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LA VALUTAZIONE DEGLI ELEMENTI INDIZIARI OFFERTI DAL PUBBLICO MINISTERO A SOSTEGNO DELLA RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELLA MISURA CAUTELARE
from L'ordinanza di applicazione della misura cautelare nei confronti di Rosalia Messina Denaro
by Robin Srl
Personale
La richiesta del Pubblico Ministero sopra ripmiata delinea, a parere di questo Giudice per le Indagini Preliminari, un quadro indiziario a carico dell'odierna indagata di estrema gravità e, comunque, sicuramente idoneo ad integrare le condizioni di applicabilità della chiesta misura cautelare personale per le ragioni di seguito specificate.
Prima di affrontare la contestazione formulata dal Pubblico Ministero a carico di Messina Denaro Rosalia appare opportuno, però, premettere alcune considerazioni di carattere generale innanzitutto con riguardo al materiale indiziario necessario ai sensi dell'art. 273 c.p.p., per il quale, ancora con recente sentenza dell'8 aprile 2021 n. 16158, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che "ai fini del!'adozione di una misura cautelare personale è siifficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità del! 'indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - giacché il comma i-bis dell'art. 273 cod. proc. pen. richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 cod. proc. pen" (in termini analoghi si veda anche Cass. 14 marzo 2019 n. 1724 7). Si vuole dire, in altre parole, che per la valida emissione di una misura cautelare è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine al reato (provvisoriamente) addebitatogli e che, tuttavia, gli indizi devono essere, sì, gravi, ma non necessariamente connotati dai requisiti della precisione e della concordanza, richiesti per il giudizio di merito dall'articolo 192, comma 2, c.p.p. (cfr., in proposito, anche Cass. 24 gennaio 2017 n. 6660).
E per indizio grave deve intendersi quello che sia pertinente rispetto al fatto da provare, idoneo ad esprimere una elevata probabilità di derivazione del fatto noto da quello ignoto e dotato di un elevato grado di capacità dimostrativa del fatto da provare (v. Cass. 11 giugno 2020 n. 26115) e, quindi, in sostanza, "tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che - contenendo "in nuce" tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova - non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell'indagato e, tuttavia, consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, per mezzo della futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza" (v. Cass. 11 gennaio 2019 n. 17527).
Ancora in via generale, poi, prima di esaminare più specificamente il materiale indiziario a carico dell'odierna indagata, occorre formulare alcune ulteriori considerazioni sulla fattispecie di reato contestata che concerne l'associazione di tipo mafioso e, più specificamente, nel caso in esame, l'associazione di tipo mafioso denominata "cosa nostra", la cui esistenza, pertanto, costituisce il presupposto indefettibile della condotta criminosa contestata.
Ebbene, l'esistenza di tale organizzazione criminale, che, per numero di aderenti, disponibilità di mezzi ed efferatezza di crimini ha costituito e costituisce, tuttora, sicuramente uno dei più gravi (se non il più grave dei) fenomeni criminali del nostro paese, è rimasta storicamente accertata, sul piano giudiziario, già a seguito della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione il 30 gennaio 1992 nel procedimento contro Abbate Giovanni ed altri, più noto come primo maxiprocesso.
In sostanza, quindi, è ormai incontestato che esista un'associazione criminale denominata "cosa nostra", strutturata in maniera unitaria e verticistica, articolata su base territoriale e disciplinata da regole comportamentali rigidamente vincolanti per i suoi aderenti che, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo, opera al fine di porre sotto il suo controllo ogni attività economica lecita o illecita che assicuri ingenti profitti, con una capacità di infiltrazione in tutti livelli della società che ne aumenta la potenza e, quindi, la pericolosità.
Null'altro, pertanto, appare necessario aggiungere in ordine a tale organizzazione criminale, la cui esistenza, comprovata ormai dall'esito delle molteplici complesse indagini e dei numerosi processi che hanno consentito a magistratura e forze dell'ordine di acquisire, anche grazie alla preziosa collaborazione di molti "uomini d'onore" dissociatisi dal sodalizio mafioso, specifica ed approfondita conoscenza sulle dinamiche interne e sulle molteplici attività criminose di "cosa nostra", può annoverarsi nella categoria del "fatto notorio".
Quanto, poi, alle contestate circostanze aggravanti di cui ai commi 4 e 6 dell'art.
416 bis c.p., va detto che ancora di recente la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire, relativamente alla prima, che "in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, la circostanza aggravante della disponibilità di armi, prevista dall'art. 416-bis, comma quarto, cod. pen., è confì,gurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi dàparte degli associati o lo ignori per colpa, per l'accertamento della quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso" (v. Cass. 7 novembre 2019 n. 50714), e, relativamente alla seconda, che "la circostanza aggravante di cui al sesto comma dell'art. 416-bis cod. pen. - che si configura ove le attività economiche di cui gli associati intendano assumere o mantenere il controllo siano finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti - ha natura oggettiva e va riferita all'attività dell'associazione e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, il quale, nel caso di associazioni cd. storiche come mafia, camorra e 'ndrangheta, ne risponde per il solo fatto della partecipazione, dato che - appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando ed investendo i profitti di delitti che tipicamente pongono in essere in esecuzione del suo programma criminoso - un 'ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato è inconcepibile" (v. Cass. 1 aprile 2021 n. 23890).
