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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 27 GENNAIO 2012
Scuola media
Gozzano Roccastrada
Rivalutiamo il nostro paese Gli studenti chiedono al sindaco interventi per il bene di Roccastrada RIFLESSIONE
Le bestie che fanno male agli animali I MALTRATTAMENTI verso gli animali stanno crescendo a dismisura, vittime dell’incoscienza e della cattiveria dell’uomo , che per puro divertimento o per scopo di lucro, li maltratta, li sfigura e li uccide. I diritti degli animali vengono ignorati e la gente fa finta di non sapere: molto spesso i genitori regalano al figlio un cucciolo, che crescendo diventa una spesa, un peso e se ne sbarazzano. Il problema del maltrattamento non è legato soltanto agli «amici dell’uomo» ma anche ai cavalli: in un maneggio del sud Italia, sono stati scoperti, dai volontari della protezione animale, ventiquattro cavalli maltrattati e malnutriti, costretti a trascinare pesanti zavorre lungo il litorale o a camminare al passo con le zampe posteriori legate tra loro; tutti i cavalli, tranne due, erano destinati al macello. Anche in Maremma si sono verificati episodi del genere: un allevatore racconta di aver salvato dei cavalli malnutriti e magrissimi, abbandonati in un terreno dismesso, caso di cui si è occupato anche il celebre programma «Striscia la Notizia». Roma, 29 marzo 2011: 234 comunicazioni in pochi giorni, nove persone individuate e denunciate per pratiche crudeli contro i cani, gli animali venivano accecati con un laser puntato dritto negli occhi. Ci interroghiamo quindi sulle motivazioni che spingono l’uomo, ancora oggi, a ribadire ed esercitare la propria supremazia sulla natura.
«I GIOVANI di Roccastrada non sono soltanto quelli descritti dalla cronaca, bensì ragazzi con valori importanti e speranzosi di migliorare le condizioni del loro paese». Esordisce così Sandro, della scuola media di Roccastrada, di fronte al primo cittadino, Giancarlo Innocenti.
di cerchiamo di trovare una collaborazione con i cittadini». Che prospettive di lavoro abbiamo nel territorio di Roccastrada?
«Ci vuole volontà e adattamento per i giovani, che in futuro si affacceranno al mondo del lavoro. Oggi c’è precarietà ed è difficile trovare una occupazione. Fate bene ad aspirare alle attività intellettuali, ma adattatevi a fare anche altri lavori più umili».
Sindaco, come si trova a Roccastrada?
«Mi trovo bene, sono nato qui e ci vivo tuttora, amo Roccastrada in particolar modo in questo ruolo».
Secondo lei si potrebbe migliorare la condizione economica del paese?
Noi siamo amareggiati per i giudizi negativi che sono emersi dalla cronaca di quest’anno. Come possiamo rivalutare il nostro paese?
«Mi sono preoccupato per gli episodi di bullismo. Ci siamo mossi con le organizzazioni e i servizi sociali. Il cittadino si deve sentire sicuro, deve denunciare alle Forze dell’ordine; raccomando ai ragazzi di non chiudersi in se stessi perchè la società è fatta di persone che si incontrano, si stimano e collaborano». Nel nostro territorio ci sono molte attrazioni turistiche: le terrazze panoramiche, il teatro, il centro storico, il castello; quello che lamentiamo pe-
INCONTRO Gli studenti della scuola media insieme a Innocenti rò è l’assenza di un locale dove i giovani si possano incontrare, come l’Arci.
«Una delle risorse principali di Roccastrada è il paesaggio che dobbiamo salvaguardare anche per il turismo; purtroppo il locale che prima accoglieva l’Arci non è agibile e quindi, per l’incolumità delle persone, devono essere fatti dei lavori, c’è co-
munque un bando per trovare un gestore». Noi ragazzi abbiamo notato un degrado ambientale: le strade, le fontane. Perché non abbellire i giardinetti con i fiori, in modo che diventino belli come quando eravamo piccoli?
«Sono d’accordo di abbellire i giardinetti ma non ci sono gli operai, quin-
«Si può migliorare ma non è l’unico indice di benessere: vivere in un ambiente pulito è una ricchezza; ora è un momento difficile, bisogna puntare su cose più collettive e meno individuali». Quali sono le risorse sul nostro territorio?
«Parlerei di sviluppo plurimo: agricoltura, attività legate alla cava del gesso, l’attività mineraria purtroppo sta andando in esaurimento». Al termine dell’intervista i ragazzi si sono stretti intorno al sindaco per una foto ricordo e hanno salutato il primo cittadino augurandogli buon lavoro e pregandolo di ricordarsi dei giovani durante la propria attività.
PROBLEMA VIAGGIO POCO AGEVOLE PER CHI ABITA A TORNIELLA E PILONI. OGNI GIORNO UNO STRESS
A scuola a tappe: tre bus per 17 chilometri
FRAZIONE Raggiungere Torniella con il bus non è facile
ORE 7, PILONI: i giovani abitanti di Piloni, frazione di Roccastrada, aspettano il pulmann che li condurrà a Torniella. Ore 7.20,Torniella: arrivo a destinazione, un altro gruppo di ragazzi aspetta alla fermata . Ore 7.50, Roccastrada: tutti gli studenti scendono di fronte al teatro.Un altro pulmino li condurrà a acuola. Queste sono le tappe del tragitto che i giovani abitanti di Torniella e Piloni percorrono tutte le mattine: la scuola dista soltanto diciassette chilometri e per raggiungerla devono cambiare tre mezzi di trasporto. Marta si apre ad uno sfogo personale: «La mattina mi sveglio alle 6.30 per arrivare a scuola alle 8, cambio tre pullman e, inoltre, quando ritarda, stiamo fuori al freddo ad aspettare; questa non è una critica al servizio di trasporto, gli autisti fanno il loro lavoro con professionalità, ma è una considerazio-
ne personale che viene dal cuore e penso, a nome di tutti i ragazzi del posto, che ottenere un pulmino tutto per noi sarebbe un riscatto anche sociale poiché ci sentiamo a volte fuori dal mondo e poco integrati con la società; Torniella è una piccola realtà di 350 abitanti, Piloni è ancora più piccola». BIANCA, un’altra studentessa torniellina, esprime il proprio rammarico per il disagio, si rattrista perché, dai suoi occhi di dodicenne, si sente bistrattata. «E’ possibile — si chiede — che non possiamo avere una linea diretta che ci porti direttamente a scuola? Abitiamo soltanto a diciassette chilometri di distanza! Dobbiamo parlare per ottenere quello che ci spetta, siamo minorenni però abbiamo anche noi il diritto di esprimere la nostra opinione».
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della classe 2 B della scuola media di Roccastrada. I loro nomi: Alimi Meleke, Ballerini Giovanni, Bartalucci Sandro, Brandaglia Sofia, Ceccarini Luna, France-
schini Camilla, Gradinaru Denis, Guiggiani Bianca, Lanforti Alessio, Mancianti Ettore, Menichetti Benedetta, Mustiata Gabriel, Nocciolini Elena, Pieri Lorenzo, Porcu Francesca, Rovaldieri Davide, Roveri Lo-
la, Solomon Valeria, Xhaferi Bayran. L’insegnante è la professoressa Michela Cavese, il dirigente scolastico è la professoressa Loretta Borri.
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VENERDÌ 27 GENNAIO 2012
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Scuola media
Castellazzara Castellazzara
Salve, Antinisca. Piacere, Poldelio Viaggio tra i nomi più stravaganti dei residenti a Sorano e Castell’Azzara PASSEGGIANDO per Montevitozzo, Castell’Azzara e Selvena, possiamo imbatterci in persone dai nomi davvero stravaganti. Questa cosa ci ha incuriosito molto e ci siamo chiesti da dove hanno origine tali nomi. Così siamo andati in giro ad indagare. A Castell’Azzara abbiamo trovato una persona di nome Antinisca, così chiamata perché era il nome di una regina greca; un’altra di nome Geronima, chissà se crescendo avrà letto molti libri di Geronimo Stilton! In realtà il suo era il nome di un capo indiano. E CHE VE NE PARE di Firenze? Noi pensavamo romanticamente che tale nome gli fosse stato dato perché i genitori si erano conosciuti a Firenze, invece per il semplice fatto che a loro piace molto questa città. Incontriamo Primo, che porta il suo nome perché è il primo figlio… poi ne sono nati altri sette! AMERIGO ha un nome importante, così si chiamava il grande
zo, troviamo un dottore di nome Poldelio: è l’unione dei nomi dei suoi genitori, Poldo suo padre ed Elia sua madre . A Selvena c’è una signora di nome Speranza, perché il padre e la madre speravano di avere una figlia femmina e così è stato, la loro speranza non è stata delusa. ANCHE SE non sappiamo il motivo di altri nomi che circolano nelle nostre zone ci sembrava divertente almeno citare questi per la loro particolarità: Selvaggio, Aristippo, Aristotile, Clorinda, Genoveffa (speriamo non sia brutta e cattiva come la sorella di Cenerentola), Manfredo, Agostino, Remigio, Alfina, Orlando, Telesforo, Erina, Clementina, Ferruccio, Egisto, Asterio, Oreste, Serafina, Oro Massimo, Kaia, Argento. DIFFERENZE I giovani possono sorprendersi per i nomi degli anziani
navigatore Amerigo Vespucci! E Gioconda? I suoi genitori desideravano una bambina allegra, eppure a noi non sembra così gioconda la «Gioconda» di Leonardo da
Vinci. Alcide prende il suo nome da Alcide De Gasperi. SPOSTANDOCI a Montevitoz-
INFINE, ma non ultimi per originalità, Blu, Aria e Acqua. Nell’attesa di trovare Terra e Fuoco, per il momento pensiamo che i nostri paesi, per quanto piccoli, si distinguano in creatività.
