AREZZO Book Finale

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10 CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 20 DICEMBRE 2011

SCUOLA MEDIA

Giovanni XXIII TERRANUOVA TERRANUOVA

La vita vissuta artistica… mente A Terranuova in mostra 19 capolavori di autori veramente speciali CHI E’ VENTURINO

Quel maestro «dai luminosi occhi azzurri» SCULTORE e pittore della nostra terra. Venturino Venturi nasce a Loro Ciuffena nel 1918, trascorre l’ infanzia in Francia e in Lussemburgo; qui studia architettura mentre aiuta il padre nell’attività di scalpellino. Da adolescente ritorna in Italia: si ferma a Firenze dove continua gli studi presso l’Istituto Statale d’Arte e l’Accademia delle Belle Arti e dove farà la prima esposizione importante nel 1945. Nel capoluogo toscano frequenta il celebre «Caffè delle Giubbe Rosse» e conosce intellettuali come Eugenio Montale e Vasco Pratolini; stringerà amicizia con Renzo Michelacci, Giuseppe Lisi, Mario Luzi... DA LORO SARÀ ricordato come ‘un giovane affascinante dai luminosi occhi azzurri e dalla parlata alla francese” Insegnerà in seguito all’Istituto d’Arte di Pietrasanta. Nel 1954 vince il concorso per il ‘Monumento a Pinocchio’ a Collodi: da qui uno straordinario lavoro che lo farà conoscere a livello internazionale. SARÀ SEMPRE attivo fino alla morte avvenuta nel 2002. Loro Ciuffenna, dal 1992, dedica un museo al suo intero percorso artistico; in questo paese, oggi, ci restano il suo studio, gli oggetti, le pietre e i luoghi a lui cari, dove la nipote Lucia Fiaschi opera con rara sensibilità per proteggere e divulgare l’arte di Venturino.

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NCHE QUEST’ANNO la Pro Loco, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo «Giovanni XXIII» di Terranuova , ha indetto un concorso dal titolo «Natale nell’Arte», aperto alle classi dei tre ordini scolastici. Noi alunni artisti ci siamo messi al lavoro per la realizzazione di un pannello ispirato ad un’opera famosa, a scelta della classe, avente per soggetto la Natività. I 19 pannelli sono esposti per tutto il periodo di Natale in una mostra allestita nell’aula consiliare, dove i visitatori voteranno il capolavoro preferito. L’8 gennaio, sempre nella Sala del Consiglio, una giuria tecnica, nominata dalla Pro loco stessa, riconoscerà la migliore realizzazione in assoluto e per ogni ordine scolastico verrà premiato un elaborato, nonché la riproduzione che avrà ottenuto il maggior numero di consensi dai visitatori. Noi alunni della 3 B vi invitiamo a visitare la mostra per ammirare anche il nostro capolavoro che si è ispirato alla Natività di Piero della Francesca (1470/1485) che si trova a Londra, alla National Gallery. Siamo stati guidati dal nostro professore di Arte Matteo Bene-

OLTRE PIERO Pannello ispirato dalla Natività del grande biturgense

tazzo, che è anche un artista. ABBIAMO ANALIZZATO lo stile compositivo della Natività di Piero, successivamente abbiamo sviluppato il bozzetto di partenza sperimentando la tecnica di stampa detta «monotipo»: attraverso il confronto con le opere di Venturino Venturi.

Il risultato finale è stata l’unione di due artisti ben distinti dal periodo storico e dalle loro rappresentazioni stilistiche, ottenendo un elaborato originale e, allo stesso tempo, liberamente interpretato dalla nostra creatività. ATTENZIONE per i visitatori: Cartoline artistiche e non solo…

Vi vogliamo segnalare altre iniziative culturali che la Pro loco ha realizzato per la valorizzazione del territorio in tutti i suoi aspetti. E’ stato pubblicato un altro pieghevole storico-artistico, dedicato stavolta alla frazione della Traiana, dove si possono trovare in sintesi notizie anche inedite sulla storia del luogo, basate sui documenti d’archivio e sulle informazioni degli anziani raccolte grazie alla collaborazione del «Circolo» locale e della parrocchia; né vi mancano le opere d’arte come l’ormai famosa «Annunciazione» seicentesca di Giovanni Martinelli, la cui prima attribuzione si deve al tenore Luca Canonici. Il depliant è a disposizione gratuita di chiunque sia interessato presso la sede della Pro loco, assieme a quello dell’anno scorso dedicato alla «Pieve di Santa Maria Bambina». Sempre alla Pro loco si trova una serie di 28 cartoline che riproducono tutti gli «Ecoalberi di Natale» realizzati nel concorso 2010. Ma non è finita: è stata stampata inoltre una prima serie di 20 «Cartoline d’arte» di grande formato, nella quale sono presentate alcune delle principali opere presenti nel nostro territorio.

L’INTERVISTA MATTEO BENETAZZO RACCONTA I SEGRETI DELL’EVENTO CURATO DA TANTI GIOVANI ARTISTI

Viaggio nell’inverno sulle orme della maternità MATTEO BENETAZZO è uno degli autori che contribuisce alla mostra.

dall’Associazione Artefice, finalizzate alla fruizione e promozione dell’Arte Contemporanea».

Perché è stato scelto come titolo della mostra “Dentrol’ invernodentro tra paesaggio e la Maternità di Venturino Venturi”?

Oltre a lei, quali altri giovani artisti partecipano all’evento?

«La manifestazione ruota intorno ad una visione naturalistica dell’inverno, con lo studio del paesaggio e delle sue trasformazioni, e all’espressione del Sacro, rappresentata dalla Natività. Il titolo evidenzia come l’iniziativa intenda interagire col territorio e la produzione del grande Venturino Venturi». In che modo avete creato questo legame con la realtà museale di Venturi?

MATERNITA’ Una delle opere di Matteo Benetazzo

«Il progetto prende in esame la tematica della Maternità affrontata dal grande artista italiano, affiancandosi ad esso e proponendosi attraverso una serie di esposizioni proposte da Domus Manifesta 2011 e

«Vorrei innanzitutto citare Daniela Pronesti, che insieme a me ne è la curatrice; poi altri talenti come Simona Chiasserini, Nicoletta Gemignani, Giuliana Huober, Marianna Rosi, Lucia Stefani, Elisa Zadi». Quali sono le sedi espositive?

«Una prima tappa è alla Libreria La Feltrinelli di Arezzo (8 dicembre-19 gennaio 2012); poi, dal 17 dicembre al 29 gennaio 2012, La Filanda di Loro Ciuffenna, spazio dedicato al confronto con l’opera dal titolo «Maternità» di Venturi, e la Casa Studio Venturi; qui, grazie alla nipote dell’artista e storica dell’arte Lucia Fiaschi, le nostre opere dialogheranno dentro ed attorno alla vita quotidiana dell’artista, custodita nella sua casa museo».

la redazione della III B... STUDENTI Salvatore Richard Ascione, Gabriele Bacci, Alessia Burchini, Maddalena Calabrese, Aurora Colasurdo, Carmine D’Angiò, Alessandro Esposito, Alessia Fucito, Luca

Fucito, Gurpreet Kaur, Sara Malvisi, Sara Manconi, Irene Mealli, Martina Mugnai, Virginia Neri, Giada Nocito, Gaia Palmieri, Lorenzo Paradiso, Luca Postiglione, Gabriel Roci, Elisabetta Rossi, Asia Sani, Ro-

berta Tavoletta Argentina INSEGNANTI Luana Giorgi, Simona Beni PRESIDE Alberto Riboletti


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

MARTEDÌ 20 DICEMBRE 2011

SCUOLA MEDIA

Cesalpino AREZZO AREZZO

Rose blu nel giardino d’inverno Musica e poesia fanno riflettere gli adolescenti sull’avventura della vita

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NOI PIACCIONO la musica e la poesia: siamo ragazzi di tredici anni uguali a tutti gli altri ragazzi del mondo. A dire il vero non siamo tutti uguali: siamo diversi e speciali, gli uni dagli altri, anche se tutti gli adolescenti nel mondo hanno gli stessi desideri di felicità, amore, gioia e serenità. La nostra diversità deriva dal personale patrimonio genetico, unico ed irripetibile; siamo il frutto di una combinazione genetica tra quei 23 cromosomi più altri 23 ereditati dai nostri genitori: una straordinaria ‘catena’ di vita. A volte arriva un cromosoma in più ed allora.. il viaggio della vita è diverso, c’è un cambio di destinazione e l’avventura diventa più difficile ma resta sempre e comunque un’avventura. Ci siamo accostati alla realtà della sindrome di Down attraverso una canzone di Gianni Morandi, Il mio amico, e la poesia di Gerda Klein, Come una rosa blu, scritta e dedicata alla figlia Jenny. Così è nato il desiderio di sapere qualcosa di più: il contatto con il Circolo Arcobaleno, spazio ricreativo all’interno della

VIVA LA VITA Il messaggio raccontato dal disegno di Gianluca Bove

sezione aretina dell’ AIPD (Associazione Italiana Persone Down). E’ VENUTO a trovarci uno dei responsabili, Giovanni Fatucchi, che ci ha raccontato la sua esperienza di genitore: è stato un incontro importante. Ora sappiamo che la sindrome di Down non è una malattia ma una condizione

genetica; le anomalie cromosomiche non hanno cause specifiche ma la loro insorgenza pare essere un fenomeno “naturale”, in qualche modo legato alla fisiologia della riproduzione umana. CI RIFERIAMO a persone ‘speciali’ che interpellano una società diffidente verso ciò che non rien-

tra nei presunti schemi di ‘perfezione’, ‘salute’, efficienza. Noi abbiamo visto molto di più: ne siamo tutti convinti perché, se il percorso è, e può essere davvero difficile, la vita è un’avventura meravigliosa che vale la pena di essere vissuta. «Il mio amico è una bella persona/ uno strano violino dalle corde di seta in un mondo distratto che cinico suona/ questo grande concerto che in fondo è la vita». Si avvicina il Natale e sappiamo che, per tanti, non sarà un momento di gioia: ci sono la crisi economica, i problemi nelle famiglie, le violenze e le tristezze. Noi però abbiamo scoperto qualcosa di grande; come ricorda la madre di Jenny nella sua poesia: « … perché pensare,agire,apparire uguali? Ci sono rose bianche, e rose rosa, e rose gialle ed un’infinità di rose rosse. Ma blu? Le rose blu sono così rare che ne sappiamo poco, troppo poco. Sappiamo solo che hanno bisogno di essere curate e amate di più». Questo è il nostro messaggio: è inverno nel giardino ma nascoste ci sono anche le rose blu. Buon Natale .

IL PROGETTO UN’IDEA DI EDUCAZIONE CONTRO I LUOGHI COMUNI E GLI STEREOTIPI DEL LINGUAGGIO

La scelta delle parole che ci cambiano la vita

LA SQUADRA Foto di gruppo del Circolo Arcobaleno

L’IMPORTANZA, il peso, il senso delle parole sono state oggetto delle nostre riflessioni. Ci siamo confrontati sulle parole vere, quelle che cambiano la vita perché fanno la differenza dato che nessuna parola è neutrale. Ci sono parole ’antagoniste’, aspre e cattive che fanno star male per un bel po’ di tempo o parole ‘salutari’ che danno nutrimento al corpo e alla mente; possono divenire ‘strumenti’ di ‘bene’o di ‘male’, di ‘vita’ o di ‘morte’. Da una parola si può tirar fuori il mondo e, nel caso delle persone con Sindrome di Down, bisogna e si deve imparare l’uso di parole appropriate, pertinenti, per non contribuire alla diffusione di stereotipi e luoghi comuni. Questo non è un fatto meramente linguistico perchè la scelta delle parole si ripercuote a livello dei pensieri e dei comportamenti individuali e collettivi.

Impariamo, per esempio, a non dire persona ‘affetta da SD ma persona che ha o con la SD, poiché la sindrome di Down non è una malattia ma una condizione genetica; oppure ricordiamoci che il termine “mongoloide”, usato in origine per “riconoscere” le persone con la SD, nell’uso popolare, è servito ad offendere e denigrare. CIO’ E’ ACCADUTO anche per il termine «handicappato», utilizzato talvolta in senso dispregiativo specie fra i giovani e gli adulti. Con ‘disabilità’ si è continuata ad evidenziare una mancanza piuttosto che a valorizzare la persona e le sue possibilità. Forse si è fatto qualche passo avanti con l’espressione ‘diversa abilità’ ma, a ben pensarci, ciascuno di noi ha una propria ‘disabilità o ‘abilità’ nel fare le cose per competenze, attitudini o talenti. Che sia qualcosa su cui riflettere?

la redazione della III E... STUDENTI David Baldoni, Marica Benincasa, Gianluca Bove, Francesca Bruschi, Riccardi Burzi, Alessandra Calcavecchia, Laura Cincinelli, Valentina Citarelli, Lucrezia Del Mecio,

Sofia Dini, Elena Droandi, Irene Faggini, Alessia Frontani, Francesca Gavelli, Duccio Geneletti, Alice Giaccherini, Sofia Giovane, Leonardo Giusti, Francesca Lumachi, Matteo Murati, Gaia Pitti, Gloria Pugli-

si, Rebecca Rodino, Riccardo Toschini INSEGNANTI Giovanna Vona, Annarita Sinatti PRESIDE Danilo Brozzi

PUNTO IL CIRCOLO

L’arcobaleno che diventa un’altra scuola L’INCONTRO con l’ingegner Giovanni Fatucchi, uno dei promotori del Circolo Arcobaleno, è stato inserito in un percorso di Educazione alla Convivenza Civile, attivato nella nostra classe. In tale occasione abbiamo approfondito la conoscenza della sindrome di Down (SD) con le sue caratteristiche e tipologie, e le esperienze promosse dal Circolo Arcobaleno. Nato nel 2006 come luogo di aggregazione per una ventina di ragazzi, il Circolo Arcobaleno ha sede presso la sezione aretina dell’Associazione Italiana Persone Down (Aidp) ed è aperto a tutti coloro che sono sensibili alla ‘diversa abilità’. In esso si promuovono progetti di danza, cucina, teatro con il duplice obiettivo di far stare insieme ed aiutare le persone con SD nelle loro competenze e specificità. ABBIAMO POSTO numerose domande al nostro interlocutore e toccato questioni significative come la scelta di una paternità e maternità responsabili; il sostegno e la collaborazione dei genitori di figli con SD; le loro paure,speranze e difficoltà. L’effettiva disabilità della persona può così non trasformarsi in un handicap, cioè uno svantaggio derivato dall’ambiente che ci circonda, ma essere un’opportunità di crescita e riflessione per la società che lo accoglie. E’ stato un evento importante per noi ragazzi e, tra una risposta e l’altra, le due ore sono volate in un attimo: nel nostro cielo si è accesa una luce in più, anzi si è riflesso un vero ‘Arcobaleno’


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10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 22 DICEMBRE 2011

Scuola Media

Severi AREZZO AREZZO

Donne sull’orlo della crisi economica Intervista a Donella Mattesini: sono le prime a pagare con i tagli ai servizi IL SONDAGGIO

L’altra metà del cielo morde il freno IL SONDAGGIO svolto dalla nostra classe, sul tema dei diritti delle donne, ha coinvolto mamme e parenti. I dati emersi ci dicono che il 75% delle intervistate non si sentono considerate pari rispetto all’uomo e vivono una condizione di inferiorità. I lavori di casa sono quasi sempre svolti da loro anche se lavorano fuori: si occupano dei bambini, dei genitori anziani, di tutta la famiglia. Le donne, in Italia, hanno gli stessi diritti degli uomini, diritto alla cultura e libertà, a poter decidere la propria vita: eppure subiscono violenze fisiche, psicologiche e sessuali, che sono le cause principali di morte per le donne tra i 20 e i 46 anni. SPESSO SONO i mariti o i fidanzati ad ucciderle ed in alcuni paesi islamici è ancora peggio: le donne non contano e non hanno il diritto a frequentare la scuola, non possono uscire senza la presenza di un uomo e sono coperte dal velo. Invece la donna dovrebbe essere trattata con lo stesso rispetto dell’ uomo ed avere i suoi stessi diritti, perchè una donna ha le stesse doti che ha un uomo e merita il suo stesso rispetto. Abbiamo anche intervistato alcuni uomini e molti (80%) hanno detto che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini e che devono essere rispettate come gli uomini, invece altri (20 %), hanno detto che si sentono superiori alla donna e che alcune vogliono loro essere superiori agli uomini, ma non ci riescono e da questo dipende la violenza. Noi vogliamo dire che la donna deve avere gli stessi diritti dell’uomo e speri.

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A SITUAZIONE economica è in emergenza: le famiglie non riescono arrivare alla fine del mese, le tasse sono in aumento e la crisi si fa drammaticamente sentire. I giovani, non avendo lavoro sicuro, non faranno figli; l’Unione Europea ha progettato delle strategie per superare questa crisi che colpisce soprattutto le donne. Infatti la disoccupazione femminile rappresenta il 30% nelle giovani (una donna su tre è disoccupata), molto più degli uomini. Abbiamo intervistato la Senatrice Donella Mattesini, che da sempre si occupa delle problematiche femminili, sulle soluzioni proposte dal governo per la crisi. Ci spiega che la crisi porterà gravi cambiamenti per tutti, specie per le donne, più fragili perché fanno il «doppio lavoro» in quanto si occupano di tutte le faccende domestiche e di assistenza a bambini ed anziani. Se verrà tagliato il fondo di autosufficienza, non ci saranno più servizi, senza i quali le donne rischiano di rimanere a casa per occuparsi degli anziani: il loro stipendio è mediamente più basso del 15% rispetto agli uomini e

PODIO AMARO Ecco come lo vede, con ironia, Irene Guiducci

quindi è il loro lavoro cui si rinuncia per far fronte ai problemi . LO STATO, nella manovra economica al voto, prenderà alcuni provvedimenti: alcuni positivi come i contributi finanziari per le aziende che assumono donne a tempo indeterminato (sgravi fiscali), altri negativi per le donne:

l’aumento dell’età pensionabile femminile (innalzata a 65 anni) e soprattutto i tagli ai comuni. QUESTI ULTIMI, infatti, dovranno togliere i soldi ai servizi sociali (asili nido, scuole a tempo pieno, anziani…), che costeranno molto di più, con il risultato che senza servizi le donne faranno

sempre meno figli. In Italia le donne sono la maggioranza e la parte più istruita della popolazione, ma solo il 47 % ha oggi un lavoro. Sono sistematicamente discriminate anche sul piano dei guadagni ed è ridotta al minimo la presenza femminile nei consigli di amministrazione. Il problema ha radici lontane, ma negli ultimi dieci anni la situazione è peggiorata rispetto a paesi simili a noi, mentre i media hanno contribuito a diffondere una cultura che le umilia. Ecco perché le donne chiedono un cambiamento. L’ultima speranza che rimane alle donne e all’economia è l’investire nel nostro futuro, in noi giovani, nell’istruzione, nella ricerca e nella nostra società a venire. La senatrice Mattesini chiude con parole di speranza per le donne, che sapranno (come da sempre sono abituate a fare) reggere alla crisi che rischia di rimandarle a fare le regine della casa e per noi giovani, solo noi infatti possiamo cambiare per un futuro migliore dove donne e uomini siano pari e non più dispari: l’Italia deve investire sulla sua migliore risorsa, la gioventù e valorizzarla.

IL PROGETTO L’UNIVERSO FEMMINILE ANALIZZATO TRA EDUCAZIONE, PREGIUDIZI E…PUBBLICITÀ

Vivere alla pari? Bello ma oggi non è così

VITTIME Donne primo bersaglio della crisi per Davide Mendez

NOI RAGAZZI della II G abbiamo partecipato ad un progetto del Comune dal titolo «vivere alla pari» che vuole sensibilizzare i giovani alle differenze morali e fisiche, tra maschi e femmine, con lo scopo di raggiungere una convivenza migliore e paritaria. Il percorso prevede un’educazione alle differenze partendo dalla percezione del ruolo che ragazzi e ragazze hanno, passando poi all’esame di brani di autori ed autrici e completando con l’esame di messaggi pubblicitari che presentavano figure femminili. Ci sono state poste alcune domande: «perché ti o non ti piace essere maschio femmina?» e «perché ti o non ti piacerebbe essere maschio femmina?» Abbiamo più o meno risposto così: le femmine sono contente di esserlo perché possono esprimere più liberamente i propri sentimenti e stati d’animo, mentre i maschi sono felici di assumere que-

sta posizione perché si sentono più coraggiosi e più forti. Se si dovesse riflettere sul vero senso della frase «vivere alla pari», si capirebbe che oggi maschi e femmine non vengono trattati allo stesso modo: gli stereotipi sono forti infatti quando abbiamo dovuto riconoscere testi anonimi se erano di donne o uomini, tutti abbiamo sbagliato e sono stati attribuiti a donne quando erano di uomini e viceversa. Addirittura anche le insegnanti hanno sbagliato le attribuzioni perché si pensa sempre che la donna scriva in modo più sensibile e romantico. Non è così. Il successivo lavoro di esaminare una pubblicità in vari paesi ha fatto emergere che in Italia si preferisce usare la figura femminile sottolineandone la sensualità mentre all’estero gli spot sono gioiosi e non basati sullo sfruttamento dell’immagine della donna. Il lavoro verso la parità è ancora lungo, ma noi ce la faremo!

la redazione della II G... STUDENTI Matteo Botti, Denis Bresciani, Martina Burroni, Tommaso Capacci, Sofia Corsini, Maria Cristiana Cretiu, Noemi Daveri, Pamela Dragone, Francesco Dragoni, Eddine Dridi Seif,

Leonardo Ercolani, Gabriele Ginestroni, Irene Guiducci, Simone Magi, Alessio Magnanensi, Davide Mendez, Jacopo Patrussi, Melissa Perez, Alessandro Rasetto, Carolina Rosadini, Siddharta Sanarelli, Natividad Var-

gas Garcia Franghelis, Michele Zichi INSEGNANTE Iasmina Santini PRESIDE Maria Rosella Misuraca


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 22 DICEMBRE 2011

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Scuola Media

Martiri Civitella BADIA BADIA AL AL PINO PINO

Regali? Guardare e non comprare La crisi limita lo shopping. Sondaggio: calano tutti, perfino gli autogrill

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NCHE SE SIAMO a Natale, in giro si sente parlare solo di blocco di pensioni e stipendi, di aumento di tasse, costo del carburante, bollette, Imu, Iva, … Ma di aumenti salariali, miglioramenti previdenziali non si parla mai. Perché? Sono gli effetti della crisi economica diffusa in molti paesi del mondo, che ha toccato anche l’Italia. Le cause della crisi del nostro paese vengono da un alto debito pubblico che non siamo capaci di sanare, ma anche dall’aumento esagerato dei prezzi dopo l’arrivo dell’Euro: gli stipendi sono rimasti gli stessi, ma i prezzi sono quasi raddoppiati. E la crisi economica ha colpito anche il Natale! Per la mancanza di denaro le famiglie fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e, per affrontare questo momento di emergenza, l’unica cosa possibile è stare attenti agli sprechi ed evitare tutti gli acquisti superflui. Ma sembra quasi un serpente che si morda la coda: se la merce non viene venduta, le aziende non devono produrne ancora e i lavoratori rimangono senza lavoro e, quin-

NATALE DI CRISI Il disegno realizzato da Ginevra Bianchi

di, senza stipendio. LA NOSTRA IDEA è stata confermata da un mini-sondaggio che abbiamo fatto intervistando i gestori di varie attività commerciali. Ecco il risultato. I negozi alimentari di piccola distribuzione lamentano una diserzione dei clienti a favore dei super-

mercati, dove la merce costa meno, ma la qualità non sempre è la migliore. STESSA SITUAZIONE per l’abbigliamento, ma qui anche outlet e ambulanti del mercato rimpiangono i “natali passati” e aggiungono ai motivi di crisi anche un’anomala stagione invernale.

Il nostro territorio è ricco di aziende agricole, che vendono frutta all’ingrosso e al dettaglio, ma ancora non hanno registrato l’incremento di vendite, tipico del periodo, che si verificava in passato. Gli stessi dettaglianti si muovono con precauzione; la bellezza è un mercato che «tira», ma non più grandi ordini di cosmetici: quantitativi ridotti, piuttosto ordinati con frequenza maggiore. Insomma rifornirsi solo dopo aver svuotato il magazzino! Uno stop deciso si registra nella distribuzione di prodotti per l’edilizia: chi si arrischia di questi tempi a costruire o ristrutturare casa? Si cerca allora di indirizzare la vendita versi altri settori, come il riscaldamento con materiale più economico del metano o del gasolio: vanno forte le stufe a pellet e relativo combustibile. Infine ci siamo spinti fino all’Autogrill: le persone che viaggiano durante le soste spendono meno, le consumazioni sono scese circa del 10%. Insomma anche Babbo Natale deve fare i conti con la finanziaria e, poiché non è ancora in pensione, speriamo che a nessuno venga l’idea di metterlo in mobilità!

L’ALTRO NATALE PADRE MARTIN CHIEDE UN PIATTO VIRTUALE CON LE OFFERTE DA MANDARE IN AFRICA

«Aggiungi un posto a tavola per le missioni»

BABBO NATALE Nel sacco tante iniziative di solidarietà

LA SCUOLA MEDIA «Martiri di Civitella» di Badia al Pino, ormai da qualche anno, si occupa di sostenere alcune associazioni che offrono aiuto a chi è in difficoltà: Unicef, Padre Martin, la Casa Famiglia di suor Paola… . Lo facciamo con colazioni di solidarietà, mercatini di beneficenza con prodotti fatti da noi ragazzi con l’aiuto della prof. di artistica ed una lotteria in occasione della fine dell’anno scolastico. Proprio in questi giorni è arrivata a scuola una lettera del nostro amico Padre Martin. Fratel Pietro è un missionario Comboniano che si occupa dei bambini di alcuni villaggi del Mozambico. Da diversi anni siamo in contatto con lui: ci scambiamo delle mail, qualche volta ci ha fatto scrivere dai suoi bambini e, anni addietro, è anche venuto nella nostra scuola. Adesso è in Italia, nella Casa madre di Verona, dove è tornato per curarsi,

ma sente tanta nostalgia per i suoi bambini. Infatti ci ha scritto che nella sua missione sono molto tristi, perché avevano sperato di poter celebrare insieme il Natale, così ci ha lanciato una proposta: preparare un posto a tavola per un bambino della sua missione, farlo sedere con noi, anche se solo virtualmente. PADRE MARTIN ci ha suggerito un modesto gesto di solidarietà: ogni membro della famiglia potrebbe offrire , nel piatto riservato al piccolo ospite, l’equivalente del costo di un panino, di una pastina, di qualche pacchetto di figurine, insomma un piccolo dono che potrebbe permettere l’acquisto di una medicina, di una scodella di farina, di alcuni quaderni… cose di grande valore in quella parte di mondo. Pensiamoci !

la redazione della I B... STUDENTI Adriano Angilella, Alessio Badii, Giacomo Banchetti, Costanza Bianchi, Ginevra Bianchi, Laura Carpinelli, Kevin Cartocci, Ludo-

vica Ceraldi, Stefana Padurariu, Alessia Paffetti, Alessio Papini, Antonio Patrone, Jacopo Riccucci, Kiara Rippa, Filippo Roggi, Matteo Salvadori, Paramjot Singh, Asia

Tanci, Julian Trefas INSEGNANTE Guendalina Tiezzi PRESIDE Domenico Sarracino

CONTROLETTERA

«Per Natale portaci via il superfluo» CARO BABBO NATALE quest’anno, visto l’aria che tira, eravamo indecisi se scriverti o no, poi qualcuno ha avuto un’idea un po’ particolare: non vogliamo che tu ci porti niente, quest’anno ti chiediamo di portare via... Quest’anno non vogliamo niente di speciale, abbiamo tutto: una famiglia, una casa, tanti giochi, che non servono a niente, siamo contenti di ciò che abbiamo! Togli un po’ di giochi e di vestiti a chi ne ha troppi, così scomparirà l’invidia. Vorremmo che facessi un incantesimo, che tutti nel mondo, in questo giorno, fossero felici, sarebbe bello vedere qualcuno che sorride per la prima volta per una buona emozione: lascia scorrere il dispiacere per le cose che non si possiedono, portati via le malattie e tutte le cose cattive. Cancella la guerra dalla faccia della terra, così porterai via il dolore per tutte le persone che ne sono vittime. CIÒ CHE TI chiediamo adesso ti sembrerà un po’ strano, ma, per favore, la notte della vigilia, porta via nel tuo sacco una fetta di stipendi,vitalizi e pensioni dei nostri parlamentari, super dirigenti, grandi manager, star televisive, calciatori… Magari se ne andrà via anche una parte dell’amarezza di chi non arriva a mille quando riscuote la pensione, ma conta i mesi quando prenota una visita alla Asl. Ci fermiamo qui, il tuo sacco non conterrebbe altro! Grazie e buon lavoro da tutta la I B PS già che ci sei, porteresti via anche i compiti delle vacanze?


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 12 GENNAIO 2012

Scuola Media

Comprensivo AMBRA AMBRA (BUCINE)

1944: memorie, paura e vittime Il racconto e le conseguenze del passaggio dei tedeschi in Valdambra STRAGE IL RICORDO

C’è una rosa piantata per ogni vittima SECONDO LE testimonianze dei sopravvissuti, le truppe tedesche arrivarono a San Pancrazio tra le cinque e le sei del mattino. I soldati misero in fuga donne e bambini e radunarono gli uomini in piazza dove vennero trattenuti fino al primo pomeriggio. In seguito vennero portati nella cantina della Fattoria Pierangeli; attesero qualche ora. Lì, in una stanza vicina, furono uccisi, uno ad uno, con un colpo alla nuca. Le vittime dell’eccidio furono 73, di cui 60 persero la vita proprio nella fattoria. I soldati tedeschi facevano parte della divisione Herman Goering che era formata dagli elementi più violenti dell’esercito tedesco. All’azione distruttiva parteciparono circa 200 militari. NEI PRESSI dei luoghi del massacro, il Comune di Bucine ha realizzato un sacrario denominato Giardino delle rose, dove è stata piantata una rosa per ogni deceduto. Ogni rosa ha una piccola targhetta con il nome e la data di nascita della vittima. La data di morte non c’è. Non c’è perché tutti hanno perso la vita lo stesso tragico giorno: il 29 giugno 1944. La Fattoria Pierangeli è stata acquistata dal Comune di Bucine nel 2000. Dopo alcuni lavori, nel 2007, vi è stato collocato il Centro Interculturale Don Giuseppe Torelli (il sacerdote del paese che perse la vita nell’eccidio). Sia il sacrario, che il Centro perseguono lo stesso obiettivo: non dimenticare ciò che è stato, affinché non si ripetano mai più tali vicende.

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HE NELLA Valdambra si respirasse ancora l’odore degli eventi storici che si sono susseguiti nei secoli, lo sapevamo. Che le vicende, aventi per protagoniste le nostre terre, avessero invaso pagine e pagine di libri, lo sapevamo. Che questa storia non fosse solo inchiostro, ma anche lacrime, sofferenze, paure di ragazzi come noi, questo ci ha stupito ed emozionato. La lettura del libro «1944… mi ricordo» di Sergio Cerri Vestri e l’incontro con l’autore, ci hanno dato lo spunto per un’inchiesta sugli avvenimenti del 1944 nella nostra zona. Tante sono state le tragiche tappe dello spostamento dei tedeschi nelle campagne dei dintorni; troppe sono state le vittime innocenti. Il primo feroce atto di violenza ha avuto luogo ad Ambra, nella piazza principale, il 2 giugno 1944: vennero presi due giovani di Cennina, portati in piazza e fucilati. Il parroco del paese, Don Giuseppe Benedetti, dovette svolgere l’ultima confessione dei due ragazzi e il dramma lo sconvolse irreversibilmente.

VIGNETTA Bombardamento dei tedeschi visto da Felix Adrian Tolas

IL CULMINE del crescendo di violenza si è verificato a San Pancrazio, il 29 giugno. Vennero uccisi dai tedeschi 73 uomini, 60 dei quali nella cantina della Fattoria Pierangeli. Due delle settantatre vittime della strage sono particolarmente impresse nella mente dei valdambrini.

MODESTA ROSSI, giovanissima staffetta partigiana, venne uccisa con il figlio di quattro mesi in braccio, perché si rifiutò di rivelare ai tedeschi il rifugio dei partigiani. Don Giuseppe Torelli, parroco del paese, è stato vicino alle vittime fino alla fine, ha annunciato loro che sarebbero morti per

mano dei tedeschi ed è diventato lui stesso una vittima. Nella piccola località di Tugliano, fra Ambra e Palazzolo, si rifugiarono alcune famiglie di sfollati. L’arrivo dei tedeschi, il 4 luglio, li colse di sorpresa: presero gli uomini con sé e, dopo averli portati nei pressi di un burrone, li misero in fila uno di fronte all’altro per sprecare meno pallottole e li uccisero. Le vittime furono 7. Sappiamo queste notizie grazie alla testimonianza di un sopravvissuto, Damiano Frullanti, raccolta da Giuseppe Roncucci nel volume Memorie di guerra nella valle del Lusignana. Il mese di luglio trascorse nella trepidante attesa dell’arrivo delle truppe alleate, che liberarono i nostri territori dall’invasione tedesca. Per i nostri compaesani sono stati molti i momenti difficili da superare, ma grazie alla solidarietà tra le persone, all’aiuto dei soldati alleati e delle pubbliche amministrazioni, tutti sono riusciti a ricostruirsi una nuova vita. Il ricordo, certo, non li ha mai abbandonati.

L’INTERVISTA SERGIO CERRI VESTRI PARLA DI COME HA VISSUTO LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Il maestro e una guerra che semina odio SERGIO CERRI VESTRI ha dedicato gran parte del suo tempo alla ricostruzione della memoria storica di Ambra e dintorni. In attesa della pubblicazione di un nuovo libro, ha accettato di parlare con noi dei suoi ricordi raccolti nel volume «1944 mi ricordo» Quando ha scritto il libro?

«Il titolo è eloquente. L’ho scritto nel 2008, sono ricordi impressi nel mio cuore». A quale scopo?

«Ho voluto scrivere queste cose perché rimanesse un segno della guerra. Si dice che la guerra sia il peggiore di tutti i mali, ma bisogna provarla per capire». E’ doloroso ripercorrere certe esperienze?

«Sì. E spero che ai bambini di questa nuova generazione non capiti quello che è successo a me: non mangiare per giorni e giorni, non avere un luogo dove rifugiarsi». LA MEMORIA Una rosa per ogni vittima: foto di Rachele De Corso

Qual è stato il momento in cui ha avuto più paura?

«Durante un bombardamento ai Tribbi mi ritrovai da solo, avevo perso mia madre e mio padre. Mi commuovo ancora oggi pensarci. Mi nascosi sotto ad un fienile e ad un certo punto mi crollò tutto. Quando, finalmente ritrovai mia madre le dissi: “Mammina, avevo paura di non rivederti più”. E poi, ogni volta che sentivamo la parola “tedeschi”…» I soldati tedeschi erano realmente crudeli o eseguivano solo degli ordini?

«C’erano quelli e quegli altri. Mi sono chiesto anch’io perché quei tedeschi erano così crudeli. È la guerra che semina odio». Ha mai conosciuto un soldato tedesco buono?

«Eravamo rifugiati, una notte arrivarono due tedeschi, uno di loro vide tra di noi una bambina che aveva poco più di un anno e la prese in collo. Lei si mise a piangere, lui la mise in terra, si frugò nelle tasche e le dette delle caramelle».

la redazione della II D... STUDENTI Camilla Baldi, Stefano Barbagli, Alessia Bartolini, Aurora Bergami, Emily Carrubba, Virginia CinottiRachele De

Corso, Melissa Giunti, Arianna Migliorini, Francesco Pasquini, Lucrezia Prosperi, Valentina Romeo, Felix Tolas, Giulia Torzini.

INSEGNANTE Gianna Gambini PRESIDE Miranda Razzai


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 12 GENNAIO 2012

Scuola Media

IV Novembre AREZZO AREZZO

La solita musica nelle orecchie? I negozi di dischi a confronto con Internet: la partita sembra persa

A

NOI ADOLESCENTI piace molto ascoltare ogni genere di musica in ogni momento della giornata, dentro e fuori casa, anche mentre studiamo o andiamo da casa a scuola. I nostri cantanti preferiti sono inglesi e americani, ma ascoltiamo volentieri anche canzoni nella nostra lingua creando sequenze personalizzare nei nostri lettori musicali. Queste colonne sonore accompagnano la nostra vita. In un freddo pomeriggio di dicembre ci siamo recati nel negozio di dischi più antico e conosciuto di Arezzo, che si trova nel centro storico, per saperne di più sulla vendita di musica nella nostra città. Con sorpresa abbiamo scoperto che lì inizialmente vendevano anche elettrodomestici. I primi dischi in commercio erano invece quelli in vinile, che adesso sono appesi alle pareti del negozio, inquadrati come cimeli in cornici di vetro. Abbiamo chiesto se oggi che «c’è la crisi» i dischi si vendono con la stessa frequenza di qualche anno fa.

L’età media della clientela si è alzata, anche se per il corso girano ancora molti ragazzi. All’ingresso del negozio ci attraggono molti manifesti: questo tipo di negozi offre infatti anche la prevendita dei biglietti per i concerti, ma ci guadagna pochi centesimi a biglietto venduto, quindi è un servizio che fanno alla clientela e un modo per far circolare gente nel negozio. Ecco, i concerti …

LA VIGNETTA Dal giradischi all’Ipod: la musica vista da Erika Elia

IL NEGOZIANTE ci ha risposto che la crisi in realtà avrebbe dovuto favorire la vendita di dischi, che non sono un oggetto molto costoso. Ad esempio sotto le vacanze natalizie le librerie hanno venduto molto perché in periodo di crisi la gente tende ad acquistare regali meno impegnativi economicamente. Invece la vendita

di dischi è calata molto per un motivo diverso: la pirateria. INFATTI MENTRE prima la musica veniva comprata più dai giovani, anche dai nostri coetanei, al giorno d’oggi questi – e noi non siamo da meno- scaricano la musica da internet e sono gli adulti che acquistano in maggioranza.

ENTRARE IN QUESTO storico negozio di dischi ci ha fatto riflettere sul modo diverso di considerare la musica rispetto ai nostri genitori: per noi la musica è un file e un cantante. Noi non abbiamo come il negoziante l’amore per «l’oggetto», per il cd, per noi la cosa più giusta sarebbe rendere legale la possibilità di scaricare gratuitamente le canzoni, ma al tempo stesso aumentare i concerti, far sì che i cantanti facciano più tournee in giro per l’Italia. In questo modo entrerebbero in contatto diretto con i loro fan e questo è quello che più ci piace.

L’INIZIATIVA AREZZO FACTORY, UN LUOGO D’INCONTRO PER FARE MUSICA E QUELLO CHE VUOI

Quella fabbrica che produce fiumi di note CURIOSI DI MUSICA, ci siamo recati in una grande struttura in Via Masaccio, Arezzo Factory. Attraversato un ingresso pieno di annunci per la formazione di band o per la vendita di strumenti, ci hanno accolto tre ragazzi che ci hanno spiegato il funzionamento di questo luogo. Ogni giorno una cinquantina di ragazzi vanno ad Arezzo Factory per fare musica, per avere lezioni e per imparare a fare i DJ. Qui si può anche studiare, praticare attività multimediali oltre che giocare a ping pong, fare dei tornei di scacchi o addirittura imparare a dipingere. Abbiamo quindi rivolto alcune domande ai responsabili: Da cosa proviene il nome Arezzo factory?

AREZZO FACTORY Il disegno di Gianmaria Oliva

«Questo nome ci è venuto in mente perché in inglese factory vuol dire fabbrica e noi vediamo questo luogo come una fabbrica dove si può creare musica e modificarla a nostro piacimento, per giunta senza dare noia ai vicini di casa!».

Qua come abbiamo capito, si può anche studiare oltre che suonare...

«Si dalle 4 del pomeriggio alle undici di sera si può fare quello che si vuole, anche se nei limiti del possibile.. soprattutto si può entrare liberamente nelle sale e ad un prezzo molto contenuto si affitta la sala prove, fornita di strumenti, microfoni e altoparlanti». Ci sono progetti in vista?

«Sì, abbiamo organizzato un progetto di teatro con gli immigrati e il flash mob, un ballo da strada: alcune persone si mischiano tra la gente e, ad un certo punto, cominciano a ballare. Per quest’estate abbiamo deciso di organizzare una serie di concerti: metteremo un palco proprio fuori della struttura. Sul sito c’è molto altro: www. arezzofactory.org. Se anche i Negrita sono passati di qui, cogliete anche voi l’opportunità!».

la redazione della III C... STUDENTI Rachele Alunno, Riccardo Basco, Gian Maria Bianchi, Mattia Bianchi, Elena Bizzelli, Sara Brogi, Giulia Burgassi, Leonardo Campriani, Federico Degano, Mihai Dumbrava, Erika Elia, Vio-

la Ferrini, Davide Giuliattini, Fabio Hysenaj, Tommaso Lo Franco, Caterina Luciani, Virginia Martinelli, Maria Stella Marzocchi, Gianmarco Mencaroni, Edoardo Maria Nicchi, Gianmaria Oliva, Maria Novella Palazzeschi, Andrea Paoli-

ni, Filippo Parati, Francesco Scilla, Irene Severi, Leonardo Stiatti INSEGNANTE Elisabetta Batini Preside Alessandro Artini

SCHEDA SCUOLE & C

Per suonare non è mai troppo tardi AD AREZZO, oltre che alla scuola media Cesalpino e al liceo musicale, esistono vari istituti privati che consentono di approfondire la pratica degli strumenti musicali per hobby o passatempo, ma anche per conseguire i primi anni di corso di Conservatorio che non è presente in città. Vicino alla nostra scuola si trovano due tra le più importanti scuole di musica del territorio: la «Coradini» e la «Sette note». Quest’ultima è gestita da numerosi insegnanti di tanti strumenti. Chi va a studiare a questa scuola si avvicina anche alla teoria musicale: il solfeggio. La scuola è aperta dal 2005 e ha già ben 130 allievi di tutte le età che la frequentano con cadenza settimanale da ottobre a giugno. LE SETTE NOTE si trova in cima al parco Pionta, accanto al Centro Anziani. La scuola Coradini invece è nelle vicinanze di Piazza Guido Monaco, nei locali dell’ex Caserma Cadorna. La Coradini è stata aperta nel 1983 all’interno dell’associazione culturale «Gruppo Polifonico Coradini» con lo scopo di promuovere e sviluppare la cultura musicale con iniziative didattiche e artistiche. Oltre ai tanti strumenti insegnati in questa scuola vi è anche un corso di canto, per solisti e coro. PER IL RESTO Arezzo non offre molte altre possibilità, ma anche nella nostra scuola, come in quasi tutte le medie, si può imparare uno strumento durante il pomeriggio, in aggiunta all’offerta formativa. Quindi per i musicisti in erba, basta tenere gli occhi aperti.


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2012

Scuola Media

Severi AREZZO AREZZO

Gli amaranto? Erano arancioni La storia dell’Arezzo dai primi calci a Campo di Marte fino a oggi IL PUNTO I TIFOSI

Quelle partite vissute dalla tribuna AD AREZZO il tifo organizzato nacque nel 1977 con il «Commando Ultras Arezzo» da cui, nel 1995, hanno origine i seguenti gruppi, attivi ancora oggi: «Ultras Arezzo», «Arezzo Ovunque», «OFC Arezzo», «Fossa Amaranto» e «I Devils». In particolare l’Ultras Aezzo è portato avanti da giovani che i giorni precedenti alla partita si ritrovano alla sede di via Fiorentina per preparare la coreografia e gli striscioni da esibire durante la partita. Contribuisce alla preparazione anche la “Fossa”, orientata politicamente verso sinistra. Ogni componente è in possesso della tessera, distribuita alla fine del primo tempo di ogni partita. Permette di avere sconti sull’abbigliamento e sui gadget e di partecipare alle riunioni in sede. La Concentrazione di tifosi si è mostrata particolarmente elevata nella partita Arezzo-Juve vinta per 5-1 dai bianconeri. A TAL PROPOSITO abbiamo incontrato un tifoso, presente a quella partita, che ci ha raccontato cosa si prova dalle tribune: «Le emozioni e le attese erano grandi, giocavamo contro una squadra come la Juve; malgrado la sconfitta, però, i tifosi hanno continuato a sostenere e a incitare l’Arezzo». Riguardo a cosa significa oggi essere tifosi, afferma, con rammarico, che ormai le tifoserie sono sempre più spesso orientate alla contestazione piuttosto che all’incitazione di coloro che sono in campo, sembra un po’ dimenticato il vecchio caro attaccamento ai propri colori. Noi comunque vogliamo guardare con un pizzico di nostalgia a quel tifo positivo, quello che unisce e certamente non divide

F

ORSE MOLTI NON sanno che già nel 1917 alcuni ragazzi aretini si dilettavano a giocare a calcio al vecchio campetto del Campo di Marte, con un pallone di cuoio che, si dice, fosse stato regalato loro da tal Mario Malentacchi. La loro squadra fu nominata «S. F. A» (Società Football aretino). Le loro maglie erano bianche e azzurre. Altrettanto facevano, in altra parte della città, al Prato, dei ragazzi che giocavano con una squadra che si chiamava Pro Arezzo Esperia, indossando una maglia rossonera ed un pallone donato loro dall’ingegnere Colombini. Il tempo passava e le due piccole società continuavano a divertirsi e a sfidarsi fin quando decisero di unire le loro forze, dando vita ad una nuova società … era il 10 settembre 1923, data di nascita dell’Arezzo! Per la «neonata» venne scelto il nome Juventusa F.B.C Arezzo, grazie all’idea di due giocatori, originari di Torino e grandi tifosi della Juventus. La divisa che venne scelta aveva

CURVA Il cuore del tifo amaranto vestito per una delle ultime partite

la maglia arancione e i pantaloncini neri. ASSICURARE il funzionamento della squadra, a quel tempo non era facile, era tutto più essenziale, a partire dalla stessa sede. Il primo presidente, Giuseppe Giannini, doveva fare spesso anche da

allenatore e, alla bisogna, anche da elettricista. Sembrerà strano, ma allora i giocatori non avevano uno stipendio, anzi, dovevano contribuire con il versamento di una quota che ammontava a 50 centesimi al mese ciascuno. NON ERANO previsti neppure i

viaggi per le trasferte, oppure l’approvvigionamento dell’acqua necessaria per dissetarsi nel corso degli allenamenti o delle partite, tutto doveva essere pagato di tasca propria, ma era fatto volentieri per portare avanti quell’esperienza sportiva che dava così tanto a chi la giocava e anche a chi la seguiva dalle tribune. Il tempo passava e alla squadra aretina si unirono poi altre società (Petrarca, Esperia..) e il 9 settembre 1930 nacque l’Unione Sportiva Arezzo con Umberto Bondi. Dopo tanti anni di gioco, purtroppo l’Arezzo fallì nel 1992 e fu rifondata l’anno seguente. Non possiamo di certo dimenticare nella storia di questa squadra, la presenza di Ciccio Graziani fondatore nella nuova Associazione Calcio Arezzo nel 1995. Inoltre, in quegli anni, il mister dei giocatori aretini fu il conosciuto Serse Cosmi, il quale portò la squadra ad alti livelli. Nonostante ciò, tra il 1999 e il 2003 ci fu un periodo di forti sconfitte, ma gli ultrà sono rimasti sempre fedeli ai loro beniamini.

INTERVISTA ANDREA SUSSI RIPRENDE I FILI DI UNA CARRIERA CHE ERA INIZIATA PROPRIO AL COMUNALE

«Tutto iniziò a 15 anni, contro il Catanzaro» CI E’ SEMBRATO interessante sentire direttamente dalla voce di un ex-giocatore dell’Arezzo, il terzino sinistro, Andrea Sussi quali siano i suoi ricordi ma anche le emozioni provate dai giovani impegnati nella carriera calcistica . Quale è stata la partita più importante della tua carriera? E quella più bella?

«La partita più bella è stata sicuramente BolognaParma perché in quell’occasione ho segnato il mio secondo goal in serie A, mentre quella più importate è stata Bologna-Roma perché eravamo rimasti in 9 e abbiamo vinto ugualmente 2-1». A quanti anni sei arrivato all’Arezzo?

«Sono entrato negli allievi, a 15 anni..... la prima partita è stata Arezzo-Catanzaro: 0-0 nel 1991». I tuoi genitori ti hanno sempre sostenuto?

AMARANTO Andrea Sussi dall’Arezzo è arrivato in A

«Si, fino a quando non me ne sono andato via di casa sempre per motivi legati allo sport: i calciatori devono viaggiare molto».

La tua passione per il calcio ti ha accompagnato sin da piccolo?

«Sì, mentre mio fratello giocava con i soldatini io avevo sempre il pallone tra i piedi. Questa passione me l’ha trasmessa anche mio padre portandomi ogni domenica allo stadio». Ti sei trovato bene con la squadra?

«Sì, mi sono trovato bene entrambe le volte in cui ho cambiato compagni di gioco. La prima è stata positiva perché ero ancora giovane e cercavo di imparare il mestiere dai calciatori più esperti, la seconda perché ero diventato io ormai esperto e la mia carriera da terzino stava per finire». Cosa potresti consigliare a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso?