Ciò premesso, alla luce delle considerazioni e dei principi appena esposti, può essere ora esaminata la contestazione di reato nei confronti di Messina Denaro Rosalia.
Ebbene, in termini di fatto, non sembra necessario aggiungere alcunché all'evidenza delle risultanze probatorie esposte dal Pubblico Ministero come sopra già riportate.
Ed invero, risulta inconfutabilmente accertato, innanzitutto, che Messina Denaro Rosalia ha costituito un importantissimo punto di snodo delle comunicazioni del fratello latitante, non soltanto con i membri della sua famiglia di origine (fatto che, di per sé, sarebbe privo di rilevanza penale), ma, soprattutto, ed è ciò che qui rileva, con un elevato numero di soggetti a vario titolo coinvolti nelle attività di interesse dell'associazione mafiosa "cosa nostra" operante nel territorio di Castelvetrano e comuni limitrofi di cui il latitante medesimo costituiva - ed ha continuato a costituire sino al suo arresto - il vertice incontestato ed incontrastato. Basti qui evidenziare, rinviando per la più completa esposizione, al fine di evitare inutili ripetizioni, alla ricostruzione effettuata dal Pubblico Ministero, già sopra integralmente ripmiata, tutti gli innumerevoli e diversi destinatari dei "pizzini" indicati con nomi in codice ("Fragolone" "Fraoolina" "Condor" "Ciliegia" ' b ' ' ' "Repaiio", "Parmigiano", "Malato" peraltro già in passato identificato in Geraci Andrea, "Complicato", "Mela") a ulteriore riprova della finalità e della natura criminose dei messaggi e del chiaro intendimento di preservarne l'identità nel caso i "pizzini" fossero stati "intercettati" dalle Forze dell'Ordine.
Nessun dubbio, poi, può residuare sulla riferibilità del contenuto di alcuni dei detti "pizzini" ad attività ed affari Messina Denaro Matteo in quanto capo dell'associazione mafiosa, e, a tal fine, rinviando anche in questo caso alla dettagliata ricostruzione del Pubblico Ministero, è sufficiente ricordare i ripetuti riferimenti alla "cassa" ed ai più disparati impieghi delle somme di denaro in questa raccolte non esclusivamente riferibili ad esigenze personali (e ciò a prescindere dalla dirimente considerazione che queste ultime inevitabilmente si sovrappongono a quelle del "capo" dell'organizzazione mafiosa, essendo, comunque, indispensabili per il mantenimento e l'ulteriore svolgimento di tale funzione).
Ci si intende riferire, ad esempio, al "pizzino" rinvenuto ben occultato nella abitazione di via Alberto Mario di Castelvetrano nel quale vengono riportati alcuni conteggi relativi ad anni pregressi con contestuale indicazione da parte del Messina Denaro Matteo sull'impiego del denaro (''per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400") e richiesta di puntuale periodico resoconto ("e mifai sempre lo spekkietto finale così so quanto è la cassa").
O, ancora, a quelli intestati "cassafinale gennaio 2010", "cassa finale novembre 201 l", "uscite gennaio 201 l" e "uscite gennaio 2013".
Ebbene, cmne si è visto, il duplice riscontro dei messaggi rinvenuti sia nella casa di Campobello di Mazara abitata dal latitante, sia, con corrispondente contenuto, nelle abitazioni della sorella Messina Denaro Rosalia (rispettivamente site nella via Alberto Mario di Castelvetrano e in contrada Strasatto di Campobello di Mazara) ove si trovavano abilmente occultati (tanto che soltanto per una occasionale attività di P.G. avente altri fini, ad esempio, è stato possibile rinvenire il nascondiglio all'interno della gamba posteriore destra cava di una sedia in ferro), unita alla verifica della grafia della trascrizione del contenuto originario che è stato possibile ricondurre alla predetta indagata, dimostra già inconfutabilmente - e, comunque, già in termini di gravità indiziaria che qui rilevano - il ruolo materiale attribuito alla Messina Denaro con l'incolpazione provvisoria riportata in epigrafe.
Ruolo - è bene ribadirlo e precisarlo ulteriormente - non certo occasionale, ma certamente "strutturato" come dimostrato dal lungo pluriennale arco temporale cui i conteggi della "cassa" sono riferibili e dalla costante opera di "gestione" rassegnata dalla Messina Denaro al fratello latitante con periodici resoconti delle spese e dei residui fondi a disposizione ("mi fai sempre lo spekkietto finale, così so quanto è la cassa").
Il Pubblico Ministero, poi, ha convincentemente ricostruito le ragioni che, ancora in tennini di sicura gravità indiziaria, inducono ad individuare nella indagata Messina Denaro Rosalia il soggetto indicato in codice col nome convenzionale "Fragolone".
