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REGIONE, DOMANI L’ANNIVERSARIO SEDUTA SOLENNE NELLA VECCHIA SEDE DI PALAZZO MALVEZZI
Speciale 40
Ieri e oggi. Il 13 luglio 1970 nella sala di Palazzo Malvezzi, a Bologna, prestata dalla Provincia si teneva il primo consiglio regionale dell’Emilia Romagna. Nella foto d’epoca il consigliere Sergio Cavina parla durante la seduta inaugurale. Oggi, in viale Aldo Moro, la sede è nelle torri di Kenzo
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EMILIA ROMAGNA,
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anni di Regione
I PRESIDENTI DELLA GIUNTA GUIDO FANTI
Dal 23/7/1970 al 21/5/1976
SERGIO CAVINA
Dal 21/5/1976 al 6/1/1978
LANFRANCO TURCI
Dal 6/1/1978 al 29/4/1987
COMPLEANNO TRAVAGLIATO
Una nascita in sordina,
Grazie all’elezione diretta dei governatori e al federalismo — BOLOGNA —
di ANGELO PIAZZA
LUCIANO GUERZONI
Dal 29/4/1987 al18/7/1990
ENRICO BOSELLI
Dal 18/7/1990 al6/7/1993
PIER LUIGI BERSANI
Dal 6/7/1993 al 5/6/1996
ANTONIO LA FORGIA
Dal 5/6/1996 al 3/3/1999
VASCO ERRANI
Dal 3/3/1999
NASCONO in sordina, con visibilità limitata, poteri incerti, strutture e risorse minime; poi con gli anni consolidano il loro ruolo istituzionale, rafforzano i loro poteri, incrementano mezzi finanziari e strumenti di governo. Cresce di conseguenza il peso politico e la presa sull’opinione pubblica, sino ad arrivare alla crisi di rapporti con lo Stato centrale che in questi giorni tiene banco su tutti i media. La parabola delle Regioni italiane è complessa e tutt’altro che stabilizzata. Già la loro nascita è stata problematica. Il nostro Paese, tradizionalmente, ha visto il proprio assetto istituzionale imperniato sullo Stato centrale da un lato, sulle autonomie dei Comuni dall’altro. Lo Stato unitario è frutto di una costruzione faticosa ma ormai acquisita, i Comuni (e in parte, ma assai meno, le Province) sono da secoli il livello di governo che i cittadini individuano come più vicino ai loro bisogni, anche per ragioni storiche. Le Regioni, invece, sono previste e regolate dalla Costituzione del 1948, ma non sempre si può dire che rispondano a realtà territoriali sociali, economiche o culturali omogenee preesistenti alla loro creazione ‘istituzionale’: i padri costituenti le hanno individuate come livello di governo intermedio tra lo Stato e i comuni, distinguendo anche tra di esse due categorie dotate di diversi poteri e compiti. Le regioni a statuto speciale (per ragioni territoriali o socio-etnico-linguistiche) avevano necessità di una autonomia amplissima sul piano dei poteri e delle finanze, ed effettivamente rispondevano a realtà già esistenti anche nella percezione dei cittadini: Sicilia,
QUARANT’ANNI FA, il 13 luglio 1970, si riuniva a palazzo Malvezzi, in via Zamboni 13, nella sala del consiglio provinciale di Bologna, il primo consiglio regionale. Per celebrare l’anniversario domani alle 10 è convocata in seduta solenne l’assemblea legislativa, che si riunirà in quella storica sala, ra sede della Provincia. Alla cerimonia sono invitati gli ex presidenti della Regione e gli ex consiglieri di otto legislature. Tra gli invitati, Sardegna, Alto Adige-Trentino, Valle d’Aosta, Friuli. E non a caso queste regioni iniziano ad operare con tempi abbastanza rapidi in attuazione della Costituzione. Ma le regioni ordinarie, con compiti e risorse più limitati, talora corrispondevano a realtà non omogenee o prive comunque di una tradizione storica, culturale, o territoriale riconosciuta: e per più di venti anni restano solo sulla carta. Unicamente agli inizi degli anni ‘70 avviano, lentamente e faticosamente, il loro cammino. Con mezzi limitati, sedi provvisori, personale in gran parte comandato da altri enti o precario, scarsa chiarezza sui compiti e sui rapporti con gli altri livelli di gover-
il cardinale Carlo Caffarra. APRIRA’ la seduta straordinaria il presidente dell’assemblea, Matteo Richetti. A seguire l’intervento di Guido Fanti — primo presidente, fino al ’76 —, quelli dei presidenti dei gruppi assembleari e le conclusioni del presidente della Regione, Vasco Errani. Al termine Richetti ed Errani presenteranno alla stampa il sito web predisposto in occasione dei 40 anni.
