Punti di vista 13 2015

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La rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta

Allearsi

EDITORIALE

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Rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta - puntidivista n. 13 - gennaio 2015. Registrazione n. 46 del 22 settembre 2010 presso il Tribunale di Torino. Direttore: Marco Bonatti Redazione: Tiziana Ciampolini (responsabile Osservatorio Caritas Torino) - Marina Marchisio - Enrico Panero (caporedattore) Hanno collaborato: Marianna Cento, Claudio Mezzavilla Immagini fotografiche: www.freeimages.com Grafica e impaginazione: Luca Imerito Informazioni: Osservatorio Caritas Torino www.puntidivistafactory.eu - www.osservatoriocaritastorino.org Questo numero è stato chiuso in redazione il 29 gennaio 2015

contro la

povertà IL PUNTO

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urante la crisi degli ultimi anni la povertà assoluta è più che raddoppiata in Italia, passando dal 4,1% al 9,9% della popolazione, ciò significa in termini assoluti da 2,4 a 6 milioni di persone coinvolte. Considerando i nuclei familiari l’aumento è stato dal 4,1%, pari a 0,97 milioni di famiglie, al 7,9%, pari a 2 milioni di famiglie, un incremento percentuale minore poiché si è concentrato maggiormente tra i nuclei con più persone. Si tratta di povertà assoluta, cioè di persone che non raggiungono «uno standard di vita minimamente accettabile» calcolato dall’Istat e legato a un’alimentazione adeguata, a una situazione abitativa dignitosa e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti.

Contemporaneamente la povertà si è estesa e diffusa, andando a colpire in misura significativa parti della società che ne erano state solo marginalmente toccate: il centro-nord, le famiglie con due figli, i nuclei con capofamiglia inferiore a 35 anni, le famiglie con componenti occupati in attività lavorative. Ci si può attendere che l’auspicata ripresa economica porti, nei prossimi anni, una riduzione del tasso di povertà, ma secondo esperti e addetti ai lavori il livello di povertà non potrà tornare al livello pre-crisi, a causa dell’indebolimento strutturale del contesto socio-economico italiano. «6 milioni e 9,9% sono i numeri chiave da tenere a mente perché meglio di qualsiasi altra cifra aiutano a “toccare con mano” la presenza della povertà nella società italiana» ha affermato Caritas Italiana nel Rapporto 2014 Il bilancio della crisi, secondo cui «l’allargamensegue a pag. 2

SOMMARIO

a situazione della povertà in Italia, che la crisi ha diffuso e intensificato, è tale per cui si è creata ormai una generale consapevolezza sulla necessità di inserire il tema nell’agenda politica del Paese. Nel loro lavoro quotidiano le Caritas diocesane riscontrano, come sottolinea don Giovanni Perini nel suo articolo (pag. 5), che i mezzi ordinari di contrasto alla povertà non sono più sufficienti: «Non bastano più pacchi viveri, ridotti aiuti economici, perché non c’è più modo ordinario di far fronte a situazioni straordinarie». Servono dunque effettive strategie di contrasto se si vuole evitare che l’estensione della precarietà e della povertà diventi strutturale. Serve un Piano nazionale di lotta alla povertà che preveda l’introduzione di una misura di sostegno al reddito, sulla base di un patto di cittadinanza che responsabilizzi e metta in gioco entrambi i contraenti: il beneficiario, che si impegna a migliorare la sua situazione, e l’amministrazione pubblica, che deve assicurargli gli strumenti e le opportunità in questa direzione. Serve una effettiva ed efficace collaborazione tra soggetti pubblici e privati a livello locale, perché solo così può essere affrontata con successo la lotta alle povertà. Inoltre, come sottolinea Caritas Italiana nel suo Bilancio della crisi, in un periodo di risorse scarse e di rimodulazione della spesa, nonché di ridefinizione dei modelli di protezione sociale, serve un’attenzione «responsabile e competente» alla programmazione finanziaria e all’allocazione di risorse a tutti i livelli, europeo, nazionale, regionale e locale. Ciò è possibile però solo sviluppando competenze e creando alleanze, a livello nazionale come a livello locale, al fine di sperimentare un’efficace azione di inclusione sociale attraverso la valorizzazione delle risorse e delle progettualità innovative in una prospettiva di sussidiarietà.

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2 Piemonte: si lavora a un Patto per il Sociale • 3 Riproposto il Reddito di Inclusione Sociale • 5 In legame “con” e “contro” la povertà • 6 L’Europa sociale chiede una direttiva sul reddito minimo • 8 Caritas Cuneo scommette sui giovani


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to dell’area della precarietà e della conclamata povertà è destinato a divenire strutturale se non si assumono effettive strategie di contrasto». Come osservato nella conclusioni del Rapporto dal responsabile dell’area nazionale di Caritas Italiana, Francesco Marsico, questa situazione «deve rafforzare la preoccupazione relativa al “posto dei poveri” nei diversi livelli di programmazione finanziaria istituzionale, dal livello europeo a quello comunale, nel modello di tutela sociale che andrà necessariamente costruito per ridurre le percentuali di persone cadute in povertà e nell’idea di sviluppo che guiderà la ripresa dei prossimi anni. Appare evidente la crucialità dei prossimi mesi: insieme alla ridefinizione di un modello economico e produttivo, deve delinearsi una nuova struttura di tutela dei diritti, a partire dalla “libertà dalla povertà”». In un tempo di risorse scarse e di rimodulazione della spesa, nonché di ridefinizione dei modelli di protezione sociale, la programmazione finanziaria europea e le sue ricadute nazionali e regionali, la Legge di stabilità e la

COM’È CAMBIATA LA POVERTÀ IN ITALIA CON LA CRISI Prima della crisi

Oggi

Individui in povertà assoluta 4,1% (2,4 milioni)

Individui in povertà assoluta 9,9% (6 milioni)

