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icette per quattro stagioni”. Il titolo dei quattro libretti che per altrettante settimane accompagneranno il Salvagente è nato da una geniale idea di Martino Ragusa e l’obiettivo ci ha convinti subito. “Perché non preparare una minienciclopedia che aiuti i lettori a usare solo prodotti di stagione?”, ci ha proposto quando gli abbiamo chiesto aiuto per questa iniziativa editoriale. Nulla di più adatto alla filosofia del Salvagente. Gli ingredienti di stagione, infatti, sono più buoni, più sani e più economici. Non devono SS O O M M M M A A R R II sopportare lunghi

“R

viaggi prima di arrivare in tavola, infatti, né i trattamenti che ne conseguono. E aiutano l’ambiente, riducendo le emissioni. E così è nata questa serie che, ci auguriamo collezionerete con soddisfazione. Unendo per una volta il buono e il sano al risparmio.

Antipasti-pizze Arance tonnate Strudel di radicchio trevigiano Focaccia messinese

4 5 6

Caserecce con l’umido Gnocchi di semolino (alla romana) Scialatielli alle vongole Spaghetti del maltempo Risotto giallo (alla milanese) Zuppa d’orzo

8 9 10 11 12 13

Primi

Secondi

Inserto a cura di Martino Ragusa Progetto grafico e impaginazione di Monica Rodriguez

O O

Triglie alla livornese Baccalà al latte Carbonada Galletto alla cacciatora Lombo di maiale al latte Carciofi alla romana

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Torta di cioccolato e noci Amor polenta

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Dolci


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Arance di Ribera tonnate 500 g di arance di Ribera dop Salsa tonnata Per la salsa tonnata: 100 g di tonno sott’olio 3 tuorli di uova sode 20 g di capperi sotto sale 2 acciughe sotto sale 1 limone 6 cucchiai di olio extravergine di oliva Pepe Per guarnire: Filetti di acciughe sott’olio sgocciolati Capperi sotto sale dissalati

cco un antipasto creativo che unisce un prodotto del Sud, le arance, con una preparazione tipica piemontese, la salsa tonnata. Consiglio le arance di Ribera dop. Sono bionde, prive di semi e con un sapore tendente al dolce. Proprio per la consistenza piacevolmente sostenuta e la perfetta modulazione tra il dolce e l’aspro mai aggressivo, quest’arancia si presta molto bene all’utilizzo gastronomico. Ho trovato interessante l’accostamento con il sapore grasso-salato della salsa tonnata piemontese, che viene qui proposta nella versione “all’antica” con i tuorli di uova sode. Dissalate e diliscate le acciughe. Lessate le uova e fatele raffreddare. Sgusciatele e schiacciate i tuorli con un cucchiaio di legno fino a ridurli in poltiglia. Potete scegliere se continuare la lavorazione a mano oppure con un mixer. Unite l’olio a filo

E

sempre mescolando fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. A parte sbriciolate il tonno o schiacciatelo e lavoratelo con il cucchiaio di legno (o frullatelo) assieme alle acciughe e ai capperi. Unite le due salse, aggiungete il succo del limone filtrato, pepate e mescolate delicatamente con il cucchiaio di legno. Tenete la salsa tonnata in frigo ricoperta di pellicola fino al momento di usarla. Sbucciate le arance rimuovendo la pellicina bianca.Tagliatele a fette spesse circa 1 cm, scolatele dall’eccesso di succo e sistematele sul piatto di portata. Ricopritele con la salsa tonnata. Guarnite con qualche cappero, qualche filetto di acciuga sott’olio sgocciolato, qualche scorzetta di arancia ottenuta con il riga-agrumi. Tenete il piatto in frigo, coperto con la pellicola, fino al momento di servire.


