fabio Cherstich
dal 16 al 28 ottobre “Ultima notte Mia.” Mia Martini. Una vita. un monologo di Aldo Nove progetto e regia di Michele De Vita Conti
sala AcomeA dal 19 febbraio al 2 marzo “Enigma Moro” liberamente ispirato all’opera letteraria L’Affaire Moro di Leonardo Sciascia testo e regia di Roberto Trifirò
dal 21 novembre al 9 dicembre “Solo di me. Se non fossi stata Ifigenia sarei Alcesti o Medea.” di Francesco Garolla regia di Renzo Martinelli
dal 4 al 16 febbraio “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco regia di Marco Rampoldi dal 25 febbraio al 9 marzo “Otello Spritz“ da William Shakespeare adattamento di Renato Sarti in collaborazione con Bebo Storti regia di Renato Sarti dal 25 al 30 marzo “La gabbia (figlia di notaio)“ di Stefano Massini regia di Renato Sarti
sala Tre dal 6 al 23 marzo “Peperoni difficili” La verità chiede di essere conosciuta testo e regia di Rosario Lisma
dal 5 al 17 maggio “The great disaster“ di Patrick Kermann traduzione di Matthieu Pastore regia di Renato Sarti
sala Grande dal 23 marzo al 6 aprile “Gli innamorati” di Carlo Goldoni regia di Andrée Ruth Shammah
dal 19 al 25 maggio “Nudi e crudi” The clothes stood they up in di Alan Bennett traduzione e adattamento di Edoardo Erba regia di Marco Rampoldi
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dal 17 gennaio al 3 febbraio “I giorni fragili di Adamo ed Eva” di e con Alberto Astorri e Paola Tintinelli collaborazione drammaturgica di Simone Faloppa
Stagione teatrale 2013 / 2014
pardi raverso
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Stagione teatrale 2013 / 2014
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TEATRO LEONARDO DA VINCI
TEATRO LIBERO
TEATRO LITTA
dal 29 novembre al 1° gennaio
dal 25 ottobre al 4 novembre “Io, Ludwig van Beethoven” progetto, con e regia di Corrado d’Elia
dal 12 al 21 novembre e dal 26 novembre al 1° dicembre “Il bugiardo ” di Carlo Goldoni riduzione e drammaturgia di Carlo Roncaglia e Emiliano Poddi regia di Carlo Roncaglia
(escluso il 31 dicembre)
“L’avaro” da Molière traduzione e adattamento di Valeria Cavalli regia di V. Cavalli e C. Intropido dal 14 al 26 gennaio “Fuori misura” (il Leopardi come non ve l’ha mai raccontato nessuno) di Valeria Cavalli regia di V. Cavalli e C. Intropido dall’11 al 23 febbraio “C’era una volta un re” di e regia Gianfelice Facchetti dall’11 al 20 marzo al Teatro Leonardo da Vinci dal 15 al 17 maggio al Teatro Franco Parenti “Il barbiere di Siviglia” da Pierre-Augustin Caron de Beaumerchais regia di Susanna Baccari e Claudio Orlandini
dal 13 al 26 novembre “Macbeth Inferno” da William Shakespeare progetto e regia di Corrado d’Elia dal 12 al 30 dicembre “Le nozze dei piccolo borghesi” di Bertolt Brecht regia di Corrado d’Elia dal 14 maggio al 1°giugno “Per soli uomini” di Massimo Sgorbani regia di Corrado d’Elia e Massimo Sgorbani dal 27 giugno al 15 luglio “Non chiamatemi maestro” Un omggio a Giorgio Strehler progetto, con e regia di Corrado d’Elia
dal 4 aprile al 12 maggio “La trilogia della villeggiatura” da Carlo Goldoni adattamento e regia di Valeria Cavalli e Claudio Intropido
dal 10 al 30 dicembre e dal 7 al 10 gennaio “Sinceramente bugiardi” di Alan Ayckbourn traduzione di Luigi Lunari regia di Antonio Sixty dal 21 gennaio al 16 febbraio “Enrico IV“ di Luigi Pirandello regia di Alberto Oliva dal 25 febbraio al 16 marzo “Coltelli nelle galline” di David Harrower regia di Antonio Sixty dal 1° al 13 aprile “Gli straccioni” di Tiziano Scarpa regia di Carlo Roncaglia dal 16 giugno al 5 luglio “Confidenze troppo intime” di Jérome Tonnerre traduzione di David Conati regia di Antonio Syxty
dal 5 al 14 giugno “A Parole ” di e con Debora Virello regia di Susanna Baccari
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oddi
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TEATRO MARTINITT
TEATRO MENOTTI
TEATRO OUT OFF
dal 17 ottobre al 3 novembre “Una ricetta per single” di Cinzia Berni regia di Roberto Marafante
dal 10 al 20 ottobre “All’ombra dell’ultimo sole” Parole e Musica per Fabrizio De André di Massimo Cotto regia di Emilio Russo
dal 20 novembre al 22 dicembre “Prodigiosi deliri” ispirato agli studi di Sigmund Freud di Lorenzo Loris, Mario Sala e Roberto Traverso regia di Lorenzo Loris
dal 7 al 24 novembre “Solo sei bottiglie” di Federico Basso regia di Roberto Marafante dal 19 al 29 dicembre e dal 2 al 5 gennaio “Due mariti e un matrimonio” testo e regia Roberto Marafante
o
me”
dal 9 al 26 gennaio “Il padre dello sposo” di Gianluca Tocci regia di Gianni Corsi dal 20 febbraio al 9 marzo “Come tre aringhe” di Marco Falaguasta e Mauro Graiani regia di Marco Falaguasta dal 24 aprile all’11 maggio “Morti dal ridere” di Sergio Viglianese, Gloria Vigorita e Sergio Mancini scene, costumi e regia di Pascal La Delfa
dal 7 novembre al 1° dicembre “Don Chisciotte-Opera Pop” da Miguel De Cervantes adattamento e regia di Emilio Russo dal 5 al 30 dicembre “Agnes Browne” liberamente ispirato ai romanzi di Brendan O’Carrol drammaturgica e regia di Emilio Russo dal 9 al 26 gennaio “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams traduzione di Gerardo Guerrieri regia di Arturo Cirillo dal 6 al 18 maggio ”Il tramonto sulla pianura” di Guido Conti drammaturgia e regia di Emilio Russo dal 5 al 22 giugno “BenniSuite” da Stefano Benni drammaturgia e regia di Emilio Russo
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dal 14 gennaio al 2 febbraio “Vera vuz” di Edoardo Erba regia di Lorenzo Loris dal 4 al 23 febbraio “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello uno spettacolo di Sandro Mabellini dal 25 febbraio al 2 marzo “Io sono Sara Kane” drammaturgia e regia di Paolo Schierani dal 12 al 30 marzo “Il Giocatore” di Fedor Dostoevskij adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni regia di Alberto Oliva dal 7 maggio al 1° giugno “Affabulazione” di Pier Paolo Pasolini regia di Lorenzo Loris
Stagione teatrale 2013 / 2014
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Stagione teatrale 2013 / 2014
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TEATRO RINGHIERA
TEATRO SALA FONTANA
TEATRO VERDI
dal 10 al 27 ottobre “Ribellioni possibili” di Luis Garcìa-Araus e Javier Garcìa Yague regia di Serena Sinigaglia
dal 15 gennaio al 2 febbraio “L’uomo, la bestia e la virtù” di Luigi Pirandello regia di Monica Conti
dall’8 al 12 ottobre “Notturno Verdi” testo e regia di Renata Coluccini
dal 16 gennaio al 2 febbraio “Italia anni dieci” di Edoardo Erba regia di Serena Sinigaglia
dal 25 febbraio al 2 marzo “Sunset Limited” di Cormac McCarthy regia di Fabio Sonzogni
dal 27 febbraio al 9 marzo “Eros e Thanatos” di e regia Serena Sinigaglia consulenza ai testi classici M. Treu e M. Giovannelli
dal 27 al 30 marzo “Giovanna d’Arco” di Maria Luisa Spaziani regia di Andrea Chiodi
dal 13 al 22 marzo “Chi sei tu ?” di e regia Gabriele Vacis ascolto e scritture di Antonia Spalviero dal 27 marzo al 6 aprile “Yerma” di Federico Garcìa Lorca adattamento e regia di Carmelo Rifici
dal 15 al 25 maggio “Il mio nome è Milly” Ritratto di una diva, tra guerre, prìncipi, pop e varietè di e con Gennaro Cannavacciuolo scene, costumi e regia di Ivan Stefanutti dal 5 al 22 giugno “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello regia di Roberto Trifirò
dall’8 al 18 maggio “Alla mia età mi nascondo ancora per fumare” di Rayhana traduzione di Mariella Fenoglio regia di Serena Sinigaglia
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dal 28 novembre al 1° dicembre “Nella Rete“ testo e regia di Renata Coluccini 4, 5 e 6 dicembre “Bing Drinking” Mondo liquido di Renata Coluccini e Mario Bianchi supervisione scientifica dell’Istituto Superiore Sanità Prof. Emanuele Scafato regia di Renata Coluccini dal 19 febbraio al 2 marzo “Il Contrabbasso” di Patrick Süskind traduzione di Umberto Gandini scene e regia di Gian Luca Massiotta dal 14 maggio al 1° giugno “...e scrisse O come Orlando” da Orlando di Virginia Woolf riduzione e adattamento di Rocco D’Onghia regia di Jolanda Cappi
Teatro dell’Arte Viale Emilio Alemagna, 6 20121 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 48017050 da lunedì a venerdì 10.00 - 13.00
www.crtmilano.it info@crtmilano.it mezzi pubblici tram 1, 19, 27 autobus 57, 61, 94 metrò linea 1 e 2 (Cadorna)
Il CRT Milano è un nuovo organismo teatrale in cui sono confluite le storiche esperienze del CRT Centro di Ricerca per il Teatro e del CRT Artificio con l’obiettivo di avviare una nuova riflessione e una rinnovata attività sulla scena teatrale contemporanea, italiana e internazionale. I due organismi, originariamente parte della stessa avventura teatrale iniziata nel 1974, avevano condiviso i primi dodici anni del proprio cammino e hanno ritrovato oggi le ragioni di una nuova sinergia con l’obiettivo di ideare - assieme alla Triennale di Milano una nuova identità e un nuovo percorso per il Teatro dell’Arte, lo spazio teatrale dove storicamente si sono succedute esperienze significative negli ultimi decenni e ora da poco inserito pienamente nel contesto dello storico Palazzo dell’Arte disegnato dall’architetto Giovanni Muzio. La convinzione programmatica è che una nuova spinta creativa possa nascere oggi dal crossover tra le arti e i linguaggi creativi della contemporaneità. Il Teatro dell’Arte, il palcoscenico e i suoi spazi collegati, si offrono al pubblico milanese come il luogo ideale dell’incontro creativo tra Teatro, musica e danza con architettura, design, moda, grazie anche agli strumenti offerti dalle nuove tecnologie digitali e dell’immagine elettronica. Comune obiettivo prioritario per La Triennale e il CRT Milano è quello di far sì che quel palcoscenico - con nuove alchimie e sistematici apporti interdisciplinari - diventi un altro dei luoghi simbolo della città che cambia, una fucina aperta allo scambio e alla collaborazione creativa con tutte le istituzioni culturali della città, una occasione per i giovani e un ponte verso le analoghe esperienze nazionali e internazionali.
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L’ île des esclaves
dal 20 al 23 novembre 7 e 8 dicembre produzione CRT Milano / Centro Ricerche Teatrali in collaborazione con Irina's Dreamtheatre Parigi e Spoleto56 Festival dei 2Mondi
parte del progetto La trilogie des îles tre storie di vendetta, perdono, amore e libertà di Pierre Marivaux ideato, adattato e diretto da Irina Brook con Hovnatan Avedikian, Jeremias Nussbaum, Augustin Ruhabura, Isabelle Townsend e Ysmahane Yaquini aiuto regia Geoffrey Carey scenografia di Noëlle Ginefri-Corbel costumi e assistente scenografia Philippe Jasko suono di Samuel Serandour luci di Thibault Ducros in lingua francese con sottotitoli in italiano La trilogie des îles è un viaggio di isola in isola, un percorso ricco di azione alla scoperta di sé stessi. Ogni isola ci trasporta in un mondo e un’atmosfera diversi, ma al di là delle apparenze, della sabbia, del mare e del cielo, ci troviamo, in ciascuno di questi universi, a confronto con interrogativi profondi sulla nostra condizione umana, sulle nostre emozioni, e sul nostro agire. L’île des esclaves prima tappa di questo percorso, è senza dubbio un’isola utopica governata da principi ideali di giustizia e di uguaglianza, ispirati al pensiero e agli scritti dell’Età dei Lumi. Questo è il luogo dove si sperimenta un nuovo modello di società per il bene comune. Qui troviamo il misterioso “governatore“ Trivelin, un ex-schiavo che ha fatto dello studio del comportamento umano la sua missione di vita: quando padroni e schiavi approdano sulla sua isola, li mette alla prova invertendone i ruoli sociali nella speranza che questo esercizio possa “guarirli” dal loro egoismo. Su quest’isola possiamo sognare un mondo in cui la gentilezza, la generosità, la compassione e il perdono contano più d’ogni altra cosa. Irina Brook | Figlia d’arte (il padre è il regista Peter Brook e la madre l’attrice Natasha Parry), nasce a Parigi e cresce tra l’Inghilterra e la Francia. A diciotto anni si trasferisce a New York per stu24
diare recitazione con Stella Adler e comincia a recitare in produzioni Off - off - Broadway. Recita poi a Parigi e a Londra in diversi film, produzioni televisive e numerosi spettacoli teatrali, fino a realizzare che la sua vera vocazione è la regia. Moltissime sono le produzioni teatrali da lei dirette in Europa e nel mondo fin dalla sua prima creazione a Londra nel 1996, A beast on the moon di Richard Kalinoski, la cui versione francese del 1998 , prodotta dal Théâtre de Vidy-Lausanne, presentata poi in una tournée internazionale, e infine al Théâtre de l’Oeuvre a Parigi, riceve cinque premi Molière (compreso Miglior Regia e Miglior Spettacolo). In seguito ai numerosi successi, decide di creare “La Compagnie Irina Brook” grazie alla collaborazione di Olivier Peyronnaud e della Maison de la Culture de Nevers et de la Nièvre. Nel 1996 la compagnia diviene Irina’s Dreamtheatre, avviando una collaborazione con i produttori e agenti letterari parigini Marie Cècile Renauld e Marie-Astrid Perimony. Irina Brook ha realizzato anche diverse regie d’opera. Nell’aprile 2014 dirigerà, di Donizetti, L’Elisir D’Amore per il Berlin Deutsches Opera, e nell’aprile 2015 il Don Pasquale all’Opera di Vienna. Oltre ad aver ricevuto diversi premi internazionali, nel 2002, Irina Brook è stata nominata Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministro della Cultura francese.
produzione CRT Milano / Centro Ricerche Teatrali in collaborazione con Irina's Dreamtheatre Parigi e Spoleto56 Festival dei 2Mondi
parte del progetto La trilogie des îles tre storie di vendetta, perdono, amore e libertà tratto da Omero ideato, adattato e diretto da Irina Brook con Renato Giuliani, Scott Koehler, Jeremias Nussbaum e Ysmahane Yaquini aiuto regia Geoffrey Carey scenografia di Noëlle Ginefri-Corbel costumi e assistente scenografia Philippe Jasko suono di Samuel Serandour luci e direttore tecnico Thibault Ducros in lingua francese con sottotitoli in italiano
In Une odyssée, seconda tappa de La trilogie des îles, seguiamo Ulisse nelle sue avventure mitiche, nel tentativo di fare ritorno a casa. Nel suo cammino lo vediamo sfuggire all’insidia inebriante dei Lotofagi, vincere in astuzia il sanguinario Ciclope, resistere ai richiami delle Sirene, e quasi soccombere al fascino ammaliante della maga
Circe, prima di riuscire finalmente a ritrovare la sua amata famiglia a Itaca. Un viaggio che coinvolge i sensi, fatto di arguzie, di ardue sfide e di passioni. Con un finale senza alcuna pietà per i pretendenti di Penelope. Non c’è perdono. Solo vendetta.
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Une odyssée
24 novembre 1, 7 e 8 dicembre
Têmpete!
dal 26 al 30 novembre 4, 5 e 6 dicembre produzione CRT Milano / Centro Ricerche Teatrali in collaborazione con Irina's Dreamtheatre Parigi e Spoleto56 Festival dei 2Mondi
parte del progetto La trilogie des îles tratto da William Shakespeare ideato, adattato e diretto da Irina Brook con Hovnatan Avedikian, Renato Giuliani, Scott Koehler, Jeremias Nussbaum e Ysmahane Yaquini aiuto regia Geoffrey Carey scenografia di Noëlle Ginefri-Corbel costumi e assistente scenografia Philippe Jasko suono di Samuel Serandour luci di Thibault Ducros in lingua francese con sottotitoli in italiano
Con Têmpete !, terza ed ultima tappa di questo viaggio, andiamo a naufragare sull’isola di Prospero: un luogo all’apparenza magico, dove regnano musica e incantesimi. Ma vi si può intuire un lato oscuro. L’isola è sotto il potere di un potente tiranno: l’esoterico mago-chef Prospero. Gli unici abitanti di questo reame sono sua figlia Miranda, il mostro Calibano ed uno spirito dell’isola, Ariel, dei giovani che condividono, ciascuno a
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suo modo, un unico sogno: sfuggire al potere patriarcale di Prospero, per conquistare infine l’indipendenza e la libertà. Quest’isola suscita degli interrogativi sugli aspetti più profondi dell’animo umano: come possiamo lasciare che le persone che amiamo siano libere? Permettergli di essere sé stesse ? In che modo usiamo o abusiamo del nostro potere sugli altri ? E in ultimo, riusciamo a perdonare e a sciogliere i legami ?
Elfo Puccini Corso Buenos Aires,33 20124 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 00660606 da lunedì a sabato 10.30 - 19.30 domenica 14.30 - 17.30
biglietteria@elfo.org www.elfo.org mezzi pubblici tram 5, 33 autobus 60, 81 metrò linea 1 (Lima) passante ferroviario P.ta Venezia
Festeggiamo i nostri primi 40 anni di Teatro ma siamo fatti di futuro, da sempre. I sei titoli per gli abbonati di Invito a Teatro raccontano dal vivo la passione che ci muove: passione per gli autori, per gli artisti, per l'arte e per la vita, passione per i giovani che si affacciano al mondo e passione per l'esperienza di chi ha vissuto, passione per il mondo in cambiamento, passione per il nostro bellissimo pubblico, l'artefice primo della nostra libertà e indipendenza di artisti. Un Elfo Puccini sempre più Teatro d'arte contemporanea, nel quale ci sarà davvero molto da scoprire. E il titolo d'apertura è l'emblema di tutto questo: Frost/Nixon (18 ottobre/10 novembre), testo di Peter Morgan inedito in Italia, è una profonda riflessione sulla responsabilità e sul potere oggi, ma è anche un testo che offre personaggi indimenticabili. In scena, oltre che alla regia, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani nei ruoli del giornalista David Frost e dell'ex-Presidente Richard Nixon. La commedia di Morgan è il primo quadro di un ampio affresco teatrale sugli Stati Uniti, che si completa con Morte di un commesso viaggiatore (10 gennaio/2 febbraio) di Arthur Miller, per la prima volta interpretato e diretto da De Capitani e con la ripresa de La Discesa di Orfeo di Tennessee Williams (29 aprile/18 maggio). Due 'classici' del Novecento che sanno parlare del presente. L'incanto delle parole di Lewis Carroll fa a gara con il piacere della visione nella versione cartoon di Alice (7/29 dicembre), che ha lasciato a bocca aperta, stupiti come bambini, tutti gli spettatori che hanno visto lo spettacolo nella scorsa stagione. Tornano anche le storie di due 'eroine' tanto diverse quanto indimenticabili, due voci che hanno provato la pena di essere inascoltate, ma che attraverso gli anni e i secoli continuano a lanciare il loro messaggio: il personaggio mitologico di Cassandra, rivisitato da Christa Wolf e qui interpretato da Ida Marinelli per la regia di Francesco Frongia (5/23 marzo) e Adalgisa Conti, ragazza del secolo scorso 'dimenticata' in manicomio per quasi settant'anni e portata in scena da Cristina Crippa in Lola che dilati la camicia (3/21 giugno).
Ferdinando Bruni - Elio De Capitani - Fiorenzo Grassi
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Frost / Nixon
dal 18 ottobre al 10 novembre all’Elfo Puccini / sala Shakespeare produzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo di Fondazione Cariplo di Peter Morgan traduzione di Lucio De Capitani uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani con Ferdinando Bruni e Elio De Capitani, Luca Toracca, Claudia Coli, Nicola Stravalaci, Alejandro Bruni Ocaña, Andrea Germani e Matteo De Mojana suono di Giuseppe Marzoli luci di Nando Frigerio
Bugie e potere. Responsabilità e potere. Frost/Nixon è un match teatrale che mette a confronto il potere politico e quello mediatico. Scritta nel 2006, la commedia di Peter Morgan ha ottenuto un vastissimo successo e numerosi premi, tra cui il Tony Award per Frank Langell come miglior attore protagonista nel ruolo di Nixon. Ron Howard ne ha tratto un film nel 2008, che ha sfiorato i 30 milioni di dollari d’incasso. L'autore punta i riflettori sul primo caso storico di "televisionespettacolo", ripercorrendo l'avventuroso progetto di David Frost, spregiudicato anchorman che nel 1977 decise di realizzare - anche senza l'aiuto dei grandi network - una serie d'interviste a Richard Nixon. Nucleo della pièce è il loro ultimo faccia a faccia, terminato con la clamorosa confessione dell'ex-Presidente - mai ottenuta prima sullo scandalo del Watergate e sui limiti morali
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del potere. Una confessione di un Nixon combattivo e orgoglioso, ma messo alle corde negli ultimi secondi della trasmissione dalla precisione delle domande, delle date e dei riscontri. Un episodio storico realmente accaduto. Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani lavorano ancora una volta insieme alla regia per allestire un testo di teatro civile, inedito in Italia. È già accaduto in parecchie occasioni nella storia dell'Elfo - Angels in America e The history boys sono solo le più recenti - ma mai come questa volta i due magnifici ruoli dei protagonisti danno modo ai registi di mettersi in gioco anche sulla scena, in un duello di rara intensità. Con loro un cast di sei attori a interpretare produttori, reporter, lo staff dell'ex-Presidente e il suo leggendario agente di Swifty Lazar - 'lo svelto' famoso per aver procurato ad Humphrey Bogart tre contratti in un solo pomeriggio.
all’Elfo Puccini / sala Shakespeare produzione Teatro dell’Elfo
da Lewis Carroll uno spettacolo scritto, diretto e illustrato da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con Elena Russo Arman, Ida Marinelli, Ferdinando Bruni e Matteo De Mojana suono e programmazione video di Giuseppe Marzoli direzione e arrangiamento delle canzoni Matteo De Mojana luci di Nando Frigerio
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia portano in scena le avventure di Alice e, ripercorrendo la realtà 'insensata' raccontata nei due romanzi di Lewis Carroll, riescono a incantare il pubblico, a sorprenderlo con invenzioni sospese tra tecnologia video e arte del disegno. Una lanterna magica d'acquerelli ed effetti "speciali", una sorta di cartoon teatrale proiettato su di un fondale bianco che si anima di animali, piante e personaggi coloratissimi, che a loro volta interagiscono con gli attori in carne e ossa per rivelare i lati nascosti di una storia che credevamo di conoscere.
«E si rimane a bocca aperta. Come bambini. Alice Underground colpisce per la capacità di creare meraviglia. La precisione dei dettagli. Ma in realtà, al di là dei (notevoli) risultati artistici, è la totalità del progetto che sorprende. La passione che traspare nel concretizzare un'idea vagamente folle, di chi decide di portare in scena Lewis Carroll rendendolo un gioiello di talenti e maestranze, intergenerazionale per gusto, leggibile da qualsiasi tipo di pubblico».
Diego Vincenti, Hystrio Divertente, sorprendente, esilarante. Un'ora e mezza di puro piacere visivo, di sorpresa continua, di suspence reiterata. Non solo: il mondo disegnato da Ferdinando Bruni, animato da Francesco Frongia (che l'ha trasformato in un vero e proprio cartone animato) e interpretato da una perfetta - perfettissima! - Elena Russo Arman nella parte di Alice e dal formidabile trio Bruni, Ida Marinelli, Matteo De Mojana in tutti gli altri ruoli, è un mondo magicamente «sovrapposto» come non l'avete mai visto a teatro.
Maria Giulia Minetti, La Stampa
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Alice Underground
dal 7 al 29 dicembre
Morte di un commesso viaggiatore
dal 10 gennaio al 2 febbraio all’Elfo Puccini / sala Shakespeare produzione Teatro dell’Elfo con il contributo di Fondazione Cariplo di Arthur Miller traduzione di Masolino D'Amico regia di Elio De Capitani con Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Federico Vanni (sostituito dal 21 gennaio da Massimo Brizi), Andrea Germani, Gabriele Calindri, Alice Redini, Vincenzo Zampa e Marta Pizzagallo scene e costumi di Carlo Sala suono di Giuseppe Marzoli luci di Michele Ceglia
«Un commesso viaggiatore con i piedi sui gradini della metropolitana e la testa nelle stelle». Questa definizione, coniata da Arthur Miller per il personaggio di Willy Loman, sintetizza tutta la sua grandezza e la sua miseria. Il protagonista di Morte di un commesso viaggiatore è il tragico emblema di un moderno uomo comune, nel quale potrebbe riconoscersi chiunque, nell'America del dopoguerra come oggi. È anche grazie a questa sua universalità che il testo, andato in scena per la prima volta nel 1949 a New York per la regia di Elia Kazan, ottenne un successo clamoroso sia negli Stati Uniti e che in molti altri paesi. Un classico del Novecento che Elio De Capitani, regista e protagonista, affronta dopo il lavoro su Tennessee Williams, per proseguire una personale riflessione sulla drammaturgia americana e sul tema dei rapporti tra giovani e adulti. La scelta degli interpreti è conseguente: affida il ruolo di Linda Loman a Cristina Crippa, protagonista dei suoi recenti allestimenti di Improvvisamente, l'estate scorsa e de La discesa di Orfeo; i due figli sono Angelo Di Genio e Marco Bonadei, giovani attori che sono già stati al suo fianco in The history boys, come anche Andrea Germani che è Ber-
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nard, il figlio di Charlie, l’amico-antagonista (interpretato da Federico Vanni). Miller racconta gli ultimi due giorni di vita di un commesso viaggiatore, riuscendo a mettere in luce, oltre alla precarietà della sua condizione socio-economica, il dramma di un fallimento esistenziale. Brillante venditore dalla lingua sciolta che ha fondato la sua vita sulla rincorsa del successo e della "popolarità", Loman si ritrova escluso dal 'sogno americano': a 63 anni non riesce più a piazzare la merce, non regge più la fatica dei viaggi attraverso l'America (che un tempo avevano per lui il sapore della conquista). Soprattutto non riesce più a illudersi e illudere, vede sgretolarsi il castello di grandi sogni e piccole bugie che ha faticosamente costruito: «Ormai è ridicolo, fuori moda, ma è così», ammette la moglie Linda. Nei figli ha alimentato le stesse illusioni, proiettando su di loro aspettative e fallimenti, fino a minarne la felicità. Ormai incapace di stare nella realtà - con i piedi ben piantati "sui gradini della metropolitana" Willy non distingue più tra presente e passato, sogni e ricordi, tra quanto si agita nella sua testa ( il titolo avrebbe dovuto essere proprio The inside of his head ) e la vita vera.
all’Elfo Puccini / sala Fassbinder produzione Teatro dell’Elfo
da Christa Wolf traduzione di Anita Raja regia, video, scene e costumi di Francesco Frongia con Ida Marinelli fondale "stasi del tempo" disegnato da Ferdinando Bruni suono di Gionata Bettini luci di Nando Frigerio
Eroina classica per eccellenza, Cassandra rivive nella scrittura di Christa Wolf, la più nota scrittrice dell’ex DDR - nata nel 1929 e scomparsa lo scorso 1° dicembre 2011- autrice nel 1983 di un romanzo che ha commosso e ispirato generazioni di lettori in tutto il mondo. La sacerdotessa troiana, figlia di Ecuba e Priamo, attende la morte nella fortezza di Micene, dove l’ha condotta prigioniera Agamennone. Nelle pagine della Wolf il suo racconto scivola all’indietro, lungo i dieci anni della guerra di Troia, dalla rovina della sua città fino alla fanciullezza, attraverso gli orrori della guerra e i suoi inarrestabili meccanismi. Le sue parole non sono semplici ricordi, ma rivelano la potenza del suo sguardo, la capacità di vedere e prevedere - seppure inascoltata - di sognare e immaginare una società incruenta e femminile. Ida Marinelli, dopo il debutto nel gennaio 2012, torna in scena con la sua intensa Cassandra diretta da Francesco Frongia, autore anche di scene, costumi e video.
« Il regista Francesco Frongia porta in scena Cassandra in un'atmosfera onirica e gravida di tensioni, protagonista la bravissima Ida Marinelli che dà voce e corpo a una partitura di sentimenti e ragioni in un fluire pacato, semplice e inarrestabile come il pensiero, acuto e dolente come la pena del capire, del 'vedere' può diventare ».
Magda Poli, Corriere della Sera
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Cassandra
dal 5 al 23 marzo
La discesa di Orfeo
dal 29 aprile al 18 maggio all’Elfo Puccini / sala Shakespeare produzione Teatro dell'Elfo
di Tennessee Williams traduzione di Gerardo Guerrieri drammaturgia e regia di Elio De Capitani con Cristina Crippa, Edoardo Ribatto, Elena Russo Arman, Luca Toracca, Cristian Giammarini, Corinna Agustoni, Sara Borsarelli, Federico Vanni, Debora Zuin, Marco Bonadei, Carolina Cametti e Alessandra Novaga (chitarra elettrica) scene e costumi di Carlo Sala musiche a cura di Alessandra Novaga suono di Giuseppe Marzoli luci di Nando Frigerio Per la sua terza regia di Tennessee Williams Elio De Capitani ha scelto un testo del 1957 mai rappresentato in Italia: La discesa di Orfeo. Non è un titolo dei più famosi, pur presentando ruoli e temi ricorrenti nelle opere dell'autore americano, da quello del sognatore represso da una comunità che non tollera la sua irriducibilità, agli intramontabili personaggi femminili, donne forti e indomite o fragili, nevrotiche e viziate. Un dramma denso, crudele e barocco, una sfida per il regista e la compagnia. Riallacciando il filo di un lavoro iniziato diciannove anni fa - quando diresse Mariangela Melato nel Tram che si chiama desiderio - e ripreso nel 2011 con Improvvisamente, l'estate scorsa, De Capitani smonta e rimonta i meccanismi del testo. Con gli occhi di chi ha assorbito il teatro e il cinema di Fassbinder, il suo melò sociale sospeso tra realismo e aperture oniriche, restituisce a Williams e ai suoi personaggi tutta la tragica tenerezza e il furore esistenziale che li con-
suma. Lo spettacolo parte come una prova a tavolino. Le lunghe e precise didascalie del testo vengono lette dagli attori con la freddezza di un sopralluogo sul posto del delitto. Perché di questo si tratterà, alla fine. Tutto si svolge in “un drugstore con annesso bar-pasticceria in una piccola città del Sud”. Qui tentano di inventarsi una nuova vita tre fragili sognatori: Val è un vagabondo con chitarra e giacca di pelle di serpente, Lady è figlia di un emigrante italiano linciato dai razzisti, prigioniera di un matrimonio crudele con Jabe; mentre Carol Cutrere è una giovane milionaria e ribelle che offre a Val un'ultima occasione di fuga. Vogliono vivere, non sopravvivere in un paese in cui la violenza, “non solo quella fisica, fa marcire il cuore degli uomini”. "Superbi il ritmo e la prova dei dodici interpreti, tra cui bisogna ricordare almeno Cristina Crippa, Edoardo Ribatto e Elena Russo Arman".
