Giuseppe Grassano, Il paese dei campanelli. PROMO

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Tutto comincia con la scuola. Con il suono di una campanella (come si usava un tempo). Perché ci si conosceva e, forse, si cominciava a scoprire il mondo. Nelle persone, negli incontri, nelle esperienze piccole e grandi. Si può anche tornare lì, sui banchi (o sulle cattedre) di una volta per trovare, se ci si riesce, qualche risposta o per rimettere in moto emozioni, ricordi e qualche nostalgia.

Giuseppe Grassano

Giuseppe Grassano IL PAESE DEI CAMPANELLI

IL PAESE DEI CAMPANELLI

Giuseppe Grassano è stato insegnante di Lettere nelle Scuole superiori. Si è occupato di critica letteraria, con saggi su Beppe Fenoglio, Primo Levi, Marcello Venturi, Luigi Meneghello. Ha collaborato alla rivista Otto/Novecento e con l’Isral (Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea) di Alessandria, con ricerche sulla Resistenza, sulla deportazione italiana e sulla didattica della Storia. Nel 2018 ha pubblicato il romanzo Perdersi nel bosco, Primo Premio Assoluto Editoria di qualità alla Fiera della Microeditoria di Chiari.

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Le impronte XXXII I Racconti del Territorio


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ISBN 978-88-6679-296-3 2


Giuseppe Grassano

IL PAESE DEI CAMPANELLI

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A Maria Grazia e a Pietro.

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IL PAESE DEI CAMPANELLI

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Si sceglie arbitrariamente un certo momento dell’esperienza dal quale guardare indietro, o dal quale guardare in avanti. Graham Green, Fine di una storia

Ma se non c’è più quel tempo, se non esiste, si può dire cos’era, com’era? Claudio Magris, Tempo curvo a Krems

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RACCOGLIERE FIORI

N

on l’aveva sentita entrare. Seduto al tavolo davanti alla finestra, chino sul foglio, sembrava tutto preso da quello che scriveva. Spesso si interrompeva, alzava leggermente il capo, guardava fuori assorto per un momento, poi quasi con rabbia tirava un frego sulla riga appena vergata e riprendeva. Arrivò alle spalle del marito, silenziosamente. Si era certo accorto del suo arrivo, ma non si mosse. Lei rimase a guardarlo e finalmente fece rumore inducendolo ad alzare la testa. Lui le sorrise, ma sembrava ancora assente. Lontano. – Scrivi ancora della scuola? – chiese. Non era necessario aspettare una risposta. Erano giorni che sul tavolo vedeva fogli quasi ingialliti o spiegazzati, fotografie con file di volti di ragazzi, vecchie agende, persino qualche dischetto preistorico, floppy si chiamava?, emerso dal cassetto in basso della scrivania. Era ciò che rimaneva, le “reliquie” degli anni di insegnamento. Li lasciava dispersi attorno alla macchina da scrivere e lei, quando entrava nello studio per pulire e mettere in ordine, si guardava bene dal mettere le mani su quelle cose. Perché il suo, diceva, era un disordine ordinato. Almeno per lui. Lei tuttavia curiosava, indugiava a leggere qualcosa di quei fogli, a guardare quelle fotografie cercando di riconoscere luoghi o persone. – Dunque continui a cercare di raccogliere i tuoi fiori. Forse non ne vale la pena. Anche perché mi sembra che ti pesi come una fatica fisica ritornare a quegli anni. E non sono poi nemmeno così lontani. Non è inutile? – Non sono fiori. O, se lo sono, almeno non sono ancora sfioriti del tutto – rispose lui e raccolse i fogli sparsi sul tavolo picchiandoli leggermente sul piano di legno per pareggiarli bene. Erano già un bel mazzetto. – Sono ricordi. Tanti. Ma non solo. Forse è per questo che vado lento e fatico a mettere tutto insieme. 7