LEGGE BASSANINI Rappresenta una svolta per l’imponente trasferimento di compiti dallo Stato no del Paese. E soprattutto nel generale disinteresse dei cittadini, che a queste nuove realtà guardavano con perplessità talora, e spesso con poche notizie e informazioni. VIA VIA la situazione cambia; sono attribuite in concreto funzioni e risorse trasferite dallo Stato, e nasce un personale politico e amministrativo regionale più attrezzato, che tra l’altro tende a trasformare la am-
ministrazione regionale da livello legislativo e di indirizzo a strumento anche di dirette relazioni con cittadini e imprese; tutto questodetermina una crescita di peso e una maggiore conoscenza e percezione del ruolo delle regioni. Questa crescita è diventata negli ultimi anni impetuosa a causa di due fattori. Anzitutto il fenomeno politico della Lega ha portato il tema del rapporto tra Stato e autonomie al centro del dibattito politico, prima con la secessione poi con il federalismo; e poi la nuova legge elettorale con elezione diretta dei Presidenti delle regioni ha creato la figura dei Governatori, termine che non esiste nelle leggi italiane ma
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anni di Regione LUGLIO 1970 Il titolo del Carlino con reconto della prima seduta del consiglio regionale
I PRESIDENTI DELL’ASSEMBLEA SILVANO ARMAROLI E’ stato il primo a gestire i lavori del parlamento regionale. Nella seconda legislatura è restato al timone fino al 25/3/77
NATALINO GUERRA Dal marzo del ‘77 è rimasto in carica fino al luglio del 1980 quando i presidenti furono Cavina e Lanfranco Turci
OTTORINO BARTOLINI
ma ora è protagonista
il ruolo della Regione è cresciuto. Una parabola non stabilizzata IL portale, ricco di immagini e video, mette insieme fatti, dati, statistiche e nomi per scoprire, anche nei dettagli, il lavoro e l’opera di uomini e donne, amministratori e macchina organizzativa, che con l’avvento, nel 1970, di questa istituzione hanno dato volto e sostanza, mandato dopo mandato, a un territorio che è considerato all’avanguardia in Europa. IN questo sito si possono trovare vicende e leggi, regolamenti, il succedersi dei presidenti che ben rappresenta il nuovo ruolo di presidenti espressione diretta dei cittadini, con poteri amplissimi anche a danno delle assemblee legislative regionali, ed evocativo di figure già più note, come i Governatori degli Stati Uniti. In questa scia, a metà degli anni novanta con le riforme amministrative delle leggi Bassanini si attua un imponente trasferimento di nuovi compiti dallo Stato alle Regioni (e anche agli altri enti locali) a Costituzione invariata; poi la allora maggioranza di centro sinistra addirittura modifica la Costituzione invertendo il principio dei rapporti con lo Stato e facendo del sistema delle autonomie locali il perno del model-
con biografie e testimonianze audio e video. E ancora ragioni e obiettivi degli Statuti, le cornici istituzionali delle attività della Regione, poi la nascita dello stemma e del gonfalone dell’Emilia-Romagna. COMPLETANO il quadro le tabelle con i risultati elettorali regionali dal 1970 ad oggi, affluenza alle urne, voti validi alle liste, percentuali e ripartizione definitiva dei seggi delle nove legislature.
QUESTIONE DI SOLDI I cordoni della borsa restano nelle mani di Roma con immancabili conflitti lo istituzionale. Per inseguire politicamente la Lega si fecero però così errori gravissimi, come l’attribuire alle regioni materie che richiedono la visione unitaria dello Stato nell’interesse di tutto il Paese (si pensi all’energia o alle grandi infrastrutture). Conseguenza ovvia: ritardi, inefficienze, contenzioso infinito tra Stato e regioni davanti alla Corte costituzionale.
SE QUINDI a quel punto le regioni e i loro presidenti hanno poteri e peso politico forti e consolidati, inizia anche un ragionamento critico sui vantaggi reali per i cittadini e le imprese di un modello istituzionale che appare non equilibrato e incompiuto. Il ruolo politico sempre più determinante della Lega porta necessariamente ad aumentare la pressione per un federalismo in cui molti individuano l’avvio di processi di secessione o comunque di disgregazione. E la riforma costituzionale sbagliata e forzata varata nel 2001 fa ritenere a molti che i danni possano superare i vantaggi. Ma soprattutto resta irrisolto il vero nodo, quello della autonomia fi-
*Nominato il 10/5/2010
nanziaria: il modello vede ampi poteri anche di spesa delle autonomie regionali (e locali) ma i cordoni della borsa finanziaria restano al centro: chi decide – e spende – non ha il potere e il dovere di reperire le risorse, definite e riscosse prevalentemente dallo Stato che poi provvede a redistribuirle. Chiaramente una contraddizione, che deresponsabilizza i Governatori ma nello stesso tempo li mette in difficoltà e li limita nel loro ruolo di Governo. Si arriva così inevitabilmente al conflitto di questi giorni: la manovra finanziaria pesa per tutti, il Governo limita le risorse disponibili, le regioni protestano anche con argomenti assurdi e impraticabili come la restituzione delle deleghe. Una crisi che evidenzia però come la iniziativa stia ancora fortemente in capo allo Stato centrale per tutto quanto riguarda le risorse finanziarie, senza le quali gli enormi poteri dei governatori sono monchi e incompiuti. E del resto il federalismo fiscale, che dovrebbe mettere rimedio a questa contraddizione, tarda a vedere la luce, temendo molti che il suo impatto suo conti pubblici sarebbe devastante e che le regioni più deboli ne uscirebbero ancor più penalizzate. Altri negano i problemi, ma fatto sta che nessuno ancora conosce la realtà vera dei conti. La parabola istituzionale delle regioni quindi non si è ancora assestata, e questi enti, ormai conosciuti e accettati, sono ancora in una sorta di limbo incompiuto. La vicenda politica, le riforme e la evoluzione dei rapporti segneranno il loro destino: o si creano veri soggetti autonomi o si conserva una ambiguità, che può renderle irrilevanti o inutili, ovvero può accelerare un processo di secessione con le regioni del nord o più forti che abbandonano le altre alla loro sorte. C’è ancora il tempo per affrontare il problema, ma la crisi grave di questi tempi conferma che questo tempo non è certo infinito. Angelo Piazza
