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TRAKS MAGAZINE #23

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Numero 23 - aprile 2019

CISCOrespirare aria nuova

ALO EAZYONDANUEVE

TV LUMIERESCARDA

CISCO respirare aria nuova

Stefano “Cisco” Bellotti torna con “Indiani & Cowboy”, album composto di dieci canzoni. Il cantautore è volato fino in Texas per raccogliere la giusta ispirazione e l’album è nato con il prezioso contributo di Rick del Castillo

Per “Indiani & Cowboy” sei partito da presupposti differenti, sei volato fino in Texas e hai cambiato un po’ di cose. Ci spieghi perché? C’era per me necessità di cambiare aria musicalmente parlando perché gli ultimi dischi li ho sempre fatti in Emilia con i miei musicisti. In questo caso avevo bisogno di respirare aria nuova per pensare un nuovo progetto e l’immagine

della frontiera americana con il discusso muro che vuole costruire Trump, la vita normale quotidiana di tutti i giorni dove la frontiera è un posto simbolico dove le culture si intrecciano e si mischiano, ecco quel discorso mi interessa tanto. Ma è un discorso che possiamo trovare anche in Italia, nel Mediterraneo, è un legame che ci unisce molto forte e quindi quei concetti quei pensieri sono alle basi

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del disco stesso. Mi sembra che oltre al discorso sonoro ci siano motivi ideali che ti hanno spinto in America. Sbaglio? Si per Indiani e Cowboy l’idea è stata proprio quella di mescolare le carte soprattutto a livello musicale, sfruttare questo ponte che si era creato con l’America grazie a Paolo Pagetti della Rivertale e alle sue conoscenze americane di Austin con Rick Del Castillo, un ponte quindi tra l’Emilia e il Texas, dove noi qui in Italia abbiamo creato le basi e poi l’abbiamo mandate oltreoceano per essere prodotte, completate e finite il cui risultato è qualcosa di completamente diverso da quello che ho sempre fatto nella mia vita, dove i suoni si mescolano, le radici non si perdono, la mia scrittura si sente. Il mio modo di scrivere canzoni infatti non è tanto cambiato, ma è cambiato il sound fatto da un produttore come Rick appunto che ha stravolto in alcuni casi i brani rendendoli affascinanti con suoni tex-mex, suoni di frontiera, suoni a me cari, rendendoli unici.

Questo lavoro è un lavoro pensato, voluto in questa maniera dall’inizio, non a caso ho a realizzare il disco quando ho avuto la concreta certezza di poter lavorare con Rick, di poter andare ad Austin a cantare, a mixare, a finire il lavoro del disco realizzandolo con queste determinate caratteristiche. Per quello reputo Indiani e Cowboy un album diverso dagli altri e per quanto mi riguarda, di cambiamento. I riferimenti all’attualità non mancano, così come i ritratti di personaggi “forti”. Come nascono, a proposito, le canzoni dedicate a Guido Rossa e Don Gallo? Questo senza dubbio è di sapore vintage ma dalle forti tematiche di attualità, non a caso si parla di confini, di muri, di migrazioni, di sceriffi e di indiani, perché il mondo è fatto sempre di più da indiani che tentano di sopravvivere e da cowboy che continuano a non capire. E quindi per questo è un disco di forte attualità. Le figure di Guido Rossa e di Don Gallo ovviamente si schierano dalla parte degli indiani, sono due figure di

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cui la prima tragica, della storia recente italiana, risalente a 40 anni fa quando negli anni di piombo le brigate rosse decisero di eliminare un sindacalista genovese che aveva denunciato alcune persone che erano conniventi con le br, quindi una storia non semplice che ancora oggi divide, ma che credo sia importante far conoscere. Per parlare di Guido Rossa tra l’altro ho usato la metafora della montagna perché lui era un grande scalatore, era un amante della montagna, quindi ho voluto usare questa immagine che mi sembra fosse molto adatta al personaggio. Don Gallo invece è uno di quei

capi indiani che resistevano e un grande amico che è venuto a mancare anni fa ed io ne sento personalmente la mancanza. Ho avuto modo di frequentarlo diverse volte, i miei primi due figli sono stati battezzati da lui, ho assistito alle sue messe laiche anzi direi quasi pagane, dove si passava da Gesù Cristo a Che Guevara, da Gandhi a Mao Tse Tung. È stato un personaggio importantissimo per la mia formazione ma credo che sia un personaggio che manca tantissimo nel mondo sociale culturale italiano perché era uno che sapeva sempre dire le cose giuste al momento giusto e che oggi giorno avrebbe messo al proprio posto alcuni personaggi che cercano di farla da padroni. Purtroppo è scomparso, ma dobbiamo assolutamente ricordare la sua importante figura. Che cosa ha regalato la produzione di Rick Del Castillo a

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questo disco? Rick Del Castillo è stato fondamentale per la realizzazione di questo disco, primo perché ha reso meno scontato e meno banale quello che noi avevamo registrato e inciso, facendo quello che fa un produttore di un certo tipo con una certa formazione e spessore, creando parti e stravolgendo i pezzi però assecondando l’indole della canzone stessa senza snaturarla. Rick ha dato delle vere e proprie perle e penso all’ultimo brano del disco che è Bianca, una ballata in dialetto che lui ha reso unica con il suo tocco di chitarra stile messicano facendola diventare una vera e propria chicca. Mi ricordo ancora la notte in cui mi mandò il provino di quello che lui aveva fatto e avevo avuto i brividi oltre che le lacrime agli occhi. Quindi una cosa importante il suo lavoro, fondamentale per la riuscita di questo disco e gliene sarò per sempre grato. So che Rick del Castillo non è un nome altisonante, così conosciuto come altri, lui si occupa anche e soprattutto di colonne sonore per esempio nei film