Masolino D'Amico, La Stampa
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all’Elfo Puccini / sala Fassbinder produzione Teatro dell’Elfo
dall'autobiografia di Adalgisa Conti a cura di Luciano Della Mea drammaturgia di Marco Baliani, Cristina Crippa e Alessandra Ghiglione regia di Marco Baliani con Cristina Crippa e Patricia Savastano scene e costumi di Carlo Sala suono di Renato Rinaldi luci di Nando Frigerio
“Gentilissimo sig. Dottore, questa è la mia vita”. Con queste parole, che testimoniano da subito un’intenzione sincera e penetrante, Adalgisa Conti, internata in manicomio a ventisei anni nel 1914, indirizza una lettera al proprio medico nella speranza che riconsideri il provvedimento di ricovero. Non ricevendo risposte, dopo questa lettera Adalgisa tace; diventa, realmente, una paziente del reparto agitate, ‘sudicia, erotica, impulsiva’ e, per quasi settant’anni, ‘invariata’. Abbandonata a se stessa, senza più una famiglia, è destinata a rimanere in manicomio fino alla fine dei suoi giorni, ormai novantenne. Questa storia, tornata alla luce grazie a Luciano Della Mea che aveva pubblicato nel 1978 la lettera e altre testimonianze, ha appassionato Cristina Crippa che, con Marco Baliani, Alessandra Ghiglione e Patricia Savastano, ne ha tratto una versione teatrale
che ha commosso gli spettatori sin dal suo debutto al Teatro di Porta Romana di Milano nel 1996. Lo spettacolo diretto da Marco Baliani dà nuovamente voce ad Adalgisa coinvolgendo gli spettatori in un rito della memoria: Cristina Crippa è una protagonista intensa e commovente che ripercorre tra afasie e illuminazioni improvvise, parole smarrite e ritrovate, il labirinto della mente di Adalgisa, destinato a sfociare in una disperata follia. Il regista ha reinventato un linguaggio fatto di gesti minimi, piccoli cenni, balbettii sommessi che esprimono tutta la vitalità della donna troppo a lungo repressa. Patricia Savastano è la sua infermiera-guardiana, ma anche sua sorella e custode, quasi ossessivo doppio delle visioni dell’altra. Le due attrici esplorano insieme il filo tenue che le unisce, la continua interdipendenza e reciprocità che le rende una coppia.
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Lola che dilati la camicia
dal 3 al 21 giugno
OSCAR - PACTA . dei Teatri al Teatro Oscar Via Lattanzio, 58/a 20137 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 36503740 da lunedì a sabato 16.00 - 19.00 domenica 15.30 - 17.00 (solo nei giorni di spettacolo)
www.pacta.org biglietteria@pacta.org mezzi pubblici tram 16 autobus 84 filobus 90,91,92 metrò linea 3 (Lodi T.I.B.B)
PACTA .dei Teatri, nato come organismo mobile, permeabile a conta-
minazioni differenti, e successivamente organizzatosi con e attorno ad alcuni luoghi fisici (in primis il Teatro Oscar, propria sede), risponde con la propria attività, intensa, articolata in una continua ricerca, alla difficile situazione contemporanea dettata dalla crisi. La nostra scelta è stata fin dall’inizio Nodamismo del pensiero, metamorfosi e multicanalità, avviando collaborazioni ricche e proficue. È per noi evidente una nuova tensione a comunicare, a ‘mettere in comune’ avendo PACTA come incubatore di idee e il Teatro Oscar e il territorio (reale e virtuale) come luogo fisico. Nella sala del Teatro Oscar, dall’originalissima forma ottagonale e fornita di eleganti poltroncine di velluto rosso, scorrono per tutto l’anno spettacoli suddivisi per progetti tematici. Letteratura, diritti, musica, matematica e scienza, poesia e filosofia, linguaggi differenti per mettere in evidenza la pluralità degli ambiti d’azione che si presentano quotidianamente e trarne proposte di rinnovamento. Del loro percorso artistico passato e presente, particolarmente focalizzato sui linguaggi della nuova drammaturgia, ricordiamo: per l’ideazione e la regia di Annig Raimondi i Progetti Cocteau, Pirandello, Cocktail Eliot e il Progetto DonneTeatroDiritti, giunto nella stagione 2013-2014 al quinto anno, la messa in scena di un importante trittico di J.P. Sartre, lo spettacolo cult “La terra desolata” di T.S. Eliot, capofila di un lavoro sul Teatro di Poesia; per la regia di Riccardo Magherini “Venere e Adone” e “Re Lear” di Shakespeare; gli spettacoli e le iniziative per il Progetto Teatro in Matematica ScienzaInScena curati da Maria Eugenia D’Aquino; le importanti collaborazioni con Virginio Liberti (A porte chiuse di Sartre), Maurizio Pisati (Aristofane in Blue) e quelle con ScenAperta Altomilanese Teatri (La bestia nella giungla di James Duras) e CETEC.
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Vita immaginaria e morte pubblica di Lucile Desmoulin
Lettere di Lucile D.
dall’ 8 al 24 novembre (esclusi 12, 15 e 16 novembre) al Teatro Oscar coproduzione ScenAperta Altomilanese Teatri, PACTA . dei Teatri, deSidera, LIS Laboratorio Immagine Sensoriale in collaborazione con Università degli Studi di Bergamo, Fondazione Cineteca Italiana - Spazio Oberdan. Progetto Autunno Büchneriano da La morte di Danton di Georg Büchner drammaturgia e regia di Paolo Bignamini con Paola Romanò scene di Francesca Barattini
Solo il silenzio, dopo quella battuta: “Viva il Re !” E' un'antiparola, come la definisce Paul Celan ne Il meridiano: “(...) la parola che strappa il filo, (...) un atto di libertà (...)”. Anne Lucile Philippe Duplessis sposa nel 1790 il giornalista rivoluzionario Camille Desmoulin. Il loro testimone di nozze: Robespierre. Pochi anni dopo, nel 1794, i coniugi Desmoulin vengono ghigliottinati a distanza di una settimana l'una dall'altro, Camille - accusato di essere dantonista il 5 aprile; Lucile il 13 aprile. La morte di Danton di Georg Büchner si conclude proprio con l'arresto di Lucile, la quale, al grido di “Viva il Re”, “viene circondata dalle guardie e condotta via”. Della settimana di solitudine che separa la perdita dal marito dalla perdita della vita, Büchner non scrive: è in questo immenso spazio bianco in calce al testo, in questa pausa di segno e di senso che si proveranno a cercare le parole della nostra azione teatrale. “Il suo “Viva il Re” - ci dice ancora Celan - non è più parola, è pauroso ammutolire, qualcosa che toglie a lui - e anche a noi
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- il respiro e la capacità di parlare”. Un viaggio della parola “al margine di se stessa”. La nostra Lucile sarà così, a sua volta, accanto a se stessa: le sue lettere d'amore (vere, supposte, inventate, appositamente scritte) per il marito Camille rappresenteranno la traccia di una biografia immaginaria, un monologo che vaga nel silenzio di un passato di accese passioni e che finisce in un presente - di nuovo - di silenzio. Un silenzio che risuona dell'insostenibile vuoto della perdita. Lo spettacolo Lettere di Lucile D. è inserito nel Progetto Autunno Büchneriano che prevede la collaborazione dell’Università degli Studi di Milano, Goethe Institut, ScenAperta Altomilanese Teatri, PACTA . dei Teatri, Università degli Studi di Bergamo, Fondazione Cineteca Italiana - Spazio Oberdan, con il patrocinio del Comune di Milano. Martedì 6 novembre ore 19.00 - Teatro Oscar: Claudio Morganti: Aperitivo con Büchner. Incontro-performance dell’artista Premio Ubu con proiezione del suo documentario di lavoro su Büchner.
al Teatro Oscar produzione PACTA . dei Teatri in collaborazione con QuindiQuando, Teatro Oscar DanzaTeatro e ZoneMP
Progetto Cocktail Eliot da T.S. Eliot/Sanesi e dalle musiche di Andrew Lloyd Webber, I Beatles, Pisati/Rossini, Freddie Mercury, Gino Paoli, Giorgio Garber e altri drammaturgia e regia di Annig Raimondi coreografia di Monica Cagnani cantanti Walter Grandi e Martina Pavone con Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini e Annig Raimondi con il Corpo di Ballo del T° Oscar DanzaTeatro scene di Giuseppe Marco Di Paolo costumi di Nir Lagziel disegno luci di Fulvio Michelazzi E’ uno spettacolo tra prosa e musica tratto da “Il libro dei gatti pratici del Vecchio Possum” di Thomas Stearns Eliot, raccolta di poesie che ispirò il celebre musical CATS. Nella versione italiana dello stravagante poemetto, curata da Roberto Sanesi (e approvata dal poeta anglo-americano), i pelosi protagonisti, arrivati da Londra, si sono ambientati sui navigli e in altri luoghi simbolo di Milano, ma, “... avendo frequentato i vicoli dei navigli hanno cambiato nome e imparato a parlare italiano. Anzi, l’hanno imparato così bene che, uno di essi, e precisamente Growltiger, ovvero Sandogàtt, in tourné in tutto il mondo (CATS, musical di Webber e Rice), continua tutte le sere, da più di vent’anni a questa parte, a gorgheggiare in italiano la sua romanza appassionata a Lady Griddlebone, ovvero Lady Spremilosso…“ Roberto Sanesi
Anche se non possono fare a meno di citare il musical, vogliono raccontare le tante forme d’arte che in qualità di felini hanno ispirato nei secoli in tutto il mondo. Storie di ‘gatti pratici’ (perché sanno fare di tutto, dal prestigiatore al ladro, dalla massaia al guru), a cui si aggiungono storie che arrivano da autori di tutte le latitudini da Poe a Bulgakov, da Baudelaire a Neruda, dalla Morante a Asimov, sostenute da un ampio repertorio musicale gattofilo: Gaber, Freddie Mercury, Rossini/Pisati, I Beatles, Gino Paoli, Ivan della Mea e, certamente… Lloyd Webber ! Un affresco cosmopolita popolato da un divertito gruppo di gatti neri, in bombetta e papillon formato da attori, cantanti e ballerini. E se Sanesi traduce con humour trasferendo i gatti da Londra ai navigli, anche questo spettacolo vuole prendersi qualche libertà: libertà di divertire ! Lo spettacolo è inserito nel programma Autunno Americano del Comune di Milano.
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CATS e altri gatti pratici… dei Navigli !
dal 29 novembre al 15 dicembre e dal 17 al 22 giugno
( The waste land)
La terra desolata
dal 12 al 16 febbraio al Teatro Oscar
produzione PACTA . dei Teatri
Progetto Cocktail Eliot di T.S. Eliot traduzione di Roberto Sanesi regia e con Annig Raimondi spazio scenico e luci di Fulvio Michelazzi costumi di Nir Lagziel musiche di Maurizio Pisati, La Cruz, Antonio Scarano e Richard Wagner
Giunto al diciannovesimo anno di repliche, torna a Milano uno degli spettacoli ‘cult’ di Annig Raimondi: “La terra desolata” di T.S. Eliot, nella bellissima traduzione di Roberto Sanesi. Negli ultimi anni, l’operazione drammaturgica della Raimondi ha sviluppato il poemetto inserendo anche alcune delle famose note alla ‘Terra desolata’ e brevi frammenti tratti dai ‘Quattro Quartetti’. Il più famoso poemetto del ‘900, dedicato a Ezra Pound (Il miglior fabbro), è suddiviso in cinque sezioni ed è fondato, secondo le note dichiarazioni del poeta, sul mito della ricerca del Graal e sui riti della vegetazione. Nella sua struttura frammentaria, divagante, spericolatamente giocata su una molteplicità analogica, associativa, opposta a una narrazione consequenziale e tuttavia così unitaria per insistenza tematica, “La terra desolata” si presenta come testo di straordinario interesse per una esecuzione in forma teatrale. Si intuisce, nella rapidità del montaggio delle varie scene, nel suo procedere per stacchi, spostamenti di tempo e luogo, riprese del leit-motiv, variazioni di tono e di linguaggio, una drammatizzazione del testo poetico che approfitta indifferentemente dei congegni del Teatro elisabettiano, del musichall popolare, della poesia ‘metafisica’, della scrit-
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tura automatica, della sacra rappresentazione medioevale, della costruzione allegorica, del nonsense ironico o infantile come della suggestione simbolista. L’allestimento è pensato in modo che la protagonista, chiusa in uno spazio tempo geometrico, subisca continue metamorfosi: dapprima è una diva da café chantant, poi diviene donna fatale, donna quotidiana, titanico guerriero... Attraversando questa galleria di eccentrici ritratti, la voce recitante, in perfetta consonanza con il tema, si moltiplica e si spersonalizza nella variazione dei registri e dei timbri, sottolineando, in questo modo, la condizione di crisi sociale in cui verte l’uomo moderno che, sentendo di aver perduto la propria centralità, tenta di recuperarsi assumendo voci altre e diverse. Questa lunga riflessione sull’aridità della storia umana “è Teatro anche per questa ragione: che per rappresentare un IO che non si riconosce lo affonda nella storia e lo smembra in persone e azioni in grado di riflettere la sua molteplicità come unità.” Roberto Sanesi Lo spettacolo è inserito nel programma Autunno Americano del Comune di Milano.
al Teatro Oscar
produzione PACTA . dei Teatri
Progetto Cocktail Eliot di T.S. Eliot traduzione di Maria Teresa Petruzzi regia di Annig Raimondi con Maria Eugenia D'Aquino, Massimo Loreto, Riccardo Magherini, Annig Raimondi, Antonio Rosti e Vladimir Todisco Grande musiche originali di Maurizio Pisati scene di Giuseppe Marco Di Paolo costumi di Nir Lagziel disegno luci di Fulvio Michelazzi
“ Tutta la poesia porta al Teatro e tutto il Teatro porta alla poesia.” (T.S. Eliot) Nel 1948, anno in cui gli viene assegnato il Premio Nobel, T.S. Eliot inizia a scrivere la commedia in tre atti Cocktail Party, pervasa, come tutto il teatro eliotiano, da realismo e misticismo, satira e alte punte di poesia. Ogni Party è il luogo in cui le convenzioni sociali devono essere rispettate e l’inautenticità dei partecipanti può esprimersi al massimo livello. Ma “questo” Cocktail Party non può iniziare perché è successo un imprevisto: la padrona di casa è sparita abbandonando il marito. Gli ospiti, Celia Coplestone, Peter Quilpe, un’arzilla e miope signora, Julia Shuttlethwaite, il viaggiatore Alex e un ospite sconosciuto si intrattengono con Edward, il marito. Avvolti dal mistero e nell’attesa di notizie, questi invitati, amanti, amici e quant’altro, esaminano il malessere delle loro relazioni, guidati dall’ ospite sconosciuto, poi psicoterapeuta. Due anni dopo il nuovo Cocktail Party…
La commedia si muove su due piani: quello degli uomini inconsapevoli, uomini ‘vuoti’, e quello degli uomini consapevoli, i ‘Custodi’. Nel suo svolgersi si comporta verso gli spettatori come i ‘Custodi’ verso gli altri personaggi: per esprimerci una concezione altamente spirituale, per affermare il principio etico di conoscersi e accettarsi, l’opera assume dapprima l’aria di commedia da salotto per poi far emergere un mondo ‘infernale’, addentrandosi in un discorso psicoanalitico-filosofico sulla natura delle relazioni umane e di ‘coppia’. Come in molte delle sue opere, Eliot utilizza elementi che attingono alla satira e al comico per portare il pubblico alla consapevolezza dell’ isolamento che è proprio della condizione umana. Annig Raimondi Lo spettacolo è inserito nel programma Autunno Americano del Comune di Milano.
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Cocktail Party
dal 18 febbraio al 2 marzo
Omaggio al Grand Guignol
L’isola dei rifatti
dal 5 al 13 aprile al Teatro Oscar produzione PACTA . dei Teatri, Compagnia Gogmagog in collaborazione con
Regione Toscana testo e regia di Virginio Liberti con Maria Eugenia D’Aquino, Carlo Decio, Riccardo Magherini e Annig Raimondi spazio scenico e luci di Fulvio Michelazzi
In una prestigiosa clinica per la chirurgia plastica situata in una sperduta isola, accorrono persone da tutto il mondo per correggere le imperfezioni facciali, eliminare rughe fastidiose, rimodellare fianchi squadrati, seni e sederi piatti: ricche signore, attori famosi, assassini di ogni sorta, criminali coinvolti in sequestri, commercio di organi, cannibailismo. Commedia, satira sociale e truculenta, violenza mescolati insieme nella migliore tradizione del Teatro del Grand Guignol.
Ho voluto scrivere il testo L’isola dei rifatti per parlare di un virus e della sua crescente pandemia a livello planetario. Questo virus si chiama Alcatraz e può colpire ovunque una persona adulta, in ogni continente, a qualsiasi ora, superando le differenze linguistiche, le avversità metereologiche, e le disuguaglianze economiche. Alcatraz può trasformare un matrimonio felice in un campestre cimitero per scarafaggi in pensione, una meravigliosa passione per una marziana in un elenco infinito di nevrosi, l’amore per il proprio lavoro in un ‘tumore’ fatto di gesti sempre più tristi e di pen-
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sieri sempre più sgrammaticati. Di Alcatraz conosciamo gli effetti, non le sue cause. Tendenzialmente, chi non è stato colpito da Alcatraz non crede alla sua esistenza e fa molta fatica a individuarlo nella propria vita. E questo ritardo nella diagnosi di Alcatraz può avere nefaste conseguenze: ci si ritrova improvvisamente in un’isola circondata da onde bellissime, alte e insuperabili. Virginio Liberti Virginio Liberti è nato nel 1965 in Brasile e dal 1990 risiede in Italia, dove ha messo in scena testi di Kafka, Copi, Koltès, Pinter, Bernhard, Heiner Müller, Bekett. Assieme ad Annig Raimondi, Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini di PACTA . dei Teatri ha portato in scena L’omossessuale o la difficoltà di esprimersi di Copi, successo del Festival di Sant’Arcangelo 2005. Nel gennaio 2011 ha curato la regia di Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello prodotto dal Teatro Stabile di Torino e nello stesso anno con la Compagnia PACTA . dei Teatri ha portato in scena A porte chiuse di Jean-Paul Sartre.
(escluso 13 maggio) al Teatro Oscar produzione PACTA . dei Teatri
da Maria Stuarda di Friedrich Schiller drammaturgia di Paolo Bignamini regia di Alberto Oliva con Maria Eugenia D'Aquino e Annig Raimondi scene di Giuseppe Marco Di Paolo costumi di Nir Lagziel musiche di Mauro Pisati
Una tragedia storica, un conflitto di potere tra due donne, un intricato dramma romantico. C'è tutto questo nella Maria Stuarda di Friedrich Schiller, ma c'è anche dell'altro. C’è un archetipo relazionale, drammatico, esistenziale che travalica la narrazione contingente e scava nella natura umana. Una sorta di legame di dipendenza che non accomuna solo le due regine, ma incornicia meccanismi di rapporto, dinamiche di potere e sottomissione che estesi, ci sembra di conoscere bene. Come in Shakespeare. E come con Shakespeare si possono permettere di fare cineasti quali Julie Taymor (Titus) e Richard Loncraine (Riccardo III), così con Maria Stuarda proviamo a riscrivere il testo di Schiller schizzandone il fuoco in una direzione inaspettata ma folgorante. Sconvolgente. Tolto ogni appoggio romantico, ogni sostegno, ogni coordinata di comodo, resta la scarna architettura di uno scheletro,
una storia umana, “troppo umana”. Cose di uomini. O ancora, più duro, meglio: cose di donne. Che, va da sé, non hanno tempo. Non hanno spazio. Sospesa e, quindi, riavvicinata, la storia perde la lettera maiuscola ma scava nel nostro io: se questa discesa saprà essere dolorosa, allora avrà un senso non solo estetico, ma esistenziale, raccontare con altre parole questa stessa vicenda. Lo spettacolo vedrà contrapporsi sulla scena due modi di essere donne al potere, incarnati da due attrici, Annig Raimondi e Maria Eugenia D’Aquino, sole in scena, dirette dal giovane regista Alberto Oliva nel testo di Paolo Bignamini, che prende le mosse dal dramma di Schiller, ma anche da altri materiali, documenti storici e scritti contemporanei che testimoniano la grandezza dello scontro tra queste due straordinarie Regine e la loro bruciante verità umana.
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LE REGINE. Elisabetta vs Maria Stuarda
dall’ 8 al 25 maggio
Teatro Giorgio Strehler
Teatro Paolo Grassi
Teatro Studio Melato
Largo Greppi,2 20121 Milano
Via Rovello,2 20121 Milano
Via Rivoli,6 20121 Milano
promozione pubblico e proposte culturali tel. 02 72333216
prenotazioni e informazioni tel. 848 800 304 (max 1 scatto urbano da tel fisso) da lunedì a sabato 9.45 - 18.45 domenica 10.00 - 17.00 festività 10.00 - 17.00 (solo nei giorni di spettacolo)
biglietteria c/o Teatro Strehler da lunedì a sabato 9.45 - 18.45 domenica 13.00 - 18.30
www.piccoloteatro.org info@piccoloteatro.org mezzi pubblici tram 1,2,4,12,14,16,27 autobus 57,61 metrò linea 1 ( Cordusio, Cairoli ) metrò linea 2 ( Lanza )
Fondato il 14 maggio del 1947 da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, il Piccolo Teatro di Milano è il primo Teatro Stabile italiano. “ Teatro d’Arte per Tutti ” era lo slogan che accompagnava il Piccolo alla sua nascita e che anche oggi ne riassume pienamente le finalità: portare in scena spettacoli di qualità indirizzati a un pubblico più ampio possibile. Il Piccolo gestisce tre sale: la sede storica di via Rovello (488 posti), ribattezzata Teatro Grassi (completamente ristrutturata, è stata riaperta il 12 dicembre 2009 con un magnifico chiostro rinascimentale adiacente anch’esso affidato al Piccolo Teatro), lo spazio sperimentale del Teatro Studio (368 posti), dalla stagione 2013-14 intitolato a Mariangela Melato e la nuova sede che porta il nome di Giorgio Strehler (968 posti). Dal ’91 è Teatro d’Europa. In più di sessantantasette anni di attività, il Piccolo ha rappresentato oltre 300 spettacoli, 200 dei quali diretti da Giorgio Strehler, di autori quali Shakespeare, Goldoni, Brecht, Cechov, Pirandello e Goethe. Con il passaggio del testimone a Sergio Escobar e a Luca Ronconi, dopo la morte di Strehler, avvenuta nel ’97, il Piccolo ha accentuato la propria dimensione internazionale e interdisciplinare, candidandosi quale ideale polo culturale cittadino ed europeo. Sui suoi palcoscenici si alternano prosa, danza, opera lirica, cinema, tavole rotonde e incontri di approfondimento culturale. Per quanto riguarda la dimensione internazionale, il Piccolo è stato in tournée in tutti i paesi del mondo, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Cina al Giappone, dall’Europa al Nord Africa. Soltanto negli ultimi dieci anni, gli spettacoli del Piccolo sono stati ospitati in 220 città del mondo, per un totale di 1400 recite e un milione di spettatori. Con le produzioni che ha allestito al Piccolo, Luca Ronconi ha proseguito il proprio itinerario di ricerca, proponendo classici come Calderón de la Barca, Strindberg, Goldoni, John Ford, Eschilo, Euripide, Shakespeare, tra gli altri, alternati ad autori meno frequentati (Schnitzler), ai contemporanei (JeanLuc Lagarce, Lars Norén, Edward Bond, Rafael Spregelburd) alle versioni per la scena di celebri romanzi (per tutti Lolita di Nabokov), fino allo spettacolo tratto da cinque scenari sull’infinito (Infinities) del matematico inglese John D. Barrow. Ogni anno, continuativamente a partire dal ’99, la prima edizione fu dedicata a Strehler, il Piccolo organizza un Festival Internazionale, che ha ospitato artisti come Peter Brook, Eimuntas Nekrosius, Robert Lepage, Lev Dodin, Lluís Pasqual, Ingmar Bergman, Ute Lemper, Declan Donnellan, Simon Mc Burney, Patrice Chéreau. Dall’ 86 il Piccolo gestisce anche una scuola di Teatro, fondata da Giorgio Strehler e oggi diretta da Luca Ronconi, che ha diplomato in questi anni 198 attori professionisti. 49
Celestina laggiù vicino alle concerie in riva al fiume
Celestina
dal 30 gennaio al 1° marzo al Piccolo Teatro Strehler produzione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa di Michel Garneau da Fernando de Rojas traduzione di Davide Verga regia di Luca Ronconi con Riccardo Bini, Pierluigi Corallo, Giovanni Crippa, Fabrizio Falco, Lucrezia Guidone, Licia Lanera, Lucia Lavia, Maria Paiato, Paolo Pierobon, Bruna Rossi e Fausto Russo Alesi scene di Marco Rossi costumi di Gianluca Sbicca suono di Hubert Westkemper luci di A. J. Weissbard
Primo romanzo europeo, opera cardine della letteratura spagnola, parodia dell’amor cortese, La Celestina (1499-1502) viene proposta da Ronconi utilizzando la riscrittura franco-canadese di Michel Garneau (Celestine la bas près des tanneries au bord de la rivière, 2006). La protagonista è al centro di complesse architetture di relazioni e rocambolesche avventure: Celestina è una figura senza tempo, nutrita di saperi occulti e licenziosi, appagata dal favorire gli amori altrui, come quello tra Calisto e Melibea al centro dell’azione. “L’idea di allestire Celestina – spiega Ronconi – mi è venuta leggendo uno scritto di Carlo Emilio Gadda, dal titolo Rappresentare la ‘Celestina’?, pubblicato nella raccolta I viaggi la morte. Gadda spiega perché non sia possibile, in tempi moderni, farne una messa in scena integrale, ma sia indispensabile sfrondarla degli eccessi. Così, rispetto ai 21 atti dell’originale, ho scelto la riduzione franco canadese di Michel Garneau, già sperimentata con successo da Robert Lepage nella sua edizione con Nuria Espert, che fu rappresentata anni fa anche al Piccolo. Garneau non si limita a
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un banale “raccourci”: La tragicommedia di Calisto e Melibea, che de Rojas scrisse tra il 1499 e il 1502 e non aveva il nome di Celestina nel titolo, è un romanzo dialogato. Garneau attribuisce in qualche modo agli attori il compito di restituire quel che il suo lavoro di ’drenaggio’ ha tolto al testo. Penso inoltre che Maria Paiato possa essere una Celestina perfetta e che, come lei, anche gli altri nomi della compagnia trovino un proprio corrispettivo ideale tra i personaggi della commedia. Non da ultimo, mi appassiona il lavoro sulla lingua di Celestina. Sempre Gadda spiega perché questa commedia funzioni molto bene in Italia e in italiano: scritta alla fine del Quattrocento, risente di una cultura dominante che è ancora quella italiana, ma va tuttavia sgretolandosi. I personaggi parlano il linguaggio di un Boccaccio spagnolo, di un Petrarca spagnolo, ma vi si trovano a disagio. Sono imprigionati, invischiati, in una lingua nella quale stentano a riconoscersi e che non appartiene più loro. Per questo tutto degenera e esplode: l’aggressività diviene violenza, l’amore si riduce al solo erotismo”.
al Piccolo Teatro Grassi coproduzione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa, Centro Teatrale Santacristina in collaborazione ed in anteprima con Spoleto 56 - Festival dei 2Mondi
di Witold Gombrowicz traduzione di Vera Verdiani regia di Luca Ronconi con Riccardo Bini e Paolo Pierobon e con (in ordine alfabetico) Ivan Alovisio, Loris Fabiani, Lucia Marinsalta, Michele Nani, Franca Penone, Valentina Picello e Francesco Rossini scene di Marco Rossi luci di Pamela Cantatore
Pubblicato nel 1960, il romanzo dello scrittore polacco Witold Gombrowicz racconta la curiosa storia di due amici di mezza età, ospiti in una casa di campagna durante l’occupazione nazista della Polonia. I due, Witold e Federico, non si danno pace del fatto che la figlia dei padroni di casa, Enrichetta, e un ragazzo a loro servizio, Carlo, due giovani che hanno l’età e l’aspetto per desiderarsi, siano completamente indifferenti l’uno all’altra. “I due amici - continua Ronconi - fanno di tutto per avvicinare i ragazzi, senza riuscirvi. Totalmente intrigati dal desiderio di avere con loro una certa promiscuità, o per lo meno una complicità, concepiscono un’idea ancor più sciagurata: un delitto…”. Errato sarebbe leggere il romanzo come la teorizzazione di un conflitto generazionale: Witold e Federico sono semplicemente, o meglio spaventosamente, posseduti dal desiderio di aggredire la giovinezza di quella noncoppia per distruggerla. Romanzo complesso, estremamente inquietante ma sempre permeato di un divertito sarcasmo, Pornografia sottolinea da un lato il disinteresse dell’autore per qualsiasi col-
legamento con la politica e la contemporaneità storica - fin dalle prime battute, fa liquidare con fastidio ai suoi personaggi concetti quali Dio, Patria, Nazione e Proletariato - e al tempo stesso l’attenzione per le tortuosità dell’animo umano, la complessità dei rapporti, la molteplicità delle relazioni. Fuorviante già nel titolo - la pornografia del romanzo non riguarda nessun personaggio in particolare, bensì, spiega Ronconi, “il vero voyeurismo pornografico è quello verso se stessi, lo sguardo che ognuno non osa rivolgere verso di sé, verso la propria parte negativa e la riflette sugli altri” - il testo risulta particolarmente interessante anche per la tecnica letteraria con cui è scritto: “l’autore, che si nomina ripetute volte ‘io’, ‘Witold’, ‘lo scrittore’ - continua Ronconi - si fa protagonista di una truffa, narra come propria un’esperienza che non ha vissuto. Diciamo che non capita quasi mai, in un testo teatrale, di avere una sovrapposizione di piani così ricca, ossia che simultaneamente tutto si svolga in tre temporalità diverse. Ed è divertente lavorarci”.
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Pornografia
dal 13 marzo al 6 aprile
Blondi
dal 22 maggio al 1° giugno
al Piccolo Teatro Studio Melato produzione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa in collaborazione con Teatro i
di Massimo Sgorbani regia e progetto scenografico di Renzo Martinelli con Federica Fracassi e la partecipazione in scena di Lorenzo Demaria e Daniele Molino, allievi Corso Barrault della scuola del Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa assistente alla regia Francesca Garolla suono di Fabio Cinicola luci di Claudio De Pace
Blondi è un cane, ma non un cane qualunque. A Blondi che vive, impara e muore, più umana degli uomini, offre teatrale incarnazione e ritmica mimesi, Federica Fracassi, che torna a interpretare la produzione realizzata nella scorsa stagione dal Piccolo Teatro di Milano, in collaborazione con Teatro i, con la regia di Renzo Martinelli. Lo spettacolo è parte del progetto Innamorate dello spavento, in cui l’autore, Massimo Sgorbani, catturando le voci di alcune figure femminili legate al Führer, che precipitano inarrestabili verso la fine del Reich, indaga le infinite declinazioni dell’amore e della paura. Blondi è il pastore tedesco di Hitler. Una femmina. Perdutamente innamorata del suo padrone. Una bestia che mangia, corre, gio-
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ca, ansima e muore. Per amore. Cavia di quel cianuro che fu l’unica via di fuga di un’epoca in rovina. Nel suo atipico racconto della vita del Führer c’è amore a quattro zampe, sottomissione, devozione, preghiera. Ma insieme all’amore c’è sempre la paura. Il regista indaga un immaginario che ha sentore d’infanzia e di terrore, quel genere di terrore che solo i bambini conoscono, quando si spengono le luci e dal buio può nascere, ancora e ancora, l’uomo nero. L’insolita interpretazione di Federica Fracassi restituisce la cieca abnegazione dell’animale per il padrone, che nel perverso contesto hitleriano, si traduce in una macabra condanna a morte.
