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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012
Scuola Media
«C. Cattaneo» LA SPEZIA
Per una scuola ’alunnocentrica’ Metodo Gordon: efficacia educativa in uno scenario di sterile tecnocentrismo RIFLESSIONI
«Formazione» tra motivazione e apprendimento HO CONOSCIUTO il metodo Gordon nella scuola “Carlo Cattaneo” che frequento da due anni. All’inizio ero alquanto scettico, sono piuttosto chiuso di carattere, ma sono bastati i primi incontri per ricredermi. Ho provato molta serenità nel parlare delle mie emozioni durante il problem-solving e il brain-storming perché gli altri non potevano giudicarmi per quello che dicevo. A volte era più semplice, altre più difficile e nel confronto ho compreso di non essere “solo”. Questo mio pensiero è condiviso dai tutti i compagni di classe; ora affrontiamo serenamente le interrogazioni, le verifiche e partecipiamo con gioia ai successi di ognuno di noi. Il fatto di conoscere meglio me stesso mi da più sicurezza nell’affrontare i miei coetanei; rispetto all’anno scorso sono in grado di esprimermi meglio e questo facilita la comunicazione e rafforza il rapporto di amicizia: se riesco ad esprimere la mia gioia, ma anche il mio disagio, chi mi sta di fronte è in grado di conoscere i miei bisogni, e viceversa, per empatia. Penso che un mondo più sincero e onesto inizi da questo. Sarebbe un peccato interrompere proprio adesso questo percorso appena iniziato perché grazie al metodo Gordon siamo meno inibiti e non temiamo più il giudizio dei nostri amici: la consapevolezza delle nostre potenzialità ci fa capire su cosa “puntare” per valorizzare le nostre capacità e superare le nostre debolezze.
RIPERCORRENDO le tappe della nostra storia abbiamo compreso che l’uomo ha compiuto progressi sorprendenti in ogni campo. L’umanità “bambina”, desiderosa di crescere, si è aperta al mondo attraverso i miti, le fiabe e le favole, acquisendo una graduale consapevolezza di sé. L’Occidente europeo, dopo una visione oscurantista di teocentrismo, “monopolio” di un Medioevo clericale, è passato ad un maturo e consapevole antropocentrismo a partire dall’Umanesimo-Rinascimento. L’uomo ha così cominciato ad avere fiducia nelle proprie capacità e a “costruire” se stesso, diventando artefice del proprio destino. Oggi strumenti “sopraffini” e un certo tecnologismo idolatrato hanno finito per aprire il varco alla grande era tecnocentrica, impoverendo quell’humanitas che nella scuola dovrebbe essere il vero motore. L’efficentismo frenetico che dilaga ormai in ogni ambito ( anche educativo!) spesso crea sfiducia in noi giovani e soprattutto non stimola la motivazione allo “studio”.
LABORATORIO Spazio di interazione di gruppo
Thomas Gordon (1918-2002), psicologo americano di orientamento umanistico, consapevole di questi “vuoti” (nonostante le speranzose nuove tecnologie!), recupera il materiale più prezioso: quello umano! Lo sviluppo della persona nella sua “unicità” e il suo processo di maturazione diventano
l’obiettivo primario: solo così si può ottimizzare l’apprendimento, rendendolo piacevole e stimolante. Il cosiddetto “metodo Gordon” rappresenta proprio una valida opportunità per recuperare il senso dell’azione educativa nonché della sua efficacia, puntando i riflettori sul nostro ruolo di alun-
ni e sulla paritetica centralità della relazione educando-educatore. Esso garantisce uno spazio scolastico “non giudicante”, aperto al dialogo, alla comunicazione, all’ascolto, alla nostra crescita in termini di autenticità e trasparenza. Partendo da una serie di “esercizi psico-pedagogici”, che hanno coinvolto l’intero gruppo-classe con l’uso di “carte speciali”, siamo riusciti a vivere e a gestire il tempo scuola in modo armonico, imparando a collaborare e a sanare eventuali conflitti. Queste carte esprimono, attraverso le parole e le immagini, sensazioni, emozioni, desideri e bisogni ed invitano noi studenti alla riflessione, alla comunicazione “senza filtri” e alla condivisione della nostra storia. Il recupero di sé e della dimensione valoriale permette di accrescere la motivazione allo studio nonché la propria fondamentale autostima. Ogni alunno, infatti, nella centralità (e qualità!) della relazione educativa sente finalmente di poter esistere per quello che “è” e non soltanto per quello che “fa”.
