Puntidivista 14 2015

Page 1

La rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta

n. 14 • febbraio 2015

EDITORIALE

Rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta - puntidivista n. 14 - febbraio 2015. Registrazione n. 46 del 22 settembre 2010 presso il Tribunale di Torino. Direttore: Marco Bonatti Redazione: Tiziana Ciampolini (responsabile Osservatorio Caritas Torino) - Marina Marchisio - Enrico Panero (caporedattore) Hanno collaborato: Walter Nanni Immagini fotografiche: www.freeimages.com, www.caritas.eu, www.caritasitaliana.it Grafica e impaginazione: Luca Imerito Informazioni: Osservatorio Caritas Torino www.puntidivistafactory.eu - www.osservatoriocaritastorino.org Questo numero è stato chiuso in redazione il 26 febbraio 2015

L’impatto della

crisi

IL PUNTO

S

ei anni e mezzo dopo il suo inizio, la crisi economica che ha colpito l’Europa continua a lasciare il segno sui cittadini: nonostante alcuni segnali di ripresa registrati negli indicatori macro-economici nel corso dei primi mesi del 2014, gli effetti della crisi appaiono ancora molto forti e persistenti. È aumentato drammaticamente il numero di famiglie che soffrono di grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro, si è esteso il rischio di povertà fino a colpire molte persone che un lavoro ce l’hanno. Una situazione diffusa

a livello europeo ma che riguarda soprattutto i Paesi più “deboli”, quelli cioè che per vari motivi hanno subito maggiormente l’impatto della crisi economica, divenuta poi crisi sociale: Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda, Romania, Cipro. La condizione sociale in questi Paesi è al centro dell’analisi svolta da Caritas Europa nel suo terzo Rapporto di monitoraggio dell’impatto della crisi economica (Crisis Monitoring Report 2015), il cui titolo è piuttosto chiaro: Poverty and inequalities on the rise, cioè la povertà e le disuguaglianze sono in aumento e, sostiene Caritas Europa nel sottotitolo del Rapporto, l’unica soluzione possibile è rappresentata dalla necessità di modelli sociali. segue a pag. 2

SOMMARIO

S

ei anni e mezzo dopo il suo inizio, la crisi è tutt’altro che finita soprattutto per quanto concerne il suo impatto sui cittadini: nell’Unione europea si stimano 133 milioni di persone che vivono in povertà, oltre 24 milioni di disoccupati, circa il 10% della popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale. Se poi si prendono in considerazione i Paesi meno “attrezzati” a sopportare le conseguenze della crisi e quindi colpiti più duramente, allora tutti gli indicatori di povertà e disagio di individui e famiglie salgono ulteriormente rispetto alla media europea. Contemporaneamente, le politiche di austerità adottate dai governi europei per contenere la spesa pubblica hanno ridimensionato molti servizi socio-sanitari, con gravi conseguenze sulle fasce più deboli e vulnerabili che sempre di più si rivolgono al volontariato. «Questa non è la crescita inclusiva di cui si parla nella strategia Europa 2020» sostiene Caritas Europa nel suo Crisis Monitoring Report 2015, chiedendo ai leader politici europei di ammettere il fallimento in termini economici e sociali dell’approccio messo in atto finora, di assumersi le responsabilità per il benessere dei cittadini più vulnerabili e di «forgiare un impegno a lungo termine per una società inclusiva, necessaria per costruire un’economia sostenibile». Caritas Europa propone di introdurre una «poverty proof», cioè una valutazione dell’impatto che i provvedimenti pubblici hanno sui più deboli. In attesa che ciò avvenga, chi come Caritas lavora direttamente con le persone in difficoltà cerca di dare risposte immediate e concrete, sempre più differenziate e innovative perché aumentano l’eterogeneità e la complessità delle domande. Risposte che in molti casi connettono le risorse già presenti sui territori creando azioni di sistema, fino a diventare vere e proprie sperimentazioni di “nuovo Welfare”, pratiche generative che possono tradursi in politiche sociali. Senza neanche la richiesta del copyright.

2 Raccomandazioni e proposte di Caritas Europa • 3 Un monitoraggio della crisi iniziato nel 2013 • 5 Italia: le risposte Caritas • 6 Un Paese in difficoltà • 7 “fa bene”: a Torino un’azione sociale di sistema • 8 Superare la povertà ricostruendo una coscienza del “noi”


2

n. 14 • febbraio 2015

RACCOMANDAZIONI E PROPOSTE DI CARITAS EUROPA ALLE ISTITUZIONI EUROPEE E ALLA COMMISSIONE EUROPEA

1. Assumere una forte regia della Strategia Europa 2020 e del semestre europeo. 2. Dare maggiore coerenza alla Politica europea e al Semestre europeo. 3. Migliorare e integrare le azioni di monitoraggio sociale all’interno del ciclo del Semestre europeo. 4. Introdurre monitoraggio e valutazione sociale per i Paesi inclusi in Programmi di assistenza. 5. Introdurre una maggiore trasparenza in relazione all’operato della Troika (Ce/Bce/Fmi). 6. Favorire, tramite specifica direttiva quadro, l’introduzione di un sistema di reddito minimo nell’UE, al fine di contrastare in modo efficace la povertà e favorire l’inclusione nel mercato del lavoro. 7. Maggiori risorse e maggiore priorità ai Fondi strutturali. 8. Assumere una forte regia nello sviluppo di politiche e nel monitoraggio della povertà infantile. 9. Rendere disponibili ulteriori fondi per la disoccupazione giovanile e migliorare l’implementazione del programma “Garanzia giovani”. 10. Guidare e favorire lo sviluppo dell’economia sociale. 11. Coniugare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del deficit con una crescita sostenibile. 12. Includere il criterio del rispetto dei diritti umani nell’attivazione di progetti europei. 13. Garantire strutture di governance inclusive, con coinvolgimento delle parti interessate.