E’ rimasto in carica dal dal 21/7/1980 al 18/11/1983 nel cuore della gestione del presidente Turci
GIOVANNI PIEPOLI E’ tra i presidenti del consiglio regionale più ‘longevi’. Ha svolto l’importante compito dal 18/11/83 al 25/6/90
LUCIANO GUERZONI E’ succeduto Piepoli nel giugno del ‘90 rimanendo al timone fino al 13/1/92. Un periodo di svolta per il centrosinistra
FEDERICO CASTELLUCCI Ha guidato il consiglio regionale dal 13/1/1992 al 29/5/1995, nel cuore della quinta legislatura di Boselli e Bersani
CELESTINA CERUTI Durante la sua guida, dal 1995 al 2000 si sono succeduti ben tre presidenti: Bersani, La Forgia e Vasco Errani
ANTONIO LA FORGIA Dopo tre anni di presidenza della Regione ha guidato dal 2000 al 2005 anche il consiglio dell’Emilia Romagna
MONICA DONINI E’ subentrata a La Forgia dopo le elezioni del 2005 ed è rimasta fino allo scorso maggio quando Errani è stato rieletto
MATTEO RICHETTI E’ l’attuale presidente del consiglio regionale E’ in carica soltanto da pochi mesi che si sono già rivelati infuocati
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L’uomo che combatteva dialogando con gli avversari
Guido Fanti, primo presidente, con la febbre del fare di RITA BARTOLOMEI —BOLOGNA —
IL MODELLO è cosa sua. Guido Fanti (foto), 85 anni, il sindaco del ’68 bolognese, è stato il primo presidente dell’Emilia Romagna, che ha guidato fino al ’76. Nel luglio di quarant’anni fa, appena rieletto in Comune dopo il primo mandato, lasciò il posto a Renato Zangheri. Visto da un osservatore: «Il sistema locale decise di investire il suo personaggio più rappresentativo per costruire la Regione». Definito in tanti modi. Padre nobile della sinistra, voce critica, riformista mai iscritto al Pd ma orientato su Vendola. E’ stato parlamentare italiano e poi europeo. Dirigente del Pci, nel comitato centrale e nella direzione. Tra le foto celebri: lui che, alto e magro, osserva compia-
ciuto il plastico del Fiera district accanto a un giovanissimo Kenzo Tange, l’architetto delle torri regionali. Quell’immagine dà il senso di un’epoca. Per didascalia si potrebbe prendere «la febbre del fare», che è anche il titolo di un documentario appena realizzato dalla Cineteca bolognese sulla storia politica della città. Le date sono inesorabili: dal ’45 all’80. E’ in quegli anni che si crea il modello delle piccole e medie imprese e degli asili nido, studiato dagli osservatori di mezzo mondo. E dopo? OGGI l’ex presidente è un attivissimo organizzatore. Dal suo bell’appartamento nel cuore della città universitaria, sgrida il Pd — «l’autosufficienza non esisteva nemmeno quando il Pci aveva 121mila iscritti» —, lancia appelli alla città e stronca i sindaci, ormai ex. Dopo la rotta di Bologna e la vittoria di Giorgio Guazzaloca, nel ’99, il successore di Dozza si mise all’opera per la riconquista. Parola d’ordine: partecipazione. La fece sua Sergio Cofferati, «il candidato». Il primo a deluderlo. «Uno che non ha capito — l’ha sistemato una volta —. Noi gli avevamo preparato un programma. Ha detto sì, sì, poi non ha più fatto niente. Gli ho parlato. Poi un giorno gli ho detto che non era capace di fare il sindaco». NON perdonò mai al Cinese di aver snobbato il suo «progetto per Bologna» del ’63, la risposta al «libro bianco» di Dossetti. «Qui dentro c’è la città di oggi — ha dichiarato Fanti —. Ovvio che le cose sono cambiate. Ma resta valido il metodo. Questa è stata la proposta della giunta comunista e socialista al consiglio comunale, che l’ha ap-
provata. Ciascuno manteneva la propria appartenenza ma sul piano politico si era creata una condivisione». Dialogo sul fare. IL PRIMO presidente della Regione è stato poi lapidario su Flavio Delbono, il sindaco breve, travolto dall’inchiesta sugli anni da vice in Regione. Lui che tiene sulla scrivania la foto di Berlinguer, nel salotto affollato di ricordi si è infuriato: «Delbono e chi l’ha voluto, una rovina per la città. Non doveva accettare, sapeva com’era messo». Per farlo arrabbiare, bisogna chiedergli del prossimo candidato
NUMERO UNO E’ ancora combattivo e si sta preparando alle prossime comunali sindaco. Allora l’ex presidente perde la pazienza e sbuffa, come il professore alle prese con lo studente zuccone: «Basta polemiche sui nomi, bisogna parlare di programmi!». Il sospetto è che non ci siano candidati. Il carattere c’è tutto. «Diamo un’immagine irresponsabile», fulminò quattro anni fa Salvatore Caronna, allora segretario dei Ds. Erano i tempi della minacciata rottura con Rifondazione. Che poi si consumò. MA l’uomo non si rassegna. E si prepara a una nuova mobilitazione per le comunali dell’anno prossimo. Sul suo sito rilancia un programma mai attuato, risultato di un lavoro che mette insieme esperienze diverse, dai sindacalisti ai politici agli urbanisti. Al primo punto c’è la città metropolitana. Il vecchio leone ci riprova.