PROGETTO DI CRESCITA STRUMENTI DI LAVORO “SUI GENERIS” TRA PIRAMIDI (DEI BISOGNI) ED EMPATIA
Psicologia “applicata” e conoscenza di sé
IL METODO La Piramide di Maslow
IL METODO Gordon ci ha offerto la possibilità di lavorare con strumenti decisamente “sui generis”: non vanno al di là del cartaceo (ad esempio le “carte emozionando”, le “carte chi sono io”, le carte dei “bisogni”) ma sono capaci di sollevare “montagne”, di superare ostacoli che a prima vista risultano insormontabili. In un clima di autentica cooperazione e con il sostegno dei nostri docenti siamo riusciti a prendere atto dell’importanza di aspetti del nostro vivere quotidiano che forse, per distrazione o superficialità, ci risultavano quasi estranei. Si è trattato di prendere atto di “concetti” nuovi, dai nomi nuovi ma che abitavano segretamente in noi! Il loro risveglio ci ha permesso di sentirci più “grandi” e dunque più forti per seguire un percorso (anche scolastico!) più stimolante e
motivante! E allora ecco che la parola magica “empatia”(mettersi nei panni dell’altro, condividendone le esperienze) è stata un colpo di fulmine: abbiamo imparato a uscire dal nostro piccolo mondo, a guardare con occhi nuovi e a capire che è costruttivo (per noi e per gli altri) condividere emotivamente le esperienze. Dunque il dare agli altri, ascoltandoli e comprendendoli, è automaticamente anche un ricevere con gli interessi! Un certo signor Maslow, psicologo umanista e “maestro”di Gordon, è stato davvero illuminante con la sua “piramide dei bisogni”, il cui soddisfacimento, tappa dopo tappa, è fondamentale per progettare il nostro cammino di crescita. Dai bisogni fisiologici a quelli di sicurezza, dai bisogni sociali a quelli di stima verso la nostra realizzazione!
LA REDAZIONE LA PAGINA é stata realizzata dagli alunni di 1˚ C Adumitroaei Sergiu, Biggio Nicole, Campagni Federico, Carignani Silvio, Dibenedetto Cristian, Dughetti Chiara, El Alloui Hamza, Evangelisti Luca, Fossati Gaia, Gritti Melba, Ilardi Maria, Masini Mat-
teo, Morelli Irene, Paoletti Micol, Vinciguerra Gaia, Zeuli Emanuel e di 2˚ C: Borzani Greta, Cantini Rossella, Cutugno Cinzia, De Marinis Luca, D’Este Giulia, Dibenedetto Gabriel, Di Biasi Francesco, Frunza Mihaela, Grassi Elisa, Isernia Giuseppe,
Lago Greta, Lagomarsni Giacomo, Millhaj Klevisa, Moreni Sara, Paolucci Chiara, Pioli Camilla, Saia Leonardo, Salamina Samuele, Salvemini Alessia, Sejdovic Mirsad, Zucchello Lorenzo. Il Dirigente è Felice Biassoni, i prof tutor sono Aurora Ceccarini e Paolo Mignani.