A GOVERNI NAZIONALI E AUTORITÀ LOCALI

1. Dare priorità agli investimenti su vasta scala, pluriennali e mirati ad aree ad alta intensità di lavoro. 2. Poverty-proof: tutte le decisioni dei governi dovrebbero essere sottoposte a un processo di verifica, che assicuri che le azioni promosse non vadano ad aggravare il livello di povertà. 3. Rafforzare i sistemi di sicurezza sociale. 4. Investire in servizi di qualità e introdurre verifiche sociali sulle misure di risanamento economico. 5. Adottare misure di protezione del mercato del lavoro. 6. Definire misure di tassazione proporzionali alle capacità reddituali dei cittadini. 7. Combattere l’evasione fiscale. 8. Esplorare nuove forme di cooperazione pubblico-privato per creare nuovi posti di lavoro, lavori socialmente utili e di ultima istanza, sostenuti dalle amministrazioni pubbliche. 9. Assicurare un reddito minimo garantito per tutti. 10. Assicurare una governance inclusiva e partecipativa delle politiche sociali. 11. Assicurare il monitoraggio e la valutazione di impatto sociale di ogni misura legislativa. 12. Trarre il massimo beneficio dagli aspetti sociali della programmazione dei fondi europei.

Caritas Europa contesta fortemente il discorso ufficiale secondo cui il peggio della crisi economica è passato: «La crisi non è finita. I diritti sociali sono chiaramente messi in discussione in Europa a causa di una crisi economica evolutasi in una crisi sociale e sempre più politica. Le scelte politiche correnti, erodendo la dimensione sociale dell’Europa, stanno avendo un impatto estremamente negativo sulle persone vulnerabili». Il Rapporto descrive un’Europa dove i rischi sociali sono in aumento, i sistemi sociali sono stati ridimensionati e gli individui e le famiglie stanno scivolando sempre più nella povertà. Un’Europa in cui la coesione sociale sta svanendo e dove la fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche è sempre più debole, mentre l’agitazione sociale è aumentata del 12% negli ultimi cinque anni, di più che in qualsiasi altra regione del mondo. Tutto ciò crea rischi anche a lungo termine, quali la diffusione di razzismo e xenofobia e l’intensificazione dell’odio sociale.

L’Unione Europea e i suoi Stati membri, osserva Caritas Europa, continuano ad affrontare la crisi in corso concentrandosi principalmente sulle politiche economiche, a spese delle politiche sociali. Il risultato è però che le politiche

messe in atto stanno avendo un impatto devastante sui cittadini europei. Secondo Caritas Europa, «il fallimento dell’UE e degli Stati membri nel fornire sostegno alle persone che stanno vivendo queste difficoltà, nel proteggere i servizi pubblici essenziali e nel creare posti di lavoro, è probabile che prolunghi la crisi».

Un mercato del lavoro che esclude • Dal 2012 al 2013 il tasso di disoccupazione è passato dal 10,4% al 10,8% della popolazione europea in età attiva. Nell’Unione a 28 Stati (aprile 2014), erano più di 25 milioni i cittadini privi di lavoro (8,4 milioni in più rispetto al dato pre-crisi del 2008). Le persone più colpite sono quelle con bassi livelli di istruzione e i giovani (sono oltre 5 milioni i disoccupati sotto i 25 anni, pari al 22,5%). È aumentato dal 2012 al 2013 il fenomeno della disoccupazione di “lungo periodo”: nel 2013, il 49,4% dei disoccupati europei era tale da più di un anno (44% nel 2011). • Nei sette Paesi caso-studio tutti gli indicatori di disoccupazione sono molto superiori alla media europea: 16,9% il tasso di disoccupazione (10,8% valore UE28); 55,9% il tasso di disoccupazione di lungo periodo (49,4% UE28); 40,2% il tasso di disoccupazione giovanile (23,4% UE28). • Preoccupante l’esplosione dei Neet (Not in Education, Employment or Training) 1524enni nei sette Paesi caso-studio: mentre a livello UE28 il tasso dei Neet è pari al 13%, nei Paesi deboli il valore è superiore (18,1%), con l’Italia che conquista il triste primato di Paese dell’UE28 con il più elevato tasso di giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in attività di formazione. • La disoccupazione è particolarmente grave in Grecia: 27,3% la disoccupazione generale, 70,9% la disoccupazione di lungo periodo e 58,3% la disoccupazione giovanile. La Romania si distingue invece per bassi livelli di disoccupazione generale (7,3%), ma non


3

n. 14 • febbraio 2015

INDICATORI DI OCCUPAZIONE (2013) Tasso di disoccupazione (15-74 anni)

Disoccupazione di lungo periodo (% su disoccup. totale)

Disoccupazione giovanile (% pop. <25 anni)

Neet 15-24 anni

UE 28

10,8

49,4

23,4

13,0

Paesi caso-studio

16,9

55,9

40,2

18,2

Cipro

15,9

42,2

38,9

18,7

Grecia

27,3

70,9

58,3

20,6

Irlanda

13,1

62,0

26,8

16,1

Italia

12,2

58,6

40,0

22,2

Portogallo

16,4

57,8

38,1

14,2

Romania

7,3

47,9

23,6

17,2

Spagna

26,1

52,2

55,5

18,6

Fonte: Eurostat

di disoccupazione di lungo periodo (47,9%) e giovanile (23,6%). In Italia, nel 2013, il tasso di disoccupazione generale era inferiore alla media dei sette Paesi deboli (12,2%), ma superiore alla media europea, mentre la disoccupazione giovanile appare più grave della media europea (40% dei 15-24enni). • Dal 2012 al 2013 il tasso di occupazione nell’UE28 è rimasto stabile (68,4%), ma in costante calo rispetto al dato pre-crisi (70,3%). Nei sette Paesi caso-studio il tasso di occupazione è pari al 61,2%, inferiore rispetto alla media europea e lontano dalla situazione pre-crisi (69,2% nel 2008). • Anche se nei primi mesi del 2014, in alcuni Stati europei, il tasso di occupazione sembra mostrare segnali di ripresa, l’approfondimento dei dati indica una tendenza ad una precarizzazione del lavoro, ad una diminuzione delle ore lavorate, ad un incremento del tasso di lavoro part-time.