di Robert Rodriguez, Machete, Sin city, Dal tramonto all’alba, El mariachi, ecc…ma anche con Quentin Tarantino dove in Kill Bill Vol.2 troviamo proprio la chitarra di Rick e si possono sentire alcuni pezzi suonati da lui. Qual è il tuo film preferito del genere “indiani & cowboy”? Da ragazzino ero uno molto patito del mondo western e dei film western, giocavo sempre a cowboy e indiani ovviamente cercando di parteggiare sempre dalla parte dei cowboy perché erano i più fighi, avevano le pistole, gli sceriffi avevano la stella e il cappellone. Poi crescendo la storia ci ha raccontato in qualche modo la verità, siamo tutti diventati pro indiani. Riguardo al mondo western a me viene da citare tra i classici Ombre rosse del grande regista John Ford, di più recente invece mi aveva colpito L’ultimo dei mohicani, un film ben fatto che ancora oggi mi emoziona vederlo, e poi sicuramente i film del grande Sergio Leone con i suoi spaghetti western, per citarne uno fra tutti Per un pugno di dollari.

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TV LUMIERE

E’ disponibile “Avrei Dovuto Odiarti” il disco che segna il ritorno della band, otto anni dopo “Addio Amore MIo”

Da dove nasce il mutamento sonoro, da noise a folk, che si riscontra nel nuovo disco? Si tratta di un processo graduale, non di una scelta fatta a tavolino o per seguire una particolare corrente. Questo immagino che lo dobbiamo ai nostri ascolti recenti e alla voglia di andare sempre più incontro alla forma canzone, tuttavia non credo si possa definire

un disco “folk”, il nostro album contiene molte trame volutamente desertiche ma non mancano gli interventi violenti a rievocare le nostre radici, abbiamo cercato di utilizzare le liriche per collegare tutti gli episodi di questo disco. Ho letto che la gestazione di questo disco è stata particolarmente lunga. Incidenti di percorso o vostro perfezionismo?

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Touchè! Ci hai preso in pieno. Dopo Addio! Amore mio abbiamo avuto una lunga serie di problemi, la scomparsa di un nostro caro amico che stava lavorando a un nuovo progetto con il nostro chitarrista Ferruccio lo ha tenuto lontano dalla musica per un lungo periodo, seguito poi da un incidente stradale che lo ha bloccato fisicamente per un sacco di tempo e infine l’abbandono del gruppo da parte di Irene, l’arrivo del nuovo bassista e la ricostruzione. Come nasce “Fondo alle ancore”? Questo brano nasce da un’idea di Federico, così come le cose più cantautorali che trovi in questo album, tutto il disco avrebbe dovuto già funzionare con sole chitarra e voce e la band avrebbe dovuto soltanto colorarlo

ma poi è uscito fuori il nostro istinto e questo è il risultato finale. La vostra band naviga nell’alveo della musica alternativa italiana ormai da qualche anno. Come giudicate il momento musicale italiano in generale? Grazie per la domanda, non capita spesso di poter parlare di questo senza dover mettere le mani avanti. Cercherò tuttavia di fare una sintesi. Non conosciamo i retroscena alla perfezione e non ci permettiamo di giudicare il lavoro altrui, il problema rimane sempre la gente e quanta voglia abbia o meno di guardarsi intorno anzi-

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ché prendersi quello che gli viene offerto da chi ha pagato di più. Le scelte che fanno le band indipendenti di andar nei vari festival in

tv non le discuto, purché ci vadano con la loro idea, che piaccia o meno, la musica per teenager non discuto neanche quella, c’è sempre

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stata, che piaccia o meno. Se c’è un problema è quello che a differenza di qualche anno fa, i piccoli club che aprono e chiudono in continuazione e non vengono affatto aiutati dagli enti statali, anzi, vengono affondati, questo fa sì che i cachet siano sempre più bassi e molte band di un basso livello di popolarità non riescono più a spostarsi e portare la loro musica in tutte le città. Se prendo poi la domanda dal punto di vista artistico o gusto personale, non si tratterebbe più di un problema

italiano. Tra produttori e aperture ai concerti avete incontrato alcuni giganti della musica alternativa. Chi ha lasciato il segno maggiore su di voi? Senza dubbio alcuno la persona che sentiamo più vicina e con la quale abbiamo collaborato di più è Amaury Cambuzat, sia come Ulan Bator che come nostro produttore, egli ci ha strutturato come musicisti e aiutato a colmare le nostre lacune, oltre ad averci fortemente influenzato con la sua musica, Amaury rimane uno dei nostri punti di riferimento oltre che un buon amico!

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SCARDA #5minuticon

Scarda è Nico Scardamaglio, un cantautore che con pochi ingredienti semplici e genuini è riuscito a farsi conoscere e apprezzare dal pubblico. Il suo tour di concerti ha avuto un grande successo, e il suo secondo album “Tormentone” continua a veder aumentare il numero di ascolti sulle piattaforme online nonostante la pubblicazione sia dello scorso ottobre, merito del passaparola e del suo indiscutibile talento. Lo abbiamo intervistato

di Chiara Orsetti

Il tuo “Tormentone” sta girando l’Italia in lungo e in largo: oltre 20 date dallo scorso autunno e avanti fino a primavera inoltrata. Che cosa porterai con te al termine di questo tour? C’è stata qualche tappa in particolare che ti ha lasciato ricordi indelebili?

Di tutte queste date credo di voler fare un vero bilancio solo alla fine. Nel frattempo, ciò che si avverte è tanta umanità. Fare i chilometri insieme, suonare su tanti palchi, conoscere tanta gente, dormire in tanti alberghi, crea tra noi della band un legame molto intenso. È

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