LUCCA Book Finale

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22 CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

Scuola media Castelnuovo

C’era un tempo l’emigrazione Partivano dai paesi in cerca di lavoro. Ora c’è il fenomeno opposto LA SOCIETA’

La famiglia? In media solo 1,4 figli UNA VOLTA le redini familiari erano tenute dal maschio più anziano, il capofamiglia. Nella famiglia contadina, esisteva una rigida separazione di ruoli tra marito e moglie e tra genitori e figli. Spesso le esigenze familiari erano talmente forti che si venivano a creare modi di vita brutali, specialmente nei confronti della donna di casa o dei più piccoli. Il nucleo familiare era numeroso. Di solito se ne occupava la moglie del capofamiglia, che si destreggiava tra cucina e pulizie. Gli uomini uscivano di casa per andare a lavorare. Nelle famiglie delle nostre terre, anche i bambini svolgevano un ruolo importante: fin da piccoli si dedicavano all’allevamento del bestiame e alla pratica dell’agricoltura, attività essenziale per garantire le risorse necessarie alla vita familiare. Attività che alternavano alla frequenza della scuola che spesso raggiungevano a piedi, percorrendo sentieri o mulattiere che solcavano i boschi e attraversavano le campagne. Ad un certo punto però le nostre terre non furono più sufficienti al fabbisogno della popolazione locale per cui dalla Valle del Serchio gli uomini raggiungesero la Francia attratti da paghe migliori. A questa situazione si deve aggiungere la corrente delle donne, giovani spose o ragazze madri che raggiungevano la Francia dove si impiegavano come balie. Un lavoro temporaneo ma redditizio. Le balie erano trattate con tutti i riguardi possibili, ben nutrite e vestite. Certo era una scelta coraggiosa che investiva tutta la famiglia patriarcale, a cui veniva affidato il compito di crescere il proprio figlio. Un lavoro anche criticato perché sovvertiva il ruolo della donna, che non era più l’«angelo del focolare», ma colei che manteneva la famiglia e ne diventava il «capo». Tra Ottocento e Novecento, in particolare tra il 1906-1915, la famiglia garfagnina, a causa dell’emigrazione, cominciò a sgretolarsi. Il fenomeno si è accentuato in questi ultimi decenni e il nucleo familiare è sempre più ridotto: secondo i dati Istat ogni donna in Italia mette al mondo 1,41 figli (media).

EMIGRAZIONE e immigrazione. Un fenomeno molto importante che colpì l’Italia del XIX secolo, un Paese prevalentemente agricolo e con una popolazione in gran parte analfabeta, fu l’emigrazione verso paesi economicamente più sviluppati; furono registrate più di 24 milioni di partenze, un numero quasi equivalente alla popolazione del tempo. A differenza di ciò che si crede questo fenomeno, interessò tutte le regioni italiane per cui non si sottrasse nemmeno la nostra regione, la Toscana. All’epoca vi erano vari motivi per emigrare in luoghi migliori, ma la spinta maggiore venne soprattutto dall’aspirazione a migliorare la propria condizione di vita, quella di contadini a cui la terra non dava più il nutrimento necessario alla sopravvivenza. GENERALMENTE i fattori di spinta erano dunque rappresentati da situazioni di sotto sviluppo, miseria, sotto alimentazione, problemi politici, mancanza di un’ occupazione stabile. Queste condizioni, vissute in maniera negativa, furono il motore propulsore dell’esodo di massa dalla nostre campagne e dai

OGGI il numero d’italiani che lasciano il proprio paese per cercare migliori opportunità di lavoro all’estero si è fortemente ridotto, ma non è completamente esaurito. Si ha un flusso di circa cinquantamila persone che espatriano e altrettante che rimpatriano. Ciò che è mutato è la qualifica professionale degli emigranti: è aumentato il numero di tecnici e operai specializzati che si recano in cantieri o in imprese ad alta tecnologia soprattutto nei paesi del terzo mondo.

CORSI E RICORSI Ecco le... strade che portano a Castelnuovo

nostri paesi di montagna. Che cosa sapeva l’emigrante di ciò che l’aspettava? Il viaggio era un salto nel vuoto, verso l’ignoto; giorni e giorni trascorsi su una nave, circondati dall’oceano e dalla sua vastità. Ma cosa succedeva una volta giunti a Ellis Island, il porto che riceveva le navi dgli emigranti? Qui venivano effettuati i primi controlli sia a

livello burocratico che sanitario: l’immigrato ammalato veniva subito rimpatriato. Nel giro di qualche anno gli Usa adottarono misure restrittive (come il divieto di entrata di età superiore a 16 anni se analfabeti), che portò alla diffusione di una discriminazione xenofoba. L’italiano era soprannominato chianti o maccaroni, dago.

IL FENOMENO dell’immigrazione è cominciato ad affacciarsi timidamente nella realtà italiana negli anni ‘60 e ‘70 del XX secolo, ma solo nella prima metà degli anni ‘80 ha assunto una dimensione sociale pienamente visibile e socialmente rilevante. I «nuovi migranti» sono attratti dal mito dell’occidente ricco, forte dal punto di vista delle risorse, del lavoro e delle opportunità, unito all’immagine di una società democratica e moderna. Secondo i dati Istat più recenti, risalenti al 1˚ gennaio 2011 in Italia, sono presenti 4.570.317 stranieri, questo equivale al 7,5% della popolazione totale di oggi. Dallo scorso anno c’è stato un incremento del 7,9% rispetto l’anno precedente.

TESTIMONIANZE I NOSTRI COMPAGNI ARRIVATI DA CUBA, GEORGIA, MAROCCO, ROMANIA

In cerca di una nuova vita qui a Castelnuovo

LAVORO Tante famiglie straniere approdano in Garfagnana

UNA NUOVA vita a Castelnuovo Garfagnana. A partire dagli anni 80 del XX secolo, l’Italia è stata investita da un fenomeno che tutt’oggi è in continua crescita: l’immigrazione dai paesi africani ed europei. Milioni di persone, attratte dalle condizioni favorevoli presenti nel nostro Paese, si sono riversate sui nostri lidi, varcato i confini d’oltralpe, e hanno raggiunto le nostre città e i nostri paesi. Anche a Castelnuovo Garfagnana si sono stabilite diverse famiglie in cerca di una vita migliore, così nella nostra classe ci sono alunni che hanno seguito i loro genitori in questa scelta coraggiosa e hanno lasciato le loro terre natie: dall’isola caraibica cubana, dal freddo della Georgia, dalle terre della Romania, fino dalle coste del Marocco, i nostri compagni hanno iniziato un nuovo percorso di vita. Jasmine ci racconta che suo padre, prima di sta-

bilirsi a Castelnuovo con tutta la famiglia, era stato a lavorare in Spagna. Poi, una volta impiegatosi come operaio in una cartiera di Castelnuovo, ha deciso di ricongiungersi alla famiglia, che per tutto il tempo lo aveva aspettato in Marocco. I suoi fratelli erano già grandicelli quando sono venuti in Italia, mentre lei non era nata; è nata infatti a Barga 14 anni fa. Sicuramente alcune difficoltà ci sono state, ma tutti hanno imparato in pochi mesi l’italiano e ciò ha permesso un migliore inserimento nella vita quotidiana. La mamma non parla l’italiano, tuttavia lo capisce. Anche la famiglia di Todaer è venuta in Italia per ragioni di lavoro; aveva solo 8 anni quando con la famiglia ha lasciato la Romania, ed ogni tanto la nostalgia lo assale, ma per il momento la sua vita e qui, dove frequenta la scuola ed ha nuovi amici.

LA REDAZIONE La pagina è stata realizzata dagli alunni della II C della Scuola Media di Castelnuovo Garfagnana. Tutor la professoressa Silvia Prosperi. Dirigente Amina Pedreschi.

Ecco gli alunni: Bagatti Giulia, Bertucci Marta, Boni Simona, Bonacci Francesca, Bresciani Francesca, Crudeli Iacopo, Daddoveri Francesco, De Lillo Leonardo, Faur

Toader, Lakhoua Yasmine, Lopez Miguel, Marigliani Paolo, Mori Ilaria, Orlandi Alessio, Pardini Dalila, Satti Asia, Satti Matteo, Simonini Lisa, Tasoyti Jason, Tavaroli Costanza, Turati Laura, Turri Alessandro.


CAMPIONATO GIORNALISMO 23

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

Istituto Comprensivo

Borgo a Mozzano

Finalmente... la felicità Il film di Pieraccioni ha mostrato all’Italia lo splendido Ponte del Diavolo UN NUOVO film natalizio di Leonardo Pieraccioni ormai non fa quasi più notizia, non fosse altro che stavolta il regista fiorentino, ormai giunto alla sua decima prova, ha scelto tra le location anche il monumento più rappresentativo del nostro comune, ovvero il suggestivo Ponte del Diavolo! Che emozione! Inutile dire che ci siamo precipitati in massa al cinema. La storia narrata nella pellicola di Pieraccioni è quella di Benedetto Parisi, un professore di musica di Lucca che, invitato da Maria De Filippi nella sua trasmissione «C’è posta per te», viene a scoprire l’adozione a distanza da parte della madre, da poco scomparsa, di una bambina brasiliana, Luna, diventata nel frattempo una stupenda modella (l’attrice Ariadna Romero). LA RAGAZZA, in Italia per un servizio fotografico, vuole conoscere così Benedetto, la cui vita, da quel momento, subisce un’improvvisa svolta. Il musicista si in-

sica per bambini. A chi ha visto il film non sarà certo sfuggito che una delle scene più carine è stata girata nel comune di Borgo a Mozzano, proprio sul nostro ponte. Tutto questo per noi è motivo di orgoglio perché le sue arcate millenarie di pietra che sovrastano il Serchio vengono ad essere uno dei simboli conosciuti e apprezzati di tutto il territorio lucchese.

CIAK Pieraccioni sul set con il sindaco Poggi: sullo sfondo il ponte

namora infatti perdutamente di Luna e per conquistarla la raggiungerà per ben due volte in Sardegna: la prima, aiutato dall’amico del cuore Sandrino (l’attore Rocco Papaleo) e la seconda dal collega Argante (Andrea Buscemi) che, per farsi perdonare una serie di scorrettezze, gli noleggia

addirittura un piccolo aereo. I DUE pertanto non potranno far altro che innamorarsi, condividendo una vita felice, rallegrata dalla nascita di una splendida figlia e dal successo professionale di Benedetto, concretizzatosi nell’apertura di una scuola di mu-

LA POPOLAZIONE di Borgo a Mozzano si è infatti sempre identificata in questa maestosa architettura, di forma così antica e allo stesso tempo moderna nella sua essenzialità, che lega tuttora il passato al presente, in una continuità di operosità e laboriosità che appartiene a tutta quanta la nostra comunità. Bravo, quindi, a Leonardo Pieraccioni per aver mostrato la bellezza del nostro territorio e averci fatto divertire con questo film, il cui titolo, «Finalmente la felicità», speriamo sia benaugurate per il nuovo anno! Non ci resta, quindi, che consigliarne a tutti la visione.

LA LEGGENDA LA NOTTE DI HALLOWEEN SI RICORDA LA STORIA POPOLARE DELLA NOBILDONNA

Lucida Mansi e quel patto di lunga giovinezza

MAGIA Una bella veduta del ponte del Diavolo

LUCIDA Mansi, nobildonna lucchese, era una donna molto attraente e altrettanto crudele, infatti uccise suo marito per contornarsi di schiere di amanti. Pare inoltre che Lucida uccidesse gli amanti che le facevano visita facendoli cadere dentro botole con lame affilatissime. Una mattina notò sul suo volto una ruga e, disperata, si mise a piangere e ad urlare così forte che davanti a lei comparve un ragazzo bellissimo, in realtà il Diavolo. Questo le fece un’allettante proposta: 30 anni di giovinezza in cambio della propria anima. Lucida accettò il patto e mentre tutti invecchiavano, lei rimaneva sempre giovane e bella.Trascorsi i trent’anni, la notte del 14 agosto 1623, il diavolo ritornò per prendersi ciò che gli spettava. Lucida tentò di ingannarlo: si arrampicò sulla ripida scala della Torre delle Ore provando a fermare la campana che faceva scoccare la mezzanotte, l’ora in cui il Diavolo avrebbe preso la sua anima. Però il tentativo fallì, il Diavolo la prese e la caricò sulla sua carrozza infuoca-

ta, trainata da un cavallo che aveva gli zoccoli d’oro. Le fece fare il giro della città perché tutti potessero sentire le sue grida per poi inabissarla nel laghetto dell’Orto botanico. A Borgo a Mozzano, la notte del 31 ottobre, quando si celebra la festa di Halloween, tutti si riuniscono nella piazza del Comune aspettando Lucida, interpretata da un’attrice che arriva verso mezzanotte. Lei inizia a raccontare la sua storia, poi arriva un attore che interpreta il Diavolo, prende Lucida e la scaraventa sulla sua carrozza trainata da due attori vestiti da mostri delle tenebre. Arrivati al Ponte del Diavolo, l’attrice viene sostituita da un fantoccio che verrà buttato nel fiume Serchio, illuminato da luci rosse che rappresentano le fiamme dell’inferno, con una musica tenebrosa di sottofondo. La leggenda narra che se si immerge la testa nell’acqua del laghetto dell’Orto botanico, si può ancora vedere il volto di Lucida sul fondo. Altri invece sostengono che nelle notti senza Luna si può vedere la carrozza infuocata di Lucida.

LA REDAZIONE Ecco gli alunni della I˚ B della media di Borgo a Mozzano che hanno partecipato: Alahyal Abderrazak, Baccelli Chiara, Bertoncini Thomas, Biagi Daniel, Cassataro Valentina, El Jaafari Hassna, El Missi

Achraf, Giannini Nicola, Klein Yamila, Likaj Edmir, Magnani Asia, Micheli Davide, Nardi Rebecca, Nicoletti Daniele, Nouamane Sukaina, Poggi Ginevra, Prata Filippo, Rondinone Alessio, Rondinone Luigi, Santi-

ni Giulia, Selouane Yassine, Shahu Ornella, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Borgo a Mozzano: dott. Claudio Franciosi. Tutor l’insegnante di Lettere, prof. Andrea Santoro.

IL MONUMENTO

L’origine di questo nome curioso IL SINISTRO e curioso nome di «Ponte del Diavolo» è dovuto a una leggenda di cui esistono varie versioni. La più nota è quella che ci rimanda alla sua costruzione: si narra che il compito di edificare il ponte fu affidato a S.Giuliano l’ospitaliere. L’opera si rivelò fin dall’inizio di difficile realizzazione. Il capomastro, resosi conto che non avrebbe completato il ponte per la scadenza prevista, era nella disperazione, ma una sera, mentre sedeva da solo sulla sponda del Serchio a guardare il lavoro pensando al disonore che avrebbe subito per non aver terminato il ponte umile, apparve il diavolo a proporgli un patto. Il maligno avrebbe terminato il ponte in una sola notte, ma a una condizione: avrebbe preso la prima anima che avesse attraversato il ponte. Il patto fu siglato e in una sola notte il diavolo con la sua forca sollevò la grande campata del ponte. Da parte sua il costruttore, pieno di rimorso, andò a confessarsi da un religioso che gli suggerì di rispettare il patto, ma di aver premura che il primo ad attraversare il ponte fosse un… cane! Il giorno successivo così il capomastro impedì l’accesso e fece attraversare per primo il ponte alla bestia. La leggenda vuole che il diavolo,inferocito per la beffa si gettò giù dal ponte nelle acque del Serchio e con un colpo di schiena allargò l’arco maggiore e scomparve nelle acque senza farsi mai più vedere.

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MERCOLEDÌ 25 GENNAIO 2012

IC Piazza al S.

Gramolazzo Media di Gramolazzo

Ponte tra storia e innovazione La nostra indagine su tradizioni e ultime frontiere della tecnologia LEGGENDE

‘Biscio Bimbin’ Uno sguardo e non fuggi più NEI BESTIARI e nelle leggende greche ed europee, il basilisco è una creatura mitologica citata anche come «re dei serpenti», che si narra abbia il potere di uccidere con un solo sguardo diretto negli occhi. Secondo Plinio il Vecchio è velenosissimo e qualunque essere vivente entri in contatto con il suo fiato o venga morso, muore sul colpo. In Italia centrale, tra la Toscana, l’Umbria e l’alto Lazio, è diffusa nelle campagne la tradizione del «Serpente Regolo», anch’esso «piccolo re», serpente pernicioso e vendicativo, dalla testa grande come quella di un bambino, abitante fossi, campi, rovine e foreste. Anche nel nostro territorio è conosciuta la leggenda del «Biscio Bimbin». Una volta alcune persone che abitavano a Gorfigliano in prossimità della Chiesa Vecchia, videro un serpente di grosse dimensioni. Lo misero in un sacco e si accorsero che questo pesava sempre di più; aprirono il sacco e trovarono un serpente con la faccia di un bambino, con una stella bianca sulla fronte e che piangeva come un neonato. Chi lo guardava non poteva più scappare... I BASILISCHI sono stati utilizzati anche nei giochi, film, libri e romanzi fantasy moderni. Non è insolito trovarne nei bestiari dei giochi di ruolo come «Dungeons & Dragons» e «Final Fantasy». Anche nel mondo magico di Harry Potter esistono basilischi. In particolare nel secondo libro di «Harry Potter e la camera dei segreti», Harry dovrà battersi con il gigantesco serpente dallo sguardo mortale.

TRADIZIONE e innovazione: due opposti che si completano. Sembra stano dirlo, ma è proprio così… Infatti, senza tradizione non ci sarebbe innovazione, senza un passato non ci sarebbero le basi per costruire un futuro. E noi giovani, che siamo il futuro e l’ innovazione per antonomasia, abbiamo il dovere di conoscere il passato e di conseguenza le tradizioni che gli appartengono. Un modo per incuriosirci, per indagare su un passato non così lontano e per comprendere come tradizione e esperienza possono entrare nei meccanismi dell’innovazione e sporgersi sul davanzale del domani. Da tutto ciò è nata l’idea di realizzare il progetto «Montagna/ Immaginario», unendo appunto queste due cose. MA COME? Dando inizio alle indagini: ognuno di noi si è fatto raccontare dagli anziani del proprio paese storie, leggende e modi di dire di una volta ottenendo un gran numero di testimonianze. Si sono divertiti con noi a ripercorre-

FANTASIA Sotto due figure della leggenda garfagnina, a fianco la sede di Garfagnana Innovazione

re antichi «passaparola» avvolti da un velo di mistero e di immancabile suggestione. Investiti dai video game e dal mondo multimediale in genere, non abbiamo comunque potuto evitare di essere travolti dal fascino intramontabile di leggende e racconti tramandati da padre in figlio che resisto-

no innossidabili agli anni e alle mode. DAGLI STREGHI al Biscio Bimbin: sono tanti i personaggi fantastici che hanno popolato il nostro passato e ora non resta che renderli attuali. Per questo motivo abbiamo deciso di collaborare

con il centro «Garfagnana Innovazione», grazie al quale potremo realizzare qualcosa di concreto. Questo perché «Garfagnana Innovazione» si occupa del settore lapideo, dandoci la possibilità di realizzare un personaggio della leggenda garfagnina in marmo. MA IL LAVORO che ci aspetta non finisce qui: alla fine dell’ anno scolastico ci cimenteremo in una rappresentazione teatrale che avrà come protagonista assoluta la tradizione, avendo la possibilità di collaborare nuovamente con gli anziani dei nostri paesi, perché i loro ricordi sono importanti e in fondo appartengono anche a noi.Questa sarà anche un’ occasione per far sentire «speciali» queste persone, che spesso noi giovani trascuriamo considerandole «vecchie», ma non solo… Sarà un momento in cui nessuno di noi si vergognerà della propria provenienza, nel senso che potremo considerare il nostro paese non più «antico e monotono», ma un luogo ricco di cultura e tradizioni.

L’INTERVISTA STEFANO COIAI RESPONSABILE DEL CENTRO GARFAGNANA INNOVAZIONE

Imprese e giovani: il futuro parla così

IMPEGNO Stefano Coiai, responsabile del centro

COM’È NATO e che cos’è Garfagnana Innovazione? A rispondere è Stefano Coiai, responsabile del Centro. «Garfagnana Innovazione è stato realizzato a Gramolazzo dal Comune di Minucciano che ha cofinanziato assieme alla Regione Toscana sia la realizzazione degli immobili sia l’acquisizione delle attrezzature. La gestione è stata assegnata al Gal, Garfagnana Ambiente e Sviluppo». In cosa consiste l’attività del centro? «Il progetto di gestione prevede una prima fase rivolta all’individuazione ed all’incubazione di nuove imprese che successivamente verranno accompagnate nella fase di start up per un periodo pari a 36 mesi. Siamo anche un Centro Servizi ed un Polo Tecnologico. Quali sono gli ambiti di intervento? «Formazione. Fornitura di servizi di altissima qualità tecnologica ad aziende che abbisognino di particolari lavorazioni e che per ragioni economiche e tecniche

non hanno al loro interno macchinari (quali robot, macchine CNC ecc.) che possano fare quel tipo di servizio. Inoltre prepariamo i tecnici in grado di gestire questo tipo di tecnologia altamente specialistica e collaboriamo in sinergia con docenti e altri esperti del mondo dell’arte per proporre dei corsi, con l’intenzione di far diventare Garfagnana Innovazione un’eccellenza del settore». Come è nata l’idea di una collaborazione con la nostra scuola? «E’ la naturale conseguenza degli scopi sopra descritti, mettendoci in primo luogo al servizio del nostro territorio, cercando di far conoscere il nostro potenziale ai giovani, riuscendo magari a spronare qualcuno ad avvicinarsi in maniera del tutto nuova e tecnologica al settore lapideo che per tanti anni è stato la spina dorsale della nostra economia, unendo per così dire la tradizione con l’innovazione, elementi indispensabili per poter tenere in vita la nostra terra».

LA CLASSE CLASSE 1a: Asia Ambrosi, Francesca Benassai, Irene Biagioni, Erica Canozzi, Michael Canini, Sara Canini, Giovanni Casotti, Leonardo Davini, Gaia Ferretti, Diego Ferri, Giorgio Ferri, Giuseppe Ferri, Giada Iacopi, Michele Tenardi, Gabriele Tortelli. CLASSE 2a: Ilenia

Canozzi, Michael Catalini, Nicole Centofanti, Rebecca Coiai, Simone Franceschini, Michela Iacopi, Rita Iacopi, Alice Orsi, Jessica Orsi. CLASSE 3a: Alice Binzeschi, Lorenzo Cabonardi, Desirèe Canini, Stefania Chiavacci, Samuele Coiai, Gian Marco Comparini, Gioele

Ferri, Andrea Gatti, Elisa Iacopi, Mario Martinelli, Nicholas Nannizzi, Margherita Pancetti, Laura Romei, Clara Tenardi, Beatrice Torre. Dirigente scolastico: Umberto Bertolini. Insegnanti tutor: Maria Cesaretti, Annamaria Lorenzoni, Daniela Pancetti, Alessandra Casotti, Antonella Ferri.


CAMPIONATO GIORNALISMO 21

MERCOLEDÌ 25 GENNAIO 2012

Scuola Media

«Don Mei» Fornaci di Barga

L’eterna ricerca dell’Eldorado Barga: ieri terra di emigranti verso la Scozia, oggi terra di immigrati sono arrivati circa 1321 immigrati: 239 dalla Romania, 187 dall’Albania, 139 dalla Gran Bretagna, 119 dal Marocco; il resto da altri paesi europei ed extraeuropei.

«A CAPRONA, una sera di febbraio, gente veniva, ed era già per l’erta, veniva su da Cincinnati, Ohio».Così inizia «Italy» poemetto di Giovanni Pascoli del 1904, vissuto per vari anni a Castelvecchio di Barga. Già nel 1900, infatti, l’emigrazione di massa era una realtà e molti di quei 14 milioni di italiani che emigrarono per cercar fortuna altrove provenivano dal nostro comune. Partivano con velieri, detti «Le navi di Lazzaro» e il viaggio poteva durare anche un mese in condizioni assurde. LE CABINE, nella parte bassa della nave, erano anguste e al mattino tutti erano costretti a trasferirsi sui ponti, al di là delle condizioni atmosferiche. Portavano solo il «fagotto»: un pezzo di stoffa in cui avvolgere le poche cose da portare con sé. L’emigrazione da Barga si è sviluppata in due periodi diversi: quella dei figurinai già nel 1700 e il movimento di massa tra il XIX e il XX secolo. Sin dal 1870 si orienta soprattutto verso la Scozia. Un’emigrazione qualificata, che consentì di penetrare nella società scozzese con un’attività

L’ESODO La nostra era una terra di emigrazione, ora di immigrati

modesta ma tipica come, ad esempio, quella dei figurinai. Un altro settore rilevante fu quello della ristorazione: prima camerieri, poi cuochi, infine proprietari. Furono un successo i locali di «Fish&Chips», aperti anche alle donne, contrariamente ai pubs. Il Fish&Chips Festival che si svolge a Barga dal 1980 ne è testimo-

nianza. Ai parenti rimasti inviavano copiose rimesse e molti comprarono terreni agricoli o costruirono case, come le ville in stile liberty. I legami tra aree di insediamento e regioni di provenienza si riflettono nella nascita di associazioni quali i Lucchesi nel mondo e l’associazione Bargo-Scozzese. Nella sola Barga a partire dal 1985

LE INTERVISTE che abbiamo fatto ai nostri compagni in Italia da pochi anni, descrivono un’avventura non sempre facile. «Sono qui da 4 anni . I primi giorni mi sentivo molto triste e arrabbiato, volevo tornare in Marocco perché lì avevo lasciato la famiglia e gli amici. Adesso va meglio, ho un amico a cui tengo molto». Una alunna viene da Marrakech. La sua testimonianza è diversa. « Ero molto felice di venire qui insieme mamma e mio fratello, mentre mio padre viveva in Italia già da circa otto anni». Per un altro studente «l’Italia è più bella anche se in Senegal il giovedì e il venerdì erano giorni festivi per la scuola. A dir la verità ci ritornerei. I miei amici mi mancano anche se ci parlo sempre attraverso facebook». Il dolce sorriso di una nostra compagna albanese, qui da 4 anni, si spenge quando dice di non aver ancora amici. E’ il triste volto dell’immigrazione.