Famiglie in povertà assoluta 4,1% (0,97 milioni)

Famiglie in povertà assoluta 7,9% (2 milioni)

Questione meridionale

Questione meridionale + questione settentrionale

Un problema perlopiù degli anziani

Un problema degli anziani e dei giovani

Riguarda chi ha almeno 3 figli

Riguarda chi ha almeno 2 figli

Non tocca chi ha un lavoro

Tocca anche chi ha un lavoro

sua effettiva capacità di determinare politiche concrete, l’allocazione delle risorse regionali e comunali «sono i complessi ambiti ai quali rivolgere un’attenzione responsabile e competente» sostiene Caritas Italiana. Per poterlo fare in modo concreto ed efficace servono però competenze specifiche e soprattutto «alleanze», sia a livello nazionale che territoriale. Questo il senso della partecipazione di Caritas italiana alla Alleanza contro la povertà in Italia, che vede associazionismo sociale, volontariato e sindacato per la prima volta insieme per ri-

Piemonte:

si lavora a un Patto per il Sociale IL PUNTO Il 14 gennaio scorso un gruppo di rappresentanza della Delegazione Caritas Piemonte -Valle d’Aosta ha incontrato l’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte, Augusto Ferrari, per un confronto sulle modalità di contrasto della povertà, che in Piemonte colpisce il 5,7% circa delle famiglie pari a oltre 250.000 persone (dato Istat). Così come fatto a livello nazionale, anche in Piemonte Caritas ha avanzato al Consiglio Regionale la proposta di introduzione di un Piano Regionale contro la povertà, di durata pluriennale, che contenga misure concrete e impegno di risorse adeguate affinché venga gradualmente introdotta una misura di sostegno al reddito rivolta a tutte le persone e le famiglie in povertà assoluta nella Regione, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell’intervento. In pratica, la proposta del Reddito di Inclusione Sociale - Reis (vedi pag. 3) in un quadro attuativo regionale. Analizzando l’ipotesi di orientamento dei Fondi

P.O.R. FSE Regione Piemonte 2014-2020, Caritas ha comunicato alla Regione di cogliere positivamente l’introduzione di alcune misure auspicate, quali la previsione di strumenti rimborsabili eventualmente anche attraverso ore di lavoro da dedicare alla collettività, il sostegno all’erogazione flessibile di servizi alla prima infanzia, nonché la previsione di un Tavolo di lavoro per politiche innovative rivolte alle persone non autosufficienti. Tuttavia, Caritas Piemonte-Valle d’Aosta ritiene tali misure del tutto carenti per affrontare l’enorme problema della povertà assoluta in Regione: per sostenere questa fascia di popolazione, la più disagiata, non sono sufficienti le politiche attive per il lavoro ma occorre inserire politiche sociali adeguate, graduali e universali. Secondo Caritas, l’utilizzo a questo fine dei Fondi europei dovrà avvenire di pari passo con un chiaro impegno da parte della Regione e dello Stato a stanziare congrue risorse del proprio bilancio. Così, dando priorità alle persone over 55 in povertà assoluta, che i servizi sociali valutano non ri-attivabili per il mercato tradizionale del lavoro, e alle famiglie con almeno 3 componenti, per le quali il tasso di povertà assoluta aumenta esponenzial-

chiedere una misura universale di contrasto alla povertà. Secondo Marsico «questa Alleanza è una opportunità non solo per costruire un soggetto che esplicitamente vuole farsi carico di tutelare condizioni che non hanno avuto negli scorsi anni una effettiva rappresentanza sociale, ma per avviare sul piano nazionale e locale un lavoro di advocacy, tale da fare crescere la capacità delle comunità territoriali di monitorare le politiche e, d’altro canto, alzando il livello dell’accountability istituzionale». mente, dovrebbe essere attivato un piano pluriennale. Dato che il trasferimento monetario diretto ai beneficiari non è possibile sui Fondi europei, si potrebbe utilizzare una “dote” che preveda buoni acquisto, beni materiali e servizi per un importo pari alle risorse necessarie per compensare il reddito rispetto alla soglia di povertà. Dal canto suo, a nome della Regione Piemonte l’assessore ha accolto con attenzione le proposte di Caritas. Rispetto alla proposta di Reis, ha spiegato, i problemi di risanamento del bilancio regionale la rendono al momento non realizzabile, ma se il percorso di lavoro della Regione nel prossimo triennio dovesse procedere come da programma allora sarà possibile metterla a tema tra tre anni: «Sarebbe una bella vittoria collettiva» ha dichiarato. La Regione ha poi manifestato la necessità di ascoltare le esigenze e mappare le numerose iniziative in ambito di lotta alla povertà a livello locale, attivate in autonomia dai territori che hanno risposto spesso in modo intelligente ai bisogni locali. Secondo l’assessore serve una mappatura di queste risposte, provando ad individuare quelle che sono candidabili a divenire politiche, e in questo Caritas può essere molto utile date la sua rete capillare sul territorio e la sua capacità di intercettare bisogni e risorse. L’appuntamento per un confronto diretto con la Delegazione Regionale Caritas su iniziative innovative di lotta alla povertà è per il 19 marzo prossimo, intanto però la Regione ha avviato una serie di incontri nei diversi ambiti territoriali per un confronto con tutti gli attori interessati all’elaborazioni delle politiche sociali in Piemonte, al fine di riscrivere insieme un Patto per il Sociale a livello regionale.