Teatro Arsenale Via Cesare Correnti,11 20123 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 8321999 da lunedì a venerdì 10.30 - 18.00
orari di biglietteria da martedì a sabato 19.00 - 20.30 domenica 14.00 - 15.30 (nei giorni di spettacolo)
www.teatroarsenale.it promozione@teatroarsenale.it mezzi pubblici tram 2,3,14 autobus 50,58,94 metrò linea 2 ( Sant’Ambrogio ) linea 1 e 3 ( Duomo )
Sito nell’attuale Via Cesare Correnti tra il civico 7 e il civico 11 senza diritto toponomastico a un numero proprio, l'assente 9, l’Arsenale è dal 1978 un centro di iniziative artistiche teatrali. L’Arsenale è formato da tre corpi che ne articolano l’attività: Teatro Arsenale, per sala e compagnia, Scuola di Teatro ‘Arsenale’, per l’attività didattica, Arsenale-lab, il corpo più recente, zona di passaggio tra formazione e professione dedicata ai più giovani. All’Arsenale si sono uniti recentemente due nuovi partner, da tempo coprotagonisti di molte attività, il Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società, Corso di scenografia e MMTCreativeLab. Natura profonda dell’Arsenale è quella di matrice di persone, idee, spettacoli e iniziative, tutte volte all’arte del teatro, alla loro conoscenza, al loro approfondimento, al loro insegnamento. Si pone quindi, l’Arsenale, come riferimento e non come contenitore, come centro e motore di fantasia e non come ingranaggio di un ripetitivo meccanismo teatrale. La sede è un antico edificio, più volte rimaneggiato, la cui prima pietra fu posta nel 1272. Nel corso dei secoli è stato alternativamente chiesa, teatro, collegio e scuola. Profondamente ricco di storia, luogo di emblematici avvenimenti della vita spirituale ed artistica milanese, ha un fascino particolare che colpisce chiunque vi entri. È un luogo accogliente, dove ci si sente di casa e dove il rapporto tra pubblico, scena ed attori è più intimo e sentito che negli spazi tradizionali. Le sue caratteristiche architettoniche, artistiche e gestionali lo hanno posto spesso in contrasto con l'andamento generale delle cose, e l’Arsenale ha passato non pochi guai... ma il potente genius loci che vi abita ha finora reso possibile la sua sopravvivenza e la sua continuità. L’Arsenale è diretto da Marina Spreafico.
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Nella giungla delle città
dal 12 al 24 novembre al Teatro Arsenale produzione Teatro Arsenale
di Bertolt Brecht traduzione di Paolo Chiarini adattamento e regia di Marina Spreafico con Marino Campanaro, Giovanni Di Piano, Mario Ficarazzo, Paui Galli, Vanessa Korn, Claudia Lawrence, Mattia Maffezzoli, Lorena Nocera e Fabrizio Rocchi spazio scenico di Pierluigi Salvadeo ambientazione sonora di Walter Prati luci di Christian Laface
Nella giungla delle città - Im dickicht der städte (1921-1923) è uno dei primi lavori di Bertolt Brecht e risente della forza nascente delle opere prime. Ambientato in svariati luoghi di una città contemporanea, il testo mette in rilievo i conflitti tra generazioni, tra cultura e sottocultura, tra autoctoni e immigrati, tra economia e sentimento. Temi tutti più che mai attuali. Sono un autore drammatico. Mostro quel che ho veduto. Sui mercati d'uomini ho veduto come si commercia l'uomo. Questo mostro, io, l'autore drammatico. Come insieme nelle stanze si adunano a fare progetti o con manganelli di caucciù o con denaro, come stanno per le strade e aspettano, come gli uni agli altri preparano insidie pieni di speranza, come fissano appuntamenti, come a vicenda si impiccano, come si amano, come difendono la preda, come mangiano, questo io mostro. Le parole che si rimandano, le riferisco. Quel che dice la madre al figlio, quel che ordina chi dà lavoro a chi lo esegue, quel che risponde la moglie al marito, tutte le parole di preghiera, di comando, di implorazione, di equivoco, di menzogna o ignoranza, di bellezza o di offesa, tutte io riferisco… Canto dell'autore drammatico ( Bertolt Brecht )
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Nato ad Augsburg nel 1898, nel 1920 si stabilì a Monaco, dove scrisse Im dickicht der städte (Nella giungla delle città, 1921-22). Nel 1924 si trasferì a Berlino dove iniziò a lavorare con il regista Erwin Piscator che stava sperimentando una nuova forma di "teatro proletario". Sotto l'influenza di Piscator, Brecht iniziò ad elaborare la propria teoria del "Teatro epico". Il 28 febbraio 1933 lasciò la Germania recandosi prima a Zurigo e, nel 1940, negli Stati Uniti. Stabilitosi in California, frequentò i numerosi intellettuali tedeschi che avevano trovato rifugio negli USA. Nel 1947 venne interrogato dal famigerato "Comitato contro le attività antiamericane" presieduto dal senatore McCarty che nell'immediato dopoguerra condusse una violentissima campagna accusatoria contro gli intellettuali democratici e di sinistra. Nello stesso anno lasciò gli Stati Uniti. Nel 1948 decise di accettare la sovrintendenza del Deutsches Theater e si stabilì a Berlino est. Gli anni successivi furono caratterizzati da una continua oscillazione tra successi e difficoltà politiche con il regime filosovietico della Germania orientale. Da un lato Brecht rappresentava per la Germania est un raro esempio di intellettuale tedesco che aveva scelto di vivere e lavorare in quel Paese; dall’altra il suo anticonformismo gli impedì di omologarsi mantenendo un’indipendenza critica poco gradita alle autorità. Morì nel 1956. Secondo la sua volontà venne sepolto a Berlino di fronte alle tombe di Hegel e di Fichte.
di Riccardo Mini dal testo di Giorgio Boatti regia di Valentina Colorni con la Compagnia Teatro Arsenale spazio scenico di Massimo Scheurer ambientazione sonora di Walter Prati luci di Christian Laface
Preferirei di no è una drammaturgia realizzata a partire dal libro di Giorgio Boatti (Einaudi 2001), la storia dei dodici professori che, nel 1931, dissero di no a Mussolini. Quando la dittatura fascista impose ai professori universitari il giuramento di fedeltà, su oltre 1200 fra ordinari e incaricati, solo dodici si rifiutarono di piegarsi al duce, perdendo la cattedra e subendo, nell’Italia massicciamente sottomessa al regime, un raggelante isolamento, venendo esclusi da tutte le accademie e le associazioni del Regno. Erano intellettuali differenti per origine, carattere, modo di pensare, estrazione sociale. In quell’autunno impartirono la più magistrale delle lezioni, insegnando che dire no è una scelta dovuta, prima di tutto a se stessi. L’imposizione del giuramento rappresentò
una ferita per ogni libera coscienza, alla quale i dodici risposero con la singolare forza della loro testimonianza. Il loro gesto, privo di enfasi, fu il risultato di uno scarto individuale rispetto a quei modelli di uniformità e di irreggimentazione dell’intellettualità che cominciavano a imporsi in quegli anni e che costituirono una costante del ventennio fascista. Lo spettacolo, prendendo spunto dalla ricostruzione storica di Giorgio Boatti, vuole ripercorrere i tragitti di vita, talvolta intrecciati tra loro, di alcuni di questi dodici isolati viaggiatori che, pur nella diversità della loro estrazione socioculturale e delle loro idee politiche e convinzioni religiose, fecero una scelta individuale rigorosissima; mondi di umanità e semplicità che sanno parlare, ancora oggi, con forza ed efficacia.
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Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini
al Teatro Arsenale produzione Teatro Arsenale
Preferirei di no
dal 10 al 26 gennaio
Un viaggio nella musica
La lezione di musica e Solve et Coagula
dal 19 al 24 febbraio al Teatro Arsenale produzione Teatro Arsenale
libretto di Marco Beasley musiche di Guido Morini altri testi e regia di Marina Spreafico con Marina Spreafico, Arsenale-lab e Guido Morini direzione e cembalo Marco Beasley canto Elisa Citterio e Rossella Croce violini Gianni Maraldi viola Marco Frezzato violoncello Franco Pavan tiorba luci di Christian Laface
Il pubblico si prepari a partire per un viaggio che attraverso la strada di un’originale lezione di musica approda ad un’opera musicale. Il viaggio dura sei giorni: i primi quattro sono dedicati alla Lezione di musica, gli ultimi due all’opera Solve et Coagula. Scopo principale è quello di fornire una chiave per aprire porte chiuse o semichiuse del mondo musicale, per poter poi gioire maggiormente della musica. Come capire di più quello che ascoltiamo e quindi averne maggior piacere? Senza chiavi di accesso tutto diventa qualsiasi, siamo vittime di un ‘mi piace’ ‘non mi piace’ un pò casuale. Tentano di rispondere a questa domanda Guido Morini, uno dei più noti musicisti che si dedicano alla musica antica, compositore, organista e cembalista e Marina Spreafico in questo caso presentatore, nella prima parte; Accordo-ne Ensemble con Marco Beasley nella seconda. La prima parte del viaggio è dunque un concerto-spettacolo-conversazione, la seconda parte ap-proderà all’opera Solve et Coagula. Dice 1947 Guido Morini autore delle musiche dell’opera: “Dopo l'avvento della registrazione discografica e ancor più con l'enorme diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, ascoltare musica è diventato quasi un obbligo: viviamo sollecitati ogni giorno da una moltitudine di stimoli sonori diversi, tanto che siamo giunti a considerare egualmente familiari e contemporanee 60
espressioni musicali in realtà assai lontane nel tempo e nello spazio. Accordone, l’ensemble musicale creato con Marco Beasley, si ispira ai valori, alla poetica e alle capacità del musicista antico: affianchiamo all’interpretazione della letteratura del passato la composizione di nuove musiche. Ci impegniamo a coniugare l'eredità culturale con il presente. Difendiamo la forza dell’identità nella tradizione, certi che la modernità di una qualsiasi espressione artistica non implichi il rifiuto del passato né la sterile ricerca del “nuovo” a tutti i costi”. Marco Beasley, cantante e autore del libretto di Solve et Coagula: “Questo lavoro è dedicato a Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, morto nel 1771. Esperto di architettura e di arti militari, studioso del sanscrito, dell’ebraico e del greco antico, amante dell’arte musicale, inventore di nuovi procedimenti tipografici, Accademico della Crusca, primo Gran Maestro della Massoneria Napoletana, ma soprattutto scienziato ed esperto dell’arte alchemica. Dei suoi misteriosi esperimenti, per i quali veniva accusato di stregoneria dal popolo, sono rimaste poche ma importanti testimonianze, la maggior parte raccolte nella Cappella Sansevero, sita nel palazzo di famiglia, strabiliante monumento all’arte scultorea del secolo XVIII e autentico percorso simbolico e spirituale”.
di Ryunosuke Akutagawa adattamento e regia di Kuniaki Ida con Compagnia Teatro Arsenale e Arsenale-Lab luci di Christian Laface
Dopo il successo di Kafka sulla spiaggia, lo spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Murakami, Kuniaki Ida si ispira questa volta ad un altro grande scrittore del ‘900 giapponese, Ryunosuke Akutagawa, autore di brevi racconti che, rifacendosi spesso per l’ambientazione all’ antico Giappone, si immettono poi nel moderno filone noir di ispirazione europea. La storia di Hell screen è narrata da un anonimo personaggio, al servizio del Gran Signore Horikawa. È pittore di corte un eccelso artista, Yoshihide, che ha fama di avere poteri soprannaturali. Uomo dal carattere spigoloso e ostile, ama solamente la sua unica figlia, che i pettegolezzi di corte vogliono essere amata a sua volta dal signore di casa. Per questo Yoshihide chiede insistentemente e senza successo a Horikawa di liberarla dal servizio. Un giorno Horikawa commissiona a Yoshihide un grande paravento che rappresenti scene dell’inferno buddista. Abituato a trarre ispirazione dalla realtà, l’orribile morte della figlia sarà il soggetto che gli permetterà di terminare il suo capolavoro.
Ryunosuke Akutagawa (1892-1927), autore di racconti, poeta e saggista, è uno dei massimi scrittori giapponesi del ‘900. In Occidente la sua fama è legata soprattutto al racconto Rashomon, cui si ispirò Kurosawa per realizzare l'omonimo film, premiato con il Leone d'Oro a Venezia nel 1951.Nato a Tokyo da genitori anziani, la madre manifestò presto i segni della pazzia. Per questo all'età di un anno il giovane Ryunosuke Akutagawa venne affidato agli zii materni. La sua nuova famiglia, discendente di samurai, lo accolse amorevolmente facendolo crescere in un ambiente culturalmente raffinato e stimolante. Laureato in letteratura inglese all’Università di Tokyo, raggiunse presto la fama come scrittore. La paura di avere ereditato la follia materna lo perseguitò tutta la vita fino al suicidio, avvenuto nel 1927, all’età di 35 anni.
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Racconto d’ inferno
al Teatro Arsenale produzione Teatro Arsenale
Hell screen
dal 2 al 15 luglio
Teatro Carcano Corso di Porta Romana,63 20122 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 55181362 - 77 fax 02 55181355 lunedì 10.00 - 18.30 da martedì a sabato 10.00 - 20.00 domenica 13.00 - 18.30
www.teatrocarcano.com info@teatrocarcano.com mezzi pubblici tram 16,24 autobus 77,94 metrò linea 3 (Crocetta)
DAL 1803 DUECENTODIECI ANNI DI SPETTACOLO
Inaugurato nel 1803, il Teatro Carcano ha ospitato le prime rappresentazioni di capolavori dell’opera lirica e della prosa. Dopo varie vicissitudini, le distruzioni della guerra, la parentesi dell’avanspettacolo e la trasformazione in sala cinematografica, nel 1980 viene recuperato alle sue origini di teatro di produzione e ospitalità e da allora svolge un ruolo fondamentale nella vita culturale milanese. Tra i grandi attori e attrici che si sono alternati in questi anni sul suo palcoscenico ricordiamo Salvo Randone, Giulio Bosetti, Anna Proclemer, Gabriele Lavia, Alberto Lionello, Piera Degli Esposti, Monica Guerritore, Marcello Mastroianni, Valeria Moriconi, Vittorio Gassman, Marina Bonfigli, Giorgio Albertazzi, Giuliana Lojodice, Nino Manfredi, Ottavia Piccolo, Aroldo Tieri, Gianrico Tedeschi, Marina Malfatti, Giorgio Gaber, Franca Rame, Lella Costa, Paolo Poli, Isa Danieli, Mariano Rigillo e il premio Nobel Dario Fo. Numerosi anche gli spettacoli di danza che hanno visto protagonisti, tra gli altri, Carla Fracci, Luciana Savignano, Louis Falco, David Parsons, Oriella Dorella, Cristina Hoyos, Daniel Ezralow, Michael Clark. Per il quarto anno sotto la direzione artistica di Marina Bonfigli, anche per la stagione 2013/2014 il Carcano rispetta la vocazione che da tempo lo caratterizza e identifica come il teatro milanese della grande prosa, nella convinzione sia fondamentale continuare a trasmettere a tutte le generazioni di spettatori l’alto valore della parola: ben scritta, ben recitata, ben diretta. Il Teatro Carcano è presente in Invito a Teatro 2013/2014 con tre spettacoli di produzione (due riprese e una novità). A novembre verrà riproposto Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello nella magistrale, ormai storica regia di Giulio Bosetti: un’opera che, edizione dopo edizione, non manca di affascinare il pubblico, stregato dalla sua misteriosa teatralità. A gennaio, a un anno esatto dal trionfale debutto nazionale, torna in scena La coscienza di Zeno di Tullio Kezich dal romanzo di Italo Svevo nella raffinata regia di Maurizio Scaparro. Protagonista Giuseppe Pambieri, attore fra i più versatili del teatro italiano, che tratteggia il personaggio di Zeno Cosini con tocchi ironici e meditativi. Pambieri sarà inoltre interprete de L’infinito Giacomo, scritto e diretto da Giuseppe Argirò: un viaggio appassionante alla scoperta dell’umanità irriverente di Giacomo Leopardi e del suo spirito dissacrante attraverso le sue opere immortali.
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Sei personaggi in cerca d’autore
dal 14 al 24 novembre al Teatro Carcano produzione Teatro Carcano
di Lugi Pirandello regia di Giulio Bosetti con Antonio Salines, Edoardo Siravo, Silvia Ferretti, Paola Rinaldi, Michele Di Giacomo e Marina Bonfigli costumi di Carla Ricotti movimenti mimici di Marise Flach musiche di Giancarlo Chiaramello
Sei personaggi in cerca d’autore ha debuttato in prima nazionale al Teatro Carcano nell’ottobre 2008, accolto con estremo calore dal pubblico e ottenendo ottime recensioni. Giulio Bosetti, profondo conoscitore del teatro pirandelliano e soprattutto di questo testo, lo diresse in modo esemplare, con amore, rigore e rispetto, ponendo particolare attenzione ai dettagli, alla precisione della dizione, alla cura dei movimenti e soprattutto alll’incidenza della parola di Luigi Pirandello. Sei personaggi rappresenta, nel panorama della drammaturgia teatrale, specialmente per la nostra Nazione, un fenomeno irripetibile. Da una parte per il ricorrente, eccezionale e continuo affetto e interesse con il quale viene accolto dagli spettatori ad ogni nuova messa in scena e in special modo dai giovani, che ne rimangono come stregati. Dall'altra per il fascino che esercita su attori, registi e produttori che da esso rimangono eternamente attratti. Come diceva Eleonora Duse "ogni cinque anni un capolavoro è novità" e non possiamo che concordare con questo concetto. La messa in scena del Teatro Carcano è alla sesta ripresa consecutiva dal 2008, anno nel quale Giulio Bosetti ne curò la regia dopo averlo già interpretato o
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prodotto tre volte: negli anni '50 nei ruoli del Figlio, a metà degli anni '70 e a metà degli '80 come produttore e nel ruolo del Padre. Per poi approdare all'attuale edizione nella quale, anche regista, ritagliò per sé il ruolo del capocomico, lasciando al suo amico Antonio Salines quello del Padre e affidando poi a Edoardo Siravo, a causa della malattia che lo colse proprio all'inizio dell'estate di quell'anno, il ruolo che avrebbe dovuto interpretare. Per sua stessa ammissione Salines è, forse dall'edizione di De Lullo / Valli, il più completo "Padre" che si possa immaginare. Da ricordare infine l'edizione del 1983 per la regia di Giuseppe Patroni Griffi all'apice della sua creatività, nella quale Bosetti fu affiancato, oltre che da una straziante Madre interpretata da Marina Bonfigli, da una dilagante Lina Sastri nel ruolo della Figliastra. Proprio in occasione della prima al Teatro Donizetti di Bergamo, il grande critico del Corriere della Sera, Roberto De Monticelli, titolò una plaudente recensione, che spiega, nella sua concisione, il senso profondo di questo capolavoro: "Al Teatro Donizetti di Bergamo torna il brivido di quei sei fantasmi".
drammaturgia e regia di Giuseppe Argirò con Giuseppe Pambieri
La scoperta di un Leopardi inedito, di un genio precocissimo, di un adolescente inquieto, di un amante appassionato, di un uomo che ha il coraggio di guardare la realtà e accettare la verità del dolore senza compromessi e facili giustificazioni. L’umanità irriverente del poeta e il suo spirito dissacrante sono al centro di questo viaggio attraverso le sue opere: l’ Epistolario, lo Zibaldone, gli scritti filosofici e politici, le Operette Morali e i Canti. Il ritratto di un artista senza tempo, al di là di ogni regola, creatore di eterna bellezza. L’imperfezione del genio, in tutta la sua irregolarità, conduce alla solitudine, a un pellegrinaggio estenuante nell’universo. Leopardi è un Re senza regno, è Amleto che arriva oltre il limite del conoscibile, supera la coscienza affermando la vita nel suo groviglio inestricabile di bene e male; per il genio tutto è noia, è tedio incommensurabile. Il poeta di Recanati, con lucido disincanto, affonda a piene mani nella verità e ne trae la radice del dolore. Leopardi non appare così distaccato e lontano dai piaceri terreni, non ci sembra affatto
disinteressato a ciò a cui aspira la gente comune. Giacomo è vulnerabile, ansioso, riservato, schivo, eppure è pervaso da un desiderio inesauribile di vita. Giacomo è goloso, non può fare a meno di dolci, cioccolata, paste alla crema e gelati. In questo ricorda Mozart, altra creatura divina nella sua sregolatezza. La biografia romanzata che esce dalle pagine dell’Epistolario e dello Zibaldone ci aiuta a costruire un ritratto singolare ed inedito del nostro poeta. Leopardi, con grande sincerità, confessa le sue paure come la sua fobia per l’acqua, un fastidio che giungerà al parossismo e alla comicità, culminando nel rifiuto del bagno almeno settimanale. Non mancano gli spunti divertenti per riflettere sul suo rapporto con l’eros e la sessualità. Nelle sue stesse parole, il desiderio di una vita normale è incessante: il dono della poesia appare spesso come una maledizione divina che lo segna come diverso, lo condanna a una sofferenza eterna e lo affranca contro ogni sua volontà dal mondo che lo circonda.
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Vizi e virtù di Giacomo Leopardi - Ritratto inedito del poeta attraverso le sue opere
al Teatro Carcano produzione Teatro Carcano
L’infinito Giacomo
lunedì 9 dicembre
La coscienza di Zeno
dal 24 gennaio al 2 febbraio al Teatro Carcano produzione Teatro Carcano
di Tullio Kezich dal romanzo di Italo Svevo regia di Maurizio Scaparro con Giuseppe Pambieri scene di Lorenzo Cùtuli costumi di Carla Ricotti musiche di Giancarlo Chiaramello
La coscienza di Zeno altro non è che la storia di un piccolo e insignificante uomo dell'inizio del XX secolo, che incarna l'arte di sopravvivere e lo spirito di adattamento dell'uomo contemporaneo, afflitto dai mille mali della vita moderna. Alla banalità di quest'uomo si sommano: la nascita della psicanalisi, lo scoppio di una guerra mondiale e la visione dell'olocausto nucleare. Per il nostro teatro questo spettacolo è il tentativo di proseguire nella rappresentazione dei grandi temi della drammaturgia contemporanea. Un grande testo per un grande Giuseppe Pambieri. Dopo l’enorme riscontro di critica e di pubblico ottenuto in occasione debutto nazionale dello scorso gennaio e della successiva, acclamata tournée, lo spettacolo viene ripreso in sede per due settimane di repliche straordinarie proseguendo poi il suo giro per i maggiori teatri italiani. Sullo sfondo di una Trieste cosmopolita e mercantile ma anche crogiolo culturale della mitteleuropa
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tra la fine della Belle Epoque e la Prima Guerra Mondiale, si svolge la vicenda di Zeno Cosini, che, partendo da una seduta psicanalitica, evoca i momenti salienti della sua vita (la morte del padre, l’amore non ricambiato per una fanciulla, il matrimonio di ripiego con una sorella di lei, la rivalità con il cognato Guido - che muore suicida la relazione extraconiugale con Carla). Fragile e inadeguato di fronte ai cambiamenti della società, pieno di tic e di nevrosi, si dichiara “malato”, ma la sua malattia è tutta di origine psicologica. Di fronte alla vita Zeno riesce però sempre a mantenere un atteggiamento ironico e distaccato (“La vita non è né brutta né bella, ma è originale”) che gli permetterà di capirla meglio e, quindi, di crescere; uomo nuovo in cerca di un modo di essere plausibile in un mondo che sembra sfuggirgli. Sarà lui a dire il bellissimo, inquietante monologo finale sulla ferocia e l’inutilità di quella guerra che di lì a poco avrebbe rivoluzionato tutto.
Teatro della Cooperativa Via Hermada,8 20162 Milano
prenotazioni e informazioni da lunedì a venerdì 15.00 - 19.00 sabato 18.00 - 20.00 domenica 14.00 - 15.30 (solo nei giorni di spettacolo)
biglietteria tel. 02 64749997 fax 02 6420761
www.teatrodellacooperativa.it info@teatrodellacooperativa.it mezzi pubblici tram 4 autobus 42, 51, 83 metrò linea 3 (Maciachini) linea 5 (Cà Granda)
Il Teatro della Cooperativa è stato fondato, grazie al sostegno della Società Edificatrice Abitare, alla fine del 2001 dal drammaturgo, regista e attore Renato Sarti, già collaboratore del Piccolo Teatro con Giorgio Strehler e del Teatro dell’Elfo, nonché vincitore dei premi I.D.I, Vallecorsi, Riccione Produzione e dell’Ambrogino d’Oro del Comune di Milano. Nella convinzione che il Teatro debba avere una funzione sociale come spazio in cui una comunità possa ancora riconoscersi e condividere un’esperienza unica e viva, il Teatro della Cooperativa, che si inserisce nel tessuto sociale del quartiere Niguarda, ha avviato un progetto di riqualificazione culturale della periferia, con il principale obiettivo di sviluppare un centro di produzione teatrale e di promozione culturale in grado di porsi come punto di riferimento non solo per la zona 9, ma anche per la città e l’intera provincia. Nell’arco di undici anni il Teatro si è affermato nel panorama teatrale nazionale con oltre 300 compagnie ospiti, quasi 110.000 spettatori e una trentina di produzioni che hanno ottenuto un ottimo riscontro di pubblico e critica, toccando quasi tutte le regioni d’Italia e trovando ospitalità presso teatri prestigiosi quali il Piccolo Teatro di Milano, l’Eliseo, l'India e il Valle di Roma, il Teatro Greco Antico di Siracusa, il Teatro Due di Parma, il Duse e l’Archivolto di Genova. Tra gli spettacoli prodotti dalla Compagnia ricordiamo: I me ciamava per nome: 44.787 - Risiera di San Sabba e Nome di battaglia Lia, ambedue rappresentati anche presso la Sala della Lupa di Montecitorio; Mai Morti e La nave fantasma; Shot (Foibe); Ritter, Dene, Voss; e ancora Io Santo, tu Beato !, Chicago Boys e Muri - prima e dopo Basaglia, Premio Anima 2012 e testo finalista al Premio Riccione, che si avvale della prestigiosa interpretazione di Giulia Lazzarini. Per scelta e vocazione il Teatro della Cooperativa ospita e produce esclusivamente spettacoli di drammaturgia contemporanea, con un'attenzione anche verso il linguaggio comico e popolare. La stagione 2013/14 è dedicata ad Angelo Cecchelin, artista antifascista spesso definito il Petrolini triestino che, come sottolineava Strehler, “ha sacrificato la sua vita per far ridere la gente”. Cecchelin ha costruito il suo repertorio sul witz, “motto di spirito capace di aprire le porte al sapere” tipico dell’umorismo yiddish, a cui hanno fatto ricorso illustri esponenti del teatro mitteleuropeo, da Nestroy a Karl Kraus, da Karl Valentin a Brecht, fino a Dürrenmatt e Thomas Bernhard.
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Io Santo, tu Beato!
dal 20 novembre al 1° dicembre al Teatro della Cooperativa produzione Teatro della Cooperativa
testo e regia di Renato Sarti in collaborazione con Bebo Storti con Bebo Storti, Renato Sarti e Delma Pompeo voce ‘Radiomariacensura’ di Daniele Luttazzi scene e costumi di Carlo Sala musiche di Carlo Boccadoro foto di Emiliano Boga
Papa Pacelli è un elegantissimo Pantalone che parla latinorum; Padre Pio è un Balanzone pugliese ultras del Foggia. I due si incontrano nell’aldilà e, dopo i convenevoli di rito e aver rievocato “summissa voce” alcune pagine poco edificanti della storia della Chiesa, vengono a sapere che Papa Wojtyla ha proclamato 482 Santi e 1338 Beati e in paradiso è rimasto un posto solo. Fra loro si scatena una lotta senza esclusione di colpi. Papa Pacelli accusa Padre Pio di mercimonio paganeggiante e di aver trasformato San Giovanni Rotondo nella Las Vegas del Gargano, ma a sua volta è accusato del pesante silenzio del Vaticano rispetto allo sterminio nazifascista. A dirimere l’aspra contesa giungerà nientemeno che Dio in carne e ossa: una ballerina brasiliana di colore, che
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non solo canta, si dimena e invita le pecorelle presenti ad amarsi e gioire della vita, ma fa anche riferimento alla Teologia della Liberazione e alle esperienze di uomini di Chiesa straordinari come Padre Zanotelli e Don Gallo. Sarti e Storti fanno ricorso alla Commedia dell’Arte e non rinunciano a ricordare, con un trascinante blues finale, il profondo messaggio del Vangelo, mettendo in rilievo la discrasia fra i vertici del Vaticano e quei sacerdoti che operano nel sociale a difesa e in aiuto degli ultimi della terra. Dopo secoli di vessazioni, denunce, arresti e censure, una piccola vendetta pacifica del Teatro, consumata grazie a una delle sue armi più congeniali ed efficaci: quella tagliente dello sghignazzo.
al Teatro della Cooperativa coproduzione Teatro della Cooperativa e Canora
di Eugène Ionesco regia di Marco Rampoldi con Leonardo Manera, Max Pisu, Diego Parassole, Stefania Pepe e Roberta Petrozzi
Interno borghese, molto inglese, nei dintorni di Londra. Il signore e la signora Smith hanno appena finito di cenare e conversano, mentre lui legge un giornale inglese, e lei rammenda un paio di calze inglesi. La loro conversazione sembra non avere alcun senso logico, ma loro sembrano non accorgersene. Stanno per andarsene a letto, quando la cameriera annuncia l’arrivo dei signori Martin, invitati per cena. Mentre i padroni di casa si cambiano, per rientrare con gli abiti che avevano addosso, gli ospiti, conversando, si rendono conto di essere marito e moglie, scoperta che verrà in realtà smentita dalla cameriera, sulla base di prove ‘incontrovertibili’. La conversazione fra i quattro amici fatica a decollare, ma per fortuna ad animare la serata arriva il pompiere, in cerca di un fuoco, perché ormai in giro si trova al massimo qualche bruciore di stomaco… La cantatrice calva, dal suo debutto nel 1950, ha scardinato tutte le regole del Teatro, riuscendo a raccontare il senso di vuoto della società borghese con una scrittura rapida, sorprendente e divertentissima: il debutto di Ionesco entusiasmò gli artisti ed appassionò il pubblico, che accorse alle migliaia di repliche al Teatro de la Huchette, aprendo la grande stagione del Teatro dell’assurdo (o, come preferito dagli artefici, ‘di derisione’). “Quando gli uomini non hanno niente da dire, possono le loro parole significare qualcosa ?”
Questa edizione nasce dal desiderio di lavorare insieme. Tre comici amici (o amici comici), che hanno condiviso (magari a volte a distanza) buona parte del percorso artistico: dalla gavetta nei locali, passando per la grande avventura degli anni d’oro di Zelig, fino alla matura ricerca di una comunicazione più teatrale. Due attrici di prosa, Stefania Pepe e Roberta Petrozzi, che hanno una naturale predisposizione a fare coppia, e hanno in tal forma calcato molti palcoscenici milanesi. Una serie di relazioni incrociate fra i due gruppi che, fra stanze comunicanti, mini-sit, voci fuori campo e quant’altro, fa sì che questo gruppo, forse apparentemente contraddittorio, risulti in realtà assolutamente coeso. In più, da parte di tutti, una grandissima attenzione al linguaggio. Quali presupposti migliori per rileggere con scanzonato rigore questo capolavoro, che mette in luce con esilarante ferocia l’effimeratezza dei rapporti e della comunicazione verbale ? Con un tuffo catartico nell’assurdo che si cela sotto (o dentro ?) la normalità quotidiana. Nei dintorni di Londra come in quelli di Milano, o di qualsiasi altra città del mondo (occidentale…). E la cameriera ? Beh… il suo vero nome è Sherlock Holmes.
