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Dal campo alla tavola L’insetto è servito
Dopo che, all’inizio del 2023, la Commissione UE ha pubblicato il Regolamento di esecuzione UE 2023/5 che ha concesso l’autorizzazione all’immissione sul mercato della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (farina di grillo domestico) di un produttore vietnamita, si è iniziato a parlare più diffusamente di entomofagia, ovvero del consumo di alimenti a base di insetti. L’uso degli insetti, come appartenenti alla categoria di “Novel Food”, era già stato legittimato nel 2018, dal Reg UE 2015/2283 che ha posto le basi per allevare e introdurre sul mercato europeo gli insetti commestibili e le farine derivate da essi. Con l’espressione Novel Food si intendono tutti quegli alimenti o ingredienti non consumati in maniera massiva in Europa prima del 1997, che necessitano prima di essere immessi sul mercato di un particolare processo di autorizzazione per garantire la sicurezza per i consumatori. Anche i locali pubblici possono quindi inserire piatti che contengono farine di insetti nei loro menù, a patto che gli ingredienti utilizzati abbiano superato il lungo iter autorizzativo previsto dalla norma sui Novel Food. Alcuni locali hanno già fatto questa scelta, comunicandola in maniera molto chiara e suscitando un acceso dibattito nella propria clientela, ma se per ora si tratta di qualche apripista, non è impossibile immaginare che nel corso dei prossimi anni sempre più ristoranti facciano questa scelta.
Per ora chi ha scelto di impiegare alimenti che contengono farina di grillo, lo sta facendo utilizzando materia prima proveniente da produttori esteri che hanno già completato la fase di autorizzazione. Ma ora si affacciano sullo scenario produttivo anche aziende italiane che hanno deciso di investire in questo settore e si stanno adoperando per vedere i propri prodotti autorizzati alla messa in commercio. Una di essi è Alia Insect Farm , una start up agricola impegnata dal 2020 in attività di ricerca e sviluppo nel settore del novel food a filiera corta e 100% made in Italy, specializzata nella produzione di polvere atomizzata di grillo, ottenuta esclusivamente da animali allevati in Italia. Abbiamo intervistato Carlotta Totaro Fila , fondatrice dell’azienda, per conoscere meglio il comparto e il funzionamento dell’iter autorizzativo, avviato lo scorso aprile.
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Dottoressa Totaro, cosa l’ha portata a investire in questo settore?
Ho lavorato per 15 anni in multinazionali alimentari ed ho avuto la fortuna di guardare il mercato del food non solo dal punto di vista locale, ma anche internazionale, ragionando sui macro-trend globali. La popolazione è in crescita e aumenta il fabbisogno di proteine, ma le risorse del pianeta sono in diminuzione. L’equazione è semplice: c’è bisogno di più cibo, ma dobbiamo produrlo con meno risorse. In questo contesto si inserisce il tema dell’innovazione e i novel food sono di per sé innovativi: c’è bisogno di andare incontro al consumatore che cerca qualcosa di diverso dal prodotto tradizionale. Infine c’è il tema della sostenibilità, che dovrebbe essere premiata e garantita nel settore alimentare. Partendo da questi tre importanti trend globali, ho deciso di investire in un settore nuovo, che li intercetta tutti e tre. La produzione di farina di grillo, infatti, rende disponibili delle proteine ad alto valore con minore impatto sull’ambiente e rappresenta una grande innovazione.
A questo proposito, tengo a precisare che l’innovazione si innesta sempre sulla tradizione esistente: un processo innovativo sviluppato nel Nord Europa, sarà molto diverso da uno nato in Italia. Il gusto e la maestria italiana nel produrre cibo sono importantissimi perché il nuovo ingrediente (per quel che mi riguarda la farina di Acheta domesticus) altro non è che una nuova materia prima a disposizione da combinare con altre per ottenere alimenti in linea con le tradizioni mediterranee.
Questo ingrediente non è nulla di fantascientifco: è solo un altro tipo di carne. Il grillo in particolare è il “cugino” terrestre del gamberetto, solo che il gambe- retto si mangia tal quale e non in forma di farina. A chi mi chiede perché allevare grilli, io rispondo con un’altra domanda: “Perché no?”. Il prodotto è buono, ha valenze di sostenibilità, permette di rinnovare anche prodotti comuni, arrichendone il profilo nutrizionale e di offrire una ulteriore possibilità di scelta ai consumatori più curiosi.