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Riproposto il Reddito di Inclusione Sociale

C

osa può fare, oggi in Italia, chi vive in condizioni di povertà assoluta? Chiedere aiuto ai servizi pubblici locali – con limitate possibilità di risposta dati i ripetuti tagli – oppure alle tante realtà non profit impegnate nel territorio, a conoscenti o ad altri. Nella maggior parte dei casi, però, chi sperimenta questa condizione se la deve cavare da solo, questo perché l’Italia (unica in Europa insieme alla Grecia) è priva di una misura nazionale di sostegno al reddito, cioè, come avviene in linea di massima negli altri Paesi, di un contributo economico per affrontare le spese primarie accompagnato da servizi alla persona (sociali, educativi, per l’impiego) che servono a cercare di uscire dalla povertà. Alla base c’è un patto di cittadinanza tra lo Stato e il cittadino in difficoltà: chi è in povertà assoluta ha diritto al sostegno pubblico e il dovere d’impegnarsi a compiere ogni azione utile a superare tale situazione. Partendo dalla considerazione che le risposte attualmente in campo in Italia contro la povertà assoluta sono «del tutto inadeguate» e che si rende quindi necessario un intervento pubblico, le organizzazioni che compongono l’Alleanza contro la povertà in Italia (vedi box) ritengono che il 2015 debba essere l’anno di avvio di un Piano Nazionale contro la povertà. Di durata pluriennale, questo Piano deve contenere le indicazioni concrete affinché «venga gradualmente introdotta una misura nazionale, rivolta a tutte le persone e le famiglie in povertà assoluta, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell’intervento». Si tratta quindi di attivare un Reddito d’Inclusione Sociale (Reis), misura cardine di un Piano nazionale per il quale l’Alleanza ritiene sia necessario impegnare da subito risorse adeguate «e non limitarsi a risorse destinate a strumenti che rispondono a logiche emergenziali, senza definire un quadro organico di interventi».

Com’è nata la nuova proposta di Reis Nel luglio 2013, Acli e Caritas avevano presentato una versione del Reis, invitando gli attori a vario titolo interessati alla lotta contro l’esclusione sociale in Italia ad unire le forze per promuovere politiche adeguate, ancora assenti. L’invito fu

accolto da tutti gli attuali aderenti all’Alleanza contro la povertà in Italia, che partendo da quella proposta di Reis hanno dato vita a un percorso comune di confronto ed elaborazione. Nell’autunno 2013 il gruppo scientifico (composto da studiosi e consulenti esperti di lotta alla povertà) e il gruppo tecnico (formato da referenti degli aderenti all’Alleanza) hanno avviato un lavoro congiunto per arrivare nel settembre 2014 a definire una nuova versione del Reis, che migliora sostanzialmente la precedente. Il lavoro svolto si è basato su alcuni principi metodologici di fondo, condivisi da tutti gli aderenti all’Alleanza: l’incontro tra metodo scientifico e pratica quotidiana, per evitare di «produrre analisi rigorose slegate dalla realtà oppure utili spunti concreti non esaminati in modo rigoroso»; la valorizzazione dell’esperienza, con il riesame delle precedenti politiche realizzate in Italia e in Europa e la disamina dell’esperienza concreta degli aderenti all’Alleanza; il confronto tra posizioni differenti, che ha determinato uno sforzo di sintesi importante perché consente di

CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA REDDITO DI INCLUSIONE SOCIALE (REIS) SOGGETTI FONDATORI DELL’ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA

PROPOSTA

IL PUNTO

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Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano - ONLUS, Fio-PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari■ SOGGETTI ADERENTI ALL’ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA

Adiconsum; Associazione Professione in Famiglia, ATD Quarto Mondo, Banco Farmaceutico, Cilap EAPN Italia, CSVnet – Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, Federazione SCS, Fondazione Banco delle Opere di Carità Onlus, Fondazione ÉBBENE, Piccola Opera della Divina Provvidenza del Don Orione, U.N.I.T.A.L.S.I. - Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali■

L’ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA Soggetti Fondatori: Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano - ONLUS, Fio-PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari. Soggetti Aderenti: Adiconsum, Associazione Professione in Famiglia, ATD Quarto Mondo, Banco Farmaceutico, Cilap EAPN Italia, CSVnet - Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, Federazione SCS, Fondazione Banco delle Opere di Carità Onlus, Fondazione ÉBBENE, Piccola Opera della Divina Provvidenza del Don Orione, U.N.I.T.A.L.S.I. - Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali.

presentare una proposta già condivisa da numerosi tra i principali soggetti sociali del Paese.

Cos’è il Reis Secondo la proposta dell’Alleanza, il Reis assicura a chiunque sia caduto in povertà un insieme di risorse adeguate a raggiungere una condizione materiale dignitosa e – dove possibile e/o necessario – a progettare percorsi d’inserimento sociale o lavorativo. Si rivolge a tutte le famiglie in povertà assoluta e a tutti i cittadini in difficoltà, compresi gli stranieri residenti regolarmente in territorio italiano da almeno 12 mesi, secondo il principio dell’universalismo. Ogni nucleo riceve mensilmente una somma pari alla differenza tra la soglia di povertà e il pro-

prio reddito, sulla base del principio dell’adeguatezza: nessuno è più privo delle risorse necessarie a raggiungere un livello di vita “minimamente accettabile”. Insieme al contributo monetario i beneficiari del Reis – quando consono e necessario – ricevono servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi. Il principio guida risiede nell’inserimento sociale: dare alle persone l’opportunità di costruire percorsi che – nei limiti del possibile – permettano di uscire dalla condizione di marginalità. Il Reis è gestito a livello locale con un impegno condiviso, innanzitutto, da Comuni e Terzo Settore: i primi hanno la responsabilità della regia complessiva mentre il Terzo Settore co-progetta insieme a loro, esprimendo le competenze in


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IL PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ • Il Reis viene introdotto gradualmente, attraverso un percorso quadriennale. • Sin dall’inizio il legislatore assume precisi impegni riguardanti il punto di arrivo del Piano e le sue tappe intermedie (gradualismo in un orizzonte definito). • Ogni anno la spesa pubblica dedicata aumenta rispetto al precedente. • L’utenza si allarga progressivamente, partendo da chi è in condizioni di povertà più grave. • Vengono valorizzati gli interventi contro il disagio già esistenti nei vari contesti locali. • Infrastruttura nazionale per il Welfare locale: lo Stato, insieme alle Regioni, fornisce ai soggetti impegnati contro la povertà nel territorio un insieme di strumenti per metterli in condizione di fornire il Reis al meglio. Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

tutte le fasi dell’intervento. Anche altri soggetti svolgono un ruolo centrale, a partire da quelli dedicati a formazione e lavoro, secondo il principio-guida della partnership: solo un’alleanza tra attori pubblici e privati a livello locale permette di affrontare con successo il nodo povertà.