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Scuola Media
«D. Alighieri» CASTELNUOVO MAGRA MAGRA
Lavoro minorile, lavoro sempre In classe si parla di sfruttamento e della «Dichiarazione sui diritti del fanciullo» SIAMO i ragazzi della 3B della scuola media “Dante Alighieri” di Castelnuovo Magra e quest’anno abbiamo deciso di proporre un argomento che ci sta particolarmente a cuore, ossia lo sfruttamento dei minori. Quest’idea è nata dopo aver letto un brano in classe con la nostra professoressa di lettere la quale, piacevolmente stupita per il nostro interesse, ci ha divisi in gruppi di ricerca per approfondire l’argomento. Una delle nostre fonti di documentazione è stata la «Dichiarazione sui diritti del fanciullo», in particolare l’Articolo n˚ 32 paragrafo 1: «Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e qualsiasi tipo di lavoro rischioso o che interferisca con la sua educazione o che sia nocivo per la sua salute o per il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale». E’ assurdo quindi che ancora oggi lo sfruttamento nei confronti dei ragazzi persista: esso non solo si manifesta nei paesi più poveri, ma anche negli stati più industrializzati e moderni come la Cina popolare ecc. La schiavitù consiste nell’imposizione della proprietà non di un bene, ma di una persona che è sem-
ATTIVITA’ Ragazze e ragazzi devono prima di tutto studiare
pre considerata un oggetto facente parte del patrimonio del padrone. Egli crede di avere diritto di sfruttare il lavoro dello schiavo, sino ad arrivare a poterlo uccidere. I bambini vengono impiegati nelle più ignobili mansioni, ad esempio nell’ambito della prostituzione, come operai nelle fabbriche di scarpe e palloni, nelle industrie tessili (sono molto utili perché hanno le mani talmente piccole che riescono a cucire ogni mini-
mo particolare). I bambini schiavi sono costretti a lavorare per più di 12 ore al giorno senza nessuna pausa per riposare e nutrirsi. Da non dimenticare sono, inoltre, i bambini soldato: essi vengono allontanati dalle loro famiglie all’età di 4 anni, privati del gioco e dell’istruzione, quindi dell’infanzia che non conosceranno mai. I fanciulli vengono inoltre utilizzati per scavare fosse nelle quali metteranno degli ordigni
esplosivi. Questa è una delle forme di sfruttamento più atroci. I ragazzi sono in costante pericolo di fronte a sostanze tossiche, con situazioni di igiene e sanità pari a zero, senza ottenere ovviamente quasi nulla in cambio. I bambini non hanno nemmeno i soldi per nutrirsi, e quindi sono costretti a saccheggiare villaggi, per poi rivendere gli oggetti rubati a prezzi stracciati e poter finalmente mangiare. Le bambine sono utilizzate anche come domestiche nelle case dei padroni. Altre invece lavorano nei campi da mattina a sera. Un inferno senza uscita. Per fortuna nel 1948 con la «Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo» la schiavitù è stata definita una condizione illegale in tutto il mondo occidentale. Solo dopo aver affrontato questo argomento abbiamo compreso che ciò che noi consideriamo «scontato» come vivere una vita serena, giocare, studiare e imparare è un privilegio riservato a pochi. Dobbiamo quindi smetterla di lamentarci per le cose più futili e apprezzare ogni gioia che la vita ci offre.
LAVORO APPELLO DI UNA ONG AMERICANA PER DIFENDERE QUESTI RAGAZZI SFRUTTATI E MALPAGATI
In Cina tanti adolescenti «Schiavi di Topolino»
TEMPO LIBERO C’è chi gioca alla guerra e chi lavora in fabbrica
A VOLTE sui mass media alcune notizie hanno meno risalto rispetto ad altre. Quando si tratta del nome di una grande multinazionale le informazioni negative ci arrivano maggiormente attraverso la rete. Negli anni ‘90 era scoppiato il caso Nike: bambini che cucivano palloni di cuoio destinati ai mercati occidentali .Dopo lo scandalo e l’indignazione dell’opinione pubblica tutto sembrava risolto ma negli ultimi anni un’altra grande multinazionale è implicata in un episodio simile. Sapete chi sono gli «schiavi di Topolino»? Noi lo abbiamo scoperto navigando su internet: sono adolescenti cinesi con un’età variabile dai 13 ai 16 anni che lavorano 12 ore al giorno per confezionare i pupazzi con cui giocheranno i loro quasi coetanei di tutto il mon-
do e con i quali, forse, abbiamo giocato anche noi. A lanciare l’allarme è stata una ong americana contro lo sfruttamento minorile: sotto accusa sono finiti soprattutto gli orari insostenibili per qualunque lavoratore, figurarsi per un ragazzo di 14 anni. Secondo l’ong i baby-operai restano in fabbrica 76 ore alla settimana per uno stipendio di soli 1100 yuan (121 euro) al mese, circa 11 centesimi all’ora. Siamo rimasti colpiti anche dalle disumane condizioni dell’ambiente di lavoro e dalla pericolosità dei materiali chimici che devono maneggiare. L’azienda, da parte sua, ha risposto alle accuse sostenendo di aver avviato un’inchiesta e noi speriamo di leggere presto che questo caso si sia risolto, come quello della Nike.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni della classe III B della scuola media «D. Alighieri» di Castelnuovo Magra. Sono Bertini Sally, Bianchi Mattia, Bogazzi Andrea, Borotto Elia, Bosco Greta, Coloretti
Camilla, Di Pasquale Francesca, Luchesini Lorenzo, Malloggi Giacomo, Manfredi Alessandro, Marzari Sofia, Moussaddak Ronaldo, Musetti Ginevra, Orlando Alessio, Petacchi Giulia, Petacco Sean Valerio,
Petrolo Daniele, Ponzanelli Marco, Raiti Gabriele, Salini Patrick, Simonelli Luca, Tinfena Francesco, Tonelli Giada, Villano Diego. I docenti «tutor» sono i professori Logli Veronica e Giorgi Maria Luisa.