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Strudel di Radicchio rosso di Treviso Per la sfoglia: 350 g di farina 00 1 uovo intero 1 tuorlo per spennellare 1 dl di latte tiepido 75 g di burro 1 pizzico di sale Per il ripieno: 500 g di radicchio tardivo di Treviso 200 g di ricotta 100 g di prosciutto crudo 100 g di fontina valdostana 1 pera Decana 100 g di parmigiano reggiano 2 scalogni di Romagna 1 bicchiere di vino bianco secco 20 g di burro Olio extravergine di oliva Sale vi scoraggia la preparazione della sfoglia, rivolgetevi pure a quella pronta surgelata. Fingerò di non vedere. Disponete la farina a fontana, praticate un cratere al centro e mettetevi l’olio o il burro ammorbidito, il latte, l’uovo, il sale. Impastate finché il composto non ha un aspetto uniforme, morbido ed elastico. Quando giudicherete ottimale la sua consistenza, avvolgetelo in uno straccio da cucina bianco e inumidito. Fate riposare la pasta per mezzora in un luogo tiepido. Dopo poggiatela su uno straccio infarinato, inumidite la superficie con un po’ di olio e tiratela con le dita infarinate dal centro verso la periferia. Infine stendetela con il mattarello finché non è sottile dandole la forma di un rettangolo non troppo stretto. Mondate la pera, tagliatela a dadini e fateli stu-

Se

fare nel burro a fuoco lento per 10 minuti. Tenete da parte. Lavate il radicchio, asciugatelo bene, tagliatelo a tocchetti e saltatelo in padella con un filo di olio per soli 2 minuti a fuoco allegro perché rimanga croccante.Aggiungete il vino e fatelo evaporare sempre a fiamma alta. Lasciate raffreddare i tocchetti di radicchio in una ciotola e mescolateli con il prosciutto affettato e tagliato a listarelle, con la fontina tagliata a dadini, gli scalogni e il parmigiano grattugiato. Distribuite il composto sulla pasta lasciando liberi i bordi. Arrotolate lo strudel e sigillatelo premendo con le dita. Bucatelo con i rebbi di una forchetta, spennellate la superficie con il tuorlo e infornatelo a 180 gradi per una ventina di minuti. Comunque, come sempre, regolatevi voi con il vostro forno.


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Focaccia messinese Per la base: 500 g di farina 00 20 g di lievito di birra 260 g di acqua (quantità orientativa, dipende dall’umidità della farina) 4 cucchiai di olio 1 cucchiaino di zucchero sale Per il condimento: 1 cespo di indivia riccia 10 pomodorini da serbo oppure di Pachino 4 acciughe sott’olio sgocciolate 200 g di provola dei Nebrodi o altra provola dolce Origano Sale

focaccia messinese è un’eccellente pizza nella quale il sapore grasso della provola, usata senza avarizia, viene straordinariamente bilanciato dalla generosa presenza dell’indivia, un contrappunto ideale sia dal punto di vista nutrizionale che gastronomico. Se non trovate i pomodorini da serbo o da pendola, potete sostituirli con i Pachino. Sciogliete il lievito nell’acqua tiepida con un cucchiaino di zucchero, mescolate bene con una forchetta e aspettate che la soluzione diventi schiumosa. Fate la fontana di farina e versate nel cratere la soluzione di acqua e lievito. Incorporate alla farina il liquido e l’olio, salate con moderazione e impastate a lungo fino a ottenere un impasto morbido ed elastico.

La

Lasciate lievitare la pasta fino a quando raddoppia di volume. Mondate l’indivia, lavatela, scolatela molto bene, tagliatela a tocchetti di un paio di centimetri di lunghezza e salatela con moderazione. Ungete con l’olio una teglia di 30 cm per 25 e spianatevi la pasta. Distribuite sulla sua superficie i pomodorini tagliati a metà, le acciughe a pezzettini, l’origano. Coprite con la scarola cruda e lasciate lievitare fino a quando non raddoppia di volume. Infornate a 200 gradi per 30 minuti (più o meno, a seconda del vostro forno). Sfornate la pizza e copritela con la provola tagliata a fette sottili in modo che la superficie risulti completamente bianca. Infornate di nuovo per altri 5 minuti per fare fondere la provola. Servite la pizza calda e filante.


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Casarecce con l’umido 320 g di casarecce 800 g di scamone di manzo Vino per marinare 50 g di carota 50 g di cipolla 20 g di sedano 1 spicchio d’aglio 1 bicchiere di vino bianco secco 1 cucchiaino da tè colmo di concentrato di pomodoro 8 pomodorini del pendolo (o Pachino) 2 foglie di alloro 2 chiodi di garofano Olio

pasta con l’umido di manzo è un piatto invernale comune a molte regioni dell’Italia centro-meridionale. In origine era un modo per riciclare uno stufato avanzato. In realtà è un primo di pasta talmente buono da meritare una preparazione apposita. Tagliate la carne a piccoli tocchetti e fatela marinare per un paio di ore coperta di vino bianco. Scolatela bene e rosolatela in un filo di olio dentro a un tegame pesante, di ghisa o di coccio. Quando è rosolata da tutte le parti, rimuovetela e tenetela da parte scoperta. Tritate insieme il sedano, la carota, la cipolla e l’aglio e fate appassire questo battuto nel fondo di cottura della carne a fuoco dolce. Quando il trito è ben stufato, riunite la carne,