IL PERSONAGGIO IL SUCCESSO INTERNAZIONALE POI L’INCONTRO CON LA SUA TERRA D’ORIGINE

Paolo Nutini, star planetaria barghigiana PAOLO NUTINI, nato a Paisley in Scozia il 9 Gennaio, è un cantautore famoso nel mondo e di cui noi barghigiani siamo sempre più fieri. Nasce da padre toscano, originario di Barga, e madre scozzese. A soli 17 anni si trasferisce a Londra dove inizia ad esibirsi. La sua più grande fortuna arriva in occasione di uno spettacolo quando, in attesa di un noto cantante, un deejay organizza un quiz e Paolo, presente fra il pubblico, partecipa e vince la possibilità di esibirsi. E’ così che un famoso produttore, Ken Nelson, gli offre una collaborazione, dando il via alla sua carriera . Un paio di brani di Nutini circolano su internet e risultano subito tra i più scaricati. PREMIO Paolo Nutini con il sindaco di Barga, Bonini

NEL 2006 esce il suo primo album «These Streets», che ha scalato le vette delle hits vendendo ol-

tre due milioni di copie, e da cui sono stati estratti successivamente altri quattro singoli: Last Request, Jenny Don’t Be Hasty, Rewind e New Shoes. Il 29 maggio 2009 esce il suo secondo album «Sunny Side Up». Sempre in questo anno, la canzone «Candy» viene premiata ai Wind Music Awards. Nel 2010 partecipa al concerto del 1 Maggio a Roma, un grande omaggio alle sue origini italiane, d’altra parte Paolo ha dimostrato il suo attaccamento all’Italia già nel 2006 con un concerto a Barga. UNO SPETTACOLO che è rimasto indelebile nei cuori dei barghigiani. Con la speranza che possa tornare al più presto, il 24 luglio 2007 il nostro comune ha premiato l’artista con la medaglia d’oro di San Cristoforo, la maggiore onorificenza che la città gli potesse dare.

LA CLASSE CLASSE 3D: Dafne Angeli, Maurizio Bertoncini, Ramona Bianchi, Daniele Cioffo, Chiara Collini, Hanane Edbiri, Mohamed Erais, Giuseppe Felice, Imad Fouhamy, Luca Franchi, Martina Lucchesi, Gabriele Mazzoni, Leonardo Mazzoni, Sofia Moriconi, Stefania Nannini, Agostino Napolitano, Matteo

Nardi, Luca Paoli, Matteo Passini, Ilaria Semplici. CLASSE 3C: Alessio Angelini, Francesco Bechelli, Clementina Bertolini, Elena Biscardi, Ngagne Diop, Carmen Donatiello, Mirko Donato, Adil Edbiri, Saverio Fanani, Sara Gemignani, Greta Guelfi, Mirko Guidi,

Sidorella Lekatari, Lisa Marchetti, Giovanni Marchi, Filippo Marroni, Nicola Montagni, Fabiana Pizzo, Cristian Santi, Sofia Sebastiani. Dirigente: Iolanda Bocci. Insegnanti tutor Giulia Anzelmo, Doris Bellomusto, Daniela Taddei.

SONIA ERCOLINI

«Nella valigia tutto il futuro delle famiglie» QUEL VIAGGIO in treno fu tutto per Silvana Frediani. Ci salì a 18 anni da sola, in fuga dalla povertà del dopoguerra. «Mia madre era la figlia più grande — racconta Sonia Maria Ercolini referente dell’associazione bargo - scozzese —. Dopo lei emigrarono anche i fratelli, in Scozia, in Colombia, in Venezuela e in Irlanda. La sua meta era Glasgow dove poteva ritrovare la zia. Fu accolta bene, ma gli inglesi guardavano gli italiani con sospetto e timore». Trovò facilmente lavoro?

«Partì sapendo di poter lavorare nel negozio di fish&chips della zia». Conosceva la lingua?

«Neanche una parola d’inglese!» Si inserì subito nella cittadina scozzese?

«All’inizio fu difficile, non era mai uscita da Ghivizzano, si sentiva lontanissima dalla famiglia e dagli amici, catapultata in un mondo del tutto diverso. Poi si ambientò grazie anche alla comunità italiana. Conobbe mio padre, anche lui figlio di emigranti, e si sposò». La sua è la testimonianza di un ritorno...

«Sono nata a Glasgow e ho vissuto lì per 22 anni. Sono tornata in Italia dopo la laurea nel 1984. Sono cresciuta bilingue e i miei hanno mantenuto le tradizioni italiane. A Glasgow c’era una comunità italiana molto unita e frequentavamo il circolo “La Casa d’Italia”. Trascorrevamo l’estate a Barga. In Scozia mi trovavo bene, ma era un paese troppo diverso e non mi piaceva il clima. Da quando sono morti i miei non ci sono più tornata. Ma lo ammetto: non ho nessuna nostalgia!»

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 1 FEBBRAIO 2012

Scuola media

Camigliano

In & out: la pagella della moda Viaggio nelle tendenze «under»: dai Gabber ai Cosplay agli Emo LA RICERCA

Il lungo respiro della via storica dei pellegrini LA VIA FRANCIGENA è una strada che partiva dai lontani paesi franchi giungeva a Roma o a Santiago de Compostela sulla quale transitavano i pellegrini. Serviva anche alle truppe per spostarsi da un campo di battaglia all’altro. Purtroppo adesso ne rimangono pochi tratti visibili, alcuni di questi nella nostra zona, da Lucca a Porcari attraverso Capannori. Questo tratto era chiamato «Via et strata de Porcari» ed attraversava le località di Antraccoli, Capannori, Porcari. Nell’ambito del comune di Capannori si riscontra una notevole densità di chiese romaniche. Nella zona nord si trovano testimonianze architettoniche anche precedenti al secolo XI come ad esempio la chiesa al bordo del padule di Porcari, che veniva chiamata la «Chiesa dei dispersi» perché i pellegrini quando passavano per recarsi ad Altopascio, se si perdevano nel padule, grazie al campanile di questa chiesa potevano ritrovare la via smarrita.

ALTRE PIEVI che si trovavano sul tragitto sono quelle della Chiesa di San Giusto, San Martino di Marlia delle quali sono purtroppo visibili alcuni piccoli resti. Una volta c’erano molti punti di ristoro ed ospedali dove i viaggiatori si potevano riposare e saziare. La strada era fatta di ghiaia e di terra; ai lati c’ erano dei solchi dove venivano immesse le ruote in modo che i carri fossero più stabili. Abbiamo percorso alcuni metri di quella antica strada con la macchina fotografica a tracolla e quando guardavamo nell’obbiettivo prima di fermare per sempre le immagini di quelle antiche Pievi, ci è sembrato di vedere camminare pellegrini con il bordone e carri trainati da buoi sbuffanti. Ma è bastato il suono ripetuto di un clacson per far scomparire definitivamente quelle immagini dall’obbiettivo.

NELLA SOCIETÀ di oggi, gli adolescenti in particolare hanno creato delle mode che non solo riguardano il modo di vestirsi ma anche veri e propri atteggiamenti e stili di vita. Tra i gruppi più diffusi troviamo gli «emo»: questa parola deriva da emotional che è un tipo di musica. L’abbigliamento degli emo è nato in seguito al genere musicale che si divide in tre grandi ondate: -1˚ondata «emotion hardcore» (1985-1994) -2˚ondata «post hardcore» (1994-2000) -3˚ondata «l’emo pop» (2000-oggi). L’abbigliamento emo, che trae le sue radici dalla scena «Hardcore punk\post hardcore» e «Straight edge» americana anni ’80 (in questi anni gli emo avevano capelli corti o rasati e non vi era traccia della frangia), è caratterizzato da: jeans spesso stretti e aderenti sia per le ragazze che per i ragazzi, frangia asimmetrica, occhi truccati di nero, T-shirt aderenti raffiguranti il musicista o la band preferita, cinture con borchie. I ragazzi di oggi adottano questo stile per-

LOOK A fianco, giovani «Gabber», sotto, da sinistra gli «Emo» e i «Cosplay»

ché è diventato tendenza fra i giovani, il cui elemento oltre il look è anche diventato una subcultura. PARLIAMO ora degli «Otaku»: termine giapponese usato a partire dagli anni ‘80 per definire un appassionato di Anime (i cartoni animati giapponesi) e di Manga (i fumetti giapponesi). Gli «Otaku»

si suddividono in vari gruppi a seconda degli interessi:Akiba Kei, appassionati di manga, anime e idol (cantanti giapponesi famose); Anime Otaku, appassionati degli Anime; Cosplay Otaku, appassionati dei Cosplay (vestirsi come un personaggio appartenente a manga, anime, videogame ecc….); Figure Moe Zoku: appassio-

nati e collezionisti di action figures e modellini (statuine di personaggi snodabili e non appartenenti a Manga,Anime o videogames ); Gemu Otaku, appassionati di videogame; Itascia, un gruppo che ha la passione di decorare veicoli come macchine o moto con i propri personaggi preferiti degli anime,manga o videogames. Poi ancora i Manga Otaku, appassionati dei manga, i Pasokon Otaku, appassionati del pc, e gli Wota appassionati delle Idol. Proseguiamo ora con la moda dei “Gabber” caratterizzata da capelli rasati dai lati, con una cresta al centro per i ragazzi, mentre per le ragazze la coda con la parte sottostante della nuca rasata ed una frangetta variopinta. Parte fondamentale dell’abbigliamento sono le scarpe, quest’ultime spesso di marca Nike, modello Air Max in particolare. Questa moda è caratterizata da sfumature che variano a seconda dello stato in cui si trova; ad esempio in Italia è stato aggiunta la tipica tuta acetata Adidas. Una ricca e variopinta carrellata che è solo un piccolo esempio delle culture e modi di essere nate dagli adolescenti di oggi.

CENTRO ASCOLTO PARACADUTE PER LA CRISI CHE HA COLPITO LE FAMIGLIE DEL NOSTRO TERRITORIO

La solidarietà è l’unica vera risposta

LA CRISI Nella vignetta la nostra visione di questo 2012

LA CRISI economica che si è abbattuta e che si sta ancora abbattendo sul continente europeo sta mettendo in ginocchio centinaia di famiglie che vivono nel nostro territorio e sempre più si stanno registrando casi di povertà estrema. Gli operatori del Centro d’Ascolto di Segromigno in Piano da noi intervistati, struttura sorta nel 2007 dall’unione con il gruppo Caritas, sono stati categorici: sempre più famiglie residenti nel comune di Capannori non sono più in grado di soddisfare i bisogni primari più elementari. Gli operatori del Centro quotidianamente ricevono persone che si rivolgono a loro, ascoltano i loro bisogni e cercano di capire la situazione che stanno vivendo. Ad ognuno viene data una parola di conforto ed una speranza. Successivamente si attivano per far avere a questi bisognosi generi alimentari come

il riso, la pasta, il latte, lo zucchero ed altri prodotti non deperibili. Il Centro d’Ascolto risente molto della crisi economica in atto e sempre più persone si rivolgono a questa associazione, perché è sempre più difficile per le famiglie arrivare alla fine del mese, far quadrare il magro bilancio dovuto al basso salario, alle misere pensioni, o all’assegno di disoccupazione.

LE PERSONE vengono accolte principalmente il sabato mattina dalle 9,30 alle 12. In più di quattro anni sono stati aiutati 325 nuclei familiari e in diversi casi sono state trovate soluzioni che hanno stabilizzato la condizione economica delle famiglie aiutate. L’invito che vogliamo lanciare dalle pagine di questo giornale è quello di donare vestiti, non laceri e sporchi, e alimenti in scatola di vario genere.

LA CLASSE ECCO i ragazzi della scuola media di Camigliano che hanno preparato questa pagina di giornale: Maria Sara Bartolini, Ginevra Bertolini, Alessia Bianchi, Gianni Campioni,

Erika Castiglioni, Giulia Cotrossi, Elena Della Maggiora, Alessandro Di Riccio, Sara Fulceri, Ilaria Gradi Ilaria, Veronica Guerrieri, Leonardo Licalsi, Matteo Mangiafave, Filip-

po Paiano, Giada Petretti, Francesco Quilici, Lorenzo Simoni, Tommaso Toschi. Dirigente: Giorgio Dal Sasso. Insegnante tutor: Luciano Giovanetti.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 1 FEBBRAIO 2012

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Ist. Comprensivo

Camporgiano

Un poeta tra lupi e banditi Nelle lettere del sommo vate Ariosto il ritratto della nostra terra CHE CI FACEVA Lodovico Ariosto in Garfagnana? L’Ariosto non è stato soltanto uno dei più grandi poeti di tutti i tempi ma anche un ospite d’onore della Garfagnana: ecco perchè dedicare un articolo a lui, pur lontano da noi quasi cinque secoli. Dal 1522 al 1525 fu commissario del duca di Ferrara Alfonso I d’Este in questa regione selvaggia, dominio estense già dalla prima metà del ‘400. Vi soggiornò amministrando gente rozza che nemmeno immaginava — nel pieno del Rinascimento — la bellezza della cultura. Dalla tranquilla corte di Ferrara il poeta fu così catapultato nella fredda rocca di Castelnuovo a rappresentare il governo ducale. PER LUI iniziò un periodo problematico, affrontato con ansia e senso di impotenza. Ciò emerge dalle numerose lettere (156) scritte al duca, oppure alle autorità dei confinanti territori di Castiglione (sotto il controllo di Lucca) e Barga (sotto Firenze). La questione più spinosa era quella del banditismo. «...Vostra Eccellenza può

carono la testa alla madre della giovane da loro violentata perchè li aveva denunciati al capitano di giustizia. Fra tutti Battistino Magnano è il delinquente che più impegnò l’Ariosto e insieme a lui il Moro del Sillico, Bastiano Coiaio e molti altri. Le loro razzie più frequenti erano per il sale e il bestiame.

ANTICA DIMORA Qui viveva Lodovico Ariosto in Garfagnana

comprendere in che paura è tutto questo paese per sei o dieci ribaldi che ci sono», scriveva sconsolato al duca. I banditi compivano azioni violente costringendo la povera gente a vivere sottomessa. Controllavano i traffici del territorio ma il duca preferiva chiudere un occhio di fronte ai loro misfatti

per quieto vivere. In fondo la Garfagnana era lontana da Ferrara. Invece l’Ariosto avrebbe voluto punirli anche a proprio rischio, per amore della giustizia, come oggi farebbe un magistrato anti-mafia. I banditi spesso erano spietati. Nel 1523, ad esempio, i due figli di Ser Evangelista del Sillico spac-

UN GIORNO l’Ariosto pensò persino di accordarsi con i governi vicini (la geografia politica dell’epoca era molto complessa) per organizzare un esercito antibanditi formato da fanti «armati di schioppo» e «balestrieri». Ma la proposta fu respinta per il suo alto costo. Ci riprovò con l’introduzione di una taglia sui banditi ma anche questa idea fu bocciata per timore delle vendette dei malviventi. La frustrazione del poeta cresceva sempre più, come comprensibile, insieme alla nostalgia per Ferrara. E il duca Alfonso? Più che gradire gli sfoghi via lettera del poeta era interessato a ricevere regolarmente i funghi e le trote marinate della Garfagnana.

LA VISITA ACCOMPAGNATI DALL’ARCHEOLOGO NOTINI CI IMMERGIAMO NEI SEGRETI DELLA STORIA

Brividi e mistero tra i muraglioni della Rocca LA ROCCA di Camporgiano appare imponente e misteriosa. Il caso vuole che l’Ariosto abbia scritto l’ultima lettera al Duca proprio dalla Rocca di Camporgiano il 2 agosto 1524. Questa rocca, del tardo Quattrocento e a pianta quadrilatera, è a due passi da scuola. Siamo andati a visitarla: un monumento così importante non deve essere sconosciuto proprio a chi vi abita vicino.

FASCINO La nostra visita nella Rocca di Camporgiano

GUIDATI dall’archeologo Paolo Notini abbiamo imparato termini di architettura come mura «scarpate» (oblique, di notevole spessore), «beccatelli» (mensole per sorreggere il camminamento di ronda sommitale) e «caditoie» (fori posti fra i beccatelli da cui far cadere liquidi o sassi sui nemici in assalto). Subito abbiamo immaginato episodi di vita lontani quando le guarnigioni estensi scrutavano,

dall’alto delle mura, l’arrivo dei Lucchesi o dei Fiorentini. Pronte a difendere il loro presidio quando la guerra per il possesso del territorio era frequente. UNO DEI TORRIONI è visitabile, con due piani collegati da una ripida scala in pietra; resti di muri più antichi indicano che la rocca si è evoluta sulla base di un preesistente castello. La sua lunga storia è «raccontata» anche dalle ceramiche esposte nel torrione e rinvenute nel «pozzo da butto», grande discarica dove insieme ai rifiuti organici finivano piatti e utensili rotti. Le più raffinate sono le ceramiche «graffite» del Cinquecento, veri e propri serviti di pregio degni delle tavole del duca di Ferrara. Ma i segreti della rocca non sono finiti: potrebbero essere svelati da future campagne di scavo.

LA CLASSE ECCO i cronisti in classe dell’Istituto Comprensivo di Camporgiano che hanno preparato questa pagina. CLASSE II A: Jahad Amyn, Elena Bartolomei, Thomas Bernardi, Riccardo Bianchi, Ambra Braccini, An-

na Bruno, Alessandro Cardosi, Mattia Cecconi, Alessio Comparini, Andrea Fanani, Francesco Ferrarini, Maicol Massei, Marco Morotti, Elisa Orlandi, Lorenzo Orsetti, Ludovica Romei, Filippo Simoni, Luciano

Speranza, Martina Stefanelli, Francesco Telloli, MartinaTortelli, Ilenia Turri, Giada Valiensi, Eliot Watson, Dirigente scolastico: Carlo Popaiz. Insegnanti tutor: Lucia Giovannetti, Annalita Suffredini.

LA CURIOSITA’

Difficile come... menare l’orso a Modena MENARE il can per l’aia è un detto diffuso in tutta Italia che significa «fare andare a rilento una cosa». Solamente in Garfagnana è invece in uso il proverbio menare l’orso a Modena per indicare un’impresa difficile, ai limiti della possibilità. Lo usavano ancora i nostri nonni e la sua curiosa origine si lega al periodo di dominazione estense della Garfagnana. Alla metà del ‘500 la comunità di Soraggio (oggi nel comune di Sillano) ottenne in affitto dal duca di Ferrara i boschi di Monte Cipolla (l’Alpe Fazzola), nel versante settentrionale dell’Appennino, col patto di condurre (menare) ogni anno un orso vivo, per Natale, al Duca. ALL’EPOCA nei nostri boschi vivevano ancora questi feroci plantigradi: catturarli non era certo facile nè tanto meno farli attraversare «al guinzaglio» l’Appennino e poi la pianura fino a Ferrara. Già agli inizi del 1600 il duca diede la possibilità di sostituire all’orso un cinghiale o un porco domestico di libbre 300 (circa 90 kg), segno che gli orsi iniziavano a scarseggiare. Ma che ci faceva il duca con un orso vivo? La tradizione lo vuole un «amuleto» contro la tubercolosi o, più semplicemente, era un segno di potenza, per spettacolarizzare le feste di corte. Immaginiamo lo stupore degli invitati all’apparire improvviso dell’enorme belva garfagnina...

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012

Scuola media

Nottolini LAMMARI

Se vuoi dimmi come vesti e... La «divisa» dello studente per la passeggiata in via Fillungo NOI E IL WEB

Social network: identità perduta o una chance? OGGI i ragazzi sono molto legati alla tecnologia, soprattutto ai computer e ai cellulari. È raro trovare un giovane che nel suo tempo libero si dedichi alla lettura o alla scrittura. Ormai non comunichiamo più «faccia-a-faccia», ma tramite i telefonini o i social network. Di questi i più frequentemente usati sono Facebook, Messanger, Skype e Twitter. Ma essi non sono sicuri per vari motivi. Può succedere che un hacker si impossessi della tua identità e del tuo account e ti crei dei seri problemi, magari offendendo altre persone innocenti e ignare. La nostra scuola non è rimasta indifferente di fronte a tutto questo. All’interno del progetto per la prevenzione delle prepotenze («bullismo»), si sono tenuti degli incontri rivolti sia ai ragazzi che ai genitori per conoscere più da vicino i problemi che possono nascere da un uso indiscriminato dei social network e più in generale di internet. Non solo per i contenuti dannosi che vi si possono trovare, ma per l’effetto di perdita del senso della realtà, per cui qualcuno può rimanere delle ore davanti al computer senza rendersene conto. E anche i cellulari sono uno strumento pericoloso se male utilizzati. In classe non si possono tenere accesi perché per ogni emergenza c’è il telefono della scuola. Inoltre ormai permettono di scattare foto, fare filmati e connettersi con internet. In questo modo si rischia facilmente di commettere dei reati violando la privacy di qualcuno se lo si riprende a sua insaputa e se si rendono pubbliche quelle immagini via web. Sono temi che ci riguardano da vicino, ormai altrettanto importanti della storia e della geografia.

NELLE SCUOLE inglesi esistono le divise per gli studenti. A Lucca, invece, questi ci pensano da soli. La divisa di cui parliamo è il Woolrich, cioè un tipo di giacchetto lungo, di vari colori (ma soprattutto blu), decorato da una folta pelliccia intorno al cappuccio: in certi casi è sintetica, ma nella maggior parte è vera (cioè di gatto). Pur esistendo l’indumento da diversi anni, tale moda è però iniziata l’anno passato, fino a diventare, quest’anno, un’ossessione, per cui chi non lo possiede risulta non solo fuori moda, ma uno sfi… (arretrato). IL FENOMENO riguarda la maggior parte dei giovani, anche se esistono casi isolati di bambini e cinquantenni (anche docenti) che lo sfoggiano in tutta la sua magnificenza. A scuola, infatti, è frequente osservare i compagni che lo indossano non solo quando entrano e quando escono, ma pure durante le lezioni, adducendo la scusa che sentono freddo nonostante il riscaldamento li sottoponga a delle vere e proprie sau-

PELO DI GATTO Marca americana, ma produzione... cinese

ne. Il portatore di Woolrich lo si riconosce in genere per una sudorazione eccessiva e il viso paonazzo, soprattutto quando si trova col banco vicino al termosifone. Durante l’intervallo si può assistere ad autentiche sfilate da parte dei possessori di Woolrich che sono osservati con invidia (per lo

più), ma anche con sarcasmo da parte dei pochi che ancora resistono alla tentazione di possederne uno. TENTAZIONE che per molti rimane tale, in quanto quel capo di vestiario costa praticamente la metà dello uno stipendio di un pro-

fessore. Pur essendo una marca di origine statunitense (John Rich & Bros.), l’oggetto in questione, da un’attenta analisi che abbiamo potuto fare delle etichette, è risultato fabbricato… Indovinate dove? In Cina. Per cui il pelo è di puro gatto cinese. Da parte nostra riteniamo che per quanto il giubbotto sia di buona qualità la spesa risulti eccessiva e che per lo stesso prezzo si possono acquistare almeno due, se non tre, giacconi che possono fare altrettanto caldo in questi giorni di gelo. Inoltre l’attuale moda, come tutte le mode, è destinata a svanire, di conseguenza fra un anno o due la gente si ritroverà negli armadi un capo comprato con l’idea che «tanto durerà una vita», ma che non si potrà più indossare perché sorpassato. Così i cassonetti gialli della Caritas ne saranno intasati e almeno i poveri staranno al caldo. Infine, come dice una nostra compagna (che per motivi di privacy non possiamo nominare): «Se in Fillungo non indossi il Woolrich non sei nessuno. Perciò non ci andare». E allora noi non ci andiamo.

INTERVISTA ESCLUSIVA I DIRIGENTI SPIEGANO I «NO» IN CLASSE MA APRONO AL SAPERE HI TECH

Scuola e nuove tecnologie: rischi o risorse? NELLA NOSTRA scuola negli ultimi mesi sono accaduti alcuni episodi contrari al Regolamento Scolastico. Riguardavano l’uso degli smartphones e l’abuso dei social network. Tutto questo ci ha fatto riflettere, così in classe ne abbiamo discusso fra noi e con i professori. La scuola, comunque, non è rimasta ad osservare passivamente i fatti e sono state comminate sanzioni disciplinari. Abbiamo ottenuto, a questo proposito, un’intervista esclusiva con il preside Nicola Preziuso e il vicepreside Antonio Cipriani. Perché non si può usare il cellulare in classe?

LUCI E OMBRE Le nuove tecnologie sono una risorsa, ma vanno anche gestite con equilibrio

LA CLASSE ECCO i cronisti in classe della Scuola media «Nottolini» di Lammari. III B: Nicole Angulo, Matteo Antonelli, Alessandro Antonelli, Giovanni Bellandi, Sara Bertoluc-

«Facendo delle foto o dei filmati e mettendoli poi in rete si viola la legge sulla privacy e questo è un reato, è bene ribadirlo. Inoltre si crea distrazione non so-

ci, Francesca Caruso, Stefania Colpos, Ganguli Dissanayeke, Marco Esteban, Sophie Ferroni, Marco Forti, Mario Giampaoli, Federica Giannini, Matteo Labianca, Giada Marcheschi, Marco Paoleschi, Valentina Paoleschi, Andrea Pellegrini, Ila-

lo per chi usa il cellulare, ma anche per tutti gli altri. Se la scuola avesse più fondi, potremmo lavorare di più e meglio su e con le nuove tecnologie». Cioè?

«Ogni aula potrebbe essere dotata di strumentazioni tecnologiche, come le lavagne multimediali Lim, per favorire la didattica e potremmo promuovere una formazione permanente, rivolta ad alunni e genitori, tesa alla conoscenza delle risorse e dei rischi che lo sconfinato mondo della comunicazione elettronica ci offre». Qualche esempio dei vantaggi in questo campo?

«Ormai tutti i libri di testo si stanno aggiornando e offrono i cd e i collegamenti a internet per integrare, migliorare e facilitare l’approccio al sapere: è la sfida del futuro».

ria Quaglierini, Diletta Sargentelli, Daniele Sebastiani, Elena Taddeucci. Inoltre Michela Giampaoli, Rebecca Romano (III C), Greta Tognetti Nieri (III D). Dirigente scolastico: Nicola Preziuso. Docente tutor: Marco Vanelli.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012

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Istituto

comprensivo COREGLIA

‘Lettera a una professoressa’ Dopo 45 anni, cosa è rimasto agli studenti dei valori di questo libro? NEL 1967 usciva un libro che scoperchiava il «vaso di Pandora» della scuola italiana: Lettera a una Professoressa, scritta dagli studenti della scuola di Barbiana con Don Milani. Prima del 1962 per accedere alla scuola media bisognava superare l’esame di ammissione, ma in quell’anno nacque la scuola dell’obbligo che quindi divenne di massa e non più di èlite. I docenti, che non erano abituati ad aver davanti studenti di tutte le classi sociali, tutto quello che seppero fare fu bocciare senza pietà. La scuola era quindi una scuola per tutti solo di nome. I primi a denunciare questa situazione furono Don Milani e i suoi studenti della scuola di Barbiana. L’idea nacque dalla storia di due ragazzi che volevano dedicarsi all’insegnamento e che, per questo, dopo la licenza media, avevano svolto presso la scuola di Barbiana il programma del primo anno delle magistrali e a giugno scesero a Firenze per sostenere l’esame come privatisti. Furono entrambi respinti in modo umiliante. L’anno successivo i due ragazzi si ripresentarono a Firenze agli esami e vennero respinti nuovamente. Inizialmente don Lorenzo e i ragazzi pensarono di scrivere una lettera a una professoressa, quella che più si era accani-

che con loro la scuola diventa più difficile. […]. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati».