TEORIA & PRATICA ESISTE UNA NORMATIVA SPECIFICA, PERO’ IN MOLTI FANNO FINTA DI NULLA
La legge impone vincoli, ma chi li rispetta?
REBUS Nomi o anagrammi? A volte la domanda è giustificata
«E’ VIETATO — secondo la legge — imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi». Lo stabilisce l’articolo 34 del Dpr 396/2000. Quante volte, sentendo il nome scelto, verrebbe la tentazione di dire al genitore «ma si rende conto che questa persona verrà chiamata con tale nome per tutta la vita?» e potremmo anche scommettere che, prima o poi, l’individuo che lo porta sarà oggetto di scherno ed ironia….. Happy Accident è il nome di una frugoletta venuta al mondo lo scorso 26 settembre al Portland Hospital di Londra; la casualità (che felice coincidenza!) ha voluto che la piccola fosse figlia di un divo del cinema, Hugh Grant, e di una donna asiatica: scegliendo il nome della neonata, il papà si è concesso un stravaganza da star, la mamma si è adeguata alla tradizione cinese, che prevede nomi evocativi. O forse i genitori non hanno voluto essere da meno dei colleghi che, ai loro ultimi nati, hanno affibbiato nomi molto, molto singolari? E’ il caso del calciatore David Be-
ckham e della cantante Victoria, che hanno registrato all’anagrafe la propria figlia come Harper Seven; rimanendo in tema di celebrità, si chiama Peach una delle figlie del cantante Bob Geldof, e Gwyneth Paltrow ha scelto di chiamare la primogenita Apple. E a questo punto, ci poniamo una domanda: cosa può fare l’ufficiale di stato civile prima della formazione dell’atto? In realtà, ben poco, secondo quando previsto dal 4º comma dello stesso articolo 34; l’ufficiale di stato civile dovrà avvisare il genitore dell’esistenza della norma, ma non è prevista nessuna possibilità di rifiuto, né di contenzioso di fronte all’insistenza del genitore che «vuole» attribuire quel determinato nome: comunque, il dichiarante otterrà di imporre il nome voluto. Concludendo, potremmo affermare che nella scelta dei nomi si sono aperti più vasti orizzonti, i nomi tradizionali stanno ormai «tramontando», ma.. perchè non concederci il piacere di un momento di ottimismo e di intelligente speranza nell’uso del buon senso da parte dei genitori?
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti: Bernardini, Carbonari, Conti, Cracium, El Azhari, El Habti, Manase, Pifferi, Toniazzini S., Yakimova, Baldoni, Bohr, Donati,
Fazzini, Foudal, Gallo, Nutarelli, Paradisi, Tonioni, Tutini, Bellumori, Biondi, Boni, Dani, Esposito, Fortunati, Mastacchini, Luchian, Toniazzini C. Gli insegnanti tutor so-
no i professori Simonetta Breschi, Fabiana Petrillo e Fabrizio Nai, mentre il dirigente scolastico è la professoressa Nunziata Squitieri.
NEL MONDO
Russi, tripletta I giapponesi «disegnano» IN RUSSIA i nomi sono composti da tre componenti: il nome proprio (per esempio, Ivan), il patronimico (ossia il nome del padre in genitivo, per esempio, Petrovic) e il cognome (normalmente con la terminazione -ov per un uomo, oppure -ova per la donna, Ivanov e Ivanova). Prima della rivoluzione del 1917, il nome di battesimo veniva usato nei ceti alti solo per denotare un legame d’amicizia particolarmente profondo e duraturo, o uno stretto legame di parentela. Si usava il nome esclusivamente tra le persone dello stesso sesso. Il patronimico da solo, in passato, era usato quasi esclusivamente tra persone semplici e poco istruite o quando qualcuno voleva imitarne, per ironia o sarcasmo, la parlata. Invece, i nomi in Giappone vengono normalmente scritti con gli ideogrammi (kanji), per questo motivo ogni nome giapponese ha un significato. I «kanji» hanno una natura pittografica in quanto derivano da disegni. Durante un lungo periodo di tempo la forma di quei disegni è cambiata fino a perdere quasi totalmente la sua natura iconografica originaria, ma tuttavia rappresenta ancora intere parole o parti di esse. Ne esistono alcune migliaia. Il governo ha stilato una lista di «kanji» di alta disponibilità, ovvero quelli più usati quotidianamente. Il Katakana, insieme all’hirigana e al kanji, è uno dei tre alfabeti giapponesi, si usa per tradurre alcune parole straniere. Questi sono solo due esempi che rendono chiaramente come dietro ad un nome si celi anche la storia, i costumi e più in generale la cultura materiale di ogni popolo.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 1 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Ungaretti Grosseto Grosseto
Niente vergogna, è solo dislessia In media soffre di questo disturbo uno studente ogni venti INTERVISTA
«Bisogna imparare a conviverci» F., 16 ANNI, frequenta la terza superiore di un istituto tecnico della città, è un adolescente come tanti, sportivo e spigliato nei rapporti con gli amici. «I miei problemi sono iniziati in prima elementare: ho avuto serie difficoltà ad imparare a leggere, non memorizzavo le sillabe, invertivo le lettere, mi stancavo molto facilmente e piangevo. Sul quaderno le lettere sembrava che ballassero!» Quando sono stati riconosciuti i tuoi problemi con la dislessia?
«L’insegnante di lettere in prima media ha consigliato ai miei genitori una visita specialistica che ha evidenziato il disturbo. Credevo di essere stupido perciò per me inizialmente è stato quasi un sollievo. Finalmente mi sentivo giustificato di fronte agli insegnanti e ai miei genitori. La neuropsichiatra mi aveva spiegato che la dislessia non c’entrava niente con l’intelligenza».
LA DISLESSIA è un disturbo della lettura caratterizzato dalle difficoltà ad effettuare una lettura accurata e fluente. E’ il prototipo dei Disturbi specifici di apprendimento (Dsa) che comprendono anche disgrafia, disortografia e discalculia ovvero difficoltà nell’acquisire e padroneggiare abilità di scrittura e di calcolo. Il dislessico può leggere e scrivere ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica come la stragrande maggioranza dei ragazzi, perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro ed è sempre pressato dal tempo. La dislessia, che in Italia riguarda circa il 4% della popolazione scolastica, si manifesta già all’inizio della scuola primaria e, grazie alla segnalazione della famiglia e degli insegnanti, gli specialisti ne stabiliscono la presenza osservando la «discrepanza» tra l’intelligenza generale e le più semplici abilità scolastiche. Il dislessico può attardarsi nell’esecuzione del compito e poi agire in modo affrettato, leggere con difficoltà l’orologio analogi-
FINO a non molto tempo fa i di-
slessici venivano etichettati come lenti e svogliati, pigri e poco intelligenti, a volte anche ritardati. Invece il dislessico è intelligente per definizione! E’ capace di imparare, è intuitivo, creativo, intelligente, spesso anche oltre la media, sa trovare soluzioni originali, ha una eccezionale memoria visiva, sa integrare nuove informazioni
Segni particolari: essere una persona geniale
«Sì, perché molti non conoscono davvero questo problema. Anche adesso non voglio che i miei compagni mi considerino diverso!».
«Gli farei capire che non è sua la colpa e che la dislessia è una caratteristica di una persona come l’avere gli occhi azzurri. Però è dura, soprattutto a scuola. Sapessi quante volte rinuncio ad uscire perché non mi basta mai il tempo per fare i compiti!».
DIFFICOLTA’ Leggere parole e numeri diventa un po’ più complicato
co, avere un equilibrio precario, non essere coordinato ed ancora può sembrare tra le nuvole, non stare mai fermo, avere poca memoria e non trovare le parole per esprimersi o prendere troppo tempo prima di rispondere alle domande.
LA LEGGE 170/2010 e il decreto attuativo con le linee guida assicurano a questi studenti una didattica personalizzata e l’introduzione di strumenti compensativi e misure dispensative. Gli strumenti compensativi servono per compensare il disturbo e svolgere la parte automatica del compito, sono «protesi» come gli occhiali, «strumenti» come le penne o «memorie esterne» come le chiavette Usb (pc con controllo ortografico, sintesi vocali, audiolibri, calcolatrice). Per le prestazioni più difficoltose, le misure dispensative consentono di non svolgere attività come la lettura a voce alta, lo studio mnemonico di tabelline o poesie e possono essere dispensati dalle prove scritte di lingua straniera sostituite da prove equivalenti.
ANALISI MUSICISTI, SCIENZATI, ATTORI, SCRITTORI, IMPRENDITORI. QUANTI VIP CON QUESTA «DIFFICOLTA’»
Molti ragazzi dislessici si vergognano di ammettere questo loro problema di fronte ai compagni. Capita anche a te?