– Ne sono convinta – replicò con un tono indulgente la moglie. – Basta guardare il cestino con i fogli buttati. Ne vale proprio la pena? Non ne capisco bene il significato. – Poi raccogliendo dal tavolo una fotografia e guardandola segnava col dito facce di ragazzi e sorrideva: – È la nostra terza liceo. Guarda come eravamo! Tutto era diverso allora. Forse più bello. – La ripose con le altre tornando a guardarlo come se aspettasse un suo commento che non arrivò. – A me basta averne il ricordo. In testa. Nel cuore – aggiunse ancora e la parola fu pronunciata quasi con ritegno – Anche senza mettere tutto su un foglio e lambiccarsi per trovare una parola o un’immagine acuta. Per chi poi? – Di questo ti meravigli? Non ho passato tutta la vita con la penna in mano a scrivere, a leggere parole? – ribatté quasi con disappunto. – A correggere svarioni, magari, nei lavori dei tuoi ragazzi. Anche se eri abbastanza conciliante. Non ricordi? – Come farle capire che, ora che era cambiato tutto nella sua vita, gli sarebbe piaciuto ripensare al suo lavoro passato e ritrovare volti, persone e riuscire a dar loro un suono, una voce. Dare la parola. Scritta. Erano parecchi anni di lavoro, lo sapeva pure lei, che però, giorno dopo giorno pareva che si aggrovigliassero in un mucchio unico, appiattendosi. Confondendosi insieme. Per questo desiderava mettere un poco d’ordine, riuscire a tenerli freschi. Appunto come fiori, se ricordava la sua battuta. La moglie non sembrava condividere del tutto quest’ansia. Capitava a tutti, non lo sapeva forse?, di accorgersi che andando indietro nel tempo molte cose, tanti fatti sbiadiscono, come se si fossero consumati. E che quando cerchiamo di rimetterli in ordine o almeno di recuperare certe sensazioni, spesso non ci riusciamo del tutto. O addirittura senza accorgercene li cambiamo a poco a poco. Aggiungiamo qualcosa o lasciamo qualcos’altro. Era un fatto naturale, obbligato. – Certo. Hai ragione. Allora? – reagì. – Non è bello comunque rimettere insieme, recuperare oltre i limiti di una memoria che finisce per fare vedere le cose come attraverso un vetro che si appanna sempre più? 8


– E poi, non sei tu che, come una ragazzina – il discorso poteva essere per lui concluso – tieni una specie di diario dove, con l’aggiunta di qualche breve commento, segni le mete dei nostri viaggi, i musei visitati, persino i piccoli episodi gioiosi che abbiamo vissuto. Perché lo fai? – Si rendeva conto di avere sferrato una specie di colpo basso perché sapeva quanto la moglie tenesse a quell’abitudine forse infantile, che le permetteva di riandare a giorni spensierati senza sbagliare, con evidente soddisfazione, una data né confondere il nome di una località. Sua moglie sorrise. Si avvicinò e senza dire una parola lo abbracciò circondandogli le spalle e poi gli passò leggera la mano sui capelli, una carezza che significava che aveva capito. Gli vennero a mente, e lo disse alla moglie, i racconti che sua madre amava fare di certi anni della guerra. Come li aveva vissuti lei con i figli ancora piccoli e il marito lontano. Erano stati i suoi anni eccezionali, difficili, eppure quasi rimpianti a giudicare dal tono e dalla passione con cui ne parlava. Ricordò che più di una volta, come incantato dal raccontare di quella donna dagli occhi grigi che sembravano scintillare e dalle mani nodose che non sapevano stare ferme accompagnando le parole, aveva esclamato: – Peccato che tu non abbia voluto scrivere queste cose. Metterle sulla carta. Io forse conoscerei meglio il mondo che ti stava attorno e anche i tuoi nipoti saprebbero come sono andate queste cose. – L’espressione del suo viso allora cambiava, sembrava che le rughe fitte e profonde si distendessero nel sorriso soddisfatto. Erano parole che le facevano piacere, forse perché si accorgeva che il suo racconto non era giudicato la consolazione o il vizio di una vecchia che sa guardare solo indietro nel tempo. Poi, tutte le volte, dopo un poco, facendo un gesto ampio di noncuranza, gli rispondeva, quasi scusandosi, che erano cose da vecchi, di gente e tempi ormai cancellati. Scriverne? Non ne sarebbe stata capace. Avrebbe sciupato tutto. Questo doveva toccare a chi aveva studiato. Come lui. Anche se era sicura che non sempre basta scriverne, usare la penna, perché tante delle cose che aveva visto non sarebbero certo riuscite a stare in una 9