In quali alimenti è possibile integrare la farina di grillo?
In teoria non c’è limite: essendo una farina dal gusto neutro è possibile inserirla sia in matrici dolci che salate, testando di volta in volta le caratteristiche sensoriali. Nella pratica solo alcune applicazioni sono autorizzate dall’Unione Europea: quando viene concessa l’autorizzazione ad immettere sul mercato un nuovo prodotto, vengono anche elencati gli alimenti in cui è possibile utilizzarlo, precisando anche le dosi massime di impiego. Questo deriva dalla norma che disciplina i novel food. Per quanto ci riguarda, quando in aprile abbiamo avviato il nostro iter autorizzativo abbiamo fatto richiesta per l’impiego in pasta, pizza, grissini, cracker, barrette, sostitutivi della carne.
Ha parlato di sostitutivi della carne, ma la farina di grillo non è un prodotto per vegani…
No, non lo è. Il grillo e gli insetti in genere vanno ad allungare l’elenco di alimenti che i vegani rifiutano di mangiare. Però negli Stati Uniti sta nascendo una per ora piccolissima nicchia di cosiddetti “entovegan”: vegani che non vogliono proteine animali, ma che riconoscono che il grillo e i prodotti derivati potrebbero essere inclusi nella loro alimentazione prevalentemente a base vegetale, perché la produzione non prevede la macellazione o la morte cruenta.
Come avviene la produzione della farina di grillo?
I grilli vengono sottoposti all’esposizione a temperature molto basse, come quelle che gli insetti incontrano in inverno. Perdono così le loro funzioni vitali come avverrebbe in natura, senza sofferenze. Per ottenere la farina noi applichiamo il processo di atomizzazione, per pochissimi secondi a 180-200°C, utilizzando lo spry dryer, una macchina molto usata nella produzione di polveri alimentari. Il sistema prevede la polverizzazione a una granulometria molto piccola, quasi impalpabile, simile a quella del talco o della cipria. I vantaggi di questo processo sono che il grillo non è più visibile e la polvere ottenuta ha un gusto molto tenue e quindi versatile in diversi utilizzi.
Il nostro processo si differenzia da quelli attualmente autorizzati, perché questi ultimi prevedono l’essicazione lenta che porta a un prodotto con un gusto tostato. Il grillo viene processato dopo essere lasciato a digiuno per 24-48 ore, in modo che l’intestino sia totalmente svuotato. Prima dell’atomizzazione, vengono eseguite operazioni di lavaggio e pastorizzazione. L’atomizzatore stesso, con le sue alte temperature di esercizio, garantisce la sicurezza alimentare.
Secondo le norme che disciplinano i novel food, il vostro processo produttivo deve essere sottoposto ad autorizzazione. A che punto siete?
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Per ora noi abbiamo testato il processo a livello di laboratorio, per creare il dossier da presentare alle autorità europee per ottenere l’autorizzazione. Abbiamo depositato la domanda in aprile. In attesa del responso non possiamo produrre e immettere sul mercato nulla, quindi stiamo lavorando alla costruzione del nuovo impianto pilota, che sarà ancora in piccola scala, ma con numeri decisamente più grandi della fase di laboratorio, da avviare appena ottenuta l’autorizzazione.
Dopo tre anni di ricerca e sviluppo con la collaborazione di diverse Università, tecnologi alimentari, ingegneri di processo siamo molto fiduciosi che l’autorizzazione ci verrà concessa, anche se i tempi sono lunghi. Mi spaventa dirlo, ma si tratta di anni.
Quanto è lungo l’iter autorizzativo e cosa prevede?
Per quanto riguarda i tempi, posso dirle che chi ha ottenuto ora l’autorizzazione, ha presentato domanda tra il 2018 e il 2019. L’iter è molto complesso. La domanda si presenta in Commissione Europea che fa una prima verifica del dossier che, se supera la prima fase di validazione, viene poi sottoposto all’EFSA per un approfondimento tecnico. Gli esperti dell’EFSA valutano il dossier e hanno la facoltà di chiedere ulteriore documentazione. Una volta che tutte le richieste sono soddisfatte, il Regolamento autorizzativo è emanato dalla Commissione Europea, sulla base del parere di EFSA. Finora sono due i processi autorizzati per la farina di grillo: quello di un’azienda olandese alla quale è stata autorizzata sia la produzione di farina, che di grillo tal quale, e quello di un operatore extraeuropeo (vietnamita) che produce farina parzialmente sgrassata. I produttori Terzi devono comunque segui- re lo stesso iter di noi aziende europee se vogliono vendere in UE.