Cosa non è il Reis La proposta dell’Alleanza contro la povertà sottolinea che il Reis è rivolto a tutte le famiglie che vivono in povertà assoluta e risulta quindi nettamente distinto dagli interventi necessari contro l’impoverimento di chi si trova al di sopra della soglia ma, senza adeguate risposte, è destinato a cadere nell’indigenza. Così come, osserva l’Alleanza, il Reis è separato chiaramente dalle ulteriori riforme delle quali avrebbe bisogno il Welfare italiano: azioni auspicate dalla metà degli anni Novanta e realizzate in quasi tutti i Paesi europei, concernenti gli ammortizzatori sociali, i servizi alla prima infanzia, il fisco a sostegno delle famiglie con figli e gli interventi per le persone non autosufficienti (disabili e anziani). Peraltro, sostiene l’Alleanza, potenziare le altre aree della protezione sociale permetterebbe anche di “proteggere” il Reis. Si rischia, infatti, che la sua introduzione risulti l’unica risposta di rilievo messa in campo, in questa fase, dal sistema pubblico a favore delle persone più fragili. Se così fosse, sul Reddito d’Inclusione Sociale si riverserebbero anche le tante domande di tutele originate da situazioni diverse dalla povertà assoluta (ad esempio il costo dei figli, la disoccupazione, la non autosufficienza). Ciò si verificherebbe, in particolare, nei territori dove il tessuto socio-economico è più debole e contemporaneamente la presenza di servizi è maggiormente carente. Il Reis, però, non può per sua natura soddisfare tali domande.

Costo del Reis e volontà politica A regime la spesa pubblica annuale aggiuntiva per il Reis deriva dalla somma di tre voci: i contributi economici, i servizi alla persona, il monitoraggio e la valutazione. Sommando le diverse voci, la spesa pubblica annua aggiuntiva a regime (dopo 4 anni) per il Reis ammonterebbe a circa 7,1 miliardi di euro, circa 1,7 mi-

liardi aggiuntivi richiesti in ogni annualità del Piano previsto per la sua introduzione graduale. Secondo la proposta dell’Alleanza, 7,1 miliardi di euro rappresentano la soglia minima di spesa per una misura che preveda importi monetari adeguati ad un’esistenza dignitosa e una significativa presenza di servizi alla persona. Si osserva inoltre come 7,1 miliardi equivalgano a poco più dell’1% della spesa primaria corrente

italiana, «una quota indubbiamente contenuta» secondo l’Alleanza che ricorda anche la flessibilità del bilancio pubblico: «Nel periodo 2008-2013 con le varie manovre finanziarie sono stati movimentati 56,5 miliardi tra maggiori e minori entrate e 67,1 miliardi tra maggiori e minori uscite. In totale, dunque, sono stati spostati 123,6 miliardi. Il confronto tra questo valore complessivo, così come la sua scomposizione in annualità, e i 7,1 miliardi necessari a regime per il Reis aiuta a precisare ulteriormente la portata dello sforzo richiesto dalla riforma proposta». Decidere d’introdurre il Reis in un quadro di risorse pubbliche scarse significherebbe farne una priorità, sostiene l’Alleanza, questione cioè essenzialmente politica: «Le domande di interventi sono tante e le risorse limitate, pertanto chi governa definisce le priorità per la collettività. Il nocciolo, dunque, sono le decisioni riguardanti l’obiettivo (la lotta alla povertà) e non gli strumenti (le strategie di finanziamento)». redditoinclusione.it

IL REIS IN SINTESI DIMENSIONE (PRINCIPIO GUIDA)

TRATTI PRINCIPALI

Utenza (Universalismo)

- Tutte le famiglie in povertà assoluta - Legittimate a vario titolo alla presenza sul territorio italiano e presenti regolarmente nel Paese da almeno dodici mesi

Importo (Adeguatezza)

La differenza tra la soglia di povertà e il reddito familiare

Servizi alla persona (Inserimento sociale)

- Al trasferimento monetario si accompagna l’erogazione di servizi - Possono essere servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi

Welfare mix (Patnership)

- Il Reis viene gestito a livello locale grazie all’impegno condiviso di Comuni, Terzo Settore, servizi per formazione/impiego e altri soggetti - I Comuni hanno la responsabilità della regia e il Terzo Settore co-progetta insieme a loro, esprimendo le proprie competenze in tutte le fasi dell’intervento

Lavoro (Inserimento occupazionale)

- Tutti i membri della famiglia tra 18 e 65 anni ritenuti abili al lavoro devono attivarsi in tale direzione - Si tratta di cercare un impiego e di frequentare percorsi formativi e/o di inclusione nel mercato del lavoro

Livelli essenziali (Cittadinanza)

Il Reis costituisce il primo livello essenziale delle prestazioni nelle politiche sociali

REIS: INDICAZIONI DALL’ESPERIENZA ITALIANA Precedenti esperienze

Conseguenze

Indicazioni per il Reis

Politiche nazionali e regionali in gran parte interrotte

- Non si giunge mai alle riforme - Spreco di risorse umane ed economiche - Frustrazione tra gli operatori

Far confluire nel Piano nazionale le sperimentazioni già previste

Scarsa attenzione alla dimensione attuativa

Ridotta possibilità di incidere concretamente sull’esistenza delle persone in povertà

La centralità assegnata agli aspetti attuativi è un tratto caratterizzante l’intera proposta