L’ESPERIENZA Don Lorenzo Milani con alcuni suoi allievi

ta contro quei due ragazzi e solo successivamente il libro, completato nel 1966, diventò un’accusa a tutto il sistema scolastico. «Un giorno venne su Mauro, un ragazzo che aveva lasciato la scuola di Barbiana per tornare a Vicchio a lavorare, per leggere la lettera — riferiva don Lorenzo nel novembre del 1966 —. Mauro aveva 14 anni, sva-

gato, allergico alla lettura. Era stato bocciato più volte a Vicchio in prima media, quando il padre lo portò a Barbiana». Mauro con la sua storia scolastica è il Gianni del libro, il ragazzo bocciato perchè non sapeva esprimersi e non conosceva «la lingua corretta». Parlando di Gianni e dei ragazzi come lui nel libro si legge: «L’abbiamo visto anche noi

SE GIANNI è un ragazzo con una precisa fisionomia e una storia scolastica e umana alle spalle, lo stesso si può dire di «Pierino del dottore», il primo della classe, in cui Don Lorenzo rivede se stesso. La lettera fu consegnata alle stampe nel maggio 1967. Don Lorenzo moriva un mese dopo, quindi non vide tutto il polverone che il libro sollevò. Gli anni successivi videro crescere la spesa per la Pubblica Istruzione, fu facilitata la partecipazione dei ragazzi alla frequenza della scuola dell’obbligo, i Comuni istituirono il servizio trasporti, nacque la scuola materna statale e la scuola a tempo pieno. In questi 45 anni le disuguaglianze non si sono sanate del tutto: la selezione con le bocciature è diventata selezione fatta da una scuola «parcheggio», non esigente, povera di contenuti, che non stimola l’interesse dei ragazzi, che non sta al passo coi tempi, che non li appassiona e non li rende liberi e protagonisti del loro futuro attraverso il sapere, il saper dire, il saper fare e lo scegliere.

LA RICERCA DON MILANI FONDATORE DEL PRIMO ISTITUTO A TEMPO PIENO A BARBIANA

Una scuola fucina di idee e senza... voti

IL MOTTO Sulla porta della classe il famoso motto di don Milani «Io ho a cuore»

LA CLASSE LE CLASSI. III A: Riccardo Barsi, Martina Benelli, Federico Berlingacci, Sara Bertoncini, Angelica Bertozzi, Elena Biagi, Davide Contrucci, Stefano De Paris, Martino Diodati, Lorenzo Ghiloni, Clemente Lucia-

DON MILANI nel 1954 venne mandato a Barbiana dalla curia di Firenze, piccolo e sperduto paesino di montagna, dove iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno rivolto alle classi popolari. Una scuola con solo sei piccoli montanari dove si lavorava e si discutevano le idee. La regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno. Non c’erano voti, né pagelle, né rischio di essere bocciati e quindi di ripetere l’anno. Si faceva scuola undici ore al giorno per 365 giorni all’anno. Non c’erano svaghi. Si usavano grandi tavole di legno, non cattedre né lavagne né banchi e un solo libro per materia. Il testo più usato era il giornale. La sua era una scuola aperta, dove il programma era condiviso dagli allievi, le idee proposte dal maestro erano spesso rivoluzionarie e per l’epoca ritenute pericolose. Opera fondamentale della scuola di Barbiana è «Lettera ad una professoressa», in cui i ragazzi della scuola denunciavano il sistema scolastico e il

no, Tommaso Pamploni, Leonardo Pieroni, Leonardo Randazzo, Diana Rosca, Anna Rossi, Manuel Rossi, Fabio Stafa. Classe III C: Chiara Arcidiaco, Rudy Balsotti, Francesca Benvenuti, Alessandro Biagiotti, Niccolò Mauro Casci, Carlotta De Ro-

metodo didattico che favoriva l’istruzione delle classi più ricche (i cosiddetti «Pierini») lasciando la piaga dell’analfabetismo su gran parte del paese. L’opera fu scritta negli anni della malattia del prete. Alla sua morte il libro ricevette, in mezzo alle polemiche, un incremento di vendite incredibile. Fu Don Milani ad adottare il motto «I care», ovvero «m’importa, ho a cuore», in contrapposizione al «Me ne frego» fascista. Don Lorenzo Milani era figlio di un medico e si riconosceva nel «Pierino del dottore» di «Lettera a una professoressa». Se sostituiamo «Pierino del dottore» con «Lorenzino del dottore», viene fuori la storia del futuro priore di Barbiana. Come lui sparì per mettersi al fianco dei meno fortunati, aprì ai poveri lo scrigno dei segreti più gelosi custoditi dalla casta da cui proveniva: la cultura, il sapere, l’imparare a dominare la parola. Ed in questo impegnò tutto il suo sacerdozio. Un impegno forte, esclusivo e denso di un amore che lo seppe ripagare.

sa, Federico Della Croce, Lorenzo Domenici, Giovanni Giambastiani, Blerta Lleshi, Gabriele Marchi, Rebecca Marchi, Eleonora Mattei, Lorenzo Moscardini, Matteo Paolini, Luca Vergamini. Docenti tutor: Giovanna Biagi e Michela Chiesa. Dirigente scolastico: Emanuela Giannini.

LA SCHEDA

Un prete colto, saggio e un po’ ‘rivoluzionario’ RAGAZZO vivace e intelligente, Don Lorenzo Milani Comparetti coltivò la passione per la pittura, studiando prima come privato, poi a Milano all’Accademia di Brera. Era nato a Firenze il 27 maggio 1923. Figlio di un’agiata famiglia di intellettuali fiorentini, secondogenito del dottor Albano Milani e Alice Weiss e pronipote del filologo Domenico Comparetti, nel giugno del 1943 prese la decisione fondamentale della sua vita: si convertì. Fu ordinato sacerdote il 13 luglio 1947. L’INIZIO di questa svolta fu il colloquio, avvenuto in modo casuale, con don Raffaele Bensi, che in seguito fu il suo direttore spirituale. Le circostanze della sua conversione sono sempre rimaste piuttosto confuse e oscure, probabilmente sganciate da un evento specifico. Il 9 novembre 1943 entrò nel seminario di Cestello in Oltrarno. Venne inviato prima come aiutante del parroco a San Donato di Calenzano, vicino a Firenze, poi, nel dicembre del 1954, a causa di screzi con la curia di Firenze, a Barbiana. Qui rimase per il resto della sua vita creando una scuola popolare di operai divenuta famosa. Strinse amicizia con altri sacerdoti come Danilo Cubattoli, Bruno Borghi e Renzo Rossi. Gli fu amico e collaboratore il calenzanese Agostino Ammannati, che insegnava lettere nel liceo classico Cicognini a Prato. Don Lorenzo morì nel giugno del 1967. Fu tumulato nel piccolo cimitero di Barbiana poco lontano dalla chiesa e dalla sua scuola.

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10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 15 MARZO 2012

Scuola media «Mei»

Fornaci di Barga

Rotta verso il futuro sostenibile A braccetto con il progetto della Regione a tutela dell’ambiente VADEMECUM

Quando conti ed ecologia sono tutt’uno PAROLA d’ordine: recuperare risparmiando, con un occhio all’orologio quando si fa la lavatrice e un vademecum da seguire per i piccoli consigli di ogni giorno. E mentre i progetti del domani parlano un linguaggio nuovo (teleriscaldamento a biomasse, ad esempio) le buone pratiche di ogni giorno marcano la differenza. Un esempio? È sbagliato lasciare il carica batteria attaccato, consuma anche se non è collegato al cellulare. Ancora uno? È meglio usare la lavatrice dopo le ore 19 perché consuma di meno. E se poi si usa l’accortezza di non lasciare in stand by gli apparecchi, sono 10-20 euro recuperate in un anno. CHIUDERE il rubinetto mentre ci insaponiamo le mani o ci laviamo i denti fa risparmiare 8mila litri di acqua a famiglia. E fare la doccia invece che il bagno, produce un risparmio di 70-80 litri d’acqua ogni volta. E’ un comportamento virtuoso anche semplicemente quello di comprimere le bottiglie di plastica, occuperanno meno spazio e non buttare l’olio nei lavandini perché oltre a intasarli, inquina. Ci sono dei centri di raccolta! Ancora: non far gocciolare i rubinetti (200 litri d’acqua risparmiati all’anno per famiglia); niente sprechi di acqua per le piante, il terreno ne trattiene solo un tot; non buttare i vestiti ancora buoni, ci sono organizzazioni di solidarietà, come la Caritas, che li dà ai bambini che ne hanno davvero bisogno. Basta cercare i bidoni gialli. Ecologia e risparmio vanno di pari passo anche nel recupero di scarti vegetali: in bolletta significa 5 per cento in meno.

«GHIACCIO BOLLENTE», è il titolo del progetto sull’ambiente a cui abbiamo lavorato per buona parte dell’anno scolastico. Un titolo che dice molto, tutto. Apre la strada a un tema che è di fortissima attualità, che ci ha dischiuso ad orizzonti che inquietano, in cui i panorami sono determinati dai drammatici effetti degli agenti inquinanti sull’ambiente che ci circonda. Quindi piogge acide, desertificazione. Scenari che qualcuno può definire apocalittici, su cui purtroppo ha peso anche ogni singolo nostro comportamento quotidiano. Il progetto «Ghiaccio Bollente» è promosso dalla Regione Toscana e dalle Unioni dei Comuni della Mediavalle e della Garfagnana. Ad illustrarlo in classe è stato il professore di chimica Raffaele Dinelli. GLI OBIETTIVI che abbiamo focalizzato insieme al professore sono stati quelli di sensibilizzare le future generazioni sull’impatto che la nostra società dei consumi sta avendo sull’ecosistema e arrivare a conoscere le sostanze inquinanti per acquisire alla fine una maggiore consapevolezza persona-

che gli atomi del sapone sono formati da zolfo, idrogeno, ossigeno e carbonio, i quali combinati tra loro danno una forma a Y alla molecola.

INQUINAMENTO Schiuma killer in un torrente

le sul loro uso nella via di tutti i giorni. Ci è stato spiegato che tutto inizia da piccole attenzioni da usare già nella spesa al supermercato. Un’occhiata in più alle etichette dei detersivi sullo scaffale può significare molto. Capire prima dell’acquisto se un prodotto è biodegradabile quindi scegliere di conseguenza è già una risposta

a tutela della natura che ci circonda. Nei tre incontri che hanno rappresentano le tappe cruciali del progetto abbiamo parlato di detergenti, biomasse (pallet, fotovoltaico, combustibili fossili) e della fonte di energia alternativa di cui molto si parla oggi, l’idrogeno. In particolare nella prima lezione il professore ci ha spiegato

QUANDO c’era una coscienza minore del grado di inquinamento dei detergenti, il sapone usato finiva direttamente in mare senza che nel percorso dall’acquaio di casa ci fossero dei filtri che diluissero il suo potere inquinante. La schiuma che si formava impediva ai pesci e ai microrganismi di respirare, di conseguenza la fauna marina diminuiva. Inoltre avveniva il fenomeno del bioaccumolo, ossia i pesci ingerivano le molecole di sapone, le accumulavano nei loro organismi e quando venivano pescati queste molecole di sapone arrivavano direttamente sulle nostre tavole. Oggi invece molti cittadini e numerose autorità locali hanno preso coscienza della pericolosità di tali sostanze e da più parti sono stati costruiti dei depuratori che ne riducono la pericolosità. Anche le cartiere sono dotate di impianti di depurazione che consentono di recuperare fino all 70 per cento delle sostanze nocive. Ed è già un risultato.

LA RICERCA UN SEMPLICE MODELLINO CI RACCONTA LA CITTA’DEL DOMANI A ENERGIA PULITA

Fonti alternative al petrolio: si può, si deve

ALTRA ENERGIA Il modellino di compensato formato da tante piccole case al cui interno si accendono le luci grazie a un meccanismo a idrogeno

LA REDAZIONE CLASSE 3D: Dafne Angeli, Maurizio Bertoncini, Ramona Bianchi, Daniele Cioffo, Chiara Collini, Hanane Edbiri, Mohamed Erais, Giuseppe Felice, Imad Fouhamy, Luca Franchi,

COME salvaguardare il nostro ambiente inquinando meno. La nostra generazione e quelle future devono porsi il problema e cercare efficaci soluzioni. Una risposta è l’idrogeno come possibile sostituto del petrolio. In classe abbiamo svolto degli approfondimenti che, purtroppo, hanno portato a galla i «nei» della questione. Intanto l’idrogeno puro non si trova in natura, ma occorre ricavarlo partendo da composti che lo contengono. Il procedimento più utilizzato è il reforming del metano, vale a dire una trasformazione chimica ad alta temperatura che parte da metano e vapore d’acqua e produce un gas composto da idrogeno, CO2 e vapore. Una strada alternativa è quella di ottenerlo dall’acqua tra-

Martina Lucchesi, Gabriele Mazzoni, Leonardo Mazzoni, Sofia Moriconi, Stefania Nannini, Agostino Napolitano, Matteo Nardi, Luca Paoli, Matteo Passini, Ilaria Semplici. CLASSE 3C: Alessio Angelini, Francesco Bechelli, Clementina Bertolini, Elena Biscardi, Ngagne Diop, Carmen Donatiello, Mirko Do-

mite idrolisi, utilizzando però nel processo una forma pregiata di energia come l’elettricità. Può essere ottenuto anche dall’azione delle alghe bioreattive e attraverso il processo di elettrolisi e/o per termolisi. Metodi che però sono costosi e in ogni caso inefficaci per produrre energia a sufficienza. Un altro inconveniente è dato dal problema del trasporto in quanto l’idrogeno è fortemente esplosivo. Il professore però ci ha mostrato un modellino di compensato formato da tante piccole case al cui interno si accendevano delle luci proprio grazie a un meccanismo a idrogeno. Tutto ciò per dimostrare che la possibilità di utilizzarlo come fonte energetica è fattibile, nonostante tutte le difficoltà.

nato, Adil Edbiri, Saverio Fanani, Sara Gemignani, Greta Guelfi, Mirko Guidi, Sidorella Lekatari, Lisa Marchetti, Giovanni Marchi, Filippo Marroni, Nicola Montagni, Fabiana Pizzo, Cristian Santi, Sofia Sebastiani. Dirigente: Iolanda Bocci. Insegnanti tutor Giulia Anzelmo, Doris Bellomusto, Daniela Taddei.


CAMPIONATO GIORNALISMO 13

MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

Da Vinci-Chelini Lucca

Come siamo, come eravamo Viaggio nella selva dei censimenti demografici oggi e nella storia DA POCHI GIORNI sono scaduti i termini utili per la consegna dei questionari predisposti in occasione del 15˚ censimento generale della popolazione e delle abitazioni. Il rilevamento dei dati è stato a cura dell’ente pubblico Istat (Istituto Nazionale di Statistica), che ha provveduto a far recapitare ad ogni capofamiglia un questionario cartaceo da compilare e consegnare obbligatoriamente, entro il 31 gennaio 2012, presso gli uffici postali o i centri di raccolta istituiti nei Comuni. Da quest’ anno, poi, è stato possibile effettuare la compilazione del modulo anche on-line, collegandosi al sito web dell’Istat.

nell’ Impero romano e in quello cinese ne vennero attuati diversi.

HUMOUR L’autrice della vignetta è Susanna Guidi (classe II D)

IL CENSIMENTO è un evento molto importante per conoscere la popolazione di uno stato e noi alunni abbiamo colto l’occasione per informarci meglio su questo importante strumento di indagine. La parola deriva dal latino «censere», che significa valutare, e con esso si intende la rilevazione dei dati riguardanti il numero,

le caratteristiche della popolazione e le attività economiche da essa svolte. In Italia viene fatto ogni 10 anni e dalle informazioni che si ricavano i singoli Stati possono predisporre i servizi utili ai propri cittadini, quali, per esempio, le strutture ospedaliere e le scuole. Il primo censimento italiano

fu fatto nel 1861, in occasione dell’unità d’Italia, e da allora si è svolto con cadenza decennale fino ad oggi. Soltanto nel 1891 non fu fatto per difficoltà finanziare e nemmeno nel 1941 a causa della seconda guerra mondiale. Si tratta di un’indagine statistica dalle origini molto antiche. Infatti già

IL PIÙ FAMOSO fu quello voluto in epoca romana dall’imperatore Augusto: viene anche ricordato in ambito religioso per la nascita di Cristo. Dopo la caduta dell’Impero romano, a causa delle invasioni barbariche, i censimenti diminuirono, venivano fatti solo per scopi militari e fiscali ma erano abbastanza incompleti. Tra i più noti elaborati in epoca medioevale ricordiamo quello voluto da Carlo Magno nel suo vasto Sacro Romano Impero. Successivamente, intorno al XI secolo, fu Guglielmo il Conquistatore, re d’ Inghilterra, che ordinò la composizione del Domesday Book, un registro in cui veniva annotato il numero della popolazione presente sul territorio inglese e i loro patrimoni. Soltanto più tardi, agli inizi del Settecento e nel corso dell’Ottocento, le ricognizioni statistiche demografiche vennero introdotte con regolarità quasi in tutti gli Stati europei.

SCUOLE EUROPEE A CONFRONTO GUSTI, PASSIONI E ABITUDINI DEGLI STUDENTI ITALIANI E FRANCESI

Sport e letture fantasy vincono su tv e internet

SAGA Quella di «Twilight» è tra le più amate dai giovani

GLI ALUNNI della nostra scuola hanno confrontato i dati ricavati da un’indagine fra la Da Vinci-Chelini e il College Saint Blaise di Vertou con cui la scuola è gemellata da diversi anni. Gli ambiti erano vari: dal tempo libero alle preferenze alimentari fino all’uso del mezzo di trasporto per recarsi a scuola. Ne è emerso un quadro variegato. Gli studenti della IIA e B della Chelini hanno rilevato che i ragazzi lucchesi preferiscono praticare principalmente uno sport mentre quelli francesi guardare la tv o navigare in internet. Confrontando i dati riguardanti la durata del tempo dedicato a computer, tv e varie consolle, i ragazzi italiani mediamente vi dedicano da una a due ore al giorno, invece i francesi da tre a cinque ore. Dai dati sulla lettura hanno dedotto che gli

LA CLASSE ECCO i cronisti in classe. SCUOLA CHELINI. Classe II A: Bellandi, Benevento, Bestini, Bertolli, Ciabattari, Cipollini, Cristiano, De Chiara, De Villa, Del Frate, Farnesi, Flaminio, Franceschini, Franco Coppa, Genovali Del Debbio, Guidi, Jeribi, Lorello, Lotta, Martinkevich, Orofino, Orsi, Pasquinelli, Scelta, Serafini, Valenti, Villavizza. II B: Androni, Bandoni, Belhachemi, Bendinelli, Casotti, Cerrai, Davini, De Luca, De Rosa, Di Vita, Domenica, Fer-

alunni francesi amano il genere del fumetto (bandes dessinee); al contrario gli alunni italiani preferiscono il genere fantasy. I libri più amati sono: la saga di Harry Potter e quella di Twilight. Da questi dati sembrerebbe emergere una tendenza opposta all’idea comune e cioè che gli studenti lucchesi leggono per passione e non per dovere. Sui mezzi di trasporto hanno riscontrato alcune differenze significative: in Francia la maggior parte dei ragazzi utilizza l’autobus per andare a scuola, a differenza di quelli italiani che invece preferiscono o forse sono costretti ad andare in automobile. Il risultato che più ha colpito è però quello della uniformità di gusti e passioni di ragazzi provenienti da differenti realtà geografiche e culturali. Anche questa è globalizzazione.

ro, Gelli, Lembi, Marchi, Meschini, Nocera, Paladini, Pardini, Pedonesi, Pollastrini, Rodriguez, Salati, Sandu, Sorbi, Tesconi, Tomei . SCUOLA DA VINCI. Classe I F: Aliesei, Aliu, Arfavelli, Amura, Raisa, Boschi, Caniparoli, Casotti, Cheli, Chiocca, Ciollaro, Dima, Giannini, Granucci, Guidoni, Iacoponi, Martinelli, Mazzoni, Mihhaljov, Moni, Papucci, Petri, Sensi, Velani, Tabarrani. II D: Andreoni, Bertoncini, Bertuccelli, Cavalcante, Ciardo, Cinquini, Coelho, Dalle Piagge, Fava, Franceschi, Franchi, Galeotti, Guidi, Iossa, Lucarelli, Naldini Bor-

doni, Natola, Nucci, Panerai, Rebeggiani, Ricci, Rohaihi, Rovai, Sangiuliano, Salani, Suffredini, Tomei. II G: Abidi, Barbella, Bresciani, Casali, D’Agostino, Decanini, Del Dotto, Frontera, Giorgi, Giovannetti, Giusti, Gurgone, Marcaurelio, Marchi, Martinelli, Martinozzi, Mastrolia, Petri, Radu, Rosa, Ruberti, Succurto, Tirrasi, Treggi. Insegnanti tutor: Maria Grazia Galli, Maria Grazia Furnari, Lidia Cristilli, Flavia Spada Ricci, Maria Luigia Orlandi e Maria Emanuela Gabrielli. Dirigente scolastico Luisa Arcicasa.

INDAGINE

Il tempo libero nella statistica di casa nostra QUALI GENERI letterari preferisci? Che cosa fai nel tempo libero? Cosa mangi a colazione? Quali mezzi di trasporto usi per venire a scuola? Quali animali domestici hai in casa? Questi sono gli argomenti d’indagine che abbiamo trattato a scuola. In merito alla lettura è emerso che la maggior parte degli alunni, 250 circa, legge libri fantasy, al secondo posto troviamo i testi umoristici e in ultima posizione i gialli. Poco più di un quarto degli alunni intervistati legge, ciò che li appassiona è la voglia d’immaginare luoghi misteriosi provare sensazioni forti, immedesimandosi in personaggi audaci. RISULTA che molti ragazzi preferiscono praticare sport, guardare la TV o ascoltare musica nel tempo libero. In merito all’alimentazione ci ha stupito il fatto che circa 110 ragazzi su 370 non mangino a colazione per mancanza di tempo, anche se molti di loro vengono a scuola con mezzi privati. Poco più di 50 alunni utilizzano lo scuolabus, sul quale dicono di divertirsi molto, perché fanno amicizia con altri compagni. Gli animali domestici più diffusi nelle nostre case sono il cane e il gatto e quasi tutti i ragazzi dichiarano di tenerli in perfetta forma, nella convinzione che essi siano i nostri piccoli amici, che ci tengono compagnia e ci danno affetto, chiedendo in cambio solo qualche «coccola» e un po’ di cibo. Nessuno abbandonerebbe il proprio animaletto domestico, come purtroppo fanno alcuni adulti.

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14 CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 22 FEBBRAIO 2012

Scuola media

«De Nobili» S.Maria a Colle

Incontro ai confini del mondo Lucca & Lima più vicine grazie ai ciclopici e misteriosi disegni LA RICERCA

Quei simboli di Nazca fonte di idee I SIMBOLI di Nazca stimolano intuizioni e fanno rinascere le risorse assopite. Veronica e Giada raccontano come si è svolta l’esperienza: «Abbiamo disegnato creativamente su un foglio le lettere del nostro nome e scritto una parola per noi molto significativa. La scelta del vocabolo apparentemente risulta inconsapevole, in realtà sappiamo che, tramite l’analogia, esprime ciò che la nostra interiorità desidera comunicare. Poi abbiamo riprodotto una delle figure di Nazca che ci era particolarmente piaciuta, usando un pastello del colore preferito, abbiamo collegato liberamente con delle linee le lettere del nostro nome, e con sorpresa abbiamo visto affiorare nuove forme curiose. Le abbiamo osservate attentamente e, con uno sforzo intuitivo abbiamo cercato di coglierne i collegamenti con la nostra personalità. L’INTUIZIONE è un dono che abbiamo imparato ad utilizzare, soffia dove vuole, salta, guizza e vola alle conclusioni, interpretando il linguaggio dei nuovi simboli, ci parla di noi, ci dà addirittura dei messaggi. è stato come riscoprirci, come Ri-nascere. «Tra i “grabados” ho scelto l’airone che per me esprime libertà, felicità e benessere. Il messaggio che ho raccolto è che la natura è troppo importante per l’uomo e che va rispettata». «Nazca vuole dirmi che ho molto paura del tempo che passa e che tutto può finire ma anche che ho tanto bisogno di essere amata». «Nazca e la mia parte profonda, mi dice che ho paura che il mio orologio della vita smetta di ticchettare... ho scritto la parola deneb perchè è la stella principale della costellazione del cigno: da grande mi piacerebbe tanto diventare un’astrofisica...». «Nazca mi parla: ’Fai uscire allo scoperto tutte le tue qualità senza paura!’ (Tengo que salar todos mis recursos y no debo tener miedo)».

zione emozionale che svolgiamo come stimolazione finalizzata alla scrittura creativa. Abbiamo imparato che la parola «simbolo» deriva dal greco e significa segno di riconoscimento. Infatti nella Grecia antica quando due persone amiche dovevano separarsi, spezzavano una moneta o una tavoletta di terracotta. Appena uno dei due ritornava, faceva combaciare il suo pezzo con la metà rimasta e così veniva riconosciuto il legame.

«SULL’ALTOPIANO di Nazca, arido deserto situato nel Perù, 13mila linee formano più di 800 strani disegni che includono i profili stilizzati di animali: balena, pappagallo, una lunga lucertola di 180 metri, colibrì, condor, un enorme ragno lungo 45 metri, figure umane stilizzate, tra cui un astronauta...». Abbiamo realizzato un’attività interdisciplinare grazie ad un contatto della scuola lucchese con l’Istituto Raimondi di Lima in Perù, una scuola italiana che realizza progetti ed attività di educazione emozionale secondo il metodo della globalità dei linguaggi di Stefania Guerra Lisi dell’Università di Roma Tor Vergata.

ATTRAVERSO i ragazzi della scuola di Lima e la loro docente, Antonella Gamorra, abbiamo conosciuto la località di Nazca e la ricercatrice tedesca Maria Reiche (Dresda,15 maggio 1903 – Lima, 8 giugno 1998), famosa per aver catalogato tutte le figure del deserto peruviano, proseguendo gli studi dello statunitense Paul Kosov. Questi giganteschi disegni chiamati dalle popolazioni indigene «grabados», furono scoperti nel 1927 da un pilota

RICERCA Il nostro viaggio nel... mistero dei simboli di Nazca

dell’aviazione peruviana. La studiosa ne svelò il mistero sostenendo che furono realizzati dalla civiltà di Nazca ( 300/500 d.C.) per essere utilizzati come calendari solari e osservatori astronomici. Teoria che fu contestata da Erik Fon Dalniken, il quale sosteneva che le linee fossero piste di atterraggio per astronavi di extraterrestri, ben visibili dall’al-

to.Tutto ciò ha da sempre contribuito a creare attorno a Nazca un alone di vero mistero e di grande curiosità che ha coinvolto anche noi. Ci siamo così messi al lavoro ispirati dalle magiche linee del Perù.

RI-NASCERE CON NAZCA è un progetto che abbiamo sviluppato all’interno dell’attività di educa-

GIÀ ARISTOTELE diceva che ogni persona ha in sé una forma, un simbolo proprio e che la vita dovrebbe portarci a scoprirlo. Questo ci ha fatto capire che una gran parte delle nostre potenzialità e risorse possono essere attivate rendendo visibile il nostro «segno» particolare. Ci siamo accostati ai disegni di Nazca con curiosità, cercando di scegliere quello più vicino alla nostra sensibilità e alla nostra intuizione creativa. Il simbolo scelto è diventato così significativo perchè ha contattato le nostre emozioni più profonde. Questi segni sono dei concentrati ricchi di associazioni, una miniera d’oro per indagare nel senso nascosto delle cose e per portare alla luce le nostre paure, ma soprattutto le nostre risorse.

L’ALLARME A LANCIARLO SONO I PICCOLI ASSISTENTI ITALIANI DELLA DAMA DE LAS PAMPAS

Minaccia ecologica sui preziosi «geoglifi» CI HANNO DETTO che la dottoressa Reiche aveva combattuto una vera battaglia per preservare quelle fantastiche linee da interessi enormi, purtroppo ora la grande autostrada Panamericana taglia il paesaggio delle linee, dividendo in due la pianura ed i disegni. Ci rendiamo conto che l’intera comunità scientifica internazionale dovrebbe proteggere i geòglifi di Nazca, proclamati dall’Unesco nel 1995, grazie alla grande ricercatrice, patrimonio dell’umanità.

ESPERTA La ricercatrice tedesca Maria Reiche, famosa per aver catalogato le figure del deserto peruviano

LA CLASSE ECCO i cronisti in classe della Scuola Media «Custer De’ Nobili» di S.Maria a Colle. Classe terza A: Giacomo Affatigato, Eleonora Bacci, Clarissa Bertini, Elia Bianchi, Kevin Boni,

CE LO AUGURIAMO di cuore, ma siamo molto perplessi perchè i compagni di Lima ci hanno fatto sapere che da qualche mese è stata aperta una discarica proprio in mezzo alle linee. Siamo molto pre-

Giovanni Cesaretti, Alessandro Civolani, Sara Consani, Matteo Corti, Greta Coturri, Martina Galeazzi, Edoardo Ingrosso, Giada La Rocca, Marco Lazzareschi, Filippo Lencioni Paratore, Leonardo Lucarini, Maria Lucchesi, Chiara Pardini, Stefano Pellegrini, Federi-

occupati e manterremo i contatti con Lima per tenerci informati, ormai ci sentiamo dei piccoli assistenti della dottoressa Reiche, la dama de Las Pampas. Forse è stato tutto merito della «magia» delle misteriose linee, comunque quest’attività ci ha davvero appassionati. ABBIAMO imparato a conoscerci meglio, ci siamo resi conto che tutti siamo diversi, speciali, e che ognuno ha il suo modo di pensare, di capire e di emozionarsi. Inoltre, abbiamo comunicato via mail queste nostre emozioni ai compagni della scuola di Lima, che hanno risposto congratulandosi con noi per l’attività svolta. Una bella soddisfazione. Ci hanno anche invitato a visitare la loro scuola in Perù. Sarebbe un sogno bellissimo! Chissà?! ca Puccinelli, Giovanni Ranucci. Mihai Rusu, Marco Salvo, Francesco Santerini, Xheni Sina, Allesandro Ugazio, Virginia Vannucchi, Chiara Vannucci, Veronica Vannucci, Nipuni Weerappulige. Insegnanti tutor: Lucia Matteucci, Orsola Benevento, Arianna Bartoli. Dirigente: dottoressa Anna Rugani.


CAMPIONATO GIORNALISMO 15

MERCOLEDÌ 22 FEBBRAIO 2012

Scuola media

«Buonarroti» Ponte a Moriano

In piazza tra passato e presente Il centro di Ponte a Moriano: una lunga storia tutta da raccontare NEL COGLIERE l’occasione di sperimentarci come «giornalisti» siamo usciti dal chiuso delle mura scolastiche, alla «scoperta» del paese, convinti che quanto più la scuola si apre e coinvolge il territorio, tanto più fa cultura. La conoscenza del territorio dove viviamo è un elemento indispensabile per riportare alla luce le nostre radici storiche e culturali e ciò può interessare un pubblico più ampio. Nella ricerca di notizie abbiamo riscontrato molta disponibilità e ringraziamo tutti coloro che, a vario titolo, ci hanno dato una mano. Ogni piazza è una Piazza con la P maiuscola: la nostra è la piazza di Ponte a Moriano, con la sua storia e le sue trasformazioni, che tenteremo qui di descrivervi. Per chi oggi viene qui per la prima volta la Piazza apparirà subito come il nucleo centrale di tutte le attività del paese: uno spazio ampio e libero dalle auto, su cui si apre il Teatro Comunale «Nieri», che ne occupa tutto il lato orientale, la farmacia e negozi di vario genere tra cui l’oreficeria, l’edicola, la pizzeria, la merceria, il bar, l’ortofrutta ed altri ancora, molti dei quali hanno lontane radici nel tempo. Il martedì mattina, qui in Piazza, si svolge anche il mercato ambulante, richiamo per le persone non solo di

ne un centro industriale importante e, grazie alla necessità di manodopera, ci fu un massiccio arrivo di famiglie dalle province limitrofe che incrementarono notevolmente il numero degli abitanti.

C’ERA UNA VOLTA La piazza centrale tanti anni fa

Ponte ma di gran parte dei paesini vicini. Insomma avrete capito che la tradizione della Piazza come punto di ritrovo per Ponte e i suoi paesi viene da lontano: ai primi del ‘900 lo spazio della piazza era circondato da platani e al centro vi era il monumento ad Emanuele Balestreri, imprenditore genovese, che qui a Ponte aveva portato l’indu-

stria e la ricchezza con lo Jutificio, una fabbrica che, grazie alle acque del Condotto Pubblico, produceva juta e fabbricava sacchi. Lo stabilimento era dotato di energia elettrica propria, aveva il telegrafo ed era collegato alla Stazione ferroviaria di Lucca grazie ad una tramvia a vapore per merci e passeggeri. In quell’epoca Ponte a Moriano diven-

INTORNO agli anni ’30, durante il fascismo, sul lato est della piazza fu costruito il Palazzo del Fascio, grazie a manodopera locale e ad un contributo del Comune di Lucca: lo spazio fu risistemato e al posto del monumento al Balestreri fu realizzata una grande fontana a vasca circolare. Allora dalla piazza sparì anche il cosiddetto «casotto» ovvero il bar degli sportivi locali. Alla fine della guerra il Palazzo del Fascio o Littorio divenne proprietà dell’Amministrazione comunale di Lucca, non risarcita del contributo a suo tempo versato, che lo adibì prima a cinema poi a teatro. Il periodo forse più “grigio” della Piazza è stato quello in cui è diventata sede di un parcheggio nonché di un distributore di carburante. La sua riqualificazione, avvenuta negli anni Novanta, ne ha sicuramente evidenziato la bellezza paesaggistica e ha restituito la sua fruibilità come luogo di incontro e di scambio a tutta la popolazione di Ponte, giovani e anziani.

L’APPELLO PIU’ CURA E ATTENZIONE A UN FONDAMENTALE CROCEVIA DELLA VITA DEL PAESE

Noi inviati speciali e le «voci» dei testimoni

CENTRO DEL «MONDO» La piazza principale di Ponte a Moriano

IL PUNTO centrale di Ponte a Moriano è la piazza, così, un martedì mattina, in occasione il mercato siamo andati a fare… i «giornalisti». Ci siamo divisi in gruppi ognuno con il proprio compito: chi intervistava i negozianti che hanno la loro attività commerciale sulla piazza; chi gli ambulanti presenti con il loro banchetto al mercato, chi i cittadini giunti in «piazza» per un caffè, per fare acquisti o incontrare amici. Dalle risposte dei nostri interlocutori si riscontra che la maggior parte degli ambulanti frequenta questa piazza da una decina d’anni e che, prima della sua ristrutturazione, la sede del mercato era nell’attuale parcheggio, dietro il teatro, dove si teneva anche una fiera con i cavalli. Molte persone, provenienti dai paesi vicini, preferiscono questo mercato a quelli di Marlia e Lucca perché piccolo e raccolto. Dal canto loro gli ambulanti, come i

LA CLASSE ECCO i cronisti in classe della Scuola Media «Buonarroti» di Ponte a Moriano. Classi II C e III C: Andrea Baccei, Irene Balestri, Irene Bigongiari, Gianni Brancoli, Icaro Buralli, Guglielmo Buralli, Alessia Canoro, Thomas Cecchettini, Matilde Dinucci, Roberta Fiorino, Te-

negozianti, si lamentano del fatto che negli ultimi tempi c’è poca affluenza e le vendite sono calate, probabilmente a causa della crisi economica. Abbiamo scoperto poi che alcuni esercizi commerciali sono «storici» perché aperti dagli inizi del ‘900, mentre altri sono qui da poco tempo, uno addirittura da meno di un anno. I cambiamenti che la piazza ha subito nel tempo non sono stati apprezzati da tutti: i più sono concordi nel dire che la piazza è stata abbellita e resa più ospitale, alcuni invece avrebbero desiderato il mantenimento del parcheggio. Gli intervistati ci hanno raccontato che la piazza ha subito diversi cambiamenti nel corso degli anni, ma costante è stata l’importanza rivestita da questo spazio fino ad oggi, sia da un punto di vista economico che socioculturale. La speranza di tutti è che il Comune investa nel rendere sempre più bello ed accogliente questo punto - spazio - piazza.

odor Constantin Florea, Sara Karaj, Gabriele Laricchiuta, Clementina Lazzareschi, Alessio Lorenzi, Tommaso Luchetti, Petra Martini, Martina Meschi, Leonardo Molendi, Luca Nelli, Alessia Orzali, Benedetta Palla, Gabriele Quilici, Elia Rossi, Filippo Torricelli, Maicol Vanni. Giammarco Biagi, Marta Brancoli, Hamdi Curumi, Gabriele Del Mugnaio, Rober-

to Fei, Daniele Giuliani, Lucia Gragnani, Giacomo Grilli, Izabela Kolaj, Simone Maffei, Matteo Massagli, Gino Pacini, Alessandro Pucci, Mattia Saettoni, Elena Serra, Giulia Simi, Federico Sperotto, Federico Stefani, Rachele Unti, Jenny Vannucchi, Amos Vita. Insegnanti tutor: Graziella Amadei, Roberta Amari, Giuliana Matteucci. Dirigente scolastico: Marco Orsi.

LO SPAZIO

Dall’agorà al foro… nei secoli AGORÀ, Foro, Piazza… da quando l’uomo si è organizzato in società civile, costruendo le città, lo spazio della piazza ha sempre avuto un ruolo di primo piano. Nell’agorà greca si svolgevano il mercato, le assemblee cittadine e le più importanti manifestazioni religiose: la frequentavano gli uomini che andavano a far la spesa, dal barbiere e a discutere di affari e politica. Nella civiltà romana all’agorà si sostituisce il foro, punto d’incontro del cardo e del decumano massimi, le arterie principali della città; qui si concentravano i principali edifici pubblici e ogni mattina si teneva il mercato, anche se, col crescere della popolazione, in età repubblicana, i mercati furono portati in altre zone della città. In età imperiale, accanto al Foro primitivo, molti imperatori ne fecero costruire altri ugualmente monumentali. Nel passaggio dall’età antica a quella medioevale la Piazza mantenne il suo ruolo economico e politico, soprattutto nel periodo comunale e signorile, quando vi furono costruiti i palazzi del “potere” e le grandi cattedrali. E così si arriva all’età rinascimentale, allorchè molte piazze preesistenti o di nuova realizzazione vennero addirittura progettate da grandi artisti come Michelangelo e Bramante: alle loro piazze, rimaste opere di grande valore artistico fino ad oggi, essi, consapevoli dell’importanza di tale spazio, affidarono anche un ruolo estetico e paesaggistico all’interno della città. Ricordiamo infine che le grandi piazze divennero, nei secoli dell’Inquisizione, teatro di roghi per gli eretici e le streghe.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012

Scuola media

«Enrico Pea» Porcari

Lucca e Comics: coppia vincente Un sodalizio che vince la barriera del tempo e cattura i giovani IRRESISTIBILI

Vignette ieri come oggi e così domani NAQUERO nel 1966 a Lucca. Dalla prima edizione a oggi i Comics sono cresciuti d’importanza. Inizialmente l’evento era annuale, poi divenne biennale. Nel 1986 celebrò la sua diciassettesima edizione scaramanticamente ribattezzata «Lucca ventanni». Seguì un breve periodo di crisi e di sospensione, interrotto con il ritorno del Salone nella primavera 1990, in una versione che dilatò i tempi, divenendo addirittura semestrale. L’edizione più movimentata fu quella del 1994 quando i pompieri ritardarono di un giorno l’apertura della mostra a causa di mancanza di sicurezza nel palazzetto dello sport dove all’epoca si teneva la manifestazione. Dal 2000 l’avvenimento «Comics» cambiò la sua denominazione e divenne «Lucca Comics and Games» a causa dell’esposizione del giro d’affari, i giochi di ruolo e videogiochi. A PARTIRE dall’edizione del 2006 la locazione di tutta la festa fu spostata all’interno della cinta muraria lucchese anziché nell’area fieristica di via delle Tagliate. Alla manifestazione dei Comics molti fumettisti internazionali si impegnano a far conoscere le loro ultime opere ad un vasto pubblico. Ormai «Lucca Comics and Games» è divenuta una fiera internazionale e in quanto alla popolarità è divenuta la terza al mondo dopo il comiket di Tokio e il “festival international de la bande dessinée d’angouleme”. I numeri parlano: l’ultima edizione, dal 28 ottobre al primo novembre, sono state registrate 155mila presenze, circa 50mila solo nella domenica. Oltre ogni record.

LUCCA COMICS and Games è la più importante rassegna italiana, seconda d’Europa e terza nel mondo dedicata al fumetto , giochi di ruolo, ai videogiochi e all’animazione. Questa manifestazione è stata inaugurata nel 1966. Conosciuta non da subito, oggi è diventata un’attrazione per tutti, ma soprattutto per i giovani perché possono dare sfogo alla loro creatività e al tempo stesso divertirsi. Il rapporto tra Lucca e i fumetti è oramai indivisibile, e i giovani rispecchiano perfettamente l’immagine del significato dei Comics, poiché sono attratti da tutto quello che è tecnologico e moderno, compresi i videogiochi, fumetti e internet.

INFATTI attraverso delle nostre ricerche abbiamo scoperto che con l’espansione della rete informatica e il diffondersi della tecnologia, i Comics hanno subito una grande crescita da edizione a edizione. Questo ritrovo è un appuntamento annuale dove un numero strabiliante di autori, editori, ragazzi turisti e appassionati si ritrovano per quasi cinque giorni nella cinta muraria di Lucca, una città che non teme confronti neppure con le altre città storiche della Toscana. Una splen-

versi appartenenti ai film, videogiochi, fumetti e video musicali. Tra i vari cosplayer abbiamo intervistato diversi appassionati che da anni oramai lo considerano un appuntamento fisso. Secondo alcuni la stravaganza dei costumi si basa sulla personalità e il carattere del soggetto e per altri i Comics sono momenti di ritrovo. Infatti vi partecipano da tutta Italia e non solo. A coloro a cui piacciono i manga, cartoni e fumetti si interessano spesso alla cultura giapponese e hanno la possibilità di incontrare disegnatori e famosi fumettisti.

LA VIGNETTA Paperinik a Lucca in cerca di un nuovo super costume

dida città medievale-rinascimentale che grazie alle sue mura riesce a incantare ogni anno quasi 150mila appassionati che vengono a condividere soprattutto interessi, passioni ed emozioni.

MOLTI GIOVANI vi partecipano proprio per visitare gli stand. Lo scorso anno si raggiunse la cifra

di oltre 135mila visitatori, una cifra impensabile nella prima edizione del 1966, quando i fumetti arrivarono per la prima volta a Lucca. Da allora ai Comics si sono affiancati i Games ed è esplosa la mania dei cosplayer, tra cui i più popolari di oggi sono Naruto, Mario e Luigi, Pirati dei Caraibi, Harry Potter e molti altri. Sono tutti generi di-

GLI ARGOMENTI più amati sono quelli che trattano di spericolate avventure e tra gli intervistati è emerso che i manga più letti sono Fairy Tail e Sojho manga. A questo punto possiamo trarre alcune conclusioni sul nostro lavoro. Abbiamo analizzato che il divertimento è il cardine principale, per cui tanti visitatori vengono da tutto il mondo, inoltre possono recepire nuove tendenze che provengono soprattutto dal mondo della cultura orientale. Infatti questa manifestazione sta diventando una vera e propria attrazione per tutti i giovani perché possono rispecchiarsi nei personaggi di quella cultura.

L’INCURSIONE NEL MONDO DELLA «STRISCIA» SI COMUNICA CON IL NOSTRO LINGUAGGIO

L’eterna patria dei fumetti e dei videogame NEL MESE di ottobre, a Lucca, si svolge uno dei più importanti eventi internazionali. Le persone vengono da molte parti del mondo per ammirare l’arte fumettistica dei Comics. Durante questa manifestazione si comprende quanto i fumetti suscitino grandi interessi e quando la passione è particolarmente spiccata, la gente ama travestirsi come il proprio personaggio preferito per immedesimarsi in esso, in base alle emozioni, interessi, stati d’animo...

SPETTACOLO La rassegna dei Comics è molto amata soprattutto dai giovani anche perché Lucca si trasforma e assume un fascino eccezionale

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe della Scuola media «Enrico Pea» di Porcari. Classe 3a A: Giacomo Gianneschi, Gianmarco Qua-

QUESTO EVENTO è molto emozionante per i giovani perché possono incontrare i più famosi fumettisti, possono fotografarsi con i propri personaggi preferiti. Nella settimana dei Comics, Lucca si trasforma e la città assume un fascino eccezionale. Ma perché questo evento piace molto alle persone? Beh, forse perché i fumetti sono molto sem-

ratesi,Isaia Martinucci, Aldo Toschi, Demis Pisani, Alice Baiocchi, Ginevra Gagliani, Alice Cambi. Classe 3a B: Beatrice Giannini, Giulia Silvestri, Chiara Cesca, Martina Rotondo, Alessandro Lunardi, Federico Sodini,

plici da leggere anche grazie alle immagini, che chiariscono bene i concetti e le emozioni dei personaggi, e utilizzano i termini comuni del linguaggio parlato dai ragazzi. Per l’occasione vengono allestiti 30mila metri quadrati di cui oltre 15mila occupati dai soli stand. I Comics riscuotono un grande successo internazionale di cui la città può essere veramente fiera. NOI RAGAZZI siamo orgogliosi che Lucca ospiti una manifestazione così importante e pensiamo che anche tutta la popolazione sia felice di ospitare un evento di questa portata che calamita tanta attenzione e un’ondata impressionante di presenze. Inoltre le bellezze artistiche e architettoniche lucchesi contribuiscono all’afflusso di visitatori che uniscono la visita dei luoghi alla manifestazione dei Comics.

Marco Francesconi, Matteo Andreotti, Salvatore Bellavista. INSEGNANTI TUTOR Vettori, Orsi, Di Marco. DIRIGENTE Paolo Baratta


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012

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Scuola media

«Massei» Mutigliano

Noi giovani e l’altra «famiglia» Come sono cambiate nel tempo le strutture che ospitano i minori non prevalsero inserimenti di ragazzi con problematiche sociali.

L’IDEALE è che ogni bambino e ogni ragazzo abbia una famiglia che si prenda cura di lui... ma questo non sempre, purtroppo, è possibile. Che cosa accade dunque se un minore si trova in una condizione tale da non poter avere, temporaneamente, una famiglia che si occupa di lui? Ci sono strutture di accoglienza che servono a questo scopo, a dare ai ragazzi che vivono in un periodo di difficoltà familiare un tetto, un piatto caldo, la possibilità di studiare e di essere inseriti un un percorso formativo, fatto di educazione ma anche di affetto. Nella nostra città l’accoglienza è cambiata nel tempo, perchè sono cambiati i bisogni. SE ANDIAMO indietro negli anni scopriamo che i primi istituti a Lucca e dintorni erano dedicati agli orfani di guerra: infatti nel 1919 fu aperta la colonia di Mutigliano che ha continuato la sua opera di accoglienza fino agli anni ‘60, ospitando orfani di guerra, ma anche figli di migranti e ragazzi provenienti da famiglie povere; in seguito la colonia si trasformò in scuola, e tutt’oggi vi hanno se-

LA SEDE La scuola di Mutigliano, ex colonia per l’accoglienza di minori

de l’istituto agrario Busdraghi e la scuola secondaria di primo grado Massei. La più antica comunità di accoglienza ancora attiva a Lucca è il Villaggio del Fanciullo, aperto dal Maggio del 1947, situato sul Baluardo Cesare Battisti, nato per opera del sacerdote don Natale Mei (fratello dell’altro sacerdote Aldo, ucciso dai nazisti), che

volle accanto a sé don Enzo Tambellini, scomparso nel 2009, e oggi continua la sua opera grazie a don Diomede Caselli, al Villaggio dal 1953. Questa casa di accoglienza, basata sull’opera di volontari, ospitò inizialmente gli orfani della seconda guerra mondiale, in seguito anche gli orfani dei caduti sul lavoro, finché negli anni ‘80

DALL’INIZIO degli anni ‘90 cominciarono ad arrivare i minori stranieri non accompagnati, provenienti da ogni parte del globo, che oggi sono la maggioranza dei ragazzi accolti. Al Villaggio del Fanciullo risiedono attualmente 12 minori, di varie provenienze: Italia, Marocco, Nigeria, Albania. Un altro centro di accoglienza della nostra città è l’istituto Carlo Del Prete, una struttura comunale, aperta negli anni ‘90, che ha 12 posti letto di cui 2 per la pronta accoglienza; anch’esso è prevalentemente abitato da ragazzi che vengono da lontano. Dunque cambiano gli utenti, ma di accoglienza c’è ancora bisogno! Dobbiamo però rilevare che nella nostra città non è presente alcun centro di accoglienza femminile per bambine e ragazze che si trovino in difficoltà simili a quelle descritte, e nel caso di necessità occorre ricorrere a istituti che si trovano in altri comuni.

LE INTERVISTE QUATTRO COMPAGNI SI RACCONTANO: REGOLE FERREE NELLA PALESTRA DI VITA

Ricordi che sanno di casa dolce... scuola

INSIEME Domenico Poloni e Paolo Marchi ex ospiti della colonia con Marsjon, Ingrit, Leon e Ardit

PER CAPIRE come è cambiata nel tempo l’accoglienza abbiamo intervistato Domenico Poloni e Paolo Marchi, che da ragazzi sono stati «in collegio» a Mutigliano, e Marsjon e Ingrit, due alunni della scuola Massei ospiti del Villaggio del Fanciullo. Quando sei arrivato in comunità? Domenico: nel 1951 all’età di 5 anni e sono rimasto per 11 anni. Paolo: nel 1955 a 10 anni con mio fratello più piccolo, e ci sono stato per i tre anni di scuola di avviamento al lavoro. Marsjon: un anno fa. Ingrit: da qualche mese. Perché ci sei entrato? D.: ero orfano di padre e mia madre era a servizio in una famiglia. P.: mio padre era emigrato e mia madre doveva lavorare. M. e I.: per studiare ed avere un futuro migliore. Come ti sei trovato? D.: alla colonia mi sentivo protetto e al sicuro. P.: molto bene: eravamo quasi 250 ragazzi quindi la compagnia

LA REDAZIONE I CRONISTI in classe della «Massei» di Mutigliano. Classe 3 A: Fabio Bartoli, Angelica Benedetti, Eleonora Bernardini, Irene Bertini, Aurora Bosio, Asia Carlesi, Clarissa Cortopassi, Cesare Da Prato, Gianmarco Di Bello, Rachele Discini, Luca Gherardi, Francesco Ginanneschi, Elena Guidotti, Ettore Lenci, An-

non mancava. Mio fratello invece ha sofferto più di me per la lontananza dalla famiglia. M. e I.: ci troviamo bene grazie ai volontari e educatori. Quali le regole della comunità? D.: la collaborazione e il rispetto per gli altri. P.: c’erano regole rigide e punizioni severe, ma ho imparato che la disciplina è fondamentale nella vita. M. e I.: ci sono momenti di svago e momenti di studio, abbiamo orari precisi da rispettare. Cosa volete aggiungere alla fine dell’intervista? D.: la comunità mi ha insegnato la ‘’sana miseria’’, accontentarsi di una vita semplice e onesta ma felice, e la solidarietà, che ancora pratico in attività di volontariato. P.: ho valorizzato i lati positivi della mia esperienza e gli insegnamenti ricevuti e anche l’importanza della collaborazione. M. e I.: grazie e ciao nella nostra lingua: «falënderim, mirupafshim!».

drea Lorenzi, Chiara Manobiano, Silvia Martelli, Gian Marco Mazzoni, Saoirse Mullan, Chiara Pardini, Mirko Pasquinelli, Vittorio Pellegrineschi, Geremia Simonetti, Martina Sorbi, Carla Vandenberg. Classe 3 B: Rebecca Bartoli, Stefano Bartoli, Gabriele Baschieri, Martine Bedi, Ardit Cili Nicaise, Sabrina Conforti, Chiara Davini, Silvio Del Debbio, Marco Doberti, Giosuè Fazzi, Nicola France-

sconi, Sara Fruzzetti, Maria Lo Tufo, Isac Massei, Elisa Naldi, Simone Paesano, Rachele Paroli, Costanza Saettoni, Nicola Sarcone, Bianca Stefanelli, Lorenzo Vannucci, Chiara Viani. Classe 3 C: Mançe Maesjon, Ferhati Ingrit, Gjoni Leon. Ist. Compr. Lucca IV. Dirigente: Leonardo Rotella. Docenti tutor: Elena Baroni, Enza Conoscenti, Nicoletta Giuliani, Nicoletta De Santis.

LA COLONIA

Mutigliano: l’accoglienza nel verde LA COLONIA agricola di Mutigliano fu fondata nel 1919 dal dottor Nicolao Brancoli Busdraghi che durante la prima guerra mondiale, assistendo un contadino soldato morente, gli aveva promesso di prendersi cura dei suoi cinque figli. Nel 1921 ospitava già 108 orfani. Nel 1922 Busdraghi fondò nei pressi della colonia un parco dove furono piantati 408 cipressi, tanti quanti i caduti della zona, a ricordo soprattutto dei padri dei piccoli orfani, poiché molti di questi bambini non ricordavano neanche il nome del proprio genitore. Un deputato alla camera, Lupi, si recò in visita alla colonia, e in seguito scrisse una lettera al dottor Brancoli in cui esprimeva la sua approvazione per un’opera così utile e patriottica. OGNI DOMENICA gli orfani, accompagnati dai maestri e dalle suore, andavano a messa nella cappella di S. Elena, intitolata alla regina d’Italia e arricchita da una riproduzione della croce di Brancoli e da un’immagine di Cristo che protegge gli orfani dei caduti nelle guerre di Libia, Etiopia, Russia, Albania. Ma il monumento più significativo è situato nel giardino della colonia e riporta incisi i nomi dei caduti dei paesi della zona: Mutigliano, S. Alessio, Cappella,Torre, Carignano, Castagnori e Pieve S. Stefano. Il fondatore dell’istituto e i suoi successori accolsero gli orfani di guerra finchè ve ne furono, e li educarono nell’istruzione scolastica e nell’avviamento al lavoro artigianale o agricolo.

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10 CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 8 MARZO 2012

Scuola media

Borgo a Mozzano

La notte che trasforma il paese Zucche e maschere mostruose: Borgo a Mozzano capitale di Halloween LA KERMESSE

Teatro di verzura: dove i «vip» sono di casa IL COSIDDETTO «Teatro di verzura» è un elemento tipico dei giardini all’italiana, costruito con la vegetazione e spesso arricchito mediante l’uso massiccio di siepi di bosso sagomate. Tali architetture venivano denominate anche «teatri verdi» perché la scenografia e gli altri elementi in genere erano vegetali, mentre il palcoscenico consisteva solitamente in un praticello rialzato. Anche a Borgo a Mozzano è presente un teatro di tal fatta, che ospita una kermesse culturale di prim’ordine. Nei mesi estivi infatti vi si tengono incontri con i più autorevoli personaggi della cultura, della politica e della TV del panorama nazionale. Letteratura, scienza, arte, musica e spettacolo diventano le protagoniste delle serate del nostro capoluogo. Sul palcoscenico del Teatro di verzura si sono avvicendati personaggi politici del calibro di Walter Veltroni, Fausto Bertinotti, Stefania Craxi, Rocco Buttiglione, Gianfranco Rotondi, Giuseppe Ayala, Altero Matteoli, Savino Pezzotta; giornalisti come Mario Giordano, Roberto Giacobbo, Beppe Severgnini, Marco Travaglio, Maurizio Belpietro, Sergio Rizzo, Toni Capuozzo, Massimo Fini, Giordano Bruno Guerri, Antonio Socci, Alan Friedman, Marcello Veneziani; personaggi dello spettacolo quali Giorgio Panariello ed il principe Emanuele Filiberto o uomini di cultura del valore di Paolo Crepet, Franco Cardini e Valerio Massimo Manfredi. La cornice è bellissima: una spaziosa e accogliente platea all’aperto immersa in un suggestivo cortile che ospita un caratteristico pozzo al centro; il tutto sapientemente illuminato sotto un palcoscenico rialzato dove si alternano gli ospiti intervistati da giornalisti, specialisti e dallo stesso primo cittadino a seconda delle occasioni.

IL GIORNO del 31 ottobre per Borgo a Mozzano corrisponde ad una data speciale attesa con impazienza da tutti noi. Ogni anno infatti le accoglienti vie del paese si trasformano in ambienti sinistri, popolati da licantropi, vampiri, streghe, fattucchiere e mostri di ogni genere; è la notte di Halloween! Le origini di questa festa sono antichissime; derivano infatti da una tradizione del mondo celtico, che successivamente si è diffusa nel resto d’Europa e d’America.

prestavano molto di più rispetto a cipolle e rape per la costruzione di lanterne. Quindi la tradizionale Jack o’ lantern ricavata dalle zucche, nonché simbolo principale della festa, è una tradizione relativamente recente che risale a circa quattrocento anni fa. Va anche aggiunto però che proprio negli Stati Uniti la festa di Halloween ha perso i suoi significati tradizionali ed è progressivamente diventata solo un’occasione per divertirsi e organizzare feste.

I CELTI credevano che alla vigilia del nuovo anno, ovvero il 31 ottobre, Samhain, signore della notte e principe delle tenebre, chiamasse a sé gli spiriti dei morti. Secondo il mito, in quell’occasione, le anime potevano mostrarsi ai viventi, comunicare con loro e far scherzi alle spalle. Nella ricorrenza i Celti si travestivano e compivano sacrifici animali nei boschi, mentre il cammino di ritorno verso il villaggio si caratterizzava per la comparsa di cipolle intagliate dove era riposta della brace ardente, da cui scaturivano luci fioche,

IN ITALIA nell’occasione di tale festeggiamento, oltre al tradizionale «Dolcetto o scherzetto?», divertimento di ogni bambino, sono sorte negli ultimi anni celebrazioni ed eventi in ogni dove. Tutto però è scaturito da Borgo a Mozzano, dove da quasi due decenni la celebrazione di tale ricorrenza rappresenta uno degli eventi culturali più rappresentativi, tanto che tale manifestazione attira decine di migliaia di visitatori ormai da tutta Italia e testimonials del calibro di Vittorio Sgarbi, Platinette e tanti altri.

INVASIONE PACIFICA Il ponte del Diavolo affollato di giovani

che rimandavano a presenze sinistre ed evocative. Il nome di questa festa ha subìto varie trasformazioni nella lingua inglese: la festa di Ognissanti si chiamava All hallows’ day, mentre la vigilia dello stesso giorno All hallow’eve. Queste espressioni si sono trasformate prima in Hallows’even e succes-

sivamente contratte in Halloween. MA LA RISONANZA mondiale di questa festa è iniziata dal momento in cui gli emigranti irlandesi (discendenti degli antichi Celti) arrivarono in America e qui scoprirono che le zucche si

L’APPUNTAMENTO AD APRILE SI TIENE L’IMPORTANTE RASSEGNA CON TANTISSIMI ESPOSITORI

Biennale dell’Azalea: una festa... profumata

MERAVIGLIE DELLA NATURA L’azalea è la grande protagonista, ogni due anni, dell’aprile di Borgo a Mozzano. Corso Umberto diventa pedonale e le strade si arricchiscono di profumi e di colori

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe della I˚B dell’Istituto Comprensivo di Borgo a Mozzano: Alahyal Abderrazak, Baccelli

LA FESTA dell’Azalea è un appuntamento che si svolge a Borgo a Mozzano a fine aprile. Ogni due anni si tiene la «Biennale», manifestazione ancor più ricca di eventi ed espositori. Tale ricorrenza vede svariate mostre floreali, nonché tavole rotonde con presenza di esperti e dimostrazioni tecniche di potatura, trapiantatura e travaso. In tale occasione il corso Umberto che attraversa il centro storico diventa pedonale, disseminato di coloratissime aiuole, banchi espositivi e mercatini artigianali. Il termine della manifestazione vede la premiazione della pianta più bella. Per l’occasione

Chiara, Bertoncini Thomas, Biagi Daniel, Cassataro Valentina, El Jaafari Hassna, El Missi Achraf, Giannini Nicola, Klein Yamila, Likaj Edmir, Magnani Asia, Micheli Davide, Nardi Rebecca, Nicoletti Daniele, Nouamane Sukaina,

tutta la popolazione dei centri limitrofi si riversa nel capoluogo addobbato a festa con i colori più belli e variopinti. IL NOME azalea deriva dal greco azalèos, che significa «arido», data la predilezione di tali piante per i terreni secchi. L’azalea è una pianta conosciuta fin dai tempi più antichi soprattutto per il nettare di cui sono particolarmente ricche. Alcune specie sono però velenose come riporta Plinio che riferisce di un’intossicazione dei soldati dell’esercito romano, durante la campagna asiatica, provocata da miele di specie velenose di azalea.

Poggi Ginevra, Prata Filippo, Rondinone Alessio, Rondinone Luigi, Santini Giulia, Selouane Yassine, Shahu Ornella. Dirigente scolastico dott. Claudio Franciosi. Insegnante tutor: professor Andrea Santoro.


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 8 MARZO 2012

Scuola media

Castelnuovo G.

Tradizioni, leggende e... gusto In Garfagnana mille sapori genuini e storie legate alla terra OLTRE alle tradizioni e alle leggende, nella nostra terra, è possibile gustare ed assaggiare prodotti tradizionali e genuini. Alimenti semplici ma sostanziosi, poiché i ritmi della vita di un tempo non lasciavano spazio a ricette troppo elaborate. Tuttavia, essendo prodotti genuini, sono ancora oggi molto apprezzati. Tra gli alimenti più conosciuti, spicca il farro, che coltivato fin dal 7000 a. C., ha costituito da sempre l’elemento basilare della cucina garfagnina. Un prodotto povero di aminoacidi essenziali e per questo si tende ad accostarlo alle leguminose che ne compensano la mancanza. Inoltre contiene proteine, acidi grassi polinsaturi ed essenziali, ferro, manganese, rame, cobalto e un alto contenuto di selenio ed acido fitico che lo rendono un potente antiossidante. Accanto alla produzione del farro, troviamo la raccolta e la lavorazione delle castagne, con la cui farina si preparano i necci e il castagnaccio, dolce tipico molto amato. La farina di castagne, detta anche farina dolce è il prodotto dell’essiccatura e della successiva macinatura delle castagne. Si presenta con un colore nocciola e con sapore dolce e si produce prin-

A TUTTA LA GOLOSITA’ Prodotti tipici garfagnini in mostra

cipalmente nelle zone di montagna tra 450 metri e i 900, dove ha modo di crescere la pianta del castagno domestico e dove nel tempo si sono stabilite le strutture abilitate alla sua produzione. Tutto l’Appennino Tosco-Emiliano e Tosco-Romagnolo, che della farina di castagne fece in passato la principale fonte di sostentamento, è stato caratterizzato dalla cosiddetta Civiltà del Castagno. Ottimo, accompagnato al pane di castagne o a quello di pata-

te, è il biroldo, salume prodotto in Garfagnana. Il biroldo ha origini antiche, si pensa che il nome derivi addirittura dall’epoca longobarda. Questo salume, fatto con gli scarti del maiale (testa, cuore e lingua), si presenta con una consistenza morbida, che caratterizza la sua forma a «pagnotta», e un profumo speziato e intenso. In provincia di Lucca viene prodotto un biroldo analogo, che si differenzia per l’assenza della testa di maiale. Nel periodo pa-

squale, invece, viene preparata la Pasimata, un dolce alla cui base stanno semplici e genuini elementi, e il cui segreto consiste in una lenta lievitazione: farina, uova, zucchero e uvetta contribuiscono ad addolcire la tavola pasquale. Molto apprezzato anche il Manzo di pozza: assume questo nome in quanto viene tagliato in pezzi e messo in una sorta di conca che contiene una salamoia naturale fatta di sale, erbe aromatiche di montagna unite a spezie selezionate. Il manzo di pozza della Garfagnana è a rischio: viene prodotto su ordinazione in un’antica norcineria di Ghivizzano e da pochi altri piccoli produttori e venduto in maggior quantità in zona a negozi, agriturismi e ristoratori. In primavera si svolge «Norcini a Castello», un evento presso il castello di Ghivizzano in cui è possibile degustare questo prodotto tradizionalmente servito come antipasto o secondo piatto. Il pecorino della Garfagnana: viene fatto con latte intero di pecora, è una qualità di formaggio in via di estinzione in quanto prodotto ormai da pochi pastori. Ha un sapore dolce e un retrogusto piccante che diventa ancora più forte quando si usa caglio di agnello o capretto.

L’ALLARME LE NUOVE GENERAZIONI RISCHIANO DI PERDERE IL RICCO PATRIMONIO DELLE FOLE

Buffardello e Linchetto: favole in estinzione

FOLLETTI Linchetto e Buffardello sono buffi personaggi della tradizione popolare

FIN dai tempi antichi la Garfagnana è stata terra di tradizioni e leggende. Sono diffusi i racconti popolari che si tramandano di generazione in generazione. Le fole sono storie che venivano raccontate durante le lunghissime serate d’inverno, davanti al camino acceso. Oggi questa pratica è molto meno usata e rischia di perdersi con gli ultimi «vecchi», i nostri cari nonni. Riportiamo un brano che ci ha narrato una simpatica signora che abita nel comune di San Romano: «Una notte mio padre mentre tornava a casa passando attraverso un posto isolato nei cui pressi c’era un lavatoio, vide diverse donne che lavavano e battevano i panni come se fosse giorno. La cosa gli sembrò strana a quell’ora; provò a chiamarle ma non rispondevano e quando si avvicinò ad esse vide che si trattava di donne che erano morte da un pezzo, allora si mise a correre impaurito e quando arrivò davanti a casa, l’aia era tutta co-

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe della scuola media di Castelnuovo Garfagnana. Gli articoli sono stati scritti dagli studenti della 2C: Bagatti Giulia, Bertucci Marta, Bo-

sparsa di rospi...». Molte altre sono le storie e i personaggi della nostra terra. Uno dei più conosciuti, soprattutto nel comune di S. Romano, è il Buffardello o Linchetto (a cui viene dedicata anche una fiera in estate, in cui le strade si animano di atmosfere magiche e misteriose). Il Linchetto è uno spirito non cattivo, ma dispettoso che si nascondeva nei tini al tempo delle vendemmie; arricciava i crini ai cavalli e bussava alle porte di chi dormiva per svegliarlo, ed entrare nelle camere dove buttava gli oggetti per terra... oppure si metteva a sedere sul petto del dormiente impedendogli di respirare. In alcune zone è anche conosciuto come Buffardello, però con caratteristiche fisiche diverse. Un nanetto di 70 cm, vestito di rosso, con scarpe aguzze, che spaventa le pecore, scopre il letto alle zitelle, miagola, raglia, grugnisce nelle canoniche, rompe gli occhiali ai preti... La differenza tra Linchetto e Buffardello non è molto chiara e varia da paese a paese.

nacci Francesca, Boni Simona, Bresciani Francesca, Crudeli Jacopo, Daddoveri Francesco, De Lillo Leonardo, Faur Toaeder, Lakowua Jasmine, Lopez R. Miguel, Marigliani Paolo, Mori Ilaria, Or-

landi Alessio, Pardini Dalila, Satti Asia, Satti Matteo, Simonini Lisa, Tasoyti Yason, Tavaroli Costanza, Turati Laura, Turri Alessandro. Insegnante tutor: Professoressa Silvia Prosperi; Dirigente Scolastica: Amina Pedreschi.

LA CURIOSITA’

Il tiro della forma: gioco antico CHI RITIENE che il formaggio sia solo un prodotto alimentare non è certamente un garfagnino. Nell’alta valle del Serchio infatti c’è un altro modo, tutto speciale, di gustare questo prodotto prima che finisca sulla tavola: lo si tira sopra una pista battuta, lunga due o trecento metri, facendolo ruzzolare il più possibile e vince chi riesce a mandarlo più lontano. Sembra facile a dirsi, ma basta provare per capire che non è così. Occorrono tecnica e forza per evitare che la forma esca dalla pista o si rompa e allo stesso tempo spedirla più lontano dell’avversario. E come tutte le contese popolari ha le sue regole, i suoi attrezzi e la sua terminologia. Lo strumento principale si chiama ‘Tricciòlo’ ed è in pratica una cinghia che si avvolge intorno alla forma per imprimerle il moto rotatorio e termina con una specie di laccio che si infila al polso. Occorre però anche il ‘Brigliòlo’, un pezzetto di legno fissato alla cinghia per tenere con quattro dita la forma già avvolta. Poi naturalmente ci vuole una pista ben levigata, che oggi si trova prevalentemente lungo i fiumi. Una volta veniva praticato nelle strade, nei paesi, e spesso per allenarsi si usavano ruzzole di legno al posto del formaggio che finivano per fare danni, talvolta seri, a cose e persone. Per questo motivo la storia di questa vallata è stata permeata fin dal 1400 da editti, ‘grida’, leggi e normative che proibivano il tiro della forma. Questo gioco non è comunque solo un passatempo, ma uno sport vero e proprio tanto che, recentemente, le regole sono state codificate anche dal Coni. E’ un misto di forza e di abilità che ha i suoi campioni a tutti i livelli.

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12 CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

«Franchi» Villa Basilica

Cala il sipario sulla Provincia Il presidente Stefano Baccelli: «Taglio inutile, tornerò al mio lavoro» LA RICERCA

Un po’ di storia e le curiosità della nascita NEL 1859 nasce la Provincia di Lucca, si estendeva per 1772,81 chilometri quadrati dall’Appennino tosco-emiliano al Tirreno e dal passo del Cerreto alla pianura dell’Arno. Il 3 gennaio 1927, con Regio Decreto Legislativo n. 1/1927 «Riordinamento delle circoscrizioni provinciali», si ha l’istituzione di ben 17 Province tra cui quella di Pistoia. Da quella lucchese vennero distaccati i comuni di Buggiano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme, Montecatini Terme, Montecatini di Val di Nievole, Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano e Vellano. Un altro importante intervento legislativo di riforma è dato dalla Legge n. 142/1990: i Comuni e le Province potevano adottare un proprio Statuto ed istituire regolamenti. Nello Statuto vengono stabilite le norme fondamentali di organizzazione dell’ente e le attribuzioni degli organi, l’ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici, le forme di collaborazione tra Comuni e Province, di partecipazione popolare, di decentramento, di accesso dei cittadini alle informazioni ed ai provvedimenti amministrativi. L’elezione popolare diretta dei presidenti delle province italiane viene stabilita con la legge n˚ 81 del 1993. Infine nel dicembre del 2011 arriva il decreto legge Salva-Italia, nel quale si afferma che alle Province verranno riservate solo le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni. Il consiglio provinciale viene ridotto a dieci componenti e viene abolita la giunta. Entro il 30 novembre 2012, tutte le cariche decadranno, il personale eccedente sarà trasferito alle Regioni e ai Comuni. Il processo che trasferisce le competenze delle Province a Comuni e Regioni, dovrebbe completarsi entro il 31 dicembre 2012.

nuova tassa del 3,5% sulle RC auto?

UN FUTURO a clessidra per le Province italiane. Qualche mese e l’ente decentrato verrà dismesso per i tagli del Governo. Occasione «ghiotta» per intervistare il presidente Stefano Baccelli.

«C’è una nuova tassa sulle assicurazioni auto in tutte le province. Lo stato italiano deve rientrare dal debito pubblico, non si pensa a tagliare i ministeri, ma si cerca di scaricare le spese sui sistemi più piccoli e vengono tagliati i trasferimenti. Lucca è una delle 22 province in Italia e delle 2 in Toscana che non ne gode».

Cosa fa la Provincia per promuovere il territorio villese?

«Sostiene il progetto Biomasse grazie al quale si utilizzano le risorse del bosco per produrre energia, unendo la produzione alla manutenzione del bosco e alla creazione di posti di lavoro. Utile per la rivalutazione del territorio anche il progetto La via della carta con il recupero dei siti industriali».

Quale scenario si para davanti con l’ assenza delle Province?

Quali politiche ha attuato per i giovani e per la loro formazione?

«Il progetto Fondazione Casa ha acquistato finora 100 alloggi per le giovani coppie. Si tratta di politica per la famiglia, mirata a consentire affitti a prezzi giusti. Per la formazione si può contare sulla fondazione Celsius e sulla scuola di alti studi IMT, frequentata da molti giovani anche stranieri. La Provincia sostiene anche Campus, l’università delle scienze del turismo». L’Italia sta attraversando un periodo di crisi economica, cosa sta facendo la Provincia

A TU PER TU Alcune alunne con il presidente della Provincia per sostenere le famiglie, i lavoratori, le imprese?

«Si cerca di saldare rapidamente i creditori perché i lavoratori siano pagati e si cerca di trasformare le risorse economiche in opere pubbliche. Si organizzano gare di appalto non per risparmiare il massimo, ma per essere sicuri che i lavori siano fatti bene. Servono anche i Centri per l’impiego che soddisfano il

bisogno di assistenza morale in momento di crisi: le prese in carico sono 10 volte superiori rispetto al periodo precedente.Sono stati attuati procedimenti straordinari sulla cassa integrazione e le crisi aziendali sono seguite e monitorate». Su quali entrate la Provincia può fare affidamento? E cosa ci può dire a proposito della

«Rispondo con una domanda: chi si occuperà dei 700 km di strade e dei 49 edifici scolastici? La sforbiciata è inutile: se i 500 dipendenti della Provincia dovessero essere assorbiti dalla Regione costerebbero di più perché il loro stipendio aumenterebbe.Maggiori i rischi di frammentazione:70 persone e 43 mezzi da coordinare. La Bocconi nega un risparmio reale perché i dipendenti non vengono licenziati». Quali sono i suoi programmi futuri?

«Non lo so. I tempi dell’abolizione non si conoscono, avrei voluto portare a termine il mandato, ma se vengono tolte le competenze amministrative cosa ci sta a fare il presidente? Non sono un politico di professione, tornerò al mio lavoro».

INTERVISTA PASSATO E PROSPETTIVE NEL NOSTRO «BOTTA E RISPOSTA» ESCLUSIVO

Identikit dell’ultimo «capo» di Palazzo Ducale Presidente Baccelli ci racconti qualcosa di lei.

«Ho 47 anni e sono alla seconda elezione. Laureato in giurisprudenza, avvocato, ho frequentato diversi master e la scuola di specializzazione per il diritto amministrativo di Bologna. Non sono un politico di professione, mi sento libero economicamente perché non vivo di politica. Sono stato scout dagli 11 ai 20 anni, ho fatto volontariato, animazione di strada in Bosnia e Kosovo». Come è stato il passaggio da “semplice lucchese” a presidente?

I «TAGLI» Ecco il presidente della Provincia Stefano Baccelli dopo le «sforbiciate» annunciate dal Governo

LA CLASSE ECCO i cronisti in classe della Scuola media «Franchi» di Villa Basilica. Classe III: Matilde Bendinelli, Elena Bertolini,

«Mi è sempre piaciuta la politica, mio padre e mio nonno erano impegnati in politica. Sono nato a San Marco, dove il parroco, al tempo del mio nonno, si interressò di lavoro e questioni sociali. Mio nonno è stato il primo presidente

Giulia Biagi, Miriam Bianchi, Daniel Coli, Davide Elia, Francesca Mancuso, Cristina Paganucci, Eleonora Paola, Gabriele Pasquini, Valentina Sabbatini, Matteo Simi, Classe II: Denise Barsanti, Valentina Barsi, Francesca Calamari, Manuel Cor-

della provincia eletto prima dal Comitato di Liberazione Nazionale, e poi dai cittadini. Per quanto riguarda me, un gruppo di amici mi ha convinto a candidarmi a 40 anni.Già da lucchese conoscevo il territorio, ma il vero privilegio di essere diventato presidente è stato poter conoscere meglio i vari aspetti della provincia ed avere a che fare con moltissimi dei miei 400mila concittadini». Cosa le piace di più del suo lavoro?

«Mi piace la mancanza di routine, sono tanti i temi da trattare, c’è bisogno di aggiornamento, ci vuole competenza. Il mio lavoro consiste nel trovare risorse economiche e trasformarle in progetti. Devo studiare e imparare cose nuove. Mi ha dato soddisfazione conoscere migliaia di persone, è stato un arricchimento personale,anche grazie alla gentilezza che ho sempre trovato».

ridori, Matteo Del Freo, Cristina Mancani, Niccolò Marchi, Dori Mugnaini, Samuele Raffaelle, Guglielmo Roberto Romanini. Insegnanti tutor: Sara Fisicaro, Sabrina Giusti, Domenico Passeri. Dirigente scolastico: Luca Vieri Iacopetti.


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

GIOVEDÌ 15 MARZO 2012

I.C. Gramolazzo

Piazza al Serchio

Felice di vivere in montagna «Niente smog e tanta sicurezza, ma si potrebbe fare di più» SPESSO ci soffermiamo a guardare i monti che ci circondano e immaginiamo di tirarli giù con lo sguardo per vedere il mare e la spiaggia con il sole che tramonta all’orizzonte. Quanto vorremmo vivere in un luogo di mare per prendere il sole e nuotare tutto il giorno, oppure in una città dove c’è «vita» o dove ci sono tutti i più bei negozi possibili da visitare... ma purtroppo non si può avere tutto! Quindi, ci fermiamo a guardare i nostri monti che in questo periodo dell’anno sono innevati e ci rendiamo conto che quelle rocce mastodontiche ci trasmettono qualcosa di familiare, la sicurezza. Questi monti che ci circondano sono bellissimi, ognuno racconta una storia ed è legato a una leggenda che si trasmette di generazione in generazione, tenendo unito il paese popolato da non più di 700 abitanti, tutti vicini l’uno all’altro che si conoscono e si aiutano. IL NOSTRO paese, Gorfigliano, si trova in Garfagnana e abbiamo sempre pensato che fosse al margine dal resto del mondo. Qui tutti si conoscono e sono legati alle stesse tradizioni, alle stesse attività, a una lingua antichissima, conosciuta e parlata solo all’interno di quelle «rocce», più antiche della loro stes-

IMPONENTE Sullo sfondo il Monte Pisanino, alto 1947 metri

sa lingua. Ci sono due tradizioni particolari che uniscono tutti gli abitanti del nostro paese: i Natalecci e La Madonnina dei Cavatori. I Natalecci sono enormi falò fatti per il 24 dicembre con rami di scope e ginepri per riscaldare Gesù. Alle ore 18 del 24 tutto il paese si riunisce davanti alla chiesa per ammirare gli enormi falò, dei diversi rioni, mentre bruciano. Questo spettacolo antichissimo, trasmette tra gli abitanti un grande senso di calore e speranza. L’altra festa: la Madonni-

na dei Cavatori, la nostra preferita, viene celebrata la prima domenica di agosto; quest’anno è il 65˚ anniversario. La sera del sabato della prima settimana d’agosto, alla «Segheria» in paese, vengono allestiti dei banchetti e arrivano persone da tutta la lucchesia per ammirare la Madonnina trasportata dai cavatori sopra un «tronetto» ricoperto da molti fiori. I cavatori la prendono dalla sua cappella alle cave e la portano in paese. Dopo l’arrivo della Madonnina vengono sparati in aria

tantissimi fuochi d’artificio, tutti diversi! Infine gli abitanti del paese accompagnano in processione la Madonnina alla chiesa, dove resterà per la notte. Il giorno dopo, la domenica mattina, viene celebrata, sempre alla «Segheria», la messa e poi nel pomeriggio la Madonnina viene riportata alle cave, dove resterà fino al prossimo agosto. Vivere in un piccolo paese è sicuramente più vantaggioso che stare in una città a respirare smog e dove si è esposti a molti rischi. Sarebbe bello però fare qualcosa per il nostro paese, qualcosa di nuovo per spronare le persone a venire e più che altro a rimanere tra i nostri monti, che ancora oggi sono sconosciuti a gran parte del mondo. Un’attività, un edificio, un punto di ritrovo e di turismo per far dire ai giovani… di quando noi saremo vecchi: «Voglio rimanere». Noi e tutti i giovani di oggi e di domani vorremmo viaggiare per conoscere nuovi paesi e nuove culture, ma per poi tornare a casa, alla nostra vera casa dove siamo cresciuti e dove dovrebbero crescere altri bambini e ragazzi, per migliorare sempre la loro casa verde e rocciosa, per conservare la cultura e la storia degli abitanti che lo hanno trasformato nel paese che è, nel paese che diventerà, cominciando da adesso!».

L’INTERVISTA ABBIAMO INCONTRATO IL SINDACO DI MINUCCIANO, DOMENICO DAVINI

«Progetti per creare prospettive di lavoro» INTERVISTA al sindaco di Minucciano, Domenico Davini. Il Comune cosa fa per aiutare i giovani?

«Stiamo impegnando molte risorse per la creazione e il potenziamento di spazi di incontro. Ricordo la realizzazione del Ciaf a Gorfigliano, un importante spazio coperto di aggregazione per giovani e meno giovani dove all’interno trovano posto attività per bimbi e ragazzi da 3 a 18 anni con un internet point. Sono in cantiere importanti interventi per la realizzazione di due spazi polifunzionali ad Albiano e Gorfigliano per attività sportive e di aggregazione in genere». E’ possibile fermare l’abbandono dei nostri piccoli paesi di montagna?

