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10 CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012
Scuola media
«S. Francesco» Soliera
La via del Cerreto si racconta Sentiero, mulattiera, percorso militare-ducale e ora statale: una bella carriera — SOLIERA —
PROTESTE
La strada «sorella» si lamenta — SOLIERA —
MI PRESENTO: sono la sorella della statale 63. Insieme formavamo la strada militare del Cerreto completata nel 1831, ma poi ci hanno separate. Nel 2001 lo Stato mi ha «ceduto» alla Regione Toscana, che ha trasferito alla Provincia di Massa e Carrara la mia gestione. Ora mi chiamo ufficialmente Strada Provinciale 72 di Fosdinovo, anche se su certi cartelli si legge ancora «Statale 446». Inizio al passaggio a livello a Soliera dall’innesto sulla Statale 63 del Cerreto e finisco a Caniparola dove mi immetto nell´Aurelia. ATTRAVERSO i paesi di Ceserano, parte di San Terenzo, Tendola, Fosdinovo e Caniparola. Oltre che dagli abitanti di questi paesi sono percorsa da numerosi pendolari diretti a Carrara o sulla costa. Negli ultimi anni mi sento molto maltrattata: chi mi percorre, specialmente nel tratto da Soliera a Fosdinovo, è costretto a un percorso ad ostacoli per evitare buchi e rattoppi nell´asfalto; in due punti vicino al paese di Tendola il mio fondo ha ceduto e nessuno ancora è intervenuto! Nella bella stagione la vegetazione cresce tanto che in certi punti invade la carreggiata e ostacola la visuale. Quando e se passano a pulire, e non dappertutto, è già metà agosto. Sono sempre più convinta che rispetto a mia «sorella», la statale 63 del Cerreto, io sono trattata come Cenerentola. È vero: sono meno trafficata di lei, ho molte curve e tornanti, attraverso paesi poco abitati, ma ho diritto anch’io a una manutenzione più accurata!
GIÁ i Liguri mi percorrevano quando non ero che un sentiero battuto per passare dal Tirreno alla Pianura Padana. Con i Romani diventai una strada da Luni all´Emilia. Nel Medioevo pellegrini e soldati preferirono a me la via della Cisa. In seguito perdemmo entrambe importanza perché attraversavamo una Lunigiana divisa e debole economicamente. Nel Settecento fu tracciata la «Spolverina», una mulattiera che da Carrara attraverso Castelpoggio, Fosdinovo e Ceserano arrivava a Soliera e si univa a me che portavo al Cerreto e che diventai sempre più trafficata dai muli. Un nuovo colpo per me fu l’apertura della Pistoia-Modena. I governanti, preoccupati per il calo dei traffici, fecero studiare una strada «barrocciabile» da Reggio Emilia al mare via Cerreto, Fivizzano e Fosdinovo. Il primo sopralluogo notò che dal passo «si discende malagevolmente fino a Sassalbo e da qui dopo 5 miglia fino Fivizzano di cui 4 da poco costruite con dolci direzioni e quasi carreggiabili se vi fos-
VIABILITA’ L’itinerario della strada statale 63 visto dagli alunni
se maggior larghezza». I fivizzanesi speravano nel benessere che avrei portato, ma il progetto del 1800 rimase nel cassetto. DOPO il Congresso di Vienna serviva una strada miltare per difendersi da eventuali attacchi francesi. I sovrani di Parma, Modena e Toscana discussero molto
su quale strada rafforzare, Cisa o Cerreto. Fui scelta io, la strada del Cerreto: giá tracciata e in gran parte costruita ma da allargare, rendere meno ripida, riparare per farvi passare i carri dell´artiglieria. Nel versante toscano fino a Fivizzano ero «sassosa ristretta e lavinata»; fino al confine di Ceserano ero stretta ma transitabile, fino a Ca-
niparola in gran parte ottima. Nel progetto del 1829 dovevo essere larga 5 metri tranne nei borghi. Al confine i sassalbini protestarono subito per i loro pascoli e mi bloccarono. Furono chiesti i danni causati a case e terreni sul mio percorso. Inoltre i soldati sul confine disturbavano i contrabbandieri. Però crescevano le domande per aprire locande per i viaggiatori. Il duca di Modena impose come termine del tratto fra Reggio e Fosdinovo il 1831. Fra l´altro ordinò di attraversare Tendola «atterrando una casa» e di girare sotto le mura di Fosdinovo. Nel 1833 apparivo «assai comoda per le ruote». Con l’unitá d`Italia divenni strada d’interesse nazionale, fui separata dal tratto per Fosdinovo ed ebbi un numero, il 23 diventato poi 38 e poi 63. Per rendermi più agevole fu tracciata la rettifica da Aulla a Fivizzano, terminata solo dopo la I guerra mondiale. Dal 1943 al 1945 i Tedeschi mi usarono per controllare il territorio e per ritirarsi. Fui asfaltata solo nel dopoguerra, mentre il piú recente grande intervento, la rettifica vicino Fivizzano, risale a pochi anni fa.