«Consiglierei di impegnarsi ad ogni allenamento,di osservare e ascoltare i compagni più anziani e l’allenatore, inoltre di avere rispetto per gli altri giocatori e la maglia».

la redazione della III C... STUDENTI Zaira Amali, Alice Betti, Margherita Biondi, Chiara Bocchetti, Angela Bruni, Irene Chiaramonti, Vanessa Coleschi, Riccardo Cuccoli, Ilaria Dell’Artino, Alessio Guerri, Eleonara Hong,

Alexia Huang, Cristiana Lalletti, Sara Lunetti, Alex Mannelli, Tommaso Mezzacapo, Niccolò Minocci, Francesco Misuri, Jacopo Pineschi, Cristina Rinaldi, Michela Roda, Sofia Roselli, Marco Scatragli, Riccardo Tavanti, Francesco Testi,

Irene Tognalini, Alex Vlad. INSEGNANTE Catia Lucherini PRESIDE Rosella Elena Misuraca


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2012

Scuola Media

Garibaldi SUBBIANO-CAPOLONA SUBBIANO-CAPOLONA

Le paure dentro di noi Un sondaggio sui timori dei preadolescenti e sulle loro motivazioni

T

UTTI NOI ABBIAMO o abbiamo avuto delle paure: alcune sono state superate, altre sono rimaste e altre si sono aggiunte. A volte ci vergogniamo di parlarne, poiché crediamo di averle solo noi mentre gli altri ci appaiono tranquilli e sicuri. In realtà, confrontandoci tra coetanei, scopriamo che siamo in buona compagnia e spesso, insieme, possiamo trovare il modo di superarle. E’ quello che abbiamo chiesto ad un campione di 221 ragazzi della nostra scuola, tra cui 72 alunni di prima, 66 alunni di seconda e 83 di terza, con età comprese tra gli 11e i 15 anni. Il questionario, anonimo, consisteva in una serie di domande a risposta chiusa o aperta, inerenti le forme e le caratteristiche che assumono le paure, oltre ai possibili rimedi. I risultati hanno confermato alcune nostre previsioni, ossia che le paure legate all’infanzia, come quella del buio, di rimanere in casa da soli, di alcuni animali o di presenze misteriose, vanno scemando con l’età, ossia diminuisco-

LE PAURE L’identità profonda dei ragazzi letta da Manuel Capaccioli

no grazie ad un processo di razionalizzazione che interviene in nostro aiuto e ci consente di ridimensionarle. RISULTA CONFERMATA anche un’altra nostra riflessione: guardare film o leggere libri di genere horror ci permette in realtà di affrontare le nostre stesse pau-

re, i nostri peggiori incubi, tuttavia senza correre reali pericoli. E’ UN MODO insomma per esorcizzarle, poiché riusciamo a capirle meglio affrontandole indirettamente, (ossia nei panni dei protagonisti delle storie horror) e magari anche a liberarcene; lo confermano le risposte alla domanda su

uno dei possibili rimedi, “non guardare mai film dell’ orrore”: pochissimi ricorrono a questo comportamento, infatti i successi cinematografici più recenti sono proprio legati a questo genere, molto apprezzato da preadolescenti e adolescenti. Altrettanto interessanti sono i risultati scaturiti dalle domande inerenti il mondo della scuola: se la paura di alcuni professori è distribuita in modo piuttosto omogeneo tra fasce d’età, esiti diversi danno invece le risposte inerenti esami, possibili bocciature, verifiche e interrogazioni, che subiscono una prevedibile impennata tra gli alunni delle classi terze. Relativamente ai possibili rimedi: si provvede saggiamente ad evitare certi luoghi o persone pericolose, ubriache o sconosciute, così come si cerca di informarsi maggiormente su ciò che spaventa e poi si prendono delle precauzioni, si sta in compagnia di amici o della tv/computer, si apprezzano i genitori che da piccoli «hanno insegnato a non avere paure sciocche», si cerca di pensare positivo e infine, se il problema è la scuola...si studia di più!

L’INTERVISTA IL DOTTOR CARLO LIVRAGHI E IL FENOMENO: I SINTOMI, LE FORME, I POSSIBILI RIMEDI

«In realtà è un meccanismo di autodifesa» SULLE PAURE abbiamo intervistato un esperto, il dottor Carlo Livraghi Cos’è la paura?

«E’ un meccanismo innato di difesa naturale, di conservazione della specie che consente di proteggerci e permette di attivare l’organismo di fronte ad una emergenza: le reazioni più istintive sono l’attacco o la fuga». Le paure sono reali o immaginarie?

SOGNO E REALTA’ Il disegno realizzato da Sofia Fiorucci

«Spesso sono ingigantite: ci spaventiamo immaginando che una cosa possa succedere e prevediamo catastrofiche conseguenze. Nel tempo interviene un processo di razionalizzazione che ci aiuta a ridimensionarle o superarle. Ci sono paure innate, come quella di essere lasciati soli, che poi va scemando con la crescita e paure legate all’esperienza personale, diretta o indiretta come quella dei ladri». La paura di bocciare è reale?

«E’ legata al carattere, non va considerata sfiducia in se

stessi, nasce da un evento che non si conosce. Le statistiche mostrano che chi affronta un esame senza paura rende meno di quello che sa, ha risultati peggiori; chi ha paura è più attento e rende di più. Ma una paura può anche bloccarti, lasciarti impietrito: una paura così non aiuta». Di solito le femmine hanno più paura dei maschi?

«E’ un fattore culturale, legato all’educazione. Le ragazze sono più protette dalla famiglia per motivi ambientali e fisici». I rimedi?

«Le paure vanno affrontate con razionalità, non evitate o subite: si devono sempre combattere, anche chiedendo l’aiuto di qualcuno, familiare o specialista. Non si devono tenere dentro, perché le paure ci possono immobilizzare, impedirci di vivere, tutti hanno paure diverse ma anche comuni, dunque è sempre bene condividerle e accogliere gli altri: questa è «Empatia».

la redazione della II B... STUDENTI Luca Berni, Sophia Bollori, Sofia Boschi, Manuel Capaccioli, Sonia Dell’Aversano, Marco Ferrini, Sofia Fiorucci, Niccolo’ Forni, Giada Fusci, Linda Ghezzi, Lorenzo GIO-

Vacchini, Leonardo Grappolini, Matteo Grappolini, Cenan Haziri, Sofia Marzocchi, Noemi Micallef, Mirko Mori, Samuele Mori, Gilbert Ionut Mormoe, Francesco Ramaldi, Francesca Roggi.

INSEGNANTE Patrizia Donati PRESIDE Assunta Sorbini

I DATI LA CLASSIFICA

Perdite in casa e terremoti nella «top ten» OSSERVANDO i risultati della nostra indagine abbiamo potuto stilare una sorta di classifica delle paure più frequenti tra i nostri coetanei. Al primo posto si colloca uno dei timori più giustificati e comprensibili, ossia perdere una persona cara; al secondo posto troviamo terremoti e altre catastrofi naturali, probabilmente sull’onda della grande risonanza che viene data dai mezzi di comunicazione a questo tipo di eventi negativi ed emotivamente coinvolgenti; medaglia di bronzo alla paura degli incidenti, più frequente tra gli alunni di prima. Si passa poi al mondo della scuola, con il timore di non essere promossi, ovviamente più accentuato nei ragazzi di terza. Tra le paure domestiche c’è quella dei ladri, maggiormente presente nei ragazzi più piccoli e quella degli animali, da cui deriva un elenco variegato di temibili pericoli derivanti da ragni, scorpioni, serpenti, pidocchi, lumache, lupi, insetti, cani randagi e da alcune belve feroci. AL SETTIMO posto torna la scuola, con la paura delle interrogazioni e dei compiti in classe. Le ultime tre paure della nostra classifica riguardano la sfera personale, il carattere, l’ esperienza e il modo di essere di ognuno di noi: infatti troviamo le malattie, seguite da vertigini e paura del vuoto. Che dire infine degli improbabili traumi prodotti tra alcuni simpatici intervistati da... Heidi, Giovanni Rana e il caro Babbo Natale?


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

Scuola Media

Severi AREZZO AREZZO

Donne? Uguali ma non troppo Sottopagate e con meno possibilità di carriera: la strada da fare è tanta! L’INTERVISTA COS’E’

Un centro aiuta chi è vittima delle violenze IL «PRONTO DONNA» è un’associazione (l’unica di questo genere nel territorio aretino, fondata nel febbraio del 1989), che si propone di aiutare le donne vittime di violenza garantendo loro il totale anonimato. Una donna su tre, secondo quanto emerge da statistiche non ufficiali, subisce danni fisici o morali, e non da parte del cosiddetto «mostro», ma di una persona di cui si fida. Abbiamo intervistato una psicologa che opera nel centro: volevamo sapere cosa chiedono le donne che si presentano, a quale estrazione sociale appartengono, in che modo vengono aiutate, quali sono i tipi di violenza e di maltrattamento più frequenti, se i casi trattati si avviano di solito a una positiva soluzione. E’ STATO un incontro istruttivo e sconcertante: abbiamo imparato il significato di «violenza di genere», espressione che indica tutti quegli atti brutali fondati sull’appartenenza al sesso femminile e che causano sofferenze o danni psicologici, fisici, economici e privano la donna della libertà e della dignità personale. La violenza più diffusa, che sta alla base di ogni altro sopruso, è quella psicologica, che toglie alla donna la propria identità. Il fenomeno può interessare ogni ambiente sociale, e al centro si presentano dalle casalinghe alle libere professioniste. Dopo una visita ai locali dell’associazione siamo usciti tutti un po’ tristi ma anche, crediamo, più consapevoli e grati a chi opera in questo contesto.

L

A VIOLENZA SULLE donne nel mondo non ha confini. La discriminazione è un trattamento non paritario riservato a un singolo individuo o a un gruppo a causa della sua appartenenza a una particolare situazione sociale. Le donne svolgono i due terzi delle attività lavorative, ma percepiscono solo il 10% dei guadagni prodotti dal lavoro e hanno l’1% dei beni. La loro condizione di inferiorità è più evidente nei paesi del terzo mondo. In alcuni stati asiatici e africani subiscono forti discriminazioni: non possono viaggiare liberamente né guidare, non possono recarsi da sole nei ristoranti o nei luoghi pubblici, la loro testimonianza nei processi vale molto meno di quella degli uomini e viene loro negato il diritto allo studio. Anche l’Italia è un paese ancora incapace di affrontare tali problemi. Nel campo lavorativo, infatti, le donne sono sottopagate e hanno meno possibilità di carriera, soprattutto nel settore industriale e terziario. Ancora oggi gli imprenditori, prima di assumerle, si informano sui loro progetti futuri

nonostante questo, ancora oggi tale libertà non viene totalmente accettata. Oltre che in ambito lavorativo la donna viene molte volte sfruttata anche mediante la prostituzione. Spesso ragazze giovanissime vengono adescate con la promessa di un posto di lavoro o di un futuro migliore e si ritrovano poi schiavizzate e costrette a un’esistenza da incubo.

L’ABITO FA LA DONNA Opera di Aurora Garbinesi e Adele Severi

(matrimonio, maternità, necessità di part-time…). IL PROCESSO di emancipazione femminile in Italia comincia verso la fine del 1800, mentre il cammino verso l’uguaglianza inizia a dare i suoi frutti a partire dal 1948 con una nuova costituzione, che sancì la pari dignità sociale e

l’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, lingua, religione e opinioni politiche. LE DONNE NEL corso delle epoche hanno dovuto lottare tenacemente perché fosse loro riconosciuto il diritto di decidere della propria vita o del proprio destino;

NONOSTANTE questa situazione sia oramai nota a tutti, esiste un numero elevato di uomini che, frequentandole, contribuisce allo sviluppo di tale fenomeno, già noto ai tempi di Cavour, che con un decreto autorizzò l’apertura di case controllate dallo Stato per l’esercizio della prostituzione in Lombardia. Nonostante sia forte la necessità di combattere questa pratica, non passa giorno in cui nei quotidiani troviamo intere pagine dedicate alla pubblicazione di annunci e numeri di telefono con i quali si possono rintracciare le dirette interessate. Questi mali sono ancora pacificamente accettati, ed è proprio ciò che li rende più inaccettabili!!!

LA STORIA RAPITA E VIOLENTATA IN SICILIA DA UN INNAMORATO RESPINTO: LA VITTORIA IN TRIBUNALE

Franca Viola, il coraggio di non arrendersi

DONNE CORAGGIO Il disegno di Aurora Garbinesi

E’ IL 26 DICEMBRE del 1965; siamo ad Alcamo, in provincia di Trapani. La diciassettenne Franca Viola viene rapita da Filippo Melodia e da alcuni complici. La ragazza da due anni rifiutava le ripetute proposte di matrimonio del giovane, imparentato con la potente famiglia Rimi. Franca viene tenuta sotto sequestro per otto giorni e violentata. Il suo persecutore è sicuro di poter ottenere il matrimonio riparatore previsto dall’articolo 544 del codice penale, oggi non più in vigore perché abrogato nel 1981: secondo quella norma, chi aveva sedotto una minorenne poteva cancellare il reato sposandola. Ma Franca rifiuta il matrimonio e denuncia il suo stupratore. E’ la prima volta in Sicilia che una donna rifiuta di sottomettersi a questa forma di legalizzazione della violenza maschile. La gente di Alcamo disappro-

va la condotta della ragazza e insiste perché accetti il matrimonio, perlomeno per salvare la famiglia ridotta sul lastrico: infatti suo padre perde il lavoro. Ma Franca vuole giustizia: solo così potrà riavere la sua dignità. QUANDO COMINCIA il processo, si tiene a porte aperte, malgrado le richieste della difesa. I giornali sono sommersi da lettere di solidarietà per Franca che chiedono l’abolizione dell’articolo 544. Filippo Melodia verrà condannato a undici anni, e sette dei suoi complici a circa quattro anni ciascuno. Franca, nel 1968, si sposerà con il suo compaesano Giuseppe Ruisi; la ragazza aveva cercato di dissuaderlo, per timore di rappresaglie. L’allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat inviò ai due sposi un proprio dono personale e il papa Paolo VI volle riceverli in udienza privata.

la redazione della III D... STUDENTI Eleonora Bichi, Lorenzo Bindi, Ionelia Cristina Calita, Elisa Caneschi, Andrea Casi, Andrea Casini, Matteo Cini, Chiara Corsano, Giacomo Denna, Maurizio Detti, Lorenzo Domi-

ni, Lorenzo Ferrari, Marta Frasconi, Federica Gallorini, Aurora Garbinesi, Gabriele Giusti, Erika Lancia, Giacomo Lisi, Nicola Mafucci, Michele Quinti, Martina Sani, Adele Severi, Serena Spadini, Chiara Ticino Neri.

INSEGNANTI Linda Seren Daniela Bonoli PRESIDE Rosella Elena Misuraca


CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

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Scuola Media

Unificata SANSEPOLCRO SANSEPOLCRO

Nonno vigile in missione nel traffico E non solo: un’opera di volontariato alle scuole al servizio dei più piccoli

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GENNAIO, accidenti, sono finite le vacanze, tocca tornare a scuola!!! La mamma come al solito ci scarica sul piazzale davanti alla palestra. Ma chi sono quelle persone davanti alla scuola, con la giacca a vento gialla e la paletta segnaletica in mano? Sono insieme ai vigili, che novità è questa? Ci siamo avvicinati e sul cappellino c’è scritto «NONNO VIGILE». Abbiamo capito! Ne avevamo sentito parlare prima delle vacanze, allora era vero! Da anni si ripeteva il problema della sicurezza per l’entrata e l’uscita dalla scuola. Nonostante i divieti i soliti «furbetti» hanno continuato a transitare pericolosamente nel tratto di strada davanti alla scuola, perché si fa prima, si evita un semaforo: ma se qualcuno ci rimetteva qualche gamba, se non la pelle? Dopo si piange, si cercano le responsabilità, ma intanto … dai che si fa prima! Tagliamo per la scuola! Le regole devono valere sempre per gli altri! Così ora, bella sorpresa, ad aiutare e sostituire i vigili ecco Nonno vigile. Ci siamo fermati a vedere co-

A SCUOLA Ecco Nonno Vigile impegnatio tra i ragazzi all’uscita

me funzionava. Di sopra, dalla palestra, qualcuno fermava la macchine per scendere il figlio e borbottava, perché abituato a fermarsi nel parcheggio della palestra, ora doveva fare la rotondina e tornare subito indietro per non intralciare! Qualcuno contento: «…finalmente un po’ d’ordine!». Di sotto, dal campo sportivo, è tutto più nor-

male, il parcheggio della scuola ha funzionato come sempre, anche se pure qui qualcuno ha imboccato la strada per poi frenare di scatto alla vista delle palette, fare retromarcia e tornare indietro! In progetto c’è anche di allargare la rotonda e ricavare un parcheggio su parte dell’area verde antistante per sostituire gli spazi della palestra chiusi negli orari del ser-

vizio: perché è proprio qui, all’uscita, che molti genitori creavano una ressa di auto, entravano, senza spazio adeguato per fare manovra, con i ragazzi costretti a passare tra un veicolo e l’altro, provocando pericoli evidenti. Così la giunta con varie associazioni di volontariato, ha attivato il progetto «Nonno Vigile» per dare risposta alle esigenze di sicurezza, migliorare e regolamentare la circolazione a scuola nei momenti più critici: all’entrata e all’uscita. Questo servizio, chiaramente, è effettuato anche alla Pacioli, la nostra succursale in centro, dove il problema traffico è ancora più caotico, specie nei giorni di pioggia, e raggiungere i pullman alla Porta del Ponte è pericoloso, quando la strada è intasata di auto! Per questo è stato installato un apposito percorso pedonale con cordolo in gomma per permettere di camminare in sicurezza e «nonno vigile» impedirà alle auto di fermarsi lungo la strada come oggi. Per cui, cari genitori, due passi in più a piedi saranno tanta sicurezza in più per noi! E ora i “Nonni vigili” passeranno nelle classi a illustrare il progetto.

NONNO VIGILE L’ASSESSORE ANDREA BORGHESI SPIEGA LE FINALITA’ DEL PROGETTO APPENA PARTITO

«Deve presidiare e sorvegliare i punti critici» ABBIAMO INTERPELLATO l’assessore alla Scuola del Comune di Sansepolcro, Andrea Borghesi, che con questa intervista ci dice subito di voler chiarire il Progetto del «Nonno Vigile». Come è nata l’idea?

« Prima di tutto c’era da risolvere la costruzione di un sistema di sicurezza nei confronti dei ragazzi all’entrata e all’uscita dalla scuola che da tempo richiedeva una soluzione, impossibile da realizzare con i soli vigili urbani! Poi, nell’ambito delle iniziative che l’amministrazione intende mettere in atto per favorire una fattiva partecipazione alla vita comunitaria delle persone anziane attive, abbiamo pensato di impiegare queste persone in un compito di alta rilevanza sociale come questo». IN CLASSE Il racconto del loro lavoro ai cronisti in erba

Quali sono i compiti del Nonno Vigile?

«Il Nonno Vigile svolge un compito preventivo ed

educativo, non repressivo, a stretto contatto con la Polizia Municipale, a supporto e completamento della stessa. Praticamente il compito consiste nel presidiare e sorvegliare le zone in prossimità delle scuole, sia qui alla Buonarroti che alla Pacioli, tramite volontari che, muniti di adeguato riconoscimento e abbigliamento idoneo, ordineranno il traffico, impediranno la sosta in tratti pericolosi e inviteranno al rispetto della segnaletica». Come pensa sia andata in questi primi giorni?

«Ho sentito qualche mugugno, ma l’importante era pensare al bene comune. Certamente tutto è migliorabile, questi primi giorni serviranno come sperimentazione, poi vedremo di risolvere eventuali criticità. Confidiamo comunque nella massima collaborazione dell’Istituzione scolastica, dei genitori e di voi ragazzi! Poi tutti i suggerimenti e consigli sono sempre ben accolti!».

la redazione delle classi miste... STUDENTI III A: Leonardo Magi, Niccolò Tosato; III B: Martina Baracchi, Letizia Boncompagni, Angelica Carboni, Angelo Carrino, Lorenzo Catacchini, Beatrice Cruciani, Cristina Dudau, Eleonora Polenzani, Tommaso Ricci, Benedetta Signorelli;

III C: Anna Boncompagni, Anna Duranti, Lorenza Giorgi, Flavius Meghes; III D: Alessandro Cherubini, Giulia Panicucci, Francesca Zanchi; III F: Aurora Betti, Sara Frammartino, Rachele Innocenti, Elisabetta Rossi; III G: Francesca Caroscioli, Michelle Likaj, Martina Mancini; II A:

Valentina Livi, Veronica Memonti. INSEGNANTE Alfredo Socali PRESIDE Secondo Borghesi

NONNO VIGILE ZOOM

«Ma gli unici nemici sono i maleducati» I «NONNI VIGILI» in classe! Entrano con le loro giacche gialle lucenti, sono «giovani» nonni! Subito scherzano e spiegano il loro compito! Sembrano a loro agio, sono abituati ai nipoti! Ci spiegano: «Siamo tutti volontari, di varie associazioni, dal volontariato a militari in congedo. Siamo qua per darci da fare e contribuire alla sicurezza di tutti!» La nostra curiosità ci fa chiedere cosa si aspettino dal loro servizio. «Prima di tutto collaborazione, vostra e dei genitori, che abbiano pazienza se devono fare qualche passo in più; purtroppo proprio la maleducazione di alcuni nel non rispettare i segnali che ci sono, mette a repentaglio la sicurezza di tutti!» COME SI SONO trovati a fare questo servizio? «Bene! Noi siamo qui per educare, non per reprimere! Siamo stati preparati con un apposito corso dalla Polizia municipale, ed eccoci qua: e il ringraziamento migliore sono i vostri sorrisi quando passate vicino!» E l’orario? «Questo è l’orario del servizio: dalle 8 alle 8,35; dalle 13,20 alle 13,45; e, alla sede centrale, anche il pomeriggio dalle 16,20 alle 16,35. Ma poi i tempi si allungano sempre, è bello fare due chiacchiere con qualche vecchio amico che si incontra e con i nuovi amici che siete voi!» Questi arzilli signori ci lasciano, felici del loro lavoro e tengono a precisare che ci sono anche due donne e aspettano chiunque abbia voglia di dare una mano.


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10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 19 GENNAIO 2012

Scuola Media

Masaccio SAN GIOVANNI

Quel piatto nato per i pellegrini Lo stufato alla sangiovannese tra storia e leggenda: la ricetta è segreta STUFATO IN RIMA

Perfino i poeti «cantano» la specialità NELLO TEMPO ch’è detto Carnevale alla Basilica, nelle grandi sale, si riunivano in tempi ormai lontani, per far doni alla Chiesa, i parrocchiani. Racconta una leggenda che una donna, per onorare meglio la Madonna fece un piatto forte e assai drogato che battezzò col nome di Stufato. Questa ricetta tanto decantata da padre in figlio è stata tramandata e per la gioia di ogni buon palato è giunta a noi in original formato. Se questo piatto buono tu vuoi fare questi son gli ingredienti da adoprare: muscolo libbre tre, tagliato a modo e di osso e zampa a parte, fai del brodo. Tanto prezzemolo e di cipolle una fai un bel battuto con la mezzaluna, vino, olio d’oliva, un’impepata, spezie, garofano e alfin noce moscata. Indi di coccio un tegam devi pigliare, ci versi l’olio ma senza esagerare; perché riesca bene, se ti preme, metti la carne col battuto insieme. Allor che tutto principia a rosolare Non ti stancare mai di razzolare, quando il colore ha preso marroncino, metti le droghe e un bel bicchier di vino. Appena il vino s’è tutto consumato aggiungi il pomodoro concentrato. A questo punto puoi abbassare il fuoco: cuoci aggiungendo il brodo, poco a poco. Questo piatto che viene da lontano saprà ridarti quel rapporto umano e far capire anche al più somaro che il tempo è vita e che non è denaro. (poesia tradizionale sangiovannese)

L

A GASTRONOMIA di San Giovanni Valdarno affonda le proprie radici in secoli lontani, come testimonia un documento del 1427 nel quale viene citato un vino bianco locale o, meglio ancora, come dimostra il piatto più caratteristico della città: lo Stufato alla sangiovannese, una pietanza di origine povera la cui ricetta è tuttora segretamente tramandata dalle cuoche dei «Saloni» della Basilica, i locali che fanno da cornice ai grandi pranzi della cittadina. Non è un semplice spezzatino ricco di aromi, bensì un piatto molto elaborato che necessita di una lunga cottura e che prevede l’utilizzo del muscolo di zampa aromatizzato con spezie preparate dai droghieri del paese. Esistono svariate versioni circa l’origine dello stufato; abbiamo scelto quella che secondo noi è la più suggestiva. Si racconta che un giorno di tanto tempo fa fossero giunti alla Basilica molti pellegrini dalle campagne vicine per una grave siccità che minacciava i raccolti: si tenevano novene alla Vergine e cerimonie di preghiera che duravano

IL «RITO» La preparazione dello stufato secondo Tiziana Bonura

anche giorni, al fine di esaudire le richieste. IN TALE OCCASIONE fu anche esposto il ritratto della Madonna, che era di solito coperto da un telo. Il priore faceva del suo meglio per accogliere la povera gente dando ospitalità nei locali della canonica e preparando da

mangiare con quello che c’era. LA PIOGGIA PERÒ si faceva attendere, i campi erano sempre più aridi e la preghiera durava più del previsto. I sangiovannesi allora, venuti a conoscenza delle difficoltà della parrocchia, portarono quello che avevano in casa: pezzi di carne dure e callose, ossa per fa-

re il brodo, cipolle dell’orto e del buon vino. Il prete, che era molto preoccupato perché non sapeva come sfamare i pellegrini, mise la carne in un gran pentolone, la annaffiò ben bene con il vino rosso, ci aggiunse gli odori, olio delle campagne e spezie della Terrasanta, fece cuocere tutto per un’ora, poi l’assaggiò. Niente: era dura. Provò a continuare la cottura per un’altra mezz’ora, la riassaggiò ma era sempre dura e non troppo saporita. Allora rimise tutto sul fuoco, aggiunse brodo e vino, andò a recitare le sue orazioni quotidiane e si dimenticò del pentolone. Dopo cinquanta pater noster, ave maria e gloria patri, improvvisamente se ne ricordò. Aveva paura che fosse tutto bruciato, ma mentre si dirigeva alle cucine, sentì un profumo intenso e stuzzicante: dentro la grande marmitta c’era una buonissima carne di un colore scuro, ambrato e brillante! L’assaggiò, alzò lo sguardo e disse qualcosa ma nessuno capì perché nel frattempo si udì un tuono e incominciò a piovere...

STUFATO LA SCOPERTA IN CLASSE DEI NUOVI PIATTI: LE AFFINITA’ A SORPRESA CON IL COUS COUS

E’ un sapore che ha un parente oltre mare

STUFATO E’ il piatto tipico di San Giovanni: qui Palazzo d’Arnolfo

LA NOSTRA CLASSE può veramente considerarsi come un pezzo di mondo: molti di noi sono toscani, altri provengono da varie parti del mondo e abbiamo così imparato a conoscere i sapori che costituiscono le tradizioni dei nostri Paesi. Ci credereste? Abbiamo trovato molti punti in comune, e abbiamo capito che la buona tavola unisce sempre! Il Cous cous è un alimento originario del nord Africa che già in passato era giunto in Italia, precisamente in Sicilia, assieme ai popoli che vi si erano stabiliti in diverse epoche storiche. Alcuni alunni della nostra classe che provengono dal Marocco ci hanno spiegato che in lingua berbera si chiama olsb ta’am,che significa «cibo», e che viene preparato con una semola di grano duro inumidita e lavorata con le mani per fare una miscela

granulosa, poi viene cotto in una speciale pentola molto capiente con l’aggiunta di carni in umido, verdure bollite o anche pesce. E’ UN PIATTO molto saporito perché la carne viene prima rosolata nell’olio, poi unita ad intingoli piccanti con l’aggiunta di pomodoro o zafferano. Un tempo le donne si riunivano interi giorni per preparare il Cous cous; oggi, con le tecnologie del mondo moderno, la produzione è in gran parte meccanizzata. A prima vista può sembrare un piatto esotico, ma nei suoi condimenti possiamo riconoscere alcuni elementi fondamentali della nostra tavola, come il pomodoro, lo zafferano, il pepe, le spezie, e anche la sua preparazione, così lunga ed accurata, ci porta a trovare analogie con il toscanissimo Stufato.

la redazione della III A... STUDENTI Viola Balbetti, Asllan Berisha, Tiziana Bonura, Elisa Cannelli, Alice Del Bianco, Lemuel Demian Garofalo, Jessica Latorre, Elisabetta Lista, Luciano Llupi, Katia Maka-

rava, Giacomo Maleci, Oumaima Mouhamech, Mariam Naciri, Yassin Naciri, Alessia Napolitano, Noemi Orso, Maria Teresa Spinosa, Ludovica Tempi, Alessandra Tesoriere.

INSEGNANTE Letizia Ferrarese. PRESIDE Edoardo Verdiani.


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 19 GENNAIO 2012

Scuola Media

Martiri Civitella BADIA AL PINO

Massacrata famiglia cinese a Roma La vicenda di Zhou Zeng riaccende il tema del rispetto della legalità

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A DUPLICE uccisione del giovane commerciante cinese, Zhou Zeng, e della bambina che teneva in braccio ha colpito gravemente l’intera comunità cinese e tutti noi. Il 4 gennaio a Roma, nel quartiere periferico di Tor Pignattara, in zona Casilina, due rapinatori hanno ucciso un cittadino cinese di 31 anni e la figlia Joy di soli 9 mesi. La giovane moglie, invece, anch’essa presente al momento dell’agguato, è rimasta gravemente ferita. L’episodio è avvenuto in via Giovannoli, poco prima delle 22, mentre la coppia stava rientrando a casa, dopo aver chiuso il proprio locale: gli aggressori si sono avvicinati in sella ad una moto, cercando di strappare la borsa alla donna, il padre ha tentato di reagire, ma i killer hanno fatto fuoco per tre volte senza pietà. Sembra che nella borsetta della donna ci fossero circa 5.000 euro in contanti. Le indagini ruotano intorno all’attività di “money transfer” della vittima, anche per capire da dove provenisse tutto quel denaro sottratto durante la rapina.

ma, omicidi e stragi, come l’uccisione di Sara Scazzi o quella recente dei cittadini Senegalesi a Firenze. Tutta questa violenza dipende forse dal fatto che tanto, oggi come oggi, se infrangi le regole o se addirittura uccidi qualcuno… non ti succede niente! Inoltre, il benessere ci spinge ad essere superficiali e invidiosi, a dimenticare che uno dei primi doveri di ogni cittadino, a qualsiasi età, è quello della solidarietà.

LA PROTESTA La manifestazione per la famiglia cinese massacrata

NON C’E’ più sicurezza sulle nostre strade? Esiste ancora il rispetto per gli stranieri? Questa tragedia suscita in tutti paura e terrore, pensando a cosa potrebbe capitarci anche solo camminando per strada. E non è tanto una questione di controlli e di forze dell’ordine, ma di civiltà e di legalità. Se un pa-

dre viene ucciso mentre torna a casa con la figlioletta in braccio per un pugno di soldi, significa che non c’è più il rispetto della vita umana. Episodi di cronaca sempre più frequenti lo dimostrano: ladri che entrano in casa pronti a ucciderti, atti di vandalismo, come quelli commessi dai «Black Block» a Ro-

RIAPPROPRIARSI del senso civico e del rispetto delle regole è, dunque, l’unico modo per ricostruire il tessuto sociale. Per ciò dobbiamo ripartire dai più giovani. Siamo noi che per primi abbiamo bisogno di capire e comprendere quali sono i comportamenti corretti che dobbiamo tenere, quali sono i nostri diritti e i nostri doveri di cittadini: impegnarsi a scuola, svolgere onestamente il proprio lavoro, rispettare tutti, anche chi è diverso da noi, non usare la violenza, conoscere e rispettare le leggi. Questo è quello che ogni genitore dovrebbe insegnare ai propri figli.

L’INTERVISTA LA SCRITTRICE ANNA SARFATTI PARLA AI GIOVANI DEL RISPETTO DELLE REGOLE

«Diventare cittadini consapevoli e responsabili» ANNA SARFATTI è nata e vive a Firenze, ha insegnato per tanti anni nella scuola primaria e scrive libri per bambini: da Capitombolo sulla terra a Fulmine un cane coraggioso. La Resistenza raccontata ai bambini. La maggior parte dei suoi libri affronta i temi della legalità e della cittadinanza. Con lei abbiamo parlato dell’importanza di educare i giovani a questi valori. Quali sono le aspettative e gli obiettivi che si propone di raggiungere? Perché?

LA SCRITTRICE Anna Sarfatti incontra gli alunni della scuola

«Negli ultimi anni di scuola (e non solo) sono giunte a maturazione tante diverse consapevolezze: ho capito che i bambini hanno bisogno di confrontarsi sui temi importanti della vita e della convivenza; ho sentito crescere in me l’indignazione per gli eventi e i personaggi che hanno determinato la storia politica negli ultimi anni e conseguentemente l’urgenza

di provare con i miei strumenti a contrastare questo avvilente imbarbarimento». Il suo ultimo libro, scritto con Gherardo Colombo, Educare alla legalità ha come sottotitolo Suggerimenti pratici e non, per genitori ed insegnati. Oltre alla scuola, per lei, quali altri luoghi e soggetti sono coinvolti nell’educazione dei giovani alla legalità?

«Siamo coinvolti tutti, sempre e ovunque. Vivendo, operando, tutti siamo scuola per gli altri (e per noi stessi). Educa o diseduca il negoziante che sceglie se rilasciare o meno uno scontrino, l’arbitro che osserva o meno le regole, il medico solerte o poco scrupoloso. L’educazione alla legalità si costruisce con i comportamenti quotidiani di tutti i componenti della comunità. Il problema è che bastano le illegalità di alcuni a rendere poco convincente il sistema complessivo!».

la redazione della II A... STUDENTI Francesca Balsimini, Lisa Benigni, Alessandro Bernardoni, Eleonora Bianchini, Vittoria Bulletti, Giulia Caccialupi, Leonardo Crulli, Mirko Galassi, Sofia Gallorini, Fatima Houb-

bad, Ramize Krasniki, Alessandro Lorenzani, Jessica Lorenzani, Jordan Mannelli, Gabriele Mantova, Sofia Mori, Luigi Negri, Aurora Parenti, Marco Pela, Ilaria Rosadi, Niccolò Santini, Jacopo Tonioni, Manuel Tur-

chi, Michael Turchi, Natasha Valli. INSEGNANTE Chiara Savini PRESIDE Domenico Sarracino

LEGALITA’ I PRINCIPI

La Costituzione fissa il quadro delle norme LA COSTITUZIONE è la legge fondamentale dello Stato; contiene l’insieme delle regole relative all’organizzazione e al funzionamento della società e le norme riguardanti i diritti e doveri dei cittadini. Fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948, dopo otto anni dall’inizio della seconda guerra mondiale e venti anni dall’inizio della dittatura. IL TESTO della nostra costituzione è tra i più lunghi, infatti è composta da ben 139 articoli, divisi in 4 sezioni: Principi fondamentali (articoli 1-12); Parte prima, diritti doveri dei cittadini (articoli13-54); Parte seconda, ordinamento della Repubblica (articoli 55-139); Disposizioni transitorie e finali (l –XVlll). È come una tavola di principi e di valori che costituisce la base del nostro stare insieme, che ci indica quello che si può o che si deve fare. LA REPUBBLICA riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, quei diritti cioè che non si possono toccare, come il diritto alla vita, al lavoro, all’istruzione e alla libertà personale; ha il compito di rimuovere tutti gli ostacoli che possono limitare le nostre libertà o l’eguaglianza fra di noi, per dare a tutti le stesse possibilità, ma ogni cittadino ha dei doveri di solidarietà verso gli altri. È importante conoscere la nostra Costituzione per riscoprire il senso delle regole e imparare a vivere rispettando gli altri.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 24 GENNAIO 2012

Scuola Media

IV Novembre AREZZO AREZZO

Un mondo tutto da scoprire I nonni e uno stile di vita scomparso: si stava meglio quando si stava peggio? NONNI IERI E OGGI

Quel legame speciale con i nipoti TEMPO FA il rapporto tra nonni e nipoti era molto più formale e rispettoso che ai giorni nostri. Fino a poco più di cinquant’anni fa infatti, il nonno era il capofamiglia, viveva in una casa insieme ai figli e ai nipoti e riceveva rispetto tanto che tutti gli si rivolgevano con il «Voi». Oggi giorno invece, genitori e figli preferiscono vivere separati dai nonni, indipendenti. La mentalità è cambiata e il desiderio di maggiore indipendenza e libertà dei ragazzi hanno fatto sì che nascesse piano piano un distacco da ciò che i giovani considerano una figura che non li può comprendere, il nonno. QUALCHE volta, però, per il bambino il ruolo della nonna o del nonno diventa importante, trovandovi, il sostituto della figura materna o paterna. Alcuni genitori sono costretti a lavorare all’estero, e nella nostra classe ci sono 4 alunni che possono comprenderlo meglio di altri: provengono da paesi stranieri, dall’Asia meridionale all’Europa settentrionale e da piccoli sono rimasti insieme ai nonni mentre i loro genitori vivevano e lavoravano in Italia. Perchè quindi, noi della nostra età si tende ad aprirci di meno con chi è più anziano? I nostri nonni ci hanno ascoltato, supportato e viziato, allora, perchè non restituire il favore, passando del tempo con loro? Oltre che ad imparare qualcosa in più sulla vita di due generazioni prima della nostra, dimostriamo di essere nipoti che ascoltano ciò che stavolta i nostri nonni hanno da dire del loro passato.

C

URIOSANDO TRA i dati dell’Istat abbiamo scoperto che in Italia ci sono ben 11.500.000 nonni che rappresentano quindi una fetta di società sempre più importante, tanto che è stata istituita per il giorno 2 ottobre la «Festa nazionale dei nonni». Noi ci siamo soffermati a pensare a quando la televisione e le cose elettroniche non esistevano, ci sembra impossibile vivere, ma tutto ciò non è vero perché i nostri nonni sono «sopravvissuti». Proprio loro ci hanno testimoniato come vivevano da ragazzi. Ci hanno svelato che quando erano piccoli nella calza della befana i più buoni trovavano mandarini, mandorle e pochi dolcetti perché erano una rarità, i monelli aglio o carbone di legna, non di zucchero. Per giocare usavano soprattutto oggetti costruiti con le loro mani o giochi classici come campana e nascondino, pretesto anche per uscire all’aperto. Per ritrovarsi e contattarsi usavano bigliettini, lettere, ma più spesso non c’era bisogno di niente: si ritrovavano fuori in luoghi comuni, era un’abitudine. Noi invece

più fortunati e ricchi potevano comprare una televisione quindi per vederla scendevano al bar o alla bottega sotto casa, ma per i ragazzi non sempre c’era posto. Allora compravano libri, li leggevano e se li passavano fra amici; sennò ascoltavano la musica alla radio e iniziavano a ballare! Quando dovevano muoversi andavano a piedi o usavano la bicicletta, l’autobus o il treno: non c’era la mamma che li scarrozzava in macchina a destra o sinistra.

LEGAME Nonna e nipote unite per sempre: disegno di Rezeile Quirit

usiamo gli sms o ci diamo l’appuntamento in chat! ALCUNI DEI nostri nonni, quando dovevano uscire con gli amici dovevano essere accompagnati da una coppia di adulti perché vivevano in tempo di guerra. Di frequente invece che uscire dovevano aiutare in casa e le ragazze

lavoravano all’uncinetto o ai ferri. C’ERA UNA MATTINA in cui le mamme e le figlie preparavano il pane che doveva bastare per un mese intero, ma per chi abitava in Toscana il pane non durava più di una settimana perché non ci mettevano il sale, come nel pane che mangiamo ogni giorno. Solo i

ALCUNI TRA i nostri nonni alla nostra età hanno iniziato a lavorare: quando compivano dodici anni i ragazzi li prendevano nelle fabbriche le ragazze nelle case come tate. Ma il loro lavoro non finiva li, quando tornavano a casa chi abitava nelle campagne doveva sistemare l’orto o macinare il grano e per mangiare non si facevano storie, il guaio non era lasciare il cibo nel piatto, ma che non ce n’era a sufficienza. Il colloquio con i nostri nonni ci ha mostrato un mondo dove tutto quello che noi usiamo ogni giorno doveva essere ancora inventato e niente ci sembra facile come nel nostro vivere quotidiano

NONNI PROFESSIONE IN PRIMA FILA NEL RAPPORTO CON LA TERZA ETA’: INTERVISTA A UNA OPERATRICE

Badanti, compagne di strada fino alla morte SECONDO VOI chi sono le badanti? Alcuni pensano siano donne disperate e senza lavoro, altri le accusano, sulla scia di alcuni isolati fatti di cronaca, addirittura di reati come il maltrattamento di anziani: ma dove è la verità? Per risolvere questo «enigma» e comprendere veramente cosa significa restare vicino ad un anziano abbiamo intervistato la badante di una nostra nonna. Abbiamo scoperto che la maggior parte delle badanti sono straniere e che in questo momento di crisi hanno poche opportunità: gli anziani sonono spesso affidati ai componenti della loro famiglia. Si sente dire di badanti che maltrattano gli anziani, cosa ne pensa? (La sua voce si riempie

LA BADANTE Un lavoro che crea un’amicizia

di tristezza e spiega col cuore in mano e un po’ di amarezza) «Penso che sia un male e poco rispettoso, forse perché quelle persone non amano il lavoro. Se non han-

no pazienza e disponibilità, cose indispensabili, dovrebbero cambiare professione. Dopo un po’ di tempo gli anziani si affezionano alle proprie badanti talmente tanto che le trattano addirittura come figlie». Quali sono i maggiori problemi di un anziano?

«Tanti — risponde anche qui sospirando — e ad esempio quando devi spostarlo spesso non riesce a camminare e quindi devi sostenerlo, poi subentrano le malattie, ad esempio la malattia di Alzheimer». Un’ultima domanda: fino a che ora rimane al lavoro?

«Di solito lavoro fino a tardi, fino a quando non si addormenta l’anziano, qualche volta 24 ore su 24 quando ad esempio si sveglia di notte, un po’ come un bambino piccolo. Un giorno alla settimana siamo libere». Abbiamo capito che questa relazione durerà nel tempo. Una nuova figlia paziente per una nuova madre.

la redazione della II G... STUDENTI Refik Agushi, Usama Amjad, Albert Asfandiyarov Bulletti, Francesca Bellino, Sumaira Butt, Florinel Ionut Calugaru, Giammaria Carresi, Filippo Casini, Eva De Risi, Ni-

colo’ Ferrara, Lorenzo Franchi, Sofia Germani, Martina Ghiandai, Elena Isnenghi, Davide Mariottini, Roman Pershin, Maria Theresita Pescador, Rezeile Quirit, Federico Rapini, Emily Romani, Veronica Rufini,

Iacopo Styan, Lorenzo Terziani. INSEGNANTE Elisabetta Batini PRESIDE Alessandro Artini


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 24 GENNAIO 2012

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Scuola Media

Giovanni XXIII TERRANUOVA TERRANUOVA

Quale scuola? Il tormento dei 14 anni Orientarsi per non disorientarsi: un percorso per scegliere meglio

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UESTO È IL NOSTRO ultimo anno alla scuola media ed è venuto il momento di scegliere la scuola superiore. Alcuni di noi hanno già le idee chiare, mentre altri hanno bisogno ancora di riflettere e di orientarsi tra le numerose scuole presenti nel Valdarno. Mercoledì 14 Dicembre 2011, noi alunni della classe 3 E, insieme ad altri nostri cotanei della scuola media Giovanni XXIII, siamo andati a Vetrina Scuola, un progetto organizzato per aiutare gli alunni ad «orientarsi» nella scelta della scuola superiore. Erano presenti tutte le scuole del Valdarno, dal liceo scientifico Benedetto Varchi all’ istituto alberghiero Giorgio Vasari di Figline Valdarno. Per ogni scuola c’erano alcuni studenti che hanno spiegato agli alunni interessati le materie di studio, i programmi, i vari laboratori e tutto quello che è fondamentale sapere per orientarsi meglio. Tutti gli studenti hanno approfittato di questa occasione per scegliere meglio il futuro percorso di

LA GRANDE SCELTA A 14 anni scocca l’ora di indicare le superiori

studi o per approfondire ciò che sapevano su un determinato istituto.

re ad alcune lezioni, per capire come tira l’aria nella scuola che vorrebbero frequentare.

IN QUESTO periodo, per gli studenti, sarà possibile visitare le scuole che maggiormente li interessano e dalle quali sono più attratti. Sarà anche possibile assiste-

ALLO SCOPO di aiutare gli indecisi anche le nostre professoresse e i nostri professori ci ascoltano e si fanno in quattro per consigliare chi ne ha bisogno. Nel caso che

alcuni alunni non avessero ancora deciso, poco prima del termine delle iscrizioni, entro il mese di febbraio si possono prenotare anche dei colloqui con uno psicologo per farsi aiutare. Alcuni studenti sono stati influenzati dal fatto che, scegliendo un liceo, dovrebbero fare anche l’università per ottenere un titolo di studio che valga, mentre, scegliendo per esempio un istituto professionale, o un istituto tecnico, non avrebbero bisogno di frequentare un’altra scuola. Altri invece vogliono fare un percorso più semplice per poter smettere al secondo anno, quando ormai non c’è più l’obbligo di frequentare nessun istituto, così potranno fare specializzazioni e diventare, per esempio, muratori o meccanici. Comunque ciascuno studente è libero di scegliere secondo i propri gusti, i propri risultati scolastici e le proprie aspirazioni personali. Dopo tutte queste iniziative per orientarci meglio auguriamo a tutti di fare la scelta migliore per il nostro futuro, che per ora possiamo solo sognare!

OLTRE LA SCUOLA STUDI, AMORE, TEMPO LIBERO: STEFANIA PROVA A PROIETTARSI IN AVANTI

«Come sarò tra 10 anni? Il futuro che sogno»

I DUBBI Ecco le grandi domande viste da Lyanne Mossuto

E’ VERAMENTE molto difficile immaginare come saremo tra una decina di anni, perché naturalmente ognuno pensa al meglio e purtroppo non capita spesso che il meglio si realizzi. Sicuramente il mio fisico cambierà, spero di diventare alta e slanciata, magra e con i muscoli allenati, ma potrebbe anche succedere che una volta smesso di fare ginnastica mi areni sul divano, con le briciole di patatine sparse sulla pancia che mi impedisce di vedermi i piedi. Può darsi che i lunghi capelli dorati perdano la loro lunghezza e che i limpidi occhi azzurri non siano più così azzurri. Il mio modo di vestire non cambierà, perché non credo di essere tipo da «crisi adolescenziale» che non si piace più e vuol cambiare tutto di sé. Non ho ancora deciso che cosa farò dopo il liceo scientifico, forse la facoltà di medicina. Vorrei, una volta concluso il liceo, prendermi un paio di anni per rilassarmi, viaggiando per il

mondo e dopo mi iscriverò all’università. Avrò di certo una vita sentimentale e, visto che ancora vivo immersa nel mondo delle fiabe, spero di incontrare il mio principe azzurro, comprensivo e dolce con cui poter condividere le mie passioni. Non mi interessano i tipi palestrati, ma quelli intelligenti che riescano a farmi ridere. Insieme abiteremo in una casa con un grande giardino per i miei tre futuri cani. Mi piacerebbe passare il mio tempo libero facendo equitazione, perché anche i cavalli sono bellissimi e divertenti, tanto che ne vorrei uno. Il mio tempo libero sarà unicamente dedicato alla cura dei miei animali, quindi, non credo che mi impegnerò in nessuna attività sociale, anche se mi piacerebbe lavorare per la Pro loco, per organizzare attività divertenti per i cittadini. Non so se tutto quello che ho scritto si realizzerà, comunque andrà, come ha detto Martin Luther King: «sarò sempre il meglio di ciò che sono».

SCUOLE INCHIESTA

Quali le scelte Trenta ragazzi ancora incerti ABBIAMO SVOLTO un’indagine per conoscere il tipo di orientamento verso la scuola superiore effettuato quest’anno. Gli alunni intervistati sono 108. Come ci siamo orientati nel nostro iniziale disorientamento? Sono ancora 30 gli alunni indecisi! Mentre tutti gli altri hanno già indicato quale strada vorrebbero seguire. Vediamo il quadro. ISTITUTO TECNICO commerciale (Ex- Ragioneria): 5 alunni GEOMETRI: 5 alunni ISTITUTO SERVIZI socio-sanitari-Magiotti: 2 alunni ISTITUTO AGRARIO: 1 alunno PROFESSIONALE – Turistico-Alberghiero: 6 alunni ITIS (Istituto tecnico industriale): 8 alunni PROFESSIONALEsia: 8 alunni

COREUTICO: 1 alunno LICEO SCIENTIFICO: 15 alunni SCIENTIFICO Scienze Applicate: 5 alunni LICEO DELLE Scienze Umane: 7 alunni LICEO alunni

la redazione della III E... STUDENTI Daniele Benedetti, Stefania Bigi, Lucrezia Ciabattini, Mirko Corbani , De Matteis Alessia, Dario Fabbroni, Zakaria Lhouss, Pavel Lombardi, Singh Jagroop Mann, Alessio

Ip-

CLASSICO:

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ARTISTICO: 4 alunni Marchetti, Roberta Merola, Lyanne Mossuto, Pierozzi Alice, Giulia Proietti, Irene Renzi, Lorenzo Russo, Luca Sbragi, Sunena Singh, Sascha Tellini. INSEGNANTI

Luana Giorgi Chiara Perferi PRESIDE Alberto Riboletti

LICEO MUSICALE: 1 alunno LINGUISTICO: 8 alunni


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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 26 GENNAIO 2012

Scuola Media

Masaccio

SAN SAN GIOVANNI GIOVANNI

Meglio soli o tecnoaccompagnati? La nuova solitudine dei giovani nell’era della comunicazione SONDAGGIO DATI

Un ragazzo su 5 ha il telefonino dall’età di 7 anni A SCUOLA abbiamo svolto un sondaggio sull’uso delle nuove tecnologie da cui è emerso che il 96% degli alunni possiede un cellulare, mentre solo il 4% non ne ha mai avuto uno. La metà ha ricevuto il suo primo cellulare tra i 9 e i 10 anni, ma il 21% ne aveva già uno a 7-8 anni. Alla domanda riguardo all’uso principale del cellulare, il 61% ha risposto che lo impiega per telefonare ad amici e parenti e per inviare Sms/Mms e la parte restante per ascoltare musica, consultare Internet o chattare. Il 17% degli intervistati non

O

GGI NOI GIOVANI viviamo nell’era della comunicazione e del progresso tecnologico. Una miriade di strumenti comunicativi ci permette di mantenere i contatti a enormi distanze, in tempi rapidissimi e in ogni momento e in qualsiasi luogo ci troviamo. Ai tradizionali mass media si sono aggiunti e in parte sostituiti cellulari sempre più potenti e multifunzione, ma soprattutto Internet e i Social Network, gli Smartphone e i più recenti Tablet. Un’invasione tecnologica che ha determinato nuovi stili di consumo e un nuovo rapporto con le tecnologie della comunicazione. Innumerevoli i vantaggi di tale rivoluzione tecnologica, poco fa neppure immaginabili: l’ipervelocità degli scambi e la soddisfazione immediata dei bisogni, senza inutili attese; il poter mantenere, sempre e ovunque, comunicazioni costanti e gratuite con persone, parenti ed amici, che vivono lontano, favorendo una rete di relazioni globale, senza limiti; il disporre di mezzi come i Social Network, utili per so-

POLIPO TECNOLOGICO Ragazzi di oggi visti da Francesco Donati

cializzare in modo informale e meno rigido del passato, condividendo opinioni, scelte e interessi, ma divenuti anche una specie di «protesi», che allarga il mondo degli affetti, la sfera in cui esprimere ogni tipo di emozione. TUTTI VANTAGGI universalmente riconosciuti, ma inevitabil-

mente accompagnati da rischi e pericoli. L’USO ESAGERATO di tali mezzi è l’insidia più grande che comporta problemi come l’eccessiva sedentarietà dei giovani con conseguenze per la salute, la riduzione dei rapporti con le persone, in particolare le amicizie, a favore

di relazioni sempre più superficiali e poco autentiche, la sopravvalutazione di oggetti sempre più sofisticati come l’Ipad, considerati simbolo di prestigio sociale, dalla vita brevissima, eppure considerati indispensabili per la propria identità. Ma il rischio più grave è nella sempre più diffusa tecnosolitudine, l’isolamento e l’estraniazione di molti giovani che rimediano alla mancanza di affetto e alla propria fragilità, legate anche al ritmo frenetico in cui viviamo, rifugiandosi in un altro mondo, spesso considerato più vero della realtà, certo più attraente e meno noioso. Facile cadere nella tecnodipendenza, il non riuscire a fare a meno di Internet o dei videogiochi, il disagio e forme di depressione più o meno serie. E’ paradossale, ma nell’era della comunicazione, è sempre più difficile comunicare, stabilire relazioni profonde, fatte non solo di scambi di battute, pezzi musicali o emozioni del momento, ma di dialogo, di confronto autentico, diretto, non mediato, ma partecipato col corpo e con la mente.