Marco Rampoldi
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La cantatrice calva
dal 4 al 16 febbraio
Otello Spritz
dal 25 febbraio al 9 marzo al Teatro Leonardo da Vinci produzione Teatro della Cooperativa con il sostegno di Regione Lombardia - Progetto Next 2012 da William Shakespeare adattamento di Renato Sarti in collaborazione con Bebo Storti regia di Renato Sarti con Renato Sarti, Bebo Storti e Elèna Novoselova scene e costumi di Carlo Sala musiche di Carlo Boccadoro luci di Claudio De Pace
“Da quattro secoli mi danno della puttana e mi uccidono. È ora di piantarla!” Il grido d’accusa che lancia Desdemona prima di impugnare una calibro 8 e crivellare di proiettili Otello e Iago, due infami senza pari, dà voce al silenzio a cui spesso sono costrette le vittime di femminicidio. Ogni tre giorni in Italia, nei modi più feroci, viene uccisa una donna, e sono molte di più ad essere picchiate e maltrattate. Nelle mani di compagni, fidanzati, amanti, padri e mariti, innocui oggetti d’uso quotidiano si trasformano in armi micidiali: una mattanza continua che reclama un finale diverso della tragedia di Shakespeare. Bisogna lanciare un urlo potente che infranga le pareti del teatro, riecheggi nelle strade, nelle piazze e riesca a penetrare all’interno delle mura “amiche”, troppo spesso scenario di questi orrendi delitti. Da secoli l’uomo concepisce la donna come una sua proprietà, è ora di finirla. Il messaggio dev’essere chiaro e inequivocabile. Otello e Iago fanno parte della galleria dei villain shakespeariani al pari di Re Lear, Macbeth, Riccardo III, Tito Andronico e Amleto; padri ingrati, tiranni spietati, feroci assassini, figli incapaci. Emblema dello straniero che si è affermato con successo in una realtà di-
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versa dalla sua, Otello, oltre a un ruolo di grande prestigio, è riuscito a conquistare anche il cuore della giovane e bella Desdemona, figlia di un oligarca russo padrone di mezza Venezia. Ex calciatore di fama mondiale convertito alla politica, lui, il Moro, milita in un partito vagamente xenofobo ed è diventato Presidente della Regione Veneto. Fra macchine di lusso, yacht, viaggi e party i due innamorati conducono una vita molto spumeggiante. Ma quella che sembrava essere una fiaba veramente spritz, a un certo punto si trasforma nella tragedia più cupa, perché nell’animo del “maschio” la violenza, come il magma in un vulcano apparentemente sopito, è sempre pronta a esplodere. In una riscrittura così concepita dell’Otello – assolutamente di parte –, il confine che separa la realtà dalla finzione non può che essere estremamente labile, perché solo così, forse, si può ottenere una reazione di autentico sdegno. È per questo che alle donne in sala, alla fine dello spettacolo, viene chiesto di prendere direttamente parte al “gioco al massacro” in atto. La catarsi per loro consisterà nello schierarsi platealmente e senza mezzi termini dalla parte di Desdemona.
Renato Sarti
al Teatro della Cooperativa produzione Teatro della Cooperativa
di Stefano Massini regia di Renato Sarti con Federica Fabiani e Vincenza Pastore luci di Luca Grimaldi e Marco Mosca
Un dialogo ad altissima tensione. Dopo undici anni di silenzio, una madre, scrittrice di successo, va a trovare la figlia, ex brigatista, in prigione. Il silenzio, come il caldo, è soffocante, e a volte è più pesante delle parole stesse. Parole mai dette, per volontà o difficoltà, ed è una sfida. Ora, per la prima volta dopo undici anni, sono una di fronte all’altra, ed è un togliersi e mettersi maschere. La forza nasconde spesso paure, alibi, orgoglio. Una gabbia. Non solo quella fisica del carcere o della piccola stanza del parlatorio, ma una gabbia dell’anima che ciascuno si costruisce addosso giorno per giorno senza accorgersene, gabbie sociali, gabbie comunicative, dettate talvolta da scelte di vita spesso solo apparentemente opposte. Gabbie di ruolo: madre-figlia. La gabbia di un dialogo da sempre rimandato, sfuggito, evitato, finché a poco a poco, nel vuoto siderale della stanza, si assiste al lento riaffiorare di discorsi perduti, occasioni mancate, e forse alla fine si troveranno possibili incroci, anche se di strade diverse. In un rapporto difficile, uno scontrarsi su convinzioni personali, sull’arte e sul vivere politico nella difficile cornice di un rapporto familiare complesso e distante.
“Ho sempre provato una forte attrazione per quei luoghi insospettati che si rivelano, nei fatti, autentici contenitori di parole. Luoghi che sono involucri di storie, scenari inconsapevoli e costanti di relazioni umane. Fra questi spazi c’è il parlatorio del carcere. Un luogo adibito soltanto a dialoghi. Uno spazio che nasce con l’esatta vocazione di accogliere scontri, incontri, racconti, confronti. E proprio per questa vocazione acquista una potente identità teatrale. Mi interessa esaminare il rapporto lucido, spietato, che rende quelle quattro pareti spettatrici silenti dei drammi di una sterminata umanità. Ho provato a pensare a quante possibilità di dialogo si aprano attorno al tavolo di un parlatorio, ed ho visto sfilare davanti ai miei occhi una schiera di ruoli sociali, una moltitudine di temi, di situazioni, di incastri della vita. Cos’è questo se non Teatro ? Per di più tutto questo materiale è reso molto efficace dallo sprone di una impellente urgenza, che lega i personaggi alla ricerca di soluzioni necessarie, sullo sfondo di conflitti irrisolti e incapacità di sostenere gli equilibri sociali. La scommessa sta nel tentativo di fotografare piccole storie di singoli individui come simbolo /paradigma di più complessi fenomeni sociali, qui drammaticamente inquadrati nell’edificio della reclusione e dell’espiazione.”
Stefano Massini
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La gabbia (figlia di notaio)
dal 25 al 30 marzo
The great disaster
dal 5 al 17 maggio al Teatro della Cooperativa produzione Teatro della Cooperativa
di Patrick Kermann traduzione di Matthieu Pastore regia di Renato Sarti con Matthieu Pastore musiche di Carlo Boccadoro
È la storia di Giovanni Pastore, ma potrebbe essere la storia di migliaia di altri ragazzi che, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, hanno deciso di emigrare, di fuggire dalle campagne italiane per inseguire il sogno americano. È una storia violentemente banale, la comune parabola di un sogno frantumato, di una vita annegata tra le onde del destino, che riecheggia nella memoria di tutti i migranti, quelli di ieri e quelli di oggi. A vent’anni, Giovanni Pastore decide di lasciare la sua montagna in Friuli. Abbandona la mamma, le pecore, la natura e il suo amore per Cecilia e si lancia in un giro dell’Europa che, attraverso scoperte, scontri ed incontri, lo porterà, di appuntamenti in casualità, ad imbarcarsi sul Titanic, la nave dei sogni. Non come viaggiatore, non come clandestino, ma come lavoratore. Giovanni Pastore, lavapiatti del ristorante à la carte sul Titanic, addetto ai cucchiaini.
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“The great disaster” è la storia di un naufragio, o piuttosto di un galleggiamento, nel limbo della Storia. È la storia di un uomo ingenuo e sognatore schiacciato dai sogni del liberalismo. È il profondo e atemporale dislivello sociale che divide l’esistenza degli uomini nella vita e nella morte. È la cerniera arrugginita di un mondo che, piano piano, tragicamente, ineluttabilmente, annega nelle onde della Storia.
“ E hop vent’anni nelle montagne quindici anni ad imparare il francese e il tedesco cinque giorni a lavare cucchiaini, e l’eternità a raccontare sempre la stessa storia: questa è la vita di Giovanni Pastore che non avrebbe mai dovuto lasciare la mamma.”
di Alan Bennett traduzione e adattamento di Edoardo Erba regia di Marco Rampoldi con Alessandra Faiella, Max Pisu e con la partecipazione di Claudio Moneta costumi di Roberto Chiocchi foto di Emiliano Boga
Dopo tre settimane di sold-out e oltre 4.000 spettatori durante la scorsa stagione, torna il grandissimo successo letterario di Alan Bennett (già autore di “The history boys”). Immaginate di rientrare una sera, dopo esser stati al Covent Garden per assistere a una splendida esecuzione del vostro amatissimo “Così fan tutte”, e trovare la vostra casa svuotata. Non rapinata – anzi “svaligiata” perché anche nei momenti più difficili la precisione non deve venir meno: “le banche si rapinano, la case si svaligiano” – proprio completamente svuotata. Senza una sedia su cui lasciarsi cadere, un fornello con cui scaldare dell’acqua per fare un po’ di the, un telefono da cui chiamare la polizia (il cellulare non l’avete perché, per un avvocato maniaco della precisione, “rivela mancanza di organizzazione”). Persino la moquette è stata strappata… “l’avranno usata per avvoltolare lo stereo…”. Immaginate di dover vagare per cercare aiuto e di incontrare personaggi sempre più stravaganti, mano a mano che i giorni passano e
dei vostri “effetti personali” non compare traccia… mentre voi vi adattate a vivere come campeggiatori in casa, trovandovi a fare i conti con le vostre identità e certezze… Alessandra Faiella e Max Pisu vestono i panni dei beneducati Mrs e Mr Ransome del capolavoro di Alan Bennett, prestando la propria sapienza comica ai loro turbamenti, discussioni, contraddizioni, di fronte alla girandola di situazioni inattese che minano profondamente la granitica abitudine della coppia. In un percorso in cui entrano in contatto con una divertente galleria di personaggi strampalati eppur credibili, incarnazione di un “altro” indispensabile ai coniugi per poter (non) comunicare, che ha, in tutte le sue varianti, la voce e il corpo di Claudio Moneta. In un percorso che potrebbe essere la pietra tombale del loro rapporto, o forse l’inizio di una nuova esistenza libera dalle soffocanti convenzioni, i protagonisti sperimentano come la realtà possa essere contemporaneamente tragica ed esilarante. Dipende dal punto di vista.
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The clothes stood they up in
al Teatro della Cooperativa produzione Teatro della Cooperativa
Nudi e crudi
dal 19 al 25 maggio
Teatro Franco Parenti Via Pier Lombardo,14 20135 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 59995206 lunedì 16.00 - 19.30 da martedì a sabato 10.00 - 14.30 / 16.00 - 19.30 domenica 10.00 - 14.30 il botteghino è aperto nei 90 minuti che precedono l’inizio spettacolo
biglietteria@teatrofrancoparenti.it www.teatrofrancoparenti.it mezzi pubblici tram 9,16 bus 62,77 filobus 90,91,92 metrò linea 3 (Porta Romana)
Con la stagione appena trascorsa, il Teatro Franco Parenti ha festeggiato i suoi primi quarant’anni di vita. Sin da quel lontano 1972 lo spazio è stato un punto di riferimento di vitalità artistica e culturale per Milano, caratterizzandosi per un’idea di teatro proiettata alle novità italiane e straniere, alla rilettura dei classici in chiave contemporanea, con un’intensa e diversificata attività di concerti, rassegne cinematografiche, conferenze, festival, presentazioni di novità editoriali, accanto alla tradizionale programmazione di prosa. Se alcuni spettacoli nati al Franco Parenti - come la Trilogia di Testori - fanno ormai parte della storia del teatro italiano, altri titoli si sono imposti in questi anni per una nuova concezione dello spazio scenico, proiettato verso quella forma di ‘teatro aperto’ che ha caratterizzato le scelte di Andrée Ruth Shammah e che ben si riflette nella nuova architettura del teatro. Inaugurato nel 2008, il nuovo Franco Parenti può a buon diritto definirsi un luogo unico a Milano, specchio della grande energia artistica che lo vive. Un teatro che si rinnova anche nella sua continuità produttiva. Quattro i titoli proposti agli abbonati di Invito a Teatro 2013-2014. Dopo lo straordinario successo nel Don Giovanni diretto da Filippo Timi, e in Ondine, regia Andrée Ruth Shammah, la giovane compagnia del Franco Parenti, diretta dalla stessa regista, tornerà in scena con una nuova produzione: Gli Innamorati di Goldoni, archetipo esilarante degli innamorati di tutte le epoche - compresa la nostra - per la tormentata relazione vissuta dai due protagonisti. Niente più niente al mondo, messa in scena del testo di Massimo Carlotto per la regia del giovane Fabio Cherstich, con l’intensa e apprezzata interpretazione di Annina Pedrini: storia fulminante e senza scampo di una madre che ha appena ucciso la figlia. In scena anche Enigma Moro, con un impegnato Roberto Trifirò che affronta uno dei casi più controversi della nostra storia recente e di scottante attualità visti i recenti ritrovamenti di documenti che hanno fatto riaprire il caso relativo al sequestro di Aldo Moro. A marzo sul palcoscenico una nuova produzione del Teatro Franco Parenti, Peperoni difficili, una commedia agrodolce che oltre a offrirci un meccanismo umoristico perfetto, vede in scena un eccezionale giovane cast. Anche quest’anno il Parenti non smentisce la sua anima e offre numerose attività culturali e di intrattenimento concentrate nel weekend per favorire la partecipazione anche di spettatori più distanti dal centro della città: spettacoli per bambini (3-10 anni), cinema, incontri, brunch&spettacolo, musica per un cartellone da seguire tutto l’anno.
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Niente più niente al mondo
dal 4 al 19 dicembre al Teatro Franco Parenti / sala Tre produzione Teatro Franco Parenti
di Massimo Carlotto spazio scenico e regia di Fabio Cherstich con Annina Pedrini e Marina Occhionero costumi di Sarah Grittini luci di Gigi Saccomandi
Doppia rivelazione in questo potente spettacolo: quella di un giovane talento della regia, Fabio Cherstich e quella della sorprendente interpretazione di Annina Pedrini. Niente più niente al mondo di Massimo Carlotto è una storia fulminante che non concede scampo, racconto in prima persona di una madre che ha appena ucciso la figlia. Come in un delirio, rievoca la propria storia e quella della sua famiglia, mentre snocciola un rosario di cifre, di prezzi, di marche di prodotti, di promozioni, di trasmissioni TV: tutto il suo universo “culturale” in cui la miseria spirituale è parallela a quella economica. Una vita perduta, una vita come tante. Una denuncia che potrebbe sembrare anacronistica a quelli che abbracciano l’ipocrisia di un’Italia ormai definitivamente votata al benessere. Ma qualcuno ancora vive così, e il giallo sta tutto nel decidere se queste persone siano veramente colpevoli dei crimini che compiono.
“Annina Pedrini disegna un personaggio sofferente, rabbioso, meschino e tenero, ragionante e folle, riuscendo a rendere palpabile cinismo, miseria morale, assenza di sentimenti. ”
Magda Poli, Corriere della Sera “Annina Pedrini sfodera un'interpretazione straniante di grande finezza. Fabio Cherstich ci conferma che un buon regista si vede anche da come lavora con gli attori.”
Sara Chiappori, la Repubblica “Piccolo capolavoro di ordinaria follia… Un monologo per delitto che lascia annichiliti e che l'attrice Annina Pedrini porta in scena con maestria guidata dalla regia di Fabio Cherstich. Da non perdere. ”
Tiziana Montrasio, Il Sole24Ore.com
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al Teatro Franco Parenti / sala AcomeA produzione Teatro Franco Parenti
liberamente ispirato all’opera letteraria L’affaire Moro di Leonardo Sciascia
testo e regia di Roberto Trifirò con Roberto Trifirò e Alessandro Tedeschi
Tra verità e noir, uno dei controversi casi italiani. Dopo aver interpretato e diretto con rara sensibilità e capacità di penetrazione Cechov, Beckett, Pirandello, l’artista affronta Leonardo Sciascia, fra i più grandi scrittori e coscienze civili del nostro Paese. “Nella pagina bianca che precede le prime parole de L’affaire Moro, Leonardo Sciascia ha fatto imprimere una frase tratta dal libro La provincia dell’uomo di Elias Canetti: “Qualcuno è morto al momento giusto.” Sappiamo a chi e a cosa Sciascia intendesse riferirla. Essa ricorda a ognuno il lavoro di scavo, il costante anelito di verità che caratterizza la scrittura del grande autore siciliano. Ed è proprio questa ricerca dello smascheramento, applicata a una vicenda così drammatica come L’affaire Moro, ad avermi spronato a tradurre in scrittura scenica le stazioni della prigionia dell’uomo politico di Maglie, allora Presidente della Democrazia Cristiana, avvenuto per mano delle Brigate Rosse. Ho immaginato nella desolazione di uno spazio chiuso il consumarsi delle azioni di
due personaggi, Morald, il Prigioniero, e Moret, il Carceriere, i quali tra crude realtà, fedele ricostruzione storica, lettere, sogni shakespeariani, coesistono e si confrontano, vivendo seppur da opposti versanti, un’attesa spasmodica, nella speranza di una mediazione, di un dialogo con le massime autorità dello Stato. Quest’attesa, così simile e così diversa, sembra accumunarli e costringerli, attraverso metodici rituali quotidiani, a contare insieme, nel deserto della non-azione, i minuti che li separano dal baratro: Morald, il Prigioniero di una liberazione che mai arriverà, Moret, il Carceriere di un riconoscimento, di un titolo di avversario politico da parte dello Stato. Nei pensieri de il Prigioniero , irrompono a tratti i versi rubati al dramma storico shakespeariano che più incarna il peccato originale della politica, il Riccardo III. Il suo destino si accosta così a quello del re deposto, in una metafora teatrale che vorrebbe incarnare una speranza di pace e modificare la memoria della storia, ma che deve ineluttabilmente piegarsi alla volontà dei fatti.”
Roberto Trifirò
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Enigma Moro
dal 19 febbraio al 2 marzo
La verità chiede di essere conosciuta
Peperoni difficili
dal 6 al 23 marzo
al Teatro Franco Parenti / sala Tre produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Jacovacci e Busacca testo e regia di Rosario Lisma con Anna Della Rosa, Ugo Giacomazzi, Rosario Lisma e Andrea Narsi scene e costumi di Eleonora Rossi musiche di Gipo Corrado luci di Luigi Biondi
Si ispira alla tradizione umoristica del ‘900 e alla commedia all’italiana Rosario Lisma, autore vincitore del Premio ETI Nuove Sensibilità 2009 con L’operazione; e attore già apprezzato dalla critica con Castri e Peter Stein. Ambientato nella cucina di un giovane parroco di provincia, Peperoni difficili si ispira a una piccola vicenda realmente accaduta e pone domande sul “mentire a fin di bene”, sulla verità e il diritto di dirla o di saperla. I personaggi coinvolti, oltre al parroco, sono la sua bellissima sorella volontaria in Africa, un bidello allenatore della squadra dell’oratorio, un bancario, colto, brillante e stranamente inconsa-
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pevole di essere spastico. In questa sua ultima commedia, nuova produzione del Teatro Franco Parenti, Lisma è in scena con Anna Della Rosa, grande giovane interprete del teatro italiano, pluripremiata, fra gli altri, con il Duse e gli Olimpici del Teatro, indimenticabile nella Trilogia della villeggiatura con la regia di Servillo e in Blackbird, regia di Lluís Pasqual, ultimamente sugli schermi cinematografici in La grande bellezza. A completare un cast d’eccezione Ugo Giacomazzi e Andrea Narsi che hanno all’attivo numerosi spettacoli come attori, autori e registi, già compagni di viaggio ne L’operazione.
al Teatro Franco Parenti / sala Grande produzione Teatro Franco Parenti di Carlo Goldoni regia di Andrée Ruth Shammah con Matteo De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Umberto Petranca, Marina Rocco e Roberta Rovelli scene di Gian Maurizio Fercioni luci di Gigi Saccomandi
Andrée Ruth Shammah, dopo aver esplorato strade inconsuete della drammaturgia contemporanea italiana, allestendo, nelle ultime stagioni, i testi di Sgorbani, Cavosi, Tarantino e Trevisan, riprende il suo percorso di ricerca sui classici affrontando con la nuova compagnia del Teatro Franco Parenti "Gli innamorati" di Carlo Goldoni. Dopo “La locandiera” e “Sior Todero Brontolon”, la regista torna ad affrontare l'autore veneziano in un testo che intrappola il pubblico in un intreccio dove si ride e ci si riconosce nelle dinamiche amorose che Goldoni ha saputo orchestrare con grande acume e infinita umanità.
"Gli innamorati”, macchina inesorabile adatta alla giovane compagnia di interpreti che reduci dal successo del “ Il Don Giovanni ” di Filippo Timi, dove hanno dimostrato una forte carica teatrale, verranno messi alla prova su un testo dove tormentarsi per amore ed essere poi incapaci di amare diventa lo specchio di un oggi fortemente
nevrotico dove cinismo e romanticismo si mischiano e si intrecciano. La storia è quella di due giovani, Eugenia e Fulgenzio, che per essere l’uno dell’altro troppo innamorati, finiscono per tormentarsi benché niente si opponga al loro amore. Dalla diatriba tra i due si scatena una tensione vibrante che attraversa tutti i personaggi protagonisti della storia e fa sì che agli occhi del pubblico risultino così umani da essere vicini alla nostra sensibilità. Tanto che si può parlare di una commedia moderna, dove l’amore si manifesta attraverso gelosie, musi lunghi per ogni minima ombra, puerili ripicche, arrabbiature, scene di disperazione, clamorose rotture, seguiti da pentimenti, suppliche e solenni giuramenti che intrappolano il pubblico in un intreccio dove si ride e dove ci si dispera presi da attimi di vera malinconia, non solo dei personaggi ma anche della proiezione inevitabile che ognuno di noi può fare all’interno delle dinamiche amorose in un testo così straordinariamente contemporaneo. Andrée Ruth Shammah
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Gli innamorati
dal 23 marzo al 6 aprile
Teatro i Via Gaudenzio Ferrari, 11 20123 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 8323156 tel. 366 3700770 da lunedì a domenica 14.30 - 19.30
info@teatroi.org www.teatroi.org mezzi pubblici tram 2,3,14,9 autobus 94 metrò linea 2 (P.ta Genova - S.Agostino)
Teatro i, ubicato nel centro di Milano, è uno spazio di interesse pubblico della città dedicato alla produzione, alla presentazione e alla diffusione del lavoro degli artisti più attenti alla contemporaneità. Il suo programma, che privilegia l’area teatrale, riflette la natura complessa dell'arte internazionale in tutte le sue espressioni. Teatro i vuole essere un mediatore vivente, attivo ed accessibile fra artisti e pubblico, un catalizzatore per le idee e le tendenze del presente. Teatro i, in soli otto anni, è diventato un punto nevralgico della vita culturale di Milano. Un Teatro di 96 posti nel cuore della città sempre affollato di spettatori, uno spazio che ha saputo imporsi, sia nel variegato panorama cittadino che nel più ampio orizzonte nazionale, in modo tale da ricevere importanti riconoscimenti da parte del pubblico e della stampa, ma soprattutto da parte delle istituzioni, come l’ingresso nel sistema delle convenzioni con il Comune di Milano. Anche i premi della Critica, Hystrio, Duse, Eti e Ubu sono stati riconoscimenti della qualità e dell’efficacia del percorso intrapreso. A partire dalla prima stagione lo staff interno e gli artisti coinvolti nel progetto artistico, hanno tracciato un percorso culturale strettamente legato a temi della contemporaneità: un’invenzione continua alla scoperta di nuovi territori e rivolta a un pubblico il più possibile eterogeneo. Da qui l’esigenza di individuare per ogni stagione un tema di riferimento che indirizzi e influenzi le produzioni della compagnia: per la stagione 2013 - 2014, Al macello.
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Mia Martini. Una vita.
Ultima notte Mia.
dal 16 al 28 ottobre
a Teatro i
produzione Teatro i in residenza al TeatroLaCucina - Olinda
un monologo di Aldo Nove progetto e regia di Michele De Vita Conti con Erika Urban assistente alla regia Valentina Gamna direzione tecnica di Anna Merlo
La vita di Mia Martini è un esempio raro, se non unico, di come l’ignoranza e l’invidia possano distruggere non solo la carriera di una persona, ma la persona stessa. Il “branco”, “il branco che uccide”, espressione tanto abusata dai cronisti, non è qui formato da ragazzini alterati, da skinhead idrofobi, da una curva piena di ultrà. Qui i teppisti sono travestiti da produttori discografici, da impresari, da intellettuali e soprattutto, da artisti. Tutto un ambiente, per solito considerato “aperto” e all’avanguardia, ha scientemente massacrato per anni e anni non solo una persona, ma un’artista di grandissimo talento, per mezzo di uno stereotipo medievale. Fino a costringerla al ritiro dalle
scene, al silenzio, all’esilio. Un’etichetta, quella della innominabile iettatrice, che una volta appiccicata, non permette alcuna autodifesa: “Se dicessero che ho l’A.I.D.S, potrei fare un test e smentirli, ma così…”, pare abbia detto la stessa Mia Martini alla sorella Loredana Berté. Ce la immaginiamo nel suo letto grande e vuoto che, come per Rossellini e Carmelo Bene, era studio, scrivania e comunque luogo di lavoro più che alcova. La sua ultima notte è cominciata come sempre solitaria ma piena di musica: quella sua e quella degli artisti che amava. E via via, la notte si anima di presenze e ricordi. Mentre il letto diventa nave, casa, spiaggia, palco del Teatro Ariston.
Michele De Vita Conti
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a Teatro i
produzione Teatro i
di Francesca Garolla regia di Renzo Martinelli con Valentina Picello, Paola Tintinelli e Anahì Traversi
Che tu sia per me la figlia giusta, la compagna perfetta, la madre infallibile. Donne sacrificate a qualcuno, per qualcosa, donne sacre o sacrificanti il loro bene più prezioso, donne senza potere che pure possono qualunque cosa. Donne le cui lacrime sono potenti come eserciti. La tragedia irrompe a Teatro i attraverso tre voci che si fanno exempla. Una figlia, una moglie, una madre, tre modi di essere nel mondo, tre esperienze accumunate da un unico atto, il sacrificio Ifigenia, Alcesti, Medea: tre donne che potrebbero essere una sola, in una riscruttura nella quale si incontrano e per la prima volta dialogano. Se è vero che l’uomo è animale sociale e che, in particolare, le don-
ne sembrano definirsi meglio in relazione all’altro, in qualità di figlia di, compagna di o madre di - cosa diversa per il cosiddetto maschio, fiero e certo del suo posizionamento nel mondo - è pur vero che all’origine di ogni azione rimane, indiscutibilmente, la ricerca di una autonoma affermazione di sé. Al di là di essere per qualcuno o per qualcosa, desiderano semplicemente essere. E così Ifigenia cerca nella morte per mano paterna la possibilità di diventare eroina, Alcesti trova nella rinuncia a se stessa la possibilità di essere santa e Medea, con l’omicidio dei figli, può farsi dea che decide di vita e di morte.
Teatro
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i
Solo di me. Se non fossi stata Ifigenia sarei Alcesti o Medea.
dal 21 novembre al 9 dicembre
I giorni fragili di Adamo ed Eva
dal 17 gennaio al 3 febbraio a Teatro i
coproduzione Teatro i e
Associazione Culturale AstorriTintinelli in collaborazione con
Associazione La Corte Ospitale di e con Alberto Astorri e Paola Tintinelli collaborazione drammaturgica Simone Faloppa disegno luci Luigi Biondi
Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, e dalla sua costola, per non lasciarlo solo, fece nascere la donna. Fu un’epopea da giganti in quella lunga estate all’Eden, all’alba della creazione, la loro stagione forse più felice. Tentati dal serpente, scelsero di violare l’editto divino e di cogliere il frutto proibito della conoscenza. Questo racconta il mito biblico: la cacciata dal paradiso e la caduta nel tempo condanna la prima coppia, rendendo la vita faticosa e mortale. Ci siamo immaginati di collegarci a quella coppia aggravata da un’incrinatura insediata nei suoi organi, preda vana dei rimpianti. Da allora quell’incrinatura li costringe a vivere sempre lo
stesso giorno, il giorno del ricordo incrostato alla ricerca del balsamo dell’oblio. Tra una cena reiterata, un gioco ammazzatempo e la visione di un film, i nostri Adamo ed Eva vivono in un giardino dell’anima, una sorta di luogo aperto ma appartato, in cui tutto ciò che accade suggerisce metafore della vita psichica di una coppia. Si riconoscono, discutono del caso che li ha fatti incontrare, si desiderano, si donano, si trascurano e si perdono sperimentando la fragilità del vivere. Sembra una lunga storia la loro dove è necessario reinventarsi per sfuggire alla trappola dell’abitudine che svuota inesorabilmente il segno senza fine della creazione.
Alberto Astorri, Paola Tintinelli
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Teatro Leonardo da Vinci
Quelli di Grock
Via Ampère,1 ang. P.zza Leonardo da Vinci 20131 Milano
Via Emanuele Muzio, 3 20124 Milano
prenotazioni e informazioni
prenotazioni e informazioni
tel. 02 26681166 da lunedì a sabato 15.00 - 19.00
tel. 02 66988993 da lunedì a venerdì 10 - 13 / 14 - 18
www.teatroleonardo.it biglietteria@teatroleonardo.it
www.quellidigrock.it ufficio.promozione@quellidigrock.it
mezzi pubblici
mezzi pubblici
tram 23,33 autobus 62,90,91,93 metrò linea 2 (Piola)
autobus 43,90,91,92 metrò linea 3 (Sondrio)
Il Teatro Leonardo da Vinci è un teatro di 500 posti, situato nel cuore del quartiere universitario del Politecnico. La gestione artistica e organizzativa è affidata alla Compagnia Teatrale Quelli di Grock che celebra nel 2014 quarant'anni di attività. Quelli di Grock ha scelto di festeggiare proponendo al pubblico un cartellone ricco di quattro nuovi debutti, una coproduzione e un'apertura di stagione con un grande ritorno. Claudio Intropido sarà infatti in scena nel ruolo nel protagonista de L’avaro, da Molière, spettacolo che rinnova l’appuntamento con i classici in cui non mancheranno ironia e divertimento. Seguirà un altro debutto, Fuori misura (il Leopardi come non ve l'ha mai raccontato nessuno), intenso monologo, divertente e appassionante, scritto da Valeria Cavalli e interpretato da uno strepitoso attore che prende per mano gli spettatori in un coinvolgente racconto a partire dalla figura del poeta di Recanati. In cartellone quest'anno anche una coproduzione con la Compagnia Facchetti / De Pascalis con uno spettacolo scritto e diretto da Gianfelice Facchetti: C'era un volta un re, ispirato alla destituzione di Re Giorgio d'Inghilterra a favore del suo medico: una metafora semplice e calzante per indagare un potere che pur avendo perso i suoi simboli continua a disciplinare le nostre vite. Un'altra prima nazionale sarà Il barbiere di Siviglia, regia di Susanna Baccari e Claudio Orlandini, allegra e frizzante commedia tratta da Beaumarchais, interpretata da sei bravissimi attori che daranno una rilettura rock della celebre versione di Rossini. Lo spettacolo, dopo il debutto al Teatro Leonardo, sarà ospite a maggio al Teatro Franco Parenti. Tornerà poi un successo della scorsa stagione, La trilogia della villeggiatura, trittico di Goldoni che i registi Valeria Cavalli e Claudio Intropido ambientano negli anni Cinquanta, imprimendo a questa sorta di racconto a puntate che narra la partenza, le avventure e il ritorno dalla villeggiatura, lo stile di Quelli di Grock, caratterizzato da un grande dinamismo verbale fisico, spaziale e musicale. Chiude la stagione un altro debutto, A parole, un monologo scritto e interpretato da Debora Virello per la regia di Susanna Baccari, nato dall'incontro di due sensibilità al femminile.