Povertà: a rischio uno su tre nei Paesi “deboli” In tema di povertà e di esclusione sociale, si evidenzia un’Europa a “due velocità”: alla fine del 2013 il 24,5% della popolazione europea (122,6 milioni di persone, un quarto del totale) era a rischio di povertà o esclusione sociale (1,8 milioni in meno rispetto al 2012). Nei sette Paesi presi in esame lo stesso fenomeno coinvolge il 31% della popolazione residente (+6,5% rispetto alla media UE28). L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4%). Il valore molto elevato della Romania (40,4%) dimostra come anche in presenza di alti tassi di occupazione la povertà possa comunque essere rilevante (in work poverty). • La deprivazione materiale: dal 2012 al 2013 la povertà “assoluta” è diminuita di poco, dal 9,9% al 9,6% della popolazione nell’UE. Tra i Paesi deboli il fenomeno è allarmante (16,1% nel 2012) e stabile (14,9% nel 2013), con punte massime in Romania (28,5%) e in Grecia (20,3%). • Nonostante l’incidenza della povertà “nel

lavoro”, il numero di persone che vive in famiglie quasi totalmente prive di lavoro è comunque aumentato in tutti i Paesi esaminati (fatta eccezione per la Romania): erano il 12,3% nel 2012 e sono diventate il 13,5% nel 2013 (la media UE28 era pari al 10,5% nel 2012 e al 10,7% nel 2013).

Molti tagli ai servizi sociali pubblici • Numerose situazioni di povertà o di esclusione sociale sono state provocate o aggravate dalle politiche di austerity messe in atto dai governi nazionali, in risposta alle richieste di contenimento della spesa pubblica sollecitate dall’Unione Europea. I tagli subiti nei servizi pubblici hanno pesato maggiormente sulla popolazione a rischio di povertà, priva delle risorse necessarie per compensare tali riduzioni di spesa. Alcune delle conseguenze sociali delle misure di austerity saranno misurabili solamente nel medio-lungo periodo, osserva Caritas Europa, in quanto molti tagli si sono abbattuti su servizi di tipo preventivo.

• Diverse le testimonianze delle Caritas nazionali sull’entità e gli effetti dei tagli. Nel settore dell’assistenza socio-sanitaria, dal 2012 al 2013, vi è stato un forte declino della spesa sanitaria procapite, soprattutto in Grecia (-11,1%) e in Irlanda (-6,6%). In Italia la riduzione è stata pari allo 0,4%. Aumenta il numero di cittadini europei che rinunciano a cure mediche essenziali, a causa della necessità di partecipare economicamente alla spesa (22,8% in media nei sette Paesi caso-studio). Tale fenomeno si riflette nella domanda sociale che giunge alle Caritas: nel corso del 2013, in Italia, il 10,5% degli utenti dei Centri di ascolto ha richiesto una prestazione assistenziale di tipo sanitario, altrimenti erogabile dal servizio pubblico (+6% rispetto all’anno precedente). • Altre conseguenze sono misurabili nel settore delle politiche educative/formative:

UN MONITORAGGIO DELLA CRISI INIZIATO NEL 2013 Prima del Crisis Monitoring Report 2015 Caritas Europa aveva già pubblicato due edizioni del Report di monitoraggio della crisi. A inizio 2013, il primo Monitoring Report era stato dedicato all’impatto della crisi e dell’austerity sulle popolazioni di cinque Paesi: Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna. La seconda edizione, pubblicata nel 2014, aveva centrato il suo focus sui costi umani della crisi invitando a giuste soluzioni e alternative ed estendendo l’analisi ad altri due Paesi dell’UE particolarmente colpiti dalla crisi quali Cipro e Romania. Il Report 2015 è dunque in continuità con il monitoraggio in corso dal 2013 e, come le due edizioni precedenti, si basa su studi, statistiche ed esperienze raccolti dalle organizzazioni nazionali di Caritas che nei sette Paesi interessati lavorano con le persone vulnerabili, rispondendo alle molte sfide che si pongono in ambito sociale e raggiungendo milioni di persone in difficoltà. Il focus di questi Rapporti è il costo umano della crisi e delle misure adottate dalle autorità, la messa a fuoco in particolare sulle tendenze in materia di occupazione, disoccupazione, povertà, grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro nei Paesi gravemente colpiti dalla crisi. Questi problemi rappresentano una preoccupazione crescente, non solo tra membri e affiliati Caritas ma anche tra Ong europee e nazionali, istituzioni, ricercatori e studiosi, cittadini. Il filo comune che lega i tre Report è evidente nelle conclusioni: la priorità data in questi anni alle misure di austerità, escludendo tutti gli altri approcci, non solo non ha portato a una soluzione della crisi ma ha provocato problemi sociali che avranno un impatto duraturo.