TECNOLOGIA ALLA SCOPERTA DELLE EMOZIONI DI UNA GENERAZIONE NATA...CON IL TELEFONINO riesce assolutamente a stare un giorno senza il cellulare, a significare che i giovani ne hanno sviluppato una notevole dipendenza. Anche Internet è giudicato indispensabile, soprattutto per il divertimento e lo svago (32%), ma anche per lo studio e come mezzo comunicativo.

RISPETTO AI Social Network la metà del campione li usa almeno una o due ore al giorno, mentre il 23% per più di due ore. Fb o Twitter piacciono perché permettono di comunicare a distanza, ma anche per condividere emozioni o curiosità. Circa l’influenza delle nuove tecnologie nelle amicizie, il campione si è singolarmente spaccato a metà, tra chi vede un miglioramento delle relazioni sociali e chi invece ritiene che non ci sia alcun legame. L’indagine ha mostrato l’importanza delle nuove tecnologie, che, se usate con misura, possono essere soprattutto per i giovani una risorsa preziosa.

In tasca il cellulare, nel cuore tante paure

CELLULARE A TAVOLA Una famiglia nel disegno di Chiara Mantovani

«DIMMI CHE cellulare hai e ti dirò chi sei». Sembra questo il modo di giudicare di noi adolescenti che valutiamo i nostri coetanei, in base al modello di telefono cellulare che possiedono, al suo design più o meno trendy, alla sua multifunzionalità, al costo più elevato. Un vero «simbolo» di prestigio che distingue i «fighi dagli sfigati», i forti e i deboli. Una vera arma che fa sentire sicuri, al riparo da ogni imprevisto e pericolo, ma un’arma «a doppio taglio» perché basta una dimenticanza, la batteria scarica, il credito che finisce e dalle stelle siamo ridotti alle stalle, come nudi, incapaci di fare qualsiasi cosa senza il nostro fidato amico. Solo allora ci scopriamo fragili e impotenti, nelle attese che diventano snervanti, nelle pause insopportabili, nei rari momenti di relax o di silen-

zio che sembrano non finire mai. La sicurezza affidata a ciò che possediamo nasconde la grande fragilità di noi giovani, alla ricerca di riferimenti, ideali e sentimenti, beni che purtroppo nessuno può comprare. LA CULTURA dell’immagine in cui noi siamo cresciuti, ci ha abituato a dare più valore all’apparenza che alla sostanza, all’avere più che all’essere; questo spiega in parte l’insicurezza di molti di noi di fronte alle piccole prove o ai primi sacrifici o all’opposto certi comportamenti trasgressivi o violenti di chi, ancor più insicuro, cerca con la prepotenza e la forza di «apparire» più degli altri. Complice lo stress e i ritmi frenetici della nostra vita che spesso rischiamo di vivere passivamente, guardandola passare, come dice Steve Jobs, come fosse quella di un altro.

la redazione della III B... STUDENTI Gregorio Acciai, Benedetta Bidini, Antony D’Alterio, Niccolò De Cristofaro, Maurizio Del Latte, Denny Donati, Francesco Donati, Lorenzo Donati, Celeste Esposito, Fran-

cesco Fossi, Marco Gabbrielli, Alessio Galilei, Francesco Ghiani, Irene Landi, Laura Losi, Carmen Rosa Lovera Vega, Chiara Mantovani, Mupangi Masasi, Manuel Morelli, Gabriele Noferi, Lorenzo Pampaloni,

Gabriele Tarani INSEGNANTE Michela Martini PRESIDE Edoardo Verdiani


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 26 GENNAIO 2012

9

Scuola Media

Dovizi BIBBIENA BIBBIENA

Il cielo sopra di noi ….. Costellazioni, oroscopi, profezie: se le stelle condizionano il nostro destino

«V

AGHE STELLE dell’Orsa, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi….» Così scrive Giacomo Leopardi, in una delle sue liriche più belle. Quello del cielo stellato è uno spettacolo che si replica da migliaia di anni. Ma un po’ per abitudine, un po’ perché il cielo lo guardiamo sempre meno, ci dimentichiamo della sua bellezza, dei suoi effetti speciali. Il cielo infatti è sempre stato musa per gli uomini già dall’antica Mesopotamia. Gli antichi osservatori del cielo non attribuirono un nome alle costellazioni in base alla loro “forma,” ma hanno dato ad esse il nome dei protagonisti dei miti e delle leggende locali. L’astrofisica Margherita Hack in un suo interessantissimo libro «Notte di stelle» spiega che le costellazioni sono 88, formate da stelle lontane anni luce che noi vediamo invece unite tra di loro da linee immaginarie. Questo effetto ottico si chiama asterismo. Avete visto la foto del turista che sostiene la Torre di Pisa? Le cose stanno così: la mano e

del Piccolo Carro con l’ Orsa Polare, la stella più luminosa utilizzata sin dai tempi più antichi, nella notte, come punto di riferimento per indicare il nord.

STELLE E PIANETI Ecco il cielo visto da Antonio Dascalu

la torre, che hanno dimensioni e distanze diverse, vengono messe sulla stessa traiettoria di chi osserva creando l’illusione ottica di far parte della stessa scena. E’COME quando, sdraiati su un prato, guardiamo le nuvole dando ad esse forme fantastiche. Non c’è da stupirsi, quindi, se gli uomini

hanno «visto» nelle stelle forme di animali, oggetti, personaggi mitologici. UNA DELLE costellazioni più conosciute è quella di Orione, visibile dalla maggior parte del mondo, formata da stelle brillanti e alla quale è collegato un bellissimo mito. Ma anche la costellazione

UNA ZONA della sfera celeste, molto popolare, è quella dello Zodiaco. E’ una fascia immaginaria estesa lungo l’eclittica, il piano dell’orbita della terra intorno al sole. L’unione di questo piano con la volta celeste forma un cerchio sul quale ruota il sole nel corso di un anno. Le costellazioni dello Zodiaco sono i famosi dodici segni. Ma.. tu pensi di essere un’armoniosa Bilancia? Abituati ad essere una Vergine «precisina» e lo stesso discorso vale per tutti gli altri segni: bisogna tornare indietro di un mese. Con questo vogliamo dire che per effetto della precessione, cioè del movimento dell’asse terrestre che anticipa gli equinozi e lo spostamento dei poli celesti, i segni zodiacali in realtà sono anticipati di un mese. Oltre all’astrologia occidentale esiste anche quella cinese Ma questa è un’altra storia……

L’INCHIESTA OROSCOPO SÌ O OROSCOPO NO? QUALCUNO VERIFICA CHE CERTE COSE SI AVVERANO

Ma la maggioranza non crede alle previsioni

OROSCOPO Previsioni solo per pochi

ANCHE VOI avrete sicuramente idee diverse su questo argomento. Nella nostra scuola, ad esempio, da un sondaggio fatto agli alunni del nostro istituto, sappiamo che il 53% non ci crede. I motivi di questa risposta sono principalmente i seguenti: non è vero che persone con lo stesso segno abbiano lo stesso destino, è un’invenzione dei giornali per vendere più copie, l’oroscopo non suscita curiosità. C’è un 29% , invece, che, pur non credendo all’oroscopo, lo legge per vedere se le «previsioni» si avverano. Per completare il quadro,abbiamo intervistato un gruppo di abitanti di Bibbiena. Anche tra questi la maggior parte non crede all’oroscopo; alcuni, però, dicono di aver constatato che le previsioni scritte a volte si avverano. I restanti intervistati lo leggono solo per curiosità.

Ma cos’è l’oroscopo? E’ la predizione del futuro di una persona, basata sul calcolo della posizione degli astri in rapporto con l’ora della sua nascita. Per non venire meno ad una consuetudine giornalistica, concludiamo con le nostre previsioni della settimana: Ariete La tua felicità finirà con 4 in matematica. Toro Scoprirai cerchi di grano nel tuo giardino Gemelli Qualcuno duplicherà il tuo profilo facebook Cancro Al primo plenilunio ululerai alla luna Leone Sarai rapito dagli alieni Vergine Verrai scambiato per un cannibale Bilancia Taglierai erba per tutta la tua vita Scorpione Sarai colpito da un meteorite Sagittario Lancerai una freccia a tuo sfavore Capricorno Ti sveglierai con un bernoccolo in testa Acquario Il tuo gatto mangerà il pesciolino rosso Pesci Finirai fritto in padella

la redazione della III C... STUDENTI Dana Bacanu, Naomi Barbera, Mattia Barzaghi, Lisa Bernacchi, Filippo Boldrini, Alma Caciula, Riccardo Cassigoli, Antonio Dascalu, Claudia Gabriele, Marcello Galba-

nuta, Mirko Gambineri, Rohit Kumar, Francesco Madiai, Antonio Manole, Lucia Marzi, Omar Nardelli, Romelia Paval, Marco Portolani, Maria Raggi, Mandeep Singh, Anna Tizzanini, Daniela Vasile, Mara Ve-

strucci

INSEGNANTE Tiziana Causarano PRESIDE Silvana Gabiccini

PROFEZIA LA DATA

Addio mondo? Il tormentone dei Maya 2012! MA è veramente l’ultimo anno per la Terra? No! Credere alle apocalissi è irrazionale; spesso le profezie di questo tipo si diffondevano nel passato per ignoranza e superstizione; nei nostri tempi, invece, sono frutto di pure leggende metropolitane diffuse dai media per fare audience. Ormai anche i più distratti sanno che per il 21 Dicembre 2012 i Maya profetizzarono una catastrofe cosmica indotta da cause di tipo astronomico. Ma cosa significava, in realtà, per il popolo Maya la data corrispondente al nostro 21 Dicembre 2012? Ci siamo documentati. I Maya utilizzavano due diversi calendari, uno divinatorio di 260 giorni e uno solare di 365. OLTRE A QUESTI i Maya usavano anche un terzo calendario, Conto lungo, il cui ciclo durava ben 5125 anni e si basava su calcoli molto complessi. La mitica data iniziale di questo calendario, che corrisponde al nostro 11 Agosto 3114 a.C. , segnava per i Maya il giorno in cui il dio del Mais creò il mondo. Il ciclo del Conto lungo si conclude proprio il 21 dicembre 2012. Per la complessità del calcolo gli stessi Maya abbandonarono questo calendario nel X secolo d.C. I Maya, perciò, non profetizzarono un bel niente! E poi, quante fini del mondo sono state profetizzate prima di questa? La più famosa è quella dell’anno mille poi altre ancora nel corso dei secoli fino ad oggi, ma come dice Vasco Rossi: «Sembrava la fine del mondo, ma siamo ancora qua!».


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012

Scuola Media

Guido Monaco RASSINA RASSINA

Rivoluzione in aula: è la e-scuol@ Addio gessi, lavagne computerizzate. E gli studenti trovano tutto in Rete IL FATTO FAGGIN

C’è un italiano all’origine dei computer FEDERICO FAGGIN, senza di lui né Pc né cellulari (Tablet, Smartphone… LIM, eccetera). Emigrato negli Usa poco dopo la laurea in Fisica, inventa la tecnologia microelettronica per memorie compatte e, nel 1970-1972 presso l’Intel, realizza i microprocessori (es. 8080). Ed allora i computer, grandi come un armadio e per uso aziendale, diventano quelli di oggi: piccoli, semplici, economici, a basso consumo e quindi anche per uso personale. Grazie a questo è stato facilissimo montare da soli i PC, lavorarci e giocarci; fra tutti, i più bravi e con il successo che sappiamo, sono stati sia Steve Jobs e socio in Apple, sia Bill Gates e socio in Microsoft; questi devono però ringraziare Faggin, un italiano noto solo negli USA, che nel 2010 ha ricevuto da Barack Obama la «Medaglia Nazionale» per i meriti di inventore. E’ CRONACA di questi giorni che, presso i laboratori Ibm in California (Usa), è stata inventata una nanomemoria per computer che per un “bit” impiega solo 12 atomi di ferro, anziché circa un milione come le memorie, pur strabilianti, di Faggin. Inredibile! Questa invenzione, 40 anni dopo Faggin, porterà grandi benefici ai PC, che saranno più velocifunzionali e più economici, saranno i PC 2.0? In tutto questo, sembra che ci sia la mano di un altro italiano… Noi “Cronisti in Classe” stiamo indagando! Intanto una domanda: perché questi italiani non inventano restando in Italia?

D

UE ANNI FA avevamo solo la normale lavagna con gessi e cancellino, oggi abbiamo la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) e la scuola è molto più tecnologica! Questa lavagna è delle stesse dimensioni di quelle tradizionali, ma è elettronica e collegata ad un PC di cui costituisce lo schermo, può essere usata con il sistema touch screen oppure usando “gessi” virtuali. La LIM è collegata a Internet, ha molte funzioni anche grazie ai contenuti multimediali, come per esempio gli accessi a siti e a programmi interattivi; alcuni programmi permettono di scrivere la lezione, salvarla e inviarla su alcuni siti, cosicché da casa si può rivedere ogni lezione. A noi studenti piace molto seguire la lezione così, perché è più interessante e più divertente, quasi tutti i professori la usano e l’amano, soprattutto perché si può andare subito su Internet. Ad esempio: con Wikipedia, e similari, si possono avere informazioni con la velocità della luce, vedere immagini e video; con Google earth/maps abbiamo tutto

L’ADDIO La lavagna che non c’è più nel disegno di Giulia Donati

il mondo a portata di mano con qualche click, così servono sempre meno atlanti e carte geografiche cartacee. CON ALCUNI professori per approfondire quello già studiato, guardiamo filmati, oppure andiamo a cercare informazioni aggiuntive su siti appositi.

Partecipiamo in modo attivo e divertente alle lezioni. AVENDO POI disponibile il testo originale delle lezioni, in classe possiamo stare più attenti perché non è necessario prendere appunti. Le interrogazioni alla lavagna ci riescono bene, perché con questo strumento elettronico ci

sentiamo più a nostro agio, come se fossimo a casa con il nostro PC. Importante! Secondo noi la LIM non è ancora sfruttata al massimo, può fare ben altro, per esempio può collegarsi sia con altre LIM di altre scuole vicine ed in capo al mondo, sia con iTunes-U, il canale didattico delle Università (magari è un po’ presto per noi, però…). Abbiamo scoperto che navigare in classe con la LIM, tutti insieme, ci piace, apriamo discussioni e dibattiti, ci confrontiamo e poi “navighiamo… insieme”, invece a casa con il nostro PC si è in “tecno-solitudine”, che non è proprio bello. E allora: evviva la LIM! In conclusione. Questa LIM non è solo una lavagna, ma anche una porta virtuale da dove si può uscire da scuola per andare alla ricerca del sapere e della conoscenza del mondo in tantissimi siti. Le cosiddette fonti del sapere non sono più limitate e chiuse nei nostri libri di testo, oggi possono essere cercate, trovate e paragonate velocemente navigando, acquisendo così anche opinioni diverse sulle stesse cose.

IL PROGETTO LA LIM CI PERMETTE DI PRODURRE E TRASFORMARE LE FORME DELLA COMUNICAZIONE

Giornalismo on-line: citizen, wiki e tanto altro

IL FUTURO Seguire alla lavagna il bus Wiki-Wiki

LA «RETE» INIZIA ad avere una storia. I nostri nonni e padri hanno iniziato con la Rete «statica» (Web 1.0), noi con la Rete «interattiva» (Web 2.0), sempre più “Social Network” e globale. Fino a ieri il nostro giornalino scolastico «Effetti Collaterali» era cartaceo. Da oggi con la LIM, noi moderni ragazzi del Web 2.0, pensiamo il giornalino anche on-line! Sarebbe così possibile aprire la nostra redazione ad altre scuole medie, non solo del Casentino, per fare il giornalismo «collaborativo» fra ragazzi e non solo (citizen-journalism), raccogliendo articoli da diversi luoghi e con diverse opinioni… a pensarci bene, noi Cronisti in Classe, facciamo già questo con la Nazione! Moderni? Non ci basta, vogliamo essere già «nel futuro», ed allora per il prossimo anno ci piacerebbe fare il giornalino anche a mo’ di «wiki-journali-

sm»! Allora abbiamo studiato e iniziato a capire. Si tratta non solo di aprire la nostra redazione ad altri, ma anche di aprire ogni articolo a contributi di altri ragazzi. Si tratta di una cosa simile all’enciclopedia Wikipedia: ogni voce è creata da più persone, quindi trattata ampiamente ed autocontrollata dalle stesse persone. Ci piace! WIKI, COS’È? Ce lo siamo chiesto in classe e la risposta, grazie anche alla LIM, è stata veloce: deriva da un termine hawaiiano (veloce) che Ward Cunningham, vedendolo scritto su un bus a Honolulu, lo ha usato al posto del banale «quick-web», per dare nome al suo software semplice per scrivere velocemente le pagine Web. Infine, ci chiediamo, con il galoppare delle tecnologie, come sarà il giornale di dopodomani?

la redazione delle classi miste... STUDENTI Massimiliano Baccani, Alessio Bacci, Arianna Cardini, Tommaso Chiarini, Emanuele Innocenti, Marco Moneti, Marco Pastorini, Christian Tapinassi, Giorgio Zavagli, Giulia Dona-

ti, Luisa Bartolini, Francesco Certini, Dylan Cutini, Francesca Vezzosi, Ludovica Musella, Luca Poletti, Fabio Proietti, Karanpreet Sing, Lucian Alexandru Topliceanu, Andrea Rubino, Salma Ummay, Francesco Santini,

Virginia Righi, Alexia Chiriac, Alessia Marri. INSEGNANTE Maria Teresa Pierallini PRESIDE Cristina Giuntini


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012

Scuola Media

Garibaldi CAPOLONA-SUBBIANO CAPOLONA-SUBBIANO

«In su la riva del fiero fiume» Intervista a Bernardo Mazzanti, esperto dell’autorità di bacino dell’Arno

L’

ARNO E’ UNA risorsa straordinaria per il territorio e per i suoi abitanti: la convivenza può diventare rischiosa però se insediamenti e attività umane troppo «invadenti» da un lato e condizioni metereologiche avverse dall’altro, alterano questo fragile equilibrio. L’Autorità di bacino del fiume Arno è un ente pubblico istituito nel 1989 per la difesa del suolo da piene e dissesti idrogeologici. Abbiamo chiesto all’ingegner Bernardo Mazzanti, esperto del fiume, una serie di informazioni. 1) Quali strumenti utilizzate per monitorare il fiume?

«Il fiume è monitorato costantemente da circa 200 sensori, tra pluviometri e idrometri. Ogni 30 minuti la centrale operativa gestita dalla Regione) riceve i dati di pioggia e di livello dei fiumi». 2) Esistono nei comuni di Capolona e Subbiano stazioni di controllo?

«Sì, esiste una stazione importantissima che misura il livello e la portata dell’acqua in Arno, proprio a Subbiano. E’ in funzione

«Per il Piano di evacuazione, è necessario fare riferimento ai singoli Comuni. Per il rischio di alluvioni siamo invece noi, con il “Piano per l’Assetto Idrogeologico”, a specificare dove e quanto rischio c’è. Abbiamo realizzato delle carte con 4 livelli di pericolosità: PI1 (Pericolosità Idraulica 1): bassa; PI2 (Pericolosità Idraulica 2): moderata; PI3 (Pericolosità Idraulica 3): elevata ; PI4 (Pericolosità Idraulica 4): molto elevata. Per Capolona e Subbiano, in particolare, le aree a pericolosità elevata o molto elevata sono quelle vicino all’Arno, e sono un po’ più estese nella zona di Santa Mama». IL FIUME IN SECCA Un’immagine realizzata da Fabio Farsetti

dal 1930. Fa parte della rete di stazioni che permettono di controllare in tempo reale lo stato del fiume ed eventualmente di dare l’allarme se arriva una piena». 3) Di chi è la competenza per la manutenzione e pulizia degli argini del fiume?

«Dipende dalla dimensione dei fiumI. Per l’Arno, la competenza è della Provincia».

4) Esistono strumenti per rilevare presenze di inquinamento?

«Questa è una competenza dell’Arpat (l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) che conduce regolarI misurazioni della qualità delle acque e ci dice se il fiume è troppo inquinato». 5) Il nostro territorio è a rischio alluvioni? Esiste un piano di evacuazione?

6) Alcuni anziani del paese (a parte l’alluvione del ‘66) , ricordano le piene del ‘62 e 2006 : sono state veramente minacciose?

«Forse si riferivano alla piena del 1992, che, dopo il 1966, è stata quella più pericolosa, almeno per l’Arno. Fu davvero notevole, anche se per fortuna gli allagamenti e i danni furono limitati. Anche nel 2006 c’è stata una piena importante, ma non come quella del 1992».

ARNO RICORDI E RIFLESSIONI LEGATI AL PASSATO DEL FIUME RACCOLTI TRA GLI ANZIANI DEL PAESE

«Quei tempi nei quali ancora se sguazzava»

I MILLE COLORI L’invaso ripreso da Gabriel Hobjila

«RICORDO CHE NEGLI anni ‘30 e ‘40 — racconta un anziano — l’acqua dell’Arno era potabile e pulita, mentre oggi è molto inquinata. Prima era proprio bello, nell’ Arno si poteva fare il bagno e i ragazzi nella stagione calda ci passavano la maggior parte del loro tempo giocando: c’era la spiaggetta, eravamo tutti in costume e ci si divertiva tantissimo». «L’Arno — riparte un altro — era anche una fonte di guadagno: molte persone portavano a casa gli alberi sradicati e trascinati via dalla corrente, per avere legna con cui riscaldarsi». «La corrente veniva sfruttata per mulini, cartiere e centrali idroelettriche. Dall’Arno si ricavavano anche ghiaia e sassi: molte case vicino al fiume sono costruite con i sassi dell’Arno». «Ancora oggi si può vedere che ci sono dei piloni

sotto al ponte Caliano: sono i resti del vecchio ponte che fu bombardato durante la seconda guerra mondiale». «L’inquinamento iniziò quando alcune industrie e laboratori artigianali cominciarono a buttare i loro prodotti di rifiuto nell’Arno, ed oggi ancora molte persone continuano a buttarci di tutto». «RICORDO l’alluvione del ’66, l’acqua arrivava a Ponte Caliano, fino ai primi piani dei palazzi, le strade erano piene di fango e la piena arrivava fino al cimitero di Capolona, fu un disastro. Nelle strade veniva trasportato dall’acqua ogni tipo di animale, anche quelli piu’ pesanti. A Poppi il fiume allago’ tutto il paese e i cittadini si rifugiarono sui tetti delle case, mentre a Santa Mama e al Corsalone i campi coltivati furono allagati».

la redazione della III E... STUDENTI Sara Baglioni, Monia Bartolini, Matteo Casali, Matteo Checcaglini, Alessandro Chiodini, Pietro Cioci, Lorenzo Corsetti, Michele Crescenzo, Niki De Boni, Laura Dei, Fa-

bio Farsetti, Pietro Franceschi, Marco Francini, Ginevra Galletti, Paula Gheorghies, Leonardo Ghinassi, Juliane Hegermann, Gabriel Hobjila, Erica Innocenti, Santa Nocerino, Benedetta Sgrevi, Leonar-

do Teci, Sihame Zaroili, Selene Zuppardo INSEGNANTE Patrizia Donati PRESIDE Assunta Sorbini

ARNO LE ATTIVITA’

Sulle acque tra pesca canoa & C.

NEGLI ANNI Cinquanta e Sessanta i nostri nonni e genitori facevano il bagno e organizzavano giochi sul fiume; oggi questo non è più possibile, soprattutto a causa dell’inquinamento: l’acqua in estate è poca e a volte maleodorante, tuttavia alcune attività si possono ancora svolgere come ad esempio... Carpfishing: pesca che ha l’obiettivo di catturare grossi esemplari di carpa che poi vengono rilasciati, non prima di aver fatto una foto ricordo, si tratta insomma di una tecnica NO-KILL. L’esca utilizzata si chiama boilie. Spollinata sull’Arno: gara tra imbarcazioni artigianali e fantasiose, praticata dal 1978 e divenuta ormai una tradizione; i concorrenti percorrono sette faticosissimi chilometri tra Giovi e Ponte Buriano, destreggiandosi tra scogli, acqua ferma e tratti asciutti e sfidandosi per creatività, velocità e simpatia. Passeggiate lungo l’Arno: le sponde del fiume sono costeggiate da sentieri e percorsi pedonali o ciclabili, dove si può vivere a contatto con la natura. Birdwatching: nell’oasi di Ponte Buriano è possibile osservare la fauna tipica dell’ambiente fluviale: anatre, aironi bianchi e cenerini, garzette, nitticore. Softrafting, canoa e kajak: lungo il corso alto del fiume, dove si incontrano tratti di rapide anche molto impegantive, ci si può dedicare a questi avventurosi sport. Pesca sportiva: il passatempo classico, adatto a grandi e piccini.


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

IV Novembre AREZZO

Che taglia ha la nuova Venere? Donne alla disperata ricerca della bellezza tra moda e modelli DONNE IL PUNTO

Ma la parità divide tante culture OGGI «VIVERE alla Pari» (dal titolo del progetto condotto in classe) tra uomini e donne è un obiettivo complesso che unisce molteplici percorsi culturali; è una sfida difficile che mette a confronto modelli femminili e familiari di culture diverse e a volte distanti fra loro. In occidente grazie a dure lotte le donne, oggi, ricoprono cariche importanti anche in politica, mentre in passato questo sembrava inconcepibile. In molte altre culture gli uomini continuano a considerarle come soggetti inferiori, da sfruttare e gran parte di esse non ha la forza o la possibilità di reagire e subisce in silenzio. DA UNA PARTE all’altra del mondo ci sono notevoli differenze nella psicologia e nelle situazioni: la conquista dei diritti della donna non può essere quindi la stessa ovunque. Si deve dare più importanza al fatto che la dignità non dipende dallo stato sociale, economico o politico, ma dall’applicazione pratica dei valori principali della vita individuale e collettiva. Come ragazzi, riflettendo sul nostro futuro percepiamo le difficoltà che nascono da questo incontro ma intravvediamo anche dei valori comuni per cui battersi: il rispetto, l’abbattimento dei pregiudizi e degli stereotipi che nascondono in varie forme la mancanza di libertà. Il progetto del nostro domani passa attraverso la conquista di questi valori affinché divengano patrimonio di tutte le culture e del nostro quotidiano.

O

RMAI TUTTA la nostra vita ruota intorno alla moda, a un’inafferrabile modello di bellezza, ricchezza e perfezione. Questo canone irraggiungibile grava soprattutto sulle spalle delle donne. Per essere accettate devono possedere i requisiti delle «bellissime televisive»: attraenti, sensuali, sicure e sorridenti. Giudicate solamente per l’apparenza e il fisico, molte cadono nella trappola, sopportando qualunque pena pur di essere guardate e apprezzate. Le più drastiche diete, gli interventi più variegati, le scarpe più scomode: un «perseverante» sacrificio per apparire, e magari diventare diverse; forse migliori. Per essere «qualcuno» bisogna sfoggiare le marche più costose, gli accessori più ambiti e i vestiti all’ultimo grido. Schiave del look e vuote ma con l’abito firmato; ecco come la nostra società moderna vuole le donne. Oggi, carattere e intelligenza sono considerati dalla maggioranza, particolari secondari. Sembrano risuonare le parole di Oscar Wilde ne «Il ritratto di Dorian Gray»: a«la vera bellezza finisce

ALLO SPECCHIO La bellezza di ieri e di oggi vista da Valentina Irollo

dove incomincia un’espressione intelligente». Ma qual è la causa di tutta questa superficialità?

prezzati dal pubblico maschile. Sono così trascurate le altre qualità del sesso femminile, fino ad offuscare la dignità della donna.

UN POTENZIALE colpevole potrebbe essere la televisione che spettacolarizza tanto il corpo femminile mettendo in mostra fino all’esasperazione i tratti più ap-

LA PUBBLICITÀ, a volte subdola, ci mostra incantevoli modelle senza una pecca, crea una immagine di una bellezza quasi ultraterrena e ci spinge a desiderar-

la terribilmente. La nostra immaginazione viene distorta a tal punto che ci appare possibile raggiungere quel modello. Ma è questo, quello che veramente cerchiamo? Facendo un sondaggio nella nostra classe abbiamo riscontrato che nessuno di noi aspira a questa assurda finzione. Tutti abbiamo inaspettatamente scelto qualcosa di più solido e concreto per il nostro futuro di uomini e donne. Allora perché rincorrere qualcosa che noi stessi ripudiamo? Se un artista contemporaneo rappresentasse la Venere, quella «immago» di bellezza che ha ispirato artisti di tutti i tempi, ella non avrebbe sicuramente una taglia maggiore della 40; sarebbe alta e longilinea. Al vederla il Botticelli esprimerebbe un’aspra critica. Riflettiamo a fondo su questa bizzarra situazione, perché rappresenta a pieno la forza che hanno la moda e i modelli di cambiare nel tempo e modificarsi rapidamente. E’ allora necessario aspettare un «nuovo» Botticelli che allarghi di qualche misura i jeans da sfilata e aggiunga una «maniglia» al girovita della Venere?

FLASH DAL MONDO IN ARABIA IL DIVIETO DI AVERE LA PATENTE: MA LA RISPOSTA ARRIVA VIA FACEBOOK

«Io guiderò»: la rivolta delle donne al volante

UOMO E DONNA Un disegno di Lucrezia Piomboni

SCORRENDO le pagine dei giornali ci imbattiamo in notizie che ci impressionano e ci interrogano sulla condizione femminile in Paesi lontani; sono gli stessi da cui provengono spesso i nostri compagni di scuola. Tradizioni e costumi diversi e un’altra religione hanno permesso lo sviluppo di una società che non tutela molti dei diritti della donna che a noi appaiono quasi naturali. In Pakistan, per esempio, le donne sottostanno a regole che limitano molto la loro libertà. Nel 2011 sono state uccise 268 donne da uomini di famiglia per questioni di «onore». Alle donne afgane pur essendo in parte garantito il diritto al voto, è negato quello all’istruzione, al lavoro, alla salute, a spostarsi e a ricorrere alla legge. Ci sono, però, spiragli di speranza creati da azioni concrete, finalizzati a mettere in discussione queste consuetudini apparentemente intoccabili.

In Egitto le donne si sono battute per 18 giorni occupando piazza Tahrir, con lo slogan «Non solo cristiani e musulmani, ma anche cristiane e musulmane». ATTRAVERSO l’utilizzo di social network, il 17 giugno scorso è nata la protesta «Io guiderò» in Arabia Saudita per cancellare il divieto che le priva della possibilità di avere una patente. «Non possono permetterci di guidare l’auto solo in situazioni di emergenza»: a parlare è Manal al Sharif una ragazza di 32 anni ripresa con un cellulare da un’amica mentre era alla guida della sua macchina, gesto costatole due settimane di prigionia. Questi dati, però, non possono rimanere fine a se stessi ma devono farci sentire partecipi di una lotta ancora attuale, e certo non vana.

la redazione della III E... STUDENTI Mattia Baldinozzi, Alessio Benci, Matteo Benvenuti, Gabriele Cherici, Chiara Chimenti, Carlo Franci, Martina Giusti, Sofia Giusti, Santona Hasan, Qian Qian Hu, Valentina Irollo, Michael Alfredo Lopez, Sole Maraggi, Arber Mece, Luca

Moretti, Andrea Ostili, Sweed Amit Pasquini, Lucrezia Piomboni. Marco Poponcini, Gaia Rontani, Vittoria Rossi, Niccolò Sbrana, Lorenzo Sgrevi, Benjamin Shoeb, Matteo Stocchi, Alessia Tonini, Viola Vincenzi, Valeria Vongher, Elena Woite

INSEGNANTI Elisabetta Bartalesi Sandrea Pasquini PRESIDE Alessandro Artini


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

XIII Aprile SOCI SOCI (BIBBIENA) (BIBBIENA)

I giovani e la febbre dello sport Passione e divertimento sono le spinte positive verso l’attività fisica

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GGI NELLA NOSTRA società lo sport assume un significato molto importante, in particolare per noi giovani, non solo perché è un’attività praticabile da tutti, ma perché si svolge anche a livello internazionale attraverso avvenimenti agonistici che offrono continui incontri tra vari popoli. La competizione sportiva è infatti universale in quanto si esprime attraverso il linguaggio del corpo, gli atleti possono gareggiare con persone che parlano lingue e culture diverse. Praticare uno sport, fin da piccoli, è importante a livello fisico e psicologico per la formazione della persona: i muscoli e la mente si rilassano e un individuo riesce a distrarsi dai problemi della vita quotidiana; mentre dal punto di vista della socializzazione, si instaurano nuove amicizie, si impara a rispettare gli altri e a sapersi comportare lealmente con l’avversario e con la stessa squadra secondo delle regole di gioco ben precise. La scelta dello sport, qualsiasi esso sia, il portarlo avanti con deci-

LO SPORT Uno dei mille attrezzi usati per le attività

sione esprime le potenzialità di ciascuno, la fiducia di dare il massimo, la passione e ottenere risultati secondo i meriti e infine anche un sano divertimento. ALCUNI HANNO perso però la gioia di praticare uno sport seguendo le regole: si imbroglia, si

prendono farmaci per avere prestazioni migliori, si cerca il successo per vie facili. FRA GLI SPORT ci sono quelli che presentano un’alta percentuale di rischio, come le corse motociclistiche e automobilistiche, per non parlare poi degli sport estre-

mi. Nonostante i pericoli, varie persone intraprendono la pratica di questi sport addirittura rischiando ogni volta la propria vita. Atleti di vari sport, in particolare calcio, motociclismo e automobilismo, diventano importanti raggiungendo successi e diventano miti per noi giovani, grandi personaggi da imitare perché in loro vediamo realizzati quei sogni che anche noi molto spesso abbiamo. Lo sport regala grandi emozioni, sia nel praticarlo personalmente sia anche nel seguirlo come spettatore o tifoso. Il fine gara,il dopopartita, i commenti fra i tifosi di squadre diverse, il confrontare le opinioni, i risultati, è un momento che andrebbe vissuto in maniera sportiva, riconoscendo a ciascuno i propri meriti indipendentemente da chi vince o perde. Nello sport anche chi perde deve saper accettare la sconfitta, anzi essa dovrebbe essere un motivo per correggere eventuali errori o difficoltà e migliorarsi per le competizioni successive e comunque l’ importante è partecipare!

LO SPORT CI SONO SETTORI NEI QUALI LA COMPONENTE DI RISCHIO E’ MOLTO ALTA: IL CASO DELLE MOTO

Quando la grande passione arriva ad uccidere

IL BRIVIDO Un disegno di Chiara Lunghi e Arianna Biagioni

TALVOLTA ALCUNI sport come il motociclismo e l’automobilismo possono essere molto pericolosi, poiché non necessitano solo dell’’abilità dello sportivo, ma richiedono anche l’utilizzo di mezzi, come motori e macchine che raggiungendo velocità molto elevate, mettono a rischio la vita stessa di chi è alla guida. Recentemente il mondo della moto Gp ha assistito ad un evento drammatico: un giovane campione di 24 anni, Marco Simoncelli in occasione della gara di Sepang, il 23 ottobre 2011, ha perso il controllo della moto e si è scontrato con gli altri motociclisti che viaggiando ad alta velocità si sono schiantati contro di lui, provocando la sua morte. Si pensa che ciò che è accaduto sia stata comunque una tragica fatalità che va al di là della velocità e dei rischi che ci sono nel praticare uno

sport pericoloso. Marco Simoncelli è un mito per molti giovani e per gli appassionati della moto Gp, per cui rimarrà sempre nel cuore e nei ricordi di tutti come un campione che, pur sapendo a quali rischi andava incontro nello svolgere le competizioni sportive motociclistiche, non ha mai abbandonato il proprio sogno. QUESTO TRAGICO episodio deve essere un momento di riflessione da parte di tutti gli appassionati sportivi per ricordarsi che la vita ha un valore inestimabile e in una qualsiasi competizione sportiva non bisogna dimenticare di essere prudenti ed essere comunque coscienti dei rischi che si possono correre. Lo sport dà momenti di gioia, ma anche di dolore, ma così è la vita…

la redazione della III B... STUDENTI Antonio Barretta, Arianna Biagioni, Sara Brezzi, Lisa Cenni, Paula Loredana Ciobanu, Francesco Cresci, Beatrice Diana Cretu, Petru Marian Dobos, Federico Fabiani,

Eleonora Lezzi, Giammarco Lucci, Alessia Lumachi, Chiara Lunghi, Shanto Mia, Filippo Mulinacci, Madalina Narcisa Negru, Ylenia Pastorini, Samuele Pini, Daniele Praitano, Giovanni Salvatore, Arjun Singh,

Marco Valentini, Eleonora Zampini INSEGNANTE Anna Bernacchi PRESIDE Felicita Casucci

SONDAGGIO I DATI

Ma la danza nelle scuole batte il calcio A SCUOLA abbiamo svolto un sondaggio sugli sport dal quale è emerso che il 38% degli alunni praticano come attività sportiva la danza , il 27% il calcio o calcetto, il 20% non praticano alcuno sport, il 15% praticano altri sport (pallavolo, atletica leggera, nuoto, equitazione…). Lo sport più praticato dalle ragazze è la danza, mentre per la componente maschile è il calcio o calcetto. Alla domanda sugli sport più amati e seguiti come tifosi spicca con il 55% il calcio, seguono con il 24% motociclismo e automobilismo, poi con il 18% altri sport( come sci, nuoto, pallavolo, tennis…) ed infine il 3% rispondono di non avere interesse per nessuno sport in particolare. Gli sport più seguiti risultano in assoluto il calcio, preferenza accordata anche da una certa percentuale della componente femminile e a seguire il motociclismo. Sul valore e l’importanza dello sport abbiamo posto un altro quesito dal quale è emerso che la maggior parte degli alunni si interessano di sport in generale ed utilizzano tutti i mezzi di informazione: internet, tv, giornali… Infine abbiamo chiesto di esprimere la propria preferenza scegliendo fra gli sport di squadra e gli sport individuali, è emerso che il 67% preferisce sport di squadra, mentre il 22% preferisce sport individuali, l’11 % non dà preferenza ne all’uno né all’altro. Gli sport di squadra sono enormemente preferiti dagli alunni perché permettono non solo di “misurarsi” con se stessi, ma anche con gli altri e di imparare a «muoversi» insieme.


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MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

Vasari AREZZO

Tv e computer: attenti a quei due! Presenza quotidiana ma ingombrante nella vita degli studenti under 14 SONDAGGIO I DATI

Quei ragazzi che navigano un’ora al giorno I DATI della ricerca neozelandese davvero raccontano anche di noi? Abbiamo deciso che c’era un solo modo per scoprirlo, così abbiamo redatto un semplice questionario e l’abbiamo somministrato a ragazzi e ragazze (118 in totale) delle classi seconde e terze della nostra scuola, cioè di età compresa tra i 12 ed i 14 anni . Dall’analisi delle risposte è emerso che la maggioranza (67% degli intervistati) sta al computer almeno 1 ora o 2 al giorno, prediligendo come siti «social» Facebook e You Tube. Si tratta evidentemente di surrogati del rapporto d’amicizia, che fanno sentire chi vi partecipa all’interno di una comunità; altri siti come Google, Msn o Wikipedia raccolgono un decimo delle preferenze dei primi due. Da segnalare che pochissimi non usano il computer ogni giorno. Ma non è tutto: al tempo trascorso al computer va sommato quello passato davanti alla televisione che non è certo di meno, anzi! La tv è seguita quotidianamente da tutto il campione intervistato, tranne un singolo alunno. Il tempo che le viene dedicato è notevole: il 58% del campione vi passa da 1 a 2 ore al giorno, il 26% segue la tv per 3 o 4 ore, e si registra anche un 14% che sta alla tv dalle 5 ore in su, fino a superare in alcuni casi le 7 ore! Valutando che metà giornata è passata a scuola, il tempo residuo da trascorrere con gli amici è veramente esiguo infatti solo il 15% degli intervistati trascorre almeno un’ora al giorno con uno o più amici. Lo sport è abbastanza presente nella vita dei ragazzi della nostra età, solo il 5% non fa sport, ed altrettanti vi dedicano una sola ora alla settimana. La maggior parte (48%) impiega in tali attività dalle 2 alle 4 ore. Il 23% fa sport per più di 7 ore alla settimana, evidenziando un’altra grande area d’interesse che è lo sport agonistico.

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UÒ IL COMPUTER essere «pericoloso»? Può la tv trasformare un ragazzo da Dottor Jekyll a Mister Hyde? Questi due strumenti tecnologici, tanto amati dai giovani, tanto protagonisti della vita di ogni giorno, sono accusati di molti misfatti, specie se utilizzati da bambini e ragazzi: far perdere il contatto con il sistema dei valori, far diventare aggressivi, facilitare il consumo smodato di merendine e quindi favorire l’obesità, far muovere meno con la conseguenza di rendere fiacchi e pigri, fino addirittura a causare problemi al cuore. Ci sono numerose ricerche a riguardo. Ogni studio sull’argomento solleva un grido d’allarme che viene puntualmente diffuso dai programmi d’informazione e dalla stampa. Come i giovani sanno bene, c’è poi un’ulteriore eco a queste informazioni: le accorate raccomandazioni dei genitori ad un uso misurato e responsabile. E’ evidente che non sono richieste prive di fondamento, ma... la «forza di attrazione» che porta a passare qualche ora davanti al computer o alla tv è troppo forte.

le proprie abitudini.

COMPUTER E TV Il tempo dei ragazzi è monopolizzato dagli schermi

INOLTRE QUESTI due strumenti sono solo una parte della relazione dei ragazzi con i mezzi tecnologici: non si deve dimenticare che un’altra importante “fetta” di tempo viene ogni giorno dedicata ai videogiochi collegati allo schermo della tv (Playstation, Wii ecc.) e anche ai telefonini o alle console

portatili, che possono trovare posto in tasca, in borsa, addirittura in cartella. «IO INFATTI preferisco giocare e collegarmi ad internet con il cellulare, perché é è più piccolo e si può tenere in tasca” racconta Valentina descrivendo ai compagni

LE STRUMENTAZIONI elettroniche, computer in testa, sono considerate una presenza imprescindibile, a dispetto di tutti gli allarmi che il loro utilizzo solleva. Racconta Elisa: «Internet e il computer sono utili, perché ci faccio le ricerche, anche se la maggior parte del tempo ci gioco e le ore passano velocemente». «Forse è la Tv quella che influenza maggiormente le nostre abitudini e lo stile di vita – fa notare Viola - però è anche vero che dipende da noi, da come la guardiamo e per quanto tempo». Già, occorre fare di tali opportunità tecnologiche un uso «maturo». Non è pensabile escluderle dalla nostra vita. Ricorda Leonardo: «In questa epoca, chi non fa uso della tecnologia è penalizzato ed è come se fosse fuori dal mondo». Il problema è proprio questo: come conciliare un uso maturo, improntato al buon senso ed all’autocontrollo, con gli equilibri incerti e la propensione all’eccesso tipici dell’adolescenza?

LA RICERCA ESISTE IL SERIO PERICOLO CHE FACCIA PERDERE DI VISTA LA FAMIGLIA E GLI AMICI

Se lo schermo sostituisce gli affetti più veri...

FAMIGLIA E COMPUTER Un rapporto spesso difficile

UNO STUDIO recente della neozelandese Università di Otago e pubblicato su «Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine» ha messo in evidenza un rischio ancora più grande. Studiando un campione di ragazzi tra i 12 ed i 14 anni (la nostra stessa età!!!), è risultato che ogni ora passata davanti alla tv o al computer può provocare negli adolescenti un rischio di distacco emotivo dai genitori e/o dagli amici. Diventeremo tutti creature isolate, incapaci di tessere legami affettivi con genitori ed amici? Senza dubbio i comportamenti negativi citati sono preoccupanti. Ci siamo confrontati in classe su questo aspetto. «Appena vediamo uno schermo accendersi – ha fatto notare Gianmarco - perdiamo la cognizione del tempo; quando riusciamo a staccarcene siamo di solito più scontrosi con le persone che ci circondano». Condivide la stessa posizione Tizia-

no: «Qualcuno di noi sta lungo tempo al computer perché, come lo accende, si ‘imbambola’ e dopo gli resta difficile andarsene: succede anche a me». C’È CHI, POI, vi trova rifugio rispetto ad una realtà che non è sempre semplice, o alle prime delusioni affettive: «A volte uno schermo di un computer è più sincero di un amico» commenta Claudia, facendo capire che mediando i rapporti d’amicizia attraverso un social network ci si può mettere in gioco in maniera ‘virtuale’ e forse meno coinvolgente. Certo che per crescere le esperienze vanno vissute sulla propria pelle fino in fondo. Nessuno schermo è in grado di proteggere per sempre la spiccata sensibilità di un adolescente. Tanto vale spengere l’interruttore di tv e computer per tuffarsi nella vita vera.

la redazione della II C... STUDENTI Elisa Bossa, Bogdan George Brebenel, Tiziano Cavalieri, Claudia Cristescu, Andrea Dalla Ragione, Niccolò Ghinassi, Manal Jdaa, Leonardo Magnanini, Leonardo Menci, Alessia Milani, Eli-

sa Monaci, Francesco Mungari, Gabriel Musat, Marco Nappini, Daniele Nocentini, Sofia Ottonelli, Gianmarco Patrussi, Tommaso Poddighe, Gabriel Alin Sandu, Viola Schiavone, Alessandra Sorrentino, Valentina Voja, Mohamadu

Yatassaie, Antonio Zaccariello. INSEGNANTE Laura Galimberti PRESIDE Assunta Sorbini


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Scuola Media

Cesalpino AREZZO AREZZO

Nonna, narrami la tua storia La pigrizia fa calare il silenzio sulla vita dei più: interviste a sorpresa

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L PRINCIPIO è questo: la vita di un normale cittadino non può entrare nella considerazione comune, cioè nella «cronaca», figurarsi nella Storia. A meno che il normale cittadino non ne combini una grossa; ma è meglio che ciò non accada, dal momento che, in genere, le «cose grosse» per cui una persona comune attira su di sé l’attenzione dei mezzi d’informazione sono quasi sempre delitti efferati o sciagure naturali. In casi simili, la celebrità, per quanto macabra, è assicurata. D’altra parte, chi dovesse ottenere l’attenzione altrui a un tale prezzo dimostrerebbe, come minimo, che la sua condizione tanto normale forse non era. E così siamo punto e daccapo. Comunque, senza tirarla troppo per le lunghe, ci rendiamo conto che la normalità non interessa proprio a nessuno. Significa forse che le persone cosiddette comuni non hanno diritto a una narrazione? Noi (e noi sta per i ragazzi della Terza D della Media Cesalpino) abbiamo ragionato sull’argomen-

RACCONTO Il Faro, scultura di Firenze Poggi nel Giardino delle Rose

to, arrivando alla conclusione che, probabilmente, a essere responsabile del silenzio sulla vita dei molti e, contemporaneamente, del chiasso su quella di pochi è solo la pigrizia. UNA PIGRIZIA densa, dell’animo, verrebbe da dire; e tale che

non abbiamo potuto risparmiarci questa ulteriore, doppia, domanda: Siamo ancora capaci di mostrare interesse per la voce di chi, in carne e ossa, abita il nostro stesso mondo; o tutto deve essere per forza filtrato da uno schermo, quale che sia?

A QUESTO PUNTO, per non finire risucchiati in un vortice inconcludente di questioni molto più grandi di noi, abbiamo deciso di sottoporci a un semplice esperimento. Avremmo intervistato, sulla base di domande uguali per tutti, e centrate sugli anni della Seconda Guerra Mondiale, le nostre nonne o, in loro – Dio non volesse – mancanza, le persone più anziane della famiglia. Le interviste, una volta trascritte e ricomposte in biografie, sarebbero state lette, poi, a tutta la classe. Che tipo di ascolto si sarebbe realizzato? E che interesse quei racconti avrebbero suscitato nei ragazzi? A cose fatte, dobbiamo rilevare che la nostra pessimistica premessa è stata sensibilmente ridimensionata. Abbiamo scoperto, infatti, che la «normalità» pullula di storie; di storie che si ascoltano volentieri, anche perché vi circola una voce a cui tutti sentiamo di appartenere. Una voce, per l’appunto, «comune». Durante la lettura c’era silenzio in classe; ma non era un silenzio triste.