È in via di approvazione anche il processo di un’altra azienda italiana, sempre per la farina di grillo, che ha presentato la domanda prima di noi. Ci auguriamo di raggiungerli presto nella fase di check della Commissione Europea. Poiché non siamo i primi in Europa, speriamo che dopo le due approvazioni sul grillo già avvenute, il processo sia più veloce.
Sul fronte dell’etichettatura ci sono obblighi specifici?
Gli obblighi sono quelli che valgono per tutti gli alimenti. Se presente, la farina di grillo deve essere dichiarata in etichetta. Le fake news sulla presenza di farina di grillo non dichiarata in alcuni alimenti sono davvero infondate. Si tratta di un ingrediente molto costoso, non certo di un sottoprodotto. Chi lo impiega in un prodotto o in una ricetta lo fa perché si tratta di una materia prima di alto valore che può differenziare positivamente i propri prodotti sul mercato. Ecco perché chi li utilizza ha tutto l’interesse di mettere in evidenza il suo impiego.
Cosa prevede per il futuro della filiera?
Credo che ci saranno sempre più operatori che producono farina di grillo, perché più processi verranno autorizzati. Si avranno prodotti con caratteristiche differenti, che potranno essere impiegati in alimenti diversi e ognuno con le dosi autorizzate. In questi mesi sono arrivati sul mercato i primi prodotti che contengono farina di insetti, c’è tanta curiosità che per me è più che benvenuta. Le aziende che vogliono entrare in questo comparto devono ripagare questo sentimento con alimenti non buoni, ma buonissimi, perché altrimenti la curiosità si spegnerebbe al primo assaggio. Se invece l’alimento soddisfa oltre che la voglia di novità anche dal punto di vista del gusto, allora può avere un futuro. Ecco perché prima ho sottolineato tanto il legame con la nostra tradizione: nessuno sa produrre alimenti buoni come gli italiani.
Cosa chiede ora alle istituzioni italiane?
Forse sta cambiando il mood delle istituzioni, arrivando non dico a una percezione positiva, ma almeno a una posizione neutra che consenta alle aziende italiane, nel loro piccolo, di dare il loro contributo alla filiera dell’innovazione agroalimentare, anche se la nostra sarà sempre una nicchia. Con una piccola iniezione di fiducia e un po’ di incentivi, l’Italia potrebbe competere in una filiera promettente in Europa.
I consumatori sono sempre più aperti... I presupposti di legge ci sono, aziende pronte a produrre anche, ma il consumatore italiano è davvero disposto a consumare cibi a base di insetti? Inserire nel proprio menù uno o più piatti che contengano ingredienti derivati da insetti edibili può essere una valida idea per un operatore del fuori casa, ma rischia di attirarsi le ire dei clienti più tradizionalisti. Prima di fare questa scelta è opportuno capire se il pubblico che frequenta il proprio locale è più o meno aperto a questa possibilità. Per prendere la decisione possono essere utili i risultati della ricerca “Insect Food e Consumatori” condotta dall’Università degli Studi di Bergamo, che ha realizzato una fotografia dei profili dei consumatori italiani disposti ad includere alimenti a base di farina di insetti nella loro dieta.
Secondo quanto è emerso nell’indagine, 1 italiano su 3 è propenso ad acquistare alimenti che contengono insetti commestibili. In base alle risposte ottenute dai questionari somministrati, in particolare, risulta che il 9% degli intervistati sarebbe “altamente propenso” a consumare insect food e il 21% “mediamente propenso”, mentre il restante 70% si dichiara poco propenso. Si tratta di dati più favorevoli rispetto a qualche anno fa. La ricerca ha individuato quattro gruppi omogenei per caratteristiche socio-demografiche, comportamentali e psicologiche: "progressisti", "inconvincibili", "edonisti" e "follower".