4

n. 14 • febbraio 2015

INDICATORI DI POVERTÀ ED ESCLUSIONE SOCIALE (2013) UE 28

Rischio di povertà o esclusione sociale

Rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali

24,5

16,7

Deprivazione materiale grave

Bassa Intensità di lavoro

9,6

10,7

Paesi caso-studio

31,0

19,2

14,9

13,5

Cipro

27,8

15,3

16,1

7,9

Grecia

35,7

23,1

20,3

18,2

Irlanda

30,0*

15,7 *

9,8 *

23,4 *

Italia

28,4

19,1

12,4

11,0

27,4

18,7

10,9

12,2

Portogallo Romania

40,4

22,4

28,5

6,4

Spagna

27,3

20,4

6,2

15,7

* 2012 Fonte: Eurostat

nonostante le evidenze scientifiche dimostrino il forte legame tra povertà e basso livello di educazione, in numerosi Paesi dell’UE sono stati effettuati dei tagli alle spese scolastiche e parascolastiche (sussidi per i libri scolastici, costo delle refezioni scolastiche, sostegno agli allievi con bisogni educativi speciali, ecc.). Questo tipo di tagli ha portato in alcuni casi alla riduzione della frequenza e ad un aumento della dispersione scolastica (si stima che in Romania, a causa dei forti tagli al budget scolastico e ai sussidi per l’istruzione, la popolazione scolastica sia diminuita del 9,4%, dal 2010 al 2014).

Ammettere il fallimento e ripensare la governance Dal monitoraggio svolto Caritas Europa trae alcune conclusioni, partendo dall’evidenza che «il processo in corso è economicamente infondato, oltre ad essere ingiusto». 1) Le prove raccolte in questo e nei precedenti Report portano Caritas Europa a concludere che la politica di austerità non funziona per l’Europa e per questo si sollecitano politiche alternative. Ciò si pone in netto contrasto con la narrazione tradizionale secondo cui le politiche di austerità coordinate dall’UE sono necessarie per la governance europea: «Quando

si esamina la situazione dal punto di vista delle persone vulnerabili è impossibile essere d’accordo» sottolinea Caritas. Ciò non significa che le riforme strutturali non siano necessarie, piuttosto che i leader europei devono riconoscere che l’attuale approccio sta fallendo in termini economici e sociali e che urge dunque una nuova strategia. 2) Nell’UE le priorità economiche hanno preso il sopravvento sulle priorità sociali e le istituzioni europee non riescono a comprendere il potenziale derivante da politiche volte a ridurre la povertà e l’esclusione sociale. L’insoddisfazione per l’attuale approccio, privo di equilibrio tra questioni economiche e sociali, è stato dimostrato dai cittadini con le elezioni del Parlamento europeo del 2014. Serve un nuovo approccio per realizzare l’Europa sociale promessa ai cittadini. 3) Esistono gravi lacune nei sistemi di protezione sociale di molti Paesi europei. Caritas Europa osserva come i sistemi di Welfare dovrebbe soddisfare almeno tre funzioni: l’investimento sociale (attraverso l’educazione, ad esempio), la protezione sociale (offrendo garanzie in tutto il ciclo di vita) e la stabilizzazione dell’economia (con gli ammortizzatori sociali). I sistemi di protezione, inoltre, aiutano a so-

stenere un grado di coesione sociale durante le crisi, ma la loro capacità di stabilizzazione è stata diminuita negli ultimi anni dalle varie misure adottate (in particolare dal 2010). Così molti lavoratori precari e giovani soffrono il doppio svantaggio di essere maggiormente vulnerabili alla disoccupazione e spesso privi di adeguata protezione sociale. Nel 2011, ricorda Caritas Europa, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di avviare una consultazione per esplorare la possibilità di una normativa per un sistema europeo di reddito minimo garantito, ipotesi supportata nel 2013 da un parere del Comitato economico e sociale europeo: «Con le evidenti carenze dei sistemi di protezione sociale in vari Paesi, i leader europei non dovrebbero continuare a ignorare questo problema» sostiene Caritas. 4) Deve essere trovata una soluzione equa alla crisi del debito. La trasformazione del debito bancario in debito sovrano deve essere riconosciuta come ingiusta e insostenibile e deve essere adottata una più equa ripartizione degli oneri, osserva Caritas Europa, secondo cui «deve essere affrontata la questione del rischio morale all’interno dei sistemi bancari europei, per evitare l’incentivazione a comportamenti sconsiderati». 5) È necessario che la leadership europea si assuma le responsabilità per il benessere dei cittadini più poveri e più vulnerabili. Ciò significa lavorare per rispettare gli obiettivi sociali concordati nella Strategia Europa 2020, fare in modo che le decisioni politiche siano prese considerando gli impatti a lungo termine e che siano sentiti i pareri dei cittadini e delle organizzazioni della società civile. «Si tratta – conclude Caritas Europa – di accettare il fallimento attuale, integrare le politiche economiche e sociali a livello comunitario e nazionale e forgiare un impegno a lungo termine per una società inclusiva, che a sua volta è necessaria per costruire un’economia veramente sostenibile». Caritas Europa


n. 14 • febbraio 2015

ITALIA: le risposte

Caritas IL PUNTO

L

e Caritas nazionali interpellate nel Crisis Monitoring Report 2015 da Caritas Europa offrono diverse forme di riposta alla crisi economica. In tutti i Paesi coinvolti, di fronte all’aumento delle domande di persone in difficoltà, si rileva innanzitutto l’erogazione di aiuto materiale, più evidente nel caso di Cipro, Romania e Grecia, mentre nelle Caritas più strutturate e di più antica istituzione (Spagna, Italia, Portogallo), l’azione di solidarietà materiale si accompagna ad attività di animazione pastorale, accompagnamento formativo, di studio e ricerca, sensibilizzazione, lobby e advocacy, ecc. In Italia, per far fronte all’incremento di domande rivolte ai suoi servizi Caritas si è impegnata in una vasta gamma di risposte in tutto il Paese. Rispetto al passato, però, il cambiamento delle domande è stato sia quantitativo che qualitativo: «Nei 2832 Centri di ascolto oggi un utente su due è italiano, ha perso il lavoro da poco, è sotto retribuito e ha un livello medio di istruzione» dichiarano i responsabili di Caritas Italiana, spiegando la necessità di creare progetti specifici per le diverse caratteristiche dell’utenza e le nuove forme di povertà. Così, i circa 28.000 volontari attivi nei Centri di ascolto delle 218 Caritas diocesane hanno aumentato le “iniziative speciali”, passate da 570 nel 2010 a 1148 oggi, cioè raddoppiate in quattro anni: «Vuol dire cinque progetti in più per ogni Caritas diocesana» sottolinea Federica De Lauso, del Centro studi di Caritas Italiana.