LA VICENDA I TEDESCHI NEL 1944 ALLA ZENNA. «SONO USCITA DALLA FILA, MA QUEL SOLDATO…»

«Ho rischiato di morire per colpa di due oche»

IL FARO «Ogni cosa è illuminata dalla memoria» (Jonathan Foer)

MARIA OGGI HA 98 anni ed è bisnonna. Racconta un episodio della sua vita accaduto al principio dell’estate del 1944, durante l’occupazione nazi-fascista. «Mi ricordo che una volta vennero alla Zenna due soldati delle SS e dissero che alcuni giovanotti del posto avevano rubato un paio di oche ai tedeschi. Erano molto arrabbiati e, in fretta e furia, radunarono tutti gli abitanti del paese, me compresa, nella piazza; però trovarono solo donne, vecchi e bambini. Così, ancora più arrabbiati, ci misero in fila e minacciarono di fucilarci all’istante. Di quanti pensieri mi possano essere passati per la testa in quella terribile situazione, solo uno è rimasto chiaro ed è ancora vivo nella mia mente. Pensai ai miei due bambini che in quel momento erano a giocare al fiume e che, se mi avessero ucciso, sarebbero rimasti senza mamma, proprio come era successo a me. La mia mamma, infatti, era morta

quando ero ancora molto piccola, partorendo mio fratello. Avevo sofferto tantissimo per quella perdita e pensai che quella stessa sofferenza sarebbe toccata anche ai miei figli. Allora tirai fuori tutto il coraggio che avevo; uscii dalla fila e andai incontro a uno dei tedeschi. Con un filo di voce gli dissi: «Ho due figli, fammi andare a prenderli, ti prego, almeno si muore tutti insieme e nessuno soffre più». Il soldato, serissimo, mi rispose con queste parole: «Anch’io avere figli, torna in fila». Ringrazio ancora oggi il Signore per il fatto che i miei ragazzi fossero rimasti al fiume, perché io in quel momento non ragionavo, pensavo solo alla catastrofe. Comunque, visto che sono qui a raccontarla, la vicenda si concluse senza che nessuno fosse ucciso, e il motivo è che il «riccone» del paese offrì ai due soldati, in cambio della nostra vita, un bel gruzzolo, forse cinquemila lire, ma ora con i soldi non mi ci raccapezzo bene.

la redazione della III D... STUDENTI Martina Acciai, Francesco Bianchini, Matteo Bianchini, Samuele Caneschi, Francesca Delia Carrara, Martina Cerofolini, Francesco Chiodo, Lucia Di Cristo, Alessia Fiorenza, Gianmarco

Ghiandai, Federico Ginestroni, Davide Gisti, Puja Radhika Giustini, Gaia Hamad, Marzia Ludovisi, Virginia Mangione, Giulia Mozzini, Cecilia Nocentini, Francesca Peruzzi, Emilia Pratesi, Francesco Rossi, Alessia Sergio, Samanta Se-

stan, Rosa Anna Tammaro, Elena Tavanti. INSEGNANTE Giovanni Zampi PRESIDE Danilo Brozzi

RACCONTI GUERRA

Quei dettagli quotidiani della storia NELLA VITA di ognuno esistono momenti che trattengono, negli anni, una luce particolare, momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura. Tali momenti altro non sono che dettagli di un tempo maggiore. E’ da questi dettagli che, forse, un dio ci osserva. Ricordiamone alcuni, tratti dal nostro archivio di storie e riferiti all’ultima guerra. Marisa, sfollata a Sepoltaglia: «Ricordo che una mattina sentii urla provenire dalla valle. Mi affacciai appena e rimasi gelata: alcuni abitanti del posto, che conoscevo bene, correvano lungo un prato inseguiti dai tedeschi a fucili spianati». Francesco, carabiniere a Roma, deportato dai tedeschi in Germania la notte di San Lorenzo : «Nei campi di lavoro mangiavo bucce di patate e, per fare il pane, macinavo piselli secchi». IVANA, DI GIOVI, vide, steso in un campo, un cavallo ucciso da una bomba. Vide anche alcuni uomini che lo sventravano e che poi se ne spartirono i pezzi. Pia, in Casentino: «Durante i bombardamenti si correva nei rifugi, che spesso erano più pericolosi delle case. Qui, nella cartilagine dell’orecchio destro, ho ancora una scheggia che mi ferì durante il bombardamento del castello di Subbiano». Giulio: «Una granata colpì Sarna e un ragazzo di nome Francesco, un mio amico, a causa dell’esplosione perse un braccio». Gilda, di Bibbiena, all’epoca era una bambina: «Mi ricordo che due mie cugine dovevano nascondersi in continuazione per non essere portate via dai tedeschi».


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GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2012

Convitto nazionale

V. Emanuele II AREZZO AREZZO

Vivere nella legalità Tra regole e nuovi reati: giustizia e condivisione di diritti e doveri FOCUS I SERVIZI

«C’è un furto» e la pattuglia entra in azione IL COMANDO provinciale è un organismo in cui operano persone con compiti diversi e complementari. Per capire come lavorano immaginiamo di ripercorrere le tappe di una situazione realistica. Ipotizziamo che alle 3:50 del 2 febbraio 2012 arrivi una chiamata alla centrale operativa del nucleo dei Carabinieri di Firenze. L’operatore spedisce l’ordine alla pattuglia della radio mobile. I carabinieri della gazzella si informano sul misfatto: furto con lesioni personali. La radio mobile in pochi istanti parte verso il luogo dell’accaduto. Il cittadino in gravi condizioni racconta il fatto, dopo di che viene trasportato all’ospedale. Intanto i banditi si sono dileguati senza lasciare tracce. I testimoni sono invitati ad andare al Comando per fare una denuncia e un identikit dei sospetti. NON POSSIAMO immaginare come finisce questa vicenda. Sappiamo però che sulla nostra sicurezza vigilano le forze dell’ordine, tra cui il Comando Provinciale dei Carabinieri di Firenze dove sono presenti altri reparti: gli artificieri, il gruppo cinofili e i carabinieri a cavallo. Il gruppo cinofili si occupa di localizzare le tracce dei ricercati grazie a oggetti e indumenti, di esplorare i boschi ed inseguire e bloccare soggetti in fuga, il tutto con l’ausilio dei cani. Gli artificieri hanno il compito di disinnescare gli ordigni esplosivi grazie al robot Willy; il gruppo dei carabinieri a cavallo si occupa invece della sicurezza pubblica e del supporto ai comandi operativi.

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IAMO GIOVANI e molte cose le diamo per scontate. Ci reputiamo fortunati senza chiederci cosa significhi vivere nella legalità. Molto semplicemente, vivere nella legalità significa vivere nel rispetto delle leggi. Il cittadino deve per prima cosa adempiere ai suoi doveri e soprattutto non agire illegalmente. Ogni volta che cresce il numero di persone che rispettano le leggi, crescono i vantaggi di vivere in una comunità. Al contrario, al diffondersi di comportamenti illeciti, corrisponderà per tutti un peggioramento della vita, in campo sociale, culturale ed economico. Nonostante i successi delle Forze dell’Ordine per fermare le criminalità, la battaglia contro i vari tipi di reati è ancora dura e molto lunga. Nel nostro piccolo anche noi abbiamo voluto contribuire a promuovere la legalità per poter accrescere la sicurezza e la consapevolezza del male che comporta il non rispettare le regole. La nostra classe, insieme ad altre tre del nostro Istituto «Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II» di Arezzo

UNA BELLA ESPERIENZA La visita nel disegno di Ginevra Grigolo

ha partecipato al progetto «Legalità», visitando il Comando Provinciale del Corpo dei Carabinieri con sede a Firenze. GRAZIE A QUESTA visita abbiamo capito come è organizzata l’Arma dei Carabinieri e tramite quali strumenti viene controllato il territorio.

INOLTRE ABBIAMO conosciuto l’esistenza di nuovi reati ormai molto diffusi nella società di oggi, come il mobbing, lo stolking ed altri reati legati alla privacy di ogni persona. Dopo la visita al Comando dei Carabinieri di Firenze abbiamo capito che non rispettando le leggi ci facciamo del male da soli, perché vivia-

mo in quella stessa comunità che è stata da noi danneggiata. Chiaramente, essendo ancora giovani, e vivendo in una situazione protetta dalla famiglia e da altri adulti, le nostre responsabilità non sono molte. Abbiamo chiaro che seguire piccole regole, come ad esempio rispettare gli oggetti degli altri o non fare del male ai compagni, ci aiuta a diventare adulti rispettosi delle leggi che regolano la convivenza civile. Questa visita ci è servita anche per riflettere sul fondamentale ruolo che hanno le Forse dell’Ordine nella nostra vita. Grazie alla loro disponibilità e competenza noi viviamo più sicuri, noi che nella nostra quotidianità non possiamo immaginare quanto complessa sia l’azione che i Carabinieri, e le altre Forze dell’Ordine, svolgono tutti i giorni. Non pretendiamo certo di averlo imparato con una visita durata qualche ora. Adesso però, quando passa una volante della Polizia, o una gazzella dell’Arma dei Carabinieri, sappiamo che stanno lavorando anche per noi.

APPROFONDIMENTO COME UN PICCOLO AUTOMA SA INTERVENIRE IN CASO DI SOSPETTO ORDIGNO

Willy, il robottino che disinnesca le bombe

IL ROBOT Willy durante la dimostrazione dai Carabinieri

TRA I COMPITI del Corpo dei Carabinieri che abbiamo scoperto dopo la visita al Comando Provinciale di Firenze c’è quello del disinnesco di ordigni esplosivi affidato al Nucleo Artificieri. Questi esperti lavorano per la nostra sicurezza con strumenti molto tecnologici, tra cui un piccolo robot chiamato dagli amici «il robottino Willy». Il suo compito è quello di disinnescare le bombe. L’esplosivo viene prima trovato da un cane, solitamente un pastore tedesco. A Firenze abbiamo incontrato «Cesar» un cane molto socievole e intuitivo. Nel momento in cui il cane comincia a scavare gli operatori capiscono che il loro amico a quattro zampe ha individuato la bomba. Adesso la zona va messa in sicurezza e l’animale viene portato via. Qui entra in scena il nostro robottino. Con una serie di azioni ben stabi-

lite Willy grazie al suo braccio estensibile spara acqua ad altissima pressione dentro l’ordigno. L’acqua in questo modo agisce come una lama che apre il metallo della bomba, oltre a mettere in corto circuito il sistema interno dell’ordigno. WILLY VIENE comandato grazie ad un telecomando come se fosse un videogioco. Il robot si sposta attraverso 12 ruote che muovono il cingolo e, grazie alla foto-cellula che ha davanti, riesce ad evitare gli ostacoli che può incontrare lungo il suo percorso. Con a questa gita abbiamo potuto conoscere un aspetto dell’attività dell’Arma dei Carabinieri che non conoscevamo. Grazie a Willy ed a tutti gli artificieri ci sentiamo più sicuri e protetti. Sappiamo anche che, con questo aiuto, gli operatori che lavorano in questo difficile compito lavorano in maggiore sicurezza.

la redazione della II A... STUDENTI Roberta Campli, Alessio Cerofolini, Luigi Fontana, Dante Friscia, Ginevra Grigolo, Jessica Huang, Pietro Loreti, Alessandro Matraxia, Camilla Mercanti, Riccardo Mo-

ri, Diego Moriani, Gaia Muratti, Emanuele Padrini, Erica Paggini, Lorenzo Panozzi, Maria Celeste Panzanelli, Mihai Pichineriu, Pietro Raffo, Mattia Rencinai, Luca Salvia, Paolo Sestini, Alessandro Vanni, Luca

Verdelli INSEGNANTI Paolo Innocenti, Lucia Facchielli PRESIDE Luciano Tagliaferri


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GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2012

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Convitto nazionale

V. Emanuele II AREZZO AREZZO

Concordia, la nave della discordia Abbandonati in mare: sui social network frasi, foto, video, testimonianze

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A SOCIETÀ moderna guarda sempre più i social network ( soprattutto Facebook e Twitter ) e ci si specchia dentro in modo da capire più cose che la riguardano da vicino. La tragedia della nave Concordia esplode su Twitter e su Facebook e monopolizza ogni pensiero tra foto, video e continui aggiornamenti in tempo reale. Viene analizzato ogni minimo aspetto della vicenda, giudicato qualsiasi singolo personaggio che entra in scena, ogni intuizione è trasmessa e condivisa. Nella dimensione dei moderni massmedia il comandante Francesco Schettino, originario di Somma Vesuviana, che molti all’ inizio della vicenda difendevano, all’ arrivo di notizie più dettagliate diventa il cattivo della storia. La rete però ha bisogno anche del suo eroe come in tutte le storie che si rispettino. Il ruolo di personaggio positivo viene assegnato al commissario di bordo Manrico Gianpetroni, 57 anni originario di Amelia, che ha salvato tantissime vite. Quando i suoi amici e conoscenti hanno appreso la notizia

LA TRAGEDIA La Concordia reclinata vista dalla costa del Giglio

del suo coraggio hanno riempito di messaggi la sua bacheca di facebook: «Grande Manrico!!», «Grazie a Dio ti hanno trovato». I SOCIAL NETWORK hanno avuto un ruolo importante anche per mandare richieste di aiuto, o per documentare la grave mancanza di organizzazione dei soccorri-

tori all’interno della nave. NELLA STESSA bacheca Peter Honehlmann, 38 anni, ha spedito il suo SOS in un post in Germania a Nicole Molinai di Solingeu, perché lanciasse l’ allarme e soprattutto per denunciare la disorganizzazione dei soccorsi della nave. La stessa cosa è stata fatta da

un passeggero italiano Diego Sontori collegato su Facebook che ha postato le foto dei passeggeri che abbandonavano la nave che affondava a 40 metri dalla costa. «Qui non c’ è alcun aiuto è il caos totale, ha scritto il naufrago tedesco signor Honehlmann sopra citato “Venite a salvarci!!!!». L’ uomo era a bordo della Concordia con la moglie. E appena messo in salvo si è sfogato su Facebook: «… è stato semplicemente uno schifo: tutto è sfociato in una totale indifferenza!». Ora, passata l’emergenza ci domandiamo: di chi sono le responsabilità? Pagheranno davvero i colpevoli? Quale effetto avrà questo cataclisma a livello ambientale? Quante altre persone sono ancora dentro la nave? Quanto dovremo aspettare per vedere la rimozione del relitto? A tutte queste domande ancora non sappiamo rispondere, ma sicuramente avremo di che parlare per i prossimi mesi. Intanto decine di famiglie sono in attesa di notizie riguardanti i parenti dispersi e altrettante sono già rassegnate al fatto di non poter più rivedere i loro cari.

DIETRO LA NOTIZIA LA RICADUTA DELL’EVENTO DA TWITTER A FACEBOOK. E NASCONO I GRUPPI OPPOSTI

E’ la stessa tragedia: ma il web si spacca

LE RICERCHE Un sub davanti alla scritta sulla fiancata sommersa

Voci da Twitter: Domande senza risposta: «Con acque calme e senza condizioni meteorologiche pericolose, sorgono interrogativi su come la Costa Concordia sia potuta affondare e allo stesso modo capovolgersi così in fretta» (Lisa UK 7). Coincidenze: «La Costa Concordia è affondata esattamente 99 anni e 9 mesi dopo il Titanic» (S. Stream). Concorrenza sleale: «Alle ore 23:48 BBC e CNN facevano la diretta la Rai no, ricordatelo quando dovrete pagare il canone» (Dj Ringo). Specchi dei tempi: «Una nave che va a fondo, comunque, era proprio la tragica immagine che serviva all’Italia per tranquillizzare i mercati finanziari già troppo agitati di suo» (C. Cerasa). Gli ingredienti della storia: «Costa Concordia c’è proprio tutto in te, la tragedia, l’ eroe, la canaglia» (A. Rociola). Morale: «La Costa Concordia … una nave

che anela al mare eppure lo teme» (Classe IIIB Sc. Sec. I grado Convitto Naz.). Post su Facebook: «Sono una delle sopravvissute ancora a bordo». Mi chiamo Rose, è venerdì 13 e sono una delle ultime sopravvissute ancora a bordo della nave da crociera naufragata al largo della costa italiana. Pregate affinchè ci salvino” (R. Metcobf). L’opera silenziosa dei sub: « I sub stanno facendo il possibile per cercare e salvare qualcuno, a rischio della loro vita» (D. Mazzino). Una manovra miracolosa per i soccorsi: «I vecchi marinai dell’ Isola del Giglio hanno detto: la manovra effettuata dal comandante ha del miracoloso. Dopo l’urto che ha provocato lo squarcio della nave, Schettino si è avvicinato al porto permettendo così un soccorso più facile per le altre 4229 persone a bordo» (Gruppo Facebook, a sostegno di Schettino).

la redazione della III B... STUDENTI Tommaso Bertini, Andrea Bruni, Luca Filippo Cincinelli, Iacobo Chioccioli, Paolo Ciofini, Sharon D’Andria, Giulia Giorni, Ric-

cardo Innocenti, Mariana Marcuta Lenus, Andrea Montaini, Maria Chiara Moretti, Davide Nardi, Lorenzo Niccolini, Christian Rufini, Elsa Martinita Sanchez Guerrero, Ma-

ria Trojanis e Lorenzo Vanni. INSEGNANTE Paolo Innocenti PRESIDE Luciano Tagliaferri

FATTO GLI SVILUPPI

Ma il naufragio è la rovina della Costa? COME GIÀ sappiamo il 13 Gennaio 2012 è accaduto un fatto molto importante: una nave della Costa Crociere è naufragata vicino all’Isola del Giglio. La Costa Concordia era di dimensioni gigantesche: 290 metri x 61,5 metri di grandezza. I passeggeri in tutto erano 3129, con un equipaggio di 1100 persone. La Concordia era un vero palazzo galleggiante che assicurava, con svaghi e lussi, una vacanza rilassante ma anche molto divertente per grandi e bambini. Infatti a bordo c’erano quattro piscine salate, palestre, cinque ristoranti, sale da ballo, sale giochi, con la famosa attrazione del simulatore di guida «Gran premio». TUTTO QUESTO in un attimo è andato in fumo. Il primo impatto della nave arriva alle ore 21:45 del fatidico venerdì 13 gennaio; poi, dopo ciò alle ore 21:52, il comandante Schettino decide di dirigere la nave verso il porto per evitarne l’ affondamento. Alle ore 22:31 scatta l’ allarme, anche se solo alle ore 22:58 arriva il segnale di evacuazione e le sirene suonano sette volte. La nave non affonda a causa del basso fondale, ma si inclina di 70˚ circa sul lato destro. A tutt’oggi i morti ritrovati sono 17 e i dispersi sono 15 mentre i superstiti sono 4107, anche se le operazioni dei sub sono ancora in corso. Oltre alla perdita di immagine della compagni Costa, il disastro del Giglio avrà sicuramente ripercussioni sul turismo dell’isola e sull’ambiente marino del mare limitrofo che, tra le altre cose, è un parco marino protetto.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

Comprensivo AMBRA AMBRA (BUCINE) (BUCINE)

Caso Concordia: doppio naufragio? La tragedia della nave mette a nudo i nostri pregi e i nostri difetti CONCORDIA STORIA

Cento anni fa il Titanic: poi tanti incidenti IL DISASTRO della «Concordia» ci ha colpito tutti, ma purtroppo non è il primo che capita in mare a grosse navi. Ecco una breve cronistoria di alcuni tra gli incidenti più gravi dell’ ultimo secolo: 15 APRILE 1912: il Titanic colpisce un iceberg nell’Atlantico e affonda. I morti sono 1523 30 GENNAIO 1945: la nave tedesca Gustloff è affondata nel Baltico da un sommergibile sovietico. I morti sono tantissimi, più di 9000 tra soldati e civili. 26 LUGLIO 1956: l’Andrea Doria è speronata in Atlantico dal rompighiaccio svedese Stockholm. I morti sono 51. PER LIMITARCI ad anni più recenti e alla stessa società Costa Crociere, registriamo con sorpresa che la Concordia ha avuto altri infortuni, anche se molto più lievi. Ad esempio, nel 2005, dopo aver compiuto un «inchino» davanti a Sorrento, urtò contro gli scogli. Non ci fu nessun ferito e i danni alla nave furono riparati in fretta e furia. Ancora: il 24 novembre 2008 sbattè contro il molo di Palermo. Di nuovo, per fortuna, niente danni alle persone. Infine il 7 novembre del 2010, nel porto di Savona, si evitò per un soffio che una gru si schiantasse sulla nave. Per concludere, e per mostrare che gli incidenti sul mare avvengono in continuazione, ricordiamo che il 3 febbraio, quindi pochissimi giorni fa, il traghetto Sharden della società Tirrenia ha sbattuto sul molo del porto di Civitavecchia.

L’

INIZIO DELL’ ANNO è stato segnato dalla tragedia della nave “Concordia “, affondata all’ isola del Giglio nella notte fra il 13 e il 14 gennaio. Una tragedia rimasta impressa nella nostra mente. Tuttavia, a qualche settimana di distanza, avrebbe poco senso mettersi a fare una cronaca dettagliata: tutti conoscono la dinamica dell’ incidente e le sue conseguenze. Ne parleremo, perchè, forse per la prima volta, abbiamo seguito con attenzione i fatti della vita sui mezzi di informazione; ma, soprattutto, ci sembra che quello che è accaduto si presti a fare delle riflessioni, a individuare comportamenti positivi e negativi. Alle 21:42 la nave, che si è avvicinata troppo alla costa per il cosiddetto “inchino”, urta contro uno scoglio: da uno squarcio di 70 m imbarca acqua, si inclina, vira verso terra e si appoggia sul basso fondale. Il comandante Francesco Schettino racconta che non si è reso conto della gravità della situazione, ma il suo primo ufficiale dice di averlo informato subito. Passano 68 minuti prima che inizino le operazioni di sbarco: perchè? Nessuno ha dato ordini precisi,

C’È CHI AIUTA….I soccorsi nel disegno di Marinela Shkurtaj

sulla nave regnava la confusione. Lo scafo è ormai molto inclinato ed è problematico far scendere in acqua le scialuppe. Solo qualche ufficiale prende l’iniziativa. Intanto il comandante De Falco, della Capitaneria di Porto di Livorno, informato che Schettino non è più a bordo, per telefono gli ordina inutilmente di risalire.

Nei giorni successivi, uomini e mezzi di soccorso continuano a cercare, trovano e mettono in salvo altri superstiti, intrappolati nella nave. Poi la ricerca dei corpi. Su più di 4200 persone, i morti sono 17 e 15 risultano i dispersi. Adesso le nostre riflessioni. Ormai è evidente che sono stati commessi tre errori di fondo, che han-

no aggravato il bilancio di quella notte e contribuito ad alimentare reazioni molto negative nell’opinione pubblica, italiana ed estera. Il primo è stato la deviazione esagerata dalla rotta prevista, per fare quel maledetto “inchino” che ha portato al naufragio della nave. Perchè mai si è così tanto avvicinata alla costa? Inoltre è un’incognita il motivo per cui è stata iniziata così in ritardo l’evacuazione della nave; per non parlare delle bugie e delle incertezze di Schettino, che hanno reso il salvataggio ancora più difficile. L’ ultimo sbaglio è stato abbandonare a se stessi centinaia di passeggeri spaventati. Ora, quali che siano i responsabili, hanno sulla coscienza la morte di più di 30 persone. In questa tragedia l’unico aspetto positivo è forse il comportamento del comandante De Falco, e degli abitanti di Giglio Porto, che hanno accolto in piena notte i naufraghi. La tragedia, pur nella sua gravità, è stata utile, perchè ci ha ricordato quanto siano importanti qualità come la professionalità, la serietà e l’onestà personale, nonchè il rispetto delle regole in ogni circostanza della vita, ma specialmente per chi ricopre incarichi delicati.

CONCORDIA INTERVISTA A NATALE PITTI, PER ANNI SOTTUFFICIALE DI MARINA. «DUE GRAVI ERRORI»

«Ho vissuto anch’io certi momenti in mare» A QUESTO PUNTO abbiamo voluto intervistare Natale Pitti, nostro compaesano, che, avendo prestato servizio in mare per molti anni, può portare il contributo della sua esperienza. Sappiamo che lei ha vissuto l’ esperienza del mare; quale ruolo aveva sulla sua nave?

«Io avevo un ruolo tecnico, mi occupavo dei pannelli di controllo. Insieme ad altri garantivo la sicurezza della nave in caso di incendio o impatto». Si è mai trovato in una situazione simile a quella della Concordia?

«Si, certo. In queste situazioni la cosa migliore è mantenere la calma e eseguire gli ordini del comandante. Una volta la nave militare, su cui ero imparcato, si arenò presso la foce del Rio de la Plata. C’era un danno più limitato, ma simile a quello della Concordia: risolvemmo il problema tamponando la falla e svuotando parte del combustibile per far alzare lo scafo». ...E C’È CHI GUARDA Schettino nel disegno di Marinela Shkurtaj

Qual è l’ iter per diventare ufficiali di marina?

«Io ero sottoufficiale, ma il percorso è più o meno lo stesso: bisogna diplomarsi e frequentare il corso all’ accademia navale, si deve superare un esame, ma dimostrare anche idonetà fisica e morale. Alla fine c’è un tirocineo di sei mesi su una nave militare: ed eccoti ufficiale!».Quando ha saputo di questo disastro che cosa ha pensato? E quale valutazione dà del comportamento delle persone coinvolte nell’ incidente?

«Ho pensato che non doveva succedere assolutamente. Per una nave come quella e a quella velocità è difficile arrestarsi. non doveva avvicinarsi tanto alla costa. Un altro grande sbaglio è aver violato l’ articolo 303 del Codice della Navigazione, che impegna un capitano ad abbandonare la nave per ultimo». Che cosa ci può insegnare questo episodio?

«Ci insegna che, nel momento in cui uno ha sulle spalle la responsabilità di tante altre persone, deve saper prendere molto sul serio il suo ruolo».

la redazione della III D... STUDENTI Caterina Baracchi, Federico Bartoli, Matteo Calosci, Alessandro Cappelli, Francesco Carapelli, Aurora Cardinali, Tommaso Curcio, Alexis Angel Dickhaus, Alessan-

dro Gostinelli, Lorenzo Mecatti, Azzurra Pistilli, Matilde Sacconi, Niccolò Salvi, Marinela Shkurtaj, Sara Sisti, Pamela Topi, Dzemile Zekiri

INSEGNANTE Luigi Galli PRESIDE Miranda Razzai


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

Buonarroti CAPRESE M.

Concordia: il sogno diventa incubo Dal viaggio della vita al disastro all’orizzonte: il racconto dei testimoni

I

L SOGNO DIVENTA tragedia nella notte tra il 13 e il 14 gennaio quando la Concordia salpa da Civitavecchia con due ore di ritardo dopo l’arrivo del capitano il quale prende il controllo della nave. Arrivato a 150 metri dall’isola del Giglio, con l’intento di fare un «inchino» in omaggio ad un ex comandante della Concordia, scaglia la nave contro uno scoglio. La Capitaneria di porto viene informata da Schettino di un guasto tecnico che si sarebbe risolto in pochi minuti, non rendendosi conto della tragica situazione. Nelle telefonate successive con la Capitaneria il comandante racconta che la nave sta andando sottocosta. L’allarme scatterà con un’ ora di ritardo quando Schettino abbandona la nave e la coordinazione dell’evacuazione dei passeggeri. Al comandante viene ordinato più volte di ritornare sulla nave, cosa che non avverrà. Restano infiniti interrogativi riguardo cosa sia accaduto a bordo tra l’inchino all’isola del Giglio e l’abbandono della nave . LE VOCI DEI SUPERSTITI

una delle vittime del transatlantico. «E’ stato davvero come rivivere quella storia». Potremmo continuare a dar voce a tanti sopravvissuti…. tutti, però, sono testimonianza di sentimenti reali forti e coinvolgenti.

DISEGNO Domiziano Panichi, Giulia Fontana e Leonardo Piomboni

Veniamo alle parole di chi ha visto la tragedia con i propri occhi, le tante voci dei superstiti. Molte testimoniano la mancanza di un’organizzazione efficiente in una situazione di emergenza come quella del 13 febbraio. Un giovane racconta: «Nell’area delle scialuppe si era formata un’incredibile calca».

E ancora Antonietta di Latina: «Abbiamo preso da soli i giubbotti salvagente rompendo le vetrine». La coppia Mannino racconta: «Le scialuppe non partivano, nessuno aveva dato l’ordine». Sulla nave addirittura Valentina Capuano, una testimonianza la sua che ci fa volare ai ricordi del Titanic, visto che è pronipote di

NON E’ VERO………MA CI CREDO La tradizione marinara vuole che il varo di una nave sia preceduto dal lancio di una bottiglia di champagne (quale segno di buon auspicio) che deve rompersi nell’impatto con essa. Nel caso della Costa Concordia la bottiglia non si ruppe…Nell’occasione un marinaio fu incaricato di ripetere il gesto manualmente, tra gli applausi non certo entusiasti di chi assisteva alla cerimonia. Nella storia della marina questo tipo di evento non è stato il primo. A quando risale la tradizione di «bagnare» una nave? Le origini raccontano di un principe reale che nel 1610 sponsorizzò la propria nave da guerra inglese (Prince Royal), riempiendo un calice d’oro con il vino, e rovesciandone un po’ sulla prua della nave. Questo gesto ha dato avvio al consueto battesimo propiziatorio.

LA TRAGEDIA ANZIANO MALATO: E UNA FAMIGLIA DI ANGHIARI RINVIA DI UN GIORNO LA PARTENZA

«Dovevamo essere a bordo: grazie al nonno...» LA FAMIGLIA Zucca racconta la casuale coincidenza che ha permesso loro di «non vivere» in prima persona la tragica esperienza che tanti superstiti testimoniano. Fortuito il caso che ha impedito alla famiglia Zucca, residente ad Anghiari, di essere a bordo della Costa Concordia. II genitori e le figlie Sara e Francesca, rispettivamente di 11 e 8 anni, in poche battute ce ne danno testimonianza. Cosa ha impedito vi imbarcaste sulla Concordia?

«Le condizioni di salute del nonno che vive a Milano ci hanno indotto a optare per la partenza da Savona il 14 gennaio, anziché da Civitavecchia il 13». In che parte della nave si trovava l’alloggio che avreste dovuto occupare?

«La nostra cabina era la n˚ 6247, sesto ponte, a prua del lato attualmente sommerso». CONCORDIA Una scialuppa e la nave affogata

Come vi siete sentiti quando siete venuti a sapere dell’accaduto?

«Siamo passati dalla gioia per la partenza, allo sgomento ed all’incredulità. Poi l’angoscia al pensiero del terrore provato dalle persone a bordo e per la notizia delle prime vittime. Ed infine la realizzazione, non sufficientemente consolatoria, di aver scampato un pericolo». Fareste una crociera dopo quanto avvenuto?

«Sicuramente sì e con la stessa Compagnia. Riteniamo l’accaduto un fatto eccezionale e difficilmente ripetibile».

Qual è la vostra opinione su ciò che e successo? E quella per le persone che sono riuscite a salvarsi?

«Riteniamo vi siano delle corresponsabilità; in primis del Comandante, principale garante della sicurezza dei passeggeri. Che ha commesso un gesto di imperdonabile leggerezza. Ma riteniamo che questa pratica dell’«inchino» fosse effettuata da molti e tollerata da troppi. Il nostro pensiero va ai genitori e ai bambini che temiamo porteranno per lungo tempo i segni del terrore provato in quei tragici momenti».

la redazione della III C... STUDENTI Arianna Cardinali, Giulia Casacci, Edoardo Ciarofoli, Martina Feni, Giulia Fontana, Martina Ghignoni, Christian Gianni, Kevin

Koci, Irene Lombardi, Aurora Marsili, Yuri Meazzini, Domiziano Panichi, Leonardo Piomboni, Sara Ricceri, Eleonora Rosadi, Niccolò Rosadi, Iacopo Rossi.

INSEGNANTI Stefania Pasqui. Alessandro Boncompagni. PRESIDE Fabrizio Gai.

TRAGEDIA IL PUNTO

Dopo tanti anni la sicurezza non è assoluta PER ANALIZZARE l’accaduto dell’ isola del Giglio non bisogna soffermarci solamente alle apparenze. La Compagnia sostiene di aver dato ordini ben precisi e il capitano ne afferma la corretta esecuzione. In entrambi i casi la cosa è veramente preoccupante in quanto, gli errori commessi, hanno posto in pericolo migliaia di passeggeri. Il risultato dell’ insensata manovra, a parer nostro, induce a pensare che per condurre una nave non occorra soltanto aver acquisito un brevetto nautico, ma possedere una coscienza civile e morale che renda il comandante responsabile della vita dei passeggeri e del personale di bordo e capace di operare scelte oculate in situazioni di emergenza. RIMANE INOLTRE il fatto che a cento anni dal naufragio del Titanic, nonostante l’avanzamento di tecnologie e strumentazioni atte ad aumentare la sicurezza nautica, accadano ancora tragedie del genere. La Compagnia ha annunciato il rimborso del costo del biglietto e del valore di tutti gli oggetti preziosi perduti. Tuttavia, non potranno essere risarciti perdite umane e danni psicologici e mentali, che tormenteranno i sopravvissuti quando ricorderanno quei tragici momenti vissuti a bordo della sciagurata nave. In ultimo, ci pare , che l’evento sia drammatico e fortemente coinvolgente ma fin troppo sfruttato in ambito mediatico, anche se, riteniamo, che «fare informazione e audience» non sia semplice.



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GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

«Margaritone» AREZZO AREZZO

Sesso? Sappiamo tutto... anzi no! Chi e come dovrebbe guidare i ragazzi nel viaggio verso la maturità

«S

ESSO e «adolescenza»: un accostamento che può sconcertare e rappresentare un tabù. Eppure, cari genitori, se provate a parlarci dell’argomento, è molto probabile che vi rispondiamo: «So già tutto!» Ormai le informazioni sulla sessualità sono come prodotti da supermercato, reperibili e acquistabili un po’ovunque: in tv, sui giornali, per non parlare di Internet. Inoltre a 13/14 anni, non più bambini e non ancora adolescenti, ci si trova già a fare i conti con la pubertà che incombe. Tuttavia ad uno sviluppo sessuale dal punto di vista fisico e riproduttivo e ad una sovrabbondanza di informazioni preconfezionate non corrisponde una consapevolezza completa, piena e corretta della nostra sessualità. Così se le nuove generazioni vi appaiono molto più «sveglie» della vostra, in realtà hanno una concezione del sesso approssimativa e superficiale, proprio a causa di una conoscenza ampia ma priva di criteri. Tocca quindi a voi genitori e agli educatori accompagnarci verso

L’AMORE Qui è raffigurato come un’altalena tra le generazioni

una maturità sessuale cosciente ed adeguata. INVECE MOLTI di voi delegano volentieri la società o continuano a rimandare sorpresi di non avere più di fronte il “loro” bambino. Anche la scuola, per non avventurarsi in questo campo minato, sfugge spesso al compito di for-

nirci chiavi di lettura adeguate. INTANTO IN NOI aumentano confusione e curiosità. Il corpo che cambia, i primi amori, la voglia di crescere e provare nuove emozioni ci disorientano e ci portano a fare domande, cui continuano a rispondere solo amici, Internet e televisione, o magari ad

avere già le prime esperienze – il 32,5% dei ragazzi e il 23,8% di ragazze di 14 anni, secondo le statistiche . Abbiamo libero accesso a contenuti che, nella migliore delle ipotesi, possono essere scientificamente corretti e rispondere a domande tecniche. Ma non ci serve soltanto un «manuale di istruzioni». Vogliamo piuttosto sapere come rapportarci con gli altri, come vivere la nostra sessualità di adolescenti. Abbiamo bisogno di punti di riferimento affidabili che ci ascoltino e ci insegnino a selezionare le informazioni, in grado di dirci cosa sia bianco e cosa sia nero, o di farci valutare le sfumature. E non vi fermate davanti a disagio ed imbarazzo, o alla nostra sbandierata convinzione di sapere già tutto. Non vi fermate. Continuate a provarci. Oppure chiedete aiuto alla scuola e alle strutture che ascoltano e informano i ragazzi come il Consultorio. Anche perché parlare di sesso significa affrontare un viaggio nella sfera delle emozioni a cui tutti sono invitati a partecipare nel più totale rispetto dei tempi e delle modalità di ciascuno.

SESSUALITA’ L’INTERVISTA AGLI OPERATORI CHE SONO I PUNTI DI RIFERIMENTO DEL CONSULTORIO ARETINO

«Caro esperto, ti chiedo»: incontri del martedì

SESSUALITA’ Quel «ballo» dentro di noi all’origine della vita

LA RESPONSABILE dello Spazio Giovani interno al Consultorio, Alessandra Mori, e il gruppo di consulenti che vi operano riferiscono che lo sportello del martedì è un punto di accoglienza, informazione e prevenzione dove i ragazzi si confrontano con personale qualificato per chiarire dubbi, parlare liberamente in totale riservatezza. Ogni martedì le operatrici incontrano dai 15 ai 20 ragazzi tra i 14 e i 24 anni, ed è in aumento, chiarisce l’infermiera Mirella Cacioli, il numero di 13/14enni. Si tratta in prevalenza di ragazze, ma anche di giovani coppie, precisano le ostetriche Giovanna Marcelli e Cesarina Roselli, che chiedono informazioni sul primo rapporto sessuale. Altre domande riguardano contraccezione, sviluppo, disturbi ginecologici e malattie a trasmissione sessuale.

Si chiedono anche consulenze psicologiche e interventi sociali, segnalano Tonina Tanda, psicologa, e Silvia Dragoni, assistente sociale. Su tempi, modalità ed interlocutori di una educazione sessuale ideale la psicologa risponde che si potrebbe parlare di sesso ad ogni età, in modo semplice, all’interno della famiglia così che il sesso venga vissuto come un aspetto naturale della vita; i media invece non tengono conto né dell’età né dei valori che ogni famiglia vorrebbe trasmettere ai propri figli. ALL’INTERNO di questo percorso di crescita relazionale e sentimentale dell’adolescente il Consultorio può costituire un supporto importante, ovviamente a fianco di famiglia e scuola. I professionisti che vi lavorano oltre a dare consulenze e spiegazioni chiare e precise, offrono accoglienza e attenzione. Oltre l’informare, l’esserci e l’ascoltare.

la redazione della III F... STUDENTI Alessia Agnolozzi, Martina Badiali, Andrea Bidini, Lorenzo Bini, Ottavia Borghini Baldovinetti, Tommaso Cocci, Alessandro Detti, Isabella Fabbri, Sara Fernandez Gutierrez, Nico Franchi,

Megghy Grotti, Jacopo Guerri, Gianmarco Landucci, Ilaria Licari, Sofia Monachini, Saverio Montini, Martina Palombo, Caterina Papini, Matteo Papini, Piccirillo Chiara, Lisa Quagliotti, Luca Resti, Andrea Rondinini, Federico Santama-

ria, Giacomo Sciarma, Giulio Vichi. INSEGNANTI Sabina La Vecchia e Maria Pia Giuliattini PRESIDE Enrico Mancini

SESSUALITA’ SEDI

Spazio giovani all’interno del consultorio IL CONSULTORIO di Arezzo èo in Viale Cittadini 33, nell’area del Centro Oncologico (tel. 0575 255829), è un servizio socio sanitario che «tutela e promuove la salute psico-fisica e sociale, relativa al corpo, al modo di sentire e di relazionarsi con l’ambiente esterno» di donne, uomini, coppie, adolescenti e bambini. Il Consultorio, supportato da personale esperto (medici, psicologi, infermieri, ostetriche, assistenti sociali) offre servizi di consulenza e prevenzione, visite specialistiche, assistenza psicologica e sociale e si occupa di tutela della maternità, assistenza alla donne, interruzione volontaria di gravidanza, screening oncologico, sostegno alla coppia, contraccezione, tutela dei minori, prevenzione del disagio giovanile. LE SPECIFICHE attività rivolte ai giovani sono di competenza del Consultorio Giovani. Al suo interno troviamo Spazio Giovani, sportello gratuito, aperto ogni martedì dalle 14.30 alle 17.30 senza appuntamento e rivolto a ragazzi da 14 a 24 anni, che offre un servizio di ascolto e aiuto, fornendo assistenza e informazioni sulla sfera affettiva e sessuale. Il Consultorio Giovani inoltre promuove progetti di educazione alla sessualità rivolti a studenti delle terze superiori ed incontri con studenti di terza media su temi quali maturazione sessuale, anatomia e funzionalità degli organi sessuali, contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

III B TERRANUOVA TERRANUOVA

Il carnevale? Nasce a scuola Maschere a go go dal laboratorio di arte e ceramica del ’Giovanni XXIII’ L’ISPIRAZIONE

’Galline in fuga’ e l’idea di libertà E’ DA «GALLINE in fuga», un celebre film di animazione uscito nelle sale cinematografiche nell’anno 2000, ormai più di dieci anni fa, che prendono spunto le maschere realizzate all’interno del laboratorio di ceramica. La divertente pellicola racconta la storia di un allevamento di galline, nel mezzo della campagna inglese, che cercano disperatamente di scappare per non essere uccise dai Tweedy, i proprietari. Cedrone, un vecchio gallo del pollaio, consiglia a Gaia, la protagonista principale della pellicola, e alle sue compagne, di scappare con una macchina volante, che costruiscono con l’aiuto del gallo da circo americano Rocky Bulboa... Un film, dunque, che è legato al tema della libertà; un concetto che alla maggior parte degli studenti italiani può sembrare scontato. PURTROPPO, però, non per tutti lo è. Milioni di bambini poveri dei Paesi appartenenti al Sud del mondo sono costretti tutti i giorni a lavorare senza sosta come schiavi, perdendosi tutto il lato bello che appartiene alla loro età: il divertimento, la spensieratezza, la scuola. Essi crescono e si lasciano subito alle spalle l’adolescenza, diventando ‘adulti’ sicuramente troppo in fretta.

LA COLLABORAZIONE tra la scuola e la Pro Loco di Terranuova, non è una novità, e in questa occasione entrambe si sono impegnate per dar vita ad un progetto comune, dove alunni e adulti hanno lavorato insieme, scoprendo il piacere di ritrovarsi. Un gruppo di ragazzi dell’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII, che frequentano il laboratorio di ceramica e cartapesta, hanno riscoperto, in questa era spesso troppo virtuale, il sano e rilassante piacere di lavorare con le mani e di sviluppare la loro creatività manipolando l’argilla, incollando pazientemente striscioline di carta di giornale, dando libero sfogo ai colori. Il tutto per creare delle maschere di cartapesta. SAPIENTEMENTE diretti dal maestro Armando Boninsegni, hanno preso spunto dal film di animazione «Galline in fuga». Gli alunni hanno lavorato con molto entusiasmo e pazienza, nell’attività laboratoriale del mercoledì pomeriggio, ma il lunedì, dopo ce-

IL PROF Armando Boninsegni elabora una delle sue maschere

na, un gruppo di adulti, genitori, nonni, ex-alpini,insegnanti, insomma, tutti coloro che hanno avuto la voglia di «giocare» hanno continuato la realizzazione di queste opere d’arte a più mani. Tra gli enormi mascheroni sono presenti caratterizzazioni di personaggi storici, politici, dello spetta-

colo e tra i soliti, se vogliamo anche un po’ troppo scontati, Berlusconi, Bersani, e Monti, spicca il mitologico ’Polli…femo’. CON STOFFA, forbici, ago, filo e gommapiuma alcune mamme esperte hanno vestito le galline e anche i polli! La sfilata, o meglio

la pedalata, li vedrà tutti e 26 in sella alle loro due zampe, precisiamo due ruote, per le strade del paese in occasione dell’edizione 2012 di Carnevaliamo. Non saranno soli, perché altri gruppi ed associazioni sportive, culturali e ricreative cittadine (Associazione commercianti e artigiani, Società Sportiva « La Coccinella», New Volley Terranuova, Pianeta Danza, U.S. Terranuova Basket, Terranuovese Calcio, Dance Fitness School Zumba Valdarno) vi sorprenderanno con le loro variopinte caratterizzazioni e con i loro travestimenti per divertirsi insieme, accompagnati dai musicanti di strada della Sciacchetrà Street Band e da giocolieri e saltimbanchi. APRIRANNO LA SFILATA, tra coriandoli e stelle filanti: la Filarmonica G. Verdi, alcune auto d’epoca e i carri allegorici. Partendo da Piazza della Liberazione e terminando l’esibizione in Piazza della Repubblica, ogni scherzo vale!

L’INTERVISTA IL PROFESSOR ARMANDO BONINSEGNI HA APERTO UNO SPAZIO CREATIVO AGLI STUDENTI

«Con l’argilla liberi il demiurgo che è in te»

CREAZIONI Il «Polli... femo» dei ragazzi

QUANDO L’ARGILLA prende il posto dei libri di testo... E’ ciò che accade nel laboratorio di ceramica dell’ Istituto Comprensivo di Terranuova, attivo, con alcune pause, dal 1998. Prima come docente di tecnologia, oggi come esperto esterno, è il professor Armando Boninsegni che, con passione, dedica questo spazio a un gruppo di studenti. Il progetto è finalizzato, innanzitutto, a stimolare la fantasia e a sviluppare abilità manuali. «Rappresenta — spiega Boninsegni — un mezzo per comunicare ed esprimere, attraverso l’arte, quello che si sente dentro. Fare laboratorio significa prendere coscienza di se stessi, andare al di là di un semplice approccio teorico per coniugare mente e mani. Lavorare l’argilla per me è sinonimo di libertà: libertà di creare, libertà di dar forma a un’opera, ma anche libertà di vivere un momento in cui annulli il tran tran della quotidianità per immergerti in uno spazio tuo, fatto di pace ed espressione artistica».

Molte sono le opere realizzate negli anni; secondo lo stesso Boninsegni non ne esiste una più bella, ma esistono «lavori più o meno complessi». Fra le tante forme create, ricorda un bassorilievo con la riproduzione della sirena bifida rappresentata nel pulpito della Pieve di Gropina, oltre a vari pannelli ispirati alla Natività di Venturino Venturi; poi si sofferma sul percorso di quest’anno, nato in collaborazione con la Pro Loco del Comune. Stiamo realizzando maschere, ispirate al film d’animazione «Galline in fuga»; in totale saranno 26 e vorremmo che i nostri studenti le indossassero per Carnevale. Un’idea coinvolgente e impegnativa, basti pensare che la realizzazione di ogni maschera richiede più passaggi: prima viene creato uno stampo d’argilla, ricoperto poi da 5 strati di giornale sui quali viene passata, in seguito, una mano di vernice bianca. Infine, la colorazione: ultimo tocco in cui ognuno lascia l’impronta della propria creatività.

la redazione della III B STUDENTI Salvatore richard Ascione, Gabriele Bacci, Alessia Burchini, Maddalena Calabrese, Aurora Colasurdo, Carmine D’Angiò, Alessandro Esposito, Alessia Fucito, Luca

Kaur Gurpreet, Sara Malvisi, Sara Manconi, Irene Mealli, Martina Mugnai, Virginia Neri, Giada Nocito, Gaia Palmieri, Lorenzo Paradiso, Luca Postiglione, Elisabetta Rossi, Asia Sani, Argentina Roberta Tavoletta

INSEGNANTI Luana Giorgi, Simona Beni, PRESIDE Alberto Riboletti


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

Cesalpino AREZZO AREZZO

’Fai della tua vita qualcosa che vale‘ Gli scritti di Raoul Follereau: invito a meditare sulla potenza dell’amore

R

AOUL FOLLEREAU, scrittore e giornalista francese vissuto nel secolo scorso, rappresenta una testimonianza inequivocabile di solidarietà e fratellanza umana al di là dello spazio e del tempo. Fondatore della Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, ha dedicato la sua vita a combattere non solo la lebbra fisica ma tutte le ‘lebbre’ che continuano a mietere vittime ad ogni latitudine: ignoranza, schiavitù, povertà, emarginazione. Come ogni anno, la nostra scuola ha ospitato le attività del «Gruppo Follereau» di Arezzo la cui presidente, Emma Patroni, si è dedicata a tempo pieno all’illustrazione dei Progetti AIFO (Associazione Italiana Amici di R. Follereau) con l’ intento di diffondere una cultura di solidarietà, specialmente fra gli adolescenti e i giovani. Per AIFO, la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, celebrata ogni ultima domenica di gennaio, rappresenta un impegno fondamentale nel dar voce agli ultimi. Lo slogan era racchiuso “Fai della tua vita qualcosa che vale”.

IL MESSAGGIO Raoul Follereau nel disegno di Gianluca Bove

TESTIMONE CONCRETO di questo messaggio è Chiara Castellani, medico chirurgo, volontaria per AIFO nella Repubblica Democratica del Congo. La sua storia è la realizzazione di un «sogno d’amore» coltivato fin da bambina: essere medico per amare e curare chi non ha nessuno che si occupi di lui.

NON È LA RETORICA di un racconto straordinario ma la forza di un sogno attuato fra mille prove e difficoltà; Chiara ha seguito le orme di Raoul Follereau, scoprendo un’Africa bellissima e terribile, affascinante e sconvolgente nelle sue contraddizioni e nelle ferite che non si rimarginano mai. Dall’ospedale ‘fantasma’ di Kim-

bau, Chiara continua a scrivere e a gridare contro i massacri, le violenze e le crudeltà, il martirio di migliaia di persone, il diffondersi della Tbc e dell’Aids. La lotta per portare l’acqua pulita ai suoi malati, l’impegno nel promuovere la formazione degli infermieri presso l’Istm, Istituto di scienze infermieristiche della Diocesi di Kenge, concretizzano un ideale: investire sui giovani e scommettere sulle risorse umane future. L’abbiamo contattata virtualmente e lei ci ha risposto: «Verrò da voi il prossimo inverno». In un passaggio importante nella nostra vita , come pensare o scegliere «cosa faremo da grandi», la testimonianza di chi ha perseverato nella realizzazione di un sogno ci ha aiutato a superare incertezze e a convincerci che «diventare grandi» significa innanzitutto avere il coraggio e la responsabilità delle proprie scelte, rivolgere gli occhi verso chi ci circonda e guardare in alto, oltre l’orizzonte dell’egoismo e dell’indifferenza.

