La felicità si impara

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Pierre Pradervand

LA FELICITĂ€ SI IMPARA La via del cuore

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SOMMARIO

Avviso Introduzione Parte prima Le basi imprescindibili della felicità Sapere chi sono Rifiutare qualunque mentalità o comportamento da vittima Vittima o responsabile? Includere gli altri nella propria felicità Superare il desiderio perpetuo Perdonare/Lasciar andare il passato Amare se stessi Avere delle priorità chiare Parte seconda Gli strumenti della felicità Vivere nel momento presente La vita è una scuola, l’universo un laboratorio pedagogico Per concludere Buon viaggio!

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Breve riassunto del libro 97 Gruppi di lavoro e seminari di Vivre Autrement 100 Nota sull’autore 102


Parte prima

Le basi imprescindibili della felicitĂ

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Sapere chi sono

Il punto di partenza di qualunque vita piena, ricca, felice, non consisterà semplicemente nell’esprimere la nostra identità profonda attraverso tutto ciò che siamo, pensiamo e facciamo? Vale a dire essere fedeli a noi stessi? Ciò implica sapere chi sono. Perché, senza saperlo, non riuscirei mai a definire per me stesso una precondizione fondamentale della felicità, ossia saper vivere la vita a seconda dei propri criteri di successo. Molte persone, nella nostra società, vivono la propria vita secondo un’immagine di successo spesso assai materialistica, ereditata dal proprio ambiente sociale o professionale, dalla famiglia e dai modelli artificiali continuamente presentati dai mass media (star del cinema, dello sport, uomini d’affari, ecc.). Dunque, mi risulterà molto più difficile essere fedele a me stesso nelle mie scelte, se non so chi sono. 17


Scrive Shakespeare nell’opera Amleto: “Soprattutto, sii fedele a te stesso e ne seguirà, come la notte al giorno, che non sarai mai falso con nessuno”. Per me, questa è una delle regole fondamentali e sacre della vita. Ogni volta che ho commesso un grande errore nella mia vita, è stato perché non sono stato fedele al mio “Io” profondo, alla mia integrità fondamentale (quel che possiamo chiamare il “vero” io). Nel suo libro The Energy of Money (L’energia dei soldi), l’autrice Maria Nemeth rappresenta i tre livelli della nostra persona con tre cerchi:

Quel che pretendiamo essere Quel che abbiamo paura di essere Quel che siamo veramente

La ricerca del proprio Sé profondo, autentico, è un’opera di ampio respiro, che può durare anni. La buona notizia è che questo Sé è infinitamente più splendido e bello di quanto possiate immaginare. Il nostro amico Alain* ne fece l’esperienza alcu18


ni anni fa. Aveva ricevuto un’educazione religiosa molto rigorosa, in cui la nozione di peccato regnava sovrana, generando un senso di colpa onnipresente. Alla fine dei suoi studi universitari, decise di entrare in terapia per vedere un po’ più chiaramente dentro di sé. Scelse la tecnica del sogno da sveglio. Ma ascoltiamolo parlare: “Un giorno, il mio terapeuta mi disse di ‘andare nella mia cantina’ (interiore, si capisce.) La mia discesa in quest’ultima fu estremamente faticosa... All’improvviso, però, arrivai in fondo e feci una delle esperienze più straordinarie della mia vita: scopri che il profondo del mio essere, il mio vero io, era totalmente buono! Fu come una bottiglia di champagne che si stappava. Sentii un’energia immensa invadere tutto il mio essere. “Per vent’anni a messa, una domenica dopo l’altra, mi ero sentito predicare che ero ‘nato nel peccato, incline al male, incapace di alcun bene per me stesso’, mentre ora scoprivo l’esatto contrario e sapevo con certezza totale che era vero. Dopo la seduta, andai alla mensa universitaria e tutti i miei amici mi chiesero cosa mi fosse successo”. * Abbiamo cambiato i nomi delle persone i cui racconti vengono menzionati in quest’opera. 19