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Gli “edonisti” (15% del totale degli intervistati) sono tra i più aperti all’acquisto. Sono soprattutto uomini, fino ai 25 anni d’età, per lo più onnivori, con un livello di istruzione media e una vita attiva. Registrano la percentuale più alta di soggetti che hanno già avuto esperienze passate con il consumo di cibo a base di insetti, e l’interesse più basso verso le dimensioni di salubrità ed etica nelle decisioni alimentari. Altrettanto interessati all’insect food sono i “progressisti” (18%): persone over 40, equamente divise tra uomini e donne, per lo più liberi professionisti e imprenditori e con un livello di scolarizzazione universitario. Si definiscono onnivori e praticanti sport individuali. Sono i più interessati a provare alimenti inusuali e nuovi e compiono scelte di acquisto alimentari che tengano conto delle proprietà salutistiche degli alimenti e della loro dimensione etica.
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I meno interessati all’insect food sono gli “inconvincibili” e i “follower”. Gli “inconvincibili” (33%), composti soprattutto da donne tra i 18 e 25 anni, con un livello di istruzione medio-alto, sono onnivori e non hanno avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti. Non vogliono esplorare alimenti nuovi e sono poco interessati alla dimensione salutistica degli alimenti. I “follower” (33%), sono rappresentati soprattutto da donne, over 26, con istruzione intermedia e sedentarie. Interessati alla salubrità e alla dimensione etica degli alimenti acquistati, tendono a volersi conformare alle opinioni altrui, non hanno sumo di insetti (chi ha già sperimentato alimenti a base di insetti risulta più incline a ripetere l’esperienza); il genere, con gli uomini maggiormente disposti alla possibilità di acquistare questi alimenti; la propensione al cambiamento: i soggetti più curiosi risultano più aperti all’entomofagia. “Come evidenziato dalla ricerca –spiega Riccardo Valesi, ricercatore del Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli Studi di Bergamo - i driver principali che spingerebbero i consumatori all’acquisto di questi alimenti sono la curiosità e lo spirito innovativo. Ma questo è solo il primo passo per indagare un mercato molto promettente per il futuro: condurremo altri studi per approfondire il rapporto tra italiani e insect food utilizzando anche tecniche neuroscientifiche che potrebbero includere l’assaggio diretto di questi cibi al fine di valutare i processi percettivo-emotivi impliciti sottesi ai soggetti rientran- note, un’associazione culturale senza scopo di lucro che organizza eventi e food experience per comunicare il tema dell’entomofagia. “Abbiamo iniziato la nostra attività nel 2015 – spiega – da allora il pubblico si è fatto più consapevole. C’è meno diffidenza e soprattutto nell’ultimo periodo chi è più sensibile ai temi del cambiamento climatico, del benessere animale… è più propenso anche solo all’idea di provare gli insetti commestibili. Se all’inizio il target era piuttosto giovane, dai 22 ai 35, oggi anche tra gli over 40 e 50 ci sono persone aperte e interessate. Le persone più aperte culturalmente e abituate a viaggiare sono anche le più curiose nei confronti di questi alimenti.” mai avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti e non vogliono variare i loro consumi alimentari.
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In generale, le variabili che più si accostano positivamente all’intenzione di acquisto di alimenti a base di insetti sono le esperienze pregresse nel con- ti nei target primari (progressisti ed edonisti) e secondari (follower).”
Che i consumatori italiani siano sempre più curiosi nei confronti di questi nuovi alimenti, è confermato dalle impressioni di Giulia Tacchini, co-Founder insieme a Giulia Maffei di Ento -
È interessante capire quali sono gli aspetti che riguardano gli insetti su cui le persone che si avvicinano a questo mondo sono più sensibili. “Anzitutto c’è il tema prezzo - afferma Giulia Tacchini. Il costo della farina di grillo spaventa un po’. È sicuramente alto, ma bisogna pensare che questo prodotto non viene usato per sostituire al 100% gli ingredienti tradizionali che usiamo, per esempio per produrre il pane, la pasta, i biscotti… ma per integrarli, in percentuali variabili. È molto dibattuto anche il tema della sicurezza alimentare, ma l’autorizzazione EFSA garantisce i consumatori sotto questo profilo. C’è poi chi ci chiede qual è il quantitativo ottimale di insetti da consumare: oggi è già disponibile della letteratura scientifica sul contenuto nutrizionale della farina di insetti, ma nei prossimi anni saranno disponibili più dati.”
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