La

bagnate con il vino, alzate la fiamma e lasciate evaporare completamente il vino. Aggiungete l’alloro, i chiodi di garofano, i pomodori privati dei semi e tritati, il cucchiaino di concentrato sciolto in mezzo bicchiere di acqua tiepida e fate insaporire per 10 minuti. Coprite con acqua o brodo bollente, salate, pepate e incoperchiate. Fate cuocere a fuoco moderato per almeno 2 ore. Infilzate la carne, se è tenera spegnete il fuoco. Se il sugo fosse troppo liquido, lasciatelo restringere a fuoco dolce oppure addensatelo con un cucchiaino di farina 00 sciolto in mezzo bicchiere di acqua fredda e versato attraverso un colino. Lessate le casarecce, scolatele e conditele con il sugo ben caldo e i tocchetti di carne.


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Gnocchi di semolino (alla romana) 250 g di semolino 1 l di latte 2 tuorli di uovo 60 g di burro 80 g di parmigiano grattugiato Noce moscata Sale Per il condimento: Parmigiano grattugiato 50 g di burro

on solo di patate. Gli gnocchi possono essere anche di farina, di pane raffermo, di ricotta, di zucca, di spinaci, di mortadella… Insomma, è una famiglia vasta con contributi provenienti da tutte le regioni italiane. Gli gnocchi alla romana, celeberrimi e squisiti, sono a base di semolino. Non sono difficili da preparare, richiedono solo un po’ di pazienza. Riservateli alla domenica o a un altro giorno di festa della stagione fredda. Vedrete che successo! Ah, sì. Mi tocca dire che non sono molto dietetici, ma una volta tanto si può sgarrare. Mettete sul fuoco il latte assieme a 10 g di burro e a una presa di sale. Quando bolle versate a filo il semolino mescolando continuamente per non formare grumi. Fate cuocere per 10 minuti continuando a girare. Ritirate dal fuoco e, sempre mescolando, unite 50 g di burro, i 2 tuorli, 50 g di

N

parmigiano e una grattatina di noce moscata. Amalgamate bene il composto, aggiustatelo di sale e versatelo ancora caldo su un piano di marmo unto di olio o su un foglio di carta da forno unta di olio. Bagnate con acqua un coltello a lama larga e con questo livellate l’impasto a 1,5 cm di spessore, poi lasciatelo raffreddare. Usando un bicchiere capovolto e con il bordo infarinato formate dei dischetti. I ritagli reimpastati e di nuovo spianati forniranno altri gnocchi. Ungete bene con il burro una teglia che possa contenere tutti gli gnocchi in un solo strato. Tagliate a dadini 50 g di burro ben solido, di frigo. Cospargete gli gnocchi con i piccoli dadini di burro e parmigiano grattugiato. Mandate in forno preriscaldato a 180 gradi per 15 minuti.


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Scialatielli alle vongole Per gli scialatielli: 300 g di semola di grano duro rimacinata 100 g di farina 00 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva 40 g di pecorino grattugiato 1 uovo 120 g di latte Sale Per il condimento: 1 kg di vongole veraci 10 pomodorini del pendolo o ciliegini 2 spicchi di aglio Prezzemolo 4 cucchiai di olio extravergine di oliva Peperoncino

onoscete gli scialatielli? Sono una meravigliosa pasta casalinga della Costiera amalfitana. Farli non è poi così difficile. E vedrete che soddisfazione! Mescolate le due farine e formate la fontana. Versate nel cratere l’uovo, il pecorino grattugiato, l’olio e il sale. Sbattete con una forchetta come per fare una frittata aggiungendo il latte poco alla volta. Impastate fino a ottenere un composto consistente e liscio, avvolgetelo nella pellicola e lasciatelo in frigo per mezzora. Stendete una sfoglia piuttosto spessa, di circa 3 millimetri, lasciatela asciugare e ricavatene delle corte tagliatelle larghe circa 1 centimetro e lunghe circa 10. Disponete gli scialatielli sul tagliere cosparso di farina.