Tale identificazione è stata tratta, in sintesi, dal raffronto dei "pizzini" rinvenuti nella abitazione del latitante e quelli conispondenti rinvenuti nelle abitazioni sopra indicate della odie1na indagata Messina Denaro Rosalia secondo quanto dettagliatamente riportato nella richiesta del Pubblico Ministero sopra trascritta e cui, pertanto, si rimanda (unitamente all'informativa di P.G. del 22 febbraio 2023 in atti che più ampiamente analizza gli elementi fattuali posti a fondamento della conclusione infine raggiunta).
Ancora in sintesi, si tratta del raffronto tra la missiva inviata a "Fragolone" in data 21 novembre 2021 rinvenuta nell'abitazione di Messina Denaro Matteo a Campobello di Mazara avente ad oggetto le indicazioni che il latitante forniva al fine di verificare l'eventuale presenza di sistemi di videosorveglianza installati dalle Forze dell'Ordine e l'esatta trascrizione del contenuto di essa, di pugno di Messina Denaro Rosalia, rinvenuta nell'abitazione di quest'ultima in via Alberto Mario (ancora occultata all'interno della stessa sedia di cui si è detto), per di più con il passaggio alla prima persona (da "ti devi accertare ... " scritto dal latitante a "mi devo accertare " scritto da Messina Denaro Rosalia).
A ciò si aggiungano alcune annotazioni di carattere personale che Messina Denaro Rosalia sintetizza nella trascrizione che fa della missiva ("scatola orol. dare solo i 2 non li toccare più") prima, verosimilmente, di distruggere l'originale conformemente al volere del fratello e che trova, poi, corrispondenza in un'altra missiva ancora indirizzata a "Fragolone" in data 15 marzo 2022 ("Già sai che devi dare a Condor i 2 che non ha voluto Cilie").
Infine, vi sono anche le missive riguardanti il sistema di segnalazione mediante l'esposizione di "stracci" colorati e i controlli della zona della "ferrovia" unitamente ad indicazioni relative a accorgimenti individuali che sembrano corrispondere a quelli posti in essere da Messina Denaro Rosalia nella casa di campagna di contrada Strasatto in paiiicolar modo nel periodo dal 17 al 20 maggio 2022.
Ne consegue che le apparenti discrasie (quali l'utilizzo del termine "amico" ovvero il riferimento al messaggio da consegnare a "Fragolone" contenuti nelle missive già destinate ai familiari del latitante), nel contesto delle predette complessive acquisizioni che inducono ad addivenire alla sopra ricordata identificazione di "Fragolone" nella persona di Messina Denaro Rosalia, possono altrimenti spiegarsi con l'abilità dimostrata da Messina Denaro Matteo, sin dai tempi delle sue comunicazioni con Vaccarino Antonio ( si vedano, in proposito, le "spiegazioni" date al suo interlocutore sull'utilizzo dei "nomi convenzionali"), di tentare di sviare gli investigatori nel caso di rinvenimento dei "pizzini" e, dunque, nel caso specifico, di salvaguardare la sorella assicurandole un'identità diversa allorché avrebbe dovuto occuparsi degli affari più strettamente di interesse del "capo" dell'organizzazione mafiosa.
Ma, per completezza, deve aggiungersi che, comunque, ove anche si volesse dubitare della detta identificazione (d'altra parte, incerta sino all 'infonnativa di P.G. del 9 febbraio 2023 pure allegata agli atti), ciò nonostante non verrebbe meno il ruolo centrale e nodale svolto dall'indagata nelle comunicazioni tra il latitante, posto al vertice assoluto dell'organizzazione mafiosa operante quanto meno nella provincia di Trapani, e i sodali che Messina Denaro Matteo non aveva modo di contattare personalmente per le cautele connesse al suo stato di latitanza ed alle incessanti ricerche da patte delle Forze dell'Ordine.
È evidente, infatti, in tal caso, che Messina Denaro Rosalia avrebbe fatto da tramite tra Messina Denaro Matteo e "Fragolone" ben conoscendo i contenuti delle comunicazioni e, dunque, manifestando comunque la piena compartecipazione nelle vicende concernenti il ruolo del fratello anche nell'ambito dell'associazione mafiosa.
Ciò premesso in termini fattuali, è necessario, però, soffermarsi ora sulla qualificazione giuridica dei fatti e delle condotte poste in essere da Messina Denaro Rosalia, muovendo, anche in questo caso, da quanto, in proposito, dedotto dal Pubblico Ministero nella richiesta qui in esame:
"I gravi indizi di colpevolezza. Già un primo esame sommario della documentazione sequestrata consegna un gravissimo quadro indiziario in merito alla partecipazione all'associazione mafiosa di MESSINA DENARO Rosalia.
Emerge con chiara evidenza dai plurimi riferimenti temporali rinvenibili nei "pizzini" e nelle lettere che la donna ha custodito negli anni, che ella è stata da decenni innanzitutto il punto di riferimento economico dell'allora latitante, ricercato, giova ancora una volta ricordarlo, per 30 anni dalle polizie di tutto il Paese.