Come incoraggeresti un bambino dislessico ad affrontare il futuro?
in modo globale, apprende facilmente mediante l’operatività e la sperimentazione concreta e ciò lo rende particolarmente perspicace. Finalmente il ministero ha varato le misure, efficaci da quest’anno scolastico, per assicurare il diritto allo studio degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento.
TUTTO E’ RELATIVO Einstein, un genio dislessico
COSA HANNO in comune Albert Einstein con Mozart, Leonardo Da Vinci con John Lennon? Non solo la genialità: erano tutte persone dislessiche! Pittori e musicisti, politici e scienziati. Sono molti i nomi celebri che vengono associati al disturbo della dislessia: da Pablo Picasso a Steven Spielberg e Agatha Christie, scienziati come Isaac Newton, politici come John F. Kennedy e Winston Churchill, imprenditori di successo come Rockfeller e Henry Ford e personaggi del mondo dello spettacolo come Cher, Orlando Bloom, Tom Cruise e Mika. Il legame tra dislessia e creatività è dovuto ad una differente attivazione neuronale nell’emisfero celebrale destro, quello adibito alle attività sintetiche, concrete, intuitive e spaziali, al contrario di quello sinistro che regola le azioni ver-
bali, analitiche, simboliche, temporali, razionali e logiche. Durante la lettura nel cervello dei dislessici si attivano zone diverse e questo li facilita nel trovare soluzioni originali, li rende creativi e vivaci.Ricercatori di Stoccolma, studiando alcune famiglie finlandesi in cui questo disturbo è ricorrente, hanno scoperto che anche la dislessia ha il «suo» gene dal nome impronunciabile: Dyx1c1. Questa scoperta conferma che c’è una predisposizione familiare alla dislessia, oltre ad altre cause non ancora chiare che potrebbero esserne all’origine. Il «dislessico» dunque non guarisce ma, se la famiglia, la scuola, il lavoro gli danno le giuste opportunità, può imparare ad aggirare il disturbo perché la dislessia non è di per sé un ostacolo al successo nella carriera e nella vita.. e questi dislessici famosi lo dimostrano!
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti: Kerol Alafleur, Anna Amico, Angelica Baglioni, Alessio Bennati, Chiara Bernabini, Federica Boldorini, Manuele Brancaccio, Angela Coppola, Davide Corridori, Massimiliano D’Aniello, Giose Fusco, Arianna Gaudino, Vincenzo Hu-
delka, Aldo Longobardi, Pamela Manfredini, Simone Mangiavacchi, Matteo Montani, Giovanni Mormone, Cecilia Moscatelli, Chiara Ottaviani, Federica Pianese, Anas Rhallab, Elena Saviello, Paolo Sodano, Leoluca Volpi (classe III G, scuola media «Ungaretti»). Il dirigente scola-
stico è la dottoressa Fiorella Bartolini e gli insegnanti tutor che hanno seguito i ragazzi nella raccolta delle notizie e nella realizzazione del lavoro sono la professoressa Maria Carla Giuliarini e il professor Giorgio Nocchi.
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MERCOLEDÌ 1 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Mazzini Porto Porto Santo Santo Stefano Stefano
La solidarietà accende la notte Una nave affonda, un territorio si mobilita. E’ il cuore dei maremmani NON ERA QUESTO l’argomento di cui dovevamo trattare, ma quello che è successo a poche miglia dal nostro paese ci ha talmente coinvolto che non potevamo fare a meno di parlarne, per di più la nostra scuola, ossia la scuola media «Mazzini», è stata direttamente coinvolta nell’evento. Tutto è cominciato la sera del 13 gennaio, quando la nave Costa Concordia, in navigazione da Civitavecchia verso Savona, si è scontrata con gli scogli «Le Scole» all’isola del Giglio. L’allarme è stato dato intorno alle 23 e all’una di notte il segretario della nostra scuola, Stefano Picchianti è stato chiamato dai vigili urbani di Porto S.Stefano, perché c’era necessità di aprire l’istituto per farne un centro di accoglienza per i naufraghi. E’ stato lui ad aprire la scuola e ad avvisare il nostro preside, Giancarlo Stoppa. A scuola sono arrivati gli operai del Comune ed alcuni rappresentanti della società Costa. Addetti e volontari hanno sistemato la palestra, mettendo le panche e i tappeti per far sedere più persone possibili. Verso le 4.30 una telefonata
paggio della Costa Concordia. E’ stata una nottata impegnativa, ma nonostante questo la scuola è rimasta attiva fino la sera del sabato accogliendo e rifocillando più di quattromila persone.
RELITTO La Costa Concordia adagiata su un fianco di fronte al Giglio
ha avvisato che dal Giglio era partito il primo traghetto con diversi naufraghi a bordo. Le persone sono arrivate dopo un’ora e sono subito state accolte in palestra, con bevande calde, vestiti per coloro che ne avevano bisogno e cure mediche per i feriti. Quando si è capito che il numero di persone in arrivo sarebbe stato molto elevato
sono state chiamate le custodi Dirce e Daniela, per poter aprire tutte le stanze della scuola e poter così dare accoglienza a tutti. Durante la mattinata sono arrivati i rappresentanti delle ambasciate che hanno occupato un’ala della scuola ed hanno potuto assistere tutti i naufraghi stranieri, mentre un’altra ala è stata occupata dall’equi-
TUTTO il personale della scuola che è intervenuto quella notte è rimasto segnato da quell’esperienza, da quei volti stravolti dalla paura e dallo shock, dalla ricerca di persone care che non si trovavano, ma contemporaneamente dall’organizzazione che è stata messa in piedi in poco tempo grazie all’aiuto di chi ha fatto il proprio dovere e dei tanti volontari che hanno dato una mano. Anche molti di noi, insieme ai genitori, quando la mattina hanno saputo cosa era successo sono venuti a dare un aiuto, magari anche solo portando qualche capo d’abbigliamento. Noi siamo orgogliosi di ciò che è stato fatto nella nostra scuola, nel nostro paese, perché questa vicenda ci ha insegnato che nel momento del bisogno possiamo riuscire a far fronte ad ogni difficoltà.
L’INTERVISTA IL SINDACO ARTURO CERULLI ELOGIA IL COMPORTAMENTO DEI CONCITTADINI
«Ho visto tanti giovani rimboccarsi le maniche» SULL’ARGOMENTO abbiamo intervistato il nostro sindaco, Arturo Cerulli.
Riesce a trovare un lato positivo in ciò che è successo?
Signor sindaco,quando e da chi è stato avvisato di ciò che era successo?
«Sì, credo che sia stata positiva la collaborazione tra tutte le forze in campo per organizzare al meglio i soccorsi. A ciò bisogna aggiungere la grande risposta che ha dato la cittadinanza collaborando e aiutando il più possibile. Tra tutti mi va di ricordare i ragazzi che alle 7 di mattina sono andati alle fermate degli autobus per andare a scuola, ma non hanno trovato i pullman, che erano stati requisiti per l’emergenza: invece di tornare a casa moltissimi di loro sono venuti a dare una mano».
«Intorno alle 23.30 di venerdì 13 mi ha telefonato la Protezione civile di Grosseto, ma all’inizio ho pensato ad uno scherzo, non potevo credere che una nave del genere si potesse scontrare con uno scoglio del Giglio. Quando dopo cinque minuti mi ha telefonato il maresciallo dei carabinieri ho capito che era tutto vero». Come è stato organizzato il lavoro?
ASSETTO La banchina del porto come base per i soccorsi
«Quando arrivava il traghetto con i naufraghi a bordo per primi scendevano i feriti. Gli altri venivano fatti accomodare nei tendoni riscaldati, montati dalla Protezione civile, dove erano censiti e poi portati con dei pullman alla scuola media. Da qui poi partivano con altri pullman per le varie destinazioni».
Che cosa farete se il mare viene inquinato?
«La società che si sta occupando del recupero del carburante è già al lavoro. Noi come Comune stiamo facendo fare dei corsi ai nostri tecnici in modo che siano pronti all’occorrenza. Naturalmente tutti noi speriamo che non accada nulla».
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Ambrogetti Filippo, Becattini Carlotta, Benicchi Beatrice, Bocchia Alessio, Costanzo Arianna, Cresti Chiara, Ferraro Marco, Fo-
tea Alexandra, Hillebrand Andrea, Maththumagala Natasha, Mazzitelli Sebastian, Nuziale Sabrina, Palermo Giovanni, Pareti Federico, Patarca Camilla, Pennisi Ilenia, Santana
Michael, Scotto Susanna, Settembrini Noemi, Terramoccia Lara della classe II B della scuola media «Mazzini» di Porto S.Stefano. L’insegnante tutor è la professoressa Daniela Scotto. Il dirigente scolastico è il professore Giancarlo Stoppa.