ANNI ‘90 Enrico Boselli divenne presidente della giunta perché, per la prima volta, il Pci scese sotto al 50% aprendo la strada a un governo di coalizione
ENRICO BOSELLI, UNICO SOCIALISTA AL TIMONE
«Facemmo dei tagli salvando le casse» «NON È certo un buon compleanno per le Regioni italiane, è un momento molto difficile» dice. Ha guidato la Regione Emilia Romagna per tre anni (dal ‘90 al ‘93) Enrico Boselli. Presidente giovanissimo (salì in cattedra a 33 anni), il socialista fu subito... nella storia: era il primo non comunista a guidare la regione rossa. «Ma di questo parliamo poi — ci ferma — adesso c’è altro che urge su questo compleanno». Intende lo scontro Governo-Regioni sulla manovra?
«In quarant’anni di alti e bassi, non c’è ma stato un momento così duro. Finalmente è sul piatto il problema vero». Il federalismo?
«E’ la questione d’origine: se far nascere in Italia un vero federalismo o mantenere le Regioni così, come maxi-municipi. Solo in Italia c’è questa strana applicazione dell’idea federale, per cui è lo Stato che fa il prelievo, lo distribuisce alle Regioni che hanno il compito di spendere. Un meccanismo che crea irresponsabilità ed è il contrario della trasparenza. Quello che serve è un effettivo federalismo fiscale. Le Regioni prelevino e poi impieghino le risorse con aderenza alle loro realtà. Basta con questa idea giacobina ed egualitaria per cui ci debbano essere ovunque
gli stessi servizi. Serve articolazione e flessibilità, le Regioni fanno scelte e vengono giudicate». Torniamo al 1990, come mai toccò a lei, socialista?
«Allora non c’era l’elezione diretta. Divenni presidente di una giunta con Pci, Psi, Psdi e Pri. La svolta era nei fatti: per la prima volta il Pci andò sotto al 50% e si varò una coalizione che, devo dire, funzionava bene nell’equilibrio collaborazione/ competizione e grazie a una Giunta di qualità». Ci fu battaglia sulla sanità...
«Lo Stato passò alle Regioni la gestione del sistema sanitario, d’improvviso quella voce diventò (come oggi) oltre il 70% del bilancio. Con scontri e divisioni trasversali operarono un taglio del 10%, capimmo subito che la spesa sarebbe andata rapidamente fuori controllo. Facemmo bene a tagliare, se le condizioni finanziarie in Emilia Romagna non sono disperate come altrove, è anche grazie a quel taglio e ai sacrifici conseguenti». Oggi la polemica è sui costi della macchina regionale
«E’ la stagione del rigore ma non serve la demagogia spicciola. L’Emilia Romagna è fra le regioni virtuose mi pare stia affrontando con serietà il problema». Ettore Tazzioli
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«Un compleanno sobrio in tempo di crisi L’impegno è per una politica utile alla gente»
Il presidente Richetti: «L’assemblea diventi un cantiere di risposte ai cittadini» di ETTORE TAZZIOLI — BOLOGNA —
Richetti, domani come presidente dell’Assemblea aprirà la celebrazione dei quarant’anni della Regione. Lei di anni ne ha 36, salta all’occhio...
«Sì, non ero nato quando nasceva la Regione. Mi piacerebbe che questo dato legato all’età ci sollecitasse, ponesse un problema di merito alla politica: come le nuove generazioni possano avvicinarsi all’impegno, nella società e nelle istituzioni». Quando si è insediato ha citato Vasco Rossi: «Guardala in faccia la realtà, è meno dura». Si riferiva anche ai giovani e alla loro assenza?