IMPEGNO Il sindaco Davini

«Le cause dello spopolamento delle nostre frazioni sono da ricercasi nella mancanza di lavoro in genere, ma soprattutto nell’abbandono di un modello di vita basato sull’attività agricola e zootecnica. Inoltre un settore che era trainante come quello lapideo purtroppo sta perdendo terreno. Fermare l’abbandono dei nostri piccoli centri sarà possibile soltanto

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in erba. CLASSE 1a: Asia Ambrosi, Francesca Benassai, Irene Biagioni, Erica Canozzi, Michael Canini, Sara Canini, Giovanni Casotti, Leonardo Davini, Gaia Ferretti, Diego Ferri, Giorgio Ferri, Giuseppe

se, indipendentemente dagli sforzi dei singoli enti, crescerà una coscienza nei singoli che rivaluti grandi temi come l’ambiente, lo stile di vita, il benessere sociale. Come dire essere disposti ad una serie di sacrifici per una vita più a misura d’uomo in sintonia con l’ambiente». E’ possibile creare prospettive di lavoro?

«Insieme a settori storici come quello del lapideo il Comune sta puntando nel creare e migliorare le infrastrutture per rilanciare il settore turistico: interventi di riqualificazione del Centro Commerciale Naturale, quelli nella cultura: riqualificazione di Bergiola, Castello di Pugliano, ospitale di Tea, Museo della Chiesa Vecchia, e ancora la riqualificazione del lago di Gramolazzo a fini turistici, il potenziamento del Campeggio sul lago. Stiamo portando avanti un progetto importantissimo per una filiera locale sul settore lapideo, in sostanza meno estrazione e più lavorazione di alta qualità. Ma vogliamo creare una filiera agricola forestale che consenta nuovamente di lavorare il bosco: tra poche settimane si insedierà un’azienda di pellettazione con la prospettiva di circa 10 nuovi posti lavoro».

Ferri, Giada Iacopi, Michele Tenardi, Gabriele Tortelli. CLASSE 2a: Ilenia Canozzi, Michael Catalini, Nicole Centofanti, Rebecca Coiai, Simone Franceschini, Michela Iacopi, Rita Iacopi, Alice Orsi, Jessica Orsi. CLASSE 3a: Alice Binzeschi, Lorenzo Cabonardi, Desirèe Canini, Stefania Chiavacci, Samuele Coiai, Gian

Marco Comparini, Gioele Ferri, Andrea Gatti, Elisa Iacopi, Mario Martinelli, Nicholas Nannizzi, Margherita Pancetti, Laura Romei, Clara Tenardi, Beatrice Torre. Dirigente scolastico: Prof. Umberto Bertolini. Insegnanti tutor: Alessandra Casotti, Maria Cesaretti, Antonella Ferri, Annamaria Lorenzoni.

MINUCCIANO

Il «picco» degli abitanti? Nel 1936 ECCO le variazioni demografiche che interessano il comune di Minucciano. Minucciano è un Comune di 2.521 abitanti della provincia di Lucca situato nella regione storica della Garfagnana e precisamente alle sue estremità nord-occidentali, ossia ai confini con la Lunigiana. Il territorio del comune di Minucciano è racchiuso tra le cime più alte delle Alpi Apuane: il monte Cavallo, il Pizzo D’Uccello, il monte Pisanino ed il monte Grondilice. Alcuni di questi monti sono importantissimi per l’estrazione del pregiato marmo che dava lavoro alla maggior parte delle famiglie del comune. Tra gli anni ’30 e ’50, grazie alla presenza di un’importante industria nel settore minerario, per lavoro, giunsero nel nostro territorio nuclei familiari provenienti da diverse parti d’Italia. QUESTO fenomeno, con conseguente aumento delle nascite, determinò un notevole incremento della popolazione. Nel 1936 si raggiunse il picco massimo di 4432 abitanti. Negli anni successivi si è registrata una diminuzione di occupazione generale e in particolare nel settore lapideo con successivo calo demografico. Dal 1936 al 2001, si è registrata una diminuzione di 1911 persone e dal 2010-2011 il trend è del meno 9,6%.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 22 MARZO 2012

Scuola media

Camigliano

Senza cellulare... il panico! Sms, ma anche foto e canzoni: il nostro mondo a portata di mano IL CONFRONTO

Evergreen e nuove band: non c’è storia CHE DIFFERENZA c’è tra la musica odierna e la musica degli anni precedenti? I grandi gruppi del passato, i mitici cantanti che ancora oggi si sentono vengono degnamente sostituiti da nuovi artisti? Qualcuno dei giorni nostri resterà per sempre come i grandi nomi del passato? Domande che trovano una risposta semplice, secca e netta: NO! Il livello medio degli ascoltatori giovani o si appassiona alla musica del passato oppure è costretta ad andare avanti con delle mode, molti gruppi che si definiscono rock e invece non si riesce nemmeno a capire che genere di musica suonino, tanto che si evita persino di fare nomi. IL LORO SOGNO impossibile è quello di arrivare ai livelli dei grandissimi come Battisti, Gaetano, De Andrè. Nella musica internazionale e italiana dei giorni nostri non si trova più niente di assoluto e profondo come quella che è stata composta da veri artisti. Oggi la musica ha un grande successo per pochissimo tempo, poi viene subito dimenticata e questo la dice lunga sul valore della musica attuale rispetto a quello del passato. In campo internazionale eguagliare Beatles, Queen, Led Zeppelin, è pura utopia. Per quanto riguarda l’Italia basta anche solo notare il declino del festival di Sanremo, dove prima trovavamo gente come Modugno, Morandi, Mia Martini, Rino Gaetano. Ed ora siamo invece ridotti ad ascoltare giovani che provengono da programmi televisivi per ragazzini (Amici, X Factor ecc.). Ma la musica vera resterà sempre quella grandissimi artisti e Cantanti con la «C» maiuscola .

IL CELLULARE per noi ragazzi è come il «cordone ombelicale», senza andiamo nel panico! Senza telefono noi ragazzi di oggi non potremmo vivere. In ogni momento della giornata usiamo il nostro cellulare per mandare SMS o chiamare gli amici. Oggi un cellulare che non può andare su internet o non può mandare messaggi non è considerato un cellulare. E pensare che verso la metà degli anni 50 giravano le prime automobili dotate di telefono, veniva messo nel bagagliaio dell’auto e pesava circa 40 kg. Consumava così tanta energia che poteva fare solo 2 chiamate (di cui la seconda era per il carro attrezzi). Oggi il cellulare non è più un bene di lusso se lo paragoniamo ai 4mila dollari del primo modello. OGGI noi ragazzi non lo usiamo solo per mandare SMS ma anche per scambiarci canzoni e immagini attraverso il bluetooth e per andare su Facebook e sui vari social network, ormai divenuti una moda che tutti usano per chattare

tare i genitori mediante il cellulare può essere un modo per mantenere un legame inestinguibile e poco autonomo nell’affrontare le situazioni della vita di ogni giorno.

INSEPARABILI C’era una volta... il cellulare preistorico

con gli amici. Nel ventunesimo secolo la moda ha influenzato questo settore; ogni ragazzo può scegliere tra varie marche, modelli e forme; per non parlare delle cover (alcune ispirate dai videogiochi che amiamo noi ragazzi) che aggiungono un tocco di originalità a ogni cellulare. Quando non

possiamo contare sul nostro telefonino ci sentiamo stressati, demotivati e temiamo di perdere contatti con gli amici. Se non c’è campo e il telefonino non suona ci sentiamo ancora più angosciati. Per noi teenager il telefono cellulare è diventato una necessità quotidiana. Per alcuni ragazzi contat-

NEL BENE e nel male il telefonino rappresenta un elemento che ha condizionato e continuerà ad influenzare i comportamenti di chi lo usa e i rapporti tra gli individui. Ma quali effetti dannosi potrebbero avere su di noi le onde elettromagnetiche dei cellulari? Secondo uno studio del 1993 del dottor Henry Lai dell’università di Seattle, l’esposizione a queste onde porta a un’interruzione del DNA nei topi da laboratorio. Lo stesso risultato sarebbe stato ravvisato dal ricercatore Jerry L. Phillips, ma sul DNA umano. Questo darebbe il via a una serie di malattie, tra cui il cancro. In Italia, si sono diffusi a fine anni ’90, con un vero e proprio boom nel 2000; nel 2007 il 50% della popolazione mondiale aveva un cellulare. All’inizio del 2009 la percentuale è salita al 61%.

VIAGGIO MULTIMEDIALE LA MAPPA DEI SITI «OFF LIMITS» PER CHI HA A CUORE LA LEGALITA’

La pirateria nel web, fenomeno senza confini LA PIRATERIA informatica è una figura controversa che concerne la duplicazione di programmi: musica, video in ambito domestico tramite masterizzazione e divulgazione del materiale ad una cerchia ristretta di persone. Alcune legislazioni di Paesi, più spesso in occasione di sentenze, hanno stabilito la liceità della copia personale ed in altri casi la illiceità di clausola della licenza d’uso. A questa condotta è stata talvolta assimilata la pratica di effettuare aggiornamenti del software senza disporre di licenza e della copia legale da aggiornare.

«HACKER» La pirateria informatica può assumere diversi volti, anche quelli di chi scarica un film illegalmente

LA REDAZIONE ECCO i ragazzi della scuola media di Camigliano che hanno preparato questa pagina di giornale: Maria Sara

NOI RAGAZZI siamo attratti da questa pratica, ma non sappiamo a cosa andiamo incontro. Infatti nel nuovo decreto legge sono previste multe salatissime per chi scarica film anche per il solo uso personale. In particolare si prevedono sanzioni fino a 1.500 euro per i pirati che scaricano da internet film ad uso perso-

Bartolini, Ginevra Bertolini, Alessia Bianchi, Gianni Campioni, Erika Castiglioni, Giulia Cotrossi, Elena Della Maggiora, Alessandro Di Riccio, Sara Fulceri, Ilaria Gradi Ilaria, Veronica Guerrieri, Leonardo Licalsi, Matteo

nale. Pene pecuniarie più pesanti da 2.500 a 15.000 euro e penali, da sei mesi a tre anni, per chi scarica film a uso commerciale. Megaupload è un sito web di file hosting internazionale attualmente sotto sequestro; questo sito permetteva di scaricare contenuti multimediali in tempi relativamente brevi. Baidu è il maggior sito cinese; qui si scarica la maggior parte dei contenuti multimediali cinesi, musica MP3 ecc. VKontakte è il maggior social network in Russia, a causa della sua funzionalità e del suo design è stato spesso accusato di essere un «clone» di Facebook. Nonostante ciò, nell’agosto del 2009 il social network russo ha raggiunto più di 75 milioni di utenti. Questi sono alcuni dei tanti siti che invadono la rete e che attraggono migliaia di giovani in tutto il mondo. Quindi ragazzi, la pirateria è una pratica illegale, ci rendiamo conto che sia difficile da scardinare, ma noi auspichiamo che finalmente un giorno trionfi la legalità anche in questo settore.

Mangiafave, Filippo Paiano, Giada Petretti, Francesco Quilici, Lorenzo Simoni, Tommaso Toschi. Dirigente: Giorgio Dal Sasso. Insegnante tutor: Luciano Giovanetti.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 22 MARZO 2012

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Istituto comprensivo

Camporgiano

Quando è caccia alle streghe Il caso emblematico della «diversità» che diventa una colpa VALLE di Soraggio, estate 1607. Gli abitanti dei paesi vicini alla sorgente del Serchio di Sillano erano sconvolti da supposti episodi di stregoneria: il parroco J. Paninius denunciava al Sant’Uffizio quattro suoi parrocchiani per aver «spiritato» e «maleficato» almeno 60 persone. Sulla loro natura di «streghe» non c’era dubbio: dei testimoni li avevano visti in riunione con il diavolo, di notte sotto alberi di noce e «affatturare» le loro vittime con il solo tocco della mano o piantando un chiodo alla radice di un gelso dopo la pronuncia di formule magiche. Per gli accusati scattò subito il procedimento voluto dal Tribunale dell’Inquisizione: tortura per estorcere la confessione di stregoneria e successiva punizione. IL DURO processo si tenne a Modena, ma alla fine nessuno degli imputati ammise di essere una strega, anche dopo la tortura della «corda». Una tortura lenta e terribile: il corpo, sollevato con le mani legate, riceveva violenti strattoni che causavano fratture. Una delle tre donne morì per questo,

rigido controllo delle autorità ecclesiastiche. Ovvio che le streghe non sono mai esistite, ma ad esse si credeva e si voleva che la gente comune credesse per esercitare il potere su di essa. Un meccanismo sottile, giocato in forma subdola ma ugualmente penetrante, che è stato per lungo tempo il lasciapassare di episodi di persecuzione e di terribili vendette. E purtroppo non è il retaggio di un passato che possiamo dire di esserci lasciati completamente alle spalle.

RITI MAGICI Streghe in azione, dai disegni degli alunni

mentre gli altri furono condannati all’esilio. Questa storia, ricostruita da Oscar Guidi su base documentaria e edita nel 2007, dimostra che anche la Garfagnana non è stata esente dal fenomeno della caccia alle streghe durante il periodo della Controriforma. Allora la Chiesa di Roma, per contrastare il Protestantesimo e altre «eresie», finiva per additare come nemico del Cattolicesimo qualsiasi

individuo «sospettabile». Bastava essere una vedova o una donna sola, magari con i capelli rossi e conoscitrice di erbe, per essere accusata di stregoneria. SULLA BASE di queste accuse, in Europa, tra il 1450 e il 1650, furono mandate al rogo decine di migliaia di innocenti, quasi sempre donne emarginate. In quei tempi regnava l’ignoranza e la superstizione; la cultura era sotto il

OGNI epoca in realtà ha inventato le proprie «streghe»: minoranze fragili considerate, irrazionalmente, indegne di far parte della società, prima da escludere e poi addirittura da perseguitare. Pensiamo solo al dramma umano vissuto dai primi seguaci di Cristo e a quello di milioni di Ebrei, zingari ed omosessuali durante il regime nazi-fascista. Verissima la riflessione di Einstein: «E’ più facile disgregare un atomo che un pregiudizio». Se poi i pregiudizi sfociano nell’odio incondizionato verso altri uomini possiamo ben immaginare quanto questi siano pericolosi.

FOCUS IL ROSSO CONTRO IL MALOCCHIO E L’ESTRATTO DI IPERICO, MIRACOLOSA ERBA DI S.GIOVANNI

Riti e pozioni nel confine tra credo e medicina

«IPERICO» Detto anche «erba di San Giovanni»

IN GARFAGNANA in passato si credeva alla magia e alle streghe e si attuava una serie di misure per prevenire i loro malefici sugli uomini e gli animali. La paura era una presenza fissa nella vita quotidiana. Una persona stregata necessitava di guaritori: i cosiddetti segnatori di malocchio, presenti nei nostri paesi, capaci di riti «purificatori». Ad esempio in un piatto con acqua posavano croci di foglie di ulivo benedetto e, fatto il segno della croce, recitavano mentalmente una preghiera intingendo il dito mignolo nell’olio. La persona risultava «ammaldocchiata» se le gocce d’olio, fatte cadere nel piatto, si univano, si spargevano o lasciavano un alone sui bordi. Una nonna ricorda che per tenere lontano il malocchio occorreva il rosso e le culle erano sempre dotate di un fiocchetto di questo colore.

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe della scuola media di Camporgiano. CLASSE II A: Jahad Amyn, Elena Bartolomei, Thomas Bernardi, Riccardo Bianchi, Ambra Braccini,

ALTRI guaritori erano esperti nel sanare il Fuoco di Sant’Antonio (herpes zoster) o le verruche, con l’uso di medaglie. Le formule di guarigione si tramandavano oralmente la notte di Natale quando le campane annunciavano la nascita di Gesù e questa mescolanza fra sacro e profano ci colpisce molto. Come in tanti contesti rurali anche da noi era poi diffuso l’utilizzo delle erbe medicinali e si trattava di pratiche che, pur basate sui reali principi curativi di queste, erano al confine con la magia. Basti notare questo particolare: alcune piante si raccoglievano la mattina del 24 giugno (San Giovanni) ancora bagnate di rugiada, per scacciare ogni malattia o malformazione, soprattutto l’iperico, non a caso noto come «erba di S. Giovanni».

Anna Bruno, Alessandro Cardosi, Mattia Cecconi, Alessio Comparini, Andrea Fanani, Francesco Ferrarini, Maicol Massei, Marco Morotti, Elisa Orlandi, Lorenzo Orsetti, Ludovica Romei, Filippo Simo-

ni, Luciano Speranza, Martina Stefanelli, Francesco Telloli, Angelo Tigli, Martina Tortelli, Ilenia Turri, Giada Valiensi, Eliot Watson. Dirigente scolastico: Carlo Popaiz, insegnanti tutor: Lucia Giovannetti, Annalita Suffredini.

IL SONDAGGIO

Una classe di (non) superstiziosi UN QUESTIONARIO di 22 quesiti con tre opzioni di risposta è stato utile per verificare il nostro grado di superstizione e per avviare una discussione su alcuni comportamenti e gesti privi di fondamento, eppure così ricorrenti nella nostra vita quotidiana. In classe siamo in 25 e il 6% di noi si ritiene molto superstizioso; i rimanenti o non lo sono (32%) o non lo sanno (32%). Interessanti sono inoltre i seguenti dati, contraddittori rispetto alla bassa percentuale di superstizione evidenziata dal quesito iniziale: il 64% di noi ha oggetti portafortuna, il 44% ritiene che toccare ferro serva a evitare disgrazie; la maggior parte, poi, si guarda bene dal versare olio, sale, mettere il pane sottosopra e spaccare specchi, eventi questi a cui, come noto, si associano sciagure. INOLTRE 6 di noi credono al malocchio; in 8 preferiscono non pronunciarsi piuttosto che ritenerlo, come fanno i restanti, una sciocchezza. In 10 si sentono più sicuri nell’affrontare una verifica se una coccinella si posa sul foglio, mentre, se passa un carro funebre, tutti, istintivamente, cercano di toccare ferro. Il 44% della classe legge l’oroscopo per passatempo, al contrario il 20% lo utilizza come aiuto nelle scelte quotidiane. In conclusione? La superstizione non ha basi razionali ma è radicata nella nostra cultura più di quanto potremmo, a prima vista, immaginare.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 29 MARZO 2012

Media «Nottolini»

Lammari

Un’arte fatta di sogni e poesia L’altra faccia del grande cinema nei personaggi di Martin Scorsese IL LIBRO

Quando testo e immagini sono tutt’uno LA STRAORDINARIA invenzione di Hugo Cabret è un graphic novel, cioè un libro nel quale sia le immagini che le parole narrano una storia in egual misura, senza che le prime siano subordinate alle seconde o viceversa. Infatti, nel prologo, Brian Selznick (autore del testo scritto e dei disegni) chiede al lettore di immaginare di trovarsi seduto in una sala cinematografica: le luci si spengono, le immagini partono, la storia inizia e il protagonista si fa vedere attraverso i disegni, prima ancora di essere descritto a parole. LE DIFFERENZE tra il romanzo e il bel film che ne è stato tratto sono veramente poche: le due più evidenti sono il modo con il quale Hugo ritrova l’automa e il finale. Il film, infatti, termina con la protagonista femminile, Isabelle, che scrive il libro sulle avventure cui abbiamo assistito, mentre nel romanzo è Hugo che inventa un automa in grado di scrivere e disegnare le pagine che noi stessi stiamo leggendo. Crediamo che il libro meriti di essere letto, anche dopo aver visto il film, sia per la storia che racconta, così precisa nella ricostruzione d’epoca, che per la struttura originale da graphic novel: è come se in mano avessimo un film di carta, dove le parole e le immagini si compenetrano per comunicare il fascino che il cinema delle origini suscitava nel giovane protagonista (ma anche in noi). Ed è un omaggio doveroso al grande Méliès di cui l’anno scorso ricorreva il 150˚ della nascita.

HUGO CABRET è un film di Martin Scorsese tratto dall’omonimo graphic novel di Brian Selzinck. Hugo è un bambino rimasto orfano che, nel 1931, vive da solo, occupandosi di regolare gli orologi della stazione di Montparnasse. Ha un grande sogno: riparare l’automa che, fin da piccolo, aveva catturato il suo interesse e quello del padre orologiaio. Fra le varie persone su cui si concentra l’attenzione di Hugo — e di conseguenza di chi guarda il film —, troviamo Georges Méliès (l’inventore del linguaggio cinematografico), un venditore di giocattoli con cui da subito si scontra. Nonostante tutto Hugo frequenta di nascosto Isabelle, anche lei orfana, adottata dalla famiglia Méliès, con la quale dà inizio a un’avventura. Con il suo aiuto, Hugo, fra varie vicende, flashback e intrighi, porta a fine «il progetto automa». Quest’ultimo, una volta che riprende a funzionare, con grande sorpresa di entrambi, comincia a disegnare un’immagine raffigurante una Luna dai lineamenti umani, con un’espressione contor-

una cinepresa perché ancora il cinema era considerato un prodotto senza futuro. Allora fu costretto a smontare un suo automa (finito poi nelle mani di Hugo) per costruirsi una sua cinepresa.

CAPOLAVORO «Le voyage dans la Lune» di George Méliès

ta dovuta all’atterraggio di un razzo nell’occhio: il tutto con la firma di Georges Méliès... Allora i due ragazzi scoprono non solo che Méliès era considerato uno dei più grandi registi delle origini, ma che fosse ritenuto morto durante la Grande Guerra. Grazie a uno studioso del cinema, porta-

no a casa del vecchio regista una delle poche pellicole rimaste dei suoi film: Le voyage dans la Lune, considerato il suo capolavoro. Hugo ed Isabelle riconoscono l’immagine disegnata dall’automa e Méliès ricorda i tempi delle prime proiezioni dei fratelli Lumière, che non vollero vendergli

DA QUI nacque la sua passione per il cinema dove riuscì a rappresentare i nostri sogni grazie a centinaia di film fantastici, pieni di trovate geniali per quel tempo. Ma con la fine della guerra i gusti cambiarono: il cinema era diventato industriale e la piccola impresa artigianale di Méliès fallì. Abbiamo visto Hugo Cabret al cinema, assieme al professore che ci insegna il linguaggio filmico. Non solo si è trattato di un grande film, affascinante e commovente, ma è stata anche l’occasione per approfondire alcuni aspetti storici che già avevamo affrontato in classe. Méliès è un personaggio affascinante, come il suo cinema, così ingenuo in apparenza, ma pieno di poesia, e Martin Scorsese ha saputo esprimere tutto l’amore per quest’arte che è fatta della stessa materia di cui sono fatti i sogni.

L’INTERVISTA VIRTUALE IL PROTAGONISTA DEL FILM DI SUCCESSO AL BOTTEGHINO SI RIVELA

Lo confesso: sono io il vero «George Méliès» SALVE a tutti! Il mio nome è Georges Méliès. Forse, la maggior parte di voi non sa ancora chi sono, ma voglio sperare che stiate almeno ad ascoltare cosa ho fatto. Innanzi tutto sono nato a Parigi nel 1861 e fin dalla nascita ho avuto un’ottima educazione e istruzione. Diplomatomi, ho intrapreso un paio di viaggi; fra questi ricordo particolarmente quello a Londra perché è proprio lì che ho scoperto l’arte della magia. Quest’ultima, infatti, mi ha portato tanto successo e mi ha fatto diventare un noto illusionista.

GENIALE Ecco il regista francese nato nel 1861, autore di importanti pellicole

LA REDAZIONE ECCO i cronisti della Media «Nottolini» di Lammari. III B: Nicole Angulo, Matteo Antonelli, Alessandro Antonelli, Giovanni Bellandi, Sara Bertolucci, Francesca Caruso, Stefa-

QUANDO, però, ho assistito alla prima proiezione del cinematografo Lumière, ho deciso di cambiare e di costruirmi anch’io una casa cinematografica, perché era quella la mia vera passione. La mia volontà mi ha portato sempre più a migliorare, dando così vita alla Star Film e al perfezionamento delle tecnia Colpos, Ganguli Dissanayeke, Marco Esteban, Sophie Ferroni, Marco Forti, Mario Giampaoli, Federica Giannini, Matteo Labianca, Giada Marcheschi, Marco Paoleschi, Valentina Paoleschi, Andrea Pellegrini, Ilaria Quaglierini, Diletta Sargentelli, Daniele Sebastiani, Elena Taddeucci. Inoltre Michela

niche più ostili. Dopo una serie di cortometraggi, sono arrivato a realizzare alcuni lungometraggi, fra i quali uno ha creato scalpore fra gli spettatori: Le voyage dans la Lune. Questo film, infatti, viene scelto da molti critici come il mio migliore fra tutti. MA, con il passare del tempo, non sono riuscito a mantenere i favori del pubblico e a comprendere i rapidi mutamenti del linguaggio cinematografico. Questo fallimento mi ha fatto molto arrabbiare, portandomi persino a disfarmi delle mie pellicole e a lavorare in un piccolo negozio di giocattoli nella stazione di Montparnasse. Solo alla fine degli anni Venti il cinema francese si è ricordato di me, organizzando un galà intitolato al mio nome e una retrospettiva. Per il resto ho condotto una vita normale, uguale alla vostra. Georges Méliès

Giampaoli, Rebecca Romano (III C), Greta Tognetti Nieri (III D). Dirigente scolastico: Nicola Preziuso. Docente tutor: Marco Vanelli. Articoli realizzati nei laboratori di giornalismo e cineforum coordinati dal prof. Vanelli. In particolare hanno scritto: Andrea Romani, Giovanni Bellandi e Giovanni Guidotti.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 29 MARZO 2012

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Istituto comprensivo

Coreglia

Lo sbarco dei nostri vu’ cumprà La maestria dei figurinai ci ha reso celebri nel mondo. Ma all’inizio... ANTICAMENTE i venditori di statuine venivano chiamati «figurasti», poi, alla metà del XIX secolo prese piede il termine letterario di « figurinaio». Quella dei figurinai è una lunga storia di impresa, di artigianato, di cultura popolare e di emigrazione. Il gesso non era un prodotto tipico del luogo né i disegni che venivano raffigurati erano esclusivi dell’ambiente: originalissima era invece la lavorazione che il gesso subiva, per manualità e per poesia, per un genio creativo che sapeva misurarsi sia con tradizioni locali che con lontani spazi di mercato. DURANTE il XIX secolo numerose furono le famiglie i cui uomini si diedero all’arte del gesso, mentre le donne aiutavano, specie nelle fasi di pulitura e pittura delle statue. Ma erano gli uomini a recarsi all’estero per vendere le proprie creazioni, a volte anche portandosi il materiale per stamparne di ulteriori. Era una emigrazione non di massa né definitiva, anche se però più che stagionale: i figurinai partivano solitamente

nella loro terra di origine, fondassero nuove società e avviassero ulteriori campagne. Oppure abbandonavano l’arte per nuovi e meno sacrificanti mestieri. Il figurinaio era un povero, un «vu cumprà» del XIX secolo, in un tempo certo non garantito da diritti civili e normative internazionali e nazionali come il nostro.