I RACCONTI
«Certe scene non possiamo dimenticarle» DOPO LA PRIMA accoglienza dei naufraghi spontanea e importantissima all’isola del Giglio, anche Porto S.Stefano ha fatto la sua parte e non solo con le Istituzioni che si sono messe all’opera già dalla nottata, ma anche con semplici cittadini che si sono sentiti partecipi di questa immensa tragedia. Molti sono quelli che hanno delle esperienze da raccontare. Il dottor Rizzardi, come altri medici, è intervenuto a dare una mano e ci ha raccontato delle due immagini che lo hanno più colpito: una ragazza che ha avuto una crisi epilettica e alcuni bambini scalzi e senza vestiti. Il signor Alocci, che lavora per la compagnia Maregiglio, ha portato i naufraghi dal Giglio a Porto S.Stefano ed è rimasto colpito dagli occhi di queste persone, che esprimevano paura, tristezza, ma allo stesso tempo gratitudine per essere stati salvati. Il padre di una nostra compagna, militare all’Aeronautica, ci ha detto che la base ha messo a disposizione cibo e coperte, che erano indispensabili visto che moltissimi naufraghi erano vestiti in modo leggero. Anche i negozianti sono intervenuti donando non solo cibo, ma anche vestiti, calze, scarpe e coperte di pile per riscaldare i naufraghi. Molte sono poi le persone comuni che hanno portato tutto ciò che potevano nei luoghi di accoglienza o che addirittura hanno ospitato dei naufraghi nelle loro case. Insomma tutto il paese si è dato da fare in questa emergenza.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Galilei Grosseto
Stare bene a scuola... si può «S-bocciati», il progetto della Provincia per gli studenti in difficoltà LA DISPERSIONE
Impennata di bocciature in terza media DISPERSIONE scolastica. Ci abbiamo provato con un brainstorming e poi abbiamo consultato le pubblicazioni dell’Osservatorio scolastico provinciale per definirla e «quantificarla» nella nostra realtà. «Fenomeno complesso di ordine sociale, culturale ed economico che provoca abbandoni, ritardi, interruzioni nel completamento del processo formativo». E in effetti il disperso non si trova più, perde la strada e l’orientamento. Ma, come in un bollettino di guerra, quanti dispersi ci sono nella nostra provincia? I dati che abbiamo analizzato nell’ultima pubblicazione dell’Osp — «La scuola grossetana in cifre» — si riferiscono alla scuola secondaria di primo grado (anno scolastico 2008/09) e fanno riferimento ad alcuni indicatori come il tasso di ripetenza, il tasso di ritiro, il tasso di trasferimento e di ritardo scolastico. Ebbene, un dato su tutti: ritiri e trasferimenti hanno un valore percentuale molto basso mentre i respinti sono il 7%. In pratica, quasi tutta la dispersione è dovuta alle bocciature. Scomponendo gli indicatori, dai grafici abbiamo osservato anche che il tasso di bocciatura ha una vera e propria impennata nella terza classe, dove raggiunge l’8,3% (6,9% in prima, 6,2% in seconda). Gli alunni in ritardo (per età rispetto alla classe frequentata) sono quasi il 13%; allarmante la situazione delle Colline metallifere dove in terza media uno studente su quattro ha un’età superiore a quella prevista. A Grosseto l’indice di ritardo passa dal 9,7% in prima a 16,9% in terza.
QUAL È LA PAURA più grande di ogni studente? La bocciatura, ovvio... per molti di noi è solo un brutto «fantasma», per alcuni dei nostri compagni è una amara realtà. E i dati parlano chiaro: le bocciature incidono tantissimo sulla dispersione scolastica. Una bocciatura è un fallimento, si perde la motivazione, cala a picco l’autostima, aumenta il distacco con i coetanei e ci si smarrisce in un percorso scolastico irregolare che spesso si conclude non con la licenza media ma con l’abbandono, raggiunti i sedici anni di età. Per affrontare il problema e cominciare a risolverlo, la nostra scuola quest’anno ha avviato un progetto — unico in città — dedicato ai nostri compagni in difficoltà, con qualche ripetenza alle spalle, che continuano a vivere la scuola con fatica e che sono ancora a rischio bocciatura: «S-bocciati», affinché diventino «ex-bocciati», non più bocciati, nella scuola e nella vita, affinché ritrovino la strada per mettere fine agli insuccessi e recuperare fiducia in se stessi, e anche negli altri.
CRONISTI Gli studenti della «Galilei» insieme a Guido Tallone
MA IL NOME del progetto ci fa venire in mente anche qualcosa di più suggestivo e... colorato, davvero vitale: l’immagine del fiore. Sbocciato è infatti il fiore che matura e che porta a compimento il suo compito, il fiore sbocciato è bello. Questo progetto, però, non coinvolge solo i ragazzi in difficoltà: c’è bisogno del contributo di
tutti, ci riguarda tutti, perché così avremo una scuola — e domani una società — migliore, dove le relazioni prima di tutto contano davvero. Per questo tutta la nostra classe ha incontrato l’esperto, il «giardiniere» che cura gli alunni-fiori e li aiuta a s-bocciare: Guido Tallone.
«ABBIAMO un piccolo grande sogno — ci ha detto — far sbocciare i ragazzi nelle scuole, farli promuovere ed farli aprire alla vita». Ma chi è Guido Tallone? Fa parte del «Gruppo Abele», che ha sede a Torino ed è presieduto da don Luigi Ciotti, lavora nel sociale, nell’ambito dell’educazione e della rieducazione per aiutare persone che hanno problemi come le dipendenze (droga, alcool, gioco d’azzardo); lavora anche all’interno delle carceri, con detenuti ed ex detenuti. Ci ha raccontato storie tristi, ma coinvolgenti, realtà molto dure anche di Paesi del Sud del mondo con le quali da tanti anni è a contatto. Ci ha fatto riflettere su quanto noi siamo fortunati, e su quanto sia importante la scuola per diventare uomini e donne domani, esseri pensanti e non vittime di un sistema che ci vuole solo consumatori, senza testa e senza cuore. Il progetto è partito, è un’esperienza nuova che si apre piano piano anche a tutta la città, al mondo del volontariato, alle istituzioni... Speriamo davvero di poter creare, tutti insieme, una «rete» per «sbocciare».
L’ESPERIENZA PROBLEMI IN CLASSE? IMPARIAMO A RISOLVERLI INSIEME FACENDO IL «CIRCLE TIME»
Like Skills: è arrivato il tempo del cerchio
CIRCOLARE Il «Circle time» serve a confrontarsi senza barriere
PER STARE BENE a scuola — e nella vita — con noi stessi e con gli altri, da alcuni anni alla Galilei c’è anche il progetto «Life Skills». Cosa sono le life skills? Sono le «competenze per la vita», definite dall’Oms e raggruppate in tre aree (cognitiva, emotiva e sociale). Alcune di esse? Essere consapevoli di se stessi, saper contattare e gestire le proprie emozioni, risolvere i problemi, saper mantenere relazioni efficaci e imparare ad avere una comunicazione efficace con gli altri. Teorie? Nient’affatto! Noi le sperimentiamo spesso, e talvolta quasi senza rendercene conto: le mettiamo in pratica nel «cerchio». Quando c’è un problema in classe, un momento difficile, incomprensioni tra di noi, un calo nello studio… chiediamo ai nostri professori (o ce lo propongono loro): «facciamo il circle ti-
me?». C’è un’aula dedicata a questa attività, con le sedie disposte in cerchio in modo che non ci siamo barriere. Tutti ci guardiamo in faccia, senza difese o «protezioni» (quante volte ci nascondiamo in classe, dietro ai compagni, con testa china sul banco?), siamo alla pari e rispettiamo le tre regole fondamentali: parlare uno alla volta, ascoltare l’intervento del compagno, non giudicare. E’ proprio il rispetto delle regole del cerchio che rende questa attività molto piacevole, perché parliamo e discutiamo tra di noi sempre nel rispetto dell’altro. Dopo il «circle time» ci sentiamo fiduciosi, sereni ma qualche volta anche contrariati, incerti e impotenti… non è sempre facile avere consapevolezza di se stessi, accettare i nostri «punti deboli» e quelli degli altri, scoprire certe emozioni. Ma a scuola si impara anche questo.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della classe 3^ A della scuola media «Galilei»: Annunziata Joseph, Bancalà Lorenzo, Benassi Ludovico, Bocci Simone, Cantelli Nicolò, Cherubini Sara, Comandi Lorenzo, Di
Lorenzo Veronica, Ferrara Raffaele, Garcia Genao Oneida, Gianni Monica, Giardina Maria, Grimani Asja, Guidarini Luca, Landi Riccardo, Leoni Martina, Machetti Luca, Maione Matteo, Melone Sofia, Merlini Clara, Niemen
Jason, Rossetti Sara Maria, Scalabrelli Alessia, Simi Elia, Stefanini Simona. L’insegnante tutor è la professoressa Claudia Biagioli, la dirigente scolastica la professoressa Paola Brunello.
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Vanni Sorano
Global o non global? Ci aspetta un mondo dove pochi hanno tanto e tanti hanno poco. O nulla OGNI GIORNO telegiornali, notiziari e quotidiani parlano di crisi. E’ un problema che ci sta a cuore perché, essendo quattordicenni, tra non molto entreremo a far parte della popolazione attiva. La crisi purtroppo morde e taglia via molti posti di lavoro ed aumenta la disoccupazione giovanile. Ma cos’è che principalmente la causa? Dove bisogna ricercare le ragioni? Com’è iniziata? Uno dei motivi principali è la globalizzazione. Essa permette ad ogni impresa di operare in qualsiasi Paese del mondo producendo di tutto, in concorrenza con le altre imprese. Ciò è reso possibile dalle telecomunicazioni moderne e dai trasporti integrati. Nell’economia globalizzata, agiscono soggetti differenti: imprese gigantesche, imprese piccole e medie, stati ricchi, stati poveri. Quindi globalizzazione significa competizione e concorrenza, essa provoca quattro effetti. UN PRIMO EFFETTO è l’espansione dell’economia mondiale. Ogni Paese viene classifica-
Aumenta così il numero di persone che vivono sotto la soglia della povertà.