«Le rispondo così. Domani avrò di fianco Guido Fanti, il primo
RESPONSABILITA’ E RIGORE «Una cerimonia semplice Più vicini alla società, serve un nuovo patto con i giovani» presidente della Regione, che ha qualche anno più di me. Ne sono onorato, ma mi preme sottolineare un aspetto simbolico: c’è un elemento centrale che fa parte della storia dell’Emilia Romagna, questa capacità di dialogo fra le generazioni, che ha consentito passaggi di competenze, di mestieri, di saperi. Ma da una generazione all’altra è passata anche l’attenzione, tipica di queste terre, al bene comune, alla socialità, all’impegno. E’ una capacità che non si deve interrompere o sfilacciare, altrimenti vengono meno le condizioni perché i gio-
vani di oggi possano essere protagonisti del futuro. E’ un impegno su cui spendere le migliori energie, per una rinnovata disponibilità a un patto fra le generazioni». E’ da apprezzare la sobrietà dell’approccio, ma quella di domani resta una celebrazione e coi tempi che corrono serve ben altro.
«Se intende nel rapporto fra la gente e le istituzioni ha ragione. Ma è una celebrazione con grande misura, che torna nella sala dove la Regione mosse i primi passi, nella stessa data. Che ciò non basti è certo e nessuno pensa ad un’occasione autoreferenziale. Per questo, dopo l’estate, vorrei impegnare l’Assemblea su un percorso che prepari un momento pubblico di confronto, aperto a tutti, sull’appropriatezza della nostra azione legislativa». Ci spieghi
re una politica che vale. Per ciò che non vale, l’ho detto quando mi sono insediato, anche un euro è troppo». L’attenzione sui costi e i veri o presunti privilegi, è acuita dalla crisi, dalle difficoltà economiche per famiglie e imprese
«Per questo ci vuole una politica che serve, fuori dalla bagarre, dalla contrapposizione preconcetta, dalle polemiche che minano la capacità di dare rispste. Ecco, questo serve, lasciare la polemiche sterili e fare della Regione un cantiere di risposte. Farò di tutto perchè gli occhi dell’assemblea stiano puntati su ciò che accade in questi mesi: cassintegrati, imprese in grave difficoltà, giovani che inviano
«Serietà e rigore presuppongono verifiche. Siamo un parlamento che produce leggi: è nostro obbligo verificare se ciò che stiamo producendo è all’altezza delle sfide che la crisi e le trasformazioni in atto nelle nostre città ci pongono. A maggior ragione oggi, di fronte a problemi crescenti, vogliamo sapere se le norme che variamo sono efficaci, che ricadute concrete hanno sulla vita delle persone».
Difficile dare risposte, con un quadro di risorse calanti
«Quello che sta avvenendo è grave. Per la prima volta la dialettica fra Governo e Regioni rischia di diventare conflitto. Se il quadro sarà confermato, c’è il rischio concreto di non riuscire più a mettere in campo le azioni necessarie. Bisogna andare avanti, verso quel federalismo che non è patrimonio di una parte. Il federalismo è nel dna degli emiliano romagnoli. Qui gli enti locali si chiamano autonomie locali, c’è da sempre la spinta ad assumersi responsabilità e capacità reale di gestione. E’ maturo, serve il passo ulteriore: la conquista di quel federalismo che significa compartecipazione fiscale, possibilità di trattenere e governare una parte delle risorse da destinare al territorio. Ce la possiamo fare. E’ la sfida del futuro, l’inizio di una nuova stagione, quella del senso del dovere e della responsabilità». Cosa intende?
Lei sa bene che alla politica si chiede di costare meno, sia chi parla di ‘casta’, sia chi invoca sobrietà e misura
«La sfida del rigore e della responsabilità questa assemblea l’ha già accettata. Ma il problema va visto rovesciato, ciò che conta è avere una politica che serve, che è utile alle persone, che risolve i problemi. La credibilità parte da qui: ave-
curriculum a cui nessuno dà più risposta, famiglie che faticano a sbarcare il lunario».
Matteo Richetti
«Ho iniziato a 29 anni il mio impegno politico facendo il segretario provinciale della Margherita a Modena. Nella sede c’era una targa con una frase che ora, sempre più spesso, mi torna in mente. E’ di Aldo Moro e dice: ‘Questo Paese non si salverà e la stagione dei diritti si rivelerà effimera, se non nascerà un nuovo senso del dovere e della responsabilità’. Ecco, siamo tutti a questo punto: c’è la politica e c’è ognuno di noi».
CHI E’ L’elezione Matteo Richetti è stato eletto all’unanimità presidente dell’Assemblea legislativa nelle prima seduta della legislatura
La carriera E’ stato segretario provinciale della Margherita a Modena Poi eletto in Regione è stato membro dell’ufficio di presidenza
L’identikit Cattolico, sposato con 3 figli, vive a Spezzano di Fiorano (Mo) E’ giornalista pubblicista ed è stato vicepresidente regionale dell’Ucsi
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I pionieri di giunta e consiglio
Guido Fanti al vertice del governo, Silvano Armaroli presiede l’assemblea LE PRIME elezioni regionali si svolgono il 7 giugno 1970 e il 23 luglio del 1970 il consiglio elegge il primo presidente della giunta della Regione Emilia Romagna e gli assessori. Il presidente della giunta regionale è Guido Fanti (Pci). LA PRIMA GIUNTA E’ composta da Ione Bartoli (Pci), assessore ai Servizi Sociali; Germano Bulgarelli (Pci), assessore alla Sanità;Fausto Bocchi (Pci), assessore all’Assetto del territorio e Problemi dell’edilizia; Walter Ceccaroni (Pci), assessore al Turismo; Giuseppe Ferrari (Pci), assessore agli Affari istituzionali; Mauro La Forgia (Psiup), assessore all’Igiene pubblica; Angelo Pescarini (Pci), assessore all’Istruzione e Cultura; Emilio Alfonso Severi (Pci), assessore all’Agricoltura e Foreste; Dante Stefani (Pci), assessore al Bilancio e Personale; Radames Stefanini (Pci), assessore all’Industria, Commercio e Artigianato. Nella seduta consiliare del 13 luglio 1970 il presidente Guido Fanti delinea una prima ripartizione di deleghe tra gli assessori, relativa alla fase costituente. Il 9 marzo 1972 si dimette l’assessore alla Sanità Germano Bulgarelli. Viene sostituito da Lanfranco Turci (Pci). La fase costituente viene superata a partire dal 1 aprile 1972. Il 12 luglio 1972 il Consiglio elegge Giovanni Romagnoli assessore ai Lavori pubblici. La nuova e definitiva Giunta regionale con le relative deleghe è così composta: Fausto Bocchi (Pci), assessore all’Assetto territoriale, Trasporti, Edilizia; Ione
Il presidente del Consiglio regionale Silvano Armaroli nel suo intervento alla seduta di insediamento a Palazzo Malvezzi, il 13 luglio 1970
Bartoli (Pci), assessore ai Servizi Sociali; Walter Ceccaroni (Pci), assessore al Turismo e Commercio; Giuseppe Ferrari (Pci), assessore agli Affari istituzionali e legali, Rapporti col Consiglio; Mauro La Forgia (Psiup), assessore all’Igiene e Tutela dell’ambiente; Angelo Pescarini (Pci), assessore all’Istruzione e Cultura; Giovanni Romagnoli (Pci), assessore ai Lavori pubblici; Emilio Alfonso Severi (Pci), assessore all’Agricoltura e Foreste; Dante Stefani (Pci), assessore al Bilancio e Affari generali; Radames Stefanini (Pci), assessore all’Industria e Artigianato; Lanfranco Turci (Pci),
assessore alla Sanità. IL PRIMO CONSIGLIO I consiglieri regionali eletti nella prima legislatura sono Armaroli Silvano (Psi), Artelli Riccardo (Pli), Barbacini Francesco (Dc), Barberi Ferruccio (Pci), Barbieri Mario (Dc) sostituisce Barbacini dal 05.02.1975, Bartoli Ione (Pci), Bellettini Athos (Pci) sostituisce Santorelli dal 07.12.1971, Bianchi Giovannino (Dc), Bini Secondo (Pri), Bocchi Fausto (Pci), Boiocchi Gian Carlo (Pci), Bondavalli Paride (Dc), Bulgarelli Germano (Pci), Campos Venuti Giuseppe (Pci), Cavina Sergio (Pci), Cecca-
roni Walter (Pci), Ceredi Giorgio (Pci), Covati Agostino (Dc), Debbi Emilio (Pci), Di Matteo Giandonato (Pli) sostituisce Artelli dal 12.09.1973, Fanti Guido (Pci), Felicori Fernando (Dc), Ferrari Giuseppe (Pci), Gabusi Gino (Psdi), Galletti Gianfranco (Dc), Gorrieri Ermanno (Dc), Gualandi Enrico (Pci), Gualtieri Libero (Pri), Guarelli Giancarlo (Psdi), Guerra Natalino (Dc), La Forgia Mauro (Psiup poi Pci), Leroy Mario (Pci) sostituisce Gualandi dal 07.12.1971, Lombardi Veniero (Pci), Magnanini Giannetto (Pci), Martinuzzi Edmondo (Msi), Melandri Leonardo (Dc), Menabue
Osanna (Pci), Menziani Enrico (Dc), Panieri Antonio (Pci), Pescarini Angelo (Pci), Punginelli Romano (Pci), Righi Giuseppe (Psi), Romagnoli Giovanni (Pci) sostituisce Bulgarelli dal 09.03.1972, Rubbi Emilio (Dc), Santini Renzo (Psi), Santorelli Luisa (Pci), Scapinelli Lorenzo (Psdi), Severi Emilio Alfonso (Pci), Spezia Giovanni (Dc), Stefani Dante (Pci), Stefanini Radames (Pci), Turci Lanfranco (Pci), Usberti Giampaolo (Dc), Vecchi Adamo (Psiup poi Pci), Zanardi Guido (Dc). Presidente del Consiglio regionale Silvano Armaroli (Psi).