Ciò che pretendiamo di essere è la maschera sociale che portiamo per assecondare le persone che ci circondano, colarci nello stampo della società e dei suo valori, guadagnare l’approvazione di una persona la cui stima consideriamo importante, andare d’accordo con il capo o con il nostro superiore nella gerarchia, ecc. Nel suo ultimo libro, Elogio del matrimonio, del vincolo e altre follie (Gorle, Bergamo, 2000), Christiane Singer esprime questo pensiero tagliente: “Il mondo è abitato da tutti questi esseri distolti da loro stessi e truccati da altri come dei motori di macchine rubate”. Non sarete mai felici se andrete in giro con un motore truccato, con degli obiettivi e dei valori che non sono autenticamente vostri. La buona notizia è che anche un motore truccato può essere rimesso a nuovo, a condizione di trovare un bravo meccanico (che potrebbe essere il vostro Io profondo, una via spirituale, una buona terapia, ecc.). Ciò che abbiamo paura di essere, sono i dubbi su noi stessi, la paura di qualcosa che abbiamo rimosso profondamente e che ci portiamo dentro, quello che crediamo essere il “lato oscuro” della nostra persona. Anche in questo caso lo sviluppo personale, una ricerca spirituale e altri approcci possono aiutare, purché si venga adeguatamente consigliati e si eserciti il proprio giudizio con discriminazione. 20


Ciò che siamo, invece, è quel che Alain ha scoperto e che vi aspetta, se non l’avete ancora sperimentato. Le righe successive, opera di uno dei grandi uomini del ventesimo secolo, Nelson Mandela, il primo presidente del Sudafrica indipendente, possono ispirarci tutti. Durante la sua investitura, pronunciò le seguenti parole, riprese da allora in tutto il mondo: “La nostra paura più profonda non è quella di non essere all’altezza. La nostra paura più profonda è quella di essere potenti oltre misura. È la nostra luce, non la nostra oscurità, che ci atterrisce più di qualunque altra cosa. “Ci chiediamo: ‘Chi sono io per esser brillante, radioso, pieno di talento e meraviglioso?’. In effetti, chi sei per non esserlo? Sei un figlio di Dio. Il fatto che ti limiti, che vivi in piccolo, non rende alcun servizio al mondo. L’illuminazione non consiste nel farsi piccoli per evitare le insicurezze degli altri. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi e non è solo in alcuni, è in ognuno di noi. Se facciamo risplendere la nostra luce, inconsciamente diamo agli altri il permesso di comportarsi allo stesso modo. Se ci libereremo dalla nostra paura, la nostra presenza libererà automaticamente gli altri”. Se la parola “Dio” vi disturba, sostituitela con 21


“Principio di armonia che governa l’universo”. Non bisogna inciampare sulle forme, è l’essenza la sostanza che conta. Ecco i primi “sgabelli da vaccaio” che vi suggerisco: Cosa vuol dire essere fedele a me stesso? – nei miei rapporti umani – nei miei rapporti con il tempo e con il denaro – nel mio rapporto di coppia – nel mio lavoro – di fronte all’obiettivo della mia vita – di fronte ai miei sogni segreti - .................................................................. (aggiungete qualunque tema importante per voi).

Tornate su tali domande dopo aver letto questo libro (magari iniziate un quaderno sul quale annoterete le vostre risposte, anche quelle alle altre domande che seguiranno nelle pagine seguenti). Possiamo distinguere sei elementi importanti di questa fedeltà a se stessi, che vi permetteranno di creare la vostra felicità, non secondo il vostri genitori, la chiesa, l’ambiente sociale, eccetera, ma secondo voi stessi 22


1. Essere la propria autorità Tutte le forme di dominazione subite nel mondo (compresa la propria sottomissione al “giudice interiore” che costantemente ci dice cosa fare o non fare, che ci giudica e ci critica in continuazione), derivano dal fatto che gli individui accordano più autorità a un’altra persona, a un’istituzione, ad autorità esterne più che a se stessi. Eleonore Roosevelt, moglie del vecchio presidente degli Stati Uniti, enunciò una verità che costituisce uno dei fondamenti dello sviluppo personale e di una vita felice: “Nulla può farvi sentire inferiori senza il vostro consenso”. Potete sostituire la parola inferiori con in colpa, tristi, stressati, aggressivi, in collera e qualunque altro termine più appropriato alla vostra situazione. Bisogna avere coraggio per rifiutare il proprio consenso. Bisogna avere molto coraggio (e molta lungimiranza) per assumersi l’autorità che prima si accordava ad altri, al medico, allo “psicologo”, ai genitori, al capo ufficio... In questo senso, il coraggio di essere se stessi sembra decisamente una componente indispensabile per la felicità. Lo psicologo Rollo May ha pronunciato, a proposito del coraggio, delle parole forti che risultano completamente in armonia con ciò che stiamo scrivendo. La sua opera intitolata “Il coraggio di crea23