Progetti innovativi per le nuove esigenze Microcredito a supporto di aziende e famiglie, fondi di solidarietà istituiti da vescovi,

sportelli di consulenza sul lavoro, market solidali dove fare spesa con una carta a punti per un budget e un tempo limitato, sono alcune delle nuove iniziative avviate dalle Caritas diocesane. «Ma vi sono iniziative ancora più sperimentali, attivate attraverso un lavoro di rete – aggiunge De Lauso – come il collegamento a Centri per l’impiego per la formazione di chi cerca lavoro e l’adozione da parte di famiglie di nuclei familiari bisognosi». Le Caritas italiane sono così diventate promotrici di occupazione attraverso voucher lavoro e banche del tempo e hanno attivato addirittura progetti di car-sharing e car-pooling. Complessivamente, segnala il Report di Caritas Europa, sono 139 in Italia gli sportelli diocesani di consulenza/orientamento al lavoro, mentre sul fronte casa risultano attivi servizi informativi presso 68 diocesi; gli empori solidali/botteghe di vendita sono presenti in 109 diocesi (+70%), mentre aumentano i progetti di taglio sperimentale o innovativo, passati da 121 nel 2012 a 215 nel 2013 (+77,7%).

Un fondo straordinario anticrisi Per finanziare tutte queste attività, nel 2013 Caritas Italiana ha attivato un “fondo stra-

5

ordinario anticrisi”, rivolto appunto a sostenere le Caritas diocesane nella realizzazione di interventi di contrasto alla crisi economica, nel settore dell’abitazione, del lavoro, delle spese di prima necessità, del sostegno al credito. Da giugno a dicembre 2013, il 76% delle Caritas diocesane ha presentato richiesta di rimborso per tali attività, per un importo pari a 5,6 milioni di euro. Fra le tipologie di spese sostenute prevalgono i contributi al reddito (che assorbono il 39,6% dell’ammontare complessivo di spese rimborsate), seguiti dall’acquisto di beni di prima necessità (32%). Al Sud hanno prevalso nettamente le spese destinate alla costituzione di fondi di garanzia presso istituti bancari per la realizzazione di attività di microcredito, all’erogazione di contributi al reddito e per il sostegno alle esigenze abitative. Al Nord risultano invece prevalenti le spese per i voucher lavoro.

Nuovi servizi basati sulla reciprocità La necessità di servizi innovativi creati dalle Caritas deriva appunto dalla diversa tipologia di persone a cui sono indirizzati. Non tutte le persone e le famiglie in difficoltà finanziaria si rivolgono a enti di beneficenza o ad altri soggetti simili, per cui i nuovi servizi tendono ad attrarre diversi gruppi sociali e i “nuovi poveri”. Data la particolarità dei casi e dei servizi erogati, spesso non è tanto l’aspetto economico il più importante quanto quello relazionale, basato sulla reciprocità, che mira soprattutto al vantaggio sociale per l’utente. In molti casi, le attività tradizionali e innovative delle Caritas sono svolte simultaneamente, con le stesse famiglie che possono essere coinvolte in interventi innovativi e anche essere aiutate con l’assistenza tradizionale. Lo scopo principale dei progetti innovativi, sottolinea il Crisis Monitoring Report 2015, è quello di attirare persone che altrimenti potrebbero non entrare in contatto con le Caritas. Caritas Italiana

VALUTARE L’IMPATTO SUI POVERI DEI TAGLI “ANTI-CRISI” Le misure di austerità “anti-crisi” messe in atto nell’UE hanno incrementato il tasso di indigenza nei Paesi del Sud Europa, osserva il Crisis Monitoring Report di Caritas Europa. Quali le principali ricadute in Italia? «In particolare l’aumento dell’IVA ha colpito i più poveri In Italia» osserva Walter Nanni, responsabile dell’Ufficio Studi della Caritas Italiana. Secondo Nanni, alcuni tagli ai servizi sanitari sono stati da subito evidenti nelle strutture Caritas e altri saranno visibili tra alcuni anni. In particolare, evidenzia Nanni, oggi il 10% degli utenti Caritas chiede servizi sanitari che pochi anni fa erano forniti dallo Stato. E ancora: «Le conseguenze dei tagli all’istruzione si vedranno invece tra qualche anno» ha aggiunto il responsabile dell’Ufficio Studi Caritas. Proprio per queste ragioni Caritas Europa esorta i responsabili politici dell’UE e degli Stati membri, quindi anche dell’Italia, a sottoporre ciascun provvedimento al «poverty proof», cioè ad una valutazione dell’impatto che i provvedimenti pubblici hanno sulle persone in maggiori difficoltà.