INGIUSTIZIA La minima parte della popolazione ha grandi ricchezze
to in Paese ricco (che cresce poco), Paese in via di sviluppo (cresce molto) e Paese povero (che non cresce). Quando un Paese ricco non cresce, vuol dire che ha un’economia stagnante. L’espansione dell’economia ha portato alla ribalta la Cina, tanto da diventare al prima potenza nel 2012. Un
secondo effetto della globalizzazione è l’aumento dei poveri nel mondo. L’Onu stima che per il 2050 i ricchi diminuiranno mentre i poveri saranno aumentati di un terzo. Questo fenomeno riguarda tutto il mondo. I Paesi ricchi subiscono la deindustrializzazione e le persone perdono il lavoro.
UN TERZO EFFETTO della globalizzazione è il peggioramento della vita nei Paesi poveri. Il debito estero aumenta ogni anno perché i prodotti importati sono molto costosi, mentre le materie prime esportate costano sempre meno. Inoltre, il lavoro minorile assume forme di vera schiavitù. I governi dei Paesi ricchi non intervengono per non intralciare gli interessi delle società transnazionali. Un quarto effetto della globalizzazione è la minore attenzione nei confronti dell’ambiente: la lotta all’inquinamento è vista come un limite alla libertà di azione delle imprese e dei consumatori. Nei Paesi in via di sviluppo l’inquinamento è un fenomeno tollerato dai governi, lo sviluppo economico è la priorità assoluta e la tutela dell’ambiente è un costo aggiuntivo che non si può pagare. Ci sarebbe molto da dire su questo problema. Sperando di essere stati sufficientemente chiari, un saluto.
ANALISI IL MERCATO A CHILOMETRI ZERO FA BENE AL TERRITORIO E ANCHE ALLE NOSTRE TASCHE
E’ sempre meglio mangiare come si parla
FORMAGGIO Il «Marzolino» è maremmano al 100 per cento
LA SPESA DAL CONTADINO a «chilometri zero» è una tendenza già affermata all’estero e in forte espansione anche in Italia: un numero sempre maggiore di consumatori italiani si sta rendendo conto dell’importanza e della differenza dell’acquistare i prodotti nazionali, meglio ancora se regionali. Ma quali sono i motivi per cui scegliere i farmers market? Il successo dei mercati degli agricoltori è dovuto al prezzo ridotto del prodotto e al rispetto della stagionalità che permette di avere a disposizione cibi sempre di ottima qualità e gusto. I farmers market sono un modo diverso di comprare, scegliendo con più libertà, senza lasciarsi catturare dalla sola campagna pubblicitaria con cui le aziende sponsorizzano il prodotto. Parlare con chi gestisce questi punti vendita locali dà la possibilità di confrontarsi e di «documentarsi» sulle tecniche di produzione di cui il contadino potrà illustrare ogni singolo passaggio. Il no-
stro territorio è ricco di prodotti che provengono dagli allevatori e coltivatori locali, diffuso è anche l’agriturismo e l’usanza di visitare le fattorie in cui si mangia prevalentemente biologico. Il Caseificio sociale di Sorano, nato nel 1963, è una cooperativa che riunisce oggi 120 allevatori della provincia di Grosseto e Siena, con lo scopo di valorizzare proprio la vocazione agricola del territorio. Tra i prodotti «nati» di recente possiamo citare il «Marzolino», tipico formaggio a cui è stata data una sorta di carta d’identità al fine di rendere tangibile ai consumatori ,fin dall’etichetta, la «tracciabilità del prodotto». Nella «carta d’identità» sono presenti anche le firme, con tanto di indirizzo, delle 18 aziende, tutte locali, che hanno prodotto il latte con il quale sono confezionati i formaggi dal Caseificio sociale di Sorano. Questo è, senza dubbio, un esempio di come si può offrire al consumatore un cibo genuino, di qualità e di certa provenienza!
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli sudenti Baldelli, Benicchi, Biondi, Campanile, Capoccia, Ciccarella., El Hichami, S e Y, Ennached, Foschini, Giulietti, Goscilo, Guerrini, Hiraldo M.L. e A., Mameli C.P., Napolitano, Pampanini, Serra N., Artibani G., Daldelli I.,
Bianchi, Cappelletti D., Corbianco, De Angelis D. e T., Dominici G. e S., Fioravanti, Giulietti V., Mazzuoli, Pacini, Papini, Pompili, Radiconi, Sulo, Tulli, Artibani A., Benicchi C. e M., Boggi, Camilli, Cappelletti D., Censini, Ciccarella, Cintio, Crociani, Franci, Giuliani,
Gubernari, Moufkir K. e Y., Pelosi, Petri, Pichini, Porri, Ronca, Santarelli, Scalabrelli, Serra. Gli insegnanti tutor sono i professori Giuliana Silvestri, Mariella Pacchiarotti e Fabrizio Nai, la dirigente scolastica la professoressa Nunziata Squitieri.
RIFLESSIONE
Mode, no grazie Meglio cantare la Befana IL FENOMENO della globalizzazione è molto difficile da identificare e misurare, soprattutto in un contesto di provincia come in quello in cui noi viviamo, poiché abbraccia innumerevoli fattori, dalla sfera economica e culturale fino a quella personale. Tutti i giorni possiamo constatare gli effetti tangibili di questo fenomeno: tutti noi siamo dotati di cellulari, internet e tv e attraverso questi mezzi siamo al corrente di tutto ciò che avviene nel mondo: ascoltiamo la stessa musica e indossiamo le stesse felpe e gli stessi jeans dei nostri coetanei australiani. Fra poco anche l’ultima botteghina del nostro paese venderà burro di arachidi (di cui se ne potrebbe fare volentieri a meno), ciò ci consentirà di sentirci ancora più «globali». Nei nostri piccoli centri abitati lo sviluppo economico è fondato sulla valorizzazione delle risorse locali come il paesaggio, il patrimonio storico e culturale, la coesione sociale, i prodotti tipici e la qualità della vita. Un effetto devastante dell’economia globale che si avverte anche qui, è la crisi. Tutto è partito dal crollo dei «giganti» americani, che con effetto domino hanno trascinato verso il basso tutte le economie occidentali. Molte attività stanno chiudendo a causa della delocalizzazione. Abitando in piccoli paesi di campagna, l’agricoltura domestica è ancora attiva e quindi garantisce a molte famiglie un sostentamento economico. Non crediamo ci sia la possibilità di sottrarsi a questo fenomeno; l’augurio che esso sia guidato non solo da obiettivi esclusivamente economici votati al profitto, ma che sia un mezzo per guardare al mondo nella sua interezza, salvaguardando la pace, l’ecologia, l’equa distribuzione delle ricchezze ed il rispetto delle differenze culturali. Per quanto ci riguarda noi viviamo in un contesto sociale in cui ci hanno insegnato a non perdere di vista le tradizioni locali, per questo ci sembra giusto cantare la Befana e non farsi troppo trasportare da mode passeggere.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Buonarroti Cinigiano
«Meditate che questo è stato» Gli studenti ricordano la Shoa. Cerimonia aperta dalle parole di Levi LA RIFLESSIONE
Dalla tristezza alla voglia di migliorare UNA VOLTA tornati a scuola noi ragazzi della classe III D abbiamo provato a riflettere sul senso della mattinata trascorsa in Comune. Insieme alle nostre professoresse ( Romina Colombini e Angela Scarpata) abbiamo instaurato una discussione in classe proprio sull’importanza di eventi del genere e siamo arrivati a queste conclusioni. Prima di tutto i nostri lavori, i filmati che abbiamo visto, le parole commoventi che abbiamo sentito pronunciare agli intervistati, ci hanno colpito fortemente nell’anima e nel cuore. Tutti noi al solo pensiero di azioni di quel genere siamo rabbrividiti. Abbiamo provato tanta malinconia e tanta tristezza e ci siamo augurati che chiunque assista a mattinate del genere se ne vada a casa con nel cuore le stesse emozioni che abbiamo provato noi. Infatti, solo così possiamo sperare che certe atrocità non si ripetano più. Abbiamo capito, inoltre, che ora tocca a noi portare avanti l’umanità e lo dobbiamo fare senza commettere lo stesso errore brutale di chi ci ha preceduto. Adesso che abbiamo imparato questa lezione dobbiamo fare il possibile per trasmetterla anche a tutte le persone che nasceranno. Purtroppo abbiamo preso atto che c’è ancora molto fare per poter avere un futuro migliore. Sono ancora troppe le parti del mondo dove diritti che per noi risultano banali come andare a scuola, avere come amico del cuore un ragazzo appartenente ad una religione diversa, esprimere liberamente un pensiero, avere una madre che ha gli stessi diritti del padre, sono mete lontane da raggiungere. La nostra mattinata si è conclusa con l’impegno da parte di ognuno di noi che ogni qual volta ci troveremo di fronte ad un possibile diritto negato faremo tutto ciò che è in nostro potere perché le cose migliorino.