C

Spurgate le vongole in acqua e sale per 3 ore. Fatele aprire in un tegame coperto con uno spicchio di aglio e del prezzemolo. Sgusciatene tre quarti, filtrate il liquido di apertura attraverso un colino e tenetelo da parte. In un’ampia padella fate appassire 1 spicchio di aglio in 4 cucchiai di olio caldo con il peperoncino e i pomodorini tagliati a metà. Quando l’aglio accenna a prendere colore, unite le vongole sgusciate e con il guscio e 4 cucchiai del liquido di apertura. Fate restringere per un minuto e togliete l’aglio. Lessate gli scialatielli in abbondante acqua salata, scolateli e saltateli in padella assieme al condimento. Irrorate con olio e ammorbidite con acqua di cottura.


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Spaghetti del maltempo 320 g di spaghetti 1 mazzetto di finocchietto selvatico 3 acciughe sotto sale 20 g di pinoli 20 g di uva passa 2 cucchiai colmi di pangrattato 1 spicchio di aglio Olio extravergine di oliva Pepe nero di mulinello Sale

iatto siciliano povero e antico che veniva preparato soprattutto in inverno, quando per il maltempo non erano disponibili le sarde fresche per la classica pasta con le sarde. Oggi viene preparato con due varianti: con il finocchietto come descritto in ricetta, oppure senza. In questo secondo caso gli spaghetti vanno cotti in acqua (non nel brodo del finocchietto) e cosparsi di prezzemolo tritato una volta nel piatto. Ammollate l’uvetta in un bicchiere di acqua tiepida per una decina di minuti.Versate un piccolo giro di olio in un padellino e tostate il pangrattato finché non è ben dorato. Tenetelo da parte. Mettete in una pentola l’acqua per la pasta. Portate a bollore, salate e versatevi la parte verde e i gambi morbidi dei finocchietti. Pescateli al dente col mestolo forato, scolateli bene e tritateli.

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Dissalate le acciughe, sfilettatele e sminuzzatele. Versate quattro cucchiai di olio in un’ampia padella che dovrà contenere tutta la pasta, mettete sul fuoco dolce e fate scaldare. Mettetevi ad appassire a fuoco dolce lo spicchio di aglio intero scamiciato e i finocchietti. Unite le acciughe e mescolate. Aggiungete i pinoli e l’uvetta ben scolata. Quando l’aglio accenna a dorarsi, rimuovetelo dalla padella, scartatelo e spegnete il fuoco. Lessate la pasta nel brodo dei finocchietti e scolatela tenendo un po’ di liquido da parte. Versatela nella padella della salsa di acciughe e finocchietti, saltate per 30 secondi aggiungendo un filo di olio e, se occorre, qualche goccio di acqua di cottura per mantenere morbida la pasta. Cospargete con pepe macinato al momento, coprite con il pangrattato tostato e servite.


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Risotto giallo (alla milanese) 320 g di riso semino Vialone Nano o Carnaroli 20 pistilli di zafferano 1,8 litri di brodo di carne 1/2 bicchiere di vino bianco 1/2 cipolla media bianca o dorata 40 g di burro 40 g di midollo di bue 1 cucchiaio di grana lodigiano grattugiato

uno dei piatti italiani più conosciuti nel mondo con il nome di “Risotto alla Milanese”. A Milano è chiamato familiarmente “risott giald”, risotto giallo, e rimane un caposaldo della cucina cittadina. La ricetta è invariata da secoli con un’unica eccezione: il midollo di bue aggiunto sempre meno per motivi dietetici. Ma è un insaporitore formidabile. Mettete in infusione i pistilli di zafferano nel brodo caldo. Fate scaldare 20 g di burro nel tegame assieme al midollo di bue, versatevi la cipolla affettata sottilmente e fatela appassire a fuoco basso per 10 minuti badando che non si dori. Aggiungete il riso e mescolate. Tostate il riso a fuoco basso per 2-3 minuti. I chicchi diventeranno prima trasparenti con

È

un nucleo centrale opaco, poi totalmente opachi. A questo punto bagnate con il vino e fatelo evaporare. Aggiungete un mestolo di brodo bollente, alzate la fiamma e lasciate evaporare completamente mescolando il meno possibile. L’ideale sarebbe saltare il riso. Aggiungete un altro mestolo di brodo e continuate fino a cottura regolandovi con la qualità di riso che avete scelto. A metà cottura aggiungete l’infusione di zafferano filtrandola attraverso un colino e mescolate. Spegnete il fuoco lasciando il risotto piuttosto “all’onda”. Aggiungete 20 g di burro, 1 cucchiaio colmo di grana grattugiato e mescolate. Lasciate riposare due minuti e portate a tavola.