6

n. 14 • febbraio 2015

Un Paese in difficoltà I DATI

I

n Italia quasi un quarto delle famiglie vive una situazione di disagio economico, per un totale di 14,6 milioni di persone: lo sottolinea l’Istat nel Rapporto Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, pubblicato il 19 febbraio 2015. Il 23,4% delle famiglie residenti in Italia nel 2013 presentava infatti almeno tre delle difficoltà considerate (il 12,4% quattro o più), con differenze marcate tra i diversi indicatori: il 2,6% delle famiglie residenti dichiarava di non potersi permettere l’acquisto di una lavatrice, un televisore a colori, un telefono o un’automobile, mentre il 50,4% non poteva permettersi una settimana di vacanza lontano da casa. Circa il 19% delle famiglie dichiarava poi di non riuscire a riscaldare adeguatamente l’abitazione e il 14,5% di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni. Il 12% delle famiglie è rimasto in arretrato con almeno un pagamento tra mutuo, affitto, bollette o debiti diversi dal mutuo, mentre il 40,5% non riuscirebbe ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro. Il panorama regionale mette in evidenza il forte svantaggio dell’Italia meridionale e insulare, con valori più che doppi rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, le famiglie deprivate sono il 40,8% di quelle residenti, contro il 15,4% del Nord-ovest, il 13,1% del Nordest e il 17,3% del Centro. In generale osserva Istat, come altre dimensioni del disagio anche la deprivazione mostra una forte associazione con il territorio, la struttura familiare, il livello di istruzione e la partecipazione al mercato del lavoro. Il valore dell’indicatore è notevolmente più elevato tra le famiglie con cinque componenti o più (34,1%), residenti nel Mezzogiorno (40,8%), con tre o più minori (35,8%), tra le famiglie che vivono in affitto (41,7%). La maggioranza delle famiglie residenti in Italia (circa il 62%) ha poi registrato nel 2012 un reddito netto inferiore all’importo medio annuo (29.426 euro, pari a circa 2452 euro al mese). Considerando anche il valore mediano, il 50% delle famiglie ha percepito meno di 24.215 euro annui (2018 euro mensili). Complessivamente, secondo le rilevazioni Istat 2013, in Italia vive condizioni di povertà relativa il 12,6% delle famiglie (3,2 milioni) e il 16,6% della popolazione, cioè poco più di 10 milioni di persone. La povertà assoluta coinvolge invece il 7,9% delle famiglie, per un totale di circa 6 milioni di individui. Noi Italia - Istat

INCIDENZA DELLA POVERTÀ RELATIVA, PER REGIONE ANNI 2005-2013 (PER 100 FAMIGLIE RESIDENTI) REGIONI RIPART. GEOGRAFICHE Piemonte Valle d’Aosta Liguria Lombardia Trentino-Alto Adige/ Südtirol Bolzano/Bozen Trento Veneto Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Nord-ovest Nord-est Nord Centro Centro-Nord Mezzogiorno

Italia

2005

2008

2009

2010

2011

2012

2013

7,1 6,8 5,2 3,7

6,1 7,6 6,4 4,4

5,9 6,1 4,8 4,4

5,3 7,5 6,9 4,0

5,9 4,3 6,2 4,2

7,3 8,7 6,0 8,1

5,7 7,1 6,6 6,4

5,1

5,7

8,5

7,6

6,7

6,0

4,3

4,0 6,1 4,5 7,2 2,5 4,6 7,3 5,4 6,8 11,8 21,5 27,0 19,4 24,5 23,3 30,8 15,9 4,9 4,1 4,5 6,0 5,0 24,0

5,7 5,8 4,5 6,4 3,9 5,3 6,2 5,4 8,0 15,4 24,4 25,3 18,5 28,8 25,0 28,8 19,4 5,1 4,6 4,9 6,7 5,4 23,8

7,1 9,7 4,4 7,8 4,1 5,5 5,3 7,0 6,0 : 17,8 25,1 21,0 25,1 27,4 24,2 21,4 4,9 5,0 4,9 5,9 5,2 22,7

9,5 5,9 5,3 5,6 4,5 5,3 4,9 8,5 6,6 14,3 16,0 23,2 21,1 28,3 26,0 27,0 18,5 4,7 5,2 4,9 6,3 5,3 23,0

10,4 3,4 4,3 5,4 5,2 5,2 8,9 5,2 7,1 13,4 18,2 22,4 22,6 23,3 26,2 27,3 21,1 4,9 5,0 4,9 6,4 5,4 23,3

7,8 4,4 5,8 6,1 5,1 6,8 11,0 8,6 6,3 16,5 20,5 25,8 28,2 24,5 27,4 29,6 20,7 6,6 5,6 6,2 7,1 6,5 26,2

3,7 4,9 6,6 6,1 4,5 4,8 10,9 8,4 8,5 15,5 19,6 23,1 23,9 22,9 32,4 32,5 24,8 6,3 5,5 6,0 7,5 6,4 26,0

11,1

11,3

10,8

11,0

11,1

12,7

12,6

: dato non disponibile. Fonte: Istat, Noi Italia 2015

FAMIGLIE IN CONDIZIONE DI DEPRIVAZIONE, PER REGIONE ANNI 2005-2013 (PER 100 FAMIGLIE RESIDENTI) REGIONI RIPART. GEOGRAFICHE Piemonte Valle d’Aosta/ Liguria Lombardia Trentino-Alto Adige/ Südtirol Bolzano/Bozen Trento Veneto Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Nord-ovest Nord-est Centro Centro-Nord Mezzogiorno

Italia

2005

2008

2009

2010

2011

2012

2013

7,3 5,9 9,6 6,0

12,3 7,4 10,2 8,2

11,1 : 7,1 9,0

11,7 : 7,3 9,1

17,5 7,2 13,8 17,2

16,3 11,9 20,6 17,1

12,2 16,2 18,0 16,4

4,9

6,4

6,0

7,0

8,0

10,2

7,7

6,7 : 10,6 8,8 7,3 8,1 10,6 10,1 12,3 14,9 12,0 28,5 25,3 18,7 31,0 34,1 18,8 6,8 8,6 10,5 8,4 27,3

7,5 : 9,9 10,3 9,5 10,7 12,1 12,0 15,8 13,4 10,6 27,4 25,3 23,3 26,1 32,9 24,2 9,6 9,5 13,4 10,7 26,6