parola, in un libro. La violenza, la paura della gente, tanta paura, e la miseria, la fame e certi sentimenti che aveva provato. Anche qualche momento di piacere, essere, sentirsi liberi, perché c’era pur sempre la guerra. E vedere i figli venire grandi. Come si fa a mettere tutto questo nella pagina di un libro? Quella donna che si sentiva ormai “in scadenza”, come amava dire di sé con una specie di ironico vezzo, sembrava acquistare vivacità e arguzia quando rievocava un passato che appariva oramai lontano tanto da assumere quasi i contorni di una favola. Non aveva bisogno di scriverlo. Ora che lei non c’era più, sentiva come una perdita il non potere ascoltare i suoi racconti. Gli sembrava di avere perduto qualcosa di importante, un mondo era scomparso. E anche era svanita la possibilità di mettere con il suo aiuto al loro posto nel tempo trascorso uomini che in qualche caso aveva conosciuto anche lui, di riconoscere avvenimenti e abitudini, persino di ricostruire parentele lontane, vincoli perduti. Pur con tutte le imprecisioni e le riserve che persino sua madre confessava talvolta con i suoi “se ricordo bene”, “forse sbaglio, ma mi pare che…”. Erano gli alibi della dimenticanza? Oppure significava che ogni volta ricostruiva, rifaceva le cose come se fossero nuove. Se lo era chiesto in qualche circostanza, anche perché si era accorto che sembrava scovare sempre maggiori particolari, nuovi risvolti in ciò che tornava a narrare. – Sì, hai ragione – lo interruppe sua moglie. – Quando tua madre raccontava di quegli anni e anche della tua infanzia, e a lei piaceva farlo, lo faceva spesso, aggiungeva sempre qualcosa di nuovo, anche solo minuzie che sembravano trascurabili. Io però godevo a sentirla – aggiunse infine quasi con timidezza, sottovoce – perché mi sembrava di averti conosciuto prima ancora di incontrarti. – Però poi, come se volesse spiegarne la ragione, gli domandò se non fosse quasi una regola obbligata questa dell’allargare, del precisare o persino del modificare quando si racconta qualcosa magari per la centesima volta. Forse senza accorgercene lo cambiamo a poco a poco. Aggiungiamo qualcosa o lasciamo qualcos’altro. Sono 10


forse i ricordi che crescono con noi e si modificano? Che vogliono essere reinventati? – Alla fine, però, non mi hai spiegato perché scrivi di queste cose. – Era tornata all’inizio del discorso, e aveva ragione perché era lì che stava il vero problema. – Voglio dire che capisco bene che non è solo nostalgia e non vuoi raccontare semplicemente come eri, quello che hai fatto. Pensi ad altri effetti? – La domanda rimase senza risposta. Lui riprese in mano il mazzetto di fogli. Pescò dal piccolo contenitore di plastica vicino alla lampada una graffetta per tenerli uniti. Ci avrebbe pensato. Chissà se poteva riuscire a darsi una spiegazione convincente. E offrirla anche a sua moglie, che gli passò ancora una volta la mano nei capelli un poco arruffati aspettando che si alzasse e uscisse con lei dallo studio.