LA TESTIMONIANZA UNA DONNA IN LOTTA DA ANNI PER I DIRITTI DEGLI ‘ULTIMI’ DELLA TERRA

Chiara Castellani, un angelo dall’ala spezzata

L’ALA SPEZZATA Chiara nel disegno di Gianluca Bove

LA VITA E L’ESPERIENZA di Chiara Castellani sono raccolte in un libro, dalla copertina verde come la speranza, intitolato: «Una lampadina per Kimbau». Il libro si intitola così perché si conclude con il progetto di una piccola centrale idroelettrica per accendere, nell’ospedale di Kimbau e dintorni, non solo una ‘lampadina’ ma anche una speranza in più. Specializzata in ostetricia e ginecologia, Chiara opera qui dal 1991, dopo l’esperienza di chirurgo di guerra, condivisa per breve tempo dal marito, sulle montagne del Nicaragua. La sua vicenda personale è contraddistinta dall’eterna lotta fra il bene e il male: lasciata sola, Chiara continua ad inseguire i suoi sogni. L’incontro con Aifo e gli ideali di Follereau si concretizza nell’incarico di responsabile all’ospedale di Kimbau, regione dell’ex colonia belga dello Zaire. Ancora oggi Chiara è là: continua a combattere per il

diritto alla salute, lo studio, la dignità e la formazione sanitaria delle donne. NEI MOMENTI di aridità e ribellione, la sua voglia di amare non viene mai meno, nemmeno dopo la mutilazione del braccio destro; quando tutto sembra andare contro, Chiara va avanti, giorno per giorno. Nel 2002 promette obbedienza e povertà davanti al suo Vescovo di Kenge, monsignor Mudiso; come lei stessa ricorda, la scelta di povertà è inevitabile per chi si batte per la parità dei diritti fra il Nord ricco e il Sud povero e questa uguaglianza deve partire da lei. Chiara non si è mai sentita abbandonata; scopre una preghiera di don Tonino Bello e la fa sua: «Dio ha creato gli angeli con un’ala soltanto perché, per volare, fossero costretti a rimanere abbracciati». E’ la forza di un sogno realizzato: storia straordinaria nell’ordinaria quotidianità.

la redazione della III E... STUDENTI David Baldoni, Marica Benincasa, Gianluca Bove, Francesca Bruschi, Riccardi Burzi, Alessandra Calcavecchia, Laura Cincinelli, Valentina Citarelli, Lucrezia Del Mecio, Sofia

Dini, Elena Droandi, Irene Faggini, Alessia Frontani, Francesca Gavelli, Duccio Geneletti, Alice Giaccherini, Sofia Giovane, Leonardo Giusti, Francesca Lumachi, Matteo Murati, Gaia Pitti, Gloria Puglisi, Rebecca Rodino,

Riccardo Toschini, Gaia Tralci INSEGNANTI Giovanna Vona, Annarita Sinatti PRESIDE Danilo Brozzi

LETTERA APERTA

«Cari adulti aiutateci a sognare» CONOSCERE Chiara Castellani è stato come aprire la porta su un sogno; la sua forza, il suo coraggio ci hanno aiutato a guardare oltre l’orizzonte. Quanti consigli e suggerimenti abbiamo ricevuto per scegliere oculatamente e consapevolmente la scuola Superiore e, forse, anche il nostro “domani” Abbiamo partecipato ad attività orientative, consultato esperti, parlato e riparlato con i genitori, gli insegnanti e gli amici più grandi. La scelta della Scuola Superiore è importante ma.. La verità è che, alla nostra età, contano anche i sogni, quei sogni che muovono, modificano, stravolgono perfino le nostre aspettative e quelle degli adulti. Non siamo più bambini, abbiamo anche il coraggio delle nostre scelte; stiamo crescendo e vogliamo fiducia. I SOGNI POSSONO cambiare il mondo e sono il ‘sale’della vita. Allora dedichiamo a voi adulti questa lettera aperta: siate per noi punti di riferimento, costruite insieme a noi il nostro domani, siate testimoni della bellezza della vita e non solo maestri e parlatori. Abbiamo voglia di volare, di volare in alto: siamo ancora fragili ma voi ci aiuterete. Aiutateci a sognare, sorprendeteci come hanno fatto Chiara Castellani e Raoul Follereau. Proprio lui ha scritto: «Applaudite o denunciate, ammirate o indignatevi, ma non siate mai neutrali, indifferenti, passivi, rassegnati». Non dovete fare cose speciali, non ve lo chiediamo ma fate della vostra vita qualcosa che vale.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 23 FEBBRAIO 2012

Scuola media

Martiri Civitella BADIA BADIA AL AL PINO PINO

Quando la terra ha sete Precipitazioni mai così scarse, dalla neve è arrivato un piccolo aiuto LA STORIA

Quanti conflitti per l’acqua L’ACQUA non ha frontiere, è un bene che dovrebbe appartenere al mondo intero. Ma fin dagli albori della storia è stata di volta in volta usata come arma di offesa o difesa, o è stata essa stessa causa di guerre. Già nel 2500 a.C. due città sumere si contendono le risorse idriche del Tigri con un complesso sistema di canalizzazione. Un trattato, il primo accordo internazionale sull’acqua, mette fine al conflitto. Quasi mille anni dopo Hammurabi, il re legislatore, promulga regole affinché l’acqua non sia usata come mezzo di pressione politica, ma per i soli usi civili. In pieno Rinascimento, il politico Machiavelli e il genio Leonardo propongono di deviare il corso dell’Arno, allontanandolo da Pisa: siamo nel 1503 ed è in atto una guerra tra Pisa e Firenze. 1863, durante la Guerra di Secessione, il generale Grant ordina la rottura degli argini del Mississippi come arma d’attacco contro i confederati. 1947-1960, l’India taglia canali e costruisce sbarramenti sul Gange e su un affluente dell’Indo per impedire l’afflusso di acque in Bangladesh e Pakistan. Vengono stipulati vari trattati, ma la questione non è ancora chiusa. 1948, gli Arabi lasciano Gerusalemme senz’acqua: sono gli inizi del lungo conflitto araboisraeliano. Poi ai giorni nostri le lotte tra i paesi dell’Africa, gli attentati di Saddam alle riserve idriche di nemici esterni ed interni, i sabotaggi nelle guerre dei Balcani… E nel futuro? Le tensioni sono destinate ad aumentare e solo una concreta cooperazione internazionale potrebbe impedire nuovi conflitti.

L’ACQUA, come l’aria, è elemento essenziale alla nostra sopravvivenza. Infatti per 2/3 il corpo umano è composto da acqua. Non bere acqua per alcuni giorni porta alla morte, addirittura una semplice disidratazione provoca vuoti di memoria, difficoltà a leggere e a concentrarsi; al contrario assumerne giornalmente non meno di due litri sembra che possa ridurre il rischio di malattie letali, come cancro al colon, alla vescica ed anche ai polmoni. Anche se questo elemento ricopre il pianeta per il 72% circa della sua superficie, solo il 2,5% di tale massa è acqua dolce di cui solo una minima parte potabile. Paragonando tutta l’acqua dolce della Terra a cento litri, l’uomo può utilizzarne appena mezzo cucchiaino da caffè! Facile capire preoccupazione e allarmismo per la scarsità delle precipitazioni di questi ultimi tempi. Appena un mese fa, le notizie sulla situazione idrica informavano che in Toscana non pioveva più e che fiumi, laghi, falde acquifere e pozzi facevano registrare portate ai minimi storici: dall’inizio di luglio niente più pioggia, aridità completa ad agosto e settembre e

A SECCO E’ ancora emergenza idrica nonostante la neve

le precipitazioni in ottobre, novembre e dicembre, qui uno dei periodi più piovosi dell’anno, sono state irrisorie. Gli invasi del Bilancino (Arno), e di Montedoglio (Tevere), le nostre riserve di acqua, erano in «stato di emergenza idrica». Se non avesse piovuto il rischio di rimanere a secco sarebbe

divenuto realtà. E’ stata creata persino una task force per occuparsi di controllare e gestire al meglio questa situazione critica: una vera e propria crisi idrica del nostro territorio. …POI, ALL’IMPROVVISO, è arrivata, ci ha accerchiato con pas-

so felpato e cadeva, cadeva, cadeva. Un giorno ed una notte per impossessarsi di campi e contrade, ma alla fine tutto è apparso bianco! Le tanto attese precipitazioni finalmente si sono verificate, ma era acqua allo stato solido, l’aspetto più fascinatore di questo elemento: insomma, ha nevicato. Ed è stata di nuovo emergenza, questa volta per la neve. Era dal 1985, l’anno in cui il gelo «bruciò» buona parte degli oliveti delle nostre colline, che non si vedeva una nevicata simile, ma in certe zone, dove è stata superata abbondantemente la media del mezzo metro di neve caduta, si torna indietro fino al 1926, per incontrare un fenomeno di tali proporzioni. Il «soffice manto», grazie anche alle temperature, per noi, polari, ci ha tenuto compagnia per un paio di settimane, con tutti i problemi annessi e connessi. Certamente non è stato l’evento risolutore e la sua portata ha provocato anche danni economici in più di un settore, ma l’ingente nevicata ha almeno contribuito ad abbassare il livello di allarme dell’emergenza acqua.

I CONSIGLI DALLA MANUTENZIONE DEI RUBINETTI, ALLA DOCCIA, AL SERBATOIO DELL’ACQUA PIOVANA

Ecco il decalogo per risparmiare l’oro blu

REGOLE Con pochi accorgimenti, tanto risparmio

VI È MAI CAPITATO di restare senz’acqua? Come vi siete sentiti? Vista la lunga serie di gesti quotidiani di cui è protagonista la nostra amica, il disagio che deriva dalla sua mancanza è indubbiamente grande. Ecco perché è opportuno che ognuno di noi, giorno per giorno, faccia qualcosa per difenderla. Vi proponiamo un semplice decalogo per ottimizzare i consumi e fare un po’ d’economia . 1) Ripariamo i rubinetti che gocciolano, eviteremo la dispersione di migliaia di litri d’acqua. 2) Non lasciare correre l’acqua quando ci si lavano i denti, i capelli o ci si rade. 3) Applicare i rompi getto ai rubinetti: si possono risparmiare fino a 2000 litri a testa,all’anno. 4) Preferite la doccia al bagno: in media un consumo di 30 litri contro 150!

5) Utilizzare lavatrice e lavastoviglie a pieno carico, oltre che acqua fa risparmiare anche energia elettrica e… 6) … Non abbondare nelle dosi di detersivo, evita l’inquinamento delle falde acquifere e dei corsi d’acqua. 7) Il WC “scarica” ogni volta 10 litri, ben il 30% del consumo d’acqua familiare; basta un dispositivo a quantità differenziata per ottimizzare i consumi. 8) Per la pulizia di frutta e verdura è più efficace l’ammollo con il bicarbonato che non l’acqua corrente. 9) Niente acqua corrente neppure per l’auto, meglio provvedere al lavaggio con il secchio. 10) Là dove possibile installare un serbatoio per la raccolta di acqua piovana: è ottima per uso non potabile.

la redazione della I B STUDENTI Adriano Angilella, Alessio Badii, Giacomo Banchetti, Costanza Bianchi, Ginevra Bianchi, Laura Carpinelli, Kevin Cartocci, Ludovica Ceraldi, Stefana Padurariu, Alessia

Paffetti, Alessio Papini, Antonio Patrone, Jacopo Riccucci, Kiara Rippa, Filippo Roggi, Matteo Salvadori, Paramjot Singh, Asia Tanci, Julian Trefas

INSEGNANTE prof. Guendalina Tiezzi PRESIDE prof. Domenico Sarracino


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 23 FEBBRAIO 2012

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Scuola media

Severi AREZZO AREZZO

Superiori, i gusti dei ragazzi Tanti verso i licei, bene l’Itis, in ascesa l’istituto alberghiero SCEGLIERE la scuola superiore è decidere metà del proprio futuro perché la scelta della scuola condiziona la professione da fare nella vita. Ed allora, come hanno scelto e dove hanno deciso di iscriversi i giovani aretini alla scadenza delle iscrizioni al Superiore? Abbiamo intervistato i ragazzi delle terze della scuola F. Severi per capire le loro scelte:i ragazzi hanno scelto prevalentemente una scuola di tipo tecnico, l’Itis (circa il 28,6 %), mentre andranno ai licei aretini un folto gruppo complessivamente del 44% così suddivisi: vanno allo Scientifico il 19,5 %, segue Liceo Artistico con il 14 %, ed il Linguistico l’11,1 %. Tra le altre scuole folto il gruppo che andrà all’ Alberghiero (l’hanno scelto circa il 9 % dei ragazzi). Hanno scelto altre scuole il 21,3 %, con prevalenza del Fossombroni e del Buonarroti mentre gli incerti dell’ultimo minuto (il 5,5%) non hanno ancora scelto. Quindi il gruppo dei liceali vince complessivamente i futuri tecnici, gli aretini andranno tutti all’Università anche se il sondaggio, in contraddizione con questo

dato , fa emergere che gli studenti preferirebbero lavori semplici, perchè non vogliono studiare per tanti anni, preferendo lavori più immediati come commesso del supermercato oppure come cameriere in un bar o in un ristorante. LA MAGGIORANZA dei studenti hanno deciso la futura scuola superiore autonomamente men-

tre altri si sono fatti aiutare dalla scuola, infatti emerge che il parere dei genitori sia contato ben poco ed anche l’amicizia sembra sia stata poco rilevante. I ragazzi, sfatando miti consolidati che li davano come poco consapevoli della scelta, hanno scelto per il loro personale interesse, mentre una parte sono stati quasi costretti dai genitori,in quanto essi credono che

la scuola da loro scelta per i propri figli sia la migliore. Guardando le risposte dei ragazzi, molti sperano e credono di avere sufficienti possibilità di lavoro, mentre meno sono quelli a pensare che, appena usciti dalle superiori, si assicureranno un buon posto di lavoro. Per la quasi totalità degli alunni è stato difficile scegliere la scuola superiore, mentre solo pochi non hanno avuto alcun problema. Sempre la stragrande maggioranza ritiene di essere sufficientemente informata sulla scuola e sui percorsi di studio. Infine, incredibile a dirsi, le materie preferite sono le scienze, la biologia e l’anatomia, mentre solo pochi studenti sono interessati ad alcuni istituti tecnici, perchè non amano discipline come ragioneria o geometria. Razza rara anche gli studenti che scelgono i professionali aretini: il glorioso Margaritone, dove si sono formate tante maestranze dell’oreficeria aretina sta chiudendo per mancanza di iscrizioni. Insomma: aretini tutti ai licei, chissà se sanno che servirebbero tecnici nella nostra provincia! O forse hanno rimandato la scelta a tempi più maturi?

CONSIGLI SAPERSI ORIENTARE TRA LE OFFERTE E’ FONDAMENTALE. PARLA ISABELLA BIETOLINI

Attenti alle scelte, ne va di mezzo il futuro I RAGAZZI al giorno d’oggi sono davvero disorientati? Non sanno scegliere cosa fare? Sbagliano le scelte? Abbiamo chiesto a giovani e adulti le cause del problema. Molti di loro, ci hanno risposto, hanno cambiato scuola perché questa rispondeva alle loro aspettative, altri invece, perché sono stati aperti nuovi corsi, altri ancora perché non si trovavano bene con i professori. Spesso quindi la causa a questi disorientamenti nasce dalla poca chiarezza che un ragazzo ha nella scelta del superiore. Ma anche gli adulti, abbiamo visto che non sempre fanno la professione per cui hanno studiato, dimostrando quindi di aver fatto scelte inadeguate. Abbiamo chiesto alla dottoressa Isabella Bietolini, dirigente della camera del commercio di Arezzo, un consiglio per i ragazzi: “occorre orientarsi be-

ne, informarsi, cercando di conoscere la realtà economica dove si andrà a cercare lavoro una volta usciti dalla scuola; soprattutto, occorre ampliare il proprio orizzonte, preparandosi anche a più di un’esperienza lavorativa, continuando comunque a formarsi. Qualora si abbiano inclinazioni tecniche e/o culturali molto spiccate ritengo sia giusto seguirle, sempre però con un occhio attento alla spendibilità della propria professionalità”. Continua poi “oggi non è facile trovare lavoro nemmeno per chi finisce gli studi con bellissime note perché l’Italia sta attraversando una “violenta” crisi che sta mettendo in pericolo il futuro di ogni cittadino”. Quindi, ultimo consiglio: pensate bene a ciò che volete fare da grandi prima di decidere la vostra scuola, ne va del vostro futuro.

Seif Eddine Dridi , Leonardo Ercolani, Gabriele Ginestroni, Irene Guiducci, Simone Magi, Alessio Magnanensi, Davide Mendez, Jacopo Patrussi, Melissa Perez, Alessandra Rasetto, Carolina Rosadini,

Siddharta Sanarelli, Garcia Vargas, Natividad Franghelis, Michele Zichi. INSEGNANTE Iasmina Santini PRESIDE Maria Rosella Misuraca

la redazione della II G STUDENTI Matteo Botti, Denis Bresciani, Martina Burroni. Tommaso Capacci , Sofia Corsini, Cristiana Maria Cretiu, Noemi Daveri, Pamela Dragone, Francesco Dragoni ,

L’INDAGINE

Excelsior: i lavori più richiesti IL RAPPORTO Excelsior è un’ indagine statistica riguardante il mondo del lavoro e le previsioni occupazionali per i giovani della provincia, svolto dalla Camera di Commercio. Dal rapporto emerge che i comparti industria e servizi sono più dinamici dal punto di vista occupazionale rispetto al settore edile e del commercio, in rallentamento. Più che i titoli di studio, le aziende che procederanno ad assunzioni nel corso di quest’anno, utilizzeranno come canale di selezione del personale in primis la «conoscenza diretta» (46,7% dei casi). Il secondo strumento di selezione sono le «banche dati aziendali» (27,7%). Su livelli più bassi c’è l’utilizzo delle segnalazioni di conoscenti e fornitori (11,9%), centri per l’impiego (4,8%) ed infine le società di lavoro interinale (2,5%). L’industria, quest’anno, perde lo 0.1% degli occupati dovuto alla crisi dell’oro (-1,8%). Le previsioni di assunzioni non stagionali vedono l’industria con il 40,3% al primo posto, seguita dai servizi (35,4%) e dalle costruzioni (9,8%). Le assunzioni nell’industria si sono rialzate all’ inizio dello scorso anno del 27,9%. Le professioni più richieste sono: intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, tecniche, impiegati, commerciali, operai specializzati o semiqualificati, addetti a macchinari mobili o fissi e da ultimo personale non qualificato. Questa è la categoria più richiesta in quanto fornisce addetti al servizio igienico-sanitario. I corsi di studio che offrono più lavoro sono quelli di tipo tecnico, scientifico e professionale.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

LA NAZIONE MARTEDÌ 28 FEBBRAIO 2012 .

Scuola Media

Comprensivo AMBRA AMBRA (BUCINE) (BUCINE)

Agriturismo… nel pallone! Parla Paolo Rossi: da calciatore a titolare di una struttura in Valdambra AGRITURISMI PUNTO

La seconda vita di quei borghi del passato ALLE SOGLIE del nuovo millennio alcuni piccoli borghi presenti nella Valdambra (zona situata nel comune di Bucine, al confine tra le province di Arezzo e Siena) hanno ripreso a vivere grazie ad importanti lavori di ristrutturazione. Anonimi gruppi di case in rovina, sono diventate oggi rinomate strutture ricettive. Oltre al già citato Poggio di Cennina, la Valdambra offre interessanti opportunità per i turisti. Castel Monastero, antico borgo di origine medievale (risale al 1300), ristrutturato ben due volte, è sede di un lussuoso hotel a cinque stelle, con piscine interne ed esterne, un centro benessere e due ottimi ristoranti, di cui uno gestito dal cuoco di fama internazionale Gordon Ramsey. In località Ripaltella è situato il Relais La Martina. L’intero piccolo borgo, che risale al XVII secolo, si trova nei pressi di Montebenichi. Vi si producono olio e vino ed è presente anche un campo da polo, frequentato da giocatori di tutto il mondo. IL BORGO di Sogna è stato ristrutturato a partire dal 1990, per farlo ritornare come era una volta. Nel 1994 i lavori terminarono e il paesino tornò a vivere: svizzeri, olandesi, inglesi, belgi e qualche italiano sono i proprietari delle abitazioni del borgo, che vi trascorrono le vacanze e producono un ottimo olio. Alcuni artisti internazionali hanno regalato alla comunità le loro opere che sono state installate in punti strategici, in modo da far sposare l’antico con il contemporaneo. Il villaggio è abitato per gran parte dell’anno e non è solo il simbolo di una memoria storica, ma un luogo che produce vita e non solo ricordi.

E

X-CALCIATORE e campione del mondo nel 1982, vincitore del Pallone d’Oro, Paolo Rossi ci ha accolto con il sorriso sulle labbra, fiero di mostrarci il suo agriturismo a Poggio Cennina, in Valdambra.

munque quando le cose sono volute, è più facile adattarsi. Dopo molti anni in città, il mio stile di vita è cambiato in modo radicale». Quale difficoltà ha incontrato nel gestire l’agriturismo?

«La più grande è stata iniziare un mestiere che non avevo mai fatto, ma seguendo i consigli dei miei collaboratori me la sono cavata».

Come è venuto a conoscenza di Poggio di Cennina?

«Ho vissuto 32 anni a Vicenza. Avevo degli amici in zona e venivo spesso a trovarli. Ho iniziato a cercare un luogo da rilevare e per varie coincidenze ho scelto questo». Quali sono i motivi che l’hanno spinto a passare dal mestiere di calciatore a quello di gestore di agriturismo?

«Il mestiere di calciatore prima o poi finisce e bisogna trovare un’altra occupazione. Alcuni miei colleghi sono rimasti legati all’ambiente calcistico, io ho deciso di cambiare». Quanto tempo ha impiegato per ristrutturare l’agriturismo?

«Due anni, dal 2003 al 2005».

Come è strutturato il suo agriturismo?

«Ha 10 appartamenti, 3 ville, 4 camere a uso alberghiero, in totale

Quali prodotti ricava dal suo agriturismo?

«Produciamo olio e vino».

Come ha iniziato la carriera di calciatore?

CAMPI E CAMPIONI Rossi al lavoro: Virginia Cinotti e Felix Tolas

66 posti letto. La struttura offre piscina, campo da calcetto, campo da tennis, wine bar e servizio di ristorazione su richiesta. Alcune abitazioni risalgono al 1850, come testimonia lo stemma ritrovato in una delle case. Altre sono state realizzate ex novo seguendo le quadrature già esistenti».

cinquanta per cento straniera, cioè canadesi, statunitensi, svedesi e nordeuropei». La sua vita si svolge a Cennina?

«Sì, sono qui da 4 anni, con mia moglie Federica e mia figlia Maria Vittoria».

Qual è la nazionalità dei turisti che ospita?

Come è cambiato il suo stile di vita da quando vive in Valdambra?

«Il cinquanta per cento italiana, il

«Non è mai facile cambiare, co-

«A 10 anni ho iniziato a giocare nella squadra di S. Lucia, quartiere di Prato, città in cui vivevo. Ho fatto le giovanili nella Cattolica Virtus, a 18 anni ho esordito con la Juventus e ho indossato la maglia della nazionale a 21 anni». Come ricorda l’emozione della Coppa del Mondo del 1982?

«Vincere un campionato del mondo è l’obiettivo massimo per un calciatore. E’ un sogno, anche perché quando vesti la maglia azzurra rappresenti l’Italia e la soddisfazione è più grande dal momento che sai di regalare una grande gioia a tutta la nazione.

AGRITURISMI L’IDENTIKIT DI UN FENOMENO IN GRAN PARTE ESPLOSO ALL’INIZIO DEL TERZO MILLENNIO

Sondaggio a sorpresa: piscina e wi-fi per tutti

AGRITURISMI Un sondaggio fotografa il settore in crescita

AL FINE DI AVERE una visione d’insieme sugli agriturismi della Valdambra, abbiamo coinvolto alcuni di essi in un sondaggio. La maggior parte degli agriturismi contattati hanno iniziato la loro attività intorno al 2000, solo qualcuno di essi già aveva imboccato questa strada negli anni ’90. Le strutture sono piuttosto piccole (da 9 a 15 posti letto), in modo da offrire la pace e la tranquillità che i turisti non trovano negli alberghi di città. Quasi tutti gli agriturismi offrono i seguenti servizi: piscina e collegamento a internet wi-fi. I turisti, inoltre, possono impegnarsi nelle attività agricole stagionali quali la vendemmia, la raccolta delle olive e la raccolta delle erbe aromatiche, nonché la realizzazione del miele. La nazionalità prevalente di chi frequenta le strut-

ture è quella italiana, seguiti dai tedeschi e dai belgi. Gli agriturismi sono maggiormente frequentati nei mesi di luglio e agosto. Dopo un’analisi delle risposte abbiamo riflettuto su quali siano i motivi che spingono i turisti a scegliere proprio la Valdambra per trascorrere le loro vacanze: la posizione di questa zona favorisce la visita di tre grandi città, ovvero Firenze, Arezzo e Siena. NEI DINTORNI sono presenti anche i outlet e spacci delle grandi firme della moda italiana. L’ambiente permette, oltre che di scoprire interessanti attività agricole, anche di usufruire di eccellenti prodotti enogastronomici, ma soprattutto la nostra zona è la sede ideale per chi cerca relax e tranquillità.

la redazione della II D... STUDENTI Camilla Baldi, Stefano Barbagli, Alessia Bartolini, Aurora Bergami, Emily Carrubba, Virginia Cinotti, Rachele De Corso, Me-

lissa Giunti, Arianna Migliorini, Francesco Pasquini, Lucrezia Prosperi, Valentina Romeo, Felix Tolas, Giulia Torzini. INSEGNANTI

Gianna Gambini Francesco Fiorito PRESIDE Miranda Razzai


MARTEDÌ 28 FEBBRAIO 2012

CAMPIONATO GIORNALISMO

LA NAZIONE

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Scuola Media

IV Novembre AREZZO

Slalom tra giorni sì e giorni no Viaggio alla radice profonda che si nasconde dietro molte superstizioni

F

IN DAI TEMPI antichi, le persone hanno sempre creduto nelle superstizioni: eventi che cambiano il corso del proprio destino. Le superstizioni sono molte e varie, con altrettante origini e conseguenze. Per esempio, passare sotto le scale viene da una credenza che dice che la parete, la scala e il pavimento formino il triangolo della Trinità. Perciò passare sotto le scale sarebbe come rompere questo sacro triangolo e non avere alcun rispetto per esso. Oppure c’è anche quella del sale, che dice portare sfortuna se si rovescia perché un tempo il sale era molto importante e prezioso: con esso, infatti, si pagava il lavoro di una persona e ciò lo rendeva indispensabile. Alcuni però, sostengono che derivi da una leggenda che dice che il sale era simbolo di grande amicizia, tanto che si posava davanti agli invitati durante una cena. Si racconta che però poi, un giorno, un servo ruppe un contenitore di sale, facendolo cadere per terra. Il suo padrone si infuriò a tal punto che sguainò la

UNA GIORNATA SFORTUNATA Disegno di Federico Degano

spada e lo uccise. Da qui si crede che far cadere il sale porti sfortuna. NON FINISCE qui. Avete mai sentito dire il detto “di Marte e di Venere né si finisce, né si comincia”? Marte, sarebbe martedì e Venere venerdì. Questo detto è nato dal fatto che Marte era il Dio del-

la guerra e Venere, secondo credenze popolari, era il giorno propizio ai diavoli e alle streghe. Oppure, in un’altra versione, il Venerdì si ricollega alla passione di Cristo. NON CI SIAMO scordati di parlare del gatto nero. Esso, infatti, si dice portare sfortuna quando ti

passa davanti. Perché? Semplice, nel Medioevo, il gatto nero veniva considerato la reincarnazione delle streghe e di spiriti maligni. Perché se si rompe uno specchio, abbiamo sfortuna? Tempo fa, come la maggior parte dei fenomeni fisici, la riflessione era considerata divina, quindi frutto di un prodigio o maleficio e come tale temuta. Questo è il motivo per cui rompere uno specchio porta 7 anni di sfortuna: perché con esso muore una parte della nostra anima. Per questa superstizione, sappiamo anche dirvi come rimediare! Per recuperare questo «danno» occorrerebbe, si dice, metterlo in acqua con un cristallo di quarzo o una pietra, lasciarlo così per sette giorni e dopo gettare tutto lontano da casa nostra. Ma come fare per allontanare questi mali? Esistono vari amuleti o talismani: pietre, gemme, animali, illustrazioni, anelli. Essi danno al possessore un senso di sicurezza e fiducia del proprio destino. Ci sono persone che dicono di non crederci, altre che ci stanno molto attente. E voi?

SUPERSTIZIONE INCHIESTA A SORPRESA PER LE STRADE DEL CENTRO: DAI QUADRIFOGLI AI PULCINELLA

Nessuno ci crede ma tutti portano gli amuleti

GLI AMULETI I quadrifogli restano l’oggetto più popolare

LA SUPERSTIZIONE ha interessato tutti i popoli antichi e si è tramandata sino a oggi. Infatti con la parola «superstizione» intendiamo delle credenze di natura irrazionale e che influiscono sul nostro pensiero. Ma quando un gatto nero ci attraversa la strada noi ci fermiamo e aspettiamo che qualcuno ci superi oppure tiriamo dritto senza pensieri? Quanto è diffusa la superstizione? Abbiamo cercato di scoprirlo chiedendo ad alcune persone la loro opinione. Molti hanno affermato di non essere superstiziosi, però alla domanda: «Porta con sé un amuleto?» le risposte sono state differenti fra loro, ma per lo più affermative. A coloro che custodiscono un pulcinella napoletano, il tradizionale corno, abbiamo chiesto il suo significato. Ci hanno risposto che è simbolo di potenza e successo, se viene attaccato fuori dalla por-

ta è considerato gesto di buon auspicio. Altri hanno motivato la loro risposta dicendo che è rappresentazione della vita che allontana ogni influenza maligna. IL QUADRIFOGLIO rimane il simbolo della fortuna e abbiamo scoperto che ognuna delle quattro foglie rappresenta l’amore, la fede, la speranza la fortuna. E se dovete fare un regalo? Abbiamo chiesto anche quale fosse il portafortuna più regalato e ricevuto e ci hanno risposto che è la coccinella. Infatti è metafora di bellezza e amore: fin dall’antichità, si pensava che la fortuna fosse tanto più grande quanto più numerosi erano i puntini dell’insetto. Così quando un piccolo insetto rosso vi si poserà sulla mano non fategli del male, ma contate i suoi puntini!

la redazione della III C... STUDENTI Rachele Alunno, Riccardo Basco, Gian Maria Bianchi, Mattia Bianchi, Elena Bizzelli, Sara Brogi, Giulia Burgassi, Leonardo Campriani, Federico Degano, Mihai Dumbrava, Erika Elia, Vio-

la Ferrini, Davide Giuliattini, Fabio Hysenaj, Tommaso Lo Franco, Caterina Luciani, Virginia Martinelli, Maria Stella Marzocchi, Gianmarco Mencaroni, Edoardo Maria Nicchi, Gianmaria Oliva, Maria Novella Palazzeschi, Andrea Paoli-

ni, Filippo Parati, Francesco Scilla, Irene Severi, Leonardo Stiatti INSEGNANTE Elisabetta Batini PRESIDE Alessandro Artini

SUPERSTIZIONE ZOOM

Anno bisestile? Più calcolo che sfortuna OGNI QUATTRO anni viene aggiunto un giorno in più al mese di Febbraio, ma vi siete mai chiesti il perché? Noi sì, ed essendo oggi Martedì 28, siamo andati a cercare delle informazioni in più su questo strano fenomeno. La spiegazione sta nel fatto che il computo degli uomini non è perfettamente esatto, poiché la Terra, per compiere un giro completo attorno al Sole, non impiega precisamente 365 giorni, ma 365 giorni, 48 minuti e 46 secondi. Questo fa sì che in un ciclo di 4 anni si debbano recuperare all’incirca 24 ore; tuttavia, non essendo 6 ore esatte la differenza da colmare ogni anno, aggiungendo un giorno a febbraio, accumuliamo altri minuti da smaltire. LA REGOLA imposta vuole che gli anni di inizio secolo (quelli che finiscono con 00), benché siano bisestili, lo diventano solo se divisibili per 400. Per chiarirvi le idee, facciamo un esempio recente: il 2000 è stato bisestile, proprio perché divisibile per 400; invece il 2100 cadrebbe come anno bisestile ma, non essendo divisibile per 400 non lo sarà. Forse non tutti sanno che i giorni dal 5 Ottobre al 14 Ottobre 1582 non sono mai esistiti. Infatti usando solo la regola del giorno aggiunto ogni 4 anni, come diceva il calendario giuliano, nel corso dei secoli ci siamo trovati avanti di 10 giorni. Per rimediare all’errore di calcolo, questi sono stati recuperati sul calendario decretando che il 5 Ottobre diventasse il 15. In questa data fu introdotto il nuovo calendario gregoriano, elaborato da Papa Gregorio. Ed è usato ancora oggi.


12 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012

Scuola Media

Garibaldi SUBBIANO-CAPOLONA SUBBIANO-CAPOLONA

«E’ così la vita da campioni» Intervista a Francesco Bellacci, giovane promessa del nuoto aretino OLTRE LO SPORT

Le Olimpiadi nate sulla scia di una guerra C’E’ UN SETTORE dello sport spesso ignorato dai mezzi di comunicazione e sponsor, quello delle paraolimpiadi, o «olimpiadi parallele», che si svolgono ogni 4 anni e che vedono la partecipazione di atleti con disabilità fisiche, visive o intellettuali: nacquero nel 1948 per i soldati della seconda guerra mondiale rimasti parzialmente paralizzati. Oggi comprendono dieci discipline sportive e contribuiscono positivamente a diffondere una nuova idea di sport, attenta ai valori umani, all’entusiasmo dei veri campioni senza il lato oscuro di interessi commerciali ed economici. LO STESSO SPIRITO di lealtà e sportività si ritrova nelle parole pronunciate ad ogni nuova olimpiade rispettivamente da un atleta e da un arbitro appartenenti al paese organizzatore, durante la cerimonia di apertura dei giochi olimpici. Reggendo la bandiera del loro paese, recitano questa promessa: «A nome di tutti i concorrenti, prometto che prenderemo parte a questi Giochi Olimpici rispettando e osservando le regole che li governano, impegnandoci nel vero spirito della sportività per uno sport senza doping e senza droghe, per la gloria dello sport e l’onore delle nostre squadre». «A nome di tutti i giudici e ufficiali di gara, prometto che adempiremo alle nostre funzioni in questi Giochi Olimpici con una completa imparzialità, rispettando e osservando le regole che li governano, nel vero spirito della sportività».

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minazione, riesci a trovare il tempo per lo studio. E’ una caratteristica di questo sport che insegna ad organizzare in modo efficente la vita quotidiana».

RANCESCO Bellacci è un campione di nuoto, sulla breccia anche a livello internazionale. Quanto ti alleni?

E il tempo libero?

«Mi alleno 9 volte alla settimana, un’ora e mezzo la mattina prima di andare a scuola e 2 ore e mezzo il pomeriggio. Lunedì, mercoledì e venerdì la mattina dalle 6.00 alle 7.30 ed il pomeriggio dalle 15.40 alle 17.40».

«Tra gli allenamenti e lo studio il tempo libero resta poco ma riesco a dedicarmi ad altri interessi: la chitarra, gli amici e la ragazza». In futuro continuerai a dedicarti al nuoto a livello professionale?

Stile preferito?

«Ovviamente si, mi auguro che nella mia carriera ci siano traguardi da raggiungere».

«Tutti gli stili sono belli, ma preferisco lo stile libero nelle gare di velocità che sono i 50 mt e 100 mt».

A quali importanti competizioni hai partecipato e parteciperai?

Quando hai cominciato a nuotare e a gareggiare?

«All’età di 5 anni ho imparato a nuotare; la prima esperienza in gara l’ho avuta a 7 anni». Hai nuotato con altri campioni?

«Ho avuto l’occasione di allenarmi e competere con atleti di valenza internazionale: Cullen Jones, Michael Phelps, Ryan Loctie, Ian Thorpe e inoltre i nostri campioni italiani: Rosolino, Magnini, Orsi e molti altri». Ti emozioni in gara?

«Da bambino l’emozione prende-

I RE DELLE VASCHE I campioni di nuoto nel disegno di Sofia Fiorucci

va il sopravvento e gareggiare diventava un’impresa molto ardua, adesso invece vedo le gare come un divertimento e un’occasione per competere con gli avversari».

«Ronny Olivotti fiorentino doc, severo ed esigente, sempre attento alla cura dei particolari tecnici». Idoli del nuoto?

Dove ti alleni?

«Il mio idolo è sempre stato il russo Alexander Popov campione olimpico della distanza veloce nello stile libero».

Chi ti allena?

«Se una cosa piace la fai con deter-

«Nella meravigliosa piscina di Subbiano: sono particolarmente affezionato alla struttura che è piccola e familiare che allo staff tecnico e agli amici di allenamento».

Come concili sport e impegni scolastici?

«Eccone alcune: campionati italiani giovanili ed assoluti dove ho vinto il titolo italiano juniores e mi sono piazzato al 12˚ posto nella graduatoria nazionale, campionati juniores di Belgrado sotto i colori della Nazionale dove ho conquistato l’oro con la 4x100 stile, campionati del mondo juniores di Lima dove ho ottenuto il 5˚ posto nella staffetta 4x100 stile, trofeo di Charlotte negli U S A dove ho disputato 3 finali. Nel futuro spero di gareggiare con la Nazionale assoluta di nuoto.

OLTRE LO SPORT INDAGINE SUI PERSONAGGI PIÙ PAGATI E SUGLI EFFETTI DELLA CRISI NELL’AGONISMO

Dai contratti da sogno ai...sogni bruciati

SOGNO D’ORO Illusioni e grandi contratti: disegno di Samuele Mori

LO SPORT è un’attività importante nella vita individuale e sociale, che racchiude in sé molti aspetti: si pratica per piacere personale; perché fa bene, perché aiuta a crescere sani e robusti da ragazzi, a conservare una buona forma fisica da adulti e ad invecchiare meglio; si pratica a livello agonistico e a tempo pieno, fino a farne una professione. Da una nostra indagine tra preadolescenti in effetti è emerso che, su 194 intervistati, 96 praticano sport (calcio, tennis, nuoto, pallavolo, rugby) a livello agonistico. Gli sport più seguiti dai tifosi corrispondono a quelli più pagati a livello professionale: nella classifica dei 10 atleti italiani più pagati del 2011 risultano 7 calciatori, 2 giocatori di basket dell’ NBA e, al primo posto, l’immancabile Valentino Rossi, con 15 milioni di euro. (Panorama.it.)

E’ evidente che alcuni sport sono privilegiati rispetto ad altri, ottengono più spazio nei mezzi di comunicazione e contratti più ricchi, grazie ai numerosi sponsor. A PROPOSITO di costi, contratti e investimenti sul futuro, a pochi mesi dalle Olimpiadi di Londra 2012, il mondo dello sport è stato scosso da una richiesta particolare, promossa e sostenuta da 60 campioni italiani, tra cui Francesco Totti, Valentino Rossi, Federica Pellegrini, Yuri Chechi, Josefa Idem e Deborah Compagnoni: ospitare a Roma le Olimpiadi del 2020. Il governo Monti, in questo momento di crisi e recessione, ha valutato la questione ma ha ritenuto inopportuno assumersi un incarico così azzardato, mostrando perplessità per i costi organizzativi della manifestazione, così questa speranza è sfumata.

la redazione della II B... STUDENTI Luca Berni, Sophia Bollori, Sofia Boschi, Manuel Capaccioli, Sonia Dell’Aversano, Marco Ferrini, Sofia Fiorucci, Niccolo’ Forni, Giada Fusci, Linda Ghezzi, Lorenzo Gio-

vacchini, Leonardo Grappolini, Matteo Grappolini, Cenan Haziri, Sofia Marzocchi, Noemi Micallef, Mirko Mori, Samuele Mori, Gilbert Ionut Mormoe, Francesco Ramaldi, Francesca Roggi.

INSEGNANTE Patrizia Donati PRESIDE Assunta Sorbini


CAMPIONATO GIORNALISMO 13

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012

Scuola Media

Severi AREZZO AREZZO

Assistenza sociale, arte di aiutare Amore, carità, speranza: basta poco per donare un sorriso

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ON TUTTI SANNO che molte più persone di quelle che pensiamo sono in grande difficoltà. Spesso le istituzioni statali, infatti, non sono in grado di dare una risposta efficace ai loro bisogni sempre più urgenti e chi sta bene non si rende conto di quanto basti poco per sentirsi persi in un mondo così complesso come quello odierno. E’ qui che entra in gioco l’assistenza sociale. Essa venne definita da Guy De Mechois come: «L’arte che utilizza la conoscenza e la scienza delle relazioni umane e l’abilità nello stabilire rapporti». Il servizio sociale s’impegna a favore di nobili scopi e valori, per aiutare la collettività. Viene svolto da volontari e assistenti sociali, operatori che, attraverso le proprie competenze e metodi specifici, offrono aiuto a individui o gruppi per rispondere alle loro necessità più impellenti. Questi operatori lavorano principalmente presso enti pubblici, aziende e istituti assistenziali e intervengono nei seguenti ambiti: minori, persone con problemi psico-sociali, disabili, immigrati ecc… Ad Arezzo ci sono vari centri di

LA VITA La solidarietà e l’amore in un disegno di Ilaria Dell’Artino

assistenza sociale (Centro accoglienza minori, Consultorio la famiglia, Associazione pronto donna ecc…) e uno dei principali e attivi è «Casa Thevenin». Questa è un’ associazione Onlus (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale) ed ha lo scopo di rimanere fedele allo spirito di servizio verso gli altri tanto desi-

derato dalla sua fondatrice: Suor Gabriella Thevenin. Proveniente dalla Francia, arrivò ad Arezzo nel 1861 per dare inizio alla nuova opera degli Asili Aliotti, di cui fu la prima Suor Servente. Grazie alla sua intelligenza e al suo spirito di carità riuscì subito a entrare nei cuori di quei piccoli bambini, che dopo un anno di at-

tività con la fondatrice, divennero circa centocinquanta. In quei primi anni di permanenza nella nostra città, notò che mancava un orfanotrofio che potesse accogliere le bambine e le ragazze bisognose la cui condizione era di costante emergenza. L’opera ebbe così successo che, nel 1928, il cav. Subiano donò alla causa il suo grande palazzo, in via Sassoverde 32, in cui ha sede ancora oggi. Oggi Casa Thevenin accoglie giovani madri con i loro bambini, bisognose di aiuto; ragazzi in difficoltà scolastica o familiare e donne in situazione di disagio, garantendo loro il mantenimento e un costante sostegno. Qualche giorno fa, il 17 febbraio, è stato inaugurato accanto a Casa Thevenin un nuovo servizio per donne in difficoltà, ma in grado di gestire anche i figli in autonomia: Shalom (in ebraico: pace). E’ stato messo loro a disposizione un piccolo appartamento che può ospitare fino a sei persone. Tante le associazioni e i privati (Comune, Diocesi e Fraternita dei Laici) che hanno contribuito a sostenere le spese del nuovo immobile con l’augurio che tante donne possano vivere tra loro in un bel clima di pace.

IL SOCIALE LE PAROLE DI CHI È IN CAMPO: SUOR ROSALBA SACCHI RACCONTA LA SUA LUNGA ESPERIENZA

«Mamme e bambini: è un istituto famiglia» ABBIAMO intervistato Suor Rosalba che ci ha accolto con grande disponibilità e semplicità! I suoi occhi brillavano e la voce era commossa, ci ha fatto sentire quanto è innamorata del Thevenin. Di cosa si occupa il Thevenin?

«Accoglienza residenziale o semiresidenziale di madri in difficoltà con i loro bambini e di minori. Interveniamo nelle situazioni di emergenza di donne segnalate dalla questura o dalle associazioni Un’altra strada o Pronto donna. L’Istituto è l’unica realtà di prima accoglienza per le situazioni di emergenza». Da quanto tempo si occupa di questo Istituto?

THEVENIN I valori dell’istituto nel disegno di Eleonora Hong

«Sono venuta per la prima volta negli anni ’70 a far visita alle suore perché mi occupavo di pastorale giovanile e me ne sono subito innamorata. Mi ha colpito molto vedere come ragazze e suore vivessero insieme. In cucina suor Rosalia che lasciava liberi i bambini dicendo: Questa è casa loro. Ho vissuto qui dal 1985 al 1988 e poi dal 1998 fino ad oggi».

Quante ragazze madre ci sono ad Arezzo?

«C’è posto per 6 mamme con i rispettivi bambini, poi ci sono 9 posti per i minori e 4\5 per il diurno». Da dove provengono i bambini e le mamme?

«Sono italiane, brasiliane, rumene, africane: l’Istituto accoglie tutti senza guardare colori o religioni». Di giorno cosa fanno le ragazze? E i bambini?

«I bambini vanno a scuola e le mamme al lavoro, le altre si prendono cura dei bambini più piccoli». Come vi finanziate?

«Il Comune paga una retta per ospite. Inoltre capita che arrivino offerte in cibo, vestiario o denaro». Quali persone operano al Thevenin?

«Ci sono alcuni operatori assunti, le cuoche, io e un’ altra suora, più volontari e servizio civile». Quale percorso seguono le ragazze per ritrovare una loro autonomia?

«Prima il lavoro e poi il ritorno a residenze esterne».

la redazione della III C... STUDENTI Zaira Amali, Alice Betti, Margherita Biondi, Chiara Bocchetti, Angela Bruni, Irene Chiaramonti, Vanessa Coleschi, Riccardo Cuccoli, Ilaria Dell’Artino, Alessio Guerri, Eleonara

Hong, Alexia Huang, Cristiana Lalletti, Sara Lunetti, Alex Mannelli, Tommaso Mezzacapo, Niccolò Minocci, Francesco Misuri, Jacopo Pineschi, Cristina Rinaldi, Michela Roda, Sofia Roselli, Marco Scatragli, Riccardo Tavanti,

Francesco Testi, Irene Tognalini, Alex Vlad. INSEGNANTE Catia Lucherini PRESIDE Rosella Elena Misuraca

SOCIALE UN CASO

Thevenin: un luogo per vivere

L’ISTITUTO Thevenin ha il compito di aiutare, mediante supporto fisico e psicologico, donne e bambini in situazioni di disagio. L’associazione fu fondata nel 1861 da Suor Gabriella Thevenin, in un primo momento intenzionata esclusivamente a creare un asilo infantile, ma in seguito furono ospitati nei ritrovi piccoli orfanelli, al fine di sopperire anche alla carenza di un orfanotrofio a tutti gli effetti per la nostra città. Attualmente, gli ospiti sono mutati, ma rimangono sempre vivi lo spirito di amore e l’affetto. ANCHE AI nostri giorni sono molte le giovani che si trovano nella condizione di «ragazza madre», ovvero che rimangono incinta durante il ‘’pazzo’’ periodo dell’adolescenza senza poi avere qualcuno che rimanga loro vicino; ecco che a questo punto interviene l’associazione, essa è d’aiuto per poter avere un tetto sopra la testa e un sostegno nell’esercitare la difficile ‘’arte’’ materna. Gli ospiti però possono provenire anche spesso da famiglie che lasciano in disparte i loro bambini. Per loro il Thevenin rappresenta un nuovo inizio, una nuova possibilità, che spesso diventa una seconda casa. Non c’è bisogno di sottolineare quanto sia fondamentale il periodo dell’infanzia sul piano dell’equilibrata formazione della persona. Viene naturale apprezzare il lavoro svolto dalle associazioni come il Thevenin, testimonianza dell’aiuto offerto alle persone più sfortunate, ed in particolare ai bambini, da sempre i più indifesi. In un certo senso, pensiamo che alcune di queste piccole vite siano risollevate da un’ancora di salvezza sulla quale sono incise le lettere ‘’I.T.’’(Istituto Thevenin).


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 6 MARZO 2012

Scuola Media

Severi AREZZO

Lo sport? Una scuola di vita Gli adolescenti lo amano, lo praticano e da esso possono imparare molto SPORT I RISVOLTI

Scommesse e doping: le pagine nere «L’HAI VISTA la partita di ieri sera?» «Sì, finita over anche quella!». Poche parole, una goccia nell’oceano di intercettazioni della polizia nella nuova indagine sul lato oscuro del calcio italiano, che ha portato alla luce un’amara realtà di partite truccate, di risultati falsati a scopo di lucro. E’ il caso delle scommesse clandestine, delle competizioni comprate o vendute per far trionfare la propria squadra o, peggio, per ottenere dei guadagni, magari a danno della propria formazione. Questo scandalo colpisce tutte le categorie, dalla serie A alla Lega Nazionale Dilettanti. Ma la frode nello sport non è purtroppo una novità: già nelle prime Olimpiadi, disputate in Grecia, la pratica sportiva pare fosse tutt’altro che leale! UN ALTRO aspetto negativo dello sport è il doping: gli atleti assumono sostanze dopanti e anabolizzanti che servono a non sentire la fatica e a migliorare le prestazioni fisiche. La cosa davvero sconcertante è che tale pratica si è diffusa anche tra i frequentatori di palestre e che in alcuni casi, purtroppo sempre più numerosi, anche ragazzi e giovanissimi ammettono di far uso di creatina o amminoacidi perché ritengono, spinti magari dai genitori, di «dover» arrivare in alto, costi quel che costi, e pensano che «chi è il primo è il migliore». I danni fisici e psichici possono essere irreparabili, e l’uso di queste sostanze può costituire un vero problema sociale come emergente dipendenza alla pari di alcool e droghe.

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O SPORT è un’attività molto importante per le persone di tutte le età, ma particolarmente per noi ragazzi. Quasi tutti noi adolescenti pratichiamo un’attività sportiva, che ci serve per muoverci in libertà ed è un mezzo straordinario non solo per allentare la tensione, ma anche per favorire il dialogo e fare amicizia. I giochi di squadra in particolare, rendendoci parte di un gruppo, migliorano il nostro carattere, ci fanno diventare più allegri, meno timidi e più generosi, per cui il nostro stato mentale e fisico ne risulta beneficiato. E’ vero che la pratica sportiva ha prima di tutto un valore ricreativo (sport è un’abbreviazione dell’inglese «disport», che significa divertimento), ma a questo valore se ne aggiungono altri, più importanti, che riguardano proprio il giusto equilibrio psico-fisico: quando siamo ragazzi il nostro corpo cresce e si sviluppa, e lo sport favorisce l’abitudine a una corretta alimentazione, migliora il nostro portamento, ci insegna a mantenere la schiena diritta e a non assumere posture sbagliate

SPORT E PACE I valori nel disegno di Adele Severi e Aurora Garbinesi

che rischiano di compromettere la nostra salute; inoltre esso esige da noi la lealtà, l’osservanza delle regole, il coraggio, la tenacia, il rispetto dell’avversario, lo spirito di sacrificio, la coerenza, la costanza. GRAZIE ALLO SPORT, noi ragazzi ci poniamo degli obiettivi, e

cerchiamo di raggiungerli attraverso il nostro impegno e la fiducia in noi stessi, come dovremmo fare in tutte le situazioni nelle quali ci imbattiamo. LA PRATICA sportiva, insomma, è una vera e propria scuola di vita, soprattutto per noi adolescenti, e per questo motivo l’edu-

cazione fisica ha una parte fondamentale nella nostra formazione già in ambito scolastico. Purtroppo l’agonismo esasperato che si verifica in certi sport professionistici ci fornisce dei modelli sbagliati. La ricerca del successo con qualunque mezzo è una vera e propria alterazione dei valori dello sport, che sono ben sintetizzati nella celeberrima frase di De Coubertin: «L’importante non è vincere ma partecipare. La cosa essenziale non è la vittoria, ma la certezza di essersi battuti bene». Tutti devono potersi dedicare a un’attività fisica, anche i meno dotati, e dobbiamo imparare a non escluderli; inoltre bisogna accettare verdetti e punizioni, anche se ci sembrano ingiusti. Oltre ad avere, dunque, un ruolo fondamentale nel trasformare noi ragazzi in adulti responsabili, lo sport ci aiuta a superare le differenze e ad essere aperti e accoglienti. Al di là delle diversità sociali, culturali, religiose, ideologiche, vi sono valori comuni e condivisibili: esempio emblematico di questo affratellamento fra i popoli sono proprio i giochi Olimpici.