: : 9,3 11,4 9,5 10,2 13,7 10,6 16,6 14,9 16,7 25,0 23,3 22,2 23,6 33,1 21,3 9,3 9,3 13,5 10,5 25,3

4,6 9,2 10,1 11,0 10,2 12,0 13,3 12,5 15,4 16,1 12,7 29,5 23,1 20,4 23,2 31,8 18,5 9,6 10,0 13,8 10,9 25,8

8,4 7,6 11,2 16,3 13,0 16,8 14,1 23,8 18,5 22,3 25,9 35,0 40,4 40,1 35,6 47,7 25,2 15,2 12,2 18,3 15,2 37,6

8,8 11,5 13,0 18,7 13,4 18,6 20,2 25,2 22,9 19,8 21,8 37,3 49,3 31,9 39,0 53,2 23,7 17,2 13,5 21,6 17,4 41,0

: 10,6 12,1 17,0 14,1 12,5 20,7 24,5 18,1 25,0 31,6 38,8 43,0 36,5 38,8 50,2 32,3 15,4 13,1 17,3 15,3 40,8

14,5

15,8

15,3

15,7

22,3

24,9

23,4

: dato non disponibile. Fonte: Istat, Noi Italia 2015


n. 14 • febbraio 2015

7

Iniziative delle Caritas diocesane

“fa bene”: a TORINO

un’azione sociale di sistema Attorno all’Osservatorio Caritas è nato un progetto di “nuovo Welfare” che produce sviluppo economico e sociale

A

Torino, in tre mercati rionali della città è attivo il progetto “fa bene.”, un’azione sociale di sistema nata da meno di due anni con l’obiettivo di recuperare le eccedenze alimentari invendute e le donazioni spontanee degli acquirenti all’interno dei mercati rionali e di gestirne la redistribuzione a famiglie in difficoltà economica, in cambio di azioni di “restituzione” nella comunità locale. Questo progetto ad oggi coinvolge 45 famiglie, 70 commercianti, conta 20 azioni di restituzione, 2000 consegne e circa 4000 ore di presenza sul mercato. A differenza di altre iniziative di recupero di alimenti invenduti o di donazioni alimentari ai bisognosi, “fa bene.” presenta alcune caratteristiche particolari. La prima concerne il “patto di reciprocità” che sancisce il ruolo attivo dei vari attori all’interno del processo: in particolare, le famiglie sostenute dal progetto sono chiamate a “restituire” nella comunità tempo, lavoro e capacità, superando le logiche tradizionali di assistenzialismo e favorendo il reinserimento sociale e professionale. La seconda caratteristica riguarda l’“approccio sistemico”, in cui le interazioni dei vari soggetti generano un beneficio collettivo per la comunità, l’accesso ad alimenti sicuri, nutrienti e freschi, anche per quelle famiglie che a causa di problemi economici sarebbero costrette a compiere scelte alimentari meno equilibrate. Infine, ma non meno importante, la ricerca della “sostenibilità”, massimizzando l’impatto sociale e le ricadute positive sull’ambiente.

Progetto in evoluzione L’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Torino ha dato credito a questo progetto, aiutando i protagonisti a svilupparlo. La cooperativa Liberi tutti ha curato la coesione comunitaria, l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e i rapporti con i servizi sociali, mentre l’associazione Plug creativity ha ideato il progetto in termini comunicativi e di collaborazione con i commercianti sulle donazioni di prossimità e sull’invenduto. Attraverso un’azione sperimentale nazionale di Caritas Italiana nell’ambito delle “azioni di sistema anticrisi” il progetto ha otte-

nuto un primo contributo finanziario. Ne è nata una co-progettazione, sottoposta a valutazione positiva, e successivamente una ricerca di partner e sponsor che ha portato al coinvolgimento di Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt, un consorzio di cooperative specializzate in politiche attive del lavoro. In collaborazione con l’agenzia Onu per il lavoro che ha sede a Torino (Torino Social Innovation) il progetto è stato candidato al ministero del Lavoro per una progettazione EaSI Progress, al fine di sperimentarlo come presidio di economia di comunità. Ora è candidato per il Programma Operativo Nazionale (PON) Città metropolitane. In occasione della recente presentazione italiana del Crisis Monitoring Report 2015 di Caritas Europa, “fa bene.” è stato segnalato

come uno dei progetti maggiormente innovativi che coinvolgono Caritas nella ricerca di soluzioni di lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Un’azione generativa «In due anni, siamo partiti da un piccolo progetto sperimentale e ne stiamo facendo una politica. Questo mi dà speranza, questo è generare non innovare» dichiara Tiziana Ciampolini, dell’Osservatorio povertà e risorse di Caritas Torino e della Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta. L’Osservatorio, spiega Ciampolini, «è il luogo in cui tutte le informazioni che salgono dalla realtà, dai territori e dai Centri di ascolto vengono elaborate, osservate, rilette, comprese, trasformate in possibili soluzioni. È uno spazio di sospensione dell’azione routinaria. A Torino è diventato anche uno spazio di sperimentazione, in cui si testano iniziative e si cercano soluzioni. Quelle che funzionano vengono messe a sistema». Così si è realizzato e sviluppato “fa bene.”, grazie al supporto dell’Osservatorio e alla credibilità di Caritas: «Caritas è sempre stato un soggetto istituzionale affidabile e credibile. Si occupa di povertà e quindi va al sodo dei problemi. Nella maggior parte dei casi, poi, Caritas coordina iniziative non le gestisce in prima persona. Crea visioni d’insieme più che di parte, mette insieme risorse, capitali di capacità, risorse economiche. Fa il moltiplicatore di pani e di pesci». Osservatorio Caritas Torino