VIABILITA’ IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DECIDERA’ IL BRACCIO DI FERRO TRA ABITANTI E «BESTIONI»
Provinciale 72 e camion del marmo: guerra finita? — SOLIERA —
DANNI La provinciale 72 è rovinata dai tir pieni di marmo
PASSAVANO anche sessanta camion al giorno lungo la provinciale 72. Provenivano dalle cave di marmo di Campocecina e trasportavono pezzi di marmo da sbriciolare. Attraversavano i paesi di Tendola, San Terenzo e Ceserano e poi continuavano il loro percorso lungo la statale del Cerreto fino ad Aulla e da lì proseguivano per Santo Stefano. Viaggiare sulla provinciale 72, stretta e tortuosa, era diventata un’avventura: dietro ogni curva potevi incontrare uno o più «bestioni»; sorpassarli era un’impresa; ben presto il fondo stradale ha cominciato a rovinarsi, in qualche punto la strada ha ceduto e la Provincia di Massa Carrara non interveniva prontamente a sistemare i danni. Dappertutto sentivi lamentele e brontolii. Soprattutto nel paese di Tendola il disagio era fortissimo: per capire
il perché basta farci un salto e misurare le dimensioni della strada che attraversa il borgo. Le proteste si sono moltiplicate: riunioni, lettere ai giornali, striscioni, manifestazioni, iniziative particolari, come il passaggio continuo di persone sulle strisce pedonali per impedire/rallentare il transito ai camion. Dopo anni di lotte e trattative, il sindaco di Fosdinovo nel 2011 ha vietato il transito ai camion oltre le 25 tonnellate nel territorio del suo Comune, per salvaguardare l’incolumità dei suoi cittadini. I camion ora non passano più, ma la Provincia ha fatto ricorso al Tar contro l’ordinanza e si attende la sentenza. Da una parte gli interessi degli imprenditori del marmo, dei cavatori, dei camionisti, dall’altra il disagio di molti cittadini. Servono percorsi alternativi sensati e un impegno della Provincia a garantire i diritti di tutti. Come finirà?
LA REDAZIONE ECCO gli alunni della scuola media San Francesco» di Soliera che hanno redatto la pagina. Sono Baez Kevin, Bernardini Nicola, Bianchi Gabriele, Boriassi Rebecca, Ceragioli Lorenzo, Clementi Virginia, Cuo-
mo Peter, Esposito Emanuela, Formai Emma, Frandi Davide, Franchini Giulia, Gabrielli Alessio, Laksikis Anna, Mandorlini Elisa, Paita Marco, Pea Stefano, Romei Francesco, Serafini Noemi, Vallisneri Ali-
ce, Varanini Sacha, Vincenzi Elia. I docenti «tutor» sono i professori Patrizia Chinca e Giulia D’Errico. Il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo che comprende la «San Francesco» è Angelo Ferdani.
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MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012
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Scuola media
Alfieri-Bertagnini Massa
Alla ricerca del Pomario perduto Viaggio nella storia dell’antico giardino ducale. Un patrimonio da salvare quell’arco, oggi sfortunatamente in rovina, si apriva un affascinante giardino rinascimentale, coltivato a pomi, con nicchie decorate con statue, fontane, arbusti sempreverdi di leccio, bosso, tasso, recisi in modo geometrico. Lo rendeva ancora più suggestivo la presenza, pare, di animali selvatici, come orsi e lupi.
— MASSA —
LA SCHEDA
Degrado e abbandono tra i limoni — MASSA —
IL GIALLO dei limoni, che svetta da qualche angolo nascosto, è l’unica nota di colore che sorprende chi si avvicini oggi al Pomario. Per il resto, domina il colore dell’abbandono nelle scure distese di rovi e di altre piante selvatiche, dei muri diroccati, degli edifici sventrati, delle crepe, diventate discariche per bottigliette e giornali. L’arco di Camporimaldo si erge, solitario, in uno stato di massimo degrado. Nella parte interna, mostra evidenti segni di danneggiamento dovuti al passaggio dei mezzi di trasporto pesanti, che fino a poco tempo fa vi passavano sotto. OGGI il Pomario appartiene a una società chiamata Pomario s.a.s., che fa da intermediario fra il comune di Massa e i vecchi proprietari.Per recuperare l’area, è stato elaborato un piano regionale, il Piuss, che sarebbe dovuto partire lo scorso maggio, ma è ancora fermo. A spese di Regione (60%) e del Comune (40%), si prevede la cementificazione di una parte dell’area per realizzarne un parcheggio e, nella parte restante, la nascita di un “Parco pubblico del Pomario”. “Italia Nostra” si batte da tempo contro tale piano, opponendosi a qualsiasi intervento di cementificazione dell’area. In attesa che si intervenga il prima possibile per salvare il Pomario, ci auguriamo che venga data la giusta rivalutazione a quest’area verde, perché fa parte della nostra storia e di noi stessi e riguarda dunque il nostro futuro.