Punto di riferimento economico che, proprio in ragione dello stato di fuggiasco in cui viveva il fratello, doveva essere gestito con assoluta fiducia per garantire a costui non solo di fronteggiare le difficoltà e assicurarsi il sostentamento, non solo di sottrarsi all'esecuzione di pesantissime pene detentive comminategli per i reati più gravi e terribili commessi nella nostra storia repubblicana, non solo di gestire la riservatissima catena dei "pizzini" attraverso cui il capo provincia veicolava gli ordini mafiosi agli altri associati i sodali; ma anche di
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Ordinanza misura cautelare consentire a Cosa nostra di avere un capo autorevole, di fregiarsi di avere un suo esponente apicale, ultimo stragista, ancora libero per il quale il protrarsi della latitanza continuava ad alimentarne la legenda (e quindi il naturale proselitismo che ne derivava e di cui si sarebbe potuta giovare l'intera associazione mafiosa).
Nel condividere e sposare appieno la latitanza del fratello, in uno dei tanti "pizzini" rinvenuti nella casa familiare 22 Rosalia non esitava a scagliarsi contro i contenuti di una trasmissione su RAINEWS 24, che aveva dato notizia il 3 agosto 2015 dell'esecuzione di una misura cautelare a carico di un ristretto numero di uomini d'onore che in quel momento gestivano la catena dei "pizzini" da e per il latitante 23 •
Al di là della violenza delle espressioni utilizzate ( «fanno schifo ... ti insultano, dopo avere arrestato persone a te care, lo fanno apposta .. »), in questa sede rileva l'evidente contributo della donna finalizzato a rafforzare la determinazione del MESSINA DENARO nel continuare a essere a capo di una organizzazione così feroce e violenta, di cui ella stessa sentiva di far parte, ignorando e tacciando di persecuzione le iniziative giudiziarie per disarticolare l'organizzazione.
In ciò, tra l'altro, facendo il paio con quanto a sua volta scritto dal latitante in altro "pizzino", custodito ben occultato da Rosalia nella casa di campagna a Campobello e riprodotto in altro "pizzino" rinvenuto nella solita sedia di via Alberto Mario.
Questo lo stralcio dell'Informativa che li riproduce.
22 Matrice di una lettera poi evidentemente fatta pervenire al fratello, riprodotta a pag. 44 dell'Inf. cit.
23 Trattasi dell'esecuzione della misura cautelare nei confronti di Gondola+ 11 (c.d. operazione Ermes)
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Ordinanza misura cautelare li testo dello scritto, redatto il 15 dicembre 2013 da MESSINA DENARO e idealmente indirizzato alla sorella Patrizia e al nipote Francesco (figlio di Rosalia, giust'appunto) esattamente due giorni dopo l'esecuzione di una importante ordinanza di misura cautelare emessa dal G.I.P. di Palermo su richiesta di quest'Ufficio nei confronti di diversi parenti del latitante 24 , tra cui appunto la sorella e il nipote, rappresenta davvero un manifesto di Cosa nostra e al contempo una chiamata in correità dei protagonisti (cioè la destinataria diretta, Rosalia, e quelli indiretti, cioè l'altra sorella Patrizia e il nipote Francesco).
Inquietanti e eversive le espressioni condivise dal capo mafia con "Rosetta", soprattutto nelle parti in cui egli definiva la donna (e con lei l'intera associazione} «perseguitati, sopraffatti da uno Stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo», concludendo che «incriminati di mafiosità è un onore».
Univoca dunque la valutazione del contenuto dei "pizzini" e degli scritti sino ad ora analizzati e redatti di pugno da MESSINA DENARO Matteo (molti dei quali apparentemente indirizzati a "FRAGOLONE" cioè a "Rosetta" quale fidatissima appartenente a Cosa nostra} la cui matrice è stata rinvenuta nel covo di Campobello e il cui contenuto è stato diligentemente trascritto dalla donna in appunti custoditi in luoghi davvero difficili da scoprire, e scoperti solo grazie allo scrupolo e alla straordinaria capacità degli investigatori.
Trattasi di documenti la cui gravissima portata indiziaria risiede proprio nel loro contenuto, di chiara matrice mafiosa: l'essere la donna protagonista del sistema di veicolazione delle
24 Ordinanza di misura cautelare nei confronti di Messina Denaro Patrizia+ 29 (c .d. operazione Eden)
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Ordinanza misura cautelare comunicazioni utilizzato da Matteo MESSINA DENARO, grazie al quale egli, oramai da decenni, e nonostante la latitanza, ha retto Cosa nostra consente di affermare con certezza la piena sussistenza del delitto contestato in rubrica.
La condotta di Rosalia, infatti, deve essere pienamente qualificata come partecipe di primo piano dell'associazione mafiosa.