DRAMMA
La storia di Khaehdr soldato bambino «…È QUASI buio e sto guardando tra le foglie: al di là del fiume c’è un villaggio. Perfetto, questa sera mangerò dopo tre giorni di digiuno! Il Padrone mi ha minacciato anche oggi, non ne posso più di queste continue pressioni. Hamel, il mio compagno, è morto ieri dopo l’ennesima serie di calci e pugni del Padrone e non posso permettergli di mietere altre vittime. Noi ragazzi siamo una squadra, ci proteggiamo a vicenda, e ogni persona è come l’anello di una catena: morto uno, morti tutti. Sappiamo che le possibilità del Padrone di sopravvivere senza di noi sono pari a zero. Siamo noi che reggiamo la baracca! Per ora siamo in sei ragazzi, ma presto il Padrone andrà a comprare altri innocenti. Kajheda ha 5 anni, è la più piccolina del gruppo eppure combatte ogni giorno come tutti noi. È da poco che l’ha comprata, ma è come se fosse la nostra sorellina minore da sempre. Quando “vivi” qui impari ad amare il prossimo come fosse te stesso: può sembrare impossibile, ma l’odio dell’uno nei confronti dell’altro non c’è. Fra di noi c’è solo il sentimento di fratellanza che ci unisce e ci rende forti. Forti nel mondo, ma non contro il Padrone, perché l’ultimo compagno che ha provato a ribellarsi è stato picchiato a morte. Adesso sono qui, ho 21 anni e sono riuscito a fuggire da quell’inferno. Racconto la mia storia con la speranza che il futuro sia migliore, perché non si può continuare con questo terribile massacro». Ci siamo immedesimati in Khaehdr, “immaginario” bambinosoldato.
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10 CAMPIONATO GIORNALISMO
GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2012
Scuole Medie
«Di Giona-Signorini» LE GRAZIE-RIOMAGGIORE
Fango e acqua: la paura di chi c’era Testimonianze inedite di chi ha vissuto la tragedia di Vernazza sulla sua pelle RIFLESSIONI
Bomba d’acqua Solo fatalità? UNA bomba d’acqua quella del 25 ottobre; una bomba d’acqua che da sola non spiega ciò che è accaduto, ma che indubbiamente ha le sue origini nella particolare situazione climatica che sta interessando anche le nostre zone. Si deve partire da lunedì 24 ottobre quando un vasto fronte freddo, favorendo il formarsi di una sacca nel golfo del Leone, ha richiamato un flusso di corrente più calda. Questo fiume di aria calda, arricchito di vapore nel suo tragitto, ha posto le basi per precipitazioni intense. Nella notte hanno cominciato a formarsi delle linee temporalesche e nella giornata del 25 si era in presenza di una situazione di blocco: un fronte freddo esteso sul golfo del Leone e un fronte caldo sul mar Ligure. La notevole differenza di pressione tra la pianura Padana e il mar Ligure ha poi causato una persistente ventilazione dalla terra verso il mare: l’aria più fredda, a contatto con l’acqua più calda ha incrementato l’evaporazione creando una zona di bassa pressione, e spinta contro le Prealpi ha facilitato la generazione della pioggia. Il primo temporale, nato sul mare e scaricatosi nell’interno, ha creato un flusso di aria fredda che ritornando al mare (molto caldo per la stagione) ha creato i presupposti per la formazione di un’altra cella temporalesca e così di seguito. Questa l’origine del sistema multi cella che si è autoalimentato insistendo ore sulla stessa area geografica. La natura ci ha messo del suo, ma forse, sui cambiamenti climatici (come un mare di stagione troppo caldo) qualche responsabilità è da attribuire anche all’uomo.