“GODI se il vento che entra nel Pomario vi rimena l’ondata della vita”. Sarebbe bello se questi versi di Montale potessero riferirsi a ciò che oggi rimane del Pomario di Massa. Purtroppo, un’enorme distesa di rovi è ciò che resta ai giorni nostri di quella zona. Poche le fonti che ne ricostruiscono la storia, tra cui quelle catalogate da Stefano Giampaoli (1920-1985), l’instancabile esploratore degli archivi di stato, che ha riportato alla luce dei disegni di Giusto Utens che rappresentavano il giardino ducale nel suo antico aspetto. Il Pomario fu costruito nel 1557 per volere del marchese Alberico I, che “fece di questo terreno incolto un giardino amenissimo”, come diceva una vecchia epigrafe ormai cancellata. Sorse contemporaneamente alla nascita di Massa Cybea e fu situato in un’area di circa 11660 mq, tra le attuali vie Venturini, Giampaoli, Palestro e Camporimaldo. Concepito come luogo di meditazione del marchese fuori dalla città e come orto ducale, ebbe inizial-
RECUPERO Nella vignetta degli alunni l’arco ristrutturato
mente una pianta quadrata, circondata da mura, con torrette ad ogni angolo e vialetti interni che formavano una struttura a otto punte. LA PORTA di accesso era costituita dall’arco di Camporimaldo, che si affaccia su via Palestro. Unico arco in marmo della nostra cit-
tà, a differenza di altri in muratura, come quello della Martana e del Salvatore, non ha una funzione di protezione, ma di abbellimento. Ai suoi lati troviamo Virtumno, conosciuto come “Pasquino”, dio etrusco delle piante arboree e Pomona, chiamata anche “Pasquina”, dea etrusca dei frutti, simbolo dell’abbondanza. Dietro
GRAZIE al microclima tipico della zona, mitigata dal mare e riparata dai venti freddi del nord dalle mura e dalle montagne, nel Pomario si coltivavano diverse tipologie di agrumi, disposte in filari geometrici. Alcune piante venivano poi trapiantate nelle ville di proprietà dei Malaspina, attestando un utilizzo del Pomario anche in funzione di vivaio. Nel Settecento il principe Carlo I ne ordinò l’ampliamento, come riportava la scritta sull’arco, poi cancellata dalla Repubblica Cisalpina nel 1797. In quegli anni la struttura assunse una forma rettangolare, mentre l’arco fu spostato verso mare, dove è oggi. Rimane un mistero come poi questo splendido giardino tra Ottocento e Novecento andò in rovina.
L’ESPERTO INTERESSANTE PROPOSTA ELABORATA NELLA TESI DI LAUREA DAL DOTTOR ANTONELLO ANDRIANI
Recuperiamo l’area, ecco le istruzioni per l’uso — MASSA —
POMARIO Occorrono interventi per l’area nel degrado
IL DOTTOR Antonello Andriani, laureato in Agraria presso l’Università di Pisa, ha tenuto recentemente due lezioni sul Pomario presso la scuola media Alfieri Bertagnini di Massa, proponendo un progetto di riqualificazione di quest’area verde già elaborato in sede di tesi di laurea. Le sue proposte prevedono innanzitutto la ricostruzione, in un terzo circa di tutta l’area, del vecchio giardino albericiano, racchiuso da muretti a secco e dotato dell’antica pianta a otto punte con vialetti in ghiaia, lungo cui verrebbero collocati arbusti autoctoni recisi in modo geometrico e alcune varietà di agrumi tipiche di Massa. Poi la sistemazione dell’area restante, con piante locali, palme ed alberi che necessitano di poca manutenzione e non richiederebbero dispendi di denaro all’amministrazione co-
munale. Propone inoltre la ricollocazione più a monte dell’Arco di Camporimaldo, all’inizio di Via Pomario, nella sua sede cinquecentesca: oltre a dare un aiuto alla viabilità, la nuova sistemazione dell’arco di Pasquino e Pasquina all’ingresso del giardino storico renderebbe il Pomario più affascinante. L’esperto ritiene importante la valorizzazione delle strade limitrofe all’area, trapiantando agrumi di vario genere, anche lungo Via Pomario, e il rinvenimento di aree alternative per il parcheggio delle auto, come quella adiacente lato mare alla scuola media Alfieri Bertagnini. Infine propone il restauro dell’antico edificio a nord-ovest del Pomario, per farne un archivio storico degli strumenti e delle coltivazioni albericiane. Con il recupero di tutta l’area, si otterrebbe anche un anello importante del percorso che collega tutte le zone antiche della città.