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IL FIOCCO DI NEVE

S

’era svegliato quando l’orologio segnava ancora un’ora notturna, ma dalle persiane filtravano righe di luce diafana come se fosse già giorno. Sentiva il respiro tranquillo della moglie addormentata accanto a lui. Badando a non fare rumore s’era alzato dal letto, aveva raccolto le sue cose per andare a vestirsi nella camera accanto. Non doveva rischiare di svegliarla, lei poteva continuare a dormire ancora, prima che arrivasse Giovanna ad aiutarla a cominciare la sua giornata. Voleva uscire prima del solito per recarsi a piedi al lavoro. Ma aveva ancora tanto tempo e dopo avere scostato la tenda, si era incantato a guardare dalla finestra le case, i cortili e le strade in quel febbraio freddo e ricco di neve come non si ricordava ce ne fossero stati. Nella notte la temperatura doveva essere scesa di molto. La neve caduta nei giorni precedenti s’era indurita ed era diventata una crosta brillante nella luce grigia del mattino. La via, dove erano passati più volte gli spazzaneve ammucchiando un’onda bianca ai lati, sembrava coperta da una pellicola gelata. Le macchine procedevano ad andatura lenta, prudente. Come scivolassero. Meglio andare a piedi, anche se camminare diventava talvolta un gioco da equilibristi per tenersi diritti. I rari passanti che vedeva dalla finestra procedevano attenti e circospetti. Sembravano muoversi su qualcosa che poteva rompersi all’improvviso. Sul portone di fronte apparve un uomo intabarrato. Era il dottor Colizzi, direttore della Banca Popolare della città vicina, metodico, abitudinario, puntuale, sempre il primo ad uscire per andare in ufficio. Ogni volta, quando lo vedeva attraversare il cortile e dirigersi verso la sua auto, Paolo sapeva dire che ora era, quanto tempo rimaneva a lui per prepararsi e uscire a sua volta. Ma quella mattina di neve era veramente fuori orario, cioè troppo in anticipo. La nevicata lo aveva convinto, in previsione della difficoltà a muoversi, ad anticipare nella sua tabella di marcia quotidiana. 268


Lo guardò accostarsi alla sua auto, armeggiare a lungo per aprire la portiera certo inceppata dal freddo e finalmente riuscire nell’operazione. Mise dentro il busto e ne uscì con in mano un aggeggio per togliere la patina gelata dal parabrezza. Operazione faticosa e fastidiosa a giudicare dalle molte soste che il signor Colizzi fu costretto a fare. Finalmente scomparve nell’abitacolo e raspò a lungo con la messa in moto. Adesso imballa il motore, pensò Paolo che dalla finestra con la tazzina in mano assisteva al piccolo spettacolo. Infine una piccola nuvola nera s’alzò dalla coda della macchina e il motore prese a girare. L’auto si mosse, ma Colizzi lavorò male con la frizione e l’acceleratore, perché l’auto balzò in avanti e poi sembrò pattinare di lato prima di arrivare sulla strada. – Il fondo è gelato, dottore. Attenzione – mormorò Paolo, tornando al suo caffè. Il piccolo spettacolo era finito e si sentì come quei vecchi pensionati, ma lui non lo era ancora, che guardano dalla loro panchina la gente che passa, chi ha fretta e chi no, le auto che intasano la strada, i treni che passano. Doveva aggiornare l’immagine: anche le auto che faticano a partire d’inverno fanno spettacolo. Doveva affrettarsi nei preparativi. Era meglio che pure lui partisse con qualche anticipo vista la giornata. Sorrise finendo il primo caffè della giornata. Le previsioni meteorologiche che uscivano dalla radio che sfrigolava in cucina davano altra neve in arrivo. Gli era sempre piaciuta la neve. Mutava a poco a poco le cose intorno, le rendeva diverse immergendole in una luce più intensa, trasformava i colori e i loro contrasti, attutiva i rumori. Era bello muoversi dentro il mondo di sempre che sembrava diverso per le orecchie e per gli occhi. Non era una neve soffice e leggera quella che guardava dalla finestra. La neve che invitava ai giochi e a fare a palle di neve, la neve che ricordava, della sua infanzia. Cercò le scarpe alte invernali, il giaccone impermeabile e il suo berretto da montagna di lana spessa, che lo faceva sembrare ridicolo e goffo, come lo prendeva in giro suo figlio, quando andavano insieme a sciare. Quanti anni erano passati da allora? 269


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INDICE

IL PAESE DEI CAMPANELLI RACCOGLIERE FIORI .......................................................... 7 LE FIGLIE DEL BIDELLO .................................................. 12 L’INCARICO ............................................................................. 44 ANCH’IO HO FATTO UN ERRORE ................................. 79 LA SEGNORA ADA DALLE SCARPE DA TENNIS ...... 94 E COME DISSE CAMBRONNE... ....................................... 114 NUMERO 16, SCALA B, INTERNO 9 ............................... 147 UN LUOGO DOVE FERMARSI ......................................... 188 QUANDO SI (RI)COMINCIA .............................................. 218 FUORI C’È LEOPARDI ......................................................... 242 IL FIOCCO DI NEVE ............................................................ 268