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte è costante: poiché le comunicazioni epistolari riguardavano proprio Matteo MESSINA DENARO e cioè colui il quale - sino a quel momento - rivestiva un ruolo di vertice assoluto in Cosa nostra, l'azione in suo vantaggio ridondava certamente a beneficio dell'intera associazione. Circostanza questa che pacificamente integra la partecipazione all'associazione mafiosa: "all'attività di trasmissione di messaggi scritti tra membri influenti della medesima, in quanto essi ineriscono al funzionamento dell'organismo criminale sotto il profilo del mantenimento di canali informativi tra i suoi membri che è incombenza di primaria importanza per funzionamento de/l'associazione per delinquere" (cfr. Cass. sez. I" 25.6.96 n. 4357; Cass. sez. I" 28.9.98 n. 13008; Cass. sez. VI 6.12.2011 n. 5909}.
Ancor più conferente rispetto al complesso della condotta di Rosalia MESSINA DENARO, per come è stata diffusamente ricostruita, è la seguente recentissima pronuncia: "Integra il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso la condotta di chi offre il proprio contributo materiale, con carattere continuativo e fiduciario, ai fini della trasmissione di messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale latitante e gli appartenenti alla consorteria in libertà, così da consentire al primo di continuare a dirigere l'associazione mafiosa, in quanto tale attività si risolve in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio nonché alla conservazione ed al rafforzamento di quest'ultimo " (Sent. Sez. I, n. 3595 del 04/11/2020 Perelli}.
In estrema sintesi. Oltre all'essere sorella affettivamente legata al latitante, Rosalia MESSINA DENARO ha assunto nel tempo un ruolo che richiede obbedienza, silenzio e connivenza, rivestendo in pieno (e prima di lei e insieme a lei tutti gli altri fratelli e sorelle che si sono avvicendati in questo ruolo} il compito di garante per l'intera Cosa nostra della sopravvivenza del suo unico suo grande capo allora ancora latitante.".
Considerazioni Sulla Qualificazione Giuridica
PROPOSTA DAL PUBBLICO MINISTERO
La condotta ricostruita sinora a carico di Messina Denaro Rosalia trascende indubitabilmente quella del semplice favoreggiatore, che, peraltro, nel caso in esame sarebbe non punibile ai sensi dell'art. 384 c.p.p., dovendosi pienamente condividere la conclusione del Pubblico Ministero riguardo alla configurazione,
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Ordinanza misura cautelare in termini di gravità indiziaria, del reato di partecipazione ali' associazione mafiosa già facente capo a Messina Denaro Matteo.
Si è in presenza in questo caso, evidentemente, non ce1iamente di una formale affiliazione alla associazione mafiosa (con la nota cerimonia descritta da innumerevoli collaboratori di Giustizia) che non sarebbe consentita dalle "regole" del sodalizio ( che, come è noto, escludono le persone di sesso femminile), bensì di una condotta concretamente posta in essere attenente direttamente e indispensabilmente alla stessa funzionalità dell'associazione mafiosa per ovviare alle inevitabili difficoltà di comunicazioni e collegamenti dei sodali con il suo vertice territoriale in conseguenza del suo permanente stato di latitanza e, soprattutto, della pressione esercitata costantemente dalle Forze dell'Ordine impegnate nella ricerca di Messina Denaro Matteo.
Occorre, peraltro evidenziare che Messina Denaro Rosalia, come si è visto sopra, non si è limitata a far da tramite per la trasmissione di messaggi scritti "chiusi" (i c.d. "pizzini") tra il fratello latitante e i sodali, ma, a riprova della sua intraneità, di fatto, all'organizzazione mafiosa, ha sempre avuto piena cognizione del contenuto dei messaggi in questione, contenenti istruzioni di volta in volta impmiite da Messina Denaro Matteo ovvero le risposte dei sodali alle sollecitazioni del latitante.
Il Pubblico Ministero, in proposito, ha richiamato già l'arresto giurisprudenziale di legittimità (Cass. 4 novembre 2020 n. 3595) secondo cui, appunto, "integra il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso la condotta di chi offre il proprio contributo materiale, con carattere continuativo e fiduciario, ai fini della trasmissione di messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale latitante e gli appartenenti alla consorteria in libertà, così da consentire al primo di continuare a dirigere l'associazione mafiosa, in quanto tale attività si risolve in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio nonché alla conservazione ed al rafforzamento di quest'ultimo".
V'è da aggiungere che tale pronunzia è intervenuta proprio specificamente con riguardo alla veicolazione di messaggi da e per Messina Denaro Matteo che aveva consentito a quest'ultimo di continuare ad impartire le istruzioni agli altri sodali per la gestione di affari criminali.
Si tratta, come si vede, di una condotta perfettamente sovrapponibile a quella qui in esame posta in essere da Messina Denaro Rosalia.
Infatti, è stata, innanzitutto, acce1iata, grazie al rinvenimento e sequestro di alcuni "pizzini", l'attinenza dei messaggi a fatti ed attività riferibili all'associazione mafiosa (basti pensare alla gestione della "cassa" ed all'impiego delle somme di denaro raccolte ed alla già sopra specificata sovrapponibilità in molti casi delle esigenze personali del latitante con quelle proprie del capo dell'organizzazione mafiosa).