re”, potrebbe intitolarsi anche “Il coraggio di essere se stessi”: “... Se non esprimete le vostre idee originali, se non ascoltate il vostro essere, tradirete voi stessi e avrete tradito anche la comunità, avendo rinunciato a dare il vostro contributo. “Una delle caratteristiche di questo coraggio è che occorre essere centrati su se stessi, altrimenti ci sentiremmo vuoti. È per questo che dobbiamo incentrare i nostri impegni su noi stessi, altrimenti nessun impegno può essere autentico... Il coraggio non è una virtù personale come l’amore o la fedeltà. È il fondamento che soggiace e dà realtà a ogni altra virtù e a ogni altro valore personale. Senza il coraggio, il nostro amore è soltanto dipendenza. Senza il coraggio, la nostra fedeltà è conformismo... “Nell’essere umano, il coraggio è necessario per rendere possibili l’essere e il divenire. “Un’affermazione di sé, un impegno sono essenziali perché l’io possa assumere una qualunque realtà. È quel che distingue gli esseri umani dal resto della natura. Un seme diventa grano grazie a una crescita automatica, senza che sia necessario alcun impegno. Il gattino diventa gatto in base al suo patrimonio genetico. La natura e l’essere si identificano in 24


creature come queste. “Ma un uomo o una donna diventano pienamente umani solo attraverso le loro scelte o i loro impegni. Le persone raggiungono pienezza e dignità tramite le loro molteplici decisioni quotidiane. Queste decisioni richiedono coraggio. È per questo che Paul Tillich parla del coraggio ontologico: è l’essenziale per il nostro essere”. Vi propongo di nuovo uno sgabello da vaccaio relativo alla vostra sottomissione nei confronti dell’autorità: In quali ambiti concedo più autorità agli altri che a me stesso? – la mia salute? – l’educazione dei miei figli? – la mia terapia? – la mia religione? (il prete, imam, pastore, rabbino) – il mio lavoro? (il mio capufficio, per esempio)

Ciò non significa non ascoltare gli altri; semplicemente, quando sussiste un conflitto tra ciò che considero giusto per me e ciò che qualcun altro (per esempio, il medico) pensa, a chi obbedirò? Chi rimette sistematicamente l’autorità sulla pro25


pria vita al sapere (o all’ignoranza) degli altri farà molta fatica a essere fedele a se stesso.

2. Seguire la propria integrità fondamentale Essere fedeli a ciò che si è nel più profondo di se stessi comporta il non barare mai con se stessi. È ciò che intendo per integrità personale, una caratteristica che, a mio avviso, costituisce il fondamento di tutte le altre qualità, allo stesso titolo del coraggio (coraggio e integrità sono le due facce della stessa medaglia, l’uno non va senza l’altra). L’integrità è la qualità essenziale della parte più autentica del nostro essere. Consiste nell’aggrapparsi in ogni momento al nostro senso più elevato della verità, alla nostra visione e al nostro ideale, a qualunque prezzo. Ciò significa seguire in ogni istante la nostra idea più elevata di ciò che è giusto in una determinata situazione, in un rapporto, indipendentemente da quali possano essere le conseguenze, da quanto solitario possa essere il sentiero da percorrere e da quanto forti possano essere le opposizioni, le derisioni o le canzonature degli altri. Significa, inoltre, rimanere intrepidi e fermi quando gli altri sono pronti ad accettare dei compromessi pericolosi, che non rappresentano altro 26


che zone di conforto, parcheggi a pagamento psicologici e spirituali, quando non si ritirano nei loro rifugi sotterranei per sfuggire a paure e timidezza. Significa non voler assolutamente diluire il proprio senso interiore della verità, nemmeno per soddisfare o placare la persona amata o guadagnarsene l’approvazione (quando si parla di zona di conforto o di parcheggio a pagamento, s’intende la stabilità che una persona raggiunge nel suo sviluppo personale e sulla quale si accomoda, senza cercare di andare oltre). Oltretutto, l’integrità consiste innanzitutto nel rifiutare di barare con se stessi, mentire a se stessi o risiedere nella penombra senza rischiare di affrontare le mezze verità. Si può mentire agli altri e farsi perdonare; ma quando si mente a se stessi, chi può porvi rimedio? Quand’è così, solamente la grazia può salvarci. Ingannare se stessi uccide il discernimento che è alla base del vero giudizio e di una scelta valida. Evitare coscientemente ciò che, nel profondo di noi stessi, sappiamo esser vero significa trasformarci in una sorta di camaleonti mentali. Chi vorrebbe vivere con creature del genere? L’integrità è l’essenza più intima del nostro essere, costituisce il midollo della nostra identità e la base di tutte le qualità, a cominciare dall’amore. Di conseguenza, il più grande crimine che pos27


siamo commettere è sparlare di noi stessi, tipo dirsi: “Quanto sono brutta”, “Quanto sono cretino”, ecc. Non smetteremo mai di sparlare degli altri se non smettiamo prima di sparlare di noi stessi.