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L’avaro
dal 29 novembre al 1° gennaio (escluso il 31 dicembre) al Teatro Leonardo da Vinci produzione Quelli di Grock da Molière traduzione e adattamento di Valeria Cavalli regia di Valeria Cavalli e Claudio Intropido con Pietro De Pascalis, Jacopo Fracasso, Claudio Intropido, Cristina Liparoto, Roberta Rovelli, Sabrina Marforio, Andrea Robbiano, Simone Severgnini e Clara Terranova scene e luci di Claudio Intropido costumi di Anna Bertolotti musiche di Gipo Gurrado
Ispirato all'Aulularia di Plauto, L’avaro è una delle opere più famose di Molière e il protagonista della commedia, Arpagone, è la personificazione stessa della taccagneria. Tutta la vicenda ruota attorno al suo bisogno di accumulare, alla paura di essere derubato, alle sue ridicole e insopportabili economie ma soprattutto all'aridità di cuore di Arpagone che non ama niente e nessuno a parte la sua cassettina piena di denaro. Sospettoso, iracondo ed egoista, Arpagone non esita a preferire il suo denaro ai figli e persino nel finale egli non si redime ma continuerà a prediligere i beni materiali agli affetti familiari. Un personaggio scomodo quindi che però Molière disegna in maniera ironica, grottesca come grottesca è appunto la
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sua smodata passione per il denaro. Come interprete abbiamo scelto Claudio Intropido, uno dei soci fondatori di Quelli di Grock, mimo, clown, attore e mattatore di questo carro di Tespi colorato e visionario di cui Arpagone è il capocomico. Attorno a Claudio Intropido un gruppo di bravi, versatili, giovani e talentuosi attori già protagonisti in altre produzioni della Compagnia. Uno spettacolo divertente, ricco di trovate e di equivoci, di musica, di coinvolgimento del pubblico, di “teatro nel teatro” alla maniera della Commedia dell'Arte. Infatti il nostro Avaro vuole anche essere un omaggio alla grande tradizione teatrale italiana conosciuta in tutto il mondo, parte del ricco patrimonio artistico del nostro paese.
di Valeria Cavalli regia di Valeria Cavalli e Claudio Intropido collaborazione al testo Claudio Intropido collaborazione didattica Simonetta Muzio collaborazione alle musiche Gipo Gurrado con Andrea Robbiano voce fuori campo e assistente alla regia Pietro De Pascalis scene e luci di Claudio Intropido
Andrea ha un sogno: insegnare. Ma nonostante il 110 e lode in Lettere e Filosofia per vivere è costretto a lavorare in un call center, finché un giorno finalmente riceve l'incarico di una supplenza proprio nella scuola media da lui frequentata da ragazzo. La professoressa che deve sostituire gli lascia l'arduo compito di spiegare "vita e opere di Giacomo Leopardi". Così Andrea, anzi il Professor Roversi, dovrà misurarsi con una classe che sarà rappresentata dagli spettatori in Teatro. Nasce così una magica e coinvolgente "lezione" nella quale si mescoleranno poesie, riflessioni personali, interazioni con la platea, momenti di grande ironia e divertimento e, attraverso l'opera di Gia-
como Leopardi, il Professor Roversi toccherà temi e problemi universali come l'inadeguatezza, il desiderio e la paura d'amare, la sensazione di essere sbagliati, di essere "fuori misura". Fuori misura è un monologo divertente, appassionato e originale, recitato da un bravissimo Andrea Robbiano che, con una qualità comunicativa fresca ed emozionante, prende per mano il pubblico accompagnandolo in un viaggio a ritroso tra i ricordi della scuola e dell'adolescenza; ma è anche uno spettacolo che parla dell'importanza di seguire i propri sogni, del bisogno della poesia e dell'arte nelle nostre vite. Un'ora in cui divertirsi ed emozionarsi, guidati dalle parole di Leopardi.
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(il Leopardi come non ve l'ha mai raccontato nessuno)
al Teatro Leonardo da Vinci produzione Quelli di Grock
Fuori misura
dal 14 al 26 gennaio
C’era una volta un re
dall'11 al 23 febbraio al Teatro Leonardo da Vinci produzione Compagnia Facchetti / De Pascalis e Quelli di Grock di e regia Gianfelice Facchetti con Umberto Banti, Pietro De Pascalis, Claudio Orlandini, Luca Ramella scene e costumi di Vittoria Papaleo
C’era una volta un re è la storia di Giorgio III re d’Inghilterra che, in preda alla follia, viene destituito. A ereditarne scettro e corona è il suo medico curante che ne certifica la scarsa salute. Morto il re ! Viva il nuovo re, in camice bianco ! Sua Altezza non c’è più, al suo posto uno di Noi... Come siamo passati da un’autorità pomposa e riconoscibile nei suoi segni e rituali a un’altra invisibile e diffusa che nondimeno disciplina le nostre vite ? Ce ne siamo accorti ? Che differenza c’è tra un potere che vieta e uno che incita a fare ? Dire che si può tutto è dire che tutto è possibile ? Cosa resta di noi a tu per tu con un potere senza nome e senza volto che si manifesta solo attraverso regole mute ? C’era una volta un re è l’ultima rappresentazione possibile del potere, definitiva perché da un lato non c’è più niente da rappresentare, dall’altro niente e nessuno che ci rappresen-
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ti... diciamo quasi sempre così, no ? Quando parliamo di potere per strada, al bar, in casa, lo facciamo sempre come se fosse qualcosa nelle mani di altri: più in alto e in là da noi. Per contro, la rete e il mercato ci permettono di coltivare la sensazione sublime di sentirci dei re, RE-TE, siamo solo noi, le nostre inclinazioni, i nostri gusti, le nostre voglie ! Per rappresentare la caduta di un re e l’ascesa al trono del suo successore anonimo abbiamo scelto un luogo sicuro, un teatro, come Buffalo Bill e Toro Seduto che sanciscono la pace tra cowboys e indiani sotto il tendone di un circo. Pensare alla realtà politica che abitiamo sembra quasi inevitabile, i nemici di un tempo se ne vanno a braccetto legittimandosi reciprocamente. Lontano dalla piazza, trincerati in un palazzo, avvolti da una coltre di nebbia che tiene il popolo a debita distanza.
al Teatro Leonardo da Vinci
dal 15 al 17 maggio al Teatro Franco Parenti
produzione Quelli di Grock
da Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais regia di Susanna Baccari e Claudio Orlandini con Fabrizio Bianchi, Matteo De Blasio, Paola Galassi, Lidia Piraino, Natalia Sangiorgio e Daniele Turconi scene e costumi di Maria Chiara Vitali musiche originali di Gipo Gurrado e Lucio Sagone disegno luci Monica Gorla
La trama de Il barbiere di Siviglia è nota: il giovane conte Almaviva (soggetto e protagonista dell’azione) cerca di strappare all’oppositore Bartolo, figura paterna, la pupilla Rosina; l’impresa è condotta a termine grazie all’intervento di Figaro, aiutante del conte ed erede di una tradizione di servi astuti e intriganti che risale alla commedia classica. Lo svolgimento è interamente ed esclusivamente determinato dalla dialettica tra le astuzie dei giovani e quelle di Bartolo, tra gli attacchi dei primi e la difesa del secondo che alla fine soc-
combe… Una storia antica come il mondo: quella di un vecchio ingannato dalla giovinezza e dall’amore. In bilico tra farsa e poesia, i registi Susanna Baccari e Claudio Orlandini rendono la commedia un gioco teatrale in cui tutto è a vista e il Teatro accade in quel sensazionale presente. I sei interpreti restituiscono una commedia adrenalinica e molto rock, tra echi di Rossini in un crescendo allegro e frizzante che anche agli occhi del pubblico li renderà bravi… bravissimi !
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Il barbiere di Siviglia
dall’ 11 al 20 marzo
La trilogia della villeggiatura
dal 4 aprile al 12 maggio al Teatro Leonardo da Vinci produzione Quelli di Grock da Carlo Goldoni adattamento e regia di Valeria Cavalli e Claudio Intropido con Francesco Alberici, Antonio Brugnano, Pietro De Pascalis, Jacopo Fracasso, Cristina Liparoto, Sabrina Marforio, Andrea Robbiano, Simone Severgnini e Clara Terranova scene e luci di Claudio Intropido costumi di Anna Bertolotti musiche originali di Gipo Gurrado
Un grande successo della scorsa stagione: il trittico di commedie scritto da Carlo Goldoni che narra, usando le parole dello stesso autore, i "pazzi preparativi, la folle condotta e le dolorose conseguenze" di un comune fenomeno sociale, la villeggiatura. I registi, Valeria Cavalli e Claudio Intropido, scelgono di fondere le tre commedie e ambientarle negli anni Cinquanta, periodo in cui esplode il fenomeno della villeggiatura di massa: un unico grande gioco teatrale che si snoda agile e intreccia amori, intrighi, delusioni, ridicolizzando senza pietĂ la moda della villeggiatura come riscatto sociale e fuga dalle realtĂ . I personaggi de La trilogia della vil-
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leggiatura ricordano quelli della "commedia all'italiana" che mescola allegria, amarezza e satira di costume e offre spunti di riflessione sulla natura dell'uomo e i suoi vizi. A colpi di battute e scorrettezze, bugie e pettegolezzi raccontano con freschezza e garbo un classico della letteratura teatrale mantenendo l'ironia quale chiave stilistica dominante. Una sfida attorale importante che Quelli di Grock affida a un cast giovane, dando cosĂŹ spazio a nuovi talenti emergenti che si muovono sulla scena imprimendo con forza a questo spettacolo il segno dello stile di Quelli di Grock, caratterizzato da un grande dinamismo verbale, fisico, spaziale e musicale.
al Teatro Leonardo da Vinci produzione Quelli di Grock
di e con Debora Virello regia di Susanna Baccari
Carta bianca per un progetto in corso, nato dall'incontro tra la regista Susanna Baccari e una delle attrici storiche della Compagnia Quelli di Grock, Debora Virello. L'autrice/attrice e la regista hanno già collaborato a rappresentazioni di li-
bri di culto e alla realizzazione di spettacoli che hanno riscosso grande successo per la loro poesia e intensità. Un monologo, questo, che unisce due sensibilità al femminile, due anime teatrali caratterizzate da una grande generosità.
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A parole
dal 5 al 14 giugno
Teatro Libero Via Savona,10 20144 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 8323126 da lunedì a venerdì 15.00 - 19.00 (nei giorni di spettacolo) serale e sabato 19.00 - 21.15 domenica 14.00 - 16.15
biglietteria@teatrolibero.it www.teatrolibero.it mezzi pubblici tram 2,9,14, 19 autobus 47,59,74 metrò linea 2 (P.ta Genova, Sant’Agostino)
Teatro Libero è un piccolo spazio teatrale che il pubblico ama definire informale e cordiale, inserito nel vivace contesto della zona Navigli di Milano. La sala teatrale, di 99 posti, si trova sospesa in cima ad uno stabile di via Savona, e si raggiunge salendo una caratteristica scala che fiancheggia le abitazioni private, e i piani di ringhiera. In un quartiere vivace, aperto all’arte e ai giovani, la programmazione di Teatro Libero è stata sempre attenta ai grandi autori, alla drammaturgia contemporanea e all’innovazione dei linguaggi, e ha dato spazio a tanti nuovi giovani talenti. Grazie ad un'organizzazione giovane, dinamica, sempre pronta ad investire verso nuove idee e nuovi linguaggi, Teatro Libero è una delle sale più frequentata in Italia tra quelle fino a 200 posti (dati AGIS) per più stagioni consecutive. “Il Libero”, come viene ormai chiamato da tutti, diviene una realtà apprezzata e seguita da molti operatori di settore, dalla stampa e dai nuovi media, e gli spettacoli seguiti con calore dal pubblico, ricevendo svariati premi e riconoscimenti della critica.
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Io, Ludwig van Beethoven
dal 25 ottobre al 4 novembre al Teatro Libero produzione Teatro Libero progetto, con e regia di Corrado d'Elia scene di Giovanna Angeli e Luca Ligato costumi di Stefania Di Martino luci di Alessandro Tinelli
Ludwig van Beethoven fu uno dei più grandi geni musicali mai esistiti. Non si può comprendere il genio con occhi normali, non rientra in nessuna categoria e la sua complessita non si può afferrare. Indagarne la vita, vuol dire accostarsi ad altezze umanamente insolite, rubarne per un istante la grandezza e la follia per raggiungere ebrezze ed emozioni insperate. Così, partendo da una passione antica, ci accostiamo a Beethoven con emozione per indagarne non solo i tanti misteri, la sordità, i rapporti col padre e con il suo tempo, il suo talento, gli amori, profondi e contrastati, le sue durezze, ma soprattutto la sua musica...
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la sua musica immortale. E quella Nona Sinfonia, quei quattro movimenti così conosciuti e amati che hanno cambiato la storia della musica per sempre. Perchè Beethoven aspetto dieci anni per comporre la Nona ? Avendo la musica già in testa.... Cosa successe in quei dieci anni ? Cosa cambiò nel mondo che lo circondava e cosa successe dentro di lui e soprattutto, come si preparò alla serata della prima rappresentazione, a Vienna, il 7 maggio del 1824 ? Ci vuole tempo per raccontare la bellezza. Chiudiamo gli occhi ed ascolteremo come mai abbiamo fatto prima.
al Teatro Libero produzione Teatro Libero da William Shakespeare progetto e regia Corrado d'Elia con Corrado d'Elia, Valentina Capone e Gustavo La Volpe scene di Fabrizio Palla costumi di Enza Bianchini luci di Alessandro Tinelli
Tutto parte dal niente. Il nero assoluto. Il buio pesto della colpa e della notte infernale che sembra non potersi dileguare. Poi il destino chiama tre volte con voci suadenti di vittoria e i tre “salve” illuminano strade di seduzione che sembrano aprire tempi diversi e spalancare futuri di potenza e di gloria. Solo l’ambizione, avvolta su se stessa, può credere di diradare una nebbia che non ammette intrusioni. Così appaiono Macbeth e la Lady, fiammelle indivisibili di un girone infernale, a illuminare con la luce del desiderio e dell'ambizione il buio di un luogo non luogo, caverna della mente e dello spirito, nero inferno delle passioni irrazionali. Sarà lei stessa, orgogliosa sacerdotessa del male assoluto, ad avviare il rito sacrificale per consacrarsi ad una eternità senza fine. Lei stessa a trovare il coraggio per il sacrificio estremo, l'uccisione dell'unico brandello d'amore, l'unica umana resistenza alle potenze eterne del male che già la chiamano Regina. Ma come per chi osa non potendo osare, come per chi gioca
con qualcosa più grande di lui, sarà inghiottita dalle stesse forze che avrà evocato, perduta per sempre dal suo orgoglioso atto di superbia, resa folle dalla sua brama di potere. Così Macbeth, inconsapevole e impotente vittima sacrificale, rimane solo ad affrontare apparizioni e profezie, perduto in un crudele supplizio. Nel gioco infernale dell'autodistruzione mentale non ci è dato sapere se davvero è Macbeth ad uccidere o soltanto un suo stato di alterazione. Ogni tentativo di porre fine al supplizio è vano. Quello che è cominciato non si cancella. Indietro non si torna. Quello che è fatto non può essere disfatto. La dimensione è quella onirica e orrifica di un grande incubo. Il luogo è uno spazio scenico nudo, labirinto inciso nel nero dove la luce del giorno non giungerà mai. Macbeth, il grande sconfitto è precipitato nell'incubo più nero da cui non si risveglierà più, travolto dalle stesse forze del male che ha creduto di poter governare.
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Macbeth Inferno
dal 13 al 26 novembre
Le nozze dei piccolo borghesi
dal 12 al 30 dicembre
al Teatro Libero produzione Teatro Libero
di Bertolt Brecht regia di Corrado d'Elia con Corrado d'Elia, Monica Faggiani, Mino Manni, Claudia Negrin e Gustavo La Volpe scene di Fabrizio Palla luci di Alessandro Tinelli
"Le nozze dei piccolo borghesi" è una divertente farsa giovanile dai toni impietosamente grotteschi. Erano i tempi in cui B. Brecht andava a cantare le sue poesie nelle “Stuben”, le birrerie di Monaco, città nella quale aveva iniziato gli studi di medicina. Ed è priprio durante uno di questi momenti che l'autore sentì una coppia raccontare l'esilarante e agghiacciante storia di un matrimonio cui avevano assistito. Nello spettacolo, i nove personaggi, accompagnatí dal ritmato incedere delle portate, ci mostrano, complici l'ebrezza del
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vino e l'euforia del ballo, piccanti retroscena e vergognose ipocrisie familiari. La forte tensione alla rivolta che accompagnerà tutti gli scritti di Bertold Brecht, è qui già presente per svelare le ridicole vanità dei piccolo borghesi, la loro superficialità, e il perverso gioco delle false apparenze sociali. Il progressivo distruggersi dell'arredamento "di produzione casalinga", accompagna la distruzione del comune borghese decoro evidenziando senza pietà i lati più meschini e falsi della realtà piccolo borghese
al Teatro Libero produzione Teatro Libero
di Massimo Sgorbani regia di Corrado d'Elia e Massimo Sgorbani con Corrado d'Elia e Giovanni Battaglia luci di Alessandro Tinelli
Un’autorevole studiosa americana, parlando dell’influenza della pornografia sulle attuali abitudini sessuali, notava che l’accesso pressoché libero e quotidiano a immagini pornografiche avrebbe creato una strana situazione. Quarant’anni fa l’oggetto massimo del desiderio era il corpo vivo di una donna. Non era facile come oggi vederlo, ancora meno toccarlo, e questo lo rendeva ancora più eccitante. Le immagini del corpo nudo erano palliativi della sua assenza, pallidi riflessi di una presenza così difficile da procacciarsi. Oggi invece è l’immagine a essere oggetto massimo del desiderio, e il corpo a essere suo pallido riflesso. Chi è cresciuto e vive a contatto con la pornografia ha del sesso un rapporto idealizzato: corpi glabri e muscolosi, donne vogliose, peni enormi, seni rigonfi, copule interminabili, godi-
menti esagerati. Un sesso senza odori, senza sudori, senza difetti, senza intoppi. Il paradigma pornografico produce lo svilimento dell’esperienza vissuta in confronto al suo ineguagliabile modello di riferimento. Luca e Guido, i protagonisti di Per soli uomini, sono i tipici esemplari di una specie umana cresciuta in questa cultura. Parlano ossessivamente di donne e di sesso, riferiscono in modo dettagliato le loro esperienze sessuali, oscillando tra goliardia e il cameratismo in odore di misoginia. Entrambi, tuttavia, nascondono dei segreti che mai confesserebbero all’altro. Tuttavia, un episodio imprevisto (il sospetto del tradimento della moglie di Luca) porterà a galla i loro lati oscuri, trascinando i due protagonisti verso un finale drammatico.
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Per soli uomini
dal 14 maggio al 1° giugno
Un omaggio a Giorgio Strehler
Non chiamatemi maestro
dal 27 giugno al 15 luglio
al Teatro Libero produzione Teatro Libero
progetto, con e regia di Corrado d'Elia luci di Alessandro Tinelli
"Io so e non so perché lo faccio il Teatro ma so che devo farlo, che devo e voglio farlo facendo entrare nel Teatro tutto me stesso, uomo politico e no, civile e no, ideologo, poeta, musicista, attore, pagliaccio, amante, critico, me insomma, con quello che sono e penso di essere e quello che penso e credo sia vita. Poco so, ma quel poco lo dico…" Giorgio Strehler Se penso alla parola "maestro" da sempre penso a Giorgio Strehler, per me il maestro per eccellenza, il regista, colui che per primo ha saputo emozionarmi, creare mondi, un modo di fare, di raccontare e di intendere il Teatro, colui che per primo mi ha affascinato e ha scavato in me prima il sogno e poi il desiderio irresistibile, irrefrenabile di fare Teatro. Ecco che quindi, quasi naturalmente, questo nuovo album sarà dedicato a lui, alle sue regie, alla sua genialità, all' ironia, alla sua intelligenza, alla sua vocazione, al suo immaginario, alle contraddizioni e ai suoi appassionati amori. Un artista che ha lavorato e forma-
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to una generazione di attori indimenticabili e legittimato la regia come forma d'arte. Indimenticabili le sue prove, il suo rapporto con gli attori, il suo modo di "fare le luci", e quel senso unico, davvero poetico, di creare la scena. In realtà non sarà solo un tributo all'artista Strehler, ma ancora di più e soprattutto un viaggio poetico dentro il Teatro. Attraverso gli occhi e le parole di un uomo che il Teatro, in qualche modo, l'ha creato, un uomo di palcoscenico a tutto tondo, passionale e scontroso, imprevedibile e geniale, bizzoso e stravagante, unico per la sua visione poetica ed estetica, unico per la sua sensibilità. Un modo in realtà, per raccontare ancora una volta l'amore per il Teatro, che lega tutti noi, frequentatori ed artisti, e anche un po' un omaggio a Milano, la mia città... a quella Milano che era un tempo la protagonista dei miei sogni da realizzare, e a questa Milano che mi vede ora pienamente uomo di Teatro.
"Il maestro è nell'anima e dentro l'anima per sempre resterà"...
Teatro Litta Corso Magenta,24 20123 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 86454545 da lunedì a sabato 15.00 - 20.00
biglietteria da lunedì a sabato 18.00 - 20.00
promozione@teatrolitta.it www.teatrolitta.it mezzi pubblici tram 16, 27 autobus 18,50,58,94 metrò linea 1 e 2 (Cadorna)
Il Teatro Litta così come lo conosciamo oggi nasce nel 1986, anno in cui la compagnia “Teatro degli Eguali” supera la sua fase itinerante e si stabilisce in una sede fissa scegliendo il Teatro Litta, voluto dal nobile Bartolomeo Arese e fatto costruire dallo stesso tra il XVII e il XVIII secolo all’interno del meraviglioso Palazzo Litta. Ora sotto la direzione artistica di Antonio Syxty e Gaetano Callegaro, il Teatro Litta è il più antico Teatro in funzione a Milano. Nel dicembre del 2010 è stato insignito dell’attestato degli Ambrogini, la più importante benemerenza cittadina, per aver saputo coniugare un’idea moderna di fruizione degli spazi per la cultura ad una visione artistica con aperture ai giovani e alle arti in genere. Teatro Stabile d’Innovazione, programma la propria attività sia nella Sala Teatrale, sia nella Sala La Cavallerizza, uno spazio molto suggestivo ricavato all’interno di quelle che furono le scuderie del Palazzo. La proposta culturale del Litta si articola in un ricco progetto di attività e iniziative: dalla tradizionale stagione di spettacoli, alle stagioni per scuole e famiglie, dai corsi di teatro ai festival internazionali e alle rassegne. La stagione 2013/2014 del Teatro Litta si apre agli abbonati di Invito a Teatro con Il bugiardo, commedia goldoniana ricca di trovate comiche, che non nasconde una certa critica alle convenzioni e alle ipocrisie sociali che dal '700 ad oggi non mostrano segni di cambiamento. Si prosegue con Sinceramente bugiardi, uno spettacolo che mette in evidenza lo spirito britannico e l'ironico fairplay che caratterizza la commedia dell'inglese Alan Ayckbourn. Il nuovo anno riapre con Enrico IV di Luigi Pirandello, che racconta la parabola esistenziale di un grande emarginato, un reietto della società che si rinchiude in un volontario esilio di pazzia da cui uscirà allo scoperto urlando la sua rassegnazione. Si prosegue con Coltelli nelle galline, commedia di Harrower unica e originale, in grado di sprigionare un fascino al contempo erotico e poetico, e Gli straccioni, commedia che indaga su temi come la povertà, il denaro e il lavoro. La stagione si conclude infine con Confidenze troppo intime, una commedia di Jérome Tonnerre.
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Il bugiardo
dal 12 al 21 novembre e dal 26 novembre al 1° dicembre al Teatro Litta produzione Litta_produzioni
di Carlo Goldoni riduzione e drammaturgia di Carlo Roncaglia e Emiliano Poddi regia di Carlo Roncaglia con Enrico Dusio, Elena Ferrari, Elisa Galvagno, Gianluca Gambino e Raffaele Musella musiche originali di Carlo Roncaglia scene e costumi di Bettina Colombo sonorizzazione di Donato Merz Terrameo luci di Fulvio Melli
Il bugiardo è certamente una commedia, piena di gag e di trovate comiche. Gli equivoci però non sono voluti da un Fato capriccioso e beffardo; sono il risultato di una patologia tutta umana. Lelio, con le sue spiritose invenzioni, innesca un meccanismo perverso e inesorabile che lo porterà alla rovina, all’allontanamento dalla società in cui tenta disperatamente di inserirsi. Lelio è uno sbruffone e un bugiardo ma è sostanzialmente un disadattato, vittima di una società profondamente malata, sclerotizzata. Un essere umano dimenticato da tutti, addirittura dal padre, assente fin dalla sua giovinezza. Stritolato dalle convenzioni, Lelio, tenta di liberarsene con ogni mezzo. Ma è tutto inutile. Lelio è vittima del mondo. Ruota intorno
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a questa figura tragicomica una galleria di personaggi inconsapevolmente crudeli, avidi, sospettosi, creduloni. Il malessere e la paura serpeggia tra le battute frizzanti. In un continuo e inesorabile scambio di ruoli, cinque attori danno vita ai 14 personaggi della commedia goldoniana. Questa costante trasformazione imprime alla pièce un nuovo ritmo che pur mantenendo ben leggibile la trama, amplifica il senso stesso del testo in un gioco di specchi in cui la finzione teatrale moltiplica le caratteristiche del protagonista. Le vere protagoniste sono però, alla fine, le convenzioni, le ipocrisie e le “maschere” di una società che ancora oggi non lascia via di scampo.
Carlo Roncaglia
al Teatro Litta produzione Litta_produzioni
di Alan Ayckbourn traduzione di Luigi Lunari regia di Antonio Syxty con Marco Balbi, Vanessa Korn, Carlo Roncaglia, Giovanna Rossi / Gianna Coletti scene di Guido Buganza costumi di Margherita Baldoni luci e immagini di Fulvio Melli
Già dal titolo, dolcemente contradditorio, traspare lo spirito britannico e l'ironico fair - play che caratterizza la commedia dell'inglese Alan Ayckbourn. Prodotto dal Teatro Litta e diretto da Antonio Syxty, lo spettacolo racconta le vicende parallele di due coppie, che finiranno poi per intrecciarsi, intessute con il tipico gusto anglosassone dell'equivoco e del colpo di scena, tutto giocato sul filo della conversazione. La relazione matrimoniale, disincantata e vissuta, tra due dei protagonisti, Sheila e Philip, costituisce lo specchio e il contraltare di quella che unisce gli altri due personaggi, Greg e Ginny, giovani fidanzati alle prese con le scaramucce di un rapporto ancora acerbo. In questo quadro si sviluppano piccole storie di scappatelle extraconiugali, con classici sotterfugi costruiti per far scattare la molla della comicita'. Dietro la leggerezza della commedia, fa però ca-
polino un fondo d'inquietudine che tinge la psicologia dei personaggi. Il Teatro di Ayckbourn si caratterizza per lo humor graffiante, agile, intelligente… in una parola: moderno. Ma in Ayckbourn non manca anche una lucida e acuta analisi dei personaggi, non tanto presi a sé stanti, quanto nello sviluppo dei loro rapporti interpersonali; i protagonisti sono quasi sempre marito e moglie, ed è proprio attraverso quei coniugi intrappolati nell’istituzione matrimoniale, che sentono come prigione ma al tempo stesso fonte indispensabile di sicurezza, che Ayckbourn mette in scena il malessere sociale della media borghesia inglese. Accade così anche in Sinceramente bugiardi, uno dei suoi più noti e acclamati successi, dove una trama di facile presa, incastri perfetti e ritmo frenetico regalano un paio d’ore di umorismo coinvolgente.
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Sinceramente bugiardi
dal 10 al 30 dicembre e dal 7 al 10 gennaio
Enrico IV
dal 21 gennaio al 16 febbraio al Teatro Litta produzione Litta_produzioni e Il Contato del Canavese di Luigi Pirandello regia di Alberto Oliva con Mino Manni e con Davide Lorenzo Palla, Giancarlo Latina, Simona Coppo e Sonia Burgarello scene di Alessandro Chiti costumi di Marco Ferrara luci di Fulvio Melli
Colpito da un trauma fisico da cui si è risvegliato, Enrico IV si accorge di essere solo e abbandonato e decide di intraprendere un viaggio mistico alla ricerca di se stesso. La conoscenza attraverso la sofferenza sublima questo piccolo borghese del Novecento fino alle altezze di un personaggio da tragedia greca, ma è tutto un inganno, una finzione costruita ad arte, un’illusione. Un sogno. In questo suo distacco dal mondo e dai suoi vani conflitti, Enrico non è solo testimone del dolore dell'umanità, ma se ne fa vittima e carnefice allo stesso tempo. Subisce, infatti, l’emarginazione più totale dalla vita che gli scorre via dalle mani e lo
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vede giungere “con una fame da lupo a un banchetto già bell’e sparecchiato”. Ma diventa anche sadico vendicatore di questa solitudine divertendosi a giocare con i suoi ignari complici, i servi che lo venerano come un sovrano medievale e trascorrono l’intera loro esistenza a ingannarsi di ingannarlo, ridicoli infermieri di un assurdo malato psichiatrico. Per tutti è necessario indossare una maschera, con cui nascondersi e proteggersi per affrontare gli altri e - forse - cercare di essere più forti e coraggiosi: “Guai a chi non sa portare la sua maschera, sia da Re, sia da Papa”.
al Teatro Litta produzione Litta_produzioni e Malalingua Associazione Culturale di David Harrower regia di Antonio Syxty con Marianna De Pinto, Marco Grossi e Giuseppe Pestillo scene di Guido Buganza luci e immagini di Fulvio Melli
Una giovane Donna e suo marito William vivono in un villaggio e in un tempo non meglio specificati. Entrambi sono agricoltori e allevatori di cavalli e conducono una vita semplice, timorata di Dio, quasi primitiva. Primitivo è anche il loro rapporto, che li vede condividere il duro lavoro dei campi e quasi nient’altro, anche perchè William detto Pony William - preferisce dormire nella stalla con i cavalli, piuttosto che dividere il letto con la giovane e bella moglie. La loro vita si complica quando la Donna - della quale non verrà mai pronunciato il nome - si reca da Gilbert - il mugnaio del villaggio - a portare il grano del raccolto per la macina. Le dicerie degli abitanti del villaggio sul mugnaio conferiscono a Gilbert un’aura diabolica e maledetta e la Donna ne verrà intima-
mente pervasa nel momento in cui il mugnaio la sfiderà a scrivere il suo nome con una penna comprata da un saltimbanco a una fiera di paese. La Donna tornerà a casa da Pony William e si accorgerà di avere le mani sporche di inchiostro e da quella notte non riuscirà più a dormire, ma verrà colta da visioni notturne e apparizioni del mugnaio, che in uno dei loro incontri le svelerà che non sono i cavalli a strappare suo marito dal letto matrimoniale bensì la giovane figlia di Robertson, un abitante del villaggio. Quando Pony William, insieme agli altri abitanti del villaggio, si recherà con la mogie da Gilbert il mugnaio, per l’installazione della nuova macina, i due uomini si fronteggeranno a scapito di Pony William che verrà ucciso dal mugnaio con la complicità della Donna.
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Coltelli nelle galline
dal 25 febbraio al 16 marzo
Gli straccioni
dal 1° al 13 aprile
al Teatro Litta produzione Litta_produzioni
di Tiziano Scarpa regia di Carlo Roncaglia con Gaetano Callegaro, Enrico Dusio, Giovanna Rossi e Gianluca Gambino scene e costumi di Guido Buganza musiche originali e arrangiamenti di Enrico De Lotto e Carlo Roncaglia sonorizzazione di Donato Merz Terrameo luci di Fulvio Melli
Sul marciapiede di una strada di una città italiana c’è un viavai di passanti. Il testo de Gli straccioni si apre con una scena performativa, quasi da galleria d’arte: gli attori percorrono la scena fino a raggiungere un cumulo di abiti, si cambiano in scena assumendo ogni volta un’identità diversa, impersonando diversi passanti casuali. I rapporti tra i quattro personaggi principali si intrecciano, colpi di scena rivelano identità nascoste di alcuni di loro, mentre su quella strada si svolgono rapine alla banca, cambi di scena e altri eventi inattesi. Il tono alterna registri comici e
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drammatici, l’ambientazione stradale permette irruzioni inaspettate e momenti contemplativi. Gli straccioni è una pièce che mette in scena povertà vecchie e nuove: nella sua prima versione è stata scritta a metà dello scorso decennio, prima della crisi economica globale. La nuova versione, attualmente in corso di elaborazione, si immerge ancora più profondamente nella situazione di chi ha perso - insieme a una certa sicurezza economica - soprattutto il proprio status e la propria identità sociale.
al Teatro Litta produzione Litta_produzioni
di Jérome Tonnerre traduzione di David Conati regia di Antonio Syxty cast in via di definizione scene di Guido Buganza luci e immagini di Fulvio Melli
Confidenze troppo intime è una commedia che nasce da un equivoco: Anna sta andando dal suo psicoanalista, ma per distrazione, (o per un errore freudiano ?) sbaglia porta. Ad aprirle non sarà uno psicoanalista, ma William, un consulente finanziario. Lei è convinta di trovarsi di fronte al suo nuovo medico e inizia a raccontargli i suoi segreti più intimi, mentre William, non avendo il coraggio di rivelarle la sua vera identità, ascolta incredulo quelle confessioni. Dopo quest’incontro, l’equivoco viene chiarito, ma le sedute continuano: lei non può più fare a meno di quel tempo tutto suo, di quello spazio protetto, della libertà di dire ciò che altrove risulta indicibile. Il processo, una volta avviato, non può più arrestarsi e fra i
due nasce un rapporto ambiguo ed intrigante, nel quale si intrecciano il difficile rapporto che Anna ha con il marito e la poco chiara relazione che William ha con Giovanna, la sua ex fidanzata. La vicenda, nel suo dipanarsi di confessioni, diventa un intreccio geometrico in cui tutti nascondono qualcosa e riescono a fare emergere i sentimenti più veri solo attraverso errori ed equivoci: l’amore è ridotto dai due personaggi a mero rifugio dal mondo. Queste oscure, intricate e intriganti confessioni condurranno progressivamente William e Anna verso un epilogo in cui forse riusciranno a trovare il coraggio di uscire dal loro passato di fallimenti personali intimi per dare inizio a un nuovo futuro.