Ridotta valorizzazione dei servizi alla persona

Utenti privi degli strumenti per costruirsi un nuovo percorso di vita

Finanziamenti statali per la parte di servizi del Reis e infrastruttura nazionale per il Welfare locale

Necessità di uno sforzo particolare per evitare l’inclusione di falsi poveri tra gli utenti

Più efficaci le realtà che impiegano, oltre all’Isee, un indicatore dei consumi presunti

Utilizzo congiunto di Isee e di indicatore dei consumi presunti

Ridotta realizzazione di monitoraggio e valutazione degli interventi

Scarsa possibilità di: - buona gestione degli interventi - modifiche in corso d’opera - rendere conto dei risultati

Previsto un insieme, articolato e coerente, di strumenti per monitoraggio e valutazione

Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis


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In legame “CON” e “CONTRO” la povertà

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L’OPINIONE di don Giovanni Perini *

Ascoltare: lasciarsi interpellare dalle storie di povertà Da bambini ci si lasciava commuovere leggendo storie di povertà (per lo più romantiche e ideali), tipo “Cuore” o fiabe come “Cenerentola”, dove alcuni personaggi soffrivano abbandono o marginalizzazione a causa della loro situazione economica e/o sociale. Oggi le storie di povertà che ascoltiamo giornalmente nei Centri di ascolto, ma sovente anche per strada quando la gente ci ferma riconoscendoci come operatori Caritas, sono più che reali. Sono storie di chi ha perso il lavoro contemporaneamente con l’altro coniuge, di chi arriva con il foglio dello sfratto esecutivo, casi moltiplicati in questi ultimi anni in modo innaturale; senza contare i tanti che carichi di debiti per affitti e utenze non pagati, tasse in arretrato, prestiti raffazzonati o peggio chiesti a usurai, sono ormai alla disperazione e non vedono vie di uscita. Ci troviamo davanti ad una povertà che l’Istat definisce assoluta e che riguarda il 9,9% della popolazione italiana. La povertà assoluta è quella che non solo non permette di soddisfare le necessità primarie della vita, ma che ha delle ripercussioni, a volte molto gravi, sul nucleo familiare, sulla salute, sulle relazioni, sulla caduta della stima di sé, sentendosi ormai incapaci di provvedere a se stessi e ai propri cari. L’ampia quantità di queste situazioni (che riguarda anche il 12,6% in condizioni di povertà relativa) non può più essere affrontata con mezzi ordinari di contrasto alla povertà: non bastano più pacchi viveri, ridotti aiuti economici, perché non c’è più modo ordinario di far fronte a situazioni straordinarie! Una frase del Papa, nella sua esortazione, mi ha colpito profondamente, pur non essendo una novità almeno dopo il Concilio: «Il Kerigma (cioè l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo) possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità» (177). Questa affermazione ci conduce a un approfondito esame sulla qualità e le forme di manifestazione della nostra fede, alla domanda sulla partecipazione attiva alla fraternità di comunione vicendevole, alla presenza e alla cura dei poveri nelle nostre comunità (che Papa Fran-

cesco chiama gli “scarti” della nostra società) e di quanto continuiamo a delegare ad altri il compito e la testimonianza centrale della carità. Questa situazione di povertà assoluta, che tocca molte persone e famiglie, mette però anche in luce la debolezza del nostro impegno e della nostra presenza nell’ambito della cittadinanza attiva e della politica, che già Aristotele, senza scomodare la Bibbia, indicava come l’arte del bene comune, cioè la garanzia per tutti i cittadini (quelli allora riconosciuti tali) di trovare nello Stato un’azione e delle leggi che davano certezza dei diritti.

Osservare per prendere coscienza L’Italia e la Grecia sono gli unici Stati dell’Unione Europea in cui non si è attivato un aiuto continuativo per le persone in povertà assoluta. Negli altri Stati questo aiuto si chiama con molti nomi. Anche in Italia da più parti è stata avanzata questa ipotesi e, partendo da Acli e Caritas Italiana, a cui hanno aderito molte altre realtà e associazioni pubbliche e private, si è configurato il Reis: il Reddito di Inclusione Sociale, studiato dall’Università Cattolica per far fronte in modo continuativo, strutturato e controllato alla situazione di povertà perdurante nel nostro Paese dal 2008. Il progetto è stato presentato al governo precedente (Letta), all’ex capo di Stato Napolitano e anche all’attuale governo. Il nostro compito è di prendere coscienza che il cristianesimo ha da sempre un legame stretto con e contro la povertà. Con la povertà, in quanto scelta e stile di vita, che testimonia che non facciamo del denaro e del benessere a tutti i costi i nostri idoli, che crediamo che il valore della vita non consista, secondo le parole del

Vangelo, nella quantità di beni che si possiedono e perché siamo già comunque lontani, sempre, dalla povertà di Gesù che non aveva pietra su cui posare il capo. Ma siamo anche contro la povertà, quella soprattutto che affligge gli altri, che non permette loro uno sviluppo pieno della vita, non permette istruzione, cura della salute, educazione adeguata ai figli, serenità negli eventi improvvisi della vita: una povertà che a volte abbruttisce, diventa il primo passo per una china da cui è molto difficile risalire, allontana ed esclude, riduce le relazioni amicali e affettive e fa trovare le porte delle nostre stesse chiese chiuse di fatto alla loro presenza.