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Zuppa d’orzo 200 g di orzo perlato 100 g di speck in un’unica fetta 2 patate 1 porro 1 costa di sedano 2 carote 1 cipolla 1 spicchio d’aglio Acqua o brodo di carne oppure brodo di estratto di carne Pepe bianco Sale

uando, in inverno, si ha voglia di un “piatto consolatorio” (o “comfort food”, come lo chiamano gli anglofoni) capace di scaldarci e coccolarci, non c’è niente come la zuppa d’orzo, diffusa soprattutto in Alto Adige con il nome di Gertsuppe. Come tutte le antiche preparazioni contadine e montanare, conta molte versioni in questo caso ancora più comprensibili per via dell’isolamento delle valli e soprattutto dei “masi chiusi”, le fattorie completamente autosufficienti, capaci di consentire il sostentamento di un intero e di solito vasto gruppo familiare. Questa versione è la più semplice e, a mio avviso, la migliore. Io la alterno a un’altra variante che prevede l’aggiunta di un bicchiere di latte nell’ultima mezzora di cottura. In tal caso, per via del colore tendente al

Q

bianco e del sapore più delicato, l’effetto “consolatorio” risulta amplificato. Mettete a bagno in acqua fredda l’orzo per 1 ora. Tagliate a tocchetti minuscoli il sedano e le carote e affettate la cipolla e il porro. Lavate l’orzo e mettetelo in abbondante acqua fredda (o brodo) in un tegame di coccio o di ghisa. Tagliate lo speck a dadini e fatelo rosolare in un filo di olio di oliva. Unite le verdure e fate appassire il tutto. Quando l’orzo comincia a bollire, versate nel tegame il soffritto e lo spicchio di aglio tritato. Riducete la fiamma al minimo e portate a cottura in circa un’ora. Salate e pepate. Durante l’ultima mezz’ora di cottura, unite le patate tagliate a dadini molto piccoli. Mescolate spesso e regolate la liquidità della zuppa che comunque alla fine deve risultare molto densa.


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Triglie alla livornese 1 kg di triglie di scoglio di almeno 100 g ciascuna 600 g di pomodori pelati 2 spicchi di aglio 2 ciuffetti di prezzemolo 1 peperoncino 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva Sale

opo l’importazione dalle Americhe, il pomodoro fu introdotto a Livorno dagli ebrei sefarditi. Pioniera in Europa, la città l’adottò con entusiasmo, tanto che si è finito col definire “alla livornese” molti piatti - soprattutto di pesce - addobbati in salsa di pomodoro. Sminuzzate i pomodori pelati e metteteli a scolare dentro a uno scolapasta. Tritate l’aglio con un ciuffetto di prezzemolo e il peperoncino. Versate l’olio in una padella abbastanza grande da contenere tutte le triglie in un solo strato. Lasciatelo scaldare e fatevi appassire il trito di aglio, prezzemolo (un ciuffetto) e peperoncino badando che l’aglio non prenda colore.

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Aggiungete i pomodori in tocchetti e fateli insaporire per 3 minuti a fuoco allegro. Abbassate la fiamma, salate e portate la salsa a cottura in 20 minuti, a fuoco medio, aggiungendo l’acqua che occorre a mantenere piuttosto morbido l’intingolo. Squamate con delicatezza le triglie. Lasciate la testa, togliete le branchie, le interiora, la pinna dorsale e le natatorie lasciando la coda. Lavatele, fatele scolare bene e adagiatele in un solo strato nel sughetto di pomodoro. Fate cuocere a fuoco medio-basso per 7 minuti, senza coperchio e senza girarle per non romperle. Limitatevi a scuotere ogni tanto la padella. Fuori dal fuoco, cospargete con l’altro ciuffetto di prezzemolo tritato.