LE TESTIMONIANZE inedite di chi ha vissuto la tragedia di Vernazza sulla propria pelle. La signora S. lavorava nel bar vicino alla stazione. Veniva una pioggia fortissima e c’era molto vento. “All’inizio eravamo tranquilli” ci ha raccontato “poi quando abbiamo sentito l’odore del gas e l’acqua che arrivava alle ginocchia abbiamo sbarrato le porte con tavoli. Oltre a noi c’erano molti turisti e due bambini. Proprio uno di loro ha chiesto al proprietario se non c’erano altre vie di fuga e allora lui si è ricordato di una porta murata che portava in un locale con accesso al piano alto. Con un martello abbiamo aperto un buco sufficientemente largo per passarci uno alla volta. Io sono passata quasi per ultima e ho fatto in tempo a vedere un albero enorme che veniva trascinato via come se fosse una foglia. Quando l’acqua ha iniziato a scendere i vigili ci hanno raggiunti e ci hanno portato in municipio dove abbiamo passato la notte”. La signora G. R. era invece nella sua pizzeria in fondo al paese: “Ho iniziato a preoccuparmi
TIZIANO RACCONTA I pesci del mare incontrano quelli del fiume
quando il tombino si è alzato di mezzo metro. Nonostante mi avessero detto che era impossibile raggiungere casa mia, sono comunque andata alla macchina e sono riuscita a arrivarci. Da lì ho visto il disastro che era successo e ho pensato che i cittadini di Vernazza erano tutti morti. Il mio vicino non riusciva a contattare la fi-
glia che era a scuola. Quando sono arrivati i soccorsi ci hanno detto che il paese era diviso a metà. Dove ero io c’era ancora la luce ma non potevamo raggiungere quelli che stavano dall’altra parte dove non c’era più né luce né gas. Il giorno seguente nella pizzeria ho trovato un disastro: pezzi di macchine, alberi e tanto fango. A
volte non mi sembra vero quello che è successo…è troppo” Antonella, una nostra compagna racconta: “Ha iniziato a piovere verso le 10.30 e fino a sera questa pioggia non si è fermata mai. Dopo pranzo ho sentito molte urla provenienti dalla via principale, ma da casa non potevo vedere quello che succedeva. Mio padre è sceso e io sono rimasta sola. Poco dopo due miei amici mi hanno detto di andare in municipio e li ho seguiti salendo le scale il più velocemente possibile. Non ho visto subito quello che è successo ma vedere il mio paese ridotto così è stato tremendo. Camminavo nel fango e piangevo”. Ancora più forte è il racconto di Tiziano, un alunno della prima: “Ero con mio padre chiuso nel ristorante quando abbiamo visto l’acqua salire, siamo riusciti a telefonare ai nostri vicini che ci hanno calato una corda dal terrazzo e ci hanno aiutato a salire. Il giorno dopo ho visto che il paese era diviso da un fiume in piena. La terra si era fermata e arrivava alle finestre del primo piano”.