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Le impronte ollana di cultura e letteratura del territorio

15. Luca Bottazzi, Visione periferica, pp. 230, € 15,00 (romanzo) ISBN 978-88-6679-080-8 16. Osvaldo Semino, Racconti dell’attesa, pp. 96, € 12,00 (racconti) ISBN 978-88-6679-101-0 17. Rinaldo Ponassi, Voglia di vivere, pp. 88, € 12,00 (racconto) ISBN 978-88-6679-111-9 18. Gianluigi Repetto, Troppo bella per me, pp. 144, € 15,00 (thriller) ISBN 978-88-6679-113-3 19. Mario Franchini, Nello spirito del tempo, pp. 170, € 15,00 (racconti) ISBN 978-88-6679-118-8 20. Giuseppe Grassano, Perdersi nel bosco, pp. 200, € 15,00 (romanzo) ISBN 978-88-6679-161-4 21. Gianni Caccia, Ricerca, con illustrazioni di Pietro Casarini, Prefazione di Ivano Mugnaini, pp. 160, € 15,00 (racconti) ISBN 978-88-6679-168-3 22. Viviana Albanese, Professione pendolare, pp. 132, € 15,00 (romanzo) ISBN 978-88-6679-190-4 23. Anna Maria Caligiuri, Il quaderno blu, pp. 176, € 15,00 (romanzo) ISBN 978-88-6679-191-1 24. Pietro Fronterré, Il ritorno, pp. 82, € 12,00 (romanzo breve) ISBN 978-88-6679-219-2 25. Paola Fargion - Meir Polacco, Il Vescovo degli ebrei. Storia di una famiglia ebraica durante la Shoah, pp 216, € 18,00 ISBN 978-88-6679-233-8 (II edizione ricevuta e ampliata, ISBN 978-88-6679-289-5) 26. Gianluigi Mignacco, Il Commiato (romanzo), pp. 378, € 20,00 ISBN 978-88-6679-228-4 27. Andrea Scotto, La Novi di parte guelfa dalla Scrivia a Via Roma. Passeggiata storicoartistica tra Medioevo e Barocco, pp. 76, € 12,00 ISBN 978-88-6679-244-4 28. Celeste Caniggia, La ruota nel deserto, pp. 52, € 10,00 ISBN 978-88-6679-286-4 29. Osvaldo Semino, I racconti del silenzio, pp. 114, € 15,00 ISBN 978-88-6679-279-6 30. Viviana Albanese, Le nove fasi, pp. 162, € 15,00 ISBN 978-88-6679-294-9 31. Gianluigi Mignacco, L’equilibrio dei sassi, pp. 292, € 20,00 ISBN 978-88-6679-295-6 32. Giuseppe Grassano, Il paese dei campanelli, pp. 294, € 20,00 ISBN 978-88-6679-296-3 293


APRILE 2021 STAMPATO PER CONTO DI puntoacapo Editrice PRESSO UNIVERSAL BOOK srl VIA BOTTICELLI 22, 87032 RENDE

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Tutto comincia con la scuola. Con il suono di una campanella (come si usava un tempo). Perché ci si conosceva e, forse, si cominciava a scoprire il mondo. Nelle persone, negli incontri, nelle esperienze piccole e grandi. Si può anche tornare lì, sui banchi (o sulle cattedre) di una volta per trovare, se ci si riesce, qualche risposta o per rimettere in moto emozioni, ricordi e qualche nostalgia.

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Giuseppe Grassano è stato insegnante di Lettere nelle Scuole superiori. Si è occupato di critica letteraria, con saggi su Beppe Fenoglio, Primo Levi, Marcello Venturi, Luigi Meneghello. Ha collaborato alla rivista Otto/Novecento e con l’Isral (Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea) di Alessandria, con ricerche sulla Resistenza, sulla deportazione italiana e sulla didattica della Storia. Nel 2018 ha pubblicato il romanzo Perdersi nel bosco, Primo Premio Assoluto Editoria di qualità alla Fiera della Microeditoria di Chiari.

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