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Baccalà al latte 1 kg di baccalà ammollato 200 g di cipolle bianche 250 g di patate 300 cc di latte Prezzemolo 5 cucchiai di olio extravergine di oliva Pepe nero Sale

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uesta è una delle tante ricette che rendono onore al matrimonio tra baccalà e latte. Un’unione pressoché ideale tra un sapore deciso e uno delicato. Ricette di baccalà al latte si trovano nella cucina portoghese, spagnola, francese e italiana. Questa che vi propongo prevede l’accostamento con un altro ingrediente adattissimo al baccalà, la patata. Il baccalà al latte non va confuso con il blasonato ”baccalà alla vicentina”, anch’esso fatto con il latte ma con una ricetta del tutto sui generis che, fra l’altro, prevede l’uso dello stoccafisso e non del baccalà. Come mai? Semplicemente perché in Veneto lo stoccafisso è chiamato baccalà. Sciacquate i pezzi di baccalà, togliete le

spine, la pelle e teneteli da parte. Mondate e affettate sottilmente le cipolle, sbucciate le patate e tagliatele a rondelle di mezzo centimetro di spessore circa. Versate l’olio in una padella piuttosto ampia e appena è caldo mettetevi ad appassire le cipolle a fuoco dolce per circa 10 minuti. Disponete le patate sulla cipolla, salatele pochissimo o per niente se ritenete che il baccalà sia piuttosto salato. Coprite patate e cipolle con il latte e fatele cuocere per 10 minuti a fuoco basso e a tegame coperto. Sistemate i pezzi di baccalà sulle patate. Coprite con altro latte caldo, unite il prezzemolo tritato, il pepe e portate a cottura a fuoco dolce in 20 minuti senza mescolare ma scuotendo spesso la padella.


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Carbonada 800 g di manzo (polpa di spalla o scamone) 2 grosse cipolle bianche 1 bottiglia di vino (enfer d’Arvier o nebbiolo o barbera) farina 00 50 g di burro 1 spicchio di aglio Chiodi di garofano Cannella Pepe nero in grani Sale

uest’umido valdostano compare anche nel menu della cucina tradizionale belga con il nome di “carbonnades flamandes” o “carbonnade á la flamande”. Il gemellaggio si spiega con gli antichi traffici commerciali tra il nord Europa e l’Italia attraverso il passo del Gran San Bernardo. La versione fiamminga prevede la birra al posto del vino. Vi consiglio di provarle entrambe, ma dando la precedenza alla ricetta valdostana, più vicina al nostro gusto. Tagliate la carne a tocchetti oppure a bastoncini larghi circa 1 centimetro e lunghi 5. Infarinateli e rosolateli nel burro (oppure in olio extravergine di oliva) in un tegame pesante, di coccio o di ghisa. Quando sono dorati, toglieteli dal tegame e riservateli scoperti.

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Nel fondo di cottura fate appassire due grosse cipolle bianche tagliate a fette sottili. Quando sono dorate, aggiungete la carne assieme a allo spicchio di aglio che toglierete alla fine. Fate insaporire per qualche istante, salate e unite 3-4 chiodi di garofano, una spolveratina di cannella, un cucchiaino di pepe in grani. Coprite con l’enfer d’Arvier oppure con nebbiolo o anche con un buon barbera. Lasciate evaporare il vino a fuoco alto. Ripetete l’operazione aggiungendo altro vino e facendolo evaporare di nuovo, sempre a fuoco alto. Infine coprite la carne con il vino e fate cuocere per un’ora a fuoco dolce e tegame scoperto, aggiungendo vino quando necessario. Servite la carbonada con l’accompagnamento di una bella polenta caldissima o di patate lessate.


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Il galletto alla cacciatora 1 galletto livornese di circa 1 kg (o pollo) 300 g di pomodori pelati 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 1 bicchiere di vino bianco secco 1 cipolla media 1 carota 1 costa di sedano 1 rametto di rosmarino 1 rametto di salvia con 4-5 foglie 1 foglia di alloro (facoltativa) 1 spicchio di aglio non scamiciato Olio extravergine di oliva Pepe Sale galletto alla cacciatora (ma va bene anche il pollo) è un piatto toscano diffuso anche in Emilia-Romagna. L’inverno è la stagione ideale per prepararlo: il saporitissimo sughetto ben si accompagna con la polenta calda o con le patate lessate. Lavate il galletto e asciugatelo. Quindi tagliatelo in pezzi piuttosto piccoli. Dovrebbero risultare circa 8-10 pezzi. Ma è meglio se lasciate fare questa operazione al macellaio. Tagliate a tocchetti i pelati e teneteli da parte. Tritate il sedano, la carota e la cipolla e fate appassire il trito in una casseruola di ghisa o di terracotta con olio di oliva. Dopo circa cinque minuti aggiungete lo spicchio di aglio intero, non scamiciato e schiacciato, il rametto di rosmarino tritato, le foglie di salvia intere, la