TESTIMONIANZE A TRE MESI DI DISTANZA I VIGILI DEL FUOCO RACCONTANO L’INFERNO DI VERNAZZA
Via mare, via cielo, via terra: difficile anche arrivare
LA VIGNETTA L’acqua ci dà la vita ma a volte ce la toglie
NON era un film sull’apocalisse quello che si è presentato agli occhi dei soccorritori accorsi a Vernazza ma una realtà assurda anche per chi è abituato a intervenire nelle emergenze. Non paura per ciò che si doveva affrontare, ma sgomento per non poter essere subito presenti ovunque. Questo lo stato d’animo, come emerge dal racconto dei vigili del fuoco Andrea Stretti e Nicola Donno, di chi si è trovato lì il 25 ottobre. Dalle parole dei due Capi Squadra appare chiaro come una serie di concause abbiano reso difficilissimi i soccorsi a Vernazza, dove è saltato ogni tipo di collegamento e dove i primi soccorsi sono potuti giungere con un carrello ferroviario agganciato a un vagone procedendo a passo d’uomo grazie a chi spalava la terra dai binari. All’alba, i vigili del fuoco si sono calati
dall’elicottero su Vernazza. Impossibile elencare tutti gli interventi, si citano solo il salvataggio dei due giovani intrappolati in banca, tirati fuori in apnea, e dei due anziani coniugi recuperati nei propri letti e calati dal loro appartamento in un clima di dignitosa compostezza. Compostezza di tutti gli abitanti che ha contribuito a facilitare le operazioni. Gestire una tale emergenza non era facile, ma le fasi (soccorso, messa in sicurezza delle strutture, recupero dei beni) si sono succedute puntualmente. Come ricordato da Donno e Stretti, lavorare con personale di Comandi diversi, ma con la sensazione di trovarsi con colleghi di sempre, è la prova che, anche quando si scende all’inferno, la professionalità non viene meno. E questo in una società dove si insegue il facile successo è bene ricordarlo.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata da Berghich Gloria, Dabroja Sabina,D’Aprile Micol, Faietti Marco, Giunti Alice, Giusti Giulio, Maniscalco Lorenzo, Martino Lucrezia, Mori Emma, Myftaraj Mimosa, Palmas Leonardo, Pirone Chiara, Pisano Costanza, Polani Elia,Sadlej Damian, Selimi Sauro, Turano
Matteo, Agrifogli Noemi, Barbati Serena, Bello Manuele, Bertano Arianna, Blandino Mattia, Carassale Mattia, Coluccia Giacomo, Consoli Veronica, Danese Martina, Fonzi Sara, Giunti Elisabetta, Intorcia Marika, Malvolti Luca, Matana Zeno, Mercole Stefano, Mora Silvio, Nuzzello Nicolò, San-
venero Aurora, Stradini Marlena, Azzaro Giacomo, Barberotti Matilde, Cappellini Luca, Cataldi Marco, Daniello Noemi, Donelli Greta, Franceschetti Leonardo, Mazzitelli Antonella, Pasini Pietro, Vesigna Marco. Tutor Natale Gloria, Ghio Tiziana, Colla Marta. Dirigente Beretta Giancarlo.
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GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2012
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Scuola Media
«Fratelli Incerti» FABIANO FABIANO
Quale territorio, per quali cittadini? Le colline di Fabiano: esempio per una riflessione generale QUALE territorio, per quali cittadini? Questa la domanda che ci siamo posti da giovanissimi cronisti della classe. E abbiamo scelto le colline della nostra Fabiano per proporre sul tema una riflessione generale. Le colline di Fabiano, come tutta la zona occidentale dei promontori del golfo, rientrano nell’area dei SIC (siti di interesse comunitario). Vi sono habitat particolari legati alle caratteristiche geologico-carsiche (campi a massi, doline), vi vivono molte specie animali e botaniche di generale interesse (piante... volatili, mammiferi e roditori), tuttavia, per chi percorra uno dei bei sentieri fino al monte Santa Croce, o nei dintorni del paese alto, risulta evidente lo stato di abbandono dei manufatti, la presenza di cave e spesso di discariche abusive, per non parlare del generalizzato disordine edilizio. In Liguria il 98 per cento dei comuni sono esposti a frane e alluvioni, 470 chilometri quadrati (kmq) sono ad elevato rischio idrogeologico e i tragici avvenimenti dell’ottobre scorso, anche se eccezionale è stata la quantità
PRATICA I ragazzi al loro secondo anno di orto scolastico
di pioggia caduta in poco tempo (500 ml d’acqua in poche ore, gli stessi raggiunti in media in 6 mesi), ci devono far riflettere sul valore, sulla vulnerabilità e sulla cura del nostro territorio. Sappiamo che l’uomo ha sempre più abbandonato gli antichi per-
corsi insieme alle attività per cui erano stati costruiti, così pure le zone boschive o coltivate non sono più sfruttate, molti muri a secco tendono a cadere, mulattiere e gradinate sono invase dalle erbacce, danneggiate dai cinghiali o da smottamenti del terreno, quando
addirittura l’uomo non interviene depositando abusivamente rifiuti di ogni genere. Sul monte Santa Croce e lungo tutta la Litoranea, ben visibili da diversi punti, esistono zone di cava di portorino e di materiale per l’edilizia, vecchie e nuove, che feriscono il paesaggio e aumentano i rischi idrogeologici, come risulta chiaramente anche da una recente interrogazione parlamentare dei “Verdi” sull’argomento. La valorizzazione dei sentieri (con l’attività di mappatura e censitoria del Comune della Spezia, quella didattica del LabTer, quella delle associazioni di volontariato, del CAI, e così via) e le iniziative come l’ «orto in condotta» mirano a sensibilizzare alla conoscenza e alla salvaguardia del patrimonio naturale e paesaggistico. Nel corso di questi anni, proprio grazie a queste iniziative di cui siamo stati protagonisti, abbiamo preso coscienza dell’importanza e della fragilità del nostro territorio e abbiamo imparato ad osservare, a riflettere e a giudicare, acquisendo un crescente senso di responsabilità individuale, che è il primo passo verso un impegno condiviso.