IL SODALIZIO ISTITUITO PER LEGGE ORGANIZZA INCONTRI E SEMINARI. IL PRESIDENTE LAMBERTO COTTI LANCIA UNA PROPOSTA
L’Associazione degli ex: «Offriamo consulenze gratuite» — BOLOGNA —
«Ben lontana l’idea di fare i ficcanaso; ci limitiamo ad offrire le nostre consulenze. Che, lo ricordo, sono assolutamente gratis». Di solito gli ‘ex’ quando si fanno vivi è per questioni di soldi, ma Lamberto Cotti fa parte e presiede una categoria particolare: stiamo parlando dell’Associazione ex consiglieri regionali. Istituita con legge 38 del 4 luglio 1996, riunisce circa un centinaio di veterani (presidente onorario è Guido Fanti, il primo presidente dell’Emilia Romagna), ha tra le sue finalità, oltre la tutela degli associati, anche quello di promuovere e valorizzare l’attività am-
ministrativa. E Cotti, politico di lungo corso (ha militato nel Psi poi è approdato al Pd, è stato presidente della Provincia di Bologna e, dal
AL LAVORO Il gruppo ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare l’attività amministrativa
ex consiglieri si autofinanzia con i contributi e non ha alcun colore politico ma riunisce personalità di varia provenienza». Come pensate di rendervi utili?
«Negli ultimi anni abbiamo organizzato numerosi seminari, un modo per non perdere le esperienze acquisite». E ora?
1995 al 2005 sui banchi dell’assemblea legislativa), nutre idee molto chiare in proposito, soprattutto di questi tempi che si fa un gran parlare di costi della politica. Che cosa ha in mente?
«Intanto chiariamo: l’associazione
«E’ stata fatta una proposta al presidente dell’assemblea, Matteo Richetti. Si faccia un elenco di chi è disponibile, tra consiglieri e assessori, e noi siamo pronti a fornire consulenze gratuite». Alessandro Goldoni
IN CAMPO Lamberto Cotti è presidente dell’Associazione degli ex consiglieri regionali che riunisce un centinaio di veterani
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Scatti storici DEBUTTO A destra, la riunione della prima giunta regionale. Era il 1970, Guido Fanti fu il primo presidente
ANNIVERSARIO Sotto, nel 1988, seduta solenne per i 40 anni della Costituzione, alla presenza di Nilde Iotti, presidente della Camera
INCONTRI A sinistra, il presidente Lanfranco Turci e membri del governo cubano(1985)
SPORT A destra, la squadra dei consiglieri nella partita di beneficenza contro i dipendenti regionali (1986)
SORRISI Sopra, Vasco Errani e Gabriele Canè. Si sfidarono nel 2000; a sinistra, nel 1990, Luciano Guerzoni e il tenore Luciano Pavarotti
PASSATO E PRESENTE Sotto, Pierluigi Bersani e Celestina Ceruti salutano Alberto Tomba (1996); nel tondo, una seduta di oggi
OSPITI Nel tondo, la visita del Capo dello Stato Francesco Cossiga (1988); sotto, Luciano Guerzoni con il campione mondiale Loris Capirossi (1990)
STRETTA DI MANO A destra, Vasco Errani con il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (1999)
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EMILIA ROMAGNA, TIPI D’ALTRI TEMPI, SPARTACO BRANDALESI
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IL SENATORE PDL CARLO GIOVANARDI ERA CONSIGLIERE DELLA DC
Il ‘gladiatore’ comunista: «Che battaglie con il Pci... «Avversari sempre, risse mai» L’assenteismo? Non esisteva» di RITA BARTOLOMEI
Risse come in Parlamento? — BOLOGNA —
E LO STIPENDIO COM’ERA?
«Lo stipendio? Veramente io non non ho mai visto la busta paga. Anzi, è più corretto chiamarla indennità. La consegnavo al partito. Come tutti gli altri. E il partito mi pagava. Quanto? Come un operaio metalmeccanico, la cifra non me la ricordo. E non avevo l’auto blu, mi spostavo con la mia». Tipi d’altri tempi. Tipi come Spartaco Brandalesi (foto), 83 anni, consigliere regionale del Pci nella terza legislatura, dall’80 all’85. Prima, per quindici anni, è stato assessore al Bilancio e poi vicepresidente della Provincia. Vive a Castel San Pietro, nell’Imolese. Nelle risposte, al telefono, si presenta come un gentiluomo tutto d’un pezzo. Non si vanta mai di nulla, spiega. Pudore — e riservatezza — da Pci. A 14 anni lavorava in fabbrica. A 17 ha preso la prima tessera. Ha seguito i suoi anche nell’avventura del Pd. E’ la colonna dell’associazione ex consiglieri regionali. Sì, esiste e funziona un po’ come un sindacato. Lei porta un nome rivoluzionario.
«E’ quello che pensò il funzionario fascista di Berra, nel Ferrarese, il paese della mamma. Non va bene, le disse. E mi ha registrato come Antonio. Ma quando mi chiamano così, neanche mi giro». Spartaco, il gladiatore del Pci? Ha fatto molte battaglie in consiglio regionale?
«Battaglie? No, non è la parola giusta. Si discuteva, ognuno manteneva la propria posizione ma c’era sempre rispetto. Un modo umano di parlare. Ci univa la voglia di costruire qualcosa di nuovo». Dall’altra parte, tra i democristiani, c’era Giovanardi.
«Avevamo posizioni diverse. Come oggi. Discussioni decise ma sempre civili. Alla fine andavamo sempre a prendere un caffè».