Discernere e operare Niente di nuovo fino a qui. Sono cose che tutti già sappiamo. Il nuovo sarebbe in un impegno serio, meditato e deciso di appoggiare, nelle forme che si valuteranno più efficaci e consone, il progetto di un aiuto economico a chi non possiede più nulla, nella speranza di un’evoluzione positiva della situazione. Battersi per questo non è forse una forma del prendersi cura dell’altro? O non è forse una maniera di annunciare la giustizia che non può essere confusa né sostituita dalla carità? O ancora non è un modo di lavorare come comunità su un progetto comune che corre il felice rischio di unire e aggregare le comunità cristiane facendole uscire dal territorio recintato, facendole “chiese in uscita”? Chiese che si dimenticano almeno un po’ di se stesse, che accettano di perdersi in azioni non direttamente “sacre” per ritrovarsi in compagnia solidale con i poveri rappresentanti di Cristo? * Teologo, direttore Caritas Diocesana Biella


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L’Europa sociale

chiede una direttiva sul reddito minimo IL PUNTO

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l reddito minimo rappresenta una base per la costruzione del diritto a una vita dignitosa. Senza reddito minimo che speranza c’è per l’Europa?». È quanto affermato nelle conclusioni dei lavori della Conferenza europea di alto livello sugli schemi di reddito minimo, svoltasi a Bruxelles lo scorso dicembre su iniziativa dell’omonima Rete europea (European Minimum Income Network – Emin). Costituita da organizzazioni sociali e sindacali, grandi associazioni, amministrazioni nazionali, regionali e locali, studiosi e analisti della materia e alcune reti nazionali, l’Emin promuove l’apprendimento reciproco e lo scambio di migliori pratiche in materia di reddito minimo. Secondo i partecipanti alla Conferenza, le istituzioni dell’Unione Europea (UE) non dovrebbero più parlare genericamente di “Europa sociale”, ma invece trovare e attuare misure concrete per garantire un’Europa sociale e coesa. Per questo, sulla base delle varie esperienze nazionali messe a confronto dalla Rete europea, si ritiene necessaria una direttiva-quadro europea su adeguati regimi di reddito minimo. Solo così sarebbe riconosciuta, regolamentata, resa omogenea e più efficace una misura di lotta alla povertà diffusa in tutta Europa, ma con caratteristiche e risultati estremamente diversi da un Paese all’altro. Del resto, il «diritto alla protezione sociale e a standard di vita dignitosi per tutti i cittadini che risiedono nei Paesi dell’UE» è sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, mentre il Parlamento Europeo e la Commissione hanno più volte sollecitato politiche di «inclusione attiva», individuando nel reddito minimo uno strumento efficace per combattere la povertà, garantire un adeguato standard di vita e favorire l’inclusione sociale. Recentemente è stata la stessa neo-commissaria europea per l’Occupazione e gli Affari sociali, Marianne Thyssen, a dire che «abbiamo sicuramente bisogno di un’Unione Economica e Monetaria più sociale» e quindi si dovrebbe «pensare in termini di standard minimi: ad esempio, avere un reddito minimo in tutti i Paesi dell’UE, sulla base di un budget di riferimento» (Social Agenda n. 39, 12/2014).

Troppe differenze, servono norme europee comuni L’Emin ha presentato un Rapporto di sintesi basato sulle Relazioni nazionali svolte nei 30 Paesi in cui è attiva la Rete europea, da cui emerge che solo Italia e Grecia non dispongono di un sistema di reddito minimo. Certo, le differenze sono notevoli sia in termini quantitativi che qualitativi: si va da 22 euro in Bulgaria a 1433 euro in Danimarca per una sola persona, e da 100 euro in Polonia a 3808 euro in Danimarca per una coppia con due figli. Rispetto al reddito medio dei Paesi, solo la Danimarca e l’Islanda prevedono un reddito minimo “generoso” (oltre il 50%), la maggior parte si attesta su livelli medi o medio-bassi e 9 Paesi (quasi tutti dell’Europa orientale) su livelli molto bassi (meno del 30%). Profonde poi anche le differenze tra le misure adottate, tanto che in certi casi diventano addirittura divergenze (sulle caratteristiche, i destinatari, la durata ecc.), così da determinare una cittadinanza sociale diseguale nel territorio dell’UE. Le misure di austerità “anti-crisi” adottate in tutta Europa negli ultimi anni hanno inoltre avuto un impatto negativo sulla disponibilità di servizi sociali e, oltretutto, si è registrato un diffuso indurimento di atteggiamento politico, dei media e del pubblico nei confronti dei beneficiari, mentre la maggior parte dei Paesi non ha una chiara definizione di reddito dignitoso. Il Rapporto evidenzia invece come regimi di reddito minimo adeguati e accessibili non siano solo utili per le persone che ne beneficiano ma costituiscano «un bene per tutta la società», dati i loro effetti positivi in termini

di stabilizzazione economica, contrasto delle disuguaglianze e inclusione attiva. «Vista da Bruxelles la povertà in Europa sembra facilmente risolvibile: abbiamo la Strategia Europa 2020, il Programma di Investimenti Sociali, i Fondi strutturali attraverso cui arriveranno milioni di euro nei prossimi 7 anni, abbiamo il 20% del Fondo sociale europeo destinato alla lotta contro la povertà e all’esclusione sociale. Ma queste non sono le soluzioni» sostiene Nicoletta Teodosi, presidente del Collegamento italiano lotta alla povertà (Cilap) – sezione italiana della Rete europea di lotta alla povertà (European Anty-Poverty Network – Eapn) e aderente all’Alleanza contro la povertà in Italia, che aggiunge: «I cittadini europei e le organizzazioni della società civile sono pronti a sostenere la richiesta di una direttiva europea per il reddito minimo, sono pronti i governi degli Stati membri? La giustificazione che il reddito minimo non è competenza europea ormai non tiene più».