SPORT E VITA INTERVISTA AL TALENTO DELLE PISCINE, UNA PROMESSA MONDIALE. «HO INIZIATO A 5 ANNI»

Bellacci: «Ecco come concilio scuola e nuoto» ABBIAMO POSTO alcune domande a Francesco Bellacci, giovane promessa del nuoto. Da quanti anni pratichi il nuoto, e cosa ti ha spinto a cominciare?

«Ho iniziato a 5 anni frequentando i classici corsi pomeridiani; è stata mia madre a iscrivermi, aveva problemi alla schiena e non voleva ne soffrissi anch’io».

Prima di affrontare una gara quali emozioni provi e a cosa pensi?

Quanto ti alleni?

«Dipende dalla difficoltà della competizione: se è un campionato ho bisogno di concentrazione, invece, se devo affrontare una gara meno impegnativa, sono spensierato e scherzo con i miei compagni».

Come concili il nuoto con lo studio?

«Grazie allo sport ho imparato a organizzare la giornata, a fare nuove amicizie, a pormi degli obiettivi, a essere umile con gli avversari e molto tenace».

«Nove volte alla settimana: 3 la mattina dalle 6 alle 7 e 30, prima di andare a scuola, e dalle 15 alle 17 e 40 il pomeriggio; inoltre 3 giorni a settimana vado in palestra per mantenere la forma fisica».

SUL PODIO Francesco Bellacci (a destra) oro agli europei juniores

raggiunto?

«Un bronzo, un argento, un premio di categoria. Poi è arrivata la medaglia d’oro nella staffetta 4x100 ai Campionati Europei Juniores a Belgrado e il quinto posto ai mondiali a Lima».

«Frequento con profitto l’ultimo anno dell’Itis. Essendo molto impegnato con gli allenamenti, posso dedicare solamente un’ora e mezzo allo studio. Il segreto? Stare sempre attenti durante le lezioni e ottimizzare il tempo. Si può!». Quali sono i traguardi più importanti che hai

Quali valori ti ha trasmesso lo sport?

I tuoi progetti?

«Andare a studiare in America, dove lo sport conta molto più che in Italia». Grazie Francesco, e in bocca al lupo!

la redazione della III D... STUDENTI Eleonora Bichi, Lorenzo Bindi, Ionelia Cristina Calita, Elisa Caneschi, Andrea Casi, Andrea Casini, Matteo Cini, Chiara Corsano, Giacomo Denna, Maurizio Detti, Loren-

zo Domini, Lorenzo Ferrari, Marta Frasconi, Federica Gallorini, Aurora Garbinesi, Gabriele Giusti, Erika Lancia, Giacomo Lisi, Nicola Mafucci, Michele Quinti, Martina Sani, Adele Severi, Serena Spadini, Chiara

Ticino Neri. INSEGNANTI Linda Seren, Daniela Bonoli. PRESIDE Rosella Elena Misuraca


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 6 MARZO 2012

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Scuola Media

Unificata SANSEPOLCRO

Appuntamento con la storia! Il borgo e la sua cattedrale compiono mille anni: viaggio nel tempo

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ON POTEVAMO perdere l’occasione per dare il nostro contributo al MILLENARIO! Il 2012 è un anno importante per Sansepolcro che festeggia proprio il millennio della città e del Duomo che fu fondato nel 1012. Circa 50 eventi dedicati all’arte, alla cultura, all’economia e molto altro caratterizzano l’anno. Dal presepe di Santa Marta, della Rionale Porta Romana, appositamente dedicato al Millenario, al restauro del fonte battesimale del Duomo, al Palio della Balestra straordinario che l’associazione Balestrieri istituirà in data ancora da definire; ma l’evento più atteso rimane la visita del Papa. Verrà istituito inoltre il premio «Città di Sansepolcro» che sarà assegnato a una persona nel campo dell’arte, della cultura, dell’economia o della politica. Abbiamo incontrato Giuliana Maggini, esponente eminente del Comitato istituito per questa ricorrenza e ci ha illustrato sapientemente, ma con semplicità, tanti aspetti importanti della nascita e sviluppo della nostra città! Si pone in genere intorno alla metà del X secolo il periodo in cui Egidio e Arcano, venendo dal San-

MILLE ANNI La Cappella di San Leonardo, nel chiostro del Vescovado

to Sepolcro con le reliquie di Gerusalemme, si fermarono presso una fonte, in questa valle, detta di Nocea, nella piana del Tevere, e qui rimasero. Costruirono una povera capanna e un piccolo oratorio dedicato a san Leonardo, riferimento per abitanti e viandanti. LA CHIESA che fu poi eretta dal

1012, dedicata allora al Santo Sepolcro e ai Santi Evangelisti, fu in realtà un’Abbazia con annesso monastero, dapprima forse benedettina, poi camaldolese. I signorotti locali decisero, secondo la tradizione, di lasciare i loro castelli venendo ad abitare nel nuovo borgo, così come la scarsa popolazione del circondario.

L’Abbazia godeva di privilegi ed era sotto la protezione imperiale. Gli abati ebbero tensioni sia con il potere civile che con il vescovo di Città di Castello, nella cui diocesi si trovava il monastero, finché nel 1520 Papa Leone X eresse il territorio di Sansepolcro a diocesi. Fu in questa occasione che il Borgo diventò «città». L’ultimo abate, Galeotto Graziani, diventò il primo vescovo di Sansepolcro! Che poi le origini del Borgo siano più antiche, dalla «Biturgia» etrusca all’insediamento romano quale nodo viario verso l’Adriatico, alla presenza di tracce gotico-longobarde, è un altro dibattito. Una cosa è certa: la vita della città comincia realmente con la sua Chiesa. Inoltre, il nome della città stessa (unica al mondo!), l’essere ritenuta una nuova Gerusalemme sulle rive del Tevere, il suo stemma – da sempre il sepolcro – e perfino la presenza del Volto Santo, una sacra icona, rimandano ai pellegrinaggi, del Medio Evo. Il millenario si basa sul dato più certo che possa esserci, il Duomo! Il logo, opera di Stefano Camaiti sintetizza questa storia: i due pellegrini, la fonte, il potere civile e quello religioso.

L’ANNO DELLA STORIA DON ALBERTO GALLORINI E LA VISITA DI BENEDETTO XVI A SANSEPOLCRO

«Aspettiamo il Papa per la grande festa» E’ D’OBBLIGO intervistare don Alberto Gallorini, Arciprete del Duomo di Sansepolcro, anima e referente diocesano delle celebrazioni del Millennio. Don Alberto, quali eventi sono previsti per il Millenario del Duomo e della città di Sansepolcro?

«Tanti, ma fra tutti spicca la visita del Papa, il 13 maggio. E il 1˚ settembre, giorno fondamentale del “millennio”, è la ricorrenza anche del giorno in cui il Duomo, da abbazia è diventato cattedrale e sarà il giorno della fondazione della Caritas interparrocchiale». Dunque è prevista la visita del Papa…

IL LOGO Ecco il simbolo del millenario del Borgo e del Duomo

«Sarà una visita velocissima di circa un’ora, ma molto significativa per Sansepolcro, verrà in Duomo per celebrare una preghiera al Volto Santo e fare un breve discorso in piazza! Come si prepara la diocesi per accogliere il Papa? In tre modi: con la preghiera, la catechesi e la carità!». Nell’ambito del territorio di Sansepolcro, do-

po mille anni di storia e religiosità, lei come vede il futuro di noi giovani per i prossimi anni?

«Se i giovani vogliono rimanere giovani e si impegneranno seriamente li attenderà un futuro bello e pieno di speranza e soddisfazioni. Tutto è nelle loro mani e si può dire nella loro testa». Secondo lei, la comunità biturgense sta partecipando attivamente alle attività del millenario?

«Tanti partecipano, comprese scuole e associazioni. Nella gente questo evento sta suscitando tanto interesse … e riporta alle radici!». Con l’evento del millenario quali obiettivi si pone la diocesi?

«Il Vescovo dice che Sansepolcro è la nuova Gerusalemme per via della sua storia: Gerusalemme significa pace e giustizia e questo si può ritrovare nella storia di Sansepolcro. L’obiettivo è una ripresa della fede e far valere quel significato di pace e giustizia che caratterizza Sansepolcro».

la redazione delle classi miste... STUDENTI III A: Leonardo Magi, Niccolò Tosato; III B: Martina Baracchi, Letizia Boncompagni, Angelica Carboni, Angelo Carrino, Lorenzo Catacchini, Beatrice Cruciani, Cristina Dudau, Eleonora Polenzani, Tommaso Ricci, Benedetta Signorelli;

III C: Anna Boncompagni, Anna Duranti, Lorenza Giorgi, Flavius Meghes; III D: Alessandro Cherubini, Giulia Panicucci, Francesca Zanchi; III F: Aurora Betti, Sara Frammartino, Rachele Innocenti, Elisabetta Rossi; III G: Francesca Caroscioli, Michelle Likaj, Martina Mancini; II A:

Valentina Livi, Veronica Memonti. INSEGNANTE Alfredo Socali PRESIDE Secondo Borghesi

LA STORIA I DATI

Un’antica fonte racconta la fondazione UNA FONTE racconta… «Come nell’anno 937 essendo passati per il territorio del Borgo S. Sepolcro, allora disabitato, due Santi Pellegrini, Egidio ed Arcano, uno greco l’altro spagnolo, in quella si trattennero: ed essendosi sparsa da vicino e da lontano la fama di loro santità, per i miracoli operati, -come dalle istorie- per le sante reliquie portate dalla Terra Santa, diversi Signori, padroni di feudi, nobili concorsi ai miracoli, fecero edificare case e torri, esistenti ancora in gran parte, per fortilizi e fu fabbricata la prima chiesa detta del monacato, ch’è nel claustro del palazzo vescovile, la quale fin da allora è di padronato della famiglia de’ Gherardi, e di poi formarono unitamente tra loro la terra del Borgo S.Sepolcro, vicino a detta chiesa, che si dilatò per opera di nobili concorsivi» (Memorie civili della Comunità, Serie XXX, Filza 2; pubblicata in A. SOCALI, Sansepolcro e il suo territorio dall’Ancièn Régime all’Impero Napoleonico). COSÌ NARRA una lettera del 18 settembre 1777 del Gonfaloniere Francesco Pichi al Granduca che voleva ribadire, nel contesto del riordino amministrativo di Pietro Leopoldo, la nobiltà della città! Il nostro professore ci ricorda poi che il piccolo oratorio dedicato a san Leonardo, individuato nella cappella detta Monacato, fu inglobato poi nella chiesa che si cominciò a costruire appunto nel 1012.


12 CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 7 MARZO 2012

Scuola Media

Masaccio SAN GIOVANNI

La moda passa, le stravaganze no Viaggio nell’evoluzione del settore. E certi «vezzi» storici ritornano MODA & C. I RISVOLTI

Dietro ai segni la divisione in gruppi I GIOVANI seguono la moda o la moda segue i giovani? Molti ragazzi prediligono il casual, l’improvvisazione senza condizionamenti, ma in generale la maggioranza segue i dettami di stile delle grandi industrie tessili. Alcuni gruppi giovanili però sono facilmente riconoscibili dal loro abbigliamento che, volendo per forza distinguersi dalla massa, finisce per essere...un’uniforme! I dark ad esempio, insistono molto su dettagli neogotici come lo smalto nero, le borchie, le catene, il trucco scuro e pesante sulla pelle pallida, ma si differenziano dai metal perché questi indossano pantaloni e giubbotti di pelle e calzano gli anfibi, mentre i punk rifiutano tutti i canoni della moda stessa e dando origine a molti sottostili. I RAGAZZI vestiti superfirmati e che frequentano abitualmente le discoteche più in sono detti truzzi, mentre le vamp sono le ragazze eccentriche e molto appariscenti che si atteggiano a dive; ci sono inoltre gli emo, che portano jeans aderentissimi, una maglietta con l’immagine della band preferita, scarpe da skater, si truccano pesantemente e portano una lunga frangia asimmetrica. In Giappone è nato uno stile stranissimo che si chiama Gothic Lolita, molto simile al Ganguro style; entrambi si rifanno ai famosissimi cartoni del Sol levante con un effetto decisamente appariscente e un po’ eccentrico...e talvolta persino ridicolo!

E’

BUFFA LA MODA di oggi, ci presenta i bermuda con la giacca, gli stivali d’estate, i tacchi di 20 centimetri, i capelli verdi, il mascara per gli uomini, le extensions (che una volta si chiamavano «capelli posticci») e tante altre cose stravaganti che ci possono far sorridere! Eppure, se tornassimo indietro nel tempo, troveremmo cose altrettanto stravaganti. Abbiamo ripercorso la storia dai suoi inizi alla ricerca delle stranezze dell’abbigliamento nei secoli e abbiamo fatto una scoperta sorprendente: tutto si ripresenta ciclicamente, quindi non buttate via nulla perché può sempre tornare in auge. Ad esempio, all’epoca dell’antica Roma le acconciature femminili erano di gran lunga più stravaganti di quelle che quest’estate faranno furore sulle spiagge italiane; poiché le matrone impazzivano per i capelli biondi, le povere schiave germaniche dovevano tagliare le loro chiome per farne parrucche da vendere nell’Urbe. Durante il Medioevo le dame possedevano nei loro bauli tutta una serie di maniche di ricambio da

la testa staccata dal busto. Gli uomini del Settecento si truccavano come le donne, si dipingevano i nei sulle guance e portavano parrucche incipriate con codini e ai piedi calzavano scarpe con fiocchi e tacchi.

LA MODA RITORNA Le stravaganze viste da Tiziana Bonura

agganciare agli abiti (deriverà da qui il detto «è tutto un altro paio di maniche»?) per rinnovarli e farli sembrare di volta in volta diversi.

li sormontate da gabbie per uccelli, fiori d’ogni tipo e addirittura velieri e carrozze; forse era problematico passare dalle porte di Versailles ma per il look si fa di tutto!

E CHE DIRE di Maria Antonietta regina di Francia? Aveva un parrucchiere personale che le costruiva acconciature monumenta-

POCO DOPO caddero molte teste e le parigine lanciarono la moda del nastro rosso detto «alla ghigliottina» per imitare il segno del-

NELL’OTTOCENTO i busti stringevano la vita delle signore causando svenimenti e dolori e i mutandoni arrivavano al polpaccio per coprire tutto ciò che era considerato vergognoso esibire. Gli uomini tenevano nei cassetti una serie di polsini e colletti da cambiare quotidianamente per risparmiare il lavaggio delle camicie e i loro calzettoni stavano su grazie alle giarrettiere! E alzi la mano chi non ha riso davanti alle frangette dei mitici Beatles, il quartetto di Liverpool che cantava sì canzoni bellissime, ma indossava giacchettine striminzite e stivaletti stretti stretti, o di fronte alle camicie psichedeliche dei Rolling Stones, tutti truccati e pieni di collane e braccialetti. Vogliamo chiudere in bellezza? Pensiamo a Lady Gaga.....avanti, chi se la sente di imitarla?

MODA E DINTORNI QUANDO I GUSTI POSSONO AIUTARE AD ESPRIMERE ANCHE LA PERSONALITÀ’

Tutti in uniforme per il look? No, grazie!

GIOVANI Modelli per ventenni: un disegno di Tiziana Bonura

PARLANDO TRA NOI ci siamo accorti di quanto influisca la moda nel modo di relazionarsi e perfino di pensare: siamo tutti vestiti con felpe, jeans, piumini e scarpe da ginnastica, faremmo follie per l’ultimo oggetto di moda ma....con grande sorpresa ci siamo accorti di essere oggetti e non soggetti di stile. Allora ci siamo chiesti: è meglio essere uguali agli altri oppure diversi dal gruppo per esprimere la propria personalità? Forse potremmo mettere tutti d’accordo indossando qualcosa di simile agli altri che ci renda uniti e parte di un gruppo ma interpretandolo in modo personale. E’ vero poi che «l’essenziale è invisibile agli occhi» e che apparire non equivale ad essere, ma ciò che abbiamo dentro può comunque essere trasmesso attraverso il nostro stile personalissimo; cosa sarebbe Audrey Hepburn senza il tubino nero di «Cola-

zione da Tiffany» che segnò lo stile di un’epoca, o Marilyn Monroe senza l’abito svolazzante di «Quando la moglie è in vacanza», o Keanu Reeves senza il completo scuro e gli occhiali da sole di Matrix? L’abito allora deve rappresentare il nostro personaggio più vero, cioè noi stessi espressi al meglio, senza soffocare ed appiattire la nostra personalità. DALLE DISCUSSIONI in classe è venuto fuori che per dominare la moda e non essere dominati dalle mode bisogna avere il coraggio di indossare qualcosa che sia vicino al nostro carattere in maniera che comunichi senza parlare. Il problema infatti non è aver timore di mostrare la propria personalità ma non averne una per uniformarsi al branco e alla massa di persone così uguali da sembrare clonate.

la redazione della III A... STUDENTI Viola Balbetti, Asllan Berisha, Tiziana Bonura, Elisa Cannelli, Alice Del Bianco, Lemuel Demian Garofalo, Jessica Latorre, Elisabetta Lista, Luciano Llupi, Katia Maka-

rava, Giacomo Maleci, Oumaima Mouhamech, Mariam Naciri, Yassin Naciri, Alessia Napolitano, Noemi Orso, Maria Teresa Spinosa, Ludovica Tempi, Alessandra Tesoriere

INSEGNANTE Letizia Ferrarese PRESIDE Edoardo Verdiani


CAMPIONATO GIORNALISMO 13

MERCOLEDÌ 7 MARZO 2012

Scuola Media

Martiri Civitella BADIA BADIA AL AL PINO PINO

Animali, stop all’abbandono Violenze e maltrattamenti di tutti i tipi. La tragica vicenda di Violet

V

IOLET E’ UNA dolcissima cagnetta di quattro anni. È arrivata in uno dei tanti canili romani nel giugno del 2010, quando era piccolissima, insieme ad altri cinque cuccioli, per una brutta storia di maltrattamento. È stata sequestrata ad un individuo che la teneva segregata in una gabbietta minuscola, con acqua ristagnante da bere: il mangiare che le veniva dato era fonte di litigio con gli altri. Quando i volontari e le forze dell’ordine sono andati a prenderli, ai loro occhi si è presentata una visione straziante: i cuccioli erano feriti, scheletrici e non sapevano quasi camminare. Portati al canile sono stati curati e nutriti. Adesso Violet è diventata bellissima e la sua grande passione è correre per tutto il rifugio. La storia di Violet è una storia a lieto fine, ma quanti cani come lei non vengono salvati? E il problema del maltrattamento è solo una delle tante forme di violenza che subiscono i nostri amici a quattro zampe. Pensiamo a quanti animali vengono abbandonati, a quanti finiscono nella rete dei combatti-

APPELLO E POESIA Disegno e versi in tutela degli animali

menti clandestini, organizzati dalla malavita, o peggio ancora usati come oggetto di crudeli sperimenti. SI CALCOLA che ogni anno vengono lasciati per strada circa 100.000 cani e questo si verifica soprattutto nel periodo estivo, tra giugno e agosto. L’abbandono, pe-

rò, non è un fenomeno che riguarda solo cani o gatti ma anche animali di altri tipi: conigli nani, pesci, uccelli, criceti, asini, tartarughe, furetti, iguana e porcellini d’india. NON MANCANO, infine, gli animali esotici, come i rettili, che abbandonati in parchi o corsi d’ac-

qua possono causare danni irreparabili alla flora e alla fauna tipica del nostro territorio. Chi abbandona un animale rischia la galera perché, come afferma la legge 189 del 2004, abbandonare un animale può comportare anche rendersi responsabili di omicidi colposi: sono molti infatti i cani che abbandonati sulla strada provocano incidenti. Il carcere può arrivare fino al massimo di un anno e le multe variano da 1.000 a 10.000 euro. Queste leggi, però, per essere ben applicate hanno bisogno di tutti noi: se si vedono commettere reati di questo tipo bisogna denunciare e non ignorare! Prima di comprare un animale sarebbe meglio valutare con responsabilità le conseguenze delle proprie scelte, mentre purtroppo spesso vengono considerati dei giocattoli da usare, finché divertenti, e da gettare quando diventati un impiccio ed un impegno. Le persone che hanno questo comportamento rifiutano la vera amicizia che solo un animale può dare all’uomo, perché lui ti accetta per come sei. Forse la bestia non è l’animale ma chi l’abbandona.

PROGETTI L’IPPOTERAPIA APPRODERA’ PRESTO AD AREZZO GRAZIE AL CENTRO DI EQUITAZIONE

Un cavallo per aiutare disabili di tutte le età

IPPOTERAPIA I cavalli aiutano nei corsi per disabili

IL CENTRO di Equitazione di Arezzo (località San Zeno) è ormai un punto di riferimento nel territorio per tutti coloro che amano il mondo dei cavalli. Oggi nasce l’idea di organizzare attività di ippoterapia, attraverso un progetto realizzato in collaborazione con il centro di Agazzi. Ma che cosa è l’ippoterapia? Detta anche «terapia per mezzo del cavallo», è quell’insieme di tecniche e attività che utilizzano il cavallo per migliorare lo stato di salute di un essere umano. Essa è rivolta a tutte le persone che hanno disabilità fisiche o mentali, ma risulta particolarmente adatta per giovani e adolescenti. L’ippoterapia è solo il primo momento di un processo terapeutico che prevede quattro fasi: ippoterapia, rieducazione tramite l’equitazione, presport e sport, con inserimento nei centri sportivi

tradizionali. L’ippoterapia si svolge esclusivamente con l’ausilio del cavallo che con il suo calore e il suo movimento permette al disabile una regolazione del tono muscolare, un controllo dell’equilibrio e una migliore coordinazione. AD ESEMPIO, è importante acquisire la capacità di stare seduto in sella e guidare il proprio cavallo, organizzando i movimenti per farlo muovere correttamente. I vantaggi dell’ippoterapia non sono solo fisici ma anche psicologici. La soddisfazione di riuscire a comunicare con l’animale spinge a raggiungere sempre nuovi successi, aiuta a sviluppare l’attenzione, la concentrazione e la memoria, e a prendere maggiore consapevolezza di sé e delle proprie possibilità di agire e reagire. Ancora una volta lo sport si distingue per il suo alto valore educativo!

la redazione della II A... STUDENTI Francesca Balsimini, Lisa Benigni, Alessandro Bernardoni, Eleonora Bianchini, Vittoria Bulletti, Giulia Caccialupi, Leonardo Crulli, Mirko Galassi, Sofia Gallorini, Fatima Houb-

bad, Ramize Krasniki, Alessandro Lorenzani, Jessica Lorenzani, Jordan Mannelli, Gabriele Mantova, Sofia Mori, Luigi Negri, Aurora Parenti, Marco Pela, Ilaria Rosadi, Niccolò Santini, Jacopo Tonioni, Manuel Tur-

chi, Michael Turchi, Natasha Valli. INSEGNANTE Chiara Savini PRESIDE Domenico Sarracino

ANIMALI INTERVISTA

In soccorso dei cani che soffrono DA SEMPRE nel mondo vengono abbandonati e maltrattati, ma grazie ad associazioni e canili molti cani si salvano. Uno di questi è il canile di Lucignano che viene gestito da un gruppo di volontarie che si sono prese l’impegno di curare cani in gravi condizioni. Le spese del canile vengono sostenute grazie al lavoro gratuito dei volontari che vi collaborano, ma anche grazie a tutte quelle persone che portano cibo, piccole offerte e che partecipano ai vari eventi che il canile organizza, come cene o mercatini. I cani che vengono trovati abbandonati sono sempre molto spaventati, perché sono stati maltrattati. Lo stato della loro salute dipende molto da come erano tenuti prima dell’abbandono e dal periodo dell’anno in cui si trovano da soli. «Il numero dei cani abbandonati aumenta nei periodi festivi come le vacanze estive e quelle natalizie». Questo è quello che dice Nicoletta, volontaria del canile di Lucignano. I CANI che vengono accolti nel canile hanno tante necessità: cibo, coperte, cure veterinarie. L’obbiettivo principale dei volontari è quello di trovare famiglie ai cani. Prima di affidare un cane a delle persone gli aspiranti «genitori» devono, però, farsi conoscere dalle volontarie. E’ sempre Nicoletta a spiegarci come funziona: «Noi rivolgiamo loro domande, andiamo a controllare il luogo dove il cane dovrebbe andare ad abitare, lo stato di igiene e altro. Dopo che il cane è stato affidato alla nuova famiglia, andiamo a fare controlli a sorpresa: se riscontriamo situazioni non adatte possiamo anche togliere l’affidamento». Tutto questo a norma di legge.


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 8 MARZO 2012

Scuola Media

IV Novembre AREZZO

Le regine dell’ oceano Dal Titanic al Costa Concordia: cento anni dopo la storia si ripete TRAGEDIE ZOOM

Tanto lusso ma poca sicurezza

DOPO IL NAUFRAGIO del Titanic si è subito cercato di rendere più sicure le navi, usando però le tecnologie arretrate dei primi del novecento. Il bisogno di dare più sicurezza fu ritenuto necessario poiché il Titanic non era la prima nave che subiva incidenti per mancanza di oggetti e soprattutto di strumenti adatti. A 100 anni dal naufragio del transatlantico la sicurezza completa non c’è ancora. In questi ultimi mesi abbiamo assistito a due incidenti, la Concordia prima e l’ Allegra poi che ha subito un incendio al largo dell’India dove è rimasta qualche giorno. Per fortuna i passeggeri dell’Allegra sono sani e salvi, diverso destino per i 25 defunti della Concordia. Molti iniziano a preoccuparsi poiché tutti e due i recenti incidenti sono accaduti a navi della stessa compagnia, una delle compagnie italiane che offrono navi enormi e lussuosissime. Oggi ci chiediamo: siamo riusciti a ottenere auto che si parcheggiano da sole con tecnologie all’avanguardia incorporate e telefoni che funzionano quasi da televisione. MA ALLORA perché abbiamo ancora paura ad andare in crociera quando in tutti gli altri campi la tecnologia che abbiamo è usata al meglio? Riusciremo mai ad avere navi lussuose, ma allo stesso tempo sicure al cento x cento? Magari potremmo impegnare più tecnologie sulle navi invece che sui tablet e sugli smartphone anche se sappiamo che ogni ragazzo ne va matto. Intanto ci ha pensato il governo italiano con una proposta di legge per evitare l’avvicinamento eccessivo delle grandi navi alle coste e alle aree protette.

L

A STORIA DELLA navigazione è ricca di avvenimenti che l’hanno resa famosa. Due tra quelli che colpiscono di più sono sicuramente la vicenda del Titanic e quella della Concordia. Queste due «regine» hanno avuto uno stesso destino: entrambe sono affondate dopo aver colpito due «figli del mare». Tutte e due sono storie tragiche in cui tantissime persone hanno perso la vita. La storia del Titanic inizia e finisce nel mese di aprile del 1912. Quest’imponente transatlantico parte dal porto di Southampton il 10 aprile con a bordo 2223 persone. A quei tempi era considerato un vero e proprio albergo sul mare, disponeva infatti di opere fatte dai migliori artigiani che lo rendevano il più lussuoso oggetto in movimento di quell’epoca. Ma il destino sembrava già segnato: infatti nella festa di inaugurazione il tappo dello champagne non si aprì, presagio di malaugurio per la navigazione. Poi poco dopo aver lasciato il porto quasi si scontrò con la nave lì ormeggiata «New York». Per i fan dell’imbarcazione questo poteva rendere la

ad entrare nello scafo fino a quando si inclina. La nave però, essendosi trovata in bassi fondali, non sprofonda negli abissi come il Titanic. Dopo il racconto di queste due storie viene da chiedersi: se fossi stato sul ponte di comando del Titanic o della Concordia la sera dell’ affondamento, cosa avrei fatto? Oppure quale persona avrei salutato per ultimo? Non auguriamo al caro lettore di doversi porre queste domande.

DUE TRAGEDIE Il Titanica e la Concordia viste da Lorenzo Franchi

nave ancora più famosa. Ma si sbagliavano. INFATTI ALLE 23.40 del 14 aprile 1912 il Titanic urtò un iceberg nel nord dell’oceano Atlantico vicino a Terranuova. L’impatto cominciò a far entrare acqua nello scafo condannando la nave ad affondare.

STORIA DIVERSA è per la Costa Concordia. La nave diversamente dal Titanic durò molto più di quattro giorni: la sua storia inizia nel 2006 quando viene inaugurata. La sciagura avviene nel gennaio 2012 quando, dopo esseri avvicinata troppo alla costa, colpisce il fianco di uno scoglio e anche in questo caso l’acqua inizia

OGGI QUESTE due navi fanno sorgere ancora discussioni. Molti si chiedono le motivazioni delle azioni del comandante Schettino, perché navigasse così vicino alla costa del del Giglio o come deve essersi sentito invece il capitano Edward Smith al suo ultimo viaggio prima della pensione alle redini del Titanic, che commise l’errore di non considerare gli allarmi iceberg inviati dalle altre navi. Non esisterà mai più una nave imponente come la Concordia o lussuosa come il Titanic? Mai più delle navi come quelle solcheranno gli oceani? Certo è che rimarranno per sempre nella mente di ognuno di noi.

TRAGEDIE DEL MARE RESPONSABILITÀ DAL 1912 A OGGI. NESSUNO HA DIRITTO DI ABBANDONARE LA NAVE

Ma gli errori a bordo si potevano evitare?

CASO SCIALUPPE Un errore tecnico o umano?

QUAL E’ LA DOMANDA che ogni genitore ci fa quando sbagliamo qualcosa? Ovvio: «Chi è il responsabile?». Questa frase calza a pennello nelle storie del Titanic e della Concordia. Infatti sotto questi due incidenti fatali c’è lo zampino dell’uomo. Nel Titanic troviamo come principale imputato Bruce Ismay, amministratore delegato della White star line. Egli infatti respinse la proposta del costruttore capo Thomas Andrewus di disporre di più scialuppe che bastassero per ogni persona sulla nave, dicendo che esse rendevano la stessa meno spaziosa. Il Titanic disponeva di 16 scialuppe che potevano contenere 64 persone ciascuna. Questa riduzione fu messa in atto anche perché molti ritenevano il Titanic inaffondabile. Sempre riguardo alle scialuppe, gli ufficiali di bordo durante l’evacuazione non le riempirono completamente. Il tragico erro-

re è però legato all’attrezzatura: le vedette non furono fornite di binocoli, così che durante la notte con scarsa visibilità non avvistarono in tempo l’iceberg. DALLA FESTA degli errori non escludiamo certo la Concordia. Infatti gli errori di cui più si parla sono quelli di far navigare il transatlantico così vicino alla costa, ma soprattutto l’abbandono della nave da parte del comandante Schettino facendo sì che a coordinare l’evacuazione fossero i cuochi. La riflessione che sorge è che a pagare con la vita non sono stati i diretti responsabili, ma i passeggeri ignari. Nella vita noi ragazzi non abbiamo grandi responsabilità, ma questo non vuol dire che nel nostro piccolo abbiamo il diritto di abbandonare «la nostra nave» e lasciare tutto sulle spalle degli altri.

la redazione della II G... STUDENTI Refik Agushi, Usama Amjad, Albert Asfandiyarov Bulletti, Francesca Bellino, Sumaira Butt, Florinel Ionut Calugaru, Giammaria Carresi, Filippo Casini, Eva De Risi, Ni-

colo’ Ferrara, Lorenzo Franchi, Sofia Germani, Martina Ghiandai, Elena Isnenghi, Davide Mariottini, Roman Pershin, Maria Theresita Pescador, Rezeile Quirit, Federico Rapini, Emily Romani, Veronica Rufini,

Iacopo Styan, Lorenzo Terziani. INSEGNANTE Elisabetta Batini PRESIDE Alessandro Artini


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 8 MARZO 2012

Scuola Media

Giovanni XXIII TERRANUOVA

Nozze d’oro con la scuola media L’istituto di Terranuova compie 50 anni: un appello agli alunni del 1962

S

ONO GIÀ PASSATI 50 anni da quando nel 1962, come racconta il preside di allora, il professore Noreno Tamantini, veniva approvata la legge istitutiva della nuova scuola media unificata sperimentale a Terranuova. Fu un grande sollievo per tutte le famiglie del paese i cui figli avrebbero frequentato la scuola media, finalmente non dovevano più viaggiare fino a Montevarchi e a San Giovanni Valdarno per andare a scuola. Infatti, fino al 1962, tutti gli alunni che uscivano dalla quinta elementare potevano scegliere tra la scuola media o la scuola di avviamento al lavoro. Però , fino a quell’anno , i ragazzi dovevano sostenere un esame d’ammissione abbastanza impegnativo, inoltre, fin dalla classe prima , come materia obbligatoria, c’era il latino. Di sicuro dalla maggioranza dei Terranuovesi la scuola media fu accolta con molto entusiasmo,oltre alla vicinanza, la legge aveva tolto l’obbligo del latino. Tuttavia alcune famiglie, forse perché legate alla tradizione continuarono a mandare i figli alla

PIONIERI Gli alunni del ’62, in terza media , col preside e gli insegnanti

scuola di Montevarchi. NELL’ANNO 1963/64 le classi di scuola media erano già sei ( quattro prime, una seconda e una terza) e gli alunni 138. Il numero degli insegnanti salì a 20. Poi si ebbe sempre un leggero aumento fino a raggiungere il traguardo di quindici classi e 300 alunni. Intor-

no agli anni 70, poi si costruì il nuovo edificio, che è quello che ospita l’attuale scuola media. QUALCHE ANNO dopo furono resi agibili l’ampia palestra e i campi all’aperto. Così, dopo lunghi anni di attesa, il nostro Istituto poté vantare una sistemazione di prim’ordine in uno degli edifi-

ci più belli della provincia. Sempre intorno a quegli anni fu introdotta a scuola l’ esperienza di integrazione, meglio conosciuta come «Tempo Pieno», in sostituzione del doposcuola. Attualmente la nostra scuola media, o secondaria di primo grado, conta 305 alunni, suddivisi in 13 classi , con 36 insegnanti. Un appello a tutti i lettori: come è stato fatto nell’anno 1987, in occasione dei 25 anni della scuola media, gli alunni e gli insegnanti di allora festeggiarono l’avvenimento con interviste e ricerche di foto o altro materiale, per conoscere la storia della scuola; anche noi alunni del 2012, cerchiamo di approfondire la conoscenza di questo piccolo spaccato di storia locale, raccogliendo tutto il materiale che quegli alunni del 1962, ormai sessantenni, ci possono fornire. A tal fine questo è l’indirizzo a cui rivolgersi: Istituto Comprensivo Statale Giovanni XXIII˚ Via Adige,1- 52028 Terranuova Bracciolini - Arezzo Tel.055/973083- Fax 0559198224 E-mail : media@icterranuova.it

50 ANNI DI SCUOLA QUELLA PRIMA: LE VIE AFFOLLATE DOPO L’APERTURA, I RAGAZZI IN BICI, IL GREMBIULE

«Io c’ero»: Carla racconta alla nipote Stefania CARLA BIGI era una delle alunne del 1962: e racconta...alla nipote Stefania Bigi, alunna del 2012. Cosa hai provato quando hai saputo che finalmente anche aTerranuova ci sarebbe stata la scuola media?

CARICATURA Il nostro mitico professor Libero Bobini

«Ero veramente felice e provavo molto sollievo. Io abitavo in una casa in Via Roma a Terranuova molto vicino a dove sarei andata a scuola e quindi i viaggi si sarebbero ridotti e avrei avuto più tempo libero durante le mie giornate, inoltre avrei potuto ritardare la sveglia al mattino. Ti sembra poco! Ero orgogliosa e mi sentivo importante perché andavo a scuola e molto fortunata. Ancora l’edificio scolastico ,dove vai a scuola tu, non era stato costruito, la mia classe era in un’aula , a piano terra, presso l’attuale scuola elementare «Bettino Ricasoli». Le strade, le piazze e i viali erano più popolati da quando si aprì la scuola media. Non c’erano gli scuolabus, come oggi, e naturalmente molti ragaz-

zi venivano a piedi, altri in bicicletta, alcuni , ma pochi, accompagnati dai genitori; anche i negozi ne trassero un profitto, infatti a volte dopo la scuola ci fermavamo a fare merenda in qualche barrettino vicino . I ragazzi che frequentavano la scuola erano solo terranovesi?

«Molti venivano proprio da Terranuova, ma c’era anche chi proveniva dalle frazioni come Campogialli, così avevamo la possibilità di fare nuove amicizie». Ti ricordi qualche insegnante?

«Uno, in particolare, il professore Noreno Tamantini che è stato poi il preside della nostra scuola media , per tanti anni». E’ vero che avevate una divisa?

«Sì , le femmine, indossavano un grembiule nero, una specie di vestaglietta abbottonata davanti».

la redazione della III E... STUDENTI Daniele Benedetti, Stefania Bigi, Lucrezia Ciabattini, Mirko Corbani , De Matteis Alessia, Dario Fabbroni, Zakaria Lhouss, Pavel Lombardi, Singh Jagroop Mann, Alessio

Marchetti, Roberta Merola, Lyanne Mossuto, Pierozzi Alice, Giulia Proietti, Irene Renzi, Lorenzo Russo, Luca Sbragi, Sunena Singh, Sascha Tellini. INSEGNANTI

Luana Giorgi Chiara Perferi PRESIDE Alberto Riboletti

SCUOLA I NOMI

Quell’appello tra i ragazzi di 50 anni fa SIAMO RIUSCITI a recuperare l’elenco degli alunni che frequentarono la scuola media nel 1962. Inizialmente vi era una solo una classe mista composta da 26 alunni. Ecco i nomi dal registro di allora. 1) Arcioni Ida 2) Bacci Carla 3)Berlingozzi Antonio 4) Bigi Carla 5) Borri Silvano 6) Cioncolini Massimo 7) Cocci Adriano 8) Di Rigo Fiorella 9) Failli Daniela 10) Failli Stella 11) Galassini Flora 12) Galassini Ida 13) Innocenti Giancarlo 14) Lalli Giuliano 15) Lazzeri Daniela 16) Liui Paola 17) Lucaccini Luisella 18) Maelli Mariella 19) Parigi Lorenzo 20) Redditi Deanna 21) Setti Fiorenzo 22) Tellini Paolo 23) Vanni Maria Rita 24) Magrini Paolo 25) Lucaccini Luciano 26) Barsanti Tecla TRA I PROFESSORI di 25 anni fa abbiamo riconosciuto dei nomi che ci sono familiari , insegnano ancora nella nostra scuola. - Bobini Libero, insegnante di francese nella nostra classe 3 E; - Mariangela Pazzagli, insegnante di matematica; - Manuela Camaiani, insegnante di francese; - Enzo Dei, ex professore di arte e fino allo scorso anno insegnante di teatro.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 13 MARZO 2012

Scuola Media

Masaccio SAN GIOVANNI

Siamo liberi, liberi di pensare? La capacità creativa ingessata da stereotipi, luoghi comuni e pregiudizi UN CASO IMMIGRATI

I luoghi comuni fanno a cozzi con la realtà

A SCUOLA abbiamo verificato durante alcuni Progetti (percorso Oxfam legato al Meeting sui diritti umani e percorso educativo Coop «Prodotti del sud, consumi del nord») come anche noi siamo vittime di stereotipi, dovuti a un’errata informazione. La nostra percezione di un Sud del mondo povero e «a carico» e di un Nord ricco e produttivo non tiene conto dei secoli di sfruttamento coloniale e del legame di interdipendenza tra paesi di un universo globale. Riguardo all’immigrazione, oltre allo stereotipo che ass o c i a immigrato=clandestino=d elinquente, la nostra percezione del fenomeno è fortemente condizionata dai mass media. Infatti la presenza degli stranieri in Italia è molto più bassa (7,5%) di quello che credevamo e in linea con la media europea. Inoltre se negli ultimi anni l’immigrazione è aumentata, il numero degli irregolari è diminuito drasticamente. Abbiamo scoperto che non esiste una correlazione tra l’incremento degli stranieri in Italia e l’aumento del tasso di criminalità. Un’altra sorpresa è stato sapere che il numero degli immigrati in Italia è uguale a quello degli italiani all’estero. Un triste ricordo dei pregiudizi verso gli italiani immigrati all’estero resta in parole spregiative come Maccaronì (in Belgio i minatori italiani), Mangiarane (nella ex Iugoslavia di Tito), Broccoli (storpiatura di Brooklin), Rital (in Francia per via della r) e Mafiamann (in Germania).

I

L NOSTRO MODO di pensare è fortemente condizionato da una miriade di luoghi comuni e stereotipi, che limitano o spesso finiscono col distorcere del tutto il nostro giudizio su persone, fatti e fenomeni della realtà. Ma cos’è uno stereotipo? Il termine, di origine greca, significa «immagine rigida, solida» e indica un’idea o un insieme di idee molto semplificate e generalizzate su una categoria di persone (ad esempio: i neri, gli ebrei, le femministe, gli artisti, ecc.), accomunate dalle stesse caratteristiche, ma percepite come «altre» rispetto a noi. Si tratta di un processo naturale della conoscenza che, di fronte alla molteplicità dei dati da memorizzare, tende a semplificarli e a ridurli in categorie, una strategia del cervello per dare ordine al nostro sapere. Lo stereotipo, di per sé positivo, assume però un significato negativo quando diviene sinonimo di “fossilizzato”, immobile, rigido, cioè un’idea fissa che è impossibile sradicare, che non tiene conto della ricchezza e dei cambiamenti della realtà sociale. Kierkegaard,

LUOGHI COMUNI Anagrammi per ricostruire alcuni dei più famosi

un famoso filosofo, afferma che «le idee fisse sono come i crampi ai piedi. IL RIMEDIO migliore è camminarci sopra», mostrando bene come questa tendenza blocchi e quasi paralizzi ogni nostro movimento, come una cancrena che addormenta l’arto e impedisce di muo-

verci, agire e quindi pensare liberamente. UNICO rimedio: opporre alla staticità il movimento, la capacità critica di adattare i pensieri alla diversità delle situazioni, al differente contesto ambientale e storico. Anche Manzoni nei Promessi Sposi parlando di donna Prassede

dà un severo giudizio sugli stereotipi: «Aveva poche idee; ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le poche, ce n’era per disgrazia molte delle storte; e non eran quelle che le fossero men care». Una vera e propria lezione che invita a non fossilizzarci sulle nostre idee, considerandole immutabili e sempre valide. Piuttosto dobbiamo essere pronti a cambiarle in base all’esperienza personale e alle conoscenze, senza i condizionamenti che ci giungono dai mezzi di comunicazione e in particolare dalla televisione, responsabile talvolta di diffondere facili luoghi comuni, passivamente accettati come verità indiscusse. Bisognerebbe invece riuscire a dare valore alle differenze culturali, scoprire la bellezza della diversità come motivo di arricchimento, di ampliamento delle prospettive e della propria mentalità, sforzandoci di capire le origini e le motivazioni del formarsi di determinate caratteristiche di un popolo rispetto all’altro

LO STUDIO COME SI COMPONE L’IMMAGINE NAZIONALE SECONDO GLI STEREOTIPI PIÙ DIFFUSI

Italiani? «Mammoni», latin lover o mafiosi

ITALIANI Un gioco sui luoghi comuni di un popolo

L’IMMAGINE degli italiani all’estero è stata nel passato ed è ancora condizionata da stereotipi sia positivi che, soprattutto, negativi. Tra i primi figurano la buona cucina, la tradizione artistica, letteraria e culturale, la forte religiosità, la raffinatezza e la creatività nello stile e nella moda, tutti aspetti universalmente riconosciuti e apprezzati nel mondo. Quelli negativi riguardano invece la criminalità e la mafia, fenomeno purtroppo esportato ai primi del Novecento anche negli Usa e per questo storicamente associato nell’immaginario collettivo a tutti gli italiani. Recentemente le critiche verso l’Italia soprattutto da parte di paesi europei come la Francia o la Germania o, fuori dell’Europa, l’Australia e l’India, le più critiche nei nostri confronti, si concentrano

sulla politica corrotta e immorale, sull’illegalità e sull’inefficacia della giustizia, sulla superficialità e faciloneria che fanno del «bel paese» di un tempo la «Repubblica delle banane». ALTRI STEREOTIPI più lievi riguardano abitudini effettivamente diffuse tra gli italiani come quella di essere incorreggibili «latin lover», esagerati appassionati di calcio, di avere un’incontenibile passione per il canto e di essere accaniti consumatori di caffè e divoratori di pasta asciutta. Uno stereotipo su cui di recente si appuntano le critiche è quello degli italiani «mammoni», riferito ai giovani che non riescono a staccarsi dalla famiglia di origine, soprattutto per il legame spesso morboso con la madre, dettato anche da convenienze e comodità e dallo scarso senso di responsabilità.

la redazione della III B... STUDENTI Gregorio Acciai, Benedetta Bidini, Antony D’Alterio, Niccolò De Cristofaro, Maurizio Del Latte, Denny Donati, Francesco Donati, Lorenzo Donati, Celeste Esposito, Fran-

cesco Fossi, Marco Gabbrielli, Alessio Galilei, Francesco Ghiani, Irene Landi, Laura Losi, Carmen Rosa Lovera Vega, Chiara Mantovani, Mupangi Masasi, Manuel Morelli, Gabriele Noferi, Lorenzo Pampaloni,

Gabriele Tarani INSEGNANTE Michela Martini PRESIDE Edoardo Verdiani


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 13 MARZO 2012

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Scuola Media

Dovizi BIBBIENA

«Alcol? Sono vivo per miracolo» «Ho iniziato a 11 anni, poi...». Ma c’è un modo diverso di fare prevenzione

«H

O CHIESTO aiuto. Sono vivo per miracolo. Purtroppo non posso dire la stessa cosa dei miei amici. Ho cominciato a fare abuso di alcol quando avevo 11 anni. Io e i miei amici andavamo nei boschi a giocare e imitavamo i personaggi che vedevamo nei film. I personaggi che imitavamo erano immaginari, ma gli alcolici che io e i miei amici bevevamo erano veri». Ecco cosa ci confida un giovane che è stato vittima dell’alcol. L’alcol è un veleno per il corpo, ne modifica il fisico e soprattutto la mente. Bere «forte», da soli o in compagnia, ci rende responsabili delle conseguenze spesso tragiche che colpiscono altre persone, Il maresciallo Pratesi della Compagnia dei Carabinieri di Bibbiena, durante un incontro nel nostro istituto dichiara inoltre, che: «L’abuso di alcol comporta ogni anno costi sociali nell’ordine di miliardi di euro, per non parlare dei danni emotivi che causa a singoli individui. Gli alcolici contengono potenti sostanze che alterano le funzioni della mente e del corpo, e che sotto i 16 anni provo-

che di chi ha vergogna di farsi aiutare. È la presunzione di Jekyll (e la sua rovina) di poter controllare il Male dopo averlo separato dal Bene presenti entrambi in sè stesso, attraverso l’assunzione di una pozione chimica creata nel suo laboratorio.

I RISCHI NELLA BOTTIGLIA Un disegno di Antonio Dascalu

cano disturbi così gravi da far cadere la persona in coma etilico, perché l’organismo di un adolescente non è ancora in grado di metabolizzare l’alcol. PROPRIO COME qualsiasi altra droga, l’alcol brucia le vitamine presenti nel corpo e provoca malesseri. Si stima – aggiunge il ma-

resciallo Pratesi - che l’alcol in Italia causi almeno 17.000 decessi l’anno tra cirrosi, tumori, incidenti stradali e suicidi. «CHI NE È vittima deve chiedere aiuto finché è in tempo». «Posso farcela da solo. Non ho bisogno di alcun aiuto. Non ho nessun problema» queste sono frasi tipi-

MA COSA c’entrano il dottor Jekyll e Mister Hyde con la tossicodipendenza? Aiutano a fare prevenzione! Quest’anno il Sert Casentino ha proposto il teatro come modalità di comunicazione e strumento di prevenzione. E le seconde classi del nostro istituto stanno mettendo in scena una rielaborazione del romanzo di Stevenson: «Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde», metafora dell’eterna lotta tra il Bene e il Male presente in ogni essere umano. Il miscuglio chimico del protagonista è paragonabile ad alcol e droga che risvegliano la parte peggiore di ognuno di noi. «Io stavo perdendo a poco a poco il controllo della parte originaria e migliore di me stesso e a poco a poco identificandomi con la seconda e peggiore». Un «classico», appunto! Bere «forte» da soli o in compagnia

ALCOL PARLA L’ESPERTO: SERENELLA SASSOLI DIRIGE IL DIPARTIMENTO DIPENDENZE DEL SERT CASENTINO

«Ognuno ha la possibilità di uscirne salvo» SERENELLA SASSOLI è responsabile del dipartimento dipendenze del Sert Casentino. Alcol e droga danno la stessa dipendenza?

«Essere dipendenti significa non poter fare a meno delle sostanze stupefacenti. Oltre alla dipendenza fisica c’è anche quella mentale, solo gli allucinogeni provocano assuefazione psicologica. L’alcol è considerato una droga a tutti gli effetti perchè agisce sia sul fisico che sul sistema nervoso centrale». Perché una persona beve o si droga?

LE ESPERTE Serenella Sassoli (a destra) con la collega Mari

«Ognuno di noi potrebbe diventare un “drogato” per vari motivi:l’ambiente che frequentiamo,la famiglia, una certa predisposizione genetica. Questi fattori sono possibili cause che portano alla tossicodipendenza. La famiglia ha un ruolo importante sia in positivo che in negativo:se il padre beve, il rischio che un figlio lo imiti è altissimo; al contrario, può svolgere un compito positivo nel prevenire rischi di questo genere».

Com’è la situazione in Casentino?

«Si calcola che ci siano120-130 tossico dipendenti. Il Casentino ha la percentuale più alta nella provincia di Arezzo di alcolisti( 50% ). Fino a 15 anni fa la percentuale delle donne era minore di quella degli uomini. Oggi c’è una sostanziale parità». C’è possibilità di curarsi?

«Ogni persona ha la possibilità di curarsi e di uscire dalla tossicodipendenza». Com’è nata l’idea dello spettacolo teatrale?