EMIGRANTI La fantasia dei figurinai è sbarcata in molti Paesi

nella prima metà dell’anno e rimanevano fuori per un periodo che durava anche due-tre anni, a seconda della lontananza della méta. Partivano sotto la guida di uno o più capi esperti delle aree di mercato e sopratutto capaci di creare col gesso sia modelli che stampi. CON LORO erano i «garzoni», che si occupavano principalmen-

te della vendita degli oggetti finiti; erano molto giovani, e con la cesta sotto braccio o un pianale in testa giravano per strade e per case. AL RITORNO da ogni campagna i figurinai si trattenevano per mezzo anno, di solito, prima di ripartire. Se la campagna era stata buona, cioè redditizia, poteva accadere che si stabilissero meglio

NELL’IMPERO austriaco li chiamavano katzelmacher, cioè miserabili, morti di fame! Ma di necessità si fece anche virtù: così in molti presto capirono l’importanza dell’istruzione, dell’apprendimento della lingua straniera, del miglioramento della tecnica per una maggiore qualità del prodotto; del conoscere le culture lontane per scegliere oggetti da rappresentare estranei alla propria tradizione (animali esotici, Budda, armi, costumi) . I figurinai arrivarono un po’ in tutta Europa, ma con Genova vicino anche i mari furono attraversati e figurinai di Coreglia finirono in America, ma anche in Africa, in Asia e più tardi addirittura in Australia!

IL MUSEO VIAGGIO SENZA CONFINI NEGLI ULTIMI QUATTRO SECOLI DI UN ARTIGIANATO DI PREGIO

Statisti e poeti dalla magia di quelle mani

ARTE Uno splendido esemplare conservato al Museo della di gesso

UN FIGURINAIO, Carlo Vanni, che aveva vissuto a lungo nell’impero Austro-Ungarico facendo fortuna, alla sua morte, nel 1915, lasciò a Coreglia il suo palazzo in mezzo al paese. Altri figurinai o i loro eredi negli anni hanno fatto donazioni di stampe, foto e oggetti. Fu così che nel 1975, l’Amministrazione Comunale decise di creare il Museo della figurina di gesso e dell’Emigrazione. Il museo ricorda il fenomeno migratorio basato sulla vendita di statuine di gesso che dal XVIII al XX secolo raggiunse, nei paesi del comune, punte elevatissime. L’attuale esposizione del Museo è costruita da 1.300 esemplari di gesso che per le loro raffigurazioni, per la loro colorazione e forma e soprattutto per il modo con cui sono stati realizzati, rappresentano l’evoluzione tecnica di questo artigianato negli ultimi 4 secoli. Tra gli oggetti di maggior pregio anche i gattini settecenteschi anneriti con il fumo di candela, la maschera funeraria originaria del Conte Camillo

LA REDAZIONE ECCO i cronisti dell’Istituto Comprensivo di Coreglia Antelminelli, scuola secondaria di primo grado. Classe III A:Riccardo Barsi, Martina Benelli, Federico Berlingacci, Sara Bertoncini, Angelica Bertozzi, Elena Biagi, Davi-

Benso di Cavour, busti realizzati a stampa persa. Vi troviamo gran parte della vastissima gamma dei soggetti creati durante le innumerevoli peregrinazioni in ogni parte del mondo per soddisfare le esigenze di tutti gli acquirenti. COSÌ nelle varie sale del Museo possiamo ammirare la riproduzione in gesso dei più conosciuti protagonisti del passato da Napoleone a Garibaldi, da Dante a Petrarca, dai più noti musicisti tedeschi ai personaggi dell’antica Roma e della mitologia greca, dalle statuine dei santi a quelle di Budda, tutti realizzati con una tale perfezione tecnica da trasformare questo artigianato in una forma di arte minore. Ampio spazio è dedicato all’esposizione dei metodi di lavorazione del gesso. Il Museo della Figurina di Gesso e dell’Emigrazione, unico nel suo genere, è soprattutto un centro di studi di quello che è stato il mondo del figurinaio nel tempo.

de Contrucci, Stefano De Paris, Martino Diodati, Lorenzo Ghiloni, Clemente Luciano, Tommaso Pamploni, Leonardo Pieroni, Leonardo Randazzo, Diana Rosca, Anna Rossi, Manuel Rossi, Fabjo Stafa. Classe III C: Chiara Arcidiaco, Rudy Balsotti, Francesca Benvenuti, Alessandro Biagiotti, Niccolò Mauro Casci, Carlot-

ta De Rosa, Federico Della Croce, Lorenzo Domenici, Giovanni Giambastiani, Blerta Lleshi, Gabriele Marchi, Rebecca Marchi, Eleonora Mattei, Lorenzo Moscardini, Matteo Paolini, Luca Vergamini Luca. Docenti turor: Giovanna Biagi e Michela Chiesa. Dirigente Scolastico: Emanuela Giannini.

L’ANEDDOTO

La scoperta di Colombo: i «coreglini» LA STORIELLA è simpatica e ben nota. Si dice che quando Cristoforo Colombo sbarcò in America il suo primo incontro non fu con gli indigeni ma, a sorpresa, con dei coreglini che vendevano statuine di gesso! La produzione di figurine di gesso è in effetti molto antica. Un documento rinvenuto recentemente nell’Archivio di Stato di Lucca parla di «figuris giessi» già nel 1373. Pare che questa sia la notizia ufficiale più antica sulle statuine di gesso. Un’altra leggenda popolare poi si tramanda di padre in figlio a Coreglia Antelminelli. Ve la raccontiamo. «DEL GESSO cadde inavvertitamente sul volto di una statua mentre il frate artigiano stava lavorando intorno a certe decorazioni. Il gesso si seccò, rimase l’impronta ed al buon frate venne l’idea: creare, con un sistema di modelli, di stampe, di colate, la figurina». In ricordo di questa attività, proprio accanto alla chiesa di San Michele è stata posta una statua che ricorda il mestiere del figurinaio con le sue statuine di gesso. Ma l’arte dei figurinai è patrimonio di tutti grazie anche al Museo che ha sede a Coreglia, unico nel suo genere, che rappresenta il «boom» dei nostri figurinai dal 1600 ai giorni nostri. Un viaggio affascinante, pieno di soprese, che ci ricorda ogni giorno quanto fatica e sacrificio possano non essere ripagati subito ma costituire comunque un solido valore anche per le generazioni a venire.

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12 CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 4 APRILE 2012

Media «Franchi»

Villa Basilica

Buon compleanno scuola media! In un’intervista speciale scopriamo che molto è stato fatto ma... FOCUS

Il salvagente per gli allievi del domani LA SCUOLA italiana ed in particolare quella secondaria di primo grado annaspa più che mai. È il momento di cambiarla, di rivedere con coraggio i principi che l’hanno ispirata e che ora devono essere aggiornati perché attualmente non ne orientano gli sviluppi e l’attività. E’ ora che il nostro paese prenda coscienza della necessità di migliorare le competenze dei suoi studenti se si vuole ampliare il numero di persone che in Italia possono fare la differenza e si vuole raggiungere il livello degli altri paesi del mondo per essere competitivi. OCCORRE ripensare, rivoluzionare, perché no, di sana pianta il sistema scolastico centrando l’attenzione sui principali problemi della scuola che sono: la preparazione degli insegnanti in ambito disciplinare e relazionale e la necessità di controllo e valutazione dei docenti stessi; la diversa oranizzazione del tempo scuola e l’utilizzo di metodi di insegnamento più coinvolgenti; l’aumento dei fondi disponibili per la scuola utilizzabili per libri, materiale tecnologico ed attrezzature sportive, viaggi di istruzione, incentivi per il merito….; la necessità di sicurezza, comodità e spazi attrezzati nelle scuole; la possibilità di maggiore interazione con esperti e con il territorio. Se vogliamo smettere di annaspare e cominciare a nuotare è ora che il sistema politico intervenga efficacemente con l’adeguato salvagente.

va essere poi scelta durante il terzo anno, indispensabile per iscriversi al liceo classico.

«TANTI auguri scuola media! Rispondi ancora alle esigenze per le quali sei nata?».

«Sono nata per favorire la crescita delle capacità indipendenti di studio dei ragazzi e per rafforzare le attitudini ai rapporti sociali attraverso le discipline di studio». «Sei soddisfatta dei risultati raggiunti?».

«Mah…».

SONO passati 50 anni dal 31 dicembre del 1962:la Scuola Media Statale veniva istituita a carattere unitario e diventava scuola dell’obbligo. Si è trattato di una vera rivoluzione che ha inciso profondamente sullo sviluppo della società italiana. Purtroppo l’età comincia a farsi sentire e si vede la necessità di un nuovo cambiamento radicale. Per il dibattito che durava da quasi vent’anni sull’istruzione obbligatoria, gli anni ‘60 furono decisivi. Alcuni avevano delle perplessità sulla prospettiva che tutti i ragazzi fossero posti sullo stesso piano e temevano l’appiattimento che sarebbe derivato dall’istruzione media comune. Inoltre molti insegnanti non gradivano l’idea di dover lavorare

MEZZO SECOLO La scuola media statale è obbligatoria dal 1962

con i colleghi provenienti dagli «avviamenti». Ma scuola «unitaria» significava anche formazione unitaria, umana e sociale degli alunni. Dopo gli otto anni di studi obbligatori sarebbe venuto il momento delle scelte per il futuro. Con l’unificazione della scuola media in un unico modello,scomparivano la precedente scuola media, la scuola di av-

viamento professionale, i corsi inferiori di istituti d’arte e quelli dei conservatori musicali. Il programma ministeriale prevedeva 25 ore settimanali con l’opzione di seguire uno o più corsi facoltativi durante gli anni. Nel secondo anno ad esempio si poteva accostare all’insegnamento della lingua italiana quello della lingua latina che pote-

DALL’INTERVISTA ai nostri nonni che hanno frequentato la scuola prima del 1962 è emerso che pochissimi di loro avevano frequentato le scuole medie e ciò non è stato un sollievo, perché avrebbero preferito rimanere a scuola più a lungo, avere una preparazione più approfondita e aspirare a un lavoro migliore. Non riusciamo a pensare come si potesse essere avviati ad un mestiere a 10 o 11 anni e sembra che anche per molti di loro sia stato un problema. «Andavamo alla scuola elementare facendo molti chilometri a piedi, gli insegnanti erano severi e utilizzavano punizioni corporali, le classi erano fredde ma,nonostante questo, avremmo desiderato proseguire gli studi per migliorare la nostra condizione» …Si sente ancora il rimpianto nella voce. «Quindi, signora scuola media unificata, i di fatto permesso a tutti di poter accedere all’università, sei soddisfatta?”

“Sì, lo sono, anche se non ho ottenuto tutto ciò che mi ero proposta…ancora molto resta da fare…”.

LA PAGELLA OCSE E INVALSI CONDANNANO ALL’UNISONO IL NOSTRO LIVELLO DI APPRENDIMENTO

Gli istituti italiani? Bocciati senza appello

A GALLA La scuola italiana annaspa: l’appello è quello di non farla... annegare

LA REDAZIONE ECCO i giovani cronisti in classe della Scuola media «Franchi» di Villa Basilica. La pagina è stata realizzata dagli alunni delle classi II e III: Matilde Bendinelli, Elena Bertoli-

LA SCUOLA italiana? Bocciata. I tentativi di migliorare la legge del 1962 non hanno dato i risultati sperati.Nel rapporto annuale «Education at a Glance» dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) si legge che noi alunni passiamo a scuola fin troppo tempo, con scarsi risultati.L’Ocse ha valutato i seguenti parametri: 1) Risultati delle istituzioni educative ed impatto degli apprendimenti. 2) Risorse umane e finanziarie investite nell’educazione. 3) Accesso all’educazione. 4) Ambiente di apprendimento e organizzazione delle scuole. Sorprendenti sono i dati che emergono, soprattutto sul punto 2:riceviamo le briciole delle finanze pubbliche (L’Italia ha speso il 4,8% del PIL per l’istruzione, collocandosi al 29˚ posto su 34 Paesi); i nostri insegnanti sono sottopagati, poco motivati e non troppo giovani (età media 51 anni:«i più vecchi» d’Europa...esperni, Giulia Biagi, Miriam Bianchi, Daniel Coli, Davide Elia, Francesca Mancuso, Cristina Paganucci, Eleonora Paola, Gabriele Pasquini, Valentina Sabbatini, Matteo Simi ,(classe III). Denise Barsanti, Valentina Barsi, Francesca Calamari, Manuel Corridori, Matteo Del

ti, certo, ma le energie?). Altro dato preoccupante, rivelatore dell’inefficienza e della ridotta capacità di coinvolgimento della scuola è l’alto numero di abbandoni (il problema della mancanza di motivazione riguarda quindi insegnanti e studenti e ciò non è strano in un sistema che non funziona). MA DATI critici sulla scuola italiana non provengono solo dall’esterno ma anche dall’interno: la prova Invalsi (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di istruzione e di formazione) del 2010 è stata caratterizzata da un generale abbassamento del livello di profitto degli studenti, soprattutto nella matematica. L’Invalsi si occupa di quanto l’OCSE valuta al punto 1). L’Ocse sottolinea che la preparazione e l’adeguata formazione sono e saranno la leva principale per uscire dalla crisi; dai dati pubblicati risulta che nel nostro paese c’è ancora molto da fare.

Freo, Cristina Mancani, Niccolò Marchi, Dori Mugnaini, Samuele Raffaelli, Guglielmo Roberto Romanini. (classe II). Insegnanti tutor: Sara Fisicaro, Sabrina Giusti, Domenico Passeri. Dirigente Scolastico: Luca Vieri Iacopetti.


CAMPIONATO GIORNALISMO 13

MERCOLEDÌ 4 APRILE 2012

Istituto comprensivo

Da Vinci-Chelini

Gli artisti della bomboletta spray Le tracce lasciate dall’uomo odierno: arte o voglia di ribellione? una calamita fortissima per le presenze turistiche in costante aumento che alimentano la nostra economia. Preservare in questo caso vuol dire tutelare un patrimonio di inestimabile valore.

UN PROBLEMA molto diffuso nelle città è quello della presenza sui muri degli edifici, sui monumenti, sulle panchine e perfino sull’asfalto delle strade di graffiti, scritte e disegni giudicati da molti manifestazioni di inciviltà. Le scritte lasciano un messaggio, un nome, un numero, una frase spesso d’amore ai piedi di un a statua come quella in piazza del Giglio, su qualsiasi baluardo delle Mura cittadine e sulle pareti della nostra scuola. Si tratta di un modo alquanto insolito di comunicare un proprio sentimento a tutti. INFATTI c’è da chiedersi quanto sia giusto utilizzare uno spazio altrui per qualcosa che è del tutto personale e quale sia la linea di confine tra espressione artistica e atto vandalico. Chi pensa ad un writer spesso immagina un giovane disagiato, con difficoltà comunicative e relazionali, con vuoti interiori e carenze affettive oppure ad uno dei tanti ragazzi annoiati e insospettabili. Un writer, dal canto suo si considera un artista, un creativo in evoluzione, un «gran-

CIVILTA’ Invece di imbrattare i muri... impariamo a parlare

de» che libera la sua arte per farla conoscere a tutti. Ma è proprio così? No, non è un creativo, un artista chi utilizza come supporti espressivi edifici di interesse storico, artistico, culturale. SE ROVINIAMO e sporchiamo queste cose non solo rendiamo peggiori i luoghi in cui viviamo, ma provochiamo dei danni economici che in qualche modo paghia-

mo. Basta dare un’occhiata ai bilanci dei vari Comuni: ogni anno se ne vanno migliaia di euro di soldi nostri per rimuovere le scritte che deturpano le pareti delle chiese, le fontane storiche, i palazzi che un tempo hanno fatto l’immagine e erano al centro della vita delle famglie in vista della città. Monumenti che fanno parte della nostra storia, della nostra stessa identità, e che oggi rappresentano

LA LIBERTÀ è il diritto di fare tutto ciò che le leggi permettono. Non si può confonderla con il «fare ciò che si vuole». E’ dovere del buon cittadino comprendere il valore dell’ambiente, del patrimonio artistico e dei beni comuni e rispettarli. Dunque il confine tra creatività, libera espressione e atto di vandalismo è labile. Gli «artisti di strada», meglio definiti «imbrattatori» devono imparare che l’arte dei colori è bellissima quando rispetta gli spazi di tutti e non li invade. Un arcobaleno di idee che se convogliate nel giusto modo sono senza dubbio un’espressione felice del nostro mondo di giovani, in costante ricerca di nuove forme di comunicazione. Ma il nostro essere liberi non può cozzare con la libertà degli altri di poter ammirare città e paesi nel loro massimo splendore.

GITA & RICERCA DA UNA VISITA AL BATTISTERO PARTE L’ INDAGINE A RITROSO FINO AI «WRITER»

Alla scoperta degli antichi graffiti perduti

IL DETTAGLIO Graffiti del 1100 su un muro nella chiesa di S.Giovanni

LUCCA: Chiesa dei Santi Giovanni e Reparata. Al centro della chiesa sotterranea altomedioevale del XI secolo d.C. si trova un mezzo muro che separava il cantiere per la ristrutturazione dell’edificio stesso dall’area adibita al culto, sul quale si trovano dei graffiti datati 1100. Su questo muretto, sul lato che guarda il cantiere, si trovano i graffiti della leggenda di Santa Reparata. Incisi sulla parete, partendo da sinistra possiamo distinguere tre uomini, di cui uno con un possente scudo e pantaloni mentre degli altri due è rilevabile solo il volto. Nella parte superiore all’estremità si distinguono due angeli che sorreggono la testa della Santa; spostandosi verso destra si vedono infine le ultime due figure, un pesce ed un cavallo che solleva la zampa anteriore destra intento ad aggredire uno dei due angeli,

LA REDAZIONE ECCO la redazione della media Da Vinci - Chelini. Classe III E, insegnante tutor: Irene Martire. Aronica Agnese, Bandoni Iacopo, Bernardi Sarah, Cotrozzi Luca, Cutuli Maria, Di Bello Marta, Fustini Francesco, Genovesi Marco, Giorgetti Marco, Golino Aurora, Guarducci Costanza, Lebogo Corine, Linaldeddu Marta, Lleshi Megli, Martini Leonardo, Motroni Miriam, Neacsu Gabriel, Ricci Annalisa, Ruffo Daniele, Santilli Leo-

cercando di colpirlo per impedirgli di trasportare la reliquia della santa al di là del mare. Presumibilmente il mastro carpentiere o un muratore hanno tracciato questi graffiti per raccontare a chi non sapeva leggere, come era normale nel Medioevo, la leggenda della santa titolare della chiesa.

QUESTI antichi graffiti rappresentano una testimonianza del passato che serviva per raccontare avvenimenti e scene di vita quotidiana o comunque per narrare delle leggende come nel caso di Santa Reparata. Fin dalla preistoria, come si desume dalle pitture rupestri, gli uomini hanno cercato di rappresentare scene di caccia come segno di buon auspicio o divinità come simbolo di devozione, insomma hanno graffiato prima rocce e poi muri per comunicare e tramandare la loro cultura. E oggi?

nardo, Tori Benedetta, Torre Silvia, Vantaggiato Pietro. Classe II B, insegnante tutor: Cinzia Ciulli. Aliaj Xhesika, Antonucci Asiel Carmen, Bastioni Lisa, Belli Michele, Belluomini Maddalena, Cecchini Federica, Chessa Luigi, Cima Viola, Ciucci Luca, De Cristofaro Chiara, Delle Sedie Lucia, Donati Emanuele, Galli Lucrezia, Ianniello Angelo, Inguanti Mattia, Lahraichi Anwar, Lazzarini Edoardo, Marcacci Nicole, Paroli Lorenzo, Petrini Valentina, Pierotti Beatrice, Simonetti Martina, Sodini Caterina, Turano Samuele, Va-

lentini Niccolò, Vantaggiato Anna, Delia Ervis. Classe II E, insegnante tutor: Silvia Palumbo. Alistar Paula Bianca, Ariani Tommaso, Bacci letizia, Battaglia Emma, Ben Amor Miriam, Celli Luca, Coturri Matteo, Del Carlo Erica, Della Nera Giulia, Frediani Nicole, Italiano Maria Teresa, Lunardi Francesco, Marocchini grta, Massei Nicola, Meola Marika, Pacini Chiara, Pandolfi Edoardo, Pesi Andrea, Pezzuti Francesca, Pierucci Ginevra, Ricci Leonardo, Sina Sindi, Stagi Diario, Stefani Gabriele, Terzitti Lorenzo, Virdis Andrea. Dirigente scolastico: Luisa Arcicasa.

CREATIVITA’ OGGI

Parola d’ordine Imbrattare no comunicare sì GRAFFITO: scritta sul muro…* Negli ultimi due decenni è arrivata una nuova moda dall’America: sapete qual è? Fare i graffiti, cioè scrivere con una bomboletta spray sui muri, i monumenti o i treni. Si chiamano «writer» ed i loro «disegni» sono delle vere e proprie opere d’ arte, tanto che alcuni hanno raggiunto fama mondiale, come è successo a Keith Haring. Da noi, però, il fenomeno ha assunto una connotazione diversa: i graffiti, spesso, sono scarabocchi tirati via in un atto di rabbia, o messaggi con un senso profondo. MA CHE COSA spinge i nostri ragazzi a farlo? I motivi possono essere molteplici: sembrare grandi davanti agli amici, sfogarsi, lasciare un messaggio, esprimere le proprie idee o emozioni o semplicemente la voglia di rovinare qualcosa. Molti adolescenti, che si sentono incompresi, non parlano con nessuno e fanno così uso della bomboletta per comunicare. Di solito agiscono di notte e di nascosto e scappano subito per non essere scoperti perché possono incorrere in multe salate o in pene detentive. Una soluzione sarebbe offrire loro degli appositi spazi con muri bianchi. Questo è ciò che hanno fatto alcuni Comuni che hanno messo a disposizione dei ragazzi, pannelli di legno e muri di case disabitate; oppure, come è successo a Milano, dove il sindaco Pisapia ha dato una sala di Palazzo Marino ! *… è così che lo definisce il dizionario, ma a volte può essere qualcosa di più profondo di una semplice scritta sul muro.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 12 APRILE 2012

Media «De’ Nobili»

S.Maria a Colle

Robohelp, laboratorio educativo L’ideale percorso dal teatro dei burattini al teatro dei «robottini» VIAGGIO VIRTUALE

Da Papert ai robot sul palco LA RICERCA robotica e quella informatica hanno compiuto passi da gigante negli ultimi anni e sollevato importanti questioni etiche. Negli Stati Uniti, Seymour Papert, direttore del gruppo di lavoro di Epistemologia e Apprendimento del Media Laboratory del MIT, gettò le basi per una didattica innovativa fondando il cosiddetto «costruzionismo». Egli propose il linguaggio Logo quale agevole «ambiente di apprendimento» della matematica da parte dei bambini attraverso il computer. Un percorso del tutto nuovo che si sposa perfettamente con i principi di costruzione dei mattoncini dell’industria danese Lego. MATEMATICO e ricercatore, nato a Pretoria, in Sud Africa nel 1928, Seymour Papert ha collaborato attivamente col famoso pedagogista J. Piaget diventando poi direttore del laboratorio di intelligenza artificiale al M.I.T. Di Boston (Massachussets Institute of Technology). Nel 1984 ha pubblicato «Bambini, computer e creatività» in cui sostiene che la costruzione del sapere e lo sviluppo dei processi di apprendimento è favorito quando supportato da artefatti cognitivi concreti: «I ragazzi amano costruire oggetti: un castello di sabbia, una torta, una casa di Lego, un programma di computer, una poesia o una teoria dell’universo». E’ anche grazie a lui che la robotica è entrata nelle scuole medie facendo da apripista ad un fiorire di progetti realizzati da diversi istituti scolastici italiani.

«ROBOHELP» è un progetto-avventura realizzato per superare alcune forme di disagio scolastico mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie. La classe ID della scuola media «Gino Custer de’ Nobili» nel percorso di robotica sperimentale, attivato già dallo scorso anno scolastico, ha ideato un nuovo modo di costruire il sapere, a partire dalla concretezza. Nella biografia di Steve Jobs abbiamo letto: «Quel che è certo è che il piccolo Steve inizia presto a montare e a smontare oggetti...».

RIFLETTENDO su questo aneddoto gli insegnanti del consiglio di classe hanno ideato questa esperienza interdisciplinare di «robodrammatizzazione» filmica di una fiaba. Aleksandr Afanas’ev è l’autore che abbiamo scelto dalla nostra antologia: le avventure dell’uccello di fuoco e della principessa Vassilissa ci hanno talmente coinvolto che è stato facile procedere per la realizzazione dell’attività. La storia robo-drammatizzata racconta anche le imprese dell’arciere dello Zar che, grazie al suo saggio cavallo, scampa a tutte le disavventure. «Lo

materialmente da noi, fornite di motori e particolari sensori, che ci hanno permesso il controllo delle loro azioni e movimenti attraverso la programmazione al computer.

ALL’OPERA Gli studenti e il disegno del teatro dei robottini

scenario della fiaba è stato prima disegnato e poi interamente costruito in cartone e, con tanta pazienza e bravura è diventato una fedele riproduzione dei luoghi narrati nella fiaba» (Clara B.). «Con la voglia, la fantasia e la creatività si possono compiere cose oltre la nostra immaginazione.

LAVORARE in gruppo ci ha aiutato a conoscerci meglio, non solo

come amici, ma come classe: abbiamo conosciuto meglio anche i nostri professori, abbiamo capito che non sono come dei robot di metallo che non hanno un cuore, possono anche essere nostri amici, pronti a capirci e ad aiutarci a crescere» (Luisa M.). Nel progetto ROBOHELP, Robo-Vassilissa, RoboZar e Robo-Arciere sono macchine intelligenti LEGO NXT costruite

QUESTA fase del progetto è stata particolarmente impegnativa, perché dovevamo non solo prevedere e coordinare i movimenti di scena tra i roboattori, ma contemporaneamente armonizzarli alle loro battute teatrali. I robo-personaggi sono stati poi personalizzati da noi che abbiamo progettato e realizzato, costumi e acconciature di scena. E’ stato spontaneo creare uno spazio teatrale fantascientifico: naturalmente siamo passati dal teatro dei burattini al teatro dei robottini. Costruire il sapere e sviluppare l’apprendimento è stato più semplice potendo esprimere le nostre fantasie ed emozioni. La chiave di volta è tutta lì.

ESPERIENZE LA SCRITTURA CREATIVA APRE AL NUOVO MONDO E CI AVVICINA A UN AMICO SPECIALE

Incontri «emozionali» ai confini della realtà NEL PERCORSO di Educazione Emozionale, attraverso una visualizzazione guidata dall’insegnante di Italiano, abbiamo provato ad immaginare l’incontro con il nostro amico robot, dopo la lettura espressiva di «Robbie» di Asimov. Ecco alcuni stralci di scrittura creativa: «Spuntava qualcuno dall’acqua, vidi una coda e degli splendidi capelli azzurri ..... più si avvicinava più sentivo rumori metallici, era un robot» (Luisa F.).