PENSIERO E AZIONE IMPEGNO: ESSERE RESPONSABILI VUOL DIRE DARE UNA RISPOSTA
La cronaca di un dibattito in classe
LA VIGNETTA Non tutte le catastrofi sono inevitabili
PARLIAMO di catastrofi: non tutte, lo abbiamo capito insieme, sono inevitabili. Spesso nascono da incuria. Siamo chiamati ad essere responsabili, tutti, del nostro pianeta nella sua complessità (geosfera, idrosfera, atmosfera e soprattutto zooosfera: creature a due zampe, quattro, con le ali, le pinne e striscianti). I gravi fatti legati all’alluvione in Liguria hanno qualcosa in comune con il naufragio della Costa. L’uomo si comporta in modo irresponsabile verso il pianeta e verso i suoi simili. Nella discussione abbiamo trovato tante possibili azioni positive e abbiamo contribuito ad esprimerle: Nicholas: fare del pianeta un unico grande par-
co internazionale; Niccolò: non disboscare, ridurre le emissioni che portano alle piogge acide; Martina: non versare petrolio in mare; Giulio: abolire le guerre che sono il massimo della distruzione; Yang: pulire i fiumi; Claudio: aumentare le aree protette e poi proteggerle davvero; Greta e Cassandra: smettere di fumare e di bere (per partire da noi stessi); Davide: sostituire i combustibili fossili con le energie alternative; Alice e Sara: fare raccolta differenziata fino alla eliminazione delle discariche; Oussam: proteggere gli animali e lasciarli liberi; Michele e Lisa: innalzare gli argini e non costruire vicino ai fiumi. Aspettiamo di diventare adulti per concretizzare.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Di Prisa, Cozzani, Ginesi, Miotti (della classe III B), Milone, Tinto, D’Aprile, Di Mauro, Telara, Gavini (della classe II B) e
dalle classi I e II A della Scuola Secondaria di primo grado “Walter e Riccardo Incerti “ a Fabiano. Il dirigente scolastico è Professoressa Ro-
saria Micheloni e le insegnanti tutor che hanno seguito i ragazzi nel lavoro di ideazione e di redazione di questa pagina sono Silvia Pellegrottti, Paola Faleni e Paola Di Capua.
RIFLESSIONE
Agricivismo e riffa con lattuga e basilico LA RIFLESSIONE che proponiamo è su «Agricivismo e riffa con lattuga e basilico». E vi spieghiamo sinteticamente il perché attraverso due semplici passaggi. Comiciamo con «agricivismo». Con il termine agricivismo si definisce un nuovo movimento, spontaneo, attraverso il quale singoli o gruppi di persone recuperano spazi verdi per coltivare i propri ortaggi. Sembra peraltro che il fenomeno sia internazionale: da New York, al Regno Unito (terrace garden); e, ovviamente, anche in Italia, prolificano orti urbani e suburbani, in case e spazi privati o pubblici, che coinvolgono un crescente numero di persone di diverse età. La prima esperienza, quella avviata a Bologna, risale già a diversi anni fa, mentre noi siamo solo al nostro secondo anno di orto scolastico. Tuttavia, tra la semina e il raccolto, abbiamo scoperto la pazienza, l’attenzione a quelli che sono i ritmi naturali e ai fenomeni climatici, il rapporto con gli anziani che ci hanno trasmesso con le loro conoscenze, anche le storie e i ricordi. Poi, con la «Riffa dello zuccone» (il primo premio consiste in uno zucchino enorme che per sbaglio non era stato raccolto) sono in molti che hanno potuto godere del premio di un ortaggio freschissimo e biologico.