La condotta posta in essere da Messina Denaro Rosalia, dunque, sia nel caso dei messaggi con i quali il latitante direttamente le impartiva istruzioni, sia nel caso dei messaggi che la medesima indagata doveva girare ad altri soggetti (tutti indicati con "nomi convenzionali" a riprova della loro riferibilità a circostanze e attività di interesse del sodalizio mafioso guidato da Messina Denaro Matteo) ha consentito la circolazione delle direttive provenienti dal vertice dell'associazione mafiosa e, quindi, al detto latitante, non soltanto di perpetuare la sua quasi trentennale latitanza, ma soprattutto di continuare a dirigere la consorteria mafiosa, per la cui sopravvivenza è assolutamente essenziale la comunicazione e la veicolazione dei messaggi tra gli associati.
Non a caso, invero, Messina Denaro Matteo, proprio per il ruolo essenziale della comunicazione tra gli associati ai fini della perpetuazione dell'attività mafiosa, sin da tempi lontani, come si ricava dalla vicenda Vaccarino ricordata dal Pubblico Ministero, aveva ideato e messo in pratica un sistema di "pizzini" per consentirgli di mantenere le comunicazioni nonostante le difficoltà connesse al suo stato di latitanza.
Sistema caratterizzato dall'uso di nomi convenzionali o di pseudonimi e dalla previsione di modalità predete1minate di trasmissione dei "pizzini" ad intervalli temporali distanziati ma prestabiliti, oltre che dalla generale imposizione della distruzione dei " pizzini" dopo la lettura (disposizione, tuttavia , in taluni casi, disattesa, anche dallo stesso latitante come ora è emerso, per la necessità di conservare la memoria di determinate disposizioni, quali, ad esempio, quelle relative alle gestione del denaro accumulato, così che è stato possibile acquisirne alcuni di essi, come, d'altra parte, era già awenuto in passato in occasione dell'alTesto di altri latitanti).
In ogni caso, tutte le predette caratteristiche si rinvengono anche nei "pizzini" da e per Matteo Messina Denaro veicolati dalla sorella Rosalia Messina Denaro.
A ciò si aggiunga che, come già sopra evidenziato, la condotta dell'odierna indagata si è protratta per un tempo - almeno - ultradecennale, contribuendo, in modo che conseguentemente sopra si è già definito "strutturato" nel senso della stabilità del sistema ideato ed utilizzato, a far sì che Messina Denaro Matteo, pur con le inevitabili difficoltà determinate dalla incessante pressione esercitata dalle ricerche delle Forze dell'Ordine, riuscisse, ciò nonostante, a mantenere il suo ruolo apicale (ben dimostrato dalle molteplici risultanze delle indagini che in questi anni hanno condotto ad innumerevoli a1Testi di affiliati operanti nel medesimo contesto territoriale della provincia di Trapani, oltre che dalle sentenze definitive pregresse) preservando la catena di comando essenziale per l'esistenza stessa dell'organizzazione mafiosa.
D'altra parte, la Suprema Corte di Cassazione, nell'affrontare la problematica della distinzione delle condotte di partecipazione associativa (o di concorso in queste) da quelle del semplice favoreggiamento personale sia pure con l'aggravante mafiosa, ha avuto modo di affermare che questo secondo caso è configurabile soltanto in presenza di aiuti episodici ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche, mentre si configura il delitto di partecipazione mafiosa nel caso di sistematico apporto di simili condotte finalizzate a garantire la funzionalità dell'organizzazione mafiosa (cfr. Cass. 13 aprile 2018 n. 43249 e, in termini analoghi, anche Cass. 7 giugno 2013 n. 33243).
Si tratta, nel caso in esame, di condotte che certamente trascendono il mero rapporto parentale di Messina Denaro Rosalia col fratello latitante e che sono, dunque, più coerentemente riconducibili ad un apporto di carattere sistematico per la funzionalità complessiva dell'organizzazione mafiosa sorretto dalla piena consapevolezza del ruolo apicale in essa rivestito da Messina Denaro Matteo.
La sistematica e non episodica condotta di Messina Denaro Rosalia sopra descritta, invero, ha, in concreto, fornito un appmio di primaria importanza per le dinamiche criminose dell'associazione mafiosa operante nella provincia di Trapani, avendo la detta indagata, sì anche consentito al fratello di mantenere la sua latitanza, ma soprattutto, mediante la perpetuazione della catena di comando attraverso la veicolazione delle comunicazioni secondo il sistema ideato da Messina Denaro Matteo, consentito a quest'ultimo di continuare ad esercitare il ruolo direttivo dell'organizzazione mafiosa.
In conclusione, pertanto, devono ravvisarsi a carico di Messina Denaro Rosalia gravi indizi riguardo alla sua compartecipazione, di fatto, all'associazione mafiosa facente capo a Messina Denaro Matteo.