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Confidenze troppo intime
dal 16 giugno al 5 luglio
Teatro Martinitt Via Riccardo Pitteri, 58 20134 Milano
prenotazioni e informazioni da martedì a sabato 10.00 - 20.00 domenica 15.00 - 17.30 tel. 02 36580010
www.teatromartinitt.it info@teatromartinitt.it mezzi pubblici autobus 54, 39, 75 metrò linea 2 (Lambrate)
La storia dei Martinitt nasce nel 1531 quando Francesco Sforza offrì a Gerolamo Emiliani, protettore degli orfani, una nuova dimora per i trovatelli della città di Milano. La sede scelta si trovava vicino all’oratorio di San Martino: da qui gli orfani presero il nome di Martinitt, piccoli Martini. Fin dalla fondazione dell’istituto venne riposta grande attenzione all’istruzione e all’educazione degli orfanelli: essi imparavano a leggere a scrivere e far di conto, e non solo. Caposaldo di questo metodo formativo era l’insegnamento delle arti: i Martinitt studiavano musica e canto, e mettevano in scena piccole rappresentazioni teatrali a carattere morale. A tal proposito nel 1932 fu inagurato, insieme alla nuova sede dell’istituto in via Riccardo Pitteri, il Teatro Martinitt, luogo dedicato esclusivamente all’intrattenimento educativo degli orfani, fungendo talvolta anche da sala cinematografica. Danneggiato dai bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale, il Teatro fu successivamente ristrutturato, continuando così la sua attività fino alla metà degli anni Settanta. Infine, per quasi venti anni, a seguito dei cambiamenti socio-economici della comunità dei Martinitt, la struttura fu chiusa e abbandonata, cadendo in disuso. Forte dell’esperienza più che trentennale di attività continuativa nel campo della produzione teatrale e della gestione di sale teatrali, nel 2010 la società La Bilancia ha vinto il bando di gara per la gestione della suddetta struttura e, a seguito dei lavori di ristrutturazione dei locali, nell’ottobre dello stesso anno ha aperto al grande pubblico le porte del nuovo Teatro Martinitt, avviando un innovativo progetto nel panorama culturale milanese per un Teatro dedicato alla commedia italiana contemporanea.
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Una ricetta per single
dal 17 ottobre al 3 novembre al Teatro Martinitt produzione La Bilancia Produzioni
di Cinzia Berni regia di Roberto Marafante con Cinzia Berni, Cristiana Lionello, Alessandra Korompay, Francesca Zavaglia e Paolo Persi scenografia di Rosella Inzillo costumi di Carola Bondolfi luci di Stefano Valentini
Qual è la ricetta che cercano quattro donne single ? Quella che farà trovare loro il grande amore, o piuttosto quella per scoprire il modo di stare bene da sole ? Mentre le amiche cercano la “ricetta della felicità” a ritmo di ghiottonerie, scherzando sull’amore, sul sesso, sull’infedeltà, un dubbio si insinua tra loro. Chi ha ancora una relazione con Luca, l’affascinante ex di tutte e quattro le amiche ? Proprio l’arrivo dell’uomo riaccende le passioni, evidentemente mai sopite, e la competizione tra le donne provoca situazioni di esilarante comicità con un finale davvero inaspettato.
Note dell’Autrice: Come “Ricette d’amore” anche “Una ricetta per single” è una storia di donne, di amicizia, di sentimenti e di passioni. Le protagoniste sono figure emblematiche dell’odierno femminino in una società che si dibatte tra l’antico e il moderno sempre guidata dal motore unico del mondo: l’amo-
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re. Amori vissuti in modo sbagliato che finiscono per lasciare sole le quattro donne, ciascuna a suo modo, a seconda dell’età e delle esperienze vissute: quattro solitudini che si consolano con il cibo e si confidano pene e gioie, tutte speranzose di trovare la giusta “ricetta della felicità”. Ma con l’arrivo del “Maschio” salvatore o ingannatore, tra le amiche si scatena una vera e propria guerra, tra battute sagaci e briose, condite di umorismo e disincanto. Dietro modi di fare superficiali e discorsi a volte fuori dalle righe, si celano quattro donne che vivono la consapevolezza dell’età che avanza, con i rimpianti verso un passato che non tornerà più, ma che non si rassegnano ad un futuro che sembra già scritto e stupiscono con la loro voglia di vivere e di mettersi di nuovo in gioco. Una commedia frizzante e attuale che evidenzia, con leggerezza e ironia, situazioni e paradossi del quotidiano, esaminando le varie visioni della vita di quattro donne solo apparentemente diverse tra loro.
al Teatro Martinitt produzione La Bilancia Produzioni
di Federico Basso regia di Roberto Marafante con Mariasofia Alleva, Gabriele Bajo, Nazzareno Patruno e Camillo Rossi Barattini scenografia di Andrea Dell’Orto costumi di Simona De Castro luci di Fabio Bezze
Hai passato un fine settimana nella vigna di tuo nonno col il tuo migliore amico. Sei riuscito a ricavarne, dopo molta fatica, sei bottiglie di vino. Decidete di aprirle solo in occasioni speciali. Quali sarebbero ? Da questo semplice presupposto nasce “Solo sei bottiglie”, una commedia brillante che strizza l’occhio alla tradizione americana delle sitcom. I protagonisti sono infatti quattro amici, che incrociano i loro destini nell’appartamento di Daniele, amico di Loris, fratello di Mauro, in attesa di Cristina. Sei momenti indimenticabili nelle vite dei quattro giovani alla continua ricerca della felicità. Il tempo non è scandito da un orologio, ma da un portabottiglie, testimone in-
consapevole e silenzioso di momenti belli e brutti, ma che vale comunque la pena ricordare. E’ Federico Basso, vincitore della prima edizione del concorso “Una commedia in cerca d’autori”con il testo Solo sei bottiglie”. Il bando, rivolto agli autori lombardi di Commedie teatrali, è stato indetto da La Bilancia con l’intento di stimolare il tessuto drammaturgico del territorio, proseguendo quel percorso di rivalutazione della Commedia teatrale italiana. Solo sei bottiglie è l’opera prima di Federico Basso. È una commedia amabile, fresca ed elegante come ogni un buon vino.
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Solo sei bottiglie
dal 7 al 24 novembre
Due mariti e un matrimonio
dal 19 al 29 dicembre e dal 2 al 5 gennaio al Teatro Martinitt produzione La Bilancia Produzioni
testo e regia di Roberto Marafante con Pia Engleberth, Ussi Alzati, Alessandra Ierse, Caterina Luciani e Daniele Monachella scenografia di Andrea Dell’Orto costumi di Simona De Castro luci di Fabio Bezze
Una giornata infernale si trasforma in una comicissima commedia, un meccanismo implacabile di trovate e colpi di scena dove protagonista è l’amore “al tempo della crisi”. La vicenda si snoda in un pomeriggio e il racconto di un matrimonio mancato sviluppa un meccanismo ad orologeria, che crea situazioni comiche e colpi di scena, precipitando in un sorprendente epilogo. E’ Mimì che non si presenta al suo matrimonio con Rodolfo e sparisce. Tutti la cercano: le amiche del cuore, la sorella, il marito abbandonato, tutti sono preoccupati per la sua sorte. Per un motivo o per l’altro si ritrovano a casa di Luisa e in questo appartamentino da single, vorticosamente la storia prende una piega inaspettata. Il tema si potrebbe definire “l’amore al tempo della crisi”. Ma non è solo la crisi economica a coinvol-
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ge i protagonisti, ma è soprattutto quella dei valori, quella femminile, quella familiare, quella delle relazioni e chi più ne ha più ne metta. Anche se quattro sono le donne e solo uno l’uomo, non si può definire la vicenda un conflitto tra i sessi, ma è la presenza di “Deus ex Machina” che mette in crisi sia il mondo maschile che quello femminile. Certo le donne sembrano avere una marcia in più, se non altro per quella loro innata determinazione e quella attitudine alla adattabilità alle vicende della vita, sotto le quali gli uomini, spesso troppo rigidi, si spezzano. Un segreto, però, le donne ce l’hanno ed è il fatto che riescono a divagare. La loro mente non smette di saltare da un pensiero ad un altro, da un dramma ad una crema antirughe e questo alla lunga produce un sentimento di cui in questo momento il mondo ne ha un grande bisogno: la leggerezza.
al Teatro Martinitt produzione La Bilancia Produzioni
di Gianluca Tocci regia di Gianni Corsi con Massimo Bonetti, Angela Di Sante e Gianluca Tocci scenografia di Stefania Savioli costumi di Stefania Savioli luci di Federico Paffetti
Tutto sembra essere pronto per le nozze, quando qualcuno bussa alla porta del promesso sposo... è la futura moglie che irrompe al grido di “io non ti sposo più !”. La commedia ambientata a Roma, nei giorni nostri, vede Cesare (Massimo Bonetti), palazzinaro romano della vecchia guardia, prepararsi con grande emozione ad un evento molto, molto importante: il matrimonio del suo unico figlio. Sono in atto gli ultimi preparativi e Cesare e Giuseppe si dedicano alla prova del vestito, insomma, gli ultimi ritocchi. Cesare ricorda sua moglie, che da dieci anni non è più tra loro, ma come si dice, la vita va avanti, e domani è un grande giorno, il giorno in cui Giuseppe (Gianluca Tocci) sposa Camilla (Angela di Sante), con la quale è fidanzato da sette anni. La sposa è la figlia di uno dei
costruttori romani più in auge, uno di quelli a cui il lavoro non manca mai - a differenza di Cesare, la cui azienda invece sembra essere arrivata al capolinea. I due ragazzi si amano e, a sentire Giuseppe, nulla e nessuno al mondo potrebbe mai separarli… Ma quando tutto sembra essere pronto, qualcuno bussa alla porta: Camilla irrompe nell’appartamento del suo futuro marito in preda ad una vera e propria crisi. Oscure abitudini caratterizzano il passato del suo fidanzato, pagine di vita di cui lei non sospettava nulla e che ha scoperto poco prima, solo fortuitamente, e grazie alla soffiata di un’amica. Nella confusione più totale, una frase tuona forte e chiara: Io no ti sposo più ! Cesare, il padre dello sposo, dando prova di grande saggezza, farà di tutto per cercare di mettere a posto le cose.
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Il padre dello sposo
dal 9 al 26 gennaio
Come tre aringhe
dal 20 febbraio al 9 marzo al Teatro Martinitt produzione La Bilancia Produzioni
di Marco Falaguasta e Mauro Graiani regia di Marco Falaguasta con Marco Falaguasta, Marco Fiorini e Pietro Scornavacchi scene di Maurizio Paradiso luci di Max Lumachi
Il tempo per tutti è un concetto relativo, ma per tre metronotte in servizio presso un non meglio identificato Delfinarium, il tempo è soprattutto una spada di Damocle che scorre lento mentre si fanno i conti con se stessi. Tra una presa in giro e una burla ben riuscita, i tre finiscono per psicoanalizzarsi a vicenda: tre anime diverse come tre piccole Aringhe, accomunate da quel lavoro notturno, che si riduce al controllo della procedura di manutenzione della vasca in cui vive un misterioso quanto mitologico Delfino Albino. Nico arriva a quarant'anni con una figlia di diciassette incinta, senza mai essere riuscito a parlarle veramente, mentre Giorgio, quello nuovo, è portatore sano di una felicità tanto fastidiosa quanto auto-
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imposta, se messa in contrasto con il pragmatismo e la consapevolezza ineluttabile di Mariano, il capo, ex agente, entrato in polizia per fare giustizia sui cattivi, ma fregato dai buoni. Si ride di e con le tre Aringhe, protagonisti da amare per quegli errori che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo commesso, ma che per loro, potrebbero rivelarsi fatali. A sipario chiuso, resta la sensazione che la relatività del tempo non sia poi una certezza e che la vita vada affrontata senza strategie, ma di pancia, col cuore in mano, perché non importa che tu sia Delfino o Aringa, la vita non si fa aspettare, si vive, cercando di strapparle il suo tesoro più prezioso: una risata.
al Teatro Martinitt produzione La Bilancia Produzioni
di Sergio Viglianese, Gloria Vigorita e Sergio Mancini scene, costumi e regia di Pascal La Delfa con Sergio Viglianese e Gloria Vigorita
Un cimitero di una grande città fa da sfondo a una storia d’amore più che mai insolita. Una vedova, un uomo che si innamora e un terribile sospetto in un racconto divertente e romantico che ammicca al giallo. Inoltre, condensati nelle stravaganti incursioni di diversi personaggi che frequentano il cimitero, si affronteranno tutti i modi di interpretare l’ineluttabile fine della vita, dalla scaramanzia alla religione, dalla paura alla dissacrazione. Una commedia divertente e allo stesso tempo poetica sulla nera signora, sul trapasso, sulla dipartita, sul decesso, sulla scomparsa, insomma, sulla morte! Uno spettacolo che lascerà spazio a momenti di riflessione, ma che soprattutto vi farà... morir dal ridere! Riccardo, un uomo ossessionato dalla paura di morire (Sergio Viglianese) dopo averle provate tutte, da alcuni anni è costretto ad andare ogni mattina al cimitero, poiché questo è l'unico metodo che gli permette di dormire la notte. Negli ultimi due mesi,
ogni giorno proprio al Verano (famoso cimitero di Roma) vede una donna avvolta da un misterioso fascino (Gloria Vigorita), ma non ha il coraggio di parlarle, finché un giorno è proprio lei a rivolgere a Riccardo alcune domande. Lui, innamorato a prima vista, inventa una serie di bugie per nascondere il vero motivo per il quale si reca lì e con il passare dei giorni mantenerle in piedi diventa sempre più difficile. Altre storie parallele si aggiungono a quella di Riccardo e la donna misteriosa, un fratello e sorella del sud che vanno a trovare il nonno, un killer sentimentale che va a trovare le sue vittime ed altri ancora fanno da contorno a questa bizzarra storia d'amore che si tinge di giallo. Il mistero diventa si fa sempre più fitto e serio: perché da due mesi questa donna ogni giorno si reca al cimitero? Chi va a trovare? Riccardo è combattuto tra l'amore e la paura, ma mai sospetterebbe ciò che alla fine scoprirà...
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Morti dal ridere
dal 24 aprile all’ 11 maggio
Teatro Menotti Via Ciro Menotti, 11 20129 Milano
prenotazioni e informazioni lunedi e mercoledì 15.00 - 18.00 martedì, giovedì e venerdì 15.00 - 19.00 sabato 16.00 - 19.00 tel. 02 36592544 fax. 02 36592542
www.tieffeteatro.it info@tieffeteatro.it mezzi pubblici tram 5,23,33,29,30 autobus 54,60,61,62,92 metrò linea 1 (P.ta Venezia)) passante ferroviario Dateo
Per la quarta stagione al Teatro Menotti puntiamo in alto con una vena di follia. La parola, la musica, il mito. Sguardi e viaggi dentro il tempo presente, tra i disagi, le contraddizioni e quel poco o tanto di speranza e ottimismo, che non dovrebbero mancare nel baule dei venditori di sogni. Un Teatro di idee, di incontri, di scontri, di progetti che iniziano e si trasformano trovando rapporti con il territorio, con la sua gente, con la sua storia. Un Teatro che vuole essere popolare e contemporaneo. Un luogo, come il Teatro Menotti, sprofondato nella storia culturale di una città, gestito da TieffeTeatro, una delle più importanti e longeve realtà italiane (fondata nel 1969 come Compagnia Stabile Teatro Filodrammatici). Anche per la stagione 2013/14 il cartellone del Teatro Menotti presenta un programma variegato. L’attenzione alla drammaturgia contemporanea si esprime nella nuova produzione Lo zoo di vetro, di Tennessee Williams, riletto dallo sguardo attento e visionario di Arturo Cirillo. Un classico del Teatro del novecento dai meccanismi sempre attuali, nell'Italia di oggi come nell'America degli anni '40. Ancora uno sguardo alla contemporaneità, ma di casa nostra, con Il tramonto sulla pianura, tratto dal romanzo di Guido Conti. Nobili singolari, poeti improbabili, attrici malinconiche, fascisti fedeli, suore stravaganti ci raccontano tra aneddoti e ricordi la storia di un secolo. Prosegue il nostro percorso, tra Teatro e musica, con una rilettura del Don Chisciotte in chiave pop, portata in scena dalla trascinante comicità di Alarico Salaroli e Marco Balbi. Tra il cabaret e la tragicommedia beckettiana, dialoghi in bilico tra fantasia e realtà per un viaggio che da quattrocento anni ci conduce alle soglie del sogno e della follia. Ritornano poi i grandi successi della passata stagione: l’Irlanda di Agnes Browne portata in scena da Lucia Vasini, il grande successo di BenniSuite, sul mondo di Stefano Benni a ritmo di musica, e poi, per il terzo anno consecutivo, a grande richiesta, All’ombra dell’ultimo sole - Parole e Musica per Fabrizio De André, un musical sugli anni '70, raccontati dalla parte di di puttane, anarchici, perdenti e sognatori. La stagione del Menotti propone inoltre una rassegna di Teatro ragazzi, organizzata da NATT, la Nuova Accademia Tieffe Teatro.
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Parole e Musica per Fabrizio De André
All’ombra dell’ultimo sole
dal 10 al 20 ottobre al Teatro Menotti produzione TieffeTeatro e AstiTeatro 33 con il patrocinio morale della Fondazione De André Onlus di Massimo Cotto regia di Emilio Russo con Enrico Ballardini, Roberta Lidia De Stefano, Daniele Gaggianesi, Chiara Buratti, Vanessa Korn, Silvia Giulia Mendola, Giuseppe Palasciano, Valeria Perdonò, Carlo Roncaglia, Fabio Zulli e Francesco Visconti alla fisarmonica Nadio Marenco arrangiamenti e direzione musicale Alessandro Nidi scene di Elena Martucci costumi di Mariella Visalli luci di Mario Loprevite
Per il terzo anno consecutivo, a grande richiesta torna All’ombra dell’ultimo sole, un racconto musicale basato sulle canzoni, le storie e i personaggi raccontati da Fabrizio De André. Un musical sulla nostra storia recente, su quegli anni ‘70 caratterizzati da profonde trasformazioni e contraddizioni, ma già anni “mitici” per le generazioni successive. Protagonista della storia è un gruppo di giovani che vive un momento storico di grandi speranze e di gravi conseguenze: è il 1975 e i ragazzi decidono di aprire un bar in un magazzino dietro Via del Campo, dove fare musica e parlare di rivoluzione. Il locale diventa luogo di ritrovo di giovani, ma le cose non vanno nel verso giusto e anche se il "sogno" sembra vicino, la strada per il cambiamento è ancora lunga… All’ombra dell’ultimo sole è un musical sul mondo di Faber, la cui musica non solo segna il ritmo dello spettacolo, ma dà anche il nome ai protagonisti del racconto (da Bocca di Rosa a
Nancy, da Michè a Pasquale Cafiero) e permea le atmosfere dei carruggi di una Genova immaginaria illuminata dalle luci del bar “La cattiva strada” fino ai fuochi della rivolta nel carcere scandita dal ritmo della “Canzone del Maggio”. Le canzoni di De André a servizio di un musical anomalo su utopie, rivoluzioni e delusioni narrate dalla parte di puttane, anarchici, perdenti e sognatori. Gli arrangiamenti di Alessandro Nidi non scimmiottano l’inimitabile Faber, più che all’altezza il cast di giovani attori e cantanti che garantisce la giusta temperatura emotiva.
Sara Chiappori - la Repubblica E se “il nostro destino è quello di combattere sapendo che perderemo” il destino dello spettacolo di Emilio Russo è di aver vinto la sfida e di aver contribuito a dare ancora più risalto alla poesia di De André. Da vedere.
Patrizia Pertuso – Metro
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al Teatro Menotti produzione TieffeTeatro
da Miguel De Cervantes adattamento e regia di Emilio Russo con Alarico Salaroli, Marco Balbi, Helena Hellwig, Enrico Ballardini e Alessandro Nidi
arrangiamenti e direzione musicale Alessandro Nidi scene di Elena Martucci costumi di Mariella Visalli luci di Mario Loprevite
Parole e musica per raccontare il “mito” di Don Chisciotte con una lettura in chiave pop tra Orson Welles, la tragicommedia beckettiana e il cabaret. Dialoghi in bilico tra fantasia e realtà in un “viaggio infinito” che da quattrocento anni ci conduce alle soglie del sogno e della follia. Estate 1969, è l’estate più calda del decennio quando Don Chisciotte e Sancio Panza decidono di partire. Per l’hidalgo sarà un viaggio alla ricerca di fanciulle da salvare e di torti da riparare, per il suo scudiero sarà la ricerca di un’isola su cui riposare. Niente a che vedere con la moda e i modi “on the road”, piuttosto un percorso circolare dal nulla verso il nulla, un sentiero impolverato, in un paesaggio urbano simile alle periferie delle nostre città. Niente di moderno contamina il pensiero e le azioni del “cavaliere dalla triste figura”, perché lui è davvero un cavaliere: un cavaliere autentico, il miglior cavaliere mai esistito. Chi
avrebbe abbattuto giganti con una lancia di legno ? Soccorso fanciulle da esseri infernali ? Riparato offese e torti con tanto coraggio e, sopratutto, chi poteva farlo avendo per alleati solo un magro ronzino e uno scudiero rozzo ? Don Chisciotte è il mito, ma è Sancio il vero personaggio della commedia umana. Un personaggio meraviglioso, perfino nella sua volgarità e nella sua goffaggine. Cavaliere e scudiero insieme hanno superato secoli di decadenza e oscurantismo, repressioni e tirannie. Insieme ci hanno raccontato di un mondo con cui la gente onesta e leale ha il desiderio di identificarsi. Alla fine del loro viaggio lo sguardo e i pensieri inevitabilmente si rivolgeranno alla luna, che mai come in quell’estate del ’69, ci sembrò così vicina. Poi tutto è tornato come prima e non ci rimane altro che guardare quel dito che da qui la indica. La luna nonè stata conquistata e dell’hidalgo si sono perse le tracce, ma prima o poi Don Chisciotte tornerà.
Emilio Russo
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Don Chisciotte – Opera Pop
dal 7 novembre al 1° dicembre
Agnes Browne
dal 5 al 30 dicembre al Teatro Menotti produzione TieffeTeatro
liberamente ispirato ai romanzi di Brendan O’Carroll drammaturgia e regia di Emilio Russo con Lucia Vasini musiche dal vivo di Jashgawronsky Brothers scene di Gomez luci di Mario Loprevite
Ritornano al Teatro Menotti i suoni, le voci e l’umanità che popola le vie di Dublino, ma soprattutto ritorna Agnes, una delle figure più tenere e comiche della letteratura degli ultimi anni, che rivive grazie l’appassionata duttilità trasformista di Lucia Vasini. In scena insieme ad Agnes/Lucia i virtuosismi demenziali della Band Jashgawronsky Brothers, gli inventori del genere musicale più strano del mondo: la musica da riciclo ! Usando strumenti inventati e costruiti con materiali di uso comune, riescono ad ottenere suoni incredibili e a fare musica con scope, imbuti, barattoli e cucchiai. Agnes ha un banco di frutta e verdura al mercato del Jarro, il quartiere più turbolento e proletario di Dublino. Ha sette figli e un marito che si gioca lo stipendio tra allibratori e bevute. Ma Agnes ha pochi soldi e molto spirito e quando la sorte decide di portarsi via il manesco consorte la protagonista è final-
mente libera di ricominciare a vivere. La storia della vita di Agnes si intreccia con le storie raccontate da Lucia Vasini: l’Irlanda si unisce alla Romagna, le musiche irlandesi si uniscono a suoni romagnoli, il Jarro si fonde con il mercato del pesce di Marina di Ravenna.
Sono subito rimasta colpita dalle origini popolari di Agnes e ho collegato l’Irlanda alla mia terra di origine, l’Emilia Romagna per i colori del mercato e la vivacità delle musiche popolari. Ho scoperto di avere molto in comune con la protagonista. Mia nonna aveva un banco del pesce al mercato di Marina di Ravenna e come Agnes aveva sette figli e un marito violento. Una famiglia proletaria di cui, quando ero più giovane mi vergognavo e che invece oggi riscopro nella sua enorme ricchezza. Lucia Vasini
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al Teatro Menotti produzione TieffeTeatro
di Tennessee Williams traduzione di Gerardo Guerrieri regia di Arturo Cirillo con Arturo Cirillo, Milvia Marigliano, Monica Piseddu e Edorado Ribatto scene di Dario Gessati costumi di Gianluca Falaschi luci di Mario Loprevite
Lo sguardo acuto e visionario di Cirillo si misura con un classico del Teatro del Novecento, mostrando meccanismi familiari sempre attuali e personaggi reali, nell’Italia di oggi come nell’America degli anni ‘40. Lo zoo di vetro è “un dramma di memoria”, secondo la definizione dello stesso Tennessee Williams, cioè è un testo dalla doppia natura: realistico nella descrizione dei rapporti tra i personaggi, ma totalmente onirico rispetto al tempo della vicenda e al tempo della sua rappresentazione. Potente messa in scena dell’atto del ricordare e del rapporto con il passato come luogo del rimpianto: “Il futuro diventa presente, il presente passato, e il passato un eterno rimpianto” si dice nel testo. Al centro della vicenda il fallimento di una famiglia, una madre che vive ancorata al ricordo di una giovinezza dorata, un gruppo di ex-giovani ormai senza più età.
Lo zoo di vetro di Williams rappresenta “l’inganno dell’immaginario”, non è casuale la grande importanza, data dall’autore, all’atto del proiettare. Il riflettore teatrale che il narratore/figlio punta sui personaggi, i molteplici film nei cinema dove si rifugia Tom per sfuggire alla realtà, e anche gli stessi animaletti di vetro che compongono lo zoo del titolo sono l’emblema della fragilità e della finzione: sono essenze quasi prossime all’assenza, non a caso trasparenti. Immagino dunque un luo-
go abitato da pochi elementi molto concreti ma immersi in una luce non realistica, quasi pittorica, dove la vicenda venga narrata senza divisioni in quadri, ma in un unico luogo, come se ci trovassimo all’interno di un album di famiglia troppe volte sfogliato. I testi di Williams, e in particolar modo Lo zoo di vetro, mi ricordano il Teatro di un autore a me molto caro: Annibale Ruccello, che infatti cita spesso lo scrittore americano tra i suoi amori letterari. Come in Ruccello vedo qui dei personaggi violentemente attaccati alle proprie illusioni, come la madre, la signora Amanda Wingfield, centro ed origine di tutte le patologie, ma vittima lei stessa del confronto con le spietate leggi della realtà. Troviamo poi l’alcolismo, la solitudine, l’assenza del padre, la giovinezza come un tempo perduto, tutti temi universali, che la maestria dell’autore rende condivisibili dal pubblico di oggi come del passato, in America, come in Italia. Credo che come per tutti gli autori teatrali molto autobiografici, anche se in un modo misterioso e metaforico, si debba ricercare una propria personale narrazione, fare dei personaggi degli altri possibili noi stessi. Come credo che facesse Tennessee Williams, soprattutto con le sue eroine, eroine destinate all’insuccesso e alla solitudine, relegate a vivere nel Teatro, e a risplendere ad ogni nuova accensione della luce su di loro.
Arturo Cirillo 131
Lo zoo di vetro
dal 9 al 26 gennaio
Il tramonto sulla pianura
dal 6 al 18 maggio al Teatro Menotti produzione TieffeTeatro
di Guido Conti drammaturgia e regia di Emilio Russo direzione musicale di Alessandro Nidi con i partecipanti di A.G.E.
In una casa di riposo nella campagna parmense si incrociano le vite degli ospiti riluttanti: primo fra tutti Eugenio, lĂŹ relegato dal figlio e dalla terribile nuora detta "pinna di squalo". Davanti alle grandi vetrate che incorniciano il mutare delle stagioni sfilano i personaggi con le loro storie: nobili singolari, poeti improbabili, attrici dalla vita malinconica e avventurosa, fascisti fedeli fino all'ultima ora, suore stravaganti, medici assurdi. Intorno, la strana magia della pianura e del fiume che la percorre, il Po, depositario di riti antichi, ma anche di delitti misteriosi. E mentre si
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passa da una tarda estate a un Natale nevoso, noi ci accorgiamo di attraversare, scena dopo scena, il romanzo di un secolo. In scena una “giovane� compagnia over 65 per un tragicomico racconto in bilico tra le storie individuali e la macrostoria di un’epoca obbligata al cambiamento in attesa del nuovo millennio. Siamo nel 1989, tra muri che cadono e ideali che affondano, quale migliore punto di vista se non quello di chi osserva il mondo tra i raggi di un sole e di una vita al tramonto ?
al Teatro Menotti produzione TieffeTeatro
da Stefano Benni drammaturgia e regia di Emilio Russo con Lucia Vasini, Marco Balbi, Nicola Stravalaci e Marcella Formenti musiche dal vivo di Microband
scene di Elena Baccaro e Denise Carnini costumi di Mariella Visalli luci di Mario Loprevite
Dopo il grande successo della scorsa stagione, torna lo spettacolo sul “pianeta Benni”. Protagonista un gruppo di attori stralunati e un duo di improbabili musicisti, la Microband, ovvero “i fratelli Marx della comicità musicale”. Tutti impegnati in una missione impossibile: realizzare uno spettacolo teatrale. E’ una libera fantasia tra i testi di Stefano Benni quella che Emilio Russo cuce in BenniSuite, contaminando parole e musica con un gusto divertito che lascia spazio alla malinconia. Benissimo recitato dagli interpreti, su tutti una stralunata Lucia Vasini, col controcanto esilarante della Microband, duo comico - strumentale dalle trovate surreali. Simona Spaventa - la Repubblica
In BenniSuite, libero esercizio della fantasia, tutto succede e succederà proprio come nei suoi romanzi e nel suo Teatro, senza apparenti limiti logici, senza le barriere del perbenismo formale. Può capitare che Onehand Jack incontri la signorina Vu per un “tango verticale”, o che Lupetto Saltatempo ci faccia viaggiare nel futuro con il suo “orobilogio”. In scena quattro personaggi e due musicisti stralunati come la Microband. Parole, musica e canzoni originali per esplorare il pianeta Benni ed iscriverci a pieno titolo tra le voci della Bennilogia, l’enciclopedia permanente curata quotidianamente dagli appassionati lettori del padre della Luisona.