NEI GIORNI scorsi tutti gli alunni della scuola secondaria di primo grado di Cinigiano accompagnati dagli insegnanti, si sono recati nella sala consiliare del Comune per la commemorazione della giornata della shoa. L’iniziativa si è svolta proprio il 27 gennaio, giorno che ricorda la liberazione del campo di concentramento di Auschwtz, ed ha visto la partecipazione del sindaco Silvana Totti, e della professoressa Elena Vellati rappresentante L’Istituto storico della resistenza maremmana. Il titolo della mattinata era «Meditate che questo è stato» e i lavori si sono aperti proprio con la lettura della poesia di Primo Levi «Shemà, voi che vivete sicuri». Come in ogni appuntamento gli alunni delle quattro classi hanno illustrato i loro lavori. I primi a esporre il lavoro sono stati gli alunni della classe I E che hanno illustrato, tramite una presentazione powerpoint, fatta di foto e riassunti, le condizioni dei detenuti del campo di concentramento di Terezin, alla periferia di Praga. Questo campo nacque nel 1940, per opera della Gestapo, prima come ghetto per gli ebrei e poi si è trasformato poi in un vero campo di concentramento o meglio di transito per gli
ANGOSCIA Due bambini rinchiusi in un campo di concentramento
ebrei diretti ad Auschwtz ed altri campi di sterminio. Gli alunni hanno messo in risalto come erano costretti a vivere, cioè in totale mancanza di condizioni umane, vecchi e bambini e si son soffermati su tutte le malattie che hanno causato spesso la loro morte. Infatti, alla fine del secondo conflitto mondiale di circa 15.000 bambini detenuti
sembra ne siano rimasti in vita solo poco più di 100. In seguito gli alunni delle classi ID e II D hanno presentato il loro lavoro intitolato: «Con gli occhi dei bambini». Si è trattato di immagini messe a confronto. Da un lato sono stati presentati disegni realizzai da bambini internati nei vari campi e dall’atro foto-documento che attestano la con-
dizione dei bambini nei campi. Gli alunni hanno messo a confronto così, ciò che i bambini «vedevano» durante la loro prigionia con come «erano visti» da chi li ha rinchiusi. La riflessione finale dei ragazzi di II D è stata la seguente: nei disegni e nelle poesia realizzati da i bambini internati è prevalsa la fantasia (immagini di farfalle che volano libere) e la voglia di vivere (prati verdi sui quali correre) ovvero una grande forza e un coraggio che i bambini hanno dimostrato di avere anche in condizioni di vita disumane. Nelle foto, invece, che retraggono bambini prigionieri è prevalsa la tristezza, lo sconforto e la sofferenza. Infine, l’ultima esposizione, quella dei ragazzi della III D, ha messo a confronto da un lato, i dieci articoli contenuti nel manifesto della razza del 1938 con i più recenti studi scientifici. I ragazzi nella loro presentazione hanno dimostrato che se da una parte nel 1938 si sosteneva che il «termine razza esiste ed è un termine biologico», i più recenti studi pubblicati da un importante gruppo di ricerca della Stanford University , di cui fa parte anche l’italiano Luigi Cavalli Sforza e pubblicati nella rivista «Le scienze numero 476», aprile 2008, hanno dimostrato che le razze non esistono, o meglio esiste una sola razza: quella umana!
IL FATTO ALL’INTERNO DELLA RESIDENZA DEI SEMINARISTI FU ALLESTITO UN CAMPO DI «RACCOLTA»
Roccatederighi, una ferita nella nostra storia
TEREZIN Una farfalla in volo disegnata da un bimbo prigioniero
DURANTE la commemorazione della giornata della shoa a Cinigiano c’è stato l’intervento della professoressa Elena Vellati, rappresentante dell’Istituto storico della resistenza maremmana. L’intervento e il filmato che lo ha seguito, sono stati per noi molto importanti: ci siamo sentiti «dentro la storia» visto che si parlava di un particolare episodio riguardante gli ebrei della provincia di Grosseto. La professoressa ci ha spiegato che molti ebrei erano arrivati nella nostro provincia da diverse parti di Europa soprattutto dall’Austria. Si tratta di persone che hanno lasciato la loro patria convinti che in Italia avrebbero potuto salvarsi la vita invece, in seguito ad una serie di opere di spionaggio, fatte da grossetani, sono stati catturati. Dopo la cattura tutti gli ebrei (grossetani e non) sono stati trasportati in una sorta di campo di concentramento provvisorio nato nella residenza estiva del seminario vescovile presso Roccatederghi. Tutti i superstiti , intervistati nel filma-
to, hanno sottolineato come inizialmente non si rendessero conto di ciò che gli sarebbe successo in seguito. La maggior parte di loro ha trascorso i primi giorni in serenità, giocando a carte o passeggiando nell’ombroso cortile (anche se non si potevano minimamente avvicinare alla recinzione perché erano sorvegliati da una guardia armata). La permanenza lì è stata breve per la quasi totalità delle persone internate perché da lì poi sono partiti convogli che hanno trasportato tutti gli ebrei non grossetani fino ad Auschwtz. Le cose che ci hanno colpito però sono state due: uno che l’allora vescovo di Grosseto ha consentito che all’interno della residenza estiva dei seminaristi fosse allestito un campo di concentramento provvisorio; due il fatto che in cambio di questa sorta di prestito abbia ottenuto che gli ebrei grossetani fossero risparmiati dalla deportazione. Cosa vuol dire questo? Che gli altri ebrei non grossetano non erano persone ugualmente?
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della classe III D della scuola media «Buonarroti» di Cinigiano. I loro nomi: Bambagioni Alessio, Bellacchi Azzurra, Biblekaj Gianina, Bucci Nicola, Cherubini Giu-
lia, Ciacci Marcello, Del Bue Emiliano, Guidarini Nicolò, Guerrini Gianmarco, Lamba Razvan Constantin, Massai Matteo, Nerucci Michela, Ozcan Pinar, Roggiolani Simone, Rossi Gabriele, Rossi Simone, Siveri
Federico, Svet Vladis, Via Agnese. L’insegnate tutor è la professoressa Romina Colombini, il dirigente scolastico è la professoressa Cinzia Machetti.
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MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Vico Grosseto
Imparare a vivere insieme Lasciare il proprio Paese per abitare in un altro. E sentirsi integrati SEMBRA FACILE, vivere insieme, ma non sempre è così. Quest’anno come argomento di studio abbiamo affrontato i movimenti migratori: sia quello degli Italiani all’estero, soprattutto nel passato, sia quello, più attuale, di flussi verso l’Italia. Ma, a parte gli studi barbosi, sappiamo davvero cosa significa essere un immigrato? Come far convivere tra loro culture a volte molto diverse? Questa è la domanda che ci siamo posti. Abbiamo pensato di ascoltare l’esperienza storica di una nonna che ha vissuto in Libia durante la colonizzazione fascista. Abbiamo letto un libro che racconta la storia vera di un ragazzo che è pronto a superare qualsiasi difficoltà per fuggire da un Paese, l’Afghanistan, in cui la vita è impossibile. Ma, prima di tutto, abbiamo parlato con i nostri amici di nazionalità diversa che, fortunatamente, frequentano la nostra scuola. Volevamo sapere come si trovano nel nuovo Paese, quali sono i loro attuali sentimenti e quali quelli passati. La maggior parte di questi ragaz-
PRESENTAZIONE Il primo giorno di scuola di un bimbo straniero
zi si è trasferita in Italia per motivi di lavoro dei genitori: improvvisamente la loro vita è cambiata. Abbiamo chiesto loro cosa hanno provato quando sono arrivati. Le emozioni più comuni sono state la tristezza e il dispiacere per aver lasciato un mondo familiare, il timore dell’ignoto, la preoccupazio-
ne e lo smarrimento di fronte a situazioni mai vissute prima ma, soprattutto, la paura di non essere capiti e accettati. La prima difficoltà che hanno incontrato è stato l’ingresso a scuola che quasi tutti hanno descritto come un «disastro». Si sentivano osservati e per questo si vergognavano, non capi-
vano una parola di italiano, non conoscevano nessuno. Per fortuna c’erano i compagni e gli insegnanti che con tanta pazienza li hanno aiutati a superare ogni problema. Infatti, nonostante ancora qualcuno non parli proprio bene l’italiano, si sono trovati bene con i nuovi amici e affrontano con più forza e serenità i piccoli intoppi quotidiani. Alcuni di loro hanno nostalgia perché vivevano in campagna e si sentivano più liberi a contatto con la natura; ora la vita di città è più complicata. In più, invece di uscire tanto quanto facevano prima, devono impegnarsi nello studio dell’italiano. Ci ha fatto molto piacere sentirci dire che, nonostante sentano la mancanza degli affetti più cari (tutti parlano dei nonni), hanno intenzione di rimanere in Italia per sempre e di tornare nel loro Paese solo per le festività. Per noi significa che siamo stati capaci di accoglierli e farli sentire quasi come a casa. Per di più abbiamo imparato come è facile cadere nei pregiudizi verso culture e persone, che invece, quando le conosci, sono belle quanto le nostre.
L’INTERVISTA I RICORDI E LE EMOZIONI DI UNA NONNA CHE HA VISSUTO IN UNA TERRA STRANIERA
«Io mi sentivo a casa anche laggiù, a Bengasi» LA NOSTRA REDAZIONE ha incontrato Jolanda, nonna di una nostra amica, nata a Bengasi nel 1923 da genitori italiani inviati dal regime fascista come impiegati delle poste (il padre inventore di apparecchi per telegrafi) e ritornati in Italia nel 1945 come profughi. Questa la sua straordinaria storia. Come erano i rapporti tra colonizzatori e abitanti?