Le Esigenze Cautelari E La Scelta Della Misura Cautelare Da Applicare
In proposito il Pubblico Ministero ha svolto le considerazioni qui di seguito riportate:
"Sussistono gravissime esigenze cautelari che impongono l'adozione della più grave delle misure cautelari, e ciò a prescindere dalla ricorrenza, nel caso di specie, della presunzione di cui all'art. 275 n. 3 c.p.p.
Con riferimento a quelle di cui alla lettera a) dell'art. 274 c.p.p., relative alla salvaguardia della genuinità e della spontaneità delle fonti di prova, deve evidenziarsi che Rosalia MESSINA
DENARO vanta una serie di stretti rapporti familiari di elevatissimo lignaggio mafioso, di talchè, se lasciata in libertà potrebbe anche in via indiretta, pesantemente inquinare le prossime e complesse acquisizioni in corso che riguardano la documentazione sequestrata il 16 gennaio. E, su queste premesse, solo la misura più grave è idonea a sterilizzarne il pericolo. Con riferimento al pericolo di fuga di cui alla lettera b) dell'art. 274 c.p.p.
Cosa nostra, in particolare i mandamenti di Castelvetrano e Mazara del Vallo, ma soprattutto la famiglia MESSINA DENARO con ben due componenti (padre e figlio) rimasti latitanti uno fino alla morte l'altro per ben 30 anni dimostrano che la capacità di darsi alla fuga non solo è altamente probabile ma anche assolutamente praticata. Nessun dubbio dunque sulla sussistenza del pericolo di fuga.
Con riferimento al pericolo di reiterazione di cui alla lettera e) dell'art. 274 c.p.p.
Con riferimento in generale agli indagati per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p. già il fatto di appartenere all'associazione mafiosa Cosa nostra è sintomo di per sé di una personalità particolarmente pericolosa e tendente al crimine; nel caso di Rosalia MESSINA DENARO, l'essere stata la donna che ha gestito al più alto livello i rapporti con il capo mafia rende evidente il pericolo che l'intera associazione, dopo l'arresto del fratello, possa individuare in lei la nuova mente strategica dell'organizzazione; senza considerare poi che i flussi di denaro da ella gestiti sono ancora tutti in circolazione o custoditi in luoghi sicuri, di talché, se lasciata in libertà, la donna ben potrebbe compiere altri delitti finalizzati al controllo economico del territorio o a reinvestimenti illeciti o più in generale prosegua nell'attività criminale in Cosa nostra o per conto di Cosa nostra.
Alla luce di quanto sopra rassegnato appare superfluo evidenziare che non sono stati acquisiti elementi da cui desumere l'insussistenza di esigenze cautelari; pertanto secondo il disposto di cui art. 275 c.p.p. deve essere disposta la custodia cautelare in carcere". * * *
Sussistono, nel caso in esame, a parere di questo Giudice, specifiche e concrete esigenze cautelari ai sensi dell'a1i. 274 c.p.p. In particolare, sono ce1iamente ravvisabili sia specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede avuto riguardo, da un lato, alla indispensabilità degli ulteriori approfondimenti relativi alla lunga latitanza di Messina Denaro Matteo, al ruolo ancora svolto da quest'ultimo nelle dinamiche che nei medesimi anni hanno caratterizzato la vita dell'associazione mafiosa "cosa nostra" e, quindi, anche al ruolo specificamente svolto dall'odierna indagata nelle vicende oggetto dei "pizzini" rinvenuti e sequestrati, con conseguente concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione e genuinità della prova ove l'indagata fosse lasciata libera ancora di operare (basti considerare che non è stato possibile sinora individuare tutti i soggetti indicati con nomi convenzionali, né, tanto meno, individuare la "cassa" gestita dall'indagata medesima); e, dall'altro lato, soprattutto, all'evidente attuale e concreto pericolo di cmmnissione di delitti della stessa specie di quello per il quale si procede ed è stata ravvisata la gravità indiziaria (punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni), tenuto conto, non soltanto, della naturale permanenza del reato di associazione mafiosa, ma anche della conseguente necessitata continuità della gestione delle attività economiche riferibili all'associazione mafiosa nelle quali l'indagata, sia pure per conto del fratello, ha svolto un ruolo di primario rilievo.
Ciò rende irrilevante, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari, che Messina Denaro Matteo sia stato nel frattempo anestato, dal momento che il rapporto parentale dell'indagata col predetto e la delicatezza degli incarichi alla stessa direttamente affidati dal capo indiscusso dell'organizzazione mafiosa, inducono a ritenere (o quanto meno non escludere: v. quanto si dirà di seguito a proposito della presunzione) che la medesima indagata possa reiterare ulteriori analoghi apporti in favore dell'organizzazione medesima anche soltanto gestendo le ingenti disponibilità economiche finora manovrate dal fratello.