Emilio Russo
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BenniSuite
dal 5 al 22 giugno
Teatro Out Off Via Mac Mahon,16 20155 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 34532140 lunedì 10.00 - 18.00 da martedi a venerdi 10.00 - 22.00
www.teatrooutoff.it info@teatrooutoff.it mezzi pubblici tram 12,14 autobus 78, 90, 91
L’Out Off, fondato nel 1976 e ancora oggi diretto da Mino Bertoldo, rappresenta una realtà produttiva che si occupa di Teatro contemporaneo in continua relazione con quanto avviene di nuovo sulle scene, nella drammaturgia, nella danza, nella musica, nelle arti visive. La nuova sede è in Via Mac Mahon, una sala da 200 posti moderna e accogliente, dal foyer si accede direttamente al ristorante, aperto al pubblico del Teatro e non, sia a pranzo che a cena, ma anche per aperitivi e iniziative trasversali tra spettacolo e cucina. Per la XXXVIII stagione dell’Out Off il carnet di Invito a Teatro comprende tre nuovi lavori del regista stabile Lorenzo Loris: “Prodigiosi deliri” tratto da famosi casi psichiatrici e scritto con Mario Sala e Roberto Traverso, “Vera vuz” di Edoardo Erba e “Affabulazione” di Pasolini. Completano la programmazione di Invito a Teatro “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello, uno spettacolo di Sandro Mabellini in collaborazione con Macao, “Io sono Sarah Kane” di Paolo Scheriani, “Il giocatore” tratto da Dostoevskij per la regia di Alberto Oliva. L’Out Off continua a voler approfondire, scoprire, discutere gli aspetti del nostro tempo. Il cartellone offre non solo Teatro, ma anche danza, musica, occasioni di dibattito: dalla proposta jazz all’interno del Festival Mito settembre musica, al concerto pianistico di Thodoris Economou, autore tra l’altro delle musiche dell’Odissea di Robert Wilson, al flamenco di Mercedes Ruiz, al Festival Danae XVI edizione. Oltre agli spettacoli si svolgeranno diverse iniziative per approfondire i temi affrontati dagli spettacoli come quelle sulla psichiatria legate al progetto “Prodigiosi deliri” e al convegno sui dialetti lombardi e sulla cultura dialettale organizzato con le università in occasione dello spettacolo “Vera vuz”. Tra gli spettacoli di prosa molti giovani e una nuova generazione di autori a cominciare da Gabriele di Luca di Carrozzeria Orfeo con il nuovo spettacolo “Thanks for vaselina”, Gaddo Bagnoli con “Macchine” di Scimmie Nude, Francesca Sangalli con “Solo per oggi” della compagnia Giovio 15. E poi giovani compagnie lombarde che affrontano autori cult come Ballard proposto da Phoebe Zeitgeist con lo spettacolo “Note per un collasso mentale” con la regia di Giuseppe Isgrò, mentre ScenaAperta si misura con “L’amante” di Pinter con la regia di Sara Drago e Alessandro Conte, inoltre Mattia Sebastian porta in scena la ”Medea” di Heiner Müller. Tra gli appuntamenti più importanti da segnalare il Teatro della Valdoca, storica compagnia di ricerca nata negli anni ’80, con “Ora non hai più paura”, Antonio Latella, uno dei registi italiani più conosciuti all’estero, con A.H., una riflessione sul male assoluto, “Il misantropo” di Molière della compagnia per eccellenza votata alla sperimentazione Marcido Marcidorjs e “La prima periferia” di Pathosformel, uno dei gruppi di recente formazione più apprezzati e “4:48 Psychosis” di Sarah Kane, interpretato da Elena Arvigo. Infine il racconto in musica di Mario Borciani e Anna Zapparoli “Salta Farid !” e per i più piccoli, il Teatro dei bambini di Luca Uslenghi. 135
Prodigiosi deliri
dal 20 novembre al 22 dicembre al Teatro Out Off produzione Teatro Out Off in collaborazione con STANZE
ispirato agli studi di Sigmund Freud di Lorenzo Loris, Mario Sala e Roberto Traverso regia di Lorenzo Loris con Patrizia Zappa Mulas, Mario Sala scene di Daniela Gardinazzi costumi di Nicoletta Ceccolini luci di Luca Siola
Nell’autunno 2012 Lorenzo Loris e Mario Sala, nell’ambito della rassegna teatrale “Stanze - esperienze di Teatro di appartamento” realizzata da Alberica Archinto e Rossella Tansini, compiono una prima tappa di un progetto ispirato allo studio di Sigmund Freud sul caso clinico del Dott. Schreber. Da questo primo embrione di lavoro, grazie alla consulenza dello psichiatra Stefano Mistura, è nata l’idea di allargare la tematica ad altri casi clinici. “Prodigiosi deliri” oltre ad ispirarsi al caso del Dott. Schreber, affronta anche il caso di Ellen West, forse i due casi più emblematici di tutta la psichiatria moderna. Nei due monologhi contrapposti vengono proposti i rispettivi casi clinici cercando nella diversità della patologia nervosa, paranoica quella di Schreber, isterica quella di Ellen, e nella diversità della loro identità sessuale elementi teatrali che permettano un disegno drammaturgico e scenico. Nello stesso periodo di programmazione Luca Ronconi, Carlo Cecchi, Patrizia Zappa Mulas, Rocco Papaleo, Laura Marinoni leggeranno testi teatrali che hanno come tema la follia, inoltre Giorgio Fabbris realizzerà 5 performance / verbigerazioni su “La follia e l’arte dentro e fuori i manicomi” e verranno proposti approfondimenti con scrittori e psichiatri su quanto si sta dibattendo oggi nel mondo della psicoanalisi. 136
Daniel Paul Schreber, Presidente della Corte d'Appello di Dresda, figlio di un illustre educatore dalle idee ferocemente rigide, ebbe nel 1893, a cinquantun anni, una grave crisi nervosa. A partire da questo momento si sviluppò in lui un prodigioso delirio, che lo fece passare per tutti gli estremi della tortura e della voluttà, coinvolgendo dei, astri, demiurghi, complotti, "assassini dell'anima", catastrofi cosmiche, rivolgimenti politici. Da qui il desiderio di fermare i suoi pensieri e di trasmetterli attraverso la scrittura delle sue memorie. Della eccezionale importanza di questo testo si accorsero Jung e Freud. Da questi scritti Freud elaborerà il saggio nel quale formulerà la famosa teoria sulla paranoia. Ellen West fu una giovane donna lacerata da problemi psichici e fisici che finì con il suicidarsi. Il suo caso, elaborato da Binswanger, è diventato molto prezioso per la psicoanalisi come testimonianza di problemi quali l'anoressia, il suicidio e risulta essere di estrema attualità, dal momento che mette in luce i profondi ripensamenti che oggi investono la psicoanalisi e tutta la psichiatria.
al Teatro Out Off produzione Teatro Out Off
di Edoardo Erba regia di Lorenzo Loris con Lorenzo Loris, Mario Sala e Monica Bonomi scene di Daniela Gardinazzi costumi di Nicoletta Ceccolini luci di Luca Siola
Il Tabasco non è una salsa al peperoncino piccante. Per lo meno non è solo quello. E’ uno stato del Messico meridionale di 25 mila chilometri quadrati di superficie, con due milioni e duecentomila abitanti. E’ uno stato povero, e a parte la salsa al peperoncino e una manciata di rovine Maya, non sarebbe così interessante se laggiù non si parlassero 68 lingue diverse. Lingue antichissime, che vengono addirittura dagli Olmechi, i progenitori degli Aztechi. Di queste 68 lingue, 29 sono in via di estinzione. In particolare una è parlata solo da due persone. Tranne che i due hanno litigato e non si parlano più. “Manuel Segovia e Isidro Velazquez” scrive il Guardian il 13 aprile 2011 “vivono a soli cinquecento metri di distanza l’uno dall’altro nel villaggio messicano di Ayapa, ma non si rivolgono la parola da anni. Sono le ultime due persone rimaste in grado di parlare il Nuumte Oote - la Vera voce - a cui gli antropologi stanno prestando particolare attenzione per evitarne la scomparsa. Non si sa se all’origine della mancanza di comunicazione ci sia una disputa o se i due non abbiano semplicemente niente da dirsi”. E’ questa notizia di cronaca che ispira Vera vuz - La vera voce di Edoardo Erba. Con affettuosa ironia l’autore immagina un ultimo colloquio fra Manuel e Isidro.
Manuel è un trafficante di droga e sta per essere definitivamente estradato negli Stati Uniti. Isidro è un corniciaio che vive con una petulante cameriera e non ha mai lasciato casa sua. Dopo anni di silenzio i due parlano per l’ultima volta la lingua che solo loro capiscono. La ragione dell’astio che li ha separati rimane latente, per irrompere drammaticamente alla fine, dopo che la dolcezza della lingua li ha emozionati proiettandoli indietro nel mondo della loro giovinezza. Per questo viaggio messicano nella memoria dove ogni parola riscoperta, come una madeleinette di Proust, restituisce gli odori, i sapori, i colori di un mondo perduto, Edoardo Erba non poteva usare la lingua italiana. Con un’indovinata invenzione usa il dialetto di Pavia, sua città d’origine, un dialetto quasi estinto, parlato ormai da pochissimi cultori. Ne esce un lavoro in dialetto ma non dialettale, dalla sonorità nuova, inedita, uno spettacolo vivo che ai sottotitoli italiani integrati in un video d’autore, si rivolge a tutti. Durante il periodo della programmazione di Vera vuz verrà organizzato e ospitato all’Out Off un convegno sui dialetti lombardi e sulla cultura dialettale in collaborazione con le università, che ospiterà poeti, scrittori, cultori e studiosi.
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Vera vuz
dal 14 gennaio al 2 febbraio
Sei personaggi in cerca d’autore
dal 4 al 23 febbraio
produzione Teatro Out Off in collaborazione con Macao
di Luigi Pirandello uno spettacolo di Sandro Mabellini con Marco Bellocchio, Sebastiano Bottari, Cecilia Elda Campani, Valentina Cardinali, Diego Giannettoni e Francesca Golia assistente alla regia Lisa Momenté drammaturgia collettiva si ringrazia Marco Cacciola
Su un palcoscenico una compagnia di attori prova la commedia Il gioco delle parti. Irrompono dei personaggi negati dallo scrittore che li ha concepiti: un Padre, una Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina. Rifiutano l'assegnazione delle parti ai vari attori: essi vogliono rappresentare di persona il loro dramma. Dopo molte resistenze la compagnia acconsente alla richiesta e i personaggi raccontano agli attori la loro storia perché possano rappresentarla. Questa modalità narrativa assume il carattere di svelamento dell'artificio illusorio dell'evento teatrale o dello spazio teatrale da parte di chi agisce la scena nei confronti degli spettatori, rendendo palese l'intero impianto fittizio dell'azione scenica. Chi sa se uscirete al grido di "Manicomio! Manicomio!". Dal testo “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello si è sviluppato un lavoro di drammaturgia collettiva, che si è svolto all'interno di un laboratorio aperto a Macao lo scorso inverno. 1) Dei Sei personaggi ci interessa la struttura come con-
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tenitore di indagine politica sulla realtà e sull'estetica, sul rapporto tra verità e finzione 2) Cerchiamo di restituire al Teatro la sua vita originaria e lo facciamo interessandoci alla relazione e al pubblico 3) Facciamoci veicolo di una vera coscienza rivoluzionaria 4) Siamo interessati ad una gestione orizzontale del mercato e dell’arte Sandro Mabellini Si perfeziona come regista presso il Centro Teatrale Santa Cristina diretto da Luca Ronconi; come attore, presso il Theatre du Soleil diretto da Ariane Mnouchkine e come performer con la Socìetas Raffaello Sanzio e Jan Fabre. Fra le sue regie, Qualcuno arriverà di Jon Fosse, Dracula e The other side di Dejan Dukovski, Sciame di Toni Negri, Tu (non) sei il tuo lavoro di Rosella Postorino; con cui vince il Premio di Produzione al Napoli Teatro Festival nel 2010. Nel 2013 vince il bando I Teatri del sacro, con il testo Stava la madre di Angela Demattè.
al Teatro Out Off produzione Teatro Out Off in collaborazione con la Compagnia ScheriANIMAndelli / TeatroalleColonne drammaturgia e regia di Paolo Scheriani con Nicoletta Mandelli e Camilla Maffezzoli
A quindici anni dalla morte della grande drammaturga anglosassone Sarah Kane, Paolo Scheriani scrive un testo per ricordarla o per reinventarla. Si immagina cose che non sono state mai dette e forse non sono mai accadute ma la vita delle persone è colma di fatti che sarebbero potuti accadere. Sarah Kane, il suo Teatro, sono fonte di ispirazione continua; anche allontanandosi da lei si ritorna a lei. La sua forza dirompente che rivela una così acuta fragilità è il diapason che ci permette di intonare questo canto. “… Mi vedi madre ? Io vedo che mi stai guardando. E non mi riconosci. Non credi, sgomenta, che quel corpicino di carne e d’ossa sia la tua figlia amata. E muta, poggiata al muro piastrellato di una parete lattea vorresti dire cose. Blaterare come sentivi fare a me che facevo il Teatro.” Una pièce che vede in scena oltre all’attrice Nicoletta Mandelli la performer Camilla Maffezzoli mentre il resto del cast è in via di definizione. Un lavoro che unisce parti “live” a proiezioni con una scansione “cinematografica”. Non aspettatevi la storia di una drammaturga morta suicida anche se è di lei che si parla. Non aspettatevi una cartolina agiografica con tanto di miracoli e reliquie. Non aspettate-
vi lo spettacolo da “fringe” che piace alla gente che si piace. Una donna parla di sè, della sua vita, del Teatro, di tutto quello che le passa per la testa. Parla, racconta, inveisce, delira, sproloquia, sussurra, urla. Fa “il Teatro”. Si veste, si traveste, si denuda. Più che una donna un essere umano. Un corpo umano. Una voce umana che risuona s’intona e stona perché la vita non è così diversa da un canto. Paolo Scheriani, attore, regista e drammaturgo sulla scena milanese da più di vent’anni dal 2010 con Nicoletta Mandelli fonda la compagnia ScheriANIMAandelli/TeatroalleColonne di Milano ed è proprio al TeatroalleColonne che propongono la loro stagione fatta di produzioni e ospitalità ad “alto contenuto umano”. Come autore Scheriani ha vinto numerosi premi di drammaturgia e scritto su commissione diverse pièce tra cui “Lillesand un bicchiere colmo di neve”, “Human Discount la vita di questi tempi”, “Le bestie”, “Visioni di Solaris”, “L’aquila bambina Reloaded”, “Subliminal”, “Il meccanismo dell’ombra” e “La Salomè” edita con i disegni di Guido Crepax.
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Io sono Sara Kane
dal 25 febbraio al 2 marzo
Il Giocatore
dal 12 al 30 marzo
al Teatro Out Off coproduzione Teatro Out Off ed Exen Drama, in collaborazione con I Demoni di Fedor Dostoevskij adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni regia di Alberto Oliva con Mino Manni, Chiara Anicito e Davide Lorenzo Palla video di Maurizio Losi musiche di Francesco Lori
L’azzardo come senso della vita, il gioco come ossessione compulsiva. Non conta vincere, conta rischiare. Da soli. Nel paesino di Roulettenburg si gioca dalla sera alla mattina, e anche durante il giorno. Fra loschi individui polacchi e relitti di nobiltà, il giovane Aleksej, innamorato dell’avvenente Polina, perde progressivamente il contatto con la realtà, finisce intrappolato al tavolo verde, travolto dalle puntate che si susseguono senza tregua, all’inseguimento della pallina bianca. Oltre a lui precipitano ben presto anche gli altri personaggi, in una spirale di annebbiamento dei sensi dal fascino autodistruttivo. Il gioco prosegue oltre il casinò, diventa un modo di esistere, ogni gesto e ogni azione della vita quotidiana diventano un azzardo, una scommessa dell’intelligenza contro il caso, una sfida dell’uomo con Dio, l’ebbrezza dell’abiezione. Si gioca per perdere. Poker online, cavalli, lotto, gratta e vinci: quasi tre milioni di italiani oggi so-
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no malati d’azzardo. Spesso senza rendersene conto. Con questo spettacolo vogliamo indagare una tematica di grande attualità attraverso le potenti parole di Fedor Dostoevskij, che ci fa penetrare nei meandri dell’animo umano senza mai fermarsi a uno sterile giudizio, ma cercando di comprendere le dinamiche che muovono l’uomo verso il vizio. Il Giocatore porta avanti il percorso della compagnia I Demoni nell’universo dostoevskijano, dopo il successo di Notti bianche , La Confessione, Ivan e il Diavolo dai Fratelli Karamazov e uno studio su Delitto e castigo. Alberto Oliva, é ritenuto uno dei più interessanti giovani registi italiani. Nato a Milano nel 1984, laureato in Scienze dei Beni Culturali all’Università Statale di Milano e si è diplomato in regia alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi. Nel 2012 ha vinto il prestigioso Premio Internazionale Pirandello per il suo lavoro di giovane regista.
al Teatro Out Off produzione Teatro Out Off
di Pier Paolo Pasolini regia di Lorenzo Loris scene di Daniela Gardinazzi costumi di Nicoletta Ceccolini luci di Luca Siola
“Affabulazione”, forse il più noto tra i drammi in versi di Pasolini, è composto da otto episodi racchiusi tra un prologo e un epilogo. La storia narra di un Padre, un industriale milanese, che prova un’inattesa e lacerante attrazione per il Figlio. Ma il Figlio gli si sottrae, gli si ribella. Il Padre provoca il Figlio, vuole farsi scoprire da lui mentre si congiunge con la Madre e alla fine, non riuscendo nel suo intento, lo accoglie al suo rientro nudo implorandolo di mostrargli il suo sesso. Il Figlio inorridito fugge. Il Commissario riporta il ragazzo a casa e il Padre riconoscendo il suo errore invita il figlio a ucciderlo. Il figlio scappa nuovamente dopo averlo ferito. Questa volta compare l’Ombra di Sofocle che era apparsa nel prologo. L’Ombra spiega all’uomo che il mistero del figlio non va risolto ma conosciuto. il Padre allora cerca il ragazzo, e trova invece la sua Ragazza alla quale chiede di poter assistere, spiando dal buco della serratura, a un loro incontro d’amore. Dopo aver assistito alla loro unione carnale il Padre arriva alla conclusione di dover uccidere il Figlio. Lo ritroviamo vent’anni dopo, vagabondo e mendicante su un vagone abbandonato, interrogarsi sul mistero della sua esistenza. Il vecchio racconta a un compagno di sventura la sua colpa e successivamente il suicidio della moglie e gli anni di prigione. Per-
sonaggio chiave della tragedia è l’Ombra di Sofocle che ci riporta ai riferimenti che troviamo nel testo all’ ”Edipo Re” e soprattutto a “Le Trachinie”. Qui Pasolini mette in scena il ribaltamento di Eracle che da invincibile eroe si riduce a uomo in agonia. Un ribaltamento che in “Affabula-zione” si fa più intenso per la presenza del figlio al quale il padre, nel quinto episodio, si rivolge per chiedergli la morte. Attraverso il personaggio dell’Ombra di Sofocle, Pasolini ripropone la propria idea di Teatro come imitazione della realtà attraverso la realtà. Per Pasolini è necessario che la società borghese, destinataria dello spettacolo, veda teatralmente la realtà evocata dalla parola. La tragedia sta nel mettere in azione la parola. La parola a Teatro non è sufficiente in lettura, il Teatro impone un’evocazione dei corpi. Corpo e parola rappresentano l’unità del Teatro. L’Ombra di Sofocle espone la teoria pasoliniana della rappresentazione teatrale e invita il Padre ad affrontare il problema con il Figlio vedendo quest’ultimo come se fosse su un palcoscenico. Così, come nella rappresentazione messa in atto da Amleto per smascherare Claudio e Gertrude, in “Affabulazione” il Padre è invitato ad assistere a una realtà che coincide con la rappresentazione.
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Affabulazione
dal 7 maggio al 1° giugno
Teatro Ringhiera Via Boifava, 17 20142 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 87390039 / 02 58325578 da lunedì a venerdì 10.00 -13.30 / 14,30 - 18,00
prenotazioni@atirteatro.it biglietteria tel. 02 84892195 apre solo i giorni di spettacolo da un’ora mezza prima
info@atirteatroringhiera.it www.atirteatro.it mezzi pubblici tram 3,15 autobus 79 metrò linea 2 (Abbiategrasso)
La Compagnia ATIR (Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca) è un’associazione culturale costituita nel 1996 a Milano, è composta da artisti, tecnici e organizzatori. Il gruppo è nato con l’intento di costruire e mantenere una propria autonomia artistica e organizzativa, per un teatro che sia semplice, diretto, chiaro, energico, privo di ermetismi o retorica; un Teatro che sia dentro la realtà, dentro al tempo, spunto di riflessione dell’oggi: un Teatro popolare di qualità. La direzione artistica della compagnia è affidata a Serena Sinigaglia. Il progetto artistico ha continuato a svilupparsi seguendo due binari: il rapporto col classico - volto ad un approfondimento della consapevolezza di se stessi e il proprio fare Teatro - e la relazione con il contemporaneo - volto ad una più profonda comprensione di ciò che ci circonda. La compagnia collabora e produce con i più importanti teatri e le più significative realtà culturali d’ Italia e con le sue tournée ha toccato quasi tutta Europa. ATIR promuove, ogni anno, diversi laboratori: per attori professionisti, per portatori di disagio psico-fisico, per anziani, per adolescenti e bambini, e naturalmente per tutti i cittadini interessati alla comunicazione teatrale. Nel 2007 partecipammo ad un bando pubblico che il Comune aveva indetto per la gestione del Teatro Ringhiera. Vincemmo. Ed entrammo in questo spazio dopo dodici anni di nomadismo per la città. Questo spazio ci piaceva. Ci piaceva la gradinata, e il palco basso, ideali per il Teatro di parola e per qualsiasi tipo di comunicazione più intima, senza diaframmi tra palco e platea. Ci piaceva la ringhiera che scorre attorno al palco. Insomma ci piaceva l’atmosfera che si respirava. Qualcosa di impalpabile e magico che fa la differenza. Noi avevamo qualcosa da dare al luogo e il luogo aveva qualcosa da dare a noi.
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Ribellioni possibili
dal 10 al 27 ottobre al Teatro Ringhiera produzione ATIR Teatro Ringhiera con il contributo di Gobierno de Espana - Ministerio de Educacion, Cultura y Deporte Instituto Nacional De Las Artes Escenicas y De La Musica Espana Cooperacion Cultural Exterior
di Luis Garcìa-Araus e Javier Garcìa Yague regia di Serena Sinigaglia con Mattia Fabris, Matilde Facheris, Stefano Orlandi, Maria Pilar Peréz Aspa, Chiara Stoppa e Sandra Zoccolan scene di Maria Spazzi costumi di Federica Ponissi luci di Sarah Chiarcos e Alessandro Verazzi
“Ribellioni possibili” è un testo aperto. All' interno di un ossatura solida e ben strutturata, ci sono zone lasciate all'improvvisazione. È un testo scritto a pennello su una specifica compagnia teatrale. È dunque sicuramente un processo di drammaturgia condivisa con gli interpreti. Lo spunto è l'atto di ribellione di un Garcìa come tanti, sarebbe a dire il nostro signor Rossi, che un giorno della sua vita decide di fare causa ad una potente compagnia telefonica per 28 centesimi. Per soli 28 centesimi. Un gesto simbolico, che gli costa però il posto di lavoro e il rapporto con la moglie. Tutto per 28 centesimi. O meglio, tutto per una sola ragione: il riscatto. Nella favola tragicomica pensata dai due autori, il gesto di Garcìa si fa contagioso e mano a mano il mondo si riempie di Garcìa, tanto da intasare centralini e commissariati. Oltre alla natura dei temi, questo testo mi piace perchè consente agli attori di fare più personaggi, aspetto di trasformismo teatrale che da sempre mi inte-
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ressa e diverte. È poi un testo di militanza di gruppo, è una scelta precisa che diventa più forte se, per l'appunto, si fa in gruppo. E noi siamo un gruppo che lavora assieme da più di 15 anni. Questo porta in maniera direi naturale a quella partecipazione “autorale” degli attori, necessaria per il tipo di testo. E in ultimo è una favola, tratto non trascurabile della faccenda. Poter lavorare sull'assurdo e sul sogno, ti permette una libertà maggiore di quella che avresti se scegliessi la via documentativa e narrativa. Non denunci direttamente una situazione drammatica, parti da una situazione drammatica per rilanciare. Giochi a immaginarti come potrebbe essere questo mondo se potesse essere un mondo migliore. L'arte ti consente di sognare, il sogno ti permette di essere libero di immaginare: una rivoluzione pacifica e irriverente, che da un “no” semplicissimo riesce a scardinare le regole del gioco e ad inventarne delle nuove. Serena Sinigaglia
al Teatro Ringhiera produzione ATIR Teatro Ringhiera
di Edoardo Erba regia di Serena Sinigaglia con Mattia Fabris, Stefano Orlandi, Maria Pilar Pérez Aspa, Beatrice Schiros, Chiara Stoppa e Sandra Zoccolan scenofonia di Danilo Mottola scelte musicali di Sandra Zoccolan costumi di Federica Ponissi luci di Alessandro Verazzi
Italia anni dieci è il frutto della collaborazione fra Serena Sinigaglia ed Edoardo Erba, un'eccellenza della drammaturgia nazionale e internazionale. Dopo aver affrontato la crisi economica con Ribellioni Possibili, un testo spagnolo, Serena Sinigaglia sente l'esigenza di affrontare il tema del qui ed ora senza più mediazioni e incontra sulla stessa lunghezza d'onda Edoardo Erba, alla ricerca di un nuovo modo di raccontare, più frammentato, sincopato, che possa restituire le stratificazioni del presente. Italia anni dieci racconta la storia di sette personaggi: di un industriale sull'orlo del suicidio e della sua signora, di una madre protettiva e del suo fidanzato, di una figlia eterna disoccupata, di un insegnante di salsa e di una badante al-
banese. In una società dove tutti i riferimenti stanno per saltare, dove le sicurezze del passato non esistono più e sul futuro si addensano nubi che nessuno ha il coraggio di scandagliare, le persone si muovono alla cieca, aggrappandosi a qualsiasi cosa che sembri una certezza per non affondare. Come in un film che gira al contrario, i segni s’invertono: non si lavora più per essere pagati, ma si paga per lavorare. E si balla sulla macerie invece di raccoglierle e provare a ricostruire. Cinico, nevrotico, spietato, ma anche tenero e comico, Italia anni dieci porta lo spettatore nell'occhio del ciclone. E facendolo vorticare nel dramma, restituisce un'immagine caleidoscopica e indelebile della crisi che stiamo attraversando.
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Italia anni dieci
dal 16 gennaio al 2 febbraio
Eros e Thanatos
dal 27 febbraio al 9 marzo al Teatro Ringhiera produzione ATIR Teatro Ringhiera
di e regia Serena Sinigaglia consulenza ai testi classici Martina Treu e Maddalena Giovannelli con Sax Nicosia, Serena Sinigaglia e Sandra Zoccolan scene di Maria Spazzi costumi di Federica Ponissi musiche originali e sound design Mario Redemagni disegno luci di Roberta Faiolo
Amare parole scritte più di 2500 anni fa vuol dire viverle come fossero state scritte per te, oggi. A scuola ero insofferente, mi sentivo frustrata e insoddisfatta. Eppure andava tutto bene, gli studi, la famiglia e gli amici. Qual’era il problema ? Riconobbi più tardi che questo malessere dipendeva da un feroce bisogno di “fare esperienza” di cultura: la schizofrenica scissione tra studio ed esperienza diretta, mi provocava una sorta di frustrazione sensuale e molto fisica. L'amore platonico mi lasciava totalmente insoddisfatta. Studiare è come amare, presuppone libertà e sincerità. Cultura è relazione tra il mio io più intimo e unico e un altro io che ha le sue leggi e la sua storia. Quanto più profonda e vera è la relazione, tanto
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più potente è la conoscenza che se ne trae. Eros e Thanatos, perché ho paura di morire, sì, ed è per questo che amo i classici. Nelle loro parole ritrovo la strada, esse mi indicano la via, mi aiutano a riconoscere cosa è giusto, urgente e importante e cosa non lo è. I classici ristabiliscono il giusto rapporto tra l’umano e l’eterno. La conferenza spettacolo racconta della mia passione per i classici del Teatro greco, per quelle parole antiche che non accaddero mai ma furono sempre. Con me, sul palco, due attori. Io racconto, introduco, collego, suggerisco, cerco; loro, gli attori, agiscono, recitano, per restituirci, ancora una volta intatta, la forza irresistibile di quelle parole. Serena Sinigaglia
al Teatro Ringhiera produzione ATIR Teatro Ringhiera
e Cooperativa Sociale Comunità Progetto con la collaborazione di Milano Scuola di Cinema e Televisione e del Centro di Cultura e Iniziativa
Teatrale "Mario Apollonio" dell'Università Cattolica Del Sacro Cuore di Milano e Laboratorio di Regia di e regia Gabriele Vacis ascolto e scritture di Antonia Spaliviero con attori della Compagnia Atir, educatori e utenti del laboratorio di Teatro integrato “gli spazi del Teatro” scene di Maria Spazzi scenofonia di Sandra Zoccolan costumi di Federica Ponissi disegno luci di Sarah Chiarcos
" Quando la Compagnia ATIR mi ha chiesto di lavorare con un gruppo di persone "speciali", ho pensato che sarebbe stato interessante lavorare con loro sull'ascolto e sulla consapevolezza. Al primo incontro ho cercato di agire consapevolmente con loro. Più di uno, alla semplice richiesta di camminare insieme diceva: ho paura. Che cosa significa paura per Santina, per Piero, per Sonia, per Franz, per Roberto, per Claudia, per Matteo, per Bruno, per Massimo, per Lucia, per
Filippo ? Di cosa hanno paura, loro, che conducono un'esistenza così diversa dalla mia e da quella della maggior parte delle persone ? Insieme a Matteo e Anna, ragazzi che hanno seguito il progetto sulla bellezza, gli operatori ed educatori che lavorano ogni giorno con le nostre persone speciali e infine con gli attori della Compagnia ATIR cercheremo di raccontarvi le nostre paure, che sono poi le paure di tutti, e come facciamo a prendercene cura ". Gabriele Vacis
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Chi sei tu?
dal 13 al 22 marzo
Yerma
dal 27 marzo al 6 aprile al Teatro Ringhiera produzione ATIR Teatro Ringhiera in collaborazione con La Corte Ospitale, E45 Napoli Fringe Festival, Proxima Res e NEXT Laboratorio delle Idee - Regione Lombardia di Federico Garcìa Lorca adattamento e regia di Carmelo Rifici assistente alla regia Agostino Riola con Mariangela Granelli, Maria Pilar Peréz Aspa e Francesco Villano scene e costumi di Margherita Baldoni musiche di Daniele D'Angelo luci di Alessandro Verazzi
Yerma è il nome che Federico Garcìa Lorca scelse per la protagonista femminile del suo secondo dramma popolare e come titolo dello stesso testo. Il poeta, alla domanda perché scegliesse soprattutto donne come protagoniste dei suoi testi, rispondeva “perché le donne sono più passione, più umane, più vegetali”. Tutto il Teatro di Lorca ruota attorno a donne che diventano simboli. E quindi yerma - un aggettivo che nello spagnolo corrente si usa solo per definire la terra - con questo testo diventa simbolo dell’incapacità di creare. Yerma è arida, secca, inutile. Nel 2010 dopo un anno di studio Maria Pilar Pérez Aspa, attrice e fondatrice della Compagnia ATIR, mette in scena per la prima volta “Federico”, un testo scritto
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dalla stessa attrice spagnola sulla vita di Federico Garcìa Lorca, sulle sue amicizie e sui turbolenti anni in cui visse e che in Spagna ebbero come tragica conclusione lo scoppio della guerra civile. Nello stesso anno, Serena Sinigaglia e la Compagnia ATIR, insieme al Teatro Stabile di Sardegna, mettono in scena “Nozze di sangue” di Lorca, in una riscrittura di Marcello Fois. È proprio a partire da quest’approccio alla figura del poeta, alla sua vita e alle sue opere che la Compagnia ATIR è arrivata a Yerma: il dramma della sterilità ma soprattutto il dramma della scelta. Ed è proprio nella scelta che risiede la bruciante contemporaneità di questo testo e ciò che ha spinto ATIR con urgenza a volerlo mettere in scena.
al Teatro Ringhiera produzione ATIR Teatro Ringhiera
di Rayhana traduzione di Mariella Fenoglio regia di Serena Sinigaglia con Anna Coppola, Matilde Facheris, Mariangela Granelli, Annagaia Marchioro, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Marcela Serli e Chiara Stoppa scene di Maria Spazzi costumi di Federica Ponissi luci di Roberta Faiolo
Si tratta di una tragicommedia che riunisce nove donne in un hammam ad Algeri, in un’epoca in cui le bombe cadono ancora sulla città. Nove donne molto diverse tra loro - alcune più giovani piene di speranza e di sogni, altre con uno sguardo più duro sulla vita - si confrontano col dolore comune di vivere in un paese dove le donne subiscono ancora la violenza degli uomini. La pièce alterna con grazia dialoghi divertenti a storie personali, alla coscienza dell’avvenire politico del paese. Gli sguardi e i punti di vista si incrociano, tra pudore e audacia, rivelando in maniera violenta, ironica, divertente e intensa i silenzi repres-
si delle donne costrette tra rigidità religiose e familiari. Tutto inizia con l’arrivo nell’hammam di una ragazza sedicenne incinta. La padrona di casa, Fatima, l’accoglie e la nasconde. Lontano dagli sguardi moralizzatori tutte le donne svelano qui, senza pudore, paure, sogni e rimpianti. Discutono di politica, religione e sessualità senza tabù. Affrontano le tematiche dei matrimoni forzati, delle violenze, del velo… Ma l’autrice ha saputo intervallare le terribili testimonianze con momenti di pausa, di respiri salvifici che fanno nascere sorrisi.