«Negli anni passati abbiamo organizzato solo incontri informativi nelle scuole, ma ci siamo accorti che parlare non basta. Allora dal Dipartimento delle Dipendenze è partita l’idea del teatro,un modo per mettersi in gioco. Da qui è nato il concorso che coinvolge 5 scuole medie di Arezzo e provincia». La foto a fianco è di Mandeep Singh

la redazione della III C... STUDENTI Dana Bacanu, Naomi Barbera, Mattia Barzaghi, Lisa Bernacchi, Filippo Boldrini, Alma Caciula, Riccardo Cassigoli, Antonio Dascalu, Claudia Gabriele, Marcello Galba-

nuta, Mirko Gambineri, Rohit Kumar, Francesco Madiai, Antonio Manole, Lucia Marzi, Omar Nardelli, Romelia Paval, Marco Portolani, Maria Raggi, Mandeep Singh, Anna Tizzanini, Daniela Vasile, Mara Ve-

strucci INSEGNANTE Tiziana Causarano PRESIDE Silvana Gabiccini

ALCOL IL PROGETTO

Il Teatro: la finzione della realtà IL TEATRO PUÒ «disintossicare» il mondo dall’alcool e dalla droga? Una risposta c’è. «Il teatro è un bellissimo gioco – afferma Andrea Vitali della NATA che ci permette di cambiare identità , di diventare un’altra persona: se nel teatro dobbiamo interpretare un ruolo femminile o immaginare di essere un ubriaco o un tossicodipendente, dobbiamo immedesimarci nel personaggio e interpretarlo significa capire e fare nostre le sue emozioni e il suo punto di vista. E UNA VOLTA che si entra nel ruolo, diventa difficile staccarsi dal personaggio perché una volta messa la maschera ci si diverte ad essere altre persone, come quando da bambini giocavamo ad interpretare il ruolo di animali o di altri personaggi fantastici». Ma non è facile come ci hanno confermato Agnese e Sabrina le nostre compagne della 2˚ C, che con tutti i ragazzi delle classi seconde del nostro istituto, stanno mettendo in scena, con l’aiuto di Andrea, «Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde». Una rielaborazione del classico di Stevenson che affronta il problema del Bene e del Male presente in ciascun essere umano. Ecco l’idea: come Jekyll riesce a dividere il Male dal Bene bevendo un miscuglio fatto nel suo laboratorio di Chimica, così droghe e alcol agiscono sulla nostra mente rendendo doppia la nostra personalità. Teatro come prevenzione, dunque, che aiuta a crescere e che dà conoscenza.


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 15 MARZO 2012

Scuola Media

Guido Monaco RASSINA

Camaldoli compie mille anni Eremo e Monastero nell’alto Casentino: grande storia dal 1012 al 2012 CAMALDOLI I CODICI

Se l’ambiente diventa filosofia di vita IL CODICE Forestale redatto secoli fa, consisteva in rigide norme per il taglio e per il commercio del legno. Questo perché l’attività legata al legname delle foreste, intorno all’Eremo ed al Monastero, era così intensa tanto da dover essere disciplinata. Le regole imponevano di accrescere annualmente le foreste esistenti, per cui ogni anno venivano ripiantate da 3.000 a 10.000 piantine, per lo più di abete bianco, questo per rimpiazzare i pezzi di boschi di volta in volta tagliati, secondo “tagli” sistematici, ogni 100 anni. Non solo lavoro, anche filosofia di vita… NEL LUGLIO del 1943, verso la fine del fascismo, si riunirono nel Monastero una sessantina fra intellettuali, filosofi, studiosi e politici, tra cui: Lodovico Montini, Ezio Vanoni, Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Giulio Andreotti, Guido Gonella e Giorgio La Pira. Studiavano le “questioni nuove” del dopo fascismo riguardanti l’economia, la vita civile, la famiglia, la scuola, il senso dello Stato ed i problemi internazionali. Il Codice di Camaldoli fu il frutto di tale lavoro, sintetizzato in 76 enunciati. I principi ispiratori erano: la persona viene prima dello Stato; lo Stato deve tutelare tutte le persone; il fine di ogni persona doveva essere il bene comune. Il Codice di Camaldoli, così formulato, fu preso come base per scrivere negli anni successivi la Costituzione italiana, entrata in vigore nel 1948.

I

L 2012 È UN ANNO importante per il Casentino: si festeggiano i 1.000 anni della fondazione di Camaldoli. Per tale occasione i monaci camaldolesi hanno organizzato eventi e convegni, sia a Camaldoli che in altri luoghi: Arezzo, Firenze, Ravenna, Venezia e Roma. Camaldoli nasce nel 1012 quando un conte aretino donò delle terre al monaco Romualdo per costruirci un convento; si pensa che il nome «Camaldoli» derivi dal nome di quel terreno (Campus Maldoli). Fra Romualdo proveniva da Ravenna, dalla famiglia degli «Onesti». Si racconta che rimase pieno di orrore e vergogna alla vista di suo padre nell’atto di uccidere un nemico, così decise di scappare dalla sua famiglia e di diventare monaco benedettino. A lungo si spostò per vari monasteri, finché da anziano arrivò in Casentino e, nelle terre avute in dono, costruì l’Eremo assieme a cinque monaci. Nell’Eremo vi è la chiesa, consacrata nel 1027, che presenta opere di vari artisti, fra cui Andrea della

LA MAGIA DELL’EREMO Un disegno di Luca Poletti

Robbia; vi sono diverse celle, anche quella di Romualdo, l’unica visitabile. I MONACI CHE vi risiedevano sceglievano la vita eremitica seguendo la “regola” di Benedetto da Norcia “ora et labora” (prega, studia e lavora). Essi studiavano e ricopiavano i libri, traducendoli

dal latino e dal greco nella lingua di allora. AVEVANO UNA biblioteca ricca di opere importanti, nel ‘400 si contavano circa 5.000 volumi. Uno dei libri più importanti conservati è stata l’Enciclopedia di Diderot e di D’Alambert di epoca illuminista. Oggi molti di questi

libri mancano, perché portati altrove a seguito della “soppressione dei beni della Chiesa”, da parte dei francesi nel 1808 e poi degli italiani nel 1866. Fra i lavori che vedevano impegnati i monaci, vi era la tutela della foresta che li circondava. Il Monastero, eretto alcuni anni dopo l’Eremo, in una zona più bassa chiamata Fonte Buona, aveva un ospedale e una farmacia con due funzioni importanti: l’accoglienza di malati, pellegrini e bisognosi e quella di monastero vero e proprio. La Chiesa, ristrutturata in stile barocco secoli fa, ha opere pittoriche, anche di Giorgio Vasari. Nel Monastero vi è tutt’ora la “foresteria” che attualmente ospita persone, di fede e no, desiderosi di momenti di contemplazione o lì presenti per partecipare a Convegni. Molti monaci camaldolsesi hanno dato contributi alla cultura, alla scienza ed alla storia, si possono ricordare fra’ Mauro, cartografo, che disegnò nel 1457 il primo mappamondo della storia detto di «fra’ Mauro», ed un altro fra’ Mauro, intellettuale, che nel 1831diventò Papa Gregorio XVI.

CAMALDOLI INTERVISTA: NEI TEMPI DOMINATI DALLA TECNOLOGIA IL MONACHESIMO E’ ANCORA DI MODA?

Quel segreto per resistere ben dieci secoli

CAMALDOLI L’incontro con fratel Roberto Fornaciari

VOLEVAMO SAPERNE il più possibile su questo Millenario, allora abbiamo invitato nella nostra scuola Fratel Roberto Fornaciari, che si occupa dell’organizzazione delle celebrazioni del «Millenario di Camaldoli». Abbiamo fatto numerose domande che nascevano dal nostro desiderio di conoscere ed abbiamo avuto altrettante risposte interessanti ed esaurienti. Fra i vari argomenti, in particolare, ci ha molto interessato quello del tempo: 1.000 anni, come mai? Chiedevamo come fosse mai possibile che un «piccolo posto» potesse durare ben 1.000 anni. Passi per i 2.000 anni di San Pietro nella grande Roma con tutto il clero e tutti i papi che ci sono stati, ma il piccolo Camaldoli con i soli monaci ed il solo Papa Gregorio XVI… sono tutt’altra cosa! Dalle risposte abbiamo capito alcuni dei motivi: i monaci si sono impegnati da sempre a curare le

grandi foreste camaldolesi e gli annessi agricoli, quindi hanno avuto nelle diverse epoche, anche difficili, i modi di auto-sostentamento; con i loro studi e con la loro attitudine al dialogo con i cristiani non cattolici, con le persone di altre religioni e con i non credenti, sono stati sempre rispettosi, attenti alle ragioni altrui, in tutti i tempi ed ovunque. SEMPRE «ALLA MODA»? Si, se si potesse dire! Tant’è che in 1.000 anni i Camaldolesi si sono ben «sparsi»: a Roma, sul lago di Garda, a Murano, nelle Marche, in Canada, negli USA, in Brasile, in Tanzania ed in India! Infine ci siamo stupiti nell’apprendere della modernità dei monaci: hanno un sito (www.camaldoli.it) moderno e ben fatto e possono anche trovarsi come noi anche in Facebook!

la redazione delle classi miste... STUDENTI Massimiliano Baccani, Alessio Bacci, Arianna Cardini, Tommaso Chiarini, Emanuele Innocenti, Marco Moneti, Marco Pastorini, Christian Tapinassi, Giorgio Zavagli, Giulia Dona-

ti, Luisa Bartolini, Francesco Certini, Dylan Cutini, Francesca Vezzosi, Ludovica Musella, Luca Poletti, Fabio Proietti, Karanpreet Sing, Lucian Alexandru Topliceanu, Andrea Rubino, Salma Ummay, Francesco Santini,

Virginia Righi, Alexia Chiriac. INSEGNANTE Maria Teresa Pierallini PRESIDE Cristina Giuntini


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 15 MARZO 2012

Scuola Media

Garibaldi CAPOLONA-SUBBIANO

Le memorie di una comunità Viaggio nell’Archivio di Stato tra le pagine storiche e politiche della città

L

O STUDIO DEGLI eventi antichi e recenti del nostro territorio ci ha condotto all’Archivio di Stato di Arezzo, dove abbiamo scoperto un prezioso patrimonio di documenti fondamentali per la conoscenza della storia di Arezzo. Il responsabile dell’Archivio ci ha spiegato che ne esiste uno per ogni provincia, dove si raccolgono i documenti delle amministrazioni ed uffici statali, che di solito dopo 40 anni non sono più utili per atti amministrativi: documenti della prefettura, del tribunale, delibere del Comune di Arezzo (dal 1383, quando è sottomessa a Firenze, al 1865), atti notarili, archivi storici di famiglie aretine, archivio del vecchio ospedale di Arezzo di S.Maria sopra i Ponti, archivi di fabbriche e manifatture aretine come Sacfem e Bastanzetti. La conservazione richiede attenzione e cura: poca luce solare, scaffali di metallo o legno ignifugo e antitarlo, impianto antincendio ad argon, deumidificazione dei locali. Tutti i documenti devono essere maneggiati con cura e quelli molto antichi vengono microfilmati per conservarne traccia digi-

ni che indicano righe importanti). Le date seguono il calendario pregregoriano, che considerava l’inizio dell’anno il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, in cui sarebbe tradizionalmente stato concepito Gesù (9 mesi prima di Natale: infatti dicembre si chiama decem-bre o abbreviato Xbre, come Ixbre ecc.

SFOGLIANDO LA STORIA Viaggio tra i tesori dell’Archivio

tale. Il documento più antico è una pergamena contenente un Privilegium concesso dall’imperatore Arrigo II ad una comunità di monaci. ESISTE ANCHE uno Statuto del Comune di Arezzo del 1348, scampato alle fiamme che hanno distrutto le altre fonti comunali

precedenti al 1383. NEI MANOSCRITTI si usano inchiostri di varia qualità, (alcuni più acidi e dunque corrosivi) neri o rossi, per creare indici e paragrafi. Spesso sono presenti disegni a fianco del testo per far capire velocemente di cosa tratta il paragrafo e segni convenzionali (dita e ma-

L’ARCHIVIO contiene circa 70000 pezzi: le pagine si restaurano secondo principi di conservazione e reversibilità, cioè il documento viene «rattoppato» con carta visibilmente diversa, perché si deve capire cosa manca e deve essere anche sostituibile ulteriormente. Se alcuni documenti hanno fogli rovinati (la pergamena è resistente ma la carta bambagia, ricavata dalla macerazione di stracci e fibre tessili, è molto leggera e delicata, dunque soggetta a deterioramento) spesso si ricoprono con un velo di carta cinese che li rende meno netti ma più resistenti. All’Archivio possono accedere tutti i cittadini interessati a svolgere ricerche direttamente sulle fonti, cioè sui documenti stessi.

MEMORIA UNA RICERCA CONDOTTA NELL’ARCHIVIO SCOLASTICO, SFOGLIANDO UNO A UNO I VECCHI REGISTRI

La storia nascosta tra le pagine di scuola

LA STORIA IN CLASSE I registri del tempo che fu

L’ARCHIVIO DELLA nostra scuola contiene documenti datati dalla prima guerra mondiale ad oggi. Si tratta di registri di scuole rurali e non del territorio di Capolona e Subbiano. Abbiamo esaminato 60 registri, tra il 1933 e il ‘41. Alcuni risultano rovinati dall’umidità e dall’incuria del passato. Sulla copertina si scriveva l’anno scolastico, il nome dell’insegnante, sede e nome della scuola. Sul davanti o dietro, i simboli dell’ Italia Fascista. All’interno l’elenco degli alunni con informazioni relative a paternità, maternità, luogo e data di nascita, lavoro del padre, condizioni della famiglia (miserabili, modeste, povere, buone, benestanti) e possesso del materiale didattico, altrimenti fornito dall’Opera Nazionale Balilla. L’orario settimanale prevedeva 3 ore e mezzo di le-

zione al giorno, per un totale di 21 ore settimanali. Le materie erano: religione, lettura ed esercizi scritti di lingua italiana,aritmetica,disegno e bella scrittura, lettura espressiva e recitazione, igiene personale, geografia, storia e cultura fascista, ginnastica, canto e giuochi, lavori femminili e manuali. DURANTE L’ANNO si celebravano numerose feste fasciste, patriottiche e religiose. La Riforma Gentile aveva innalzato l’obbligo scolastico a 14 anni, (5 di scuola elementare e 3 di media inferiore o avviamento professionale), tuttavia dai registri si ricavano casi frequenti di abbandono o ritiro anticipato per aiutare la famiglia nei lavori agricoli stagionali. Frequenti anche abbandoni per malattie infettive quali morbillo e scarlattina, definite dalle maestre come vere e proprie «stragi».

la redazione della III E... STUDENTI Sara Baglioni, Monia Bartolini, Matteo Casali, Matteo Checcaglini, Alessandro Chiodini, Pietro Cioci, Lorenzo Corsetti, Michele Crescenzo, Niki De Boni, Laura Dei, Fa-

bio Farsetti, Pietro Franceschi, Marco Francini, Ginevra Galletti, Paula Gheorghies. Leonardo Ghinassi, Juliane Hegermann, Gabriel Hobjila, Erica Innocenti, Santa Nocerino, Benedetta Sgrevi, Leonar-

do Teci, Sihame Zaroili, Selene Zuppardo INSEGNANTE Patrizia Donati PRESIDE Assunta Sorbini

MEMORIE IN CLASSE

Le punizioni agli scolari di un tempo LE CRONACHE mensili redatte dalle maestre ci rivelano che le date seguivano il calendario dell’ Era Fascista: «29/10/1939 XVIII E.F. Oggi è stato celebrato in paese il 28 ottobre [anniversario della Marcia su Roma]. C’è stata una funzione di suffragio per i caduti fascisti. Poi la lettura del messaggio del segretario del Partito. I miei scolarini sono intervenuti in buona parte in divisa e io mi sono consolata vedendo che ancora le divise che distribuiamo per la Befana Fascista esistono e qualcuna è ancora in buono stato». Dal verbale di esame classe 2˚ elementare, Casavecchia, 29 Maggio 1940 Anno XVIII E.F.: «Dettato: Il Fascio. Il Fascio significa la pace e la forza dell’ Italia. Lo vediamo brillare come una promessa nel petto dei cittadini sulle facciate degli edifici e delle scuole, nelle monete, nei treni, nei gagliardetti. Dovunque il Fascio ha il significato di Patria, perchè rappresenta l’ Italia nostra». SI VALUTAVA con lodevole, buono, sufficiente e insufficiente, note e punizioni: «l’ alunno copia dal compagno e siamo stati costretti ad imporgli punizioni» oppure «si diverte a stonare durante l’ ora di canto e disturba i compagni pertanto lo abbiamo punito» o ancora «si diverte a macchiare con l’ inchiostro i fogli e non cura la scrittura»... Pochi mezzi e poche ore, mentre in città le scuole erano eccellenti. Le aule erano fredde e spesso gli alunni portavano scaldini e legna per la stufa


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 20 MARZO 2012

Scuola Media

Vasari AREZZO

E’ ora di cambiare... aria! La salute dipende da ciò che respiriamo: il futuro nelle nostre mani ARIA LO ZOOM

Aiuto: la Terra si sta riscaldando NON C’È SOLO la qualità dell’aria. A causa dell’inquinamento atmosferico la terra si sta riscaldando, e gli scienziati ritengono che con il passare degli anni questa situazione possa peggiorare: infatti dal 1990 ad oggi la temperatura del pianeta è salita di 0,76˚C. L’«effetto serra» comporta l’aumento della temperatura sulla Terra con conseguente cambiamento climatico. E’ probabilmente la minaccia più seria che il nostro pianeta sta fronteggiando: i ghiacciai si stanno sciogliendo, il livello del mare è in crescita, le probabilità di inondazioni aumentano. QUESTO ACCADE perché ci siamo comportati avidamente nei confronti del nostro mondo. Alcuni scienziati affermano che se non cominciamo subito a invertire la rotta, nel giro di dieci anni sarà troppo tardi per salvarlo. Alla fine del 2011 si è tenuta a Durban, in Sudafrica, la 17˚ Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, con lo scopo di sostituire il Protocollo di Kyoto del 1997 (mai sottoscritto dagli Stati Uniti e non applicabile a India e Cina). Non riuscendo a trovare un accordo, si è avviato un processo negoziale per la definizione di un trattato valido per tutti i Paesi, ma i tempi di attuazione previsti superano il 2020. Non è detto che avremo tutto questo tempo a disposizione. Sta ad ognuno di noi, fin da ora, fare il possibile per rallentare questo processo, per proteggere l’equilibrio delicato del nostro pianeta.

I

NSPIRARE, ESPIRARE. Questa è la semplice azione che ogni essere vivente compie ininterrottamente e che ne garantisce la vita. Ma quale aria respiriamo? Lo stile di vita del mondo occidentale ha una contropartita negativa: l’inquinamento dell’ambiente. In particolare, quello atmosferico è determinato da un’alterazione della composizione naturale dell’aria dovuta ad agenti chimici, fisici e biologici. Può essere originato da cause naturali, che esistono da sempre, come le polveri dovute all’erosione, le attività vulcaniche, gli incendi boschivi, oppure essere generato dall’uomo. Si parla in tal caso di cause antropiche, e l’impatto sull’ambiente è cresciuto esponenzialmente con l’industrializzazione. Le fonti principali sono il traffico delle vetture, la combustione e i processi industriali. L’inquinamento è un vero e proprio limite per il futuro, sia per il deterioramento di quello che è l’habitat dell’uomo, sia perché l’inquinamento genera un fenomeno chiamato surriscaldamento

particolato, le cosiddette “polveri sottili”: PM10 e PM 2,5, pericolose perché in grado di penetrare direttamente nei polmoni. Il traffico dei veicoli, le industrie, le centrali termoelettriche, gli impianti di riscaldamento, la produzione di fertilizzanti, l’incenerimento dei rifiuti sono tra le attività che contribuiscono maggiormente a diffondere questo tipo di inquinanti nell’aria che respiriamo, con il risultato di intossicarci.

AMBIENTE Città pulita, bene per tutti: autore Gianmarco Patrussi

globale, che sta innalzando le temperature medie del pianeta e modificando pesantemente le caratteristiche del mondo in cui viviamo. MA QUALI SONO gli agenti inquinanti dell’aria? Tra i gas, i principali sono: il monossido di carbonio, prodotto dalla combu-

stione in carenza d’ossigeno, l’ossido e il biossido di azoto, anch’essi derivati dalla combustione ed altamente tossici, il biossido di zolfo, in calo grazie alle benzine «verdi», l’ozono, che negli strati alti dell’atmosfera ci protegge, ma se respirato è dannoso, il benzene, presente nei carburanti. A questi si aggiunge il materiale

ANCHE SE SIAMO ragazzi, come abitanti attuali della Terra sentiamo la necessità di capire e anche di agire. Non vogliamo restare indifferenti rispetto a come evolverà la qualità ambientale del pianeta e sentiamo anche delle responsabilità verso chi verrà dopo di noi. Molto si può fare: dal ridurre l’uso dell’auto all’adoperare i combustibili meno inquinanti, al limitare il riscaldamento degli ambienti sia accontentandoci di qualche grado in meno, sia isolando meglio le case. Queste e tante altre cose potranno migliorare il nostro mondo, se cominciamo a metterle in pratica.

SUL TERRITORIO GRAZIE AD ARPAT L’INQUINAMENTO E’ QUOTIDIANAMENTE SOTTO CONTROLLO

Ambiente in città? Potrebbe essere migliore

ARIA Traffico e riscaldamenti: comodità o pericolo?

LA MAGGIORE causa d’inquinamento in città è il traffico dei veicoli, che produce benzene, sostanza pericolosa in quanto cancerogena, la seconda sono i fumi industriali. Le polveri sottili sono nei limiti, perché la nostra città ha una buona ventilazione. Questo è quanto abbiamo appreso quando, per saperne di più sull’aria della nostra città, abbiamo chiesto aiuto all’Arpat, l’agenzia della Regione Toscana che si occupa della protezione ambientale. E’ presente in tutti i capoluoghi di provincia regionali e quindi anche ad Arezzo, con stazioni di rilevamento fisse, mobili e una «di controllo» situata nei boschi casentinesi. Abbiamo incontrato Guglielmo Tanganelli, che all’Arpat si occupa proprio di qualità dell’aria, e ci ha illustrato sia i principali inquinanti presenti nell’aria, sia l’azione di costante monitoraggio che

viene svolta. Le stazioni di rilevamento analizzano l’aria, mentre un computer memorizza i dati ottenuti e fornisce un dato medio ogni ora. Conoscere gli elementi presenti nell’aria serve a riscontrare che non si superino i valori limite fissati dall’Unione Europea secondo studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre i quali si possono avere danni alla nostra salute, a breve o a lungo termine. Da numerosi grafici abbiamo scoperto che Arezzo non è tra le città più inquinate né in Toscana né in Italia; generalmente l’inquinamento resta entro i limiti fissati, e se talvolta vengono «sforati», questo accade in misura molto minore rispetto alla zona Firenze-Prato-Lucca. A fine incontro Tanganelli ci ha invitato a sensibilizzare quante più persone ci fosse possibile su questo tema. Quale occasione migliore di questa?

la redazione della II C... STUDENTI Elisa Bossa, Bogdan George Brebenel, Tiziano Cavalieri, Claudia Cristescu, Andrea Dalla Ragione, Niccolò Ghinassi, Manal Jdaa, Leonardo Magnanini, Leonardo Menci, Alessia Mi-

lani, Elisa Monaci, Francesco Mungari, Gabriel Musat, Marco Nappini, Daniele Nocentini, Sofia Ottonelli, Gianmarco Patrussi, Tommaso Poddighe, Gabriel Alin Sandu, Viola Schiavone, Alessandra Sorrentino, Valentina

Voja, Mohamadu Yattassaye, Antonio Zaccariello. INSEGNANTE Laura Galimberti PRESIDE Assunta Sorbini


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 20 MARZO 2012

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Scuola Media

Cesalpino AREZZO

Una guida per l’epica quotidiana La vita non è solo ricerca di un traguardo: come intercettare il presente

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I SOLITO, MEGLIO, quasi sempre si affronta il mondo che ci sta attorno, quello naturale non meno di quello artificiale, a tappe forzate. Come dovessimo obbligatoriamente raggiungere un traguardo al quale, comunque, sembra impossibile dire di no. Così, lasciamo che la nostra quotidianità – che è a dire il vero una miscela portentosa di cose: emozioni, oggetti, colori, gesti, luci e, naturalmente, ombre – scivoli dinanzi al nostro sguardo come un film da evitare, che, se va bene, abbiamo già visto. Nondimeno, quel film proietta, e per tutti necessariamente, la gran parte della vita. Come fatalmente trascinati nel vortice delle scelte possibili e delle scelte oltrepassate, ci rifiutiamo a una sosta e spingiamo la nostra vita più in là, sempre più in là. Niente di male, certo: non è forse la vita, in essenza, proprio un «progetto»? A SCUOLA, per esempio, si im-

nel pieno del nostro spazio vitale qualcosa che non è esattamente collocabile nel futuro, quello delle scelte possibili, o nel passato, quello appunto delle scelte oltrepassate. QUALCOSA CHE ci si apre davanti nella modalità del non premeditato, del non calcolato. È allora che le cose, materiali o immateriali che siano, incominciano a versare significati mai prima intesi. Quell’albero non ci è più indifferente, quel passante che attraversa la strada abbiamo l’impressione di averlo conosciuto da sempre, la parete stessa della nostra camera diventa un continente nuovo. SILENZIO «Conversation with Correggio» di Hans Op de Beeck

para a tracciare mappe – linguistiche, matematiche, grafiche ecc. – allo scopo di poter transitare nel mondo reale forniti degli strumenti necessari per trovare, con il minore indugio possibile, la strada giusta per riuscire a cavarsela.

Ed è così, senza dubbio, che deve essere. MA NON È TUTTO qui. Non tutto, cioè, è mappa e traguardo. Capita, infatti, che proprio quando meno ce l’aspettiamo insorga

È COSÌ CHE giunge il presente. Non sempre si è in grado di coglierlo; a volte può essere utile una guida: in forma di poesia, per esempio. Con l’avvertenza che la poesia di cui abbiamo bisogno deve possedere per forza un polso molto, molto speciale.

LETTERATURA LA RACCOLTA DI WISLAVA SZYMBOVSKA E’ BALZATA ALLA SUA FINE IN TESTA ALLE VENDITE

La poesia vende solo a ogni morte di Nobel?

PREMIO NOBEL La poetessa Wislawa Szymbovska

SABATO 25 MARZO 2012 è successo un fatto che dire inusuale è veramente poco. «La gioia di scrivere», raccolta di tutte le poesie di Wislawa Szymbovska, poetessa polacca premio Nobel 1996, scomparsa all’età di 88 anni lo scorso febbraio, ha occupato il primo posto nella classifica settimanale delle novità librarie acquistate dagli italiani. L’evento è clamoroso semplicemente perché non era mai accaduto nel passato che una raccolta di poesie finisse in testa a una classifica di vendite. La poesia, specie quella contemporanea, quasi per definizione non «vende», e può contare solo su pochissimi e rarefatti lettori. Sembra che gli italiani, dopo la dose obbligatoria subita negli anni della scuola, non abbiano, nel seguito della loro vita, più niente da chiederle. Non interessa in questa sede azzardare ipotesi o spiegazioni al riguardo. Possiamo solo osservare che è bastato l’ascolto, nel corso

di una popolare trasmissione televisiva, di alcune poesie della Szymbovska lette da Roberto Saviano ed ecco che il miracolo si è compiuto: 64.000 italiani si sono fiondati in libreria ad acquistare «La gioia di scrivere». Un minisondaggio della nostra redazione, eseguito in forma di blitz in cinque librerie situate nel centro di Arezzo, rivela che nell’ultimo mese sono stati venduti complessivamente circa 110 titoli di poesia. Mentre la biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo, nello stesso periodo, ne ha dati in prestito 150. La redazione ha poi intervistato cento aretini, di estrazione sociale ed età molto diverse, a proposito del loro rapporto con i libri di poesia. La stragrande maggioranza degli intervistati sostiene di apprezzare la poesia, ma di non avere l’abitudine di acquistarla. E allora, come la mettiamo?

la redazione della III D... STUDENTI Martina Acciai, Francesco Bianchini, Matteo Bianchini, Samuele Caneschi, Francesca Delia Carrara, Martina Cerofolini, Francesco Chiodo, Lucia Di Cristo, Alessia Fiorenza, Gianmarco

Ghiandai, Federico Ginestroni, Davide Gisti, Puja Radhika Giustini, Gaia Hamad, Marzia Ludovisi, Virginia Mangione, Giulia Mozzini, Cecilia Nocentini, Francesca Peruzzi, Emilia Pratesi, Francesco Rossi, Alessia Sergio, Samanta Se-

stan, Rosa Anna Tammaro, Elena Tavanti. INSEGNANTE Giovanni Zampi PRESIDE Danilo Brozzi

SGUARDI ESEMPI

Ma un bosco lo avete mai guardato così? PROVIAMO a dare, con le parole di due poeti contemporanei, Alessandro Ceni (Firenze,1957) e Stefano Simoncelli (Cesenatico, 1950), un rapido esempio del modo in cui la poesia sia tuttora in grado di mostrare le cose al loro nascere, come se le vedessimo per la prima volta. Immaginate un bosco, anzi, il limitare di un bosco: la vegetazione che d’un tratto si alza nello sguardo e convoca la presenza concreta, persino olfattiva, di una divinità della terra: «Le albere lungo le prode di un bosco che dorme armato o veglia in armi belle come una donna che si netta le dita dei piedi e se le annusa sentono l’odore della carne» (da «La valle dello Scesta» di Alessandro Ceni, per i tipi de Il ragazzo innocuo, Milano 2009). E ora l’interno di un appartamento: gesti quotidiani, abitudini che risuonano tra mobili e pareti, sullo sfondo di una mancanza immedicabile. «Volevi togliere la polvere dov’era impossibile arrivare, ma non t’arrendevi e strisciando davi lo straccio sotto i mobili, lungo i battiscopa e in fondo al nero di chissà che buco. Anche adesso la casa è perfettamente asettica, da ospedale e così luminosa che potrei rintracciare un ago o uno spillo se ti fosse caduto, ma non è più questo il punto, non so quale sia il punto e dove posso arrivare strisciando…» ( Da “Terza copia del gelo” di Stefano Simoncelli, Italic, Ancona 2012).


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 22 MARZO 2012

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Scuola Media

IV Novembre AREZZO

Adolescenza: età spensierata? Stretti tra la fine dell’infanzia e le prime scelte tanti rischiano di perdersi LA LETTERA

«Prof, la scuola deve essere una squadra» Cari professori, ci piacerebbe potervi chiamare «Oh capitano! Mio capitano!», poter abbattere le barriere che ci separano e poter dire di far parte di una realtà più forte di una semplice classe. Crediamo che anche voi professori vorreste un rapporto sincero al di fuori del cancello della scuola. Dopotutto non è compito dell’insegnante trasmettere qualcosa «di più» della materia che insegna? Se provassimo a ripensare la scontata immagine del professore dietro alla cattedra, forse potremmo cambiare punto di vista e riconsiderare l’opinione che generalmente abbiamo di voi. LE SCUOLE spesso sono ambienti poco stimolanti per i ragazzi e in questo contesto andrebbero inserite attività più innovative, per esempio, strumenti interattivi che mettano in gioco tutta la classe. Noi ragazzi di solito siamo più legati al mondo sportivo, dove sentiamo forte il rapporto allenatore-atleti in vista di un obiettivo comune. Gli insegnanti dovrebbero riflettere su questo e dedicare più tempo ad ascoltarci e a capire di cosa abbiamo bisogno. Noi vorremmo una classe unita come una squadra, dove si possa sempre fare affidamento negli altri e in cui sia i professori che gli alunni possano sentirsi parte dello stesso gruppo, artefici di un comune progetto. A questo alludeva Peter Weir con Robin Williams nel film «L’attimo fuggente» e noi speriamo di poterci avvicinare a questo ideale di squadra vincente.

S

APPIAMO TUTTI quanto siano inevitabili le incomprensioni tra adulti e ragazzi nell’età adolescenziale: il fatto è che noi stiamo iniziando a crescere, maturando e cominciando a pensare con la nostra testa. Spesso gli adulti definiscono l’adolescenza come l’età della spensieratezza, quella che ricorderemo per tutta la vita con tanta nostalgia. In realtà per noi che la stiamo vivendo è un’età difficile, è infatti un periodo dove tutte le certezze sembrano svanire: perdiamo ogni sicurezza rispetto a quelle capacità che sono invece la nostra forza. Da una parte siamo ancora infantili e viviamo in un mondo fatto di divertimento, dall’altra cominciamo ad avventurarci in scelte importanti come quella della scuola superiore che determinerà il nostro futuro. Fondamentali sono per noi anche le decisioni che riguardano il nostro presente, come la scelta del gruppo di amici e gli interessi in cui impegnarsi. Con i genitori spesso non parliamo dei nostri problemi perché temiamo le loro riposte e ci rivolgiamo così ai no-

GENITORI E FIGLI Due generazioni nel disegno di Valentina Irollo

stri coetanei pur sapendo che i familiari preferirebbero consigliarci e sostenerci nelle scelte fondamentali.

scegliere, di sbagliare, di camminare verso l’autonomia, di ricercare quel senso di giustizia che affiora forte in noi.

MA DEVONO essere loro a capire i tanti segnali che lanciamo e fare il primo passo cominciando a darci fiducia. Ci devono accompagnare ma anche lasciarci liberi di

I GENITORI a volte non capiscono i nostri problemi e spesso banalizzano ciò a cui noi teniamo di più. Pensiamo che questo sia dettato dal fatto che apparteniamo a

due generazioni lontane e che loro hanno trascorso l’adolescenza in modo diverso dal nostro. Anche la tecnologia che continuamente avanza ci toglie dello spazio per la nostra famiglia perché trascorriamo gran parte del nostro tempo libero guardando la televisione, giocando con i videogame o usando il cellulare e non cerchiamo occasione per stare con loro. I nostri nonni sono meno permissivi dei genitori e spesso ci rimproverano per le troppe uscite pomeridiane con gli amici o per il linguaggio che usiamo e vorrebbero più rispetto nei loro confronti. Un’altra figura importante per la nostra crescita è quella degli insegnanti perché hanno molta esperienza con i ragazzi della nostra età ed hanno già visto e vissuto tante storie simili alle nostre: a volte vorremmo che diventassero il nostro «diario segreto», il nostro confidente, a volte invece li vorremmo tenere lontani. Ora più che mai ci ritroviamo nelle parole di Gibran rivolte dalla Giovinezza all’ Adolescente: «la perplessità è l’inizio della conoscenza».

ADOLESCENZA SONDAGGIO TRA BABBI E MAMME: DAL TEMPO NEGATO AI TEMI DEI QUALI NON SI PARLA

Ma i genitori sono soddisfatti dei loro figli

SCUOLA SQUADRA Disegno di Chiara Chimenti e Vittoria Rossi

NELL’ADOLESCENZA sono frequenti le incomprensioni con i genitori e talvolta dentro di noi rimangono inespressi tanti interrogativi. Per trovare un punto di contatto abbiamo posto loro alcune domande. Che idea avete di rispetto e secondo voi lo dimostriamo nei vostri confronti? Per la maggioranza i canoni di rispetto sono: ascoltare l’altro, non alzare la voce o usare termini volgari e generalmente hanno risposto di sentirsi rispettati. Talvolta sentiamo il bisogno di esprimere i nostri sentimenti e pensieri, ma voi siete sempre occupati. Pensate che ci debba essere più tempo per confrontarci? La risposta è pressoché univoca poiché, dicono, il tempo che si passa con i figli non è mai abbastanza! Ci sono degli argomenti tabù di cui non possiamo parlare? La maggioranza sostiene che si può

parlare di tutto, ma qualcuno ammette che non abbiamo ancora l’età giusta per affrontare “certi” argomenti. Spesso le vostre decisioni ci sembrano ingiuste e affrettate, prese senza tener conto delle nostre esigenze. Provate qualche rimorso dopo averci detto di no? Molti di loro non si sentono in colpa poiché le scelte sono fatte sempre tenendo conto del bene dei figli. A VOLTE ci sentiamo sotto pressione poiché non corrispondiamo alle vostre aspettative. Siete soddisfatti di noi? Gran parte ha risposto sì, nonostante qualche nostro difetto come lo scarso impegno e la mancanza di ordine. Riscontrate vergogna o qualche difficoltà nell’esprimerci i vostri sentimenti o questo per voi non è un problema? Tutti concordano sul fatto che è più che naturale parlare delle proprie emozioni con i figli.

la redazione della III E... STUDENTI Mattia Baldinozzi, Alessio Benci, Matteo Benvenuti, Gabriele Cherici, Chiara Chimenti, Carlo Franci, Martina Giusti, Sofia Giusti, Santona Hasan, Qian Qian Hu, Valentina Irollo, Michael Alfredo Lopez, Sole Maraggi, Arber Mece, Luca

Moretti, Andrea Ostili, Sweed Amit Pasquini, Lucrezia Piomboni. Marco Poponcini, Gaia Rontani, Vittoria Rossi, Niccolò Sbrana, Lorenzo Sgrevi, Benjamin Shoeb, Matteo Stocchi, Alessia Tonini, Viola Vincenzi, Valeria Vongher, Elena Woite

INSEGNANTI Elisabetta Bartalesi Sandrea Pasquini PRESIDE Alessandro Artini


10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 22 MARZO 2012

Scuola Media

XIII Aprile

SOCI (BIBBIENA) (BIBBIENA)

Figli alla moda, papà alla Caritas Riflessione su consumismo e povertà: i sacrifici fatti nel nome dei ragazzi

A

VOLTE DIETRO al capo firmato di un ragazzo si nascondono una, cento, mille storie che raccontano grandi sacrifici dei genitori. Molti giovani non conoscono le condizioni finanziarie dei familiari che, talvolta, si trovano disoccupati e costretti a rivolgersi ad associazioni come la Caritas. Specialmente in questi ultimi anni stiamo affrontando una grave crisi economica che ha colpito molti stati e che ha purtroppo portato molti lavoratori alla disoccupazione e così la situazione di molte famiglie si è ancor più aggravata. I ragazzi di oggi non pensano ai problemi riguardanti la famiglia: secondo la loro mentalità è necessario avere vestiti di marca e prodotti tecnologici per apparire «idonei» e poter essere considerati parte di un gruppo. Per i giovani il fatto di entrare a far parte di un gruppo significa anche doversi adeguare a determinate caratteristiche , come ad esempio, il modo di vestirsi. La moda tra i giovani può diventare causa di discriminazioni: i ra-

mati o costosi apparecchi elettronici che non si rendono conto però delle rinunce o delle difficoltà dei genitori. Da un lato quindi assistiamo a fenomeni di spreco e consumismo e dall’altro invece a situazioni di vita disagiate e aumento della povertà.

FIGLI...Disegno di Eleonora Lezzi, Ylenia Pastorini, Francesco Cresci

gazzi sono giudicati sulla base degli indumenti che indossano. ESSERE ALLA moda per molti è importante: portare abiti, scarpe firmate rende belli fuori, ma così si tralasciano e si mettono in ombra le vere qualità di una persona, quelle interiori. La moda influenza particolarmente gli adole-

scenti perché essendo ancora nella fase della crescita devono consolidare certezze autonomia e, a volte, il modo di vestire serve a nascondere insicurezze o disagi. I genitori, a volte, amano «eccessivamente» i figli tanto da privarsi di beni di prima necessità pur di accontentarli. Quante volte vediamo dei bambini sfoggiare abiti fir-

MOLTE PERSONE, molti genitori sono costretti a rivolgersi alla Caritas che dà un contributo alle famiglie con difficoltà economiche distribuendo generi alimentari e vestiario. Il numero di famiglie che si rivolge a questa associazione è in sensibile aumento. La Caritas, nata nel 1971, ha lo scopo di diffondere carità e solidarietà. In Italia vi sono numerosi centri Caritas che hanno il compito di mettersi in ascolto della realtà che li circonda cercando di dare delle risposte concrete ai bisogni della popolazione che si trova in difficoltà distribuendo generi alimentari e vestiario che proviene dalla generosità delle persone che portano abiti e calzature presso i punti di raccolta .

CARITAS PARLANO I VOLONTARI DEL CENTRO DI SOCI: SERVIZI, OCCASIONI, LE STRADE DELL’ACCOGLIENZA

Quei volontari sempre pronti a dare una mano ABBIAMO INTERVISTATO alcuni volontari della Caritas della nostra vallata, il Casentino, che ha un centro proprio nel nostro paese, a Soci . Quanti sono i volontari che prestano servizio presso il Centro Caritas di Soci?

«Negli ultimi anni oltre quindici volontari offrono il loro aiuto a persone e famiglie povere o con problemi economici». Quali servizi offre il vostro centro Caritas?

«Il nostro centro offre due servizi: il centro di ascolto, che ha il compito di mettersi a disposizione di tutti coloro che hanno bisogno di aiuto, consiglio, di poter parlare con qualcuno delle proprie difficoltà; l’altro invece è quello che ci vede impegnati nella distribuzione di generi alimentari». ...E PADRI Chiara Lunghi, Arianna

Biagioni, Giovanni Salvatore

Quale è il vostro compito principale?

«Nostro compito è innanzitutto creare un rappor-

to di amicizia e condivisione con le persone che si rivolgono al nostro Centro, successivamente quello di aiutarle concretamente. Le persone vengono accolte e aiutate nei momenti di difficoltà ed in qualunque occasione noi cerchiamo di aiutarle e di sostenerle, a volte è importante anche semplicemente sentire una voce amica». Vi occupate anche di distribuzione del vestiario?

«Per offrire questo servizio collaboriamo con il Centro Caritas di Bibbiena, nel quale si trova un centro di raccolta e di distribuzione del vestiario». Quante sono le famiglie che si rivolgono al vostro centro?

«Numerose sono le famiglie che si rivolgono al nostro centro, sia straniere che italiane. In particolare donne. Noi volontari organizziamo anche dei mercatini di beneficienza per reperire fondi per la distribuzione di beni di prima necessità».

la redazione della III A... STUDENTI Antonio Barretta, Arianna Biagioni, Sara Brezzi, Lisa Cenni, Paula Loredana Ciobanu, Francesco Cresci, Beatrice Diana Cretu, Petru Marian Dobos, Federico Fabiani,

Eleonora Lezzi, Giammarco Lucci, Alessia Lumachi, Chiara Lunghi, Shanto Mia, Filippo Mulinacci, Madalina Narcisa Negru, Ylenia Pastorini, Samuele Pini, Daniele Praitano, Giovanni Salvatore, Arjun Singh,

Marco Valentini, Eleonora Zampini INSEGNANTE Anna Bernacchi PRESIDE Felicita Casucci

CARITAS I DATI

Sale l’afflusso ai centri I nuovi poveri L’ITALIA STA vivendo un periodo di crisi economica che causa l’impoverimento di un maggior numero di famiglie sia italiane che straniere. Da vari sondaggi emerge che la povertà in Italia sta aumentando e si è incrementato anche il numero di coloro che si rivolgono alla Caritas. In totale le persone che si trovano in situazione di disagio sono pari a 8,3 milioni circa, quasi il 14% della popolazione italiana.Secondo alcune indagini risulta che più di due milioni e mezzo di famiglie in Italia si rivolge alla Caritas. In Toscana circa il 77% delle persone che usufruiscono della Caritas sono di provenienza straniera, ma vi è stato comunque un incremento sensibile di italiani negli ultimi anni rispetto al passato. Il rapporto tra italiani e stranieri è di circa uno a cinque. AI CENTRI Caritas si rivolgono famiglie, persone sole, disoccupati e anziani con problemi di natura economica, mancanza di lavoro o di casa. In Toscana dalle oltre 20mila persone del 2007, nel 2008 si è passati a quasi 23 mila . Rispetto al 2007 l’aumento costante delle persone ha riguardato quasi tutte le zone in cui sono localizzati i Centri, aumentati dagli 88 del 2007 ai 102 del 2008. Nel 2009 è aumentata la percentuale delle donne: dal 50,4% sono passate al 53,4%. Tra gli stranieri prevale la componente femminile, mentre tra gli italiani il rapporto è quasi paritario. Le persone che hanno maggior numero di figli frequentano di più le strutture, mentre le persone che vanno presso i centri anche una volta sola tendono ad essere senza figli: le famiglie più numerose sono quelle più in difficoltà.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 27 MARZO 2012

Convitto Nazionale

V. Emanuele II AREZZO

Lo sport regala una seconda vita Stesso nome, stesso destino e l’agonismo che le fa tornare a vivere SPORT UNA GARA

«Quel brivido al momento dello sparo» IL GIORNO 21 Marzo 2012, la scuola media del Convitto di Arezzo si è recata al Campo Scuola di via Fiorentina ad Arezzo per trascorrere una mattinata intera all’insegna dello sport e per cimentarci in una piccola Olimpiade. Molte sono state le discipline praticate: il salto in lungo, il lancio del peso, il salto in alto, la corsa di velocità e di resistenza. Per capire meglio i sentimenti provati dai giovani atleti abbiamo intervistato il nostro compagno Alessio Cerofolini. A quale disciplina hai partecipato?

«Ho partecipato ai 1000 metri, categoria Cadetti»

Cosa hai provato allo sparo iniziale della corsa?

«Ero teso perché non credevo di riuscire a fare una buona gara e anche perché dovevo gareggiare con i ragazzi delle classi terze» Come ti sei sentito nel corso della gara?

T

UTTI NOI SIAMO diversi eppure, incredibilmente, a volte il destino ci accomuna. Parliamo di due ragazze che hanno lo stesso nome, Beatrice. Beatrice Ion e Beatrice Vio: la prima nata in Romania e la seconda in Italia, a Mogliano Veneto in provincia di Treviso. A volte due persone completamente diverse possono avere un destino identico e queste sono le loro stupefacenti storie. Beatrice Vio, adesso quindicenne, è una ragazza che nel 2008 è rimasta senza braccia e gambe. Ciò non le ha impedito di tirare di scherma ed è stata la prima al mondo a usare delle protesi per praticare questo sport. Ma torniamo a quella sera del 20 novembre 2008: improvvisamente Bebe non si sente bene, e quella che poteva sembrare una semplice influenza si è poi rivelata una grave meningite che ha devastato il suo corpo con numerose emorragie interne. All’inizio del ricovero i medici stimarono che al 96% sarebbe morta. I genitori, disperati e terrorizzati, decisero di trattare Bebe da adulta e le dissero tutto, anche

«Ho avuto qualche difficoltà all’inizio del secondo giro, perché ero molto stanco e avevo sprecato molte energie, ma poi ho rallentato e mi sono rincuorato guardandomi alle spalle e vendendo che il secondo era molto più distante da me»

In breve raccontaci la tua avventura

«E’ stata una bella esperienza, perché mi è piaciuto affrontare i miei compagni di classe e ho anche battuto dei ragazzi che non credevo di saper affrontare».

LA VOGLIA di vivere di Bebe le diede la spinta e il coraggio per affrontare le terribili amputazioni. Ora Bebe vive con delle protesi e continua a fare ciò che ama: la scherma. Infatti, ha già vinto il

torneo paraolimpico regionale dell’Emilia Romagna e ha ottime potenzialità. Sogna in grande, magari una medaglia alle paraolimpiadi. Il Convitto le augura di farcela. Beatrice Ion è di origini rumene e, per un vaccino anti-poliomelite somministrato a tre mesi di età, 6 anni più tardi ha contratto

DA QUESTE due vicende, che ci hanno molto colpito, abbiamo capito il valore che lo sport ha avuto per queste due ragazze: da una parte le distraeva dalle loro difficoltà, dall’altra ha dato loro modo di avere una seconda possibilità per far vedere la loro forza di volontà oltre che il loro valore come persone. Forza ragazze, siamo tutti con voi!

Conosciamo tutte le discipline olimpioniche?

Durante la gara hai avuto qualche difficoltà? Come l’hai superata?

«Ho provato molta gioia perché mi sono classificato primo!»

SCELTE DI VITA Beatrice Vio ed il suo amore per la scherma

che per guarire doveva farsi tagliare braccia e gambe.

SPORT CURLING, BADMINTON, FREE STYLE: CURIOSANDO TRA LE SPECIALITÀ MENO FAMOSE E SPETTACOLARI

«Mi sono sentito felice perché sono riuscito ad essere in testa fin dall’inizio»

Cosa hai provato quando hai tagliato il traguardo?

la poliomelite che ha limitato lo sviluppo degli arti inferiori. Per curarla tutta la famiglia si è trasferita a Roma nel 2004. Lì è stata presa in carico dall’ Ospedale Bambin Gesù. In seguito ha iniziato a fare riabilitazione e la sua fisioterapista le ha consigliato di aggregarsi alla squadra di minibasket «Santa Lucia». A quello sport si appassiona talmente tanto che diventa un elemento importante della squadra. Lo sport le ha conferito una maggiore autonomia e una più salda autostima. Con il Santa Lucia ha già vinto lo scudetto italiano della sua categoria e in futuro l’aspirante cestista potrebbe anche vestire la maglia azzurra.