Alleanza contro la povertà: guardare all’esperienza europea Nel documento di proposta del Reddito di inclusione sociale (Reis), l’Alleanza per la povertà in Italia ha analizzato anche la situazione europea degli schemi di reddito minimo al fine di trarre spunti utili. Intanto osserva che, mentre la spesa pubblica italiana per la protezione sociale rispetto al Pil è in linea con la media europea, per la lotta alla povertà l’Italia spende molto meno


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della media degli altri Paesi europei. Poi nota come nella maggior parte dei Paesi europei agli schemi di reddito minimo sia attribuito un ruolo residuale: il grosso del sostegno al reddito per i cittadini è svolto dalle altre prestazioni del Welfare, innanzitutto i sussidi di disoccupazione. Il sostegno al reddito per le persone in età da lavoro è infatti composto da due livelli: il primo sono i sussidi di disoccupazione, il secondo è il reddito minimo (che ovviamente non è indirizzato soltanto ai disoccupati, e in generale non si rivolge soltanto agli abili al lavoro). «In Italia, invece, stante la situazione attuale, il Reis si troverebbe a scontare alcune note insufficienze del sistema di Welfare italiano (a partire dalle carenze del sistema di ammortizzatori sociali esistente), che suggeriscono di essere particolarmente attenti sul versante dell’inserimento lavorativo dei beneficiari abili al lavoro» spiega l’Alleanza. Altro «nodo cruciale» segnalato sulla base dell’analisi europea è che per svolgere bene i compiti d’integrazione sociale e lavorativa

INTRODUZIONE DI UNA MISURA NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ ASSOLUTA NEI PAESI DELLA “VECCHIA” UE-15 Paese Regno Unito Svezia Germania Paesi Bassi Austria Finlandia Belgio Danimarca Irlanda Lussemburgo Francia Spagna Portogallo

Anno d’introduzione 1948 1956 1961 1963 Tra il 1970 e il 1975 1971 1973 1974 1975 1986 1988 Tra il 1995 e il 2000 1996

Italia

-

Grecia

-

Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

richiesti, occorre personale esperto e formato in modo specifico, e non personale amministrativo: «L’esperienza indica che introdurre il reddito minimo lasciando che gli aspetti

REIS: INSEGNAMENTI DALL’ESPERIENZA EUROPEA Esperienze europee L’Italia e l’Europa: spesa L’Italia e l’Europa: struttura del Welfare

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Lezioni per l’Italia L’Italia spende poco per la lotta alla povertà Rischio di sovraccarico sul Reis

Indicazioni per il Reis Il Reis consente di colmare il gap di spesa rispetto all’Europa Enfasi su inserimento lavorativo e regole di attivazione e condizionalità Addetti ai servizi Destinare all’erogazione dei Formare competenze e servizi personale professionalità specifiche del amministrativo non funziona personale dei servizi; investire in capacità istituzionali Condizionalità e sanzioni Attivazione e condizionalità Regole di condizionalità su severe ma graduali non devono riguardare solo gli comportamenti virtuosi ad aspetti lavorativi ampio raggio (controlli medici, obbligo scolastico e così via). Sanzioni anche per questi aspetti, con gradualità - Diritti del beneficiario Diritti e doveri Il patto vincola entrambi i all’inserimento lavorativo del contraenti: l’amministrazione - Potere sostitutivo beneficiario allo stesso modo del delle Regioni in caso di beneficiario inadempienze Specificità degli Problemi specifici relativi a Prevedere interventi mirati, immigrati competenze linguistiche e anche con l’aiuto di mediatori lavorative culturali Che cosa aspettarsi: - Gli schemi di reddito minimo - Il Reis è altamente efficace nella riduzione della povertà definizione di successo vanno valutati rispetto alla - Adottare un’ottica di medio riduzione della povertà periodo nella valutazione degli - I programmi d’inserimento esiti lavorativi lavorativo sono efficaci, ma - Avere aspettative realistiche vanno valutati nel medio sull’inclusione lavorativa periodo - In Paesi più avanti del nostro, tassi di attivazione degli abili al lavoro intorno al 30-40% e tassi d’inserimento lavorativo intorno al 20-25% dei beneficiari Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

d’inserimento sociale e lavorativo vengano curati da funzionari amministrativi, senza competenze specifiche e in aggiunta al proprio carico di lavoro normale, significa condannarlo a sicuro insuccesso». Si evidenzia anche che «dovunque il reddito minimo è una misura attiva e condizionale»: è predisposto un adeguato disegno della componente d’integrazione e relativi servizi, e la prestazione viene erogata solo a fronte dell’impegno dei beneficiari a tenere un certo comportamento, variabile a seconda delle caratteristiche individuali e delle condizioni familiari. Tali regole di condizionalità divengono vincolanti per tutti i beneficiari, con la previsione di sanzioni specifiche in caso di non ottemperanza. Ma un aspetto decisivo segnalato dall’Alleanza sulla base dell’esperienza maturata nei Paesi europei è che «il patto funziona se lo si rispetta in due»: se infatti il beneficiario è tenuto a rispettare il patto d’inserimento (sociale o lavorativo), pena l’introduzione di sanzioni, allo stesso modo l’amministrazione pubblica è tenuta a fornire dei servizi di qualità, tempestivi ed efficaci. Nell’esperienza europea, cioè, il beneficiario è titolare di doveri ma contestualmente anche di diritti, riguardanti la qualità e la tempistica degli interventi da mettere in campo, che creano obblighi per i servizi sociali e quelli per l’impiego. «In altre parole, l’utente deve fare ogni sforzo per migliorare la sua situazione e, contemporaneamente, l’amministrazione deve assicurargli gli strumenti e le opportunità in questa direzione. La bilateralità del patto rappresenta un aspetto spesso sottovalutato nel dibattito del nostro Paese, dove ci si concentra perlopiù sui doveri del solo utente. Il patto, invece, funziona solo se responsabilizza e mette in gioco entrambi i contraenti». (E.P.)