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Alla mia età mi nascondo ancora per fumare
dall’ 8 al 18 maggio
Teatro Sala Fontana Via Boltraffio,21 20159 Milano
prenotazioni e informazioni tel. 02 69015733 fax 02 60857934 da lunedì a venerdì 9.30 - 16.00
fontana.teatro@elsinor.net www.teatrosalafontana.it mezzi pubblici tram 3,4,7,11 autobus 51,52,70,82,90,91,92 metrò linea 2 (Garibaldi) linea 3 (Zara)
e
teatro sala
Fontana
Il Teatro Sala Fontana ha sede nella splendida cornice dei chiostri bramanteschi di Santa Maria alla Fontana. Dal 2000 è sede di Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione, e per la stagione 2013/2014 si presenta al pubblico con un cartellone che incrementa sostanziosamente l’offerta, investendo nuovamente in qualità e quantità, in progettualità e creatività, offrendo alla città numerose ed interessanti occasioni di spettacolo e dando spazio ai talenti emergenti nel panorama teatrale italiano. La qualità delle ospitalità e degli spettacoli proposti caratterizza la programmazione dei matinées per le scuole, così come le rassegne pomeridiane del sabato e domenica destinate ad un pubblico di famiglie, ed il cartellone di prosa serale attento ai linguaggi della drammaturgia contemporanea, al confronto con la tradizione e alle nuove prospettive di lettura dei testi classici. Determinante negli anni è stata la presenza di nuove generazioni d’artisti (giovani attori, scenografi, registi): i risultati sorprendenti degli spettacoli shakespeariani diretti da Antonio Latella e presentati nel nostro Teatro dal 1999 ( Romeo e Giulietta, Amleto, La tragedia di Riccardo III ) sono valsi due importanti riconoscimenti della critica, quali il Premio Ubu 2001 per la ricerca registica su Shakespeare ed una nomination al prestigioso premio Gli Olimpici del Teatro per lo spettacolo Amleto. Per la nuova stagione di Invito a Teatro quattro interessanti proposte. Due opere fortemente rappresentative della drammaturgia del 900: L'uomo, la bestia e la virtù con la regia di Monica Conti, una delle protagoniste di maggior intensità del panorama registico italiano e Uno nessuno centomila, vangelo della pazzia e della frantumazione dell'dentità, interpretato e diretto da Robertò Trifirò che torna a Pirandello dopo il successo de Il piacere dell'onestà. La ripresa del folgorante Sunset limited dell'americano premio Pulitzer Cormac MacCarthy e il ritorno di Gennaro Cannavacciuolo con un viaggio denso di emozioni nella storia di un personaggio mito come quello di Milly : un’ospite d’eccezione Elisabetta Pozzi che porta in scena la femminilità guerriera e profondamente sensibile di Giovanna D’Arco, raccontata da Maria Luisa Spaziani.
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L’uomo, la bestia e la virtù
dal 15 gennaio al 2 febbraio
al Teatro Sala Fontana produzione Elsinor
di Luigi Pirandello regia di Monica Conti con Maria Ariis, Stefano Braschi, Giuditta Mingucci, Antonio Peligra, Andrea Soffiantini e Roberto Trifirò scene e costumi di Damiano Franchi
Scritta nel 1919, L'uomo,la bestia e la virtù è una commedia molto particolare all'interno dell'opera teatrale pirandelliana. Definita dall'Autore un apologo in tre atti, si rivela essere, sotto l'apparente leggerezza e comicità, una farsa tragica che irride i falsi valori morali e religiosi di una umanità ipocrita. Deriva dalla novella Richiamo all'obbligo (1906). Il trasparente signor Paolino, Professore privato è l'uomo e ha una doppia vita: è l'amante della signora Perella, la virtù, moglie trascurata del Capitano Perella, la bestia, capitano di mare che torna raramente a casa, ha un'altra donna a Napoli ed evita di avere rapporti fisici con la moglie, usando ogni pretesto. La tresca potrebbe durare a lungo e indisturbata ma, inaspettatamente, la signora Perella rimane incinta del Professor Paolino. Il Professore è costretto dunque ad adoperarsi per gettare la sua amante fra le braccia del ma-
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rito, studiando tutti i possibili espedienti.Il caso è drammatico, perché il Capitano Perella si fermerà in casa una sola notte e poi resterà lontano almeno altri due mesi. Paolino farà preparare allora torte afrodisiache, suggerirà alla signora Perella di mettere in mostra “i tesori” di grazia e bellezza tenuti “gelosamente e santamente” custoditi e la truccherà addirittura da “baldracca” per attizzare nuovamente il marito restio agli obblighi coniugali e far passare suo figlio per figlio legittimo del Capitano Perella e della moglie. Questo impasto di ipocrisia e di sesso è uno degli aspetti esemplari di questa commedia esilarante e atroce. Con L'uomo, la bestia e la virtù prosegue il lavoro di Monica Conti su Pirandello iniziato nel 2006 con L'innesto , commedia pochissimo rappresentata e quasi sconosciuta del Maestro siciliano, portata in scena, dopo un lungo laboratorio a Ivrea, nel 2007 al Teatro India di Roma.
al Teatro Sala Fontana produzione Elsinor
di Cormac McCarthy regia di Fabio Sonzogni con Fabio Sonzogni e Fausto Iheme Caroli luci di Rossano Siragusano
La cucina di una casa popolare, un tavolo, due uomini seduti intorno. Uno dei due è bianco, l'altro è nero. Sul tavolo c'è una Bibbia. I due uomini parlano. Non si conoscevano prima di questa mattina, quando il nero ha strappato il bianco alle rotaie del Sunset Limited sotto cui stava per lanciarsi. Ma quello era solo l'inizio. Dai due lati del tavolo parlano, dialogano da prospettive antitetiche, fra picchi di comicità e abissi di disperazione senza contatto possibile. Un "romanzo in for-
ma drammatica" che raggiunge il nucleo pulsante dell'indagine esistenziale di McCarthy. Non ci sono approdi, prese di posizione, risposte. C'è solo una domanda: che cosa ti divide dal tuo Sunset Limited ? Da quest'opera è stato realizzato un film omonimo scritto dallo stesso McCarthy e diretto da Tommy Lee Jones e interpretato da Jones stesso (nel ruolo del Bianco) e da Samuel L. Jackson (nel ruolo del Nero).
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Sunset Limited
dal 25 febbraio al 2 marzo
Giovanna d’Arco
dal 27 al 30 marzo al Teatro Sala Fontana produzione Elsinor
di Maria Luisa Spaziani regia di Andrea Chiodi con Simonetta Cartia e Francesca Porrini scene di Matteo Patrucco costumi di Ilaria Ariemme musiche di Daniele D’Angelo luci di Marco Grisa
Sei canti in ottave di endecasillabi senza rima e un epilogo. Un poema che ai giorni nostri racconta quanto - nei secoli - tessitori, miniatori, letterati, poeti, musicisti, drammaturghi, storici, registi e attori tentarono di interpretare: la storia della Pulzella d’Orléans. Una delle più grandi interpreti della scena teatrale italiana, Elisabetta Pozzi, è la protagonista della nuova produzione nata in seno al festival. Uno spettacolo poetico di immagini semplici e musica, grazie anche allo straordinario incontro tra il testo e la potenza evocativa delle musiche firmate da Daniele D'Angelo. Il poemetto narra le gesta di Giovanna d’Arco attraverso fatti
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storici, battaglie ed episodi della vita della giovane eroina di Francia filtrati dalla fantasia della poetessa. La vicenda di una donna che scelse e pienamente fu. Una storia raccontata in prima persona dalla stessa protagonista, tanto che pare d'esserle seduti accanto ad ascoltare. Maria Luisa Spaziani, musa di Eugenio Montale tanto apprezzata dal premio Nobel e dall’intera critica contemporanea, attraverso la vicenda esemplare di Giovanna d’Arco suggerisce che “forse un angelo parla a tutti, eppure / in quel supremo momento pochi ascoltano”.
di e con Gennaro Cannavacciuolo scene, costumi e regia di Ivan Stefanutti musiche dal vivo Vicky Schaetzinger (pianoforte e fisarmonica)
In questo spettacolo, Gennaro Cannavacciuolo è un narratore che canta la vita privata ed artistica di Milly. Il recital, in due tempi, traccia una biografia con le canzoni più emblematiche della cantante-attrice piemontese, dove ogni canzone è stata scelta per sottolineare un momento significativo della sua vita e della sua carriera. In un quadro scenografico elegante, con luccichii da sera sul nero dominante, composto da gigantografie che ritraggono vari momenti della vita di Milly e che Gennaro fa ruotare nei momenti clou della narrazione, si parte con il varietà degli Anni 20, sulle note di “Era nata a Novi”, “Le rose rosse” , “Donne e giornali” e “Mutandine di chiffon”. Si narra poi del flirt tra Milly ed il Principe Umberto, ma anche dell’amore disperato di Cesare Pavese che la cantante mai poté ricambiare e da cui ricevette lettere infuocate. Si prosegue con le note di “Parlami d’amore Mariù”, che sottolineano l’incontro con Vittorio De Sica da cui sfocerà un’eterna ami-
cizia. Un revival del periodo francese evocato da “Mon manège à moi” e “Paris canaille” chiude il primo tempo. Il cavallo di battaglia “Si fa ma non si dice” apre il secondo tempo ed introduce l’incontro con Strehler, raccontato e cantato attraverso alcune delle canzoni più significative di Brecht, quali la “Ballata della schiavitù sessuale”, “Surabaya Johnny” e la “Ballata dell’agiatezza”. Quindi un brano recitato de “l’Istruttoria” di Peter Weiss (processo di Auschwitz a Francoforte), testo che Milly interpreterà per la prima volta in Italia con grande successo. Lo spettacolo continua con l’incontro fortunato con Filippo Crivelli che creerà per lei i famosi “recital” nei quali Milly, oltre a cantare il repertorio brillante del variété, introdurrà quello di Brecht-Weill ed i testi più significativi dei cantautori e musicisti degli anni 60 - 70, quali Endrigo, Lauzi, De Andrè, Aznavour e Piazzolla, qui riproposti in un’intensità crescente.
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Ritratto di una diva, tra guerre, prìncipi, pop e varietè
al Teatro Sala Fontana produzione Elsinor
Il mio nome è Milly
dal 15 al 25 maggio
Uno, nessuno e centomila
dal 5 al 22 giugno al Teatro Sala Fontana produzione Elsinor
di Luigi Pirandello regia di Roberto Trifirò con Roberto Trifirò e Stefano Braschi
L’opera di Pirandello che più si occupa dell’Io e il suo rapporto con gli altri è senz’altro “Uno, nessuno e centomila” che segue la ricerca dell’identità personale di un uomo, Vitangelo Moscarda, dalla sua prima consapevolezza fino alla sua conclusione provvisoria… Un giorno, mentre il Moscarda sta davanti allo specchio a guardarsi il naso che gli fa male, sua moglie gli chiede cosa egli stia guardando e osserva “Credevo ti guardassi da che parte ti pende”. Non avendo mai notato che il suo naso non fosse proprio dritto, egli dapprima nega che non lo sia. Poi, guardando attentamente, si rende conto che infatti il naso gli pende lievemente a destra. Infatti sua moglie gli può elencare tutta una serie di piccoli difettucci fino allora ignorati: sopracciglia che paiono due accenti circonflessi,^^, un orecchio più sporgente dell’altro, una gamba un pochino più arcuata dell’altra verso il ginocchio. Moscarda dà poca importanza a questi difetti ma ne dà una grandissima e straordinaria al fatto che… tant’anni ero vissuto senza mai cambiar naso, sempre con quello… e con quelle sopracciglia e quelle orecchie, quelle mani e quelle gambe; e dovevo aspettare di prendere moglie per aver conto che li avevo difettosi… Così si rende conto che - possibile ? - non conosce bene nemmeno il proprio corpo; le cose più intimamente sue. E così Moscarda prende coscienza del pro-
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blema: io non sono per gli altri quello che sono per me. Per di più non si può ignorare questo mio essere per altri come se fosse un qualche malinteso. Ha una sua realtà ed è appunto a questa realtà che reagisce l’altra persona. Non solo, ma il proprio concetto di sé è altrettanto effimero quanto l’io per altri ! Moscarda è in crisi. Questa moltiplicazione del suo “io” lo lascia non con centomila identità, ma con nessuna, perché agli occhi degli altri: “io come io, non ero nessuno”. Si sente addosso un senso agghiacciante di solitudine perché non riesce né a penetrare la realtà altrui né a comunicarne la sua agli altri. Guarda gli altri e pensa… dovremmo guardare sempre così, ciascuno con gli occhi pieni di orrore della propria solitudine senza scampo… E così il problema dell’identità personale si presenta molto complesso. Non sono per gli altri lo stesso che sono per me stesso: le idee di Pirandello sulla realtà dell’io sono parallele a quelle sulla realtà in genere. Si è costretti, per non essere considerati pazzi dalla società, a imporre una certa coerenza al proprio comportamento, a costruire l’io nello stesso modo in cui si costruisce la realtà, purtuttavia coscienti del fatto che la risultante entità, cioè l’io o il se stessi, non rimane che una costruzione in confronto alla costruzione del nostro io da parte altrui…
Roberto Trifirò
Teatro Verdi
Via Pastrengo,16 20159 Milano biglietteria ( solo nei giorni di spettacolo ) tel. 02 6880038 da martedì a sabato 18.30 - 20.00 domenica 14.30 - 16.00
Teatro del Buratto
Via Alfredo Soffredini,75 20126 Milano biglietteria uffici: tel. 02 27002476 da lunedì a venerdì 10.00 - 13.00 / 14.30 - 18.00
www.teatrodelburatto.it teatroverdi@teatrodelburatto.it info@teatrodelburatto.it mezzi pubblici tram 2,4,7,11 autobus 70 metrò linea 3 (Zara) linea 5 (Zara - Isola)
Nel 2013 il Teatro Verdi di Via Pastrengo ha festeggiato il centenario dalla sua fondazione, nato infatti agli inizi del ‘900 e sede di una corale esterna del Teatro alla Scala, il Teatro divenne poi sala d’incisione, sala da ballo nel dopoguerra e sala da biliardo, finché - negli anni ‘70 - viene restituita alla vocazione teatrale e musicale dall’Arci. Nel 1975 il Teatro del Buratto subentra nella gestione, facendone sede delle proprie produzioni e luogo significativo del Teatro a Milano. La programmazione del Verdi si apre fin dall’inizio alla prospettiva del rinnovamento, con attenzione privilegiata a giovani formazioni e a protagonisti della scena contemporanea (tra le rassegne ospitate: Scenario, Giovane Scena, Scena Prima, Teatri ’90, Previsioni) che, insieme alla programmazione di gruppi storici della ricerca, identificano il Verdi come un Teatro di proposta culturale di alta qualità, attento al dialogo e alla relazione con il pubblico. Recettore e promotore del nuovo teatro popolare d’arte il Verdi ha visto avvicendarsi sul palcoscenico artisti, allora “esordienti”, come Angela Finocchiaro, Lella Costa e altri, “narratori” come Marco Paolini, Marco Baliani, Ascanio Celestini e Mario Perrotta, registi come Gabriele Vacis, Saverio Marconi, Serena Sinigaglia. Un Teatro che ha sempre precisato il proprio ruolo nel contesto metropolitano e nazionale configurandosi come nodo di diffusione di una nuova cultura teatrale, aperto alla ricerca, alla scoperta e al sostegno di quel “Teatro d’innovazione”, di cui il Teatro del Buratto rappresenta uno dei poli di stabilità. Importante anche la particolare attenzione ai processi del produrre, con i corsi di Scrittura Creativa - da Raffaele Crovi a Giuseppe Pontiggia fino a Laura Bosio e poi rivolti alle scritture autobiografiche con Emanuela Mancino - e i seminari di perfezionamento teatrale, con artisti quali De Fazio, Strasberg, Stuhr, Familie Floez, Nola Rae, Neville Tranter. La vocazione internazionale e la ricerca nell’ambito della molteplicità dei linguaggi teatrali trovano sviluppo in IF Festival Internazionale di Teatro di Immagine e Figura, promosso dal Teatro del Buratto per offrire una selezione delle più stimolanti produzioni nazionali e internazionali di Teatro visuale, orientate all’uso teatrale dell’immagine: oggetti, ombre, maschere, pupazzi, marionette, videoproiezioni, luce, che con IF - Off propone anche una sua sezione più giovane, informale e sperimentale.
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Notturno Verdi
dall’ 8 al 12 ottobre al Teatro Verdi produzione Teatro del Buratto
testo e regia di Renata Coluccini con Elisa Canfora, Renata Coluccini e Stefano Panzeri scene di Marco Muzzolon costumi di Mirella Salvischiani musiche di Carlo Cialdo Capelli consulenza musicale di Giovanna Polacco luci di Marco Zennaro
Il Teatro Verdi propone nel 2013 Notturno Verdi, produzione firmata Teatro del Buratto. Il Teatro Verdi, che deve il suo nome al grande compositore e che festeggia curiosamente proprio nel 2013 i cento anni dalla sua fondazione, celebra Verdi. Questa occasione ha offerto spunto per lo spettacolo Notturno Verdi, dove la musica è evocativo sottofondo grazie all’originale rilettura di Carlo Cialdo Capelli, che vuole essere contributo alla conoscenza dell’ Uomo oltre che del Mito musicista, che vuole dar luce alla sua umanità e al suo patrimonio culturale. Per questo siamo partiti dalla fine, da quella che, pochi mesi prima della morte, Verdi definiva l’opera sua ”più grande e solida”: la Casa di Riposo per Musicisti di Milano. Primi anni del Novecento due anziane artiste trovano rifugio nella casa del Maestro e lì avviene l’incontro con il figlio abbandonato anni prima. Le storie si intrecciano tra successi e passioni del passato, rivalità e solidarietà del presente, sguardi verso il futuro. Storie che si rincorrono tra loro, si intrecciano con la Storia, si scontrano con la modernità; storie che ci portano nel loro dipanarsi a sorridere della vecchiaia e delle sue crudeli ironie, ma nel contempo a vederne la poesia non necessariamente malinconica, ma certo commovente. La rievocazione di alcuni fugaci aneddoti sulla vita del Maestro sono pretesti per riflette-
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re sul difficile rapporto tra gli artisti e la vecchiaia. I fasti del passato, le emozioni del palcoscenico, il calore del pubblico, gli sguardi degli ammiratori, i piccoli screzi tra “prime donne”, lo scrosciare degli applausi incatenano le due protagoniste, Fanny e Maddalena, in una stanza-camerino fuori dal tempo. La modernità, le scoperte tecnologiche, l’audacia, il progresso, il rumore, il dinamismo degli eventi e della storia raccontati dal giovane poeta futurista figlio di Maddalena non intaccano il mondo dorato di ricordi e successi, che le due artiste si sono costruite attorno “Evocare sulla scena Giuseppe Verdi, la sua umanità, il suo mecenatismo, il rapporto di un artista con la vecchiaia, l’emozione che suscita la sua musica, sono intenti dello spettacolo” afferma la regista Renata Coluccini “la scelta di raccontare attraverso la vicenda di due donne ospiti dei primi del Novecento, permette da un lato una maggior vicinanza storico-emotiva con il maestro e la sua epoca, dall’altro una maggiore libertà nell’affrontare vicende personali per trasformarle in dramma teatrale”. Il progetto vede la collaborazione di Casa Verdi Casa di Riposo per Musicisti - Fondazione Giuseppe Verdi di Milano.
al Teatro Verdi produzione Teatro del Buratto progetto Giovani e nuove dipendenze
testo e regia di Renata Coluccini consulenza di Alessandro Calderoni e Mauro Cristoforetti con Elisa Canfora, Stefano Panzeri e Ylenia Santo animazione video di Carlo Fusani scenografia di Marco Muzzolon costumi di Mirella Salvischiani luci di Marco Zennaro
Lo spettacolo Nella Rete è una nuova tappa del progetto Giovani e nuove dipendenze, iniziato nel 2011 con Binge Drinking, a cura del Teatro del Buratto e dedicato al mondo dei giovani, adolescenti e pre-adolescenti. Dopo aver indagato il tema dell’abuso di alcol, si affronta ora il tema dell’uso e abuso della rete. Argomento tristemente e pericolosamente attuale, come testimoniano molti rimandi di cronaca: dipendenza da rete, prostituzione on line, sexting, hikikomori, suicidi riempiono quotidiani e media. Molta è però la confusione attorno alla rete, al suo ruolo e utilizzo. Diversi e a volte molto lontani i punti di vista di giovani e adulti a riguardo. Attraverso i linguaggi e le emozioni del Teatro questo spettacolo propone di dare voce alla generazione Duemila, quella dell' iPhone, di Whatsapp, dei Tablet, dove la socializzazione è sulle internet community. Una generazione di giovani e giovanissimi che rischiano forse di perdere, tra i cavi della rete, il filo di relazioni vere e reali; adolescenti per cui le affascinanti potenzialità delle rete, in sé positive e indiscutibilmente utili, possono tradursi in pericolo, dove fragilità e debolezza emotiva tipica dell’età, rischiano di lasciarli intrappolati… come nella rete di un pericoloso ragno globale. Lo spettacolo racconta in modo parallelo e sincrono tre storie. Tre personalità diverse, tre modi di vivere la stes-
sa esperienza. La rete è il loro mondo, il loro modo di camminare nella realtà; nella rete sono, si sentono, a loro agio: sono “cacciatori, non certo cappuccetto rosso”. Iphone, Facebook, Twitter, Whatsapp la loro quotidianità, i social network e la rete un habitat senza insidie in cui si muovono sicuri. Nascosti dallo schermo si aprono, si confidano si sentono illusoriamente intoccabili e così le barriere d’attenzione, spesso, cadono. Tre storie che si intrecciano nella vita reale e in quella virtuale. Nella delicata costruzione dello spettacolo, nel confronto tra le nostre storie “teatrali” e quelle reali, ci si è avvalsi della consulenza scientifica di Alessandro Calderoni giornalista, formatore, coideatore del progetto di aiuto on-line Zheng (www.zhengunamico.it) e della collaborazione e del confronto con Save the Children, da anni impegnata nella promozione di un utilizzo positivo e responsabile delle nuove tecnologie tra i più giovani. Lo spettacolo rivolto anche alle scuole prevede ulteriori repliche al mattino, che saranno seguite da un dibattito di approfondimento con esperti della Cooperativa E.D.I - Educazione ai Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, partner privilegiato di Save the Children nella progettazione ed esecuzione della attività formative con cui condivide finalità e metodologie.
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Nella Rete
dal 28 novembre al 1° dicembre
Mondo liquido
Binge Drinkin
4, 5 e 6 dicembre al Teatro Verdi produzione Teatro del Buratto progetto Giovani e Nuove Dipendenze
di Renata Coluccini e Mario Bianchi regia di Renata Coluccini supervisione scientifica Istituto Superiore Sanità Prof. Emanuele Scafato con Elisa Canfora, Dario De Falco e Stefano Panzeri scenografia di Marco Muzzolon costumi di Mirella Salvischiani musiche di The Chemical Brothers, Sigur Ros, Daft Punk, Len Faki e Popof luci di Marco Zennaro
Binge Drinking. Mondo liquido, è la produzione del Teatro del Buratto dedicata al delicato e tragicamente attuale tema di Alcol e Giovani, nuovamente al Teatro Verdi per il progetto Giovani e nuove dipendenze. Il progetto si avvale della supervisione scientifica del Prof. Emanuele Scafato dell’Istituto Superiore Sanità: “Il 22% dei giovani di 18-22 anni fa Binge Drinking, beve per ubriacarsi inconsapevoli di danneggiare irreversibilmente una parte preziosissima del cervello. […] Il motivo è che l'organismo dei giovani non è ancora in grado di metabolizzare l'alcol, capacità che si sviluppa, grazie a un enzima, solo intorno ai 20-21 anni.”Lo spettacolo è uno spaccato di realtà che sempre di più appartiene al quotidiano di molte famiglie. A partire da una situazione di attesa drammatica, viene ricostruito un periodo determinante nella vita di tre ragazzi, un periodo che determinerà una presa di coscienza e quindi dei cambiamenti o delle perdite. I tre giovani protagonisti spendono la loro settimana in attesa dello “sballo” del sabato sera; numerosi flashback ci trasportano nel loro mondo. I rapporti tra genitori, figli, insegnanti, amici e gli sprazzi di quotidianità che emergono nello spettacolo mostrano una mancanza di comunicazione reale, di relazioni reali, in un mondo dove tutti si urtano senza mai toccarsi veramente. Colonna sonora dello spetta-
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colo sono le musiche di The Chemical Brothers, Sigur Ros, Daft Punk, Len Faki e Popof che rendono più concreta e vicina la situazione ricreata sul palcoscenico. I codici, il linguistico e gestuale, diventano contenuto e attraverso l’architettura dello spettacolo, fatta di frammenti, flashback, fotogrammi, si veicola la situazione interiore di un’intera generazione, trasversalmente a tutti gli strati della società.
“Quando ho deciso di affrontare questo tema, l’abuso di alcol da parte dei giovani, mi sono lentamente calata in un mondo che non era il mio, con lo sguardo di una donna matura, di una madre scrive Renata Coluccini, regista e coautrice dello spettacolo - Binge Drinking è un lavoro di ricerca sul campo e di confronto con giovani, adulti, genitori, medici, operatori incontrati nella fase di elaborazione del testo.[…] Tra i libri che leggevo, i film che vedevo, le persone che incontravo, la mia identificazione nei personaggi di madri, di adulti non è stata più così certa; a volte ero la ragazzina ubriaca, o ancora quella che si sentiva privata di un futuro, incapace di comunicare. Ho confermato, in primis a me stessa, che il problema dell’abuso di alcol non è un problema dei ragazzi, ma riguarda tutti noi, riguarda la società tutta”
al Teatro Verdi produzione Teatro del Buratto in collaborazione con Ass.Otto & Marvuglia. di Patrick Süskind traduzione di Umberto Gandini scene e regia di Gian Luca Massiotta con Marco Pagani costumi di Mirella Salvischiani luci di Marco Zennaro
Il Teatro del Buratto, in collaborazione con l’Associazione Otto & Marvuglia, propone Il Contrabbasso di Patrick Süskind, testo cult della moderna drammaturgia mitteleuropea. Diretto da Gianluca Massiotta, Marco Pagani torna protagonista sul palcoscenico del Verdi, dove è già stato applaudito nell’intenso Destinatario sconosciuto nelle scorse stagioni, nei panni di un contrabbassista impegnato in uno straripante monologo, in cui darà corpo e voce alle diverse sfaccettature di un poliedrico musicista, mettendo in scena un ritratto ironico e dissacrante di un certo tipo di figura maschile contemporanea, sospesa tra arroganza e fragilità. Insieme ad un affresco pieno di sfumature, a tratti amare e a tratti esilaranti, del mondo dei musicisti di professione. Il testo, complesso e ricco, indaga l’animo umano disegnando un personaggio in bilico tra lo spettro della solitudine e il riscatto di una passione rigeneratrice. ll tutto racchiuso nella dimensione apparentemente dorata della professione di musicista in orchestra, in
realtà in perenne conflitto con il suo strumento e con i suoi colleghi, nel più classico dei rapporti amore - odio. Ma la pièce è in realtà una potente e impietosa metafora della nostra intera società. Nel presentare “Il Contrabbasso” al pubblico milanese, si vuole fare anche omaggio al grande attore polacco Jerzy Stuhr (pupillo di Wajda, Zanussi e soprattutto Kieślowski) che 27 anni fa e proprio al Teatro Verdi donò una magistrale interpretazione di questo bellissimo testo. All’origine di questo progetto - che mette in dialogo due linguaggi, quello del Teatro e quello della musica c’è l’incontro di due artisti che condividono la stessa formazione artistica: Pagani, attore e doppiatore e interprete di film e spettacoli teatrali. Gian Luca Massiotta che, dopo il fortunato debutto ne “La stanza dei fiori di china” con Angela Finocchiaro, ha continuato sulla strada della regia, sempre più orientata alla collaborazione con orchestre e musicisti classici anche contemporanei.
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Il Contrabbasso
dal 19 febbraio al 2 marzo
...e scrisse O come Orlando
dal 15 maggio al 1° giugno al Teatro Verdi produzione Teatro del Buratto
da Orlando di Virginia Woolf riduzione e adattamento di Rocco D’Onghia regia di Jolanda Cappi attrici e animatrici Elisa Canfora, MariaLuisa Casatta e Francesca Zoccarato animazione di Giusi Colucci puppets, costumi e spazio scenico di Marco Muzzolon maschere di Andrea Cavarra luci di Marco Zennaro
Lo spettacolo, ispirato al testo di Virginia Wolf e costruito come originale racconto fondato sui linguaggi e le fascinazioni del Teatro di figura propri del Teatro del Buratto, è al suo debutto nazionale ed è inserito in IF Festival internazionale di Teatro di immagine e figura. Il testo appositamente adattato da Rocco D’Onghia racconta di Orlando, ragazzo sognante e gradevolmente maschio che comincia la sua avventura nel 1500 e la continuerà fino al ‘900. Nel periodo Elisabettiano è un adolescente trasognato che ama la scrittura, è il favorito della Regina e vive una passione travolgente per Sasha, incantevole Principessa russa; cade poi in lunghi sonni androgini che si rivelano essere fasi di passaggio, di rinascita e di mutazione. Sotto il regno di Re Carlo diviene ambasciatore di Costantinopoli e si risveglia donna... attraversa così il Settecento, di giorno donna la notte uomo. D’un balzo si catapulta in pieno periodo Vittoriano, qui incontra il suo doppio e il
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suo contrario, con cui anche convola a nozze, per poi perderlo. Ma ritrova la scrittura, il piacere di “tendere la rete per catturare l’oca selvatica” ovvero quello strano animale che è la poesia ! Orlando passa attraverso mondi, tempi, esperienze diverse; sempre al centro del racconto è avvolto in un flusso dove tutto gli ruota attorno, trasportato come in una giostra o infilato in un labirinto da cui esce sempre trasformato, sempre vivo, eterno. L’originalità di questo testo, ricco di fantasia e invenzioni, era occasione da non perdere, un’occasione per ricercare nuovi modi di animazione, ripensando anche alla costruzione dei personaggi, all’uso del nero e dell’animazione a vista. Sulla scena saranno personaggi, costumi, sculture e maschere, invenzioni visive con proiezioni, parole, ombre: una sfida per far si che la bellezza del racconto regga e sia comprensibile passando dalla parola all’immagine. ππ