IL PROGETTO “FA BENE” A TUTTI Il target a cui si rivolge il progetto “fa bene.” non è costituito unicamente dalle famiglie in difficoltà che attraverso l’implementazione del progetto possono accedere a cibo fresco in cambio di attività di “restituzione”. Per i commercianti la spesa solidale genera aumento delle vendite, rafforza la coesione con l’acquirente e permette di beneficiare di un ritorno di immagine positivo, contrastando il calo delle vendite subito negli anni a causa delle dinamiche della grande distribuzione. Gli operatori e gli addetti alla logistica hanno un tornaconto diretto in quanto il progetto permette di attivare contratti di lavoro o forme di sostegno al reddito. Le associazioni del territorio sono chiamate a dare sostegno all’iniziativa divulgando e sostenendo il progetto, adempiendo così alla funzione sociale che le identifica. La comunità tutta beneficia infine delle azioni di “restituzione” e quindi di risorse in termini di tempo e capacità, nonché di un rafforzamento dei legami umani. fa bene.


8

n. 14 • febbraio 2015

L’OPINIONE di don Giovanni Perini *

C

onsultando in questi giorni il Rapporto di monitoraggio della crisi pubblicato da Caritas Europa, con umorismo nero si potrebbe citare il proverbio: «Quando il rimedio è peggiore del male»! Se di rimedio si può parlare. Infatti, si ha l’impressione che poco o troppo poco gli Stati abbiano fatto per contrastare l’avanzamento della povertà. In Europa le persone a rischio povertà sono 124,4 milioni, dato che corrisponde ad un quarto della popolazione. Anche in Italia le persone a rischio povertà sono una su quattro. Eppure c’è da rimanere confusi sulla contraddittorietà tra le dichiarazioni ufficiali, per cui saremmo in presenza di una timida ripresa e di nuovi posti di lavoro, e le analisi, oltre che le esperienze dirette dei Centri di ascolto Caritas, raccolte negli studi nazionali ed europei di Caritas. La disparità è dovuta al fatto che non solo la ripresa rimane ancora più un auspicio che una realtà e riguarda nicchie ristrette di settori, ma denuncia in effetti un fenomeno che ci trascina indietro nel tempo, quando la società era molto disuguale e al suo interno convivevano grande ricchezza e grande povertà. In realtà, il primo frutto della povertà è di fare una scelta all’interno della società e come dice (in altro senso) il Vangelo «alcuni sono presi, altri lasciati». Quando apprendiamo della quantità di capitali che tornano o rimangono all’estero e che appartengono a un numero ristrettissimo di persone, abbiamo la prova di vivere in una società “a due velocità”.

La realtà è superiore all’idea Ma come dice don Soddu, Caritas Italiana – per sua natura – non esprime una posizione propria: riassume le preoccupazioni e le aspettative che le chiese locali di questo Paese hanno maturato, a partire dal Magistero della Chiesa, tentando di offrire prospettive di giustizia e di speranza, con l’umiltà di coloro che si sentono a servizio, senza la presunzione di quanti si considerano maestri. Non parliamo, quindi, a partire da convincimenti personali, ma piuttosto da una condivisione quotidiana con quanti vivono condizioni di disagio nelle nostre città, nei nostri paesi; non deducendo da una qualche ideologia o idea le nostre propo-

Superare la povertà

ricostruendo una

coscienza del

“NOI”

ste, ma da una sensibilità maturata nell’ascolto e nella compagnia ai poveri di questo Paese; certamente avvalendoci delle competenze di quanti operano sul piano scientifico in questo ambito, ma condividendo il principio espresso da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: «La realtà è superiore all’idea».

Doveri di cittadini e di cristiani Cosa possiamo fare noi cittadini, a cui sta a cuore il bene di tutto il Paese, e cristiani, a cui sta a cuore la sorte dei più deboli? Innanzitutto chiedere allo Stato di prendere in considerazione il reddito minimo di inclusione, non come soluzione alla povertà, ma come argine contro un ulteriore scivolamento nella miseria e come antidoto al venir meno della dignità delle persone obbligate dalla loro situazione a esporsi, a chiedere e a dipendere. In secondo luogo è necessario che si faccia opera di convinzione contro la diffusione del gioco d’azzardo, che è dimostrato sia una delle cause della povertà o della condizione di permanenza nella povertà. Lo Stato non può dichiarare guerra alla povertà e allo stesso tempo guadagnarci sopra! In terzo luogo, e questo è proprio del compito delle Caritas, dobbiamo riequilibrare nei nostri interventi l’emergenza e la quotidianità, come suonava il titolo di un Congresso annuale Caritas.

Indirizzare alla soluzione dei problemi Già lo sappiamo che l’emergenza fagocita tutte le energie, dà l’illusione di risolvere i problemi per un minuto e poi puntuale si ripresenta a chiedere il conto. È evidente che l’emergenza è tale perché non è prevedibile, è poco governabile e non dipende da noi. Ciò nonostante, sarebbe utile darsi del tempo per visioni più a lunga scadenza, per prospettive che durino nel tempo e che abbiano la caratteristica di indirizzare alla soluzione dei problemi. Sono scelte difficili da fare, ma dubito che possiamo dilazionarle, senza venir meno a un pezzo importante del nostro compito a cui è direttamente collegato quello di animare, coscientizzare, rendere consapevoli e responsabili altre persone e altre comunità. Tra i temi che esigono riflessione e presa in carico spicca per primo quello dell’etica sociale o se si vuole più semplicemente del senso dell’appartenenza ad una società, che nel nostro Paese è stato travolto dall’interesse personale, dall’arraffamento di ogni occasione di arricchimento a spese della collettività, dove tutto quello che è pubblico non gode di una minima attenzione e rispetto. Anche questo è causa e frutto di povertà e si supera solo ricostruendo una coscienza del “noi”. * Teologo, direttore Caritas Diocesana Biella


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.