D'altra parte, sussiste, nel caso in esame, salvo prova contraria, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari ( oltre che, come si dirà, di adeguatezza della custodia cautelare in carcere), di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p., disposizione, comunque, da ritenersi prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall'art. 274 c.p.p. (v. tra le tante, Cass. 18 dicembre 2020 n. 4321) poiché si procede per il reato di associazione di tipo mafioso.
Ciò, come detto, salvo "prova contraria" o, meglio, più precisamente, salvo che emergano elementi di segno contrario, che, tuttavia, non è dato ravvisare negli atti posti all'esame di questo Giudice (in proposito, si veda, anche in questo caso tra le tante, Cass. 23 ottobre 2020 n. 3 6891, secondo cui, appunto, "in tema di custodia cautelare in carcere, l'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di pericolosità sociale che determina, in chiave di motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei ''pericula libertatis ", ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti").
Quanto, poi, alla scelta della misura e, quindi, alla valutazione della idoneità di questa in relazione alla natura ed al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, a prescindere dalla evidente inidoneità di tutte le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, in considerazione della particolare pregnanza delle esigenze cautelari sopra delineate in relazione alla pervasività degli interessi dell'organizzazione mafiosa che con le condotte delittuose anche l'odierna indagata di fatto ha tutelato, deve ugualmente ribadirsi, perché dirimente, che il titolo cautelare concerne la gravità indiziaria di colpevolezza per reato di cui all'aii. 51 comma 3 bis c.p.p. (associazione di tipo mafioso), per il quale, come già sopra evidenziato, è sancita la "doppia" presunzione relativa sia di sussistenza delle esigenze cautelari, sia di adeguatezza della custodia in carcere, prevista dall ' art. 275, comma 3, c.p .p., e, dunque, da applicarsi necessariamente anche in questo caso salvo che siano acquisiti elementi (nella fattispecie non rilevabili in alcun modo dagli atti) dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure (compresa quella degli arresti domiciliari pur con le procedure di controllo - braccialetto elettronico - di cui all'art. 275 bis comma 1 c.p.p comunque inidonee ad assicurare l'effettivo isolamento richiesto nella fattispecie dalle esigenze cautelari prima esposte e tenuto conto della pluriennale "esperienza" maturata dall'indagata nell'elusione dei controlli delle Forze dell'Ordine).
Peraltro, è appena il caso di sottolineare come la misura della custodia cautelare in carcere sia certamente proporzionata non solo all'entità e gravità dei fatti, ma, nel contempo, alla sanzione che, in caso di condanna, si ritiene che potrà essere irrogata per il reato qui contestato senza che possa in alcun modo ipotizzarsi, per la gravità dello stesso come sopra delineata e per la previsione edittale di legge , che potrà essere concessa la sospensione condizionale della pena o che nel caso di condanna potrà irrogarsi una pena detentiva non superiore a tre anni.
P.Q.M.
ordina agli ufficiali e agli agenti della polizia giudiziaria di procedere alla cattura di:
MESSINA DENARO Rosalia, nata a Castelvetrano (TP) il 13 marzo 1955, e di condmTe immediatamente la medesima in un istituto di custodia con le modalità dettate dall'art. 285 comma 2 c.p.p ., per ivi rimanere a disposizione di questo ufficio.
Dispone che, a cura della polizia giudiziaria incaricata di eseguire l'ordinanza, sia consegnata, altresì, copia del presente provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario perché provveda agli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p. Manda alla Cancelleria di trasmettere immediatamente la presente ordinanza, per l ' esecuzione, al Pubblico Ministero che ha richiesto la misura.
Manda alla Cancelleria per gli ulteriori adempimenti di competenza.
Palenno, 1 marzo 2023
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Procura Della Repubblica
presso il Tribunale di Palermo
ORDINE DI ESECUZIONE
DELL'ORDINANZA DEL G.I.P. DI APPLICAZIONE DELLA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE [art. 92 dis att.c .p.p.]
IL PUBBLICO MINISTERO
Visti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe Letta l'Ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere n . 1922/23 R.g.G.i .p . emessa dal G.r.P presso il Tribunale di Palermo in data 1 marzo 2023 ed in pari data trasmessa a quest'Ufficio, con la quale è stata ordinata la cattura di
MESSINA DENARO Rosalia, nata a Castelvetrano il 13.3.55
Letto l'art. 92 disp.att. c p.p., che impone al P.M. di dare esecuzione all'Ordinanza che dispone la misura cautelare
P.Q.M .
Ordina che la suindicata persona sottoposta alle indagini sia immediatamente catturate, con le modalità di cui ali' art. 285 comma II c.p.p., e dispone che gli indagati liberi siano tutti condotti nella Casa Circondariale "Pagliarelli" di Palermo, per ivi rimanere a disposizione dell' A.G. che procede .
DELEGA per l'esecuzione del presente provvedimento e per il compimento di tutti gli incombenti di legge contestuali e conseguenti, gli Ufficiali ed Agenti di P.G. del ROS dei Carabinieri.
Manda alla segreteria per gli ulteriori adempimenti di competenza. Palermo 1 marzo 2023
Il Pubblico Ministero