3. Mantenere le proprie promesse a se stessi Si tratta di una caratteristica che deriva dall’integrità, ma merita una menzione a parte, in quanto costituisce un punto essenziale. Una delle più grandi perdite di energia che si possano patire deriva dal fatto di non mantenere le promesse che si fanno a se stessi. Peggio ancora, ciò conduce, mano a mano, a non rispettarsi più, e a un essere umano non può accadere niente di più terribile del non rispettarsi. In più, ciò indebolisce gravemente la volontà, una qualità in assenza della quale gli essere umani diventano rapidamente dei molluschi mentali. Ecco alcuni esempi: la persona che ogni tre mesi dice fra sé che smetterà di fumare, o che comincia a fare jogging oppure inizia una dieta, che intraprende delle cose che poi non porta mai a termine, che si fissa una scadenza, una data per fare una cosa e poi, invece, la rimanda in continuazione; una persona che giura che non andrà mai più a comprare impulsivamente dei vestiti e poi, invece, cede alla prima pubblicità che vede. Infine, un cor28


so che ci si ripromette di seguire o un libro che si giura di leggere entro la fine dell’anno... La lista è interminabile. In una camera d’aria, il più minuscolo buco lascia passare tutta l’aria. Analogamente la persona che non mantiene le promesse che fa a se stessa si lascia sfuggire una quantità di energia importante, che potrebbe utilizzare per progredire. Un altro ambito molto simile consiste nel non lasciare degli affari in sospeso per tanti anni, cosa che gli anglosassoni chiamano “unfinished business”. Si può trattare di un rapporto che è finito in modo doloroso e che non è ancora guarito, di un debito non rimborsato, di una promessa fatta alla propria moglie, al proprio marito o ai propri figli e che non è mai stata mantenuta, ecc. Al contrario, quando si mette ordine nei propri affari in sospeso, possono accadere cose straordinarie. A questo proposito, vorrei raccontarvi la storia di uno dei miei più cari amici, che chiamerò Philippe. I nostri genitori erano molto amici, dunque siamo cresciuti insieme, frequentando le stesse scuole, partendo insieme per le vacanze. Eravamo talmente amici che ci avevano soprannominato Davide e Gionatan. Per un certo periodo, Philippe frequentò una ragazza della comunità parrocchiale. Si trat29


tava di un rapporto serio, e i due parlavano di fidanzamento quando, da un giorno all’altro, Philippe lasciò quella ragazza per un’altra... Che poi lo lasciò a sua volta poco tempo dopo. Quindi Philippe emigrò negli Stati Uniti; si sposò due volte ed entrambi i matrimoni finirono con divorzi dolorosi. A sessantatre anni, ritornò in Svizzera, il suo paese d’origine. Lo avevo invitato a casa mia. Mi si stringeva il cuore quando lo vedevo così, senza lavoro, senza rapporti, a momenti vicino alle depressione. Poi un giorno ebbe l’idea di scrivere alla sua ragazza di una volta, Hélène, per chiederle perdono del modo scorretto in cui l’aveva mollata (lei non si era mai sposata, ma aveva vissuto una vita ricca e piena). Nella sua lettera, Philippe aggiungeva che non c’era bisogno che Hélène gli rispondesse, perché voleva soltanto che lei sapesse quanto lui rimpiangeva il suo comportamento di allora. Passato il primo momento di irritazione, Hélène decise comunque di rivedere Philippe e l’incredibile accadde. S’innamorarono follemente l’uno dall’altra e si sposarono poco tempo dopo. Sono sposati da diciotto mesi e sono una delle coppie più felici che io abbia mai conosciuto in vita mia. 30


Ogni “affare in sospeso” blocca un’energia psichica considerevole. Sperimentatelo voi stessi. Dopo esservi seduti sul seguente piccolo sgabello da vaccaio, chiedetevi: Quali sono gli affari in sospeso nella mia vita? – Dei debiti non saldati? – Dei soldi che mi sono dovuti? – Dei libri o degli oggetti da restituire? – Una visita che da mesi mi riprometto di fare ai miei genitori, a un amico o a un conoscente? – Un compito (bricolage, giardinaggio, riparazione) che mi sono trascinato per tanto tempo? – Una riconciliazione in lista d’attesa da... anni? – Un rapporto sentimentale che lascio che si trascini perché non ho il coraggio di porvi fine? – ...(sta a voi completare la lista!)

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