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Iniziative delle Caritas diocesane

Caritas Cuneo scommette sui giovani «Mettere al centro la responsabilità di Caritas verso le nuove generazioni», per questo motivo da circa un anno è stata costituita e ha iniziato un fitto percorso di attività l’area Giovani della Caritas di Cuneo nell’ambito di un progetto denominato “Azzardiamoci”

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ome coinvolgere i giovani in attività di volontariato, di educazione al dono, di cittadinanza attiva se molti vivono in condizioni di precarietà, fragilità, disorientamento ed incertezza rispetto al loro futuro? Azzardare, sfidare la fortuna con il gioco o azzardare di vivere da protagonisti? Queste sono le domande di fondo dalle quali siamo partiti e che hanno sollecitato e motivato l’elaborazione del progetto» spiega il direttore di Caritas Cuneo, Claudio Mezzavilla, sottolineando come l’“azzardo” sia stato quello di intraprendere strade diverse: «Costruire opportunità diversificate e continuative di formazione, orientamento, accompagnamento, co-progettazione e protagonismo dei giovani nei molteplici ambiti d’intervento nei quali Caritas è impegnata insieme a parrocchie, uffici pastorali, commissioni diocesane, organizzazioni del territorio». Al fine di assicurare a questo percorso costruito con i giovani continuità, stabilità, sviluppo e monitoraggio è quindi stata creata l’area Giovani della Caritas diocesana. Dopo aver individuato un responsabile, è stata costituita un’équipe dell’area Giovani per supportarne, guidarne e monitorarne le attività, è stato realizzato un logo e si è creato un link sul sito di Caritas Cuneo con la finalità di presentare le attività svolte e, contemporaneamente, il gruppo di giovani coinvolti nel progetto ha realizzato una pagina Facebook. Molte le iniziative avviate in poco più di un anno di attività dell’area Giovani: una collaborazione con “La Città dei Ragazzi” per realizzare proposte strutturate e diversificate di volontariato; una collaborazione con l’area Immigrazione che ha portato alla realizzazione di due video, per agevolare il servizio quotidiano dei volontari Caritas nell’incontro con gli utenti immigrati e per affrontare

la tematiche della “seconda generazione”; iniziative innovative (opere segno) di progetti di educazione tra pari (con la metodologia Peer Education) di formazione al volontariato e percorsi di sensibilizzazione e coinvolgimento attivo degli studenti delle scuole superiori: stage di alternanza scuola-lavoro, volontariato presso la mensa Caritas, doposcuola, raccolta alimentare per sostenere le famiglie in difficoltà, formazione sui temi dei diritti umani, le disuguaglianze, la competizione per le risorse naturali, le crisi umanitarie e le migrazioni; collaborazioni con le Caritas parrocchiali e con le Pastorali Giovanile, Sociale e del Lavoro e con la Commissione Nuovi Stili di Vita nel costruire competenze, esperienze e proposte diversificate che animino la comune responsabilità verso le giovani

PROPOSTE DI VOLONTARIATO GIOVANILE PER IL 2015 Il 9 gennaio si è tenuto a Cuneo l’incontro “Giovani volontari in cammino. Proposte di volontariato, impronte di pace”, che ha sancito l’avvio delle proposte di volontariato dell’area Giovani di Caritas Cuneo per il 2015, rivolte ai giovani dai 18 ai 28 anni. La formazione ha incontrato una numerosa partecipazione da parte dei giovani, segno tangibile del bisogno di questi ultimi di luoghi e spazi che permettano una crescita umana ed esistenziale, unita al dono di sé attraverso il servizio. Dopo aver esplorato l’immaginario che i giovani hanno della Caritas, sono state presentate loro le proposte di volontariato in agenda per il 2015, che riguardano tre diversi ambiti. • “Oltre il cortile di casa”: prevede la partecipazione attiva dei giovani in percorsi di formazione nelle scuole, affiancando l’area Mondialità della Caritas nella realizzazione del progetto “Una sola famiglia umana, cibo giusto per tutti, una finanza al servizio dell’uomo, relazioni di pace: è compito nostro”. • Un’esperienza diretta di servizio a favore di minori e adulti in situazione di difficoltà è racchiusa nello slogan della proposta di volontariato “Mi fido di te”. • Al coinvolgimento dei giovani nello sviluppo della comunicazione sociale all’interno dell’area Giovani della Caritas risponde, invece, la proposta “Comunicare social”, che prevede, per la formazione dei giovani e la realizzazione di un prodotto finale mediatico, il coinvolgimento di un docente universitario esperto in tale ambito. Oltre all’esperienza di servizio, viene garantito ai giovani un percorso di formazione e di supervisione continua, con la possibilità di partecipare ad un’esperienza di volontariato all’estero nell’estate del 2015. (Marianna Cento - responsabile Area Giovani Caritas Cuneo)

generazioni; coinvolgimento di giovani nella realizzazione di un’iniziativa pubblica di sensibilizzazione sulle problematiche dei giovani e il gioco d’azzardo. Caritas Cuneo area Giovani

CARITAS CUNEO “RIUNISCE LA CITTÀ” PER AFFRONTARE LA POVERTÀ Con il significativo titolo “Riuniamo la città” la Caritas di Cuneo ha organizzato il 5 febbraio 2015 un workshop cittadino invitando i principali soggetti organizzati che operano in ambito sociale, per un confronto operativo sulla base dei risultati emersi dal Rapporto annuale di Caritas Cuneo sulle povertà. «L’idea è nata dall’esigenza di non trovarci solamente una volta all’anno a commentare i dati del Rapporto, e magari a stupirci per il quadro che emerge, ma invece essere subito operativi attraverso un confronto tra le esperienze e le iniziative di coloro che operano abitualmente in questo ambito a livello cittadino» spiega Claudio Mezzavilla, direttore di Caritas Cuneo. Molto concreti infatti gli obiettivi del workshop: facilitare la conoscenza tra partecipanti e la comprensione reciproca delle criticità che ciascuno incontra; ricomporre le criticità individuate in categorie comuni; tradurre le criticità in obiettivi comuni; stimolare i partecipanti a individuare soluzioni per raggiungere gli obiettivi in un’ottica di sistema e di rete; creare un gruppo di lavoro permanente cuneese sulle povertà. Caritas Cuneo


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