«Non c’era razzismo, si stava bene, c’era un bel rapporto. Tant’è vero che mamma mi mandava a fare la spesa nei negozi degli arabi, non c’erano problemi né discriminazioni. Io andavo nelle case dei miei vicini che erano arabi a chiedere uova e latte. Avevo anche un’amica con cui uscivo». CERIMONIA La Festa dei Marabutti in una cartolina d’epoca
Com’erano organizzate la città e la scuola?
«Bengasi era una bella città, c’erano case bianche
con le finestre verdi, chiese, moschee, sinagoghe, alberghi. Abitavo in una piccola strada dove si trovava la chiesa di S.Francesco; negli anni hanno costruito la cattedrale, con due grandi cupole. Venezia ci aveva regalato due colonne che erano situate all’inizio e alla fine del viale della Vittoria; queste rappresentavano la lupa di Roma e il leone di Venezia. Da noi esistevano scuole per italiani e per arabi, perché era diversa la cultura». Anche le insegnanti erano italiane?
«Sì, italiane. Imparavamo tutto come in Italia, io sono andata anche all’istituto Magistrale, avevo finito le superiori, dovevo andare a Tripoli a studiare all’università...poi però è scoppiata la guerra». Voi siete arrivati lì come colonizzatori, invasori.
«No, come invasori no, lo eravamo forse nel 1911, ma poi gli abitanti non ci hanno visto più così».
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della scuola media «Vico». Classe 2 A: Fuschi Niccolò, Bruni Andrea, Mosconi Matteo, Stanganini Matteo, Marra Alessandro, Valentina Meoni, Karolina Kuznyetsova, Martini Erika, Meoni Valentina, Bai Alessia, Di Maggio Alessia, Merella Valenti-
na, Marra Alessandro, Matteo Biagioli, Matteo Tanini, Privato Giacomo, Maccarucci Manuel, Matteo Mosconi, Balghi Safaa. Classe 3 C: Sbordone Salvatore, Frezza Erica, Berardini Ilaria, Flaminio Elena, Morlungo Leonardo, Flaminio Elena. Classe 3 F: Lozzi Benedetta, Massetti Giu-
lio, Marino Giuseppe, Gramaccia Silvia, Formicola Sara. Gli insegnanti tutoro sono le professoresse Monica Bondani, Eleonora Baffigo e Elisabetta Scollo Abeti. La dirigente scolastica è la dottoressa Graziana Bongini.
IL LIBRO
I coccodrilli che insegnano a riflettere «NEL MARE ci sono i coccodrilli” è un libro di Fabio Geda edito nel 2010 da Baldini e Castoldi. E’ la storia vera di un bambino afgano, Enaiatollah Akbari, lasciato dalla madre ad un trafficante di uomini perché lo faccia fuggire da un destino disumano. Avrebbe dovuto essere il risarcimento per un debito contratto dal padre. Le condizioni di vita per i ragazzi in Afghanistan sono terribili. Un esempio per tutti: la scuola che frequenta Enaiatollah deve essere chiusa per ordine dei talebani. Due giorni dopo, alcuni di essi tornano a controllare che la scuola sia stata chiusa; trovando il maestro a spiegare si infuriano e, davanti agli alunni, nel cortile della scuola, lo fucilano. Durante il suo viaggio (Afghanistan-Pakistan-Iran-Turchia-Grecia e infine Italia) Enaiatollah vive esperienze traumatiche che ai nostri occhi, lettori ingenui, risultano irreali, sconvolgenti. Però incontra anche molta umanità, e questo ci ha ugualmente colpito. Giunto in Italia viene accolto da una famiglia torinese e, per ottenere lo status di rifugiato, mostra alla commissione la foto di un bambino soldato: se fosse rimasto in Afghanistan, avrebbe potuto essere lui. Consigliamo questo libro, comunica le vere paure che gli immigrati sono disposti ad affrontare nei loro viaggi (mare e coccodrilli compresi) pur di ottenere una vita migliore: ci ha aperto gli occhi su un mondo che non conoscevamo.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 10 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Don Breschi Massa Marittima
Garibaldi e la «Brescia maremmana» Così Massa Marittima nel 1849 ha aiutato l’eroe dei due Mondi FANTAINTERVISTA
«Ecco perché ho scelto questa terra» È NOTTE FONDA, un fulmine colpisce la famosa statua di Garibaldi, situata a Massa Marittima e con nostra grande sorpresa il monumento prende vita. Iniziamo pertanto a tempestarlo di domande… Come e perché iniziò il suo «trafugamento»?
«Ero a Roma durante la prima Guerra d’Indipendenza, si stava combattendo per sottrarre al papa Pio IX il potere temporale; le sue armate mi stavano cercando, così io scappai. La mia meta era Venezia, che stava combattendo contro gli austriaci per tornare ad essere libera. Purtroppo mia moglie, durante il viaggio, si ammalò e morì di malaria; in quei giorni Venezia fu sconfitta e fui costretto a cambiare meta, puntando verso Genova». Perché è passato proprio dalla Maremma ?
«Ho deciso questo perché, essendo la Maremma un territorio straordinariamente ricco di fitti boschi, poteva offrirmi un riparo sicuro dai miei inseguitori. E così è stato».
LA STORIA ha camminato anche nelle vie di Massa Marittima, sulle gambe di Giuseppe Garibaldi e dei cittadini maremmani che hanno appoggiato il movimento risorgimentale. Nell’occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, è stato bello ricordare l’eroe dei due mondi e scoprire che anche la piccola città maremmana ha dato un contributo significativo a realizzare l’unificazione e l’indipendenza italiane. I segni del Risorgimento sono anche nelle vie massetane intitolate a uomini del posto di quel periodo storico, come i fratelli Lapini (che aiutarono la fuga di Garibaldi). Massa Marittima poco dopo la fine del Medioevo cadde in profonda crisi, a causa delle paludi che la circondavano. I Granduchi Lorena nel Settecento cercarono di ripopolare la cittadina; nonostante tutto, questo esperimento fu fatto invano, e si continuava a morire a causa della malaria, portata dalle grandi paludi circostanti. Soltanto nell’Ottocento, con i primi suc-
Se riuscirà a conquistare il Sud Italia, che cosa ne farà?
«Sacrificherò i miei ideali repubblicani e cederò, per amor di patria, il Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II, che è l’unica persona che può realizzare l’Unità d’Italia... Almeno, credo!».
to «trafugamento». Pur di proteggere la sua incolumità durante la fuga da Roma, dopo la caduta della repubblica, i patrioti massetani erano disposti a tutto e questa volontà così forte e spontanea fu la garanzia del successo dell’iniziativa: in gran segreto Garibaldi e il suo fido capitan Leggero, che so-
TESTIMONIANZE SULLE ORME DELLA STORIA: A SPASSO PER LE STRADE CERCANDO I SEGNI DEL PASSATO
I luoghi risorgimentali sparsi nella città
Dopo che è arrivato a Genova cosa ha pensato di fare?
«Ho organizzato da lì una spedizione via mare per dirigermi a Sud, ho coinvolto molti cittadini e sono stato aiutato da truppe situate sulla terraferma in punti strategici; inoltre alcune donne della città ci hanno cucito delle camicie rosse per identificarci in battaglia».
RICOSTRUZIONE L’incontro di Teano visto dagli studenti massetani
cessi delle opere di bonifica, la cittadina si ripopolò e iniziarono a circolare nelle vie le idee liberali. Molti giovani patrioti, che già conoscevano Garibaldi, le sue imprese coraggiose e le sue intenzioni, furono felici di aiutare l’eroe che scappava da Roma a Genova nel settembre 1849, durante il no-
no arrivati dai boschi, vengono ospitati in un podere fuori Massa chiamato «Malenotti». La questione è molto pericolosa e viene usata dai patrioti una parola d’ordine di riconoscimento,«Venezia». Dopo qualche ora di riposo, alle prime luci dell’alba, la piccola compagnia si dirige ai piedi del colle massetano di «Schiantapetto»; lì altri fidati aiutanti del posto danno a Garibaldi un carro, con il quale sarà più facile arrivare alla costa di Cala Martina, oggi nel comune di Scarlino. Stremati, salgono su una barca che li aspetta alla fonda, diretti finalmente a Genova, dove Garibaldi organizzerà la Spedizione dei Mille con le famose camicie rosse che libereranno il Sud. Grazie al valore e al coraggio dimostrato dai cittadini di Massa Marittima nel Risorgimento essa è stata chiamata la «Brescia maremmana», ricordando non solo il suo importante contributo al «trafugamento» di Garibaldi, ma anche i soldati delle guerre d’indipendenza e quelli che si aggregarono a sostegno dei Mille.