Il

foglia di alloro se la gradite. Lasciate insaporire il tutto per un paio di minuti, quindi riunite il galletto, mescolate bene, alzate la fiamma e aggiungete il vino bianco. Fate evaporare il vino, abbassate la fiamma e aggiungete i pomodori assieme al cucchiaio di concentrato diluito in mezzo bicchiere di acqua tiepida. Continuate la cottura a fuoco medio per una ventina di minuti, finché il sugo non si è addensato. Trascorso questo tempo, aggiustate di sale, pepate e finite la cottura a tegame semicoperto e a fuoco basso.


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Lombo di maiale al latte 800 g di lombo di maiale in un unico pezzo 1 cipolla media di circa 50 g 1 costa di sedano da 50 g 1 carota da 100 g 1 spicchio di aglio 1 foglia di alloro 2 chiodi di garofano 1 rametto di rosmarino 2 foglie di salvia 50 g di burro 2 cucchiai di olio di oliva Latte fresco quanto ne basta a coprire la carne per 3/4 Pepe Sale

al punto di vista tecnico, il lombo di maiale al latte è un piatto ibrido, metà arrosto e metà umido. Dal punto di vista gastronomico, una vera squisitezza! A fine cottura, vi consiglio di fare restringere parte dell’intingolo, di arricchirlo con uvetta e pinoli e spalmarlo su crostini di pane casereccio tostato come se fosse una crema. Se non l’avete già fatta legare dal vostro macellaio, legate la carne e sfregatela con un po’ di sale e pepe. Tenetela da parte a insaporire. Pelate la carota, scamiciate l’aglio e private la costa di sedano dei filamenti. Tritate il tutto finemente con la mezzaluna. Fate fondere 50 grammi di burro in un tegame di materiale pesante, di ghisa oppure di coccio, e fatevi appassire il trito. Quando accenna a dorare, togliete il tegame dal fuoco e tenete da parte il suo contenuto.

D

Rimettete il tegame sul fuoco con un filo di olio di oliva e rosolate il pezzo di carne a fuoco medio da tutte le parti. Quando è ben rosolata, riunite il battuto di sedano, carota e cipolla. Aggiungete il rosmarino e la salvia tritati e i chiodi di garofano. Coprite la carne per 3/4 con latte caldo e fatela cuocere a tegame semicoperto e a fuoco basso per 2 ore girandola ogni tanto. Non bucate la carne con la forchetta, per girarla usate due cucchiai di legno. Durante la cottura aggiustate di sale. Quando è cotta, toglietela dal tegame e mettetela a raffreddare su un tagliere. Una volta freddo, tagliatelo a fette. Scartate l’alloro e passate il sugo o frullatelo con il pimer a immersione, quindi fatelo restringere. Riunite nel tegame la carne all’intingolo e riscaldate prima di servire. Accompagnatelo con purè di patate.


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Ricette per 4 stagioni INVERNO/SECONDI

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Carciofi alla romana 4 carciofi romaneschi del Lazio (detti anche cimaroli romani, mamme romane o mammole) 2 spicchi d’aglio 1 ciuffetto di prezzemolo Il succo di un limone Qualche foglia di nipitella (o mentuccia romana) Olio extravergine di oliva di ottima qualità 2 cucchiai di pangrattato Pepe Sale li ebrei romani non hanno dato alla loro città solo i “Carciofi alla Giudia”, ma anche i celebri “Carciofi alla Romana”, più leggeri perché non fritti e ugualmente ghiotti. Private i carciofi delle foglie esterne riducendoli ai soli cuori. Tornite il girello (o fondo) ed eliminate l’eventuale fieno interno. Tenete i primi 5 centimetri di gambo e pulitelo bene dai filamenti esterni lasciando solo il cuore interno. Trasferite i carciofi in un contenitore pieno d’acqua acidulata con il succo di limone. Tritate insieme l’aglio, la mentuccia e il prezzemolo e metteteli in una ciotola con il pangrattato, il pepe, il sale, un filo di olio e mescolate bene.