LE ALTRE DISCIPLINE Ecco un’immagine del curling

LE PROSSIME Olimpiadi si terranno a luglio 2012 a Londra. Tutti penseranno alle solite specialità come la corsa di velocità, il salto in alto, il lancio del peso, la maratona, la marcia. Gli appassionati di sport, e non solo, non vedranno l’ora di assistere alle incredibili imprese di atleti famosi come il giamaicano Usain Bolt. Abbiamo cercato di conoscere meglio le discipline che si giocano alle olimpiadi estive e invernali i cui atleti non saranno mai ricchi e famosi come Bolt. Siamo dunque andati alla ricerca degli sport meno noti della manifestazione olimpionica. Ci hanno incuriosito il curling ed il volano o badminton. Il curling è una disciplina invernale di origini scozzesi, giocata su una lastra di ghiaccio detta rink lunga 44,5 metri. Tre giocatori devono lanciare pietre di granito scozzese chiamate stones che devono arrivare il più vicino possibile al bersaglio detto case, cercando di “sbocciare” le pietre avversarie, cioè allontanarle dal bersaglio. Il capitano, detto skip rima-

ne nella zona del bersaglio, coordina lo skipping dei compagni e indirizza la pietra verso il bersaglio. Degli altri sport olimpionici ci ha incuriosito il volano o badminton, uno degli sport più diffusi, alla Federazione mondiale del badminton ben 165 stati! Il gioco è praticato su un campo rettangolare diviso da una rete, in singolo o in coppia, e consiste nel lanciare dall’altra parte un volano con la racchetta. E’ parente del tennis. Il free style è uno sport che ha origine in America verso gli anni ’50 e verso gli anni ’70 entra a far parte delle discipline olimpioniche. Alle olimpiadi le discipline di Free Style maschili e femminili sono gobbe e salti. Gobbe: la gara consiste in una discesa di 220/250 metri di discesa rapida. La discesa deve avvenire nel minor tempo possibile con la giusta tecnica e presentando due acrobazie in prossimità degli appositi trampolini piazzati lungo il percorso.La gara di salto consiste nell’ esecuzione di due differenti salti acrobatici.

la redazione della II A... STUDENTI Roberta Campli, Alessio Cerofolini, Luigi Fontana, Dante Friscia, Ginevra Grigolo, Jessica Huang, Roman Karpetskij, Pietro Loreti, Alessandro Matraxia, Camilla Mercanti, Riccardo

Mori, Diego Moriani, Gaia Muratti, Emanuele Padrini, Erica Paggini, Lorenzo Panozzi, Maria Celeste Panzanelli, Mihai Pichineriu, Pietro Raffo, Mattia Rencinai, Luca Salvia, Paolo Sestini, Alessandro Vanni, Luca Verdelli

INSEGNANTI Paolo Innocenti Lucia Facchielli

PRESIDE Luciano Tagliaferri


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 27 MARZO 2012

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Convitto Nazionale

V. Emanuele II AREZZO

Musica, danza e divertimento Attività che sono di casa al Convitto Nazionale «Vittorio Emanuele II»

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A MUSICA è arte ma è anche la scienza dell’organizzazione dei suoni per creare un insieme melodico. Si tratta di arte ma bisogna praticarla con perizia perché ci sono norme pratiche adatte a conseguire determinati e gradevoli effetti sonori che riescono spesso ad esprimere idee e sentimenti. Il generare suoni avviene mediante il canto oppure mediante gli strumenti musicali che stimolano la percezione uditiva e le emozioni di chi ascolta. La danza invece è la prima espressione del genere umano perché ha come strumento il corpo, quindi è l’ espressione di ciò che hai dentro, è il tuo stile di vita che si manifesta con dedizione, sacrificio, impegno e competizione. Che cosa sono perciò musica e danza? Talento, arte e bellezza… Il Convitto Nazionale «Vittorio Emanuele II» di Arezzo a cui è annessa la nostra Scuola Media (Scuola Secondaria di Primo Grado), si fa portavoce di iniziative di musica e danza che si svolgono durante l’intero arco dell’anno scolastico. Infatti la Scuola Secondaria di Pri-

MUSICA MAESTRO Il coro del Convitto con il preside Tagliaferri

mo Grado propone un insieme di attività in ambito musicale, gratuite per tutti gli alunni dell’Istituto. AD ESEMPIO lo studio di uno strumento: per le classi seconde e terze lo studio della chitarra è inserito nell’orario curricolare di Musica, con lezioni impartite da

un esperto. PER LE CLASSI prime il progetto prevede invece lo studio di alcuni strumenti musicali che devono essere concordati con i docenti in orario pomeridiano, con l’obbiettivo di creare una «piccola orchestra di Istituto». La Scuola Primaria si avvale inve-

ce di integrazioni con progetti e attività come la “Danza Baby Funk”. Infatti l’attività motoria viene integrata con un’ora settimanale per l’acquisizione e il perfezionamento della coordinazione corporea. Anche questa attività si avvale della collaborazione di un esperto esterno. Per non parlare poi degli eventi! Al Convitto si tiene un concerto al mese, di solito il sabato pomeriggio, e vengono promossi eventi che hanno a che fare con la musica, come la pubblicazione del libro del nostro Rettore Luciano Tagliaferri, sulla vita di un musicista vissuto al tempo di Vasari. Inoltre il 20 novembre 2011 una ventata di allegria è stata portata al Convitto dall’esibizione di un gruppo corale proveniente dalle Filippine. La platea era affollatissima di studenti raccolti nel bellissimo auditorium, che hanno ascoltato con vivo interesse le meravigliose voci delle ragazze provenienti dall’estremo Oriente. Avete visto quante cose? Una ragione in più per fare un pensierino sul Convitto Nazionale, magari iniziando a fare un giro in occasione di un concerto.

MUSICA LE NOTE A VOLTE DIVENTANO UNA TERAPIA: LA STORIA DI GIANLUCA E DI QUEL BRANO DI VENDITTI

«Io, fuori dal coma grazie a una canzone»

VIVA LA MUSICA Nel disegno il settore caro al Convitto

COMA. UNA PAROLA terribile, che nasconde il dolore e le sofferenze del malato e di chi gli sta accanto che vive sperando nel risveglio. Le speranze ci sono, come nel caso di Gianluca Sciortino, ragazzo della periferia romana, che nel 1992, all’età di 11 anni, si risvegliò da un coma apparentemente irreversibile grazie ad un brano del suo cantante preferito. E’ stato proprio lui a narrare la sua esperienza in occasione della «Giornata per la vita», organizzata a Firenze sabato 4 febbraio 2012. Gianluca racconta: «E’ con una canzone di Antonello Venditti che mi sono risvegliato dopo 41 giorni di coma. Quando entrai nel tunnel del coma ero un ragazzo con tutti i sogni e le speranze dell’età … e poi niente più …». La rottura di un’ angioma gli aveva provocato un emorragia celebrale invasiva e devastante. I medici non davano speranza al-

cuna alla famiglia tanto da consigliare il distacco dalle macchine. Ma la madre non ci sta e decide di registrargli audio cassette che ripropongono i rumori di casa, le voci dei compagni di classe, dell’allenatore e soprattutto tanta musica. DA ALLORA la musica lo ha accompagnato nella riabilitazione ed ha avuto un ruolo fondamentale nella sua vita. «Quando ero in coma i medici dicevano che non mi sarei più svegliato ma non è stato così e da quando ho riaperto gli occhi continuo a migliorare; non guido e non corro ma mi sono diplomato, ho pubblicato un libro e compongo musica. Adesso la musica è diventata la mia migliore amica». Gianluca Sciortino è cantautore e autore del libro «Un giorno di dicembre», dal quale è stata tratta la fiction «In nome del figlio».

la redazione della III B... STUDENTI Tommaso Bertini, Andrea Bruni, Luca Filippo Cincinelli, Iacopo Chioccioli, Paolo Ciofini, Sharon D’Andria, Giulia Giorni, Ric-

cardo Innocenti, Mariana Marcuta Lenus, Andrea Montaini, Maria Chiara Moretti, Davide Nardi, Lorenzo Niccolini, Christian Rufini, Elsa Martinita Sancez Guerrero, Ma-

ria Trojanis, Lorenzo Vanni INSEGNANTE Paolo Innocenti PRESIDE Luciano Tagliaferri

MUSICA LE PAROLE

Tre campane: dietro un pezzo tutta una vita LÀ CALA il vento nella valle lui ha un solo giorno e tutti quanti stretti intorno che lo portano alla casa la campana del villaggio oggi suona anche per lui ed il cielo è come un fiore che si apre agli occhi suoi ma la gente che lo guarda pensa a un altro come noi hanno scelto già il suo nome la campana suona ancora mentre il sole se ne va là cala il vento nella valle la domenica di Pasqua due ragazzi lui ha vent’anni di lavoro la sua donna gli assomiglia è la sua donna la campana del villaggio oggi suona anche per lui la promessa di una vita che sarà divisa in due e l’amore gli accompagna ma la vita è tutta là ed il tempo batte forte la campana suona ancora mentre il sole se ne va la campana del villaggio anche oggi suona a lui un riposo tanto dolce non lo aveva avuto mai e la gente che l’ amava non ci pensa quasi più cala il vento nella valle la campana suona ancora mentre il sole se ne va. Il maggiore successo del gruppo italiano Schola Cantorum è la canzone «Le tre campane», già interpretata da Edith Piaf e dagli inglesi dai The Browns. Il testo, scritto da Luciano Beretta, racconta la vita di un uomo attraverso il suono delle campane del villaggio che rintoccano nelle occasioni più importanti della sua esistenza: la nascita, il matrimonio, la morte. Questa canzone rispecchia i sentimenti che una persona può provare nella vita: l’amore ma anche la tristezza che può provocare la morte.




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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 3 APRILE 2012

Scuola Media

Margaritone AREZZO

Dentro i mostri, via la chiave! Le mura del pregiudizio sono più alte e invalicabili di quelle delle carceri CARCERE SPIRAGLI

Non lasciate ogni speranza voi ch’entrate ALL’INGRESSO del carcere imputati e condannati vengono identificati e privati di tutti gli oggetti di valore. Con una «dotazione» (un rotolo di carta igienica, la coperta, la gavetta in metallo, posate, una bustina di shampoo ed una di bagnoschiuma, spazzolino e dentifricio) vengono sistemati in cella direttamente con altri detenuti e quasi sempre senza separazione tra persone alla prima esperienza e «veterani», quando non sono costretti a dormire con un materasso nel corridoio. In Italia vi sono 45600 posti e più di 67000 detenuti (in Toscana 4459), di cui 25000 sono stranieri, oltre 26000 tossicodipendenti, il 4,3%, donne il 55% è in attesa di condanna definitiva. QUALE POSSIBILITÀ hanno questi detenuti di evitare di essere annientati definitivamente? Nonostante fondi quasi inesistenti, si adoperano in tal senso gli operatori del carcere, spesso volontari (circa 8.300 di cui oltre 1300 in Toscana) anche attraverso concorsi di poesie, corsi di pittura, conferenze, seminari, concerti, istruzione, corsi di formazione professionale, laboratori teatrali e spettacoli. Un esempio è il Teatro Popolare D’Arte, con la direzione artistica di Gianfranco Pedullà, che dal 1992 opera nella Casa Circondariale di Arezzo, in collaborazione con la Compagnia il Gabbiano (formata da detenutiattori) e ha coinvolto oltre 500 persone che si sono alternate sulla scena affrontando testi di ogni genere di fronte ad ampi pubblici.

P

ERCHÉ PARLARE di carcere e detenuti? L’idea sembra inappropriata e poco interessante: cosa c’entriamo noi con i carcerati? Che stiano bene dove stanno. Come dannati di un girone infernale, rinchiusi al di là di mura e sbarre. Dentro i mostri. Via la chiave. Il male fortunatamente è imprigionato. E il carcere non esiste, se non per il problema del sovraffollamento, argomento di grande attualità in questo periodo. Così, per saperne di più, abbiamo contattato Paolo Basco, direttore della Casa Circondariale di Arezzo - attualmente «evasa» dalla città per lavori di ristrutturazionePaolo Basco non esita a presentarsi in classe e a parlarci per ben tre ore. Ma non di numeri e dati, di chiusure e sovraffollamento. No. Cita la Costituzione, in particolare l’articolo 27: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Sostiene che di detenuti e non di carceri dobbiamo parlare, che i primi da rieducare siamo proprio noi «abitanti della comunità ester-

OLTRE IL DOLORE La catena e il portone, simboli del carcere

na».

do dietro ogni carcerato.

SPESSO ABBIAMO un’idea distorta e stereotipata dei detenuti come oggetti, numeri, individui senza dignità, la cui umanità si estingue nell’atto stesso di compiere il crimine. Ma nessun detenuto è il reato che ha commesso. C’è invece un mon-

UN INDIVIDUO che ha commesso errori anche gravi sconta già la sua pena trascorrendo 20 ore al giorno recluso in celle di 20 mq. da dividere magari con altri 7 detenuti. Va privato della libertà fisica ma non annientato. Altrimenti il ri-

sultato sarà esattamente opposto a quella che dovrebbe essere la funzione del carcere, portando il detenuto a reiterare solo i comportamenti devianti dentro e fuori. Il detenuto ha diritto di mantenere la propria dignità come chiunque altro. Ha diritto di recuperare autonomia e libertà di coscienza per ripensare criticamente ai propri comportamenti. Solo così può essere rieducato e reinserito nella società. Per attuare questa rieducazione l’amministrazione penitenziaria deve garantire al detenuto il «trattamento», un percorso personalizzato messo a punto dal direttore, educatori, psicologo e assistente sociale, che include tutte le attività e le esperienze che valorizzino le sue capacità e risorse, dal lavoro ai rapporti con la famiglia, dalle attività culturali a quelle ricreative, dall’istruzione alla libertà religiosa. I detenuti non sono alieni provenienti da una terra di nessuno, ma uomini che fino a ieri vivevano accanto a noi e qui, una volta scontata la pena, hanno diritto di ritornare, cittadini come gli altri, senza dover restare imprigionati dai pregiudizi della gente.

CARCERE LA VITA RACCONTATA DALL’INTERNO. AL CLASSICO SERATA CON I BRANI DEI DETENUTI

Voci dalle celle: alieni, poeti o … uomini!?

LACRIME IMPRIGIONATE Sara Fernandez e Ilaria Licari

SABATO 24 MARZO si è tenuto al Liceo Classico Petrarca un convegno sul concorso di poesie scritte da detenuti e pubblicate nel volume «Dal disagio alla poesia. Voci dal Carcere», alla presenza del Preside Giampiero Giugnoli. di Edda Ardimanni, presidente del Circolo Culturale Sacchini, che da 17 anni organizza il concorso, di Paolo Basco, direttore del carcere di Arezzo e dell’educatrice Fabiola Papi. Un’occasione per educare i giovani a sentire la cultura espressione di libertà e il carcere uno spazio dove umanità e autenticità possono sprigionarsi come all’esterno. Da Pascoli, citato dal Preside, alle poesie, lette dagli alunni del liceo, di coloro che urlano o sussurrano la propria condizione di disagio tra speranza e disperazione, amore e solitudine. Voci come queste. «Io uomo incriminato indagato imputato processa-

to condannato arrestato carcerato. Io carcerato additato bollato umiliato ricordo penso alla libertà alle gioie dell’amore. In uno struggente tormento lacrime mi solcano il viso non bastano a colmare le immense ferite del mio cuore. Io uomo!?» Io carcerato. «La luce che attraversa le sbarre, quanto male mi fa» La mia cella. «Danza il pulviscolo nel raggio di sole che pallido è entrato dalle sbarre fitte della mia nuova cella» Un Raggio di sole. «Rumori terrificanti e metallici di porte che sbattono, chiavi che chiudono…Ed ancora il camminare avanti ed indietro, angosciante ripetitività: non c’è abbastanza posto per muoversi» Insufficienza di prove. «Sono chiuso il grigio mi soffoca sono chiuso le sbarre mi comprimono… nemmeno la mia anima riesce a fuggire via» Grigio. «L’estate ci sembra poco opportuna e se alla primavera rimproveriamo di essere così corta, all’inverno ogni cosa. Solo l’autunno ci è familiare perché lo ritroviamo nell’anima». Attesa.

la redazione della III F... STUDENTI Alessia Agnolozzi, Martina Badiali, Andrea Bidini, Lorenzo Bini, Ottavia Borghini Baldovinetti, Jasmine Boutaj, Tommaso Cocci, Alessandro Detti, Isabella Fabbri, Sara Fernandez Gutierrez, Nico Franchi, Megghy Grotti, Jacopo Guer-

ri, Gianmarco Landucci, Ilaria Licari, Sofia Monachini, Saverio Montini, Martina Palombo, Caterina Papini, Matteo Papini, Chiara Piccirillo, Lisa Quagliotti, Luca Resti, Andrea Rondinini, Federico Santamaria, Giacomo Sciarma, Giulio Vichi.

INSEGNANTI Sabina La Vecchia, Maria Pia Giuliattini PRESIDE Enrico Mancini Grazie a Maria Luisa Lapini per la foto


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 3 APRILE 2012

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Scuola Media

Vasari AREZZO

In balìa dei messaggi invisibili Pubblicità, potere, religione: come ci condizionano i segnali subliminali

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N MESSAGGIO subliminale è un’ informazione che viene trasmessa in modo indiretto e nascosto ma viene percepita lo stesso, pur inconsapevolmente, dal subconscio, influenzando alcune volte il comportamento di un individuo. Tali messaggi sono principalmente a scopo pubblicitario, ma possono essere anche di tipo satanico o a sfondo sessuale; sono ovunque: immagini, cartoni, pubblicità e canzoni con lo scopo di condizionare le scelte delle persone. Solitamente i messaggi subliminali sono una presa in giro o semplicemente una sciocchezza, ma a volte possono avere un’intenzione ben precisa. La maggior parte dei casi si sono verificati nei film o nelle canzoni, se ascoltate riprodotte al contrario. L’idea che i messaggi subliminali potessero influenzare la mente attraverso l’inconscio si è originata negli anni ’50, quando un pubblicitario americano sostenne di essere riuscito a far aumentare le vendite di prodotti inserendo nei film frasi come «Drink Coca-Cola» (Bevi Coca-Cola) e «Hungry?

fatto uno studio in Inghilterra. E’ stato registrato un brano musicale che ascoltato al contrario in un certo punto diceva: «Grattati la testa». L’80% delle persone sottoposte a questo studio, nel punto dove il brano, se ascoltato al contrario, diceva quella frase, si grattavano la testa. Quindi è stato scientificamente provato che i messaggi subliminali hanno effetto sul cervello umano; le conseguenze possono essere molte e dipendono dal messaggio in sé.

AL CINEMA I messaggi: disegno di Karla Contreras e Gaia Incensati

Eat pop-corn!» (Hai fame? Mangia pop-corn) che erano visibili per una frazione di secondo. QUESTI FLASH pubblicitari di pochi secondi, anche privi di audio, a comparsa improvvisa all’interno del film, generavano il desiderio di acquistare il prodotto proposto durante o dopo la proiezio-

ne del film. I messaggi subliminali sono in moltissimi posti, dai cartoni della Walt Disney, alla pubblicità, alle canzoni. IL MESSAGGIO subliminale non viene visto o ascoltato, ma viene percepito dal subconscio del cervello. Per capirne meglio gli effetti e se fossero veri è stato

E’ POSSIBILE che un video contenga un altro video al suo interno, come una sequenza di colori e di audio che entrano nella sfera sensoriale. Questo tipo di tecnica può essere usata per condizionare i comportamenti religiosi o imporre una convinzione politica. Tuttavia i messaggi subliminali non condizionano pienamente le scelte e talvolta inserire un’immagine di tipo subliminale è solo un divertimento del disegnatore. Quindi non sono una cosa del tutto negativa perché non sono sempre nocive e difficilmente raggiungono la coscienza del pubblico.

MESSAGGI SUBLIMINALI IL CASO «FNORD», NATI NEL ’700 CON LA SOCIETA’ SEGRETA DEGLI ILLUMINATI

False informazioni per pilotare le masse

NEI FUMETTI Richiami satanici: Ionut Costache e Joan Contreras

DAL PUNTO di vista psicologico, un messaggio subliminale è un’informazione che il cervello di una persona assimilerebbe a livello inconscio. Il messaggio è trasmesso attraverso scritte, suoni o immagini che trattano un qualsiasi argomento che nasconde al suo interno, come in un codice cifrato, ulteriori frasi o immagini avulse dal contesto iniziale e che rimarrebbero inconsapevolmente nella memoria dell’osservatore. Tuttavia la gran parte delle ricerche scientifiche svolte in merito ha rilevato che il messaggio subliminale non produce alcun effetto forte e duraturo nel comportamento umano. Un tipo di messaggio subliminale è lo «fnord», in pratica lo «fnord» è una disinformazione o una mala informazione mirata a distogliere le masse dalla verità, generalmente con l’implicazione di una cospirazione o complotto.

Si pensa che i primi ad utilizzare lo «fnord» furono gli illuminati (società segreta bavarese nata il 1 maggio 1776). L’intento dichiarato degli illuminati era di diffondere le opere dei Lumi all’interno di uno stato, la Baviera, che proibiva gran parte di tali scritti. INOLTRE SI propongono di operare un perfezionamento morale dei loro membri e di riunire la Germania, e poi l’Europa, per ottenere il ritorno allo «stato di natura», in cui gli uomini sarebbero vissuti in pace tra loro. Negli anni a venire però gli ideali illuminati sono radicalmente cambiati, infatti il loro attuale scopo sarebbe quello di controllare il mondo tramite il condizionamento delle masse (attraverso gli «fnord») e il possesso delle principali banche e multinazionali planetarie.

la redazione della III A... STUDENTI Giancarlo Acosta Terrero, Sergio Bucci, Caterina Burzi, Riccardo Cecchi, Elisa Cecci, Joan Contreras Rodriguez, Karla Johanna Contreras Rodiguez, Costantin Costache Ionut, Andrea Frati-

celli, Enrico Gragnoli, Federico Gualdani, Elisa Guerrieri, Adrian Hanganu Leonard, Gaia Incensati, Afrida Kabir Sheikh, Nicola Marchetti, Luca Marraghini, Nicolae Movila Irinel, FrancescaPagliarulo, Madalin Palanceanu, Ana Maria Pa-

vel, Diego Pelati, Daniele Pratesi, Myslim Rozi, Julian Sannuto, Daniele Testi, Vito Ursi INSEGNANTI Nadia Iacopucci, Francesca Pecorari PRESIDE Assunta Sorbini

MESSAGGI BAMBINI

Le trappole dietro i cartoni animati CHI NON HA mai visto da bambino qualche cartone animato della Disney? Questa grande multinazionale ci ha deliziato con cartoni che inneggiano all’amore e all’amicizia, ma sicuramente un altro componente fondamentale del suo successo è stato l’introduzione di messaggi subliminali nei suoi cartoni animati. Non tutti sanno che la Walt Disney è stata processata nel 2004 per l’introduzione di messaggi occulti a sfondo sessuale e satanico nei suoi film. Quelli che vengono maggiormente colpiti e che ne risentono sono i bambini, questi messaggi ne influenzano le scelte e ne modificano il carattere. Ma perché la Walt Disney e altre multinazionali utilizzano questo tipo di messaggi nei loro spot e nei film? SEMPLICE, il sesso attira, vende, questa non è una tesi non sperimentata, tutt’altro, i messaggi occulti e i loro effetti sono stati studiati in modo approfondito per oltre 10 anni. Il sesso muove il mondo, il sesso è il motore del mondo. Perciò la scopo principale della Walt Disney è quello di attrarre le persone con l’utilizzo di queste tecniche che colpiscono il nostro subconscio. Curiosamente le simbologie falliche attraggono gli uomini mentre i simboli che fanno riferimento all’organo sessuale femminile attraggono le donne. Per esempio, ne «Il re leone» durante una scena è stata intravista la scritta «sex» formata dalla polvere sollevata dal leone adulto che si accascia a terra.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 17 APRILE 2012

Scuola Media

XIII Aprile SOCI (BIBBIENA» (BIBBIENA»

Musica: una compagna di vita E i giovani sono tra i più grandi fruitori. La scoperta tra i 13 e i 14 anni MUSICA SONDAGGIO

Vincono i divi del momento e i cantautori ABBIAMO SVOLTO a scuola un sondaggio sulle preferenze musicali dei ragazzi. I risultati hanno evidenziato che, in fatto di musica, gli alunni si dividono in tre grandi schieramenti: c’è chi ama le nuove stelle della musica, soprattutto internazionale, come ad esempio i famosissimi One Direction, Rihanna, Lady Gaga, Pitbull, David Guetta e i Black Eyed Peas, che sono la maggioranza, circa il 55%; il secondo gruppo comprende tutti coloro che preferiscono le canzoni e gli autori che hanno fatto la storia della musica italiana, come Lucio Dalla, Gianni Morandi, Loredana Bertè, Raffaella Carrà, Vasco Rossi, Luciano Ligabue, Pupo e molti altri, che sono circa il 27%; infine ci sono quei ragazzi che ascoltano musica di vario genere, senza avere un solo autore preferito e sono circa il 16%. Non mancano coloro che prediligono musica House, della serie «Tunz- Tunz» o la techno, ma sono una minoranza, il 2% circa . In generale, abbiamo notato che i ragazzi sono più attratti dagli artisti eccentrici, e molto spesso cercano di imitarli perché vorrebbero essere come loro, ovviamente queste scelte influenzano poi anche il modo di vestirsi e di comportarsi. Alcuni trovano poi nella musica un mondo dove rifugiarsi, nel quale evadere dai problemi, dalle sofferenze, dalle paure, dalle difficoltà e dalle fatiche di ogni giorno. Possiamo concludere che la musica ha il potere di influenzare mente e cuore, sia in positivo che in negativo.

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A SEMPRE considerata un modo per esprimersi e passare il tempo, la musica è una delle più grandi forme d’arte. Essa ha molta importanza nella vita, specialmente nell’universo giovanile. Infatti uno degli interessi che accomuna i giovani è quello rivolto all’ascolto di musica: è proprio fra i 13 /14 anni, durante l’adolescenza, che i ragazzi cominciano ad incuriosirsi e a conoscere il nuovo che li circonda e a costruire i propri gusti, anche in fatto di musica. In questa fase la musica costituisce un tramite per diventare amici, per fare gruppo, condividendo le stesse preferenze. La musica è un potente linguaggio, capace di integrare le diversità, creare senso di appartenenza e prendere posizioni diverse. La musica può servire ad evadere dalla realtà dei problemi quotidiani e allo stesso tempo ha anche il potere di aiutare a capirsi e a conoscersi. Essa riveste una grande importanza poiché permette di rilassarsi, sfogarsi, emozionarsi, trovare conforto. Ascoltando canzoni, soffermandosi sul significato delle parole del testo, ci accorgiamo che es-

I BIG Disegno di Arianna Biagioni, Chiara Lunghi e Ylenia Pastorini

se parlano al cuore, a volte sono vere e proprie poesie. OGGI LA MUSICA è molto legata all’immagine, numerosi sono i videoclip che determinano o comunque consolidano il successo di una canzone. Esistono inoltre numerosi programmi televisivi che trattano di musica, dai qua-

li poi giovani artisti riescono a farsi conoscere, a proporsi alle case discografiche e diventare a poco a poco famosi. I GIOVANI sono così inondati da musiche dei più vari generi, musiche che li influenzano nella loro crescita, sia in positivo che in negativo.

A volte si arriva ad identificarsi con un cantante e ad imitarne l’abbigliamento, i modi di fare e persino il pensiero per essere uguale a quello che è diventato un mito, un modello di vita. La ragione del successo della musica fra i giovani è che essa sa raccontare storie che parlano della vita di chi le ascolta e che fa propri questi racconti. La musica ci accompagna in ogni momento della vita, sia nella solitudine che nei momenti di euforia come ai concerti o in discoteca. Coloro che si incontrano ad un concerto hanno molto in comune, vivono un’esperienza accomunante e molto entusiasmante. I mezzi di comunicazione odierni, e soprattutto, i sempre più sofisticati strumenti dell’elettronica ( ipod, ipad, mp3, mp4) fanno sì che la musica sia sempre più ascoltata da tutti e nelle circostanze più disparate e sia sempre di più un bene comune che come in ogni momento storico rappresenta la cultura e la vita in quel momento. In conclusione la musica è parte integrante della vita, è un’arte che da secoli continua a farci sentire più uomini, a regalarci emozioni.

MUSICA IL RICORDO DI UN GRANDE PERSONAGGIO IMPROVVISAMENTE SCOMPARSO NEI GIORNI SCORSI

Lucio Dalla, la perdita di un cantante e poeta

LIVE Disegno di Chiara Lunghi , Ylenia Pastorini, Eleonora Lezzi

UN GRANDE della canzone italiana, Lucio Dalla, è morto il 1˚ Marzo in Svizzera,proprio tre giorni prima del suo sessantanovesimo compleanno. La sua ultima partecipazione televisiva è stata nell’edizione del Festival di Sanremo di quest’anno a fianco del giovane cantante Pierdavide Carone con la canzone Nanì del quale è stato coautore. Si trovava là per un tour di concerti quando improvvisamente è stato colto da un attacco cardiaco. Lucio Dalla era un musicista di formazione jazz, poi divenuto cantautore, ritenuto da molti altri personaggi del mondo della musica un maestro. E’ stato uno dei più importanti autori e interpreti di canzoni sul palcoscenico della musica italiana. La sua morte ha scioccato l’ Italia. Il giorno del suo compleanno, il 4 Marzo, è stato celebrato il suo funerale. Più di 40.000 coloro che si sono stretti intor-

no alla famiglia e agli amici di Lucio per salutare per l’ultima volta il magnifico artista. LE SUE CANZONI hanno fatto la storia italiana e sono conosciute in tutto il mondo. Nella sua città, Bologna, era conosciuto da tutti come un uomo semplice, ed è ricordato da tutti i musicisti che hanno collaborato con lui come una persona stimata,non solo in campo artistico,ma anche come persona piena di valori. E’ stata certamente una grossa perdita. Egli non era solo un cantante, ma anche un grande musicista e soprattutto un poeta. Basta ricordare la canzone Caruso, considerata il suo capolavoro. Una canzone stupenda, omaggio di Lucio Dalla alla canzone napoletana e al tenore Enrico Caruso. E’ stata certamente una grossa perdita. Ciao Lucio.

la redazione della III A... STUDENTI Barretta Antonio, Biagioni Arianna, Brezzi Sara, Cenni Lisa, Ciobanu Paula Loredana, Cresci Francesco, Cretu Beatrice Diana, Dobos Petru Marian, Fabiani Federico,

Lezzi Eleonora, Lucci Giammarco, Lumachi Alessia, Lunghi Chiara, Mia Shanto, Mulinacci Filippo, Negru Madalina Narcisa, Pastorini Ylenia, Pini Samuele, Praitano Daniele, Salvatore Giovanni, Singh Arjun,

Valentini Marco, Zampini Eleonora INSEGNANTE Anna Bernacchi PRESIDE Felicita Casucci


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 17 APRILE 2012

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Scuola Media

Margaritone AREZZO

«Noi, in squadra con Dio» Don Paolo e don Danilo: giovani cammini di seminario e sacerdozio

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OME PAOLO De Grandi. Anni 42. Nato a Nogara di Verona. Ex calciatore. Attualmente capitano e numero 10 della Nazionale Sacerdoti. Professione: Sacerdote a Campoluci e Castelluccio Con il calcio nel sangue fin da bambino, selezionato nel 1983 per giocare nelle giovanili dell’Hellas Verona, società di serie A, sono una promessa del calcio e non ho altro scopo nella vita. Un giorno un grave incidente mi stronca la carriera. Anche se deluso, continuo a sognare quel mondo e voglio diventare allenatore. Intanto frequento la parrocchia, vado in discoteca, ho delle ragazze. Vorrei avere un figlio, ovviamente campione di calcio, ma amo anche dedicarmi agli altri. Nel 1991 lo spartiacque: mi reco a Lourdes. Sul treno incontro dei sacerdoti e con uno mi confesso. Diventa una figura paterna e una guida spirituale. Poi lo seguo in Bolivia. Ma ancora non penso al sacerdozio e quando lui me lo chiede vado in crisi. Tra l’altro ho una ragazza speciale, con cui penso di formare una famiglia. E’una proposta folle. Io, Paolo, dal cal-

FEDE E CALCIO Un disegno di Sara Fernandez e Ilaria Licari

cio al sacerdozio, da una vita normale a una di sacrifici. MA LA «TELEFONATA» è arrivata, e la risposta si compone da sé. Nel cassetto i sogni cambiano in un baleno. Prima in seminario e nel 2005 sacerdote. Il calcio? Fa ancora parte della mia vita. In un modo tutto nuovo e diverso.

COME MEZZO per giungere agli altri. Lo sport è un ottimo strumento d’incontro. Permette una relazione immediata, senza nessuna barriera formale. Le mie due grandi vocazioni che finalmente si fondono! Nome Danilo Costantino. Anni 33. Nato ad Erice (TP). Attualmente iscritto a Lettere, indirizzo

cinema e spettacolo. Hobbies: musica, sport, cinema, grafica. Amici su Facebook 5000. Professione: sacerdote di San Michele. Di famiglia credente ma non particolarmente osservante. Trascorro infanzia e adolescenza senza varcare la parrocchia, senza andare al catechismo pur ricevendo i «doverosi» sacramenti. Intanto mi si prospetta una carriera da cestista (milito per 8 anni nelle giovanili del Trapani, in A1). Frequento i Geometri, ho la ragazza, una moto e passione per grafica e musica. Ma non sono felice, voglio, cerco qualcosa di più. Che trovo a 17 anni proprio nella chiesa che avevo sempre ignorato. Quell’anno mi bocciano perché faccio più di 60 «chiodi» a scuola per andare a pregare. I miei inizialmente pensano che sia stato plagiato. Trascorro i successivi 10 anni in seminario. Oggi sono un sacerdote. Mi alzo la mattina e cerco di creare occasioni di incontro e di salvezza. Vivo con semplicità per gli altri, coltivando le mie passioni di sempre come un modo per stare vicino alla gente e portare loro Gesù, anche suonando con gli Inside Mankind, il mio complesso di rock cristiano.

CHIESA TRA I PRETI CHE PARLANO IL LINGUAGGIO DEI GIOVANI PER RICUCIRE LA DISTANZA CON LA SOCIETA’

No, qui le vie del Signore non sono finite! SACERDOTI COME Danilo e Paolo testimoniano un modo nuovo di vivere il cammino della vocazione e il sacerdozio. Un modo che può scalfire i luoghi comuni sul sacerdote visto come un anziano, solo, votato a rinunce e sacrifici, spesso arroccato su posizioni arcaiche e anacronistiche, appartenente a una «casta» in via di estinzione e quindi costretto a sobbarcarsi un’enorme mole di compiti e incarichi con sempre meno tempo per la dimensione spirituale. In un articolo del settimanale del Corriere della Sera Sette, si parla di chiese vuote, vocazioni decimate, degli italiani che sempre di meno dichiarano di aderire ai principi cattolici (meno del 50%). In controtendenza ci sono santuari pieni, boom di tour e pellegrinaggi – quest’anno 6 milioni di presenze a Lourdes e 4 a Fatima, per non parlare delle migliaia di aretini alla Madonna del Conforto o delle numerosissime presenze attese per il Papa ad

Arezzo il 13 maggio. I sacerdoti che abbiamo conosciuto intendono ricucire lo strappo che molti ritengono si sia creato tra Chiesa e società. Strappo che diventa ferita insanabile quando emergono scandali. Vivono e invitano a vivere la fede con costanza, naturalezza e spontaneità. Non come un fatto emotivo che si risveglia solo di fronte a miracoli. Non la «fede-evento», ma ogni giorno come «giornata santa», per riprendere le parole di don Danilo. Sacerdoti che vivono la realtà concreta e quotidiana trovando un equilibrio tra soggettività e ruolo, tra attivismo e cura della propria vita interiore, trasformando anche le passioni in risorse preziose per la comunità. Perché, come dice don Paolo, «come sacerdote credo di avere l’obbligo di incontrare le persone nei loro ambienti, non di attendere che esse vengano a bussare alla porta della mia canonica».

la redazione della III F... STUDENTI Alessia Agnolozzi, Martina Badiali, Andrea Bidini, Lorenzo Bini, Ottavia Borghini Baldovinetti, Boutaj Jasmine, Tommaso Cocci, Alessandro Detti, Isabella Fabbri, Sara Fernandez Gutierrez, Nico Franchi, Megghy Grotti, Jacopo Guer-

ri, Gianmarco Landucci, Ilaria Licari, Sofia Monachini, Saverio Montini, Martina Palombo, Caterina Papini, Matteo Papini, Piccirillo Chiara, Lisa Quagliotti, Luca Resti, Andrea Rondinini, Federico Santamaria, Giacomo Sciarma, Giulio Vichi.

INSEGNANTI Sabina La Vecchia, Maria Pia Giuliattini PRESIDE Enrico Mancini Grazie a Gianni Scarpini per la foto

CHIESA I NUMERI

Ma la crisi non risparmia le vocazioni IN ITALIA il numero dei sacerdoti è passato dai 68mila d’inizio ‘900, quando gli italiani erano 33 milioni, ai 28mila di oggi, con la popolazione quasi raddoppiata. La parte femminile del clero si è ridotta del 70%. Anche il numero dei seminaristi si è ridotto di 1000 unità: da 6472 fino a poco più di 5400. Per conoscere la realtà aretina incontriamo Don Enrico Gilardoni, giovane rettore del Seminario di Arezzo. Ci parla di un luogo dove si vive, si prega e si studia in un percorso di 6 anni. Attualmente ci sono 10 seminaristi, da 19 a 45 anni di età. Alcuni arrivano dopo il diploma, altri dopo aver lasciato l’impiego come portiere d’albergo, in banca o nell’azienda paterna. LA VITA è scandita da preghiera e studio (ci si reca ogni mattina alla facoltà di Teologia a Firenze), incontri e iniziative accanto al rettore e al consigliere spirituale. Dal 1991 al 2012 si contano 155 presenze in seminario con una media annua di 10-15 iscritti e 27 ordinazioni sacerdotali. Un tempo i seminari erano più affollati anche perché si arrivava sia per vocazione, sia per avere un’opportunità di studio e migliorare le proprie condizioni di vita. Spesso quindi si entrava in Seminario, definito Minore, già a 12-13 anni per compiere tutti gli studi. Adesso le vocazioni, come testimoniano i giovani seminaristi anche sul sito del seminario, sono più concrete e consapevoli. Il percorso in seminario è come «un fidanzamento», ci dice don Enrico, in cui il seminarista e la Chiesa, nella persona del Vescovo, si chiariscono e decidono di scegliersi o meno.


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CAMPIONATO GIORNALISMO ••

LA NAZIONE MARTEDÌ 24 APRILE 2012 .

Scuola Media

Vasari AREZZO

Flash mob, la moda vola sul web Da manifestazione spontanea a comunicazione: e corre col passaparola FLASH MOB FORME

Quando la rete coalizza eventi e proteste IL FLASH MOB è ormai entrato a pieno titolo tra le forme di comunicazione più efficaci. Utilizzato inizialmente per fare spettacolo e stupire la gente, ora sta diventando un modo per promuovere eventi culturali o persone e progressivamente uno strumento di protesta politica e di sensibilizzazione sociale. Interpretato come un importante mezzo di comunicazione, attraverso la sua spettacolarità, riesce a trasformare il messaggio in notizia. Molto si è detto sui Flash Mob e molto si dirà ancora, una cosa è certa: ormai sono un fenomeno mondiale che si sviluppa grazie alla sua incredibile flessibilità ai temi più diversi: dal ballare coreografie in una piazza, all’organizzare qualcosa per risvegliare un po’ le coscienze, spesso addormentate, della collettività. ECCO QUI che entrano in scena i Social Mob. I contenuti sono i più diversi: da quello ambientale a quello politico, dal sostegno alla pace alle tematiche d’attualità, come la precarietà del lavoro. Sono stati organizzati a favore della ricerca, contro i tagli all’istruzione pubblica e alla spesa sociale, contro l’inciviltà di alcuni comportamenti, contro la pedofilia e le discriminazioni razziali e sessuali. Esistono anche impieghi pratici (CleaNap ha richiesto un contributo non solo simbolico, ma fattivo con lo scopo di ripulire Napoli). Tra social network e definizioni varie trovate in giro, il modo migliore per conoscere lo spirito di un flash mob è parteciparvi.

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L FLASH MOB (dall’inglese flash: rapido, improvviso e mob: folla) è una riunione, che si dissolve in poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico con la finalità comune di mettere in pratica un’azione insolita. La contemporaneità dell’atto eseguito da una moltitudine di persone (i mobbers) crea l’evento, il Flash mob appunto. Generalmente organizzati via internet o cellulare, all’inizio erano eventi a sfondo artistico ma evolvendosi hanno assunto un importante ruolo nella politica. Indipendentemente dalla loro tipologia, uniscono persone che condividono un’idea e la voglia di esprimerla liberamente. Gli esempi più comuni di Flash mob sono le battaglie di cuscini, di gavettoni oppure le proteste pacifiche. Altre tipologie sono i Silent rave i cui partecipanti si radunano sul posto stabilito dotati di lettori musicali e cuffiette ballando ognuno la propria musica, nel più completo silenzio. Nel Freeze flash mob (dall’inglese freeze: congelato) i partecipanti si fermano restando immobili, con

FLASH MOB Disegnodi Ionut Costache, Joan Contreras e Mislym Rozi

l’obiettivo di «bloccare» il tempo e la frenesia del vivere quotidiano. NELLO HUMAN Mirror diverse coppie di gemelli creano situazioni speculari; nello Smart mob, gruppi di individui si autoconvocano per azioni collettive coordinate, sfruttando tutte le tecnolo-

gie con lo scopo di esaltare il potere sociale dei media. QUESTI FENOMENI di massa si sono verificati inizialmente negli Stati Uniti, precisamente a New York nel 2003, e successivamente in tutta Europa. Il primo Flash mob della storia italiana si è svolto a Roma nello stesso anno.

L’imperativo è esserci per il gusto di partecipare. I Flash mob sono presenti anche nel cinema: famoso in Italia quello contenuto nel film «La notte prima degli esami». Eventi come i Flash mob, proprio perché capaci di scatenare mobilitazione, diventano fenomeni sociali, che producono modificazioni generali. Il progresso, in tutte le sue manifestazioni, produce alterazioni nel presente e cambi di passo rispetto al passato. Società, usi e costumi si adeguano, loro malgrado, come meglio possono. E ciò pone delle riflessioni su come interpretare convenientemente le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e i comportamenti della società nata dall’uso dei nuovi mezzi. Alcuni classificano questo fenomeno come la degenerazione dei rapporti sociali, esasperati da forme di comunicazione sempre più invasive e rilevano anche il grido disperato provocato dalla solitudine innescata dai social network, ma il Flash mob può essere interpretato anche come un modo speciale per mettere in mostra i propri valori e le proprie speranze.

FLASH MOB «UN MESSAGGIO PER IL FUTURO»: LANCIATO UN INCONTRO, PALLONCINI PER RICONOSCERSI

«Giovani, tutti il 20 maggio in via dei Pileati»

TUTTI IN PIAZZA Una folla richiamata dai messaggi web

QUANDO MAI nella vita ci ricapiterà l’occasione di poter raggiungere con le nostre parole un pubblico tanto vasto ed eterogeneo? Quando mai ci ricapiterà di poter far sentire il nostro grido di giovani a cui hanno «tagliato» il futuro, le speranze, la vita? Forse mai più e perciò abbiamo deciso di dare un ulteriore senso a quest’avventura giornalistica, facendola diventare un modo per promuovere un Flash mob di mobilitazione sociale. Questo non sarà solo un momento di libertà di espressione e partecipazione, ma diventerà un’opportunità concreta per esprimere un messaggio sociale. Ci ritroveremo il 20 maggio prima delle ore 18 nella parte più alta di Corso Italia lungo Via dei Pileati, con un palloncino nel quale avremo inserito il nostro «messaggio per il futuro». Allo scoccare delle ore 18 lanceremo i palloncini

gonfiati con le speranze per il nostro domani. Coloro che vogliono esprimere il proprio pensiero per un futuro migliore, ma anche testimoniare il malessere della parte buona della società contro i disastri politici, ambientali, finanziari e culturali dell’epoca attuale sono invitati a questo gesto simbolico, al quale tutti sono tenuti a partecipare (autorità comprese). SE VOGLIAMO rendere tutto ciò davvero emozionante, dovremo essere tutti presenti e portare un palloncino insieme al nostro pensiero per il futuro. Lo scopo è far volare questi palloncini «pensanti» e donare così, a chi lo vorrà, il nostro messaggio. Svincolatevi da qualsiasi tipo di impegno perché sarà un avvenimento memorabile ed un gesto altruista. Vi chiediamo di essere numerosi e di sostenerci.

la redazione della III A... STUDENTI Giancarlo Acosta Terrero, Sergio Bucci, Caterina Burzi, Riccardo Cecchi, Elisa Cecci, Joan Contreras Rodriguez, Karla Johanna Contreras Rodiguez, Costantin Costache Ionut, Andrea Frati-

celli, Enrico Gragnoli, Federico Gualdani, Elisa Guerrieri, Adrian Hanganu Leonard, Gaia Incensati, Afrida Kabir Sheikh, Nicola Marchetti, Luca Marraghini, Nicolae Movila Irinel, FrancescaPagliarulo, Madalin Palanceanu, Ana Maria Pa-

vel, Diego Pelati, Daniele Pratesi, Myslim Rozi, Julian Sannuto, Daniele Testi, Vito Ursi INSEGNANTI Nadia Iacopucci, Francesca Pecorari PRESIDE Assunta Sorbini


MARTEDÌ 24 APRILE 2012

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CAMPIONATO GIORNALISMO ••

LA NAZIONE

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Scuola Media

Cesalpino AREZZO

L’anima nascosta delle strade Viaggio tra le cose sempre presenti ma che rischiamo di non vedere mai

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RIMA dell’automobile, prima della bicicletta, prima del cavallo e della carrozza; prima persino dei piedi, c’è la strada. Di più, immaginatevi una casa senza una strada che vi conduca, ebbene, sarebbe quella ancora una casa? Sicuramente no. Sarebbe nient’altro che un buco nero nel paesaggio, una macchia topografica indecifrabile. Dobbiamo dunque riconoscere, senza insistere troppo, che la strada rappresenta una delle condizioni necessarie perché l’esistenza stessa dell’animale umano sia possibile. Si potrebbe obiettare, tagliando corto, che, in fondo, le strade sono costruite dagli uomini, quindi niente uomini, niente strade. Troppo semplice. Infatti, non tutte le strade sono «costruite», molte, al contrario, sono «trovate». E se sono trovate significa che c’erano già. A questo proposito non serve nemmeno portare esempi, tanto il fatto risulta evidente. E allora, visto che la strada contribuisce in maniera così determinante alla definizione del nostro specifico orizzonte di vita, viene spontaneo domandarsi qualcosa

IL MESSAGGIO Via Porta Buia: a volte anche le strade «parlano»

di più sulla sua, come dire, «natura nascosta». Sempre, naturalmente, che una tale «natura» esista davvero.

esposto in evidenza. Da un certo momento in poi quel nome diventa tutt’uno con la cosa a cui si riferisce.

CONVERRÀ, comunque, iniziare da ciò che nascosto non è:il metodo lo impone. Intanto, le strade hanno tutte, almeno nei centri abitati, un nome

COSÌ NON SI DIRÀ più «vado a passeggiare nella via centrale di Arezzo che si chiama Corso Italia», basteranno tre parole, «vado nel Corso», a far capire la nostra

intenzione. Ecco che una strada, per quanto lastricata in pietra, per quanto fiancheggiata da massicci palazzi, risucchiata in un nome, diviene – d’incanto – leggera, impalpabile. Come una passeggiata, appunto. Diverso il caso se andiamo in «Porta Buia». Porta Buia, nome magnifico, è già di per sé un programma. Considerando che è la via d’accesso a un buon numero di scuole aretine, non vorremmo, dati i tempi, che si trattasse di una «strada destino». Per fortuna, non è poi del tutto vero che una strada si esaurisce nel nome che ha. C’è, infatti, a brillare da qualche parte, la sua «natura nascosta». Come scoprirla? Bene, è chiaro che non ci sono ricette: ognuno, se ha voglia, la deve trovare da sé la chiave giusta. Aggiungiamo solo che la strada, non di rado, si esprime finanche con splendide invenzioni linguistiche. Da un mese a questa parte, nel muro di fronte all’ ex Istituto Magistrale Vittoria Colonna – in Porta Buia, certo – occhieggia, esattamente come la riportiamo, la seguente appassionata scrittura: SENZA TE NON SOSTARE.

L’ANIMA DELLE STRADE PROVIAMO A INTERCETTARE I SEGRETI DI UN CENTRO A VOLTE DIMENTICATO

Vicolo del Marcianello, luci e odori a sorpresa

L’ALTRO CENTRO Vicolo del Marcianello dopo la pioggia

AREZZO. 14-15 APRILE 2012, tra San Valeriano e domenica in Albis. Arrivati in Piazza della Badia, imbocchiamo, in direzione San Lorentino, via Cavour. Subito però svoltiamo a destra per iniziare l’arrampicata di via del Saracino che, da quaggiù, sembra finire spiaccicata sul palazzo situato al culmine della salita. E invece no, continua. Continua plasticamente in una svolta formidabile; delizia, si fa per dire, di molti automobilisti aretini. Ma non è via del Saracino che ci interessa. Infatti, a metà circa del nostro salire, ci arrestiamo di colpo. Senza preavviso alcuno, sorvegliato da due spigoli taglienti di case, ecco il vicolo del Marcianello. La prima impressione è spiazzante: la strada è vuota di mezzi e persone; inutile, si direbbe. Decidiamo comunque di avanzare in questo spa-

zio che è solo spazio, dove persino l’aria si avverte di una grana diversa. Una strana quiete, una luminosità speciale. A proposito, queste sono giornate di pioggia e la luce varia in continuazione. I muri del vicolo sprofondano nel grigio e poi d’un tratto s’accendono di colori pastello. Non male. Una pozzanghera apre sul selciato visioni verticali: si scoprono immagini di cornicioni e cielo. Tutto mutevole. Ancora avanti. Alla nostra sinistra, dal muro intonacato di un giardino, se di giardino si tratta – troppo alta la struttura per vedere cosa c’è dall’altra parte –, trabocca una fioritura gloriosa. Qualcuno cerca di coglierne l’odore, altri spalancano gli occhi per assorbire più colore possibile. C’è anche chi va avanti e indietro, chi si guarda semplicemente intorno. Ci accorgiamo, ora, che il vicolo del Marcianello disegna una curva continua e leggera, che impedisce di scoprirne la fine…

la redazione della III D... STUDENTI Martina Acciai, Francesco Bianchini, Matteo Bianchini, Samuele Caneschi, Francesca Delia Carrara, Martina Cerofolini, Francesco Chiodo, Lucia Di Cristo, Alessia Fiorenza, Gianmar-

co Ghiandai, Federico Ginestroni, Davide Gisti, Puja Radhika Giustini, Gaia Hamad, Marzia Ludovisi, Virginia Mangione, Giulia Mozzini, Cecilia Nocentini, Francesca Peruzzi, Emilia Pratesi, Francesco Rossi, Alessia Sergio, Samanta

Sestan, Rosa Anna Tammaro, Elena Tavanti. INSEGNANTE Giovanni Zampi PRESIDE Danilo Brozzi

STRADE SONDAGGIO

La via più cara? Resta quella del primo bacio UN RECENTE sondaggio, realizzato dalla nostra redazione, rivela che gli aretini non sono propriamente dei flâneurs. Con il verbo flâner, i francesi indicano uno speciale andare a zonzo, obbligatoriamente solitario, trasognato e allo stesso tempo attento, che coglie il mondo in una miriade di dettagli eterogenei e all’apparenza marginali; un vagare per le strade delle città che permette di individuarne le figure più segrete e recondite. Tradotto nella nostra lingua, flâner diviene poco più che «bighellonare», «gironzolare», con un’ evidente riduzione di senso. Ma veniamo al sondaggio. Circa il 79% degli intervistati, alla domanda su che cosa sia per loro una strada, risponde indicandone semplicemente la funzione strumentale: un’ indispensabile infrastruttura per andare da un posto a un altro. INVECE, ALLA richiesta di segnalare quale strada di Arezzo emoziona di più, le risposte del nostro campione risultano significativamente differenziate. Se per i giovani la strada più emozionante della città è quella in cui hanno dato il primo bacio, gli adulti, probabilmente perché quel primo bacio se lo sono scordato, rispondono che non provano emozioni significative nei confronti di questa o quella particolare via cittadina. Soprattutto, nessuna tra le persone intervistate ha l’abitudine di passeggiare da sola e senza una meta precisa. Infine, alla domanda se conoscessero il vicolo del Marcianello, gli intervistati, al 93%, hanno risposto di no. E forse è meglio così.


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