VISITA Gli studenti della 3 A sotto il busto di Giuseppe Garibaldi
IL PASSAGGIO di Garibaldi a Massa Marittima ha lasciato una grande impronta: le dita sono le opere a lui dedicate e la pianta è il ricordo impresso nelle memorie cittadine. Massa Marittima è stato un luogo importante per il Risorgimento, con il passaggio di Garibaldi ed altri fatti importanti. Qui sono nati e hanno vissuto uomini che hanno combattuto nelle guerre d’Indipendenza e nella Prima guerra mondiale. Infatti, vicino al cimitero, sorge una cappella dove riposano i caduti di queste guerre, tra cui Gaetano Badii, che fu anche uno studioso al quale è dedicata la locale biblioteca comunale. Questa piccola cappella è chiusa al pubblico, ma in occasione di feste o celebrazioni in ricordo dei caduti è possibile visitarla. Le impronte che ci ha lasciato la storia, però, non sono finite qui; sulla
piazza XXIV Maggio si affaccia il Parco delle Rimembranze, dove c’è una statua dedicata a Garibaldi, spostata da piazza del Duomo circa settant’anni fa. Inoltre su ogni singolo cipresso del parco nel passato c’era una targhetta con su inciso il nome di un caduto. Infine, un ultimo segno del Risorgimento, ma non meno importante, si rintraccia nel Museo Archeologico dove si conservano alcune casacche rosse originali della Spedizione dei Mille, insieme alle lettere mandate da Garibaldi ai giovani massetani, ai quali egli dava un unico consiglio: l’istruzione e la formazione dovevano venire prima di tutto! I giovani massetani di oggi possono essere indubbiamente fieri di vivere in questa cittadina, perché porta con sé un pezzo di storia italiana e si sentono parte di ciò per questo ricordo.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della IIIA della scuola media «Don Breschi» di Massa Marittima: Marco Candela, Serena Cantini, Carolina Cheleschi, Arbri Daiu, Ascanio De Liguori, Perla De Paoli, Alessandro
Gai, Samuel Gambassi, Barbara Grosoli, Sofia Guiducci, Angelica Innocenti, Alice Krismer, Filippo Ladu, Benedetta Maletta, Giulio Martellini, Chiara Monterisi, Gianluca Neri, Ilaria Parigi, Francesco Piccirillo, Cri-
stian Radici, Gianpiero Ribechini, Gianmarco Varriale, Isabella Ventura. Il dirigente scolastico è la dottoressa Marcella Rossi e l’insegnante tutor è la professoressa Cecilia Sacchi.
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Scuola media
Da Vinci Grosseto
Meno fondi, Orchestra in crisi Cosa sta succedendo? L’intervista al presidente Antonio Di Cristofano DOPO ANNI di brillante carriera — e di sostegno economico — l’Orchestra Sinfonica «Città di Grosseto», la «nostra» orchestra, quella che ha portato il nome di Grosseto in tutto il territorio nazionale e all’estero, legandolo alle parole «prestigio», «cultura», «tradizione», sta subendo una brutta, ma speriamo non irreversibile, battuta d’arresto. I primi sintomi del malessere risalgono al 2007-’08. La causa? La progressiva riduzione dei contributi economici degli Enti sostenitori. «Fino a quel periodo — ci ha detto il maestro Antonio Di Cristofano, presidente dal 1997 — l’Orchestra navigava in acque tranquille. A partire dal 2000, infatti, arrivava a circa 400mila euro di finanziamenti annui (per i «profani» potrebbe sembrare una cifra enorme, ma si pensi che l’Orchestra di S.Cecilia di Roma ha un budget di 50 milioni di euro!). In particolare, potevamo contare sui 35mila euro del Comune, 25mila del Ministero, più di 20mila della Regione Toscana, 23mila della Provincia e 50mila dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze: così
PRESTIGIO Il concerto a Vienna dell’Orchestra Città di Grosseto
riuscivamo a garantire circa 60 concerti». Il 2011 è stato l’anno della crisi. Ad aprile viene azzerato il contributo della Provincia. Il colpo di grazia è arrivato il 27 settembre, quando l’assessore alla Cultura del Comune annuncia al Consiglio direttivo la drammatica notizia: forse sarebbero arrivati per il
2011 (nel quale già molte spese erano state sostenute) solo 15mila euro (lordi, ovviamente). Ma non finisce qui. «Per l’anno in corso — ci ha tristemente detto Di Cristofano — il Comune può garantire un contributo di soli 10mila euro, che servono a malapena a coprire le spese per il tradizionale concerto di Capodanno agli Indu-
stri. Paradossalmente, suoneremo molto in un altro comune toscano, a Lucca, che economicamente ci sostiene». Il prezzo da pagare? Il rischio che l’Orchestra cambi il proprio nome in «Città di Grosseto e di Lucca», sperando che — per sopravvivere — non debba abbandonare del tutto la sua denominazione originaria. «Per protesta — ha concluso il presidente — ed anche per necessità siamo costretti a ridimensionare tantissimo la stagione 2012 in città: il prossimo concerto sarà quello per il Premio internazionale Scriabin il 26 febbraio; il 1 aprile in Cattedrale il concerto in beneficenza per Duchenne Parent Project, e orse il tradizionale concerto di San Lorenzo». Per sostenerla, si è mobilitata tutta la città: raccolte di firme, una petizione online, una pagina su Facebook. Anche noi, dato che frequentiamo una scuola ad indirizzo musicale, dalle pagine de La Nazione vogliamo richiamare l’attenzione su questo problema … e siamo certi che tutte le istituzioni ascolteranno il nostro appello: salviamo l’Orchestra!
DIDATTICA ARRIVA IL LICEO MUSICALE E NOI ABBIAMO PARTECIPATO ALLA REALIZZAZIONE DELLO SPOT
A adesso c’è la scuola dove la musica è di casa
PROMOZIONE Un’immagine della pubblicità del nuovo liceo
LO SAPEVATE? A Grosseto è nato finalmente il Liceo Musicale. Finalmente, perché la sua apertura va a colmare un vuoto culturale che cominciava a farsi sentire, non esistendo in provincia istituti analoghi. Il «Musicale» è l’istituto per chi della musica vuol fare una passione, una professione o semplicemente approfondire le proprie conoscenze. Il piano di studi prevede le discipline comuni dei licei (italiano, storia, inglese, matematica, filosofia) e le discipline specifiche, come esecuzione ed interpretazione; analisi e composizione; storia della musica; laboratorio di musica d’insieme; tecnologie musicali. In più si suoneranno due strumenti, quello principale e il pianoforte. E’ proprio il caso di dire che tutto questo è «musica per le nostre orecchie». Ma tutti possono iscriversi, anche senza
alcuna competenza musicale specifica. Noi, orgogliosamente, abbiamo fatto la nostra parte per avere il Liceo Musicale a Grosseto: frequentando una scuola media ad indirizzo musicale, siamo stati molto coinvolti dall’apertura, che rappresenta per noi l’opportunità di proseguire i nostri studi. Così ci siamo impegnati per diffondere la notizia: con i nostri genitori abbiamo organizzato raccolte di firme per l’apertura, stampato volantini, creato eventi per fare conoscere la nuova scuola. ABBIAMO addirittura partecipato alla realizzazione dello spot pubblicitario del liceo musicale girato dal Polo Bianciardi, di cui la nuova scuola fa parte. La sua sede è in piazza de Maria. A quanto si dice, sono già molto numerose le preiscrizioni, chissà che non si possano formare due prime!
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della classe 3 G della scuola media «da Vinci»: Gabriele Bernabò, Caterina Bernocco, Davide Blanchi, Rebecca Bovo, Ilaria Busonero, Valentina Daveri, Lisa Dolabella, Alice Fa-
dini, Laura Ferri, Erica Fiorini, Giusy Ignarra, Chiara Masuero, Trudy Niessen, Stefano Nizza, Ilaria Pennacchio, Maria Teresa Petrucci, Giulia Pierro, Mattia Porro, Giacomo Scarpignato, Samuele Scarpignato, Sofia
Sgherri, Chiara Tiberi, Leonardo Ugolini, Andrea Voira. L’insegnante tutor è la professoressa Claudia Biagioli, il dirigente scolastico la professoressa Paola Brunello.
LA STORIA
Dal 1994 a oggi ha fatto il giro del mondo L’ORCHESTRA Sinfonica «Città di Grosseto» nasce diciotto anni fa, per volontà dell’Amministrazione comunale, dalla fusione delle principali associazioni musicali grossetane: l’Orchestra «Carlo Cavalieri», gli «Amici del Quartetto» e «G. Donizetti». Giovanni Lanzini è stato il primo presidente (triennio 1994-96); dal ‘97 ad oggi ha ricoperto questa carica il maestro Antonio Di Cristofano. Nel corso degli anni l’Orchestra ha moltiplicato la sua presenza sul territorio, locale e nazionale, passando dai 10-12 concerti a stagione (nel ‘99) a 60 (di cui una ventina in città, il resto in tutta Italia) nel 2006-07. Tutto questo era possibile grazie ai contributi che giungevano da vari enti. Tra tutti, due i concerti memorabili: a Torre del Lago il 29 novembre 2004, per l’80˚ anno dalla morte di Giacomo Puccini; quello del 19 aprile 2010, nella «Golden Hall» al Musikverein di Vienna, di fronte ad un pubblico di 1.800 persone (si tratta di una delle sale da concerto più prestigiose al mondo, quella del tradizionale concerto di Capodanno trasmesso in mondovisione!). Prima di ogni esibizione, gli orchestrali hanno due giorni di prove (di cinque ore ciascuno); gli elementi erano una cinquantina fino a una decina di anni fa mentre oggi il loro numero è sceso a meno di trenta, dato che le casse sono vuote … ma con una storia così prestigiosa, vogliamo davvero lasciarla andare alla deriva? Siamo convinti che la nostra Orchestra si salverà!
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