INNOVAZIONE Un robot costruito dagli studenti e il percorso di educazione emozionale

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe. Classe ID: Leonardo Bandiera, Berchielli Clara, Bianchi Samuele, Bigongiari Irene, Calandro Cristina, Casolaro Alessio, Cucchi Deni-

se, Della Bidia Samuele, Fambrini Luisa, Giovannini Lorenzo, Hrami Naofal, Landucci Lorenzo, Malandrini Giulia, Maltese Cristian, Manfredini Leonardo, Martinez Luisa, Massei Daniele, Palandri Gabriele, Ragghianti Alessia, Ragghianti Andrea, Ramacciotti Giulia, Ribe-

«DAL BOSCO spuntò un robot ricoperto di rugiada... Era alto poco più di due metri, socievole ed allegro, mi venne incontro, mi portò sulla riva del mare e mi diede un regalo: una piccola pietra azzurra, sapevo che era speciale, me lo sentivo dentro... Di scatto il robot mi prese, mi mise sulle spalle e mi portò su in cielo. Toccare le nuvole, danzare nel cielo, era da sempre stato il mio più grande sogno...» ( Giucai Niccolò, Sugman Gabriela, Tabaro Federico, Vannucchi Francesco, III A: Giovanni Cesaretti. III D: Francesco Pizzo. Dirigente: dottoressa Anna Rugani. Vicedirigente: professoressa Lucia Matteucci. Coordinatore progetto: professor Antonio Leoni. Coordinamento Edu-

lia R.). L’esperienza realizzata si è trasformata in un vero e proprio ambiente di apprendimento, un «micromondo» (S. Papert), in cui i ragazzi, accompagnati dai docenti hanno progettato e imparato, discutendo teorie e pratiche sul mondo in cui hanno interagito. LA DISPONIBILITÀ alla sperimentazione dell’intero consiglio di classe, ha permesso di effettuare continui collegamenti interdisciplinari: nella realizzazione di colonne sonore, misurazioni, fondali scenografici, costumi, testi creativi in lingue e orientamenti spazio-temporali. Quest’attività ci ha permesso di approfondire elaborati dal «Protocollo d’intesa nazionale sulla robotica educativa» del 17 marzo 2011 e di attuare « l’imparare scoprendo in forma ludica», con un approccio che sviluppa attitudini creative, immaginative, emozionali, capacità di comunicazione (il video realizzato), di cooperazione e di lavoro di squadra. cazione Emozionale: professoressa M. Orsola Benevento, professoresse Daniela Dianda, Cristina Buchignani, Doretta Nottoli, Arianna Bartoli, Laura Lucarini, Carla Lunghi, Donatella Mazzanti, professor Franco Ricciu e Leonardo Altamura. Personale ATA: Mery Mercati.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 12 APRILE 2012

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Media «Buonarroti»

Ponte a Moriano

Tuffo in una società organizzata Il nostro viaggio alla scoperta delle api e dei loro usi e costumi E’ FORSE una delle esperienze più interessanti che abbiamo fatto durante questo anno scolastico, un vero tuffo in una società, forse poco conosciuta da questo punto di vista, ma altamente organizzata e complessa, funzionante in ogni suo più piccolo particolare con precisione e razionalità: abbiamo avuto la possibilità di incontrare un esperto apicoltore e parlare con lui del mondo delle api. Con immagini, strumenti del mestiere e grande passione Alessandro, dell’ Associazione Toscana Miele di Ponte a Moriano, apicoltore ormai da molti anni, ci ha illustrato come le api siano organizzate in una struttura veramente inimmaginabile: ogni alveare ha un’ape regina, ovvero una femmina destinata a vivere nel nido e a deporre le uova. Ha i suoi fuchi e le operaie, cioè femmine che non depongono le uova e che si occupano di vari compiti. Le più giovani si dedicano alla pulizia delle celle. A 3 o 6 giorni di vita cominciano a produrre pappa reale, necessaria alle larve. Al quattordicesimo giorno si addestrano per diventare bottinatrici, api che raccolgono il polline, il nettare, l’acqua e tutto quello che

tanto mestiere facile: fare l’apicoltore significa compiere più lavori insieme.

A LEZIONE DI... Studenti imparano i segreti delle api e degli alveari

occorre alla famiglia. Se l’obiettivo è stato trovato in un raggio di 80 metri dall’alveare, l’ape esegue una danza circolare, se la distanza è maggiore, la danza si fa più complessa.

LA REGINA, che nasce da un uovo più grande rispetto alle altre, ha molti privilegi: vive circa cinque anni mentre l’operaia, per la fatica e per il cibo meno energetico di cui si nutre, ha un massimo di quaranta giorni di vita. Non si ciba da so-

la, ma ha le sue ancelle che la accudiscono e nutrono di pappa reale. E’ lei a decidere quando sciamare. In quel momento la regina lascia una sua erede, che dovrà effettuare il suo «volo nuziale» per essere fecondata entro circa una quindicina di giorni. Per darvi qualche numero, sappiate che una regina, nei primi due anni di vita, depone fino a duemila uova al giorno e uno sciame è composto da circa 40-60 mila api. Entrare in contatto con una così ben organizzata società non è per-

QUELLO del veterinario (per curare le api in caso di malattie), del falegname (per costruire nuovi alveari o riparare quelli danneggiati), quello dell’etologo (per capire il comportamento dell’ape), quello dell’apicoltore vero e proprio (per gestire i vari prodotti dell’alveare). Ad esempio anche gli interventi all’interno dell’alveare sono complessi: per recuperare i telaietti del melario è necessario usare l’affumicatore, in cui si brucia juta, il fumo entra nell’alveare, le api si allertano ed escono fuori. Per fare ciò sono necessari attrezzi appropriati e una tuta protettiva di colore bianco o giallo. Ci vuole una vera passione, un grande rispetto per queste preziose creature e la dovuta attenzione per tutelare il loro habitat ed evitare spiacevoli incontri. Precisiamo che l’ape non punge mai l’uomo intenzionalmente, ma solo quando si trova sulla sua traiettoria o si sente in pericolo. Non dimentichiamoci inoltre che l’ape è un animale su cui si appoggia l’equilibrio della natura, grazie alla sua opera di impollinazione.

ESTETICA E MEDICINA LE PORTENTOSE PROPRIETA’ CURATIVE DEI PRODOTTI DELL’ALVEARE

Incas, Egizi, antichi Romani: lo sapevate che...

SIMPATICA Un’ape vista dagli studenti grazie ai loro disegni

SE DICIAMO «api», la maggior parte di noi pensa al miele: un prodotto fondamentale perché fonte di energia, da preferire a qualsiasi altro dolciume e addirittura dolcificante per thè e altre bevande. Ma le api producono anche altro, dalla pappa reale, alla base dell’alimentazione dell’ape regina, alla cera e alla propoli. Questi ultimi sono ritrovati, le cui proprietà vengono riconosciute sia in cosmesi che in medicina: chi vuole avere una pelle morbida e vellutata può ricorrere ad una crema a base di cera d’api. Chi desidera un bagnoschiuma o un sapone dolce ed emolliente non troverà di meglio che quello a base di latte e miele. Se siete stanchi e spossati, specialmente nel cambio di stagione, sarà un efficace ricostituente la pappa reale, vero toccasana che contiene gli elementi base della vita, aiuta la memoria e è un alleato anche in campo estetico, contro acne e smagliature. Se durante l’inverno in-

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe. Classi II C e III C: Andrea Baccei, Irene Balestri, Irene Bigongiari, Gianni Brancoli, Icaro Buralli, Guglielmo Buralli, Alessia Canoro, Thomas Cecchettini, Matilde Dinucci, Roberta Fiorino, Teodor Constantin Florea, Sara Karaj, Gabriele Laricchiuta, Clementina

correte nei soliti mali di stagione, tosse e mal di gola, proteggetevi con la propoli, le cui proprietà antibiotiche e disinfettanti non potranno farvi altro che bene.

PENSATE che gli antichi Egizi la usavano per la mummificazione, i soldati romani ne ricevevano una piccola quantità per medicare le ferite, gli Incas l’adoperavano per curare la febbre: oggi è ottimo rimedio in gocce per le infezioni gengivali, in scaglie per screpolature, calli e couperose… inoltre, udite, udite… molte sperimentazioni hanno evidenziato che, oltre alle proprietà battericide e all’attività antimicotica e cicatrizzante, la propoli è un efficace antiossidante, cioè protegge dai danni provocati dai radicali liberi. Sembrerà strano, ma anche al veleno delle api vengono riconosciute proprietà curative, soprattutto nell’ambito delle malattie reumatiche.

Lazzareschi, Alessio Lorenzi, Tommaso Luchetti, Petra Martini, Martina Meschi, Leonardo Molendi, Luca Nelli, Alessia Orzali, Benedetta Palla, Gabriele Quilici, Elia Rossi, Filippo Torricelli, Maicol Vanni. Giammarco Biagi, Marta Brancoli, Hamdi Curumi, Gabriele Del Mugnaio, Roberto Fei, Daniele Giuliani, Lucia Gragna-

ni, Giacomo Grilli, Izabela Kolaj, Simone Maffei, Matteo Massagli, Gino Pacini, Alessandro Pucci, Mattia Saettoni, Elena Serra, Giulia Simi, Federico Sperotto, Federico Stefani, Rachele Unti, Jenny Vannucchi, Amos Vita. Insegnanti tutor: Graziella Amadei, Roberta Amari, Giuliana Matteucci. Dirigente scolastico: Marco Orsi.

A TU PER TU

Volo nuziale o fatale destino per noi... fuchi ECCO la biografia di me, misero fuco. Pochi mi conoscono, tutti mi sottovalutano, troppi pensano che io sia un buono a nulla. Pertanto vi voglio scrivere per narrarvi le mie avventure, la mia malasorte. Nasco da uova non fecondate deposte dalla regina in grosse celle, più grosso e più tozzo rispetto alle femminucce del mio genere, non sono capace di procurarmi il cibo da solo… ahimé… non ho nemmeno il pungiglione! Ho un solo e importantissimo compito, fecondare la regina. Ma per farlo, cari miei, devo rincorrerla insieme agli altri miei colleghi, durante il «volo nuziale»: bisogna darsi da fare, è una vera gara… ebbene se ci riesco, già so che, dopo averla fecondata, cadrò a terra morto. E SE INVECE non ci riuscissi? Non mi aspetta un destino migliore: forse sarò cacciato dall’alveare e morirò di fame oppure le femmine operaie mi uccideranno loro stesse. Un destino atroce e implacabile mi aspetta in questo caso e io ne sono tristemente consapevole. Sapete che di solito non vivo più di cinquanta giorni? Nemmeno due mesi, che però cerco di mettere interamente a frutto. Cerco di non sprecare neanche un’ora del mio prezioso tempo e darmi da fare costantemente in ogni modo, per quello che posso. Quindi produco calore per le larve, trasporto miele, sono sensibile agli odori grazie alle mie sofisticate antenne. Pur tuttavia questa è e rimane la mia triste sorte!


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10 CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 24 APRILE 2012

Media «Massei»

Mutigliano

Il polo sportivo che non c’è Mutigliano: grandi potenzialità inespresse, mentre i nostri desideri... PASSATO RECENTE

I nostri ricordi di una favola senza lieto fine C’ERA una volta una piscina immersa nel verde delle colline lucchesi, piccola ma confortevole, che aveva la caratteristica di rimanere un luogo fresco anche nelle più calde giornate estive grazie agli alberi che la circondavano. Era contornata dai lettini per abbronzarsi, utilizzati soprattutto dalle mamme, mentre bambini e ragazzi sguazzavano nell’acqua... Sì, c’era una volta, ma non tanto tempo fa. FINO a 4 anni fa la piscina antistante alla scuola di Mutigliano era aperta e godeva di un’affezionata clientela, composta soprattutto dagli alunni delle medie. Era tradizione festeggiare con un bagno la fine degli esami di terza media. Molte persone la frequentavano, pagando un biglietto a costo contenuto. Tanti bambini della zona vi hanno imparato a nuotare perché qui venivano fatti corsi anche per i più piccoli. Era ben attrezzata: entrando, si passava attraverso un corridoio ai cui lati si aprivano gli spogliatoi, più avanti c’era un piccolo bar; salendo le scale si trovavano le docce; tutto intorno poltroncine, sedie, tavoli e ombrelloni. Questa magia svanisce nel 2009, quando il Comune di Lucca chiude la piscina perchè non a norma. Essa resta tuttora inagibile. Lasciata all’incuria e al degrado, oggi si presenta circondata da erbacce e rifiuti, riempita da un’acqua verdognola e malsana in cui trovano il loro habitat insetti, rane e topi. Un vero peccato non siano stati attuati interventi di recupero per mettere a norma questa preziosa risorsa del territorio, utile sia per gli abitanti della zona che per gli alunni della scuola, nonchè come attrattiva per eventuali turisti in visita nelle nostre bellissime colline.

MUTIGLIANO è un paesino immerso nel verde delle colline lucchesi, a pochi minuti dalla città, e nasconde molte ma sottovalutate risorse: in particolare l’ambiente naturale e lo spazio aperto si prestano ad attività sportive e di svago. Alcuni impianti sportivi sono effettivamente presenti sul territorio, ma non tutti sono adeguatamente curati e sfruttati al meglio delle loro possibilità. E’ presente un maneggio privato gestito dall’associazione «Il nostro west», che oltre ad organizzare corsi di equitazione e passeggiate a cavallo guidate, promuove feste western durante l’estate. LA ZONA del maneggio è circondata da campi: una parte è utilizzata dagli studenti dell’Istituto Agrario per le loro attività all’aperto, mentre nell’altra è presente un campetto da calcio che però ha il terreno sconnesso e l’erba alta a causa dell’incuria. Poco distante c’è il campo sportivo della Fortis Lucchese gestito e curato dal signor Tocchini. Una struttura a disposizione della squadra per gli al-

tura tronchi cadono e intralciano il sentiero, rimangono lì per qualche tempo.

AMARCORD C’era una volta... una bella piscina nel verde

lenamenti che viene talvolta concessa agli insegnanti di educazione fisica dell’Istituto Agrario su richiesta, ma non è utilizzabile da altri utenti. Lo spazio verde adiacente al campo da calcio è attrezzato per lo svolgimento dell’ormai famosa sagra dei «Rigatoni» che si svolge ogni anno nel mese di lu-

glio. Proprio nel bosco che circonda questo spazio è allestito un percorso vita, con attrezzi in legno sistemati ogni 20-30 metri nelle varie radure. Il percorso è abbastanza ben tenuto e gli attrezzi sono stati messi a nuovo alcuni anni fa, ma la manutenzione non è frequente e se alcuni rami o addirit-

IL PERCORSO vita non è molto frequentato e potrebbe essere curato e pubblicizzato di più, anche perchè tutta la zona circostante sarebbe adattissima a passeggiate a piedi e in mountain bike, anzi sarebbe auspicabile che venissero predisposti appositi percorsi per queste attività.Inoltre bisogna segnalare la presenza vicino all’istituto scolastico «C. Massei» di un campetto polifunzionale (calcetto, basket, pallavolo) attualmente utilizzato dai ragazzi della scuola media e dell’Agrario. Purtroppo mancano adeguate attrezzature, come la rete e le porte, per poterlo utilizzare al meglio. Anche questo campetto avrebbe bisogno di una manutenzione costante. Proprio a pochi passi dalla scuola c’è anche una piscina ormai abbandonata da molti anni. Tutto a Mutigliano sarebbe perfetto per allestire un vero e proprio polo sportivo, semplicemente usando le risorse che già ci sono e rendendole funzionali ed accessibili a tutti. Ma così, almeno per ora, non è.

IL TERRITORIO UN INEDITO VIAGGIO NELLE NOSTRE COLLINE IN COMPAGNIA DI AMICI SPECIALI

In sella per scoprire un mondo nuovo e antico

NATURA Il maneggio «Il nostro West»

LA REDAZIONE ECCO i cronisti della Media di Mutigliano. Classe 3 A: Fabio Bartoli, Angelica Benedetti, Eleonora Bernardini, Irene Bertini, Aurora Bosio, Asia Carlesi, Clarissa Cortopassi, Cesare Da Prato, Gian-

TRA LE ATTIVITÀ sportive che è possibile praticare nella località di Mutigliano c’è anche l’equitazione. Qualche anno fa anche gli alunni delle classi a tempo prolungato della scuola media poterono usufruire di alcune lezioni con gli operatori del maneggio nell’ambito di un progetto scolastico denominato «Alla scoperta del territorio a cavallo». Un’esperienza unica, che ci ha permesso di godere di un’immersione totale nella natura e nel silenzio delle nostre colline, alla scoperta delle bellezze del nostro territorio. Questo ci ha spinto a intervistare i responsabili della struttura, per cercare di approfondire quella che è la loro attività quotidiana. Laura Marchi è figlia di Franco, proprietario del maneggio di Mutigliano e presidente dell’associazione «Il nostro west». E’ lei che ci aiuta a capire meglio come funziona il maneggio, quali sono le loro proposte rivolte al pubblico di ogni età e come si integrano nel contesto paesaggistico.

marco Di Bello, Rachele Discini, Luca Gherardi, Francesco Ginanneschi, Elena Guidotti, Ettore Lenci, Andrea Lorenzi, Chiara Manobiano, Silvia Martelli, Gian Marco Mazzoni, Saoirse Mullan, Chiara Pardini, Mirko Pasquinelli, Vittorio Pellegrineschi, Geremia Simonetti, Martina Sorbi, Carla Van-

Perchè avete scelto Mutigliano per questa attività?

«Perchè questa splendida zona immersa nel verde ci sembrava particolarmente adatta per un maneggio. Abbiamo avuto contatti con la Circoscrizione 6 e con il Comune per avviare la nostra attività». Da quanto tempo è aperto il maneggio?

«Sono circa 13 anni». Che tipo di attività proponete?

«Da noi è possibile fare passeggiate assistite di varia lunghezza, da un’ora a dieci giorni, attività con i disabili accompagnati, percorsi di trekking a cavallo, corsi di equitazione a vari livelli per bambini e adulti». Quante persone frequentano il maneggio? «Siamo quattro istruttori e abbiamo

circa 400 fra soci e utenti coinvolti nelle varie attività».

denberg. Classe 3 B: Rebecca Bartoli, Stefano Bartoli, Gabriele Baschieri, Martine Nicaise Bedi, Ardit Cili, Sabrina Conforti, Chiara Davini, Silvio Del Debbio,Marco Doberti, Giosuè Fazzi, Nicola Francesconi, Sara Fruzzetti,Maria Lo Tufo, Isac Massei, Elisa Naldi, Simone Paesano, Rachele Pa-

roli, Costanza Saettoni, NicolaSarcone, Bianca Stefanelli, Lorenzo Vannucci, Chiara Viani. Per la classe 3 C hanno partecipato: Maesjon Mançe, Ingrit Ferhati, Leon Gjoni. Dirigente scolastico: Leonardo Rotella. Insegnanti tutor: Elena Baroni, Enza Conoscenti, Nicoletta Giuliani De Santis.


CAMPIONATO GIORNALISMO 11

MARTEDÌ 24 APRILE 2012

Scuola Media «Pea»

Porcari

Un’impronta di saggezza… L’anniversario della nostra scuola: 50 anni indietro, alle origini PERCHÈ le persone dovrebbero leggere un articolo su Enrico Pea? Ci sono vari motivi: uno perchè noi giovani non sappiamo chi sia; l’altro perchè conoscere la vita di un uomo del genere è molto importante, perchè ci ricorda che qualcuno prima di noi, ha lasciato un’impronta con il suo pensiero e la sua poesia. Infatti è stato un grande scrittore e non un poeta qualunque perchè ha scritto testi che trattano della saggezza, delle origini del popolo italiano e della sua storia. Pea nacque a Seravezza nell’ottobre del 1881 ed ebbe da piccolo una vita durissima. Quando rimase orfano della sua famiglia povera, lo affidarono al nonno malato di mente , una persona violenta e crudele. Egli non resistette a lungo e scappò via di casa diventando un vagabondo.

DOPO essersi ammalato ebbe l’idea di farsi religioso, cosi entrò in un convento di frati vicino a Pisa ma, a causa di un difetto alla vista, non venne ammesso. All’età di 16 anni si imbarcò come mozzo e raggiunse l’Egitto dove ad Alessandria fondò la «Baracca Rossa», un luogo in cui si ritrovava con i suoi amici: Ungaretti e i fratelli Thuile.

«Moscardino» è un’opera dove viene descritta l’impossibilità dell’uomo di essere buono o cattivo, santo o peccatore e di ricoprire un solo ruolo nel corso dell’esistenza.

TRAGUARDO La scuola «Enrico Pea» compie mezzo secolo

Insieme a loro imparò a leggere e a scrivere , e si avvicinò alla letteratura. Fu proprio Ungaretti che gli fece pubblicare il suoi primo libro: «Fole». L’amicizia tra loro dura a lungo e dopo la Grande Guerra ritornò in Italia stabilendosi a Viareggio. Lì diresse il teatro Politeama , da lui stesso ideato facendo anche scandalo per alcuni contenuti blasfemi. Successivamente dette vita a un nuovo genere di dramma sacro, essendosi avvicinato alla fede

cattolica. Mori l’11 agosto del 1958 a Forte Dei Marmi. Il «Moscardino» è l’opera principale di E. Pea che si divide in: «Il Volto Santo», «il Magoometto» e «Il Servitore del Diavolo» (1922-1942), che sviluppano delle vicende autobiografiche che hanno come sfondo la nativa campagna toscana.

LEGGENDO alcuni brani abbiamo osservato che il romanzo di

ENRICO Pea narra con chiarezza della condizione del reale, così come quella di un sogno e dell’allucinazione. Per «condizione del reale» riguardo alla forma e ai contenuti del romanzo non si intende definire Pea uno scrittore realista nel senso «verghiano» del termine: al contrario nel romanzo non di rado si avverte un passaggio dall’analisi esteriore a quella interiore. Abbiamo notato inoltre che, ogni storia è diversa dall’altra, e ogni personaggio è profondamente distinto dall’altro. Nel libro che abbiamo letto si nota che spesso le storie sono raccontate in prima persona, ma nella maggior parte dei casi sono i personaggi principali a narrare. In «Moscardino» l’autore crea una specie di «angolo riservato» per il desiderio, la vendetta e la lussuria. La dimensione mistica del romanzo è molto presente sia per quanto riguarda le leggende sui santi e sia perché essa rappresenta il polo drasticamente opposto a quello dell’altra vocazione di Pea: quella monastica.

L’INVERVISTA AL TAGLIO DEL NASTRO IL PRESIDE TRACCIA UN BILANCIO TRA IERI E OGGI

Rinnovate alchimie tra i banchi di scuola

MUSICA L’«Orchestra giovanile Enrico Pea» in una esibizione

L’ANNIVERSARIO dei 50 anni della nostra scuola è anche un’occasione per tirare un bilancio. Lo facciamo insieme al nostro preside Paolo Baratta, che ha avuto l’idea di organizzare le manifestazioni, con il coinvolgimento del comitato scolastico di cui ha tirato le fila l’ex preside Piera Dell’Osso. Professor qual’è l’evento che l’ha colpita di più e quello di maggior successo? «Nel primo caso risponderei la cena con gli ex allievi e docenti. Nel secondo gli “Auguri in Musica” che ha visto la partecipazione di genitori, insegnanti e autorità». Quali le sembrano i cambiamenti più importanti della nostra scuola nel corso degli anni? «Quelli più significativi sono sicuramente il grande impegno nel mantenere alto il livello di studi aiutando soprattutto gli immigrati con cor-

LA REDAZIONE ECCO i cronisti in classe della scuola media «Pea» di Porcari. Classe 3 A: Alice Baiocchi, Desiree Bianchi, Alice Cambi, Maira Castellari, Arianna Chiocchetti, Simona Dal Poggetto, Alessio Della Maggiora, Hajar Esarraj, Gabriele Fanucchi, Ginevra Gagliani, Alice Gemignani, Giacomo GIannaschi, Tommaso Giannini, Daniela

si di alfabetizzazione sia per adulti che per ragazzi». Quali sono i problemi che più la preoccupano? «Sono quelli legati all’edilizia e soprattutto ai numerosi studenti presenti nelle classi: un bene, ma le aule non sono abbastanza capienti». Quali sono i punti di forza? «La nostra scuola è nota per i suoi corsi di approfondimento delle lingue come “Trinity” e “D.E.L.F.”, scambi culturali con la Francia, l’indirizzo musicale con “l’Orchestra Giovanile E Pea”». Abbiamo intervistato diverse persone, dai conoscenti agli insegnanti e, del nostro sondaggio è emerso che gli eventi che hanno avuto più successo sono stati il concerto natalizio organizzato dagli allievi che studiano uno strumento musicale e la cena con gli ex allievi.

Giovarruscio, Isaia Martinucci, Leonardo Menchini, Aurelian Paluca, Alice Petri, Ivan Picchi, Demis Pisani, Greta Pisani, Alessio Poggetti, Gianmarco Quaratesi, Sara Russo, Aldo Toschi, Francesco Vernini, Giovanni Ferraro. Classe 3 B: Matteo Andreotti, Steila Baci, Salvatore Bellavista, Anna Bertolucci, Salvatore Campofelice, Chiara Cesca, Ilaria Collodi, Martina Conti, Mar-

co Francesconi, Elena Gelli, Beatrice Giannini, Madalina Elena Golea, Giulia Guria, Samah Beni Monlef Habbachi, Giulia Lazzareschi, Alessandro Lunardi, Denise Marchese, Claudia Norja, Fabio Pantera, Rosanna Persico, Martina Rotondo, Daniel Rovai , Giulia Silvestri, Federico Sodini, Tommaso Tomei, Enea Xhebexhiu, Lorenzo Iaconis . INSEGNANTI TUTOR: Vettori, Orsi, Di Marco. DIRIGENTE: Paolo Baratta.

IDENTIKIT

Il nostro primo mezzo secolo: studio, musica e... QUEST’ANNO la nostra scuola festeggia il 50˚ anniversario del giorno della sua fondazione. Quest’evento ha coinciso con il 150˚ dell’Unità d’Italia. Un bel traguardo che ha coinvolto direttamente tutti gli alunni. I fondatori dell’istituto decisero di intitolare la nostra scuola nel 1961 a Enrico Pea, uno scrittore nato e vissuto nella provincia lucchese. Quest’anno oltre allo svolgimento regolare delle lezioni, tutti gli alunni sono stati coinvolti direttamente nella manifestazione organizzata in memoria del passato e del presente del nostro edificio scolastico.

SIAMO fieri di essere tra coloro che festeggiano questo evento e ci riteniamo fortunati per aver partecipato, noi e gli ex alunni, alle interessanti attività che il nostro ente scolastico ha organizzato: concerti, cene, tombole... Tra gli incontri in programma i ragazzi delle prime hanno partecipato anche all’iniziativa «Puliamo il Mondo». La festa, che ha rafforzato il nostro senso di amicizia, non è finita. A maggio-giugno si aprirà una mostra di fotografie e documenti della nostra scuola contemporanea e delle sue origini, e un concorso di pittura con disegni che ripercorreranno i 50 anni della scuola a cui hanno partecipato gli alunni della scuola primaria («Oltre il Leccio») del nostro istituto. Ma l’evento che ci ha coinvolto di più è stato la partecipazione all’Orchestra Giovanile E. Pea durante la quale abbiamo indossato la maglietta celebrativa dei 50 anni della nostra scuola. Un’uniforme divenuta simbolo e segno di riconoscimento.

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