G

Sgocciolate un carciofo, divaricate un po’ le foglie e farcitelo con il pangrattato condito. Continuate con tutti gli altri. Quando sono pronti, sistemateli dentro a un tegame piuttosto altino (deve poter contenere i carciofi dritti per tutta la loro altezza). Devono essere posti a testa in giù, cioè con il gambo in alto, e devono essere stretti tra loro per non ribaltarsi durante la cottura. Se il tegame fosse troppo largo, colmate il vuoto con una patata di opportune dimensioni. Salate i carciofi all’esterno e copriteli fino a metà girello con 2/3 di acqua e 1/3 di olio. Incoperchiate e fate cuocere a fuoco medio per i primi 10 minuti. Continuate a fuoco basso per altri 20 minuti circa, a seconda della grandezza dei carciofi. Serviteli con il sughetto di cottura.


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Ricette per 4 stagioni INVERNO/DOLCI

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Torta di cioccolato e noci 200 g di gherigli di noci (peso netto) 150 g di zucchero 100 g di burro 100 g di cioccolato fondente 3 uova 1 bicchierino di rum 100 g di farina 1 bustina di lievito per dolci 1 pizzico di sale

mia amica “tata Wilma” mi ha recentemente sorpreso con questa torta facile e squisita che celebra ancora una volta il felice connubio tra cioccolato fondente e noci. Per fortuna, non è gelosa delle sue ricette e così ho potuto inserirla nel mio menu invernale. Provatela! Tritate grossolanamente le noci. Tenete qualche gheriglio da parte per decorare. Spezzettate il cioccolato, mettetelo in un tegamino assieme al burro e scioglietelo a bagnomaria mescolando continuamente fino a ottenere un composto cremoso e privo di grumi. Sbattete i tuorli con lo zucchero come per preparare uno zabajone fino a ottenere un composto spumoso e chiaro. Aggiungete la farina e il lievito continuate a sbattere

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amalgamando bene. Unite il cioccolato fuso assieme al burro versandolo a filo e mescolando continuamente. Poi unite il rum e le noci tritate. Montate gli albumi a neve con un pizzico di sale e uniteli delicatamente al resto con un movimento rotatorio regolare dal basso verso l’alto. Imburrate e infarinate una tortiera di 23 cm di diametro. Versate al suo interno l’impasto della torta. Decorate con qualche mezzo gheriglio di noce e infornate in forno già caldo a 180°C per circa 30-35 minuti. Come sempre, regolatevi con il vostro forno. Lasciate raffreddare la torta nel forno spento e aperto e, se vi piace, cospargetela con zucchero a velo.


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Ricette per 4 stagioni INVERNO/DOLCI

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Amor polenta 100 g farina gialla fioretto macinata finissima 50 g di farina bianca 00 120 g di burro 120 g di zucchero a velo 1 cucchiaio di zucchero semolato 50 g mandorle 2 tuorli 2 uova intere 1 bicchierino di maraschino (o rum) 1 bustina di lievito per dolci Olio extravergine di oliva 1 pizzico di sale amiliare, rustico e di antica memoria, l’amor polenta è un dolce con un nome bellissimo e un ottimo sapore. La sua origine è lombarda, come testimonia l’altro suo nome “Dolce di Varese”. Vi consiglio di provarlo, anche perché è di facile esecuzione e riuscita sicura. Ma attenzione: la farina gialla deve essere macinata finissima. Questo è un requisito fondamentale. Sarebbe anche opportuno usare l’apposito stampo scanalato, ma in mancanza andrà bene anche uno stampo da plum-cake. Pelate le mandorle tuffandole per un minuto in acqua bollente. Lasciatele asciugare, tostatele leggermente in una padella con un goccio di olio e tritatele assieme allo zucchero semolato fino a ridurle in polvere. Farete benissimo se userete un frullatore.

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Montate il burro ammorbidito con lo zucchero a velo, anche con la frusta elettrica. Aggiungete le uova e i tuorli uno alla volta e mescolando delicatamente con un cucchiaio di legno. Unite la farina, il lievito, le mandorle tritate, il sale e il maraschino. Imburrate e infarinate uno stampo da amor polenta a forma di mezzo cilindro scanalato, oppure uno stampo da plum-cake. Versate l’impasto nello stampo evitando di formare bolle d’aria all’interno. Livellate bene la superficie e infornate in forno preriscaldato a 180°. Fate cuocere senza mai aprire il forno per 40-50 minuti. A cottura ultimata, lasciatelo raffreddare sulla bocca del forno e quando è completamente freddo cospargetelo con zucchero a velo.


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