«Mai. Cose di quel genere da noi non le ho mai viste». I consiglieri regionali oggi, una casta?
«Ma quale casta! Sono tutte persone che dedicano la loro intelligenza e il loro tempo all’interesse generale! Quelli dell’Emilia Romagna hanno il 65 per cento del reddito di un parlamentare. E’ la quota più bassa di tutta Italia. Anche se non mi pare giusto che un parlamentare nostro prenda più di tutti gli altri». Ripensando al suo mandato: di cosa è più orgoglioso?
«Dell’aver fatto tutto il mio dovere. Di aver portato il mio contributo di militante e amministratore. Giro nei Comuni qui attorno, la gente mi riconosce e mi saluta. Questa è la cosa che mi gratifica moltissimo». Pensa di aver lavorato di più per la comunità o per il partito?
«Per la comunità e per il partito. Il Pci si confondeva... aveva molta sintonia con la gente». E oggi?
«Oggi è un momento difficile». Oggi la Regione è vicina alla gente?
«Errani sta lavorando molto per questo, anche a livello nazionale. Con altri governatori, come si dice, porta avanti la trattativa con il governo, che purtroppo non ci sente. Ma senza quei finanziamenti richiesti dalle Regioni, c’è il rischio di tagliare i servizi». Che tipo di società ha costruito la Regione?
«Un tipo di società sempre più democratica e solidale. Che tiene conto dei meno abbienti e del tessuto economico di piccole e medie imprese. Certo, non si può creare un’isola felice. Anche qui pesa il danno economico della crisi che il governo ha sempre cercato di negare». Scusi Spartaco, lei quante missioni all’estero ha fatto?
«Missioni all’estero? Neanche una!».
di ALESSANDRO GOLDONI —BOLOGNA—
«QUELLO in Regione era un lavoro a tempo pieno. Si iniziava il lunedì pomeriggio e si finiva il venerdì sera. Assenteismo? Una parola sconosciuta allora». Carlo Giovanardi (foto), modenese, 60 anni, senatore del Pdl e attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio, era un trentenne battagliero democristiano, quando nel 1980 fu eletto consigliere regionale. Rimase sui banchi dell’assemblea legislativa per dodici anni, svolgendo l’attività di capogruppo Dc e di presidente di commissione (attività produttive). Dunque, uno stakanovista della politica?
«Sì, ma non solo io. Il lunedì c’era la commissione; il martedì, la riunione con il gruppo per esaminare fino all’ultima riga gli ordini del giorno del consiglio e poi, durante la settimana, le udienze conoscitive e i sopralluoghi in giro per tutta l’Emilia Romagna a toccare da vicino i problemi». E l’agone politico? Cosa ricorda di quegli anni con il Pci, forte di maggioranze bulgare?
«Una lotta continua a tutto campo sia nel merito dei provvedimenti che sulle posizioni politiche. Parliamo di Pci ancora legato all’Urss intento a ritagliarsi sempre più libertà dal governo centrale: loro provavano a conquistare spazi e noi Dc cercavamo di toglierglieli». Alleati con il governo contro i primi vagiti di autonomia locale?
«Assolutamente sì. E per fortuna che allora le nomine delle casse di risparmio erano fatte a Roma se no l’opera di contenimento sarebbe stata ancor più difficile. Comunque poi tutto è andato nella direzione voluta dalla sinistra con la legge Bassanini, il vero secessionista..» Se la sente Bossi...
«Ma è proprio così: E’ stato il governo di centrosinistra a modificare la Costituzione riconoscendo una super potestà legislativa alle regioni. Più scardinamento di così: ogni regione ha la sua legge elettorale, si tende a sconfinare in campi come la bioetica o la famiglia, materie di competenza dello stato, e tra governo e regioni nascono continui conflitti di attribuzione. Serve una revisione e
penso che l’introduzione del federalismo fiscale servirà a riguardare tutto l’ordinamento. Certo l’Emilia Romagna di quel tempo era un’altra cosa anche come confronto politico..» Cioè?
«Opposizione chiara anche aspra ma un dibattito politico alto. Ricordo Giorgio Ceredi, assessore all’Agricoltura, comunista tutto d’un pezzo, di grande spessore: se avevi ragione te la dava. Se non poteva dartela, per ordini di partito, te lo anticipava. E poi Decimo Triossi, assessore all’urbanistica: nell’81 quando venne fuori una storia di mazzette e speculazione edilizia a Modena prese subito posizione “Compagni, guai a voi, così non si fa”». E con i suoi avversari interni? La Dc di quegli anni era la balena Bianca delle mille correnti...
«Io ero al centro, Pierluigi Castagnetti, segretario regionale, nell’area sinistra. Ma abbiamo convissuto lealmente fino a quando le strade si sono divise». I temi dominanti in Regione oggi sono i costi della politica: sembrano tutti d’accordo a destra e a sinistra nel rivedere i vitalizi...
«Facile: andiamo a vedere oggi quanti consiglieri hanno mollato lo studio di avvocato o sono in aspettativa. Una volta, ribadisco, se venivi eletto consigliere, timbravi il cartellino tutti i giorni».