LA REDAZIONE ECCO i cronisti in erba della classe 2˚A della scuola media dell’istituto Alfieri Bertagnini: Adam Dorinel Jonut, Elena Andriani, Gabriella Andriani, Andrea Barotti, Viola Bazzardi, Giulia Bonni, Michele Bordigo-
ni, Enrico Borzoni, Lorenzo Calevro, Valentina Credendino, Letizia Cristofani, Nicolò Dell’Amico, Costanza Flora, Maria Ginzburg, Anna Giorgeri, Alessio Giorgieri, Andrea Lazzarotti, Gabriele Lazzarotti,
Gianluca Ortori, Gianmaria Ricci, Yasmine Sbai, Afrim Veliu, Chiara Zaccaria, Natalien Flores Flores. Dirigente scolastico: Walter Fiani. Docente tutor: Sara Bisanti
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«G.Galilei» Monzone
Moda: originali o fotocopie? Gli adolescenti riflettono sull’abbigliamento: autoritratto ironico e frizzante — MONZONE —
CONFRONTI
Un consiglio dal passato: no allo spreco —MONZONE —
LE VECCHIE generazioni, i nostri bisnonni, alla nostra età non avevano la scelta di abiti che abbiamo noi: erano fieri del vestito nuovo, lo tenevano con cura. Invece adesso quando un capo si rompe, si macchia o passa di moda, noi andiamo a comprarne uno nuovo. Una volta possedevano solo due vestiti, uno per le feste e uno da lavoro. Gli abiti passavano da un figlio a un altro e non importava che si trattasse di un maschio o di una femmina. E in famiglia allora si era in tanti! Voltati e rivoltati, stretti o allargati, i vestiti “vivevano” fino a quando non erano consunti. Ora quando uno si stufa, li butta. Raramente si comprava un abito, di solito si cuciva in casa o si produceva con la lana. Molti erano fatti da nonne o da mamme, perché non c’erano tanti soldi. Spesso la lana era ricavata da pecore o capre che si allevavano nel proprio campo: si facevano a mano calze, maglioni, sciarpe e cappelli per l’inverno. Una tempo avevano due paia di scarpe, uno per tutti i giorni e l’altro per le occasioni importanti. Si indossavano anche zoccoli di legno che potevano durare anni e anni e che venivano fabbricati dai calzolai che abitavano vicino. E a volte si applicava una suola in lamiera, in modo che non si consumassero. In tempo di guerra poi, si ricavavano abiti addirittura dalla stoffa dei paracadute degli americani e con le corde si ottenevano delle canottiere lavorate ai ferri. I pantaloni spesso erano rammendati e pieni di toppe. A quel tempo ci si arrangiava! Oggi invece … si compra, si compra, si compra!
OGNUNO di noi prima di uscire si dà un’occhiata allo specchio, per vedere se è a posto, se è alla moda. Ma che cosa vuol dire essere alla moda? Secondo alcuni attraverso la moda, ogni generazione ha voluto differenziarsi da quella precedente, secondo altri è uno strumento per esprimere la personalità. Alcuni sostengono che c’è sempre stata la tendenza a seguire le mode, ma ciò negli ultimi anni è molto aumentato, anche per l’influenza della pubblicità. Molti di noi giurano che non è importante indossare “grandi marche”, basta che gli abiti siano carini e comodi. Anche se si crede di essere tutti diversi, ognuno vuole appartenere un po’ al “branco” e allora portiamo le stesse scarpe, gli stessi jeans a vita bassa. Che vuol dire questo? Se non ci si mette la divisa del gruppo si è esclusi? Non proprio, ma alla nostra età è importante essere accettati: ci si costruisce un’immagine di sé basata anche sui gusti del gruppo, ci si specchia negli altri e così ci si sente al riparo. La prima cosa che salta all’occhio entrando nella nostra classe, è che ragazzi e ragazze vesto-
LOOK Il ’branco’ (disegno di Leonardo Cappelli e Leonardo Duranti)
no in modo simile e non è poi così vero che non diamo importanza ai capi firmati. I maschi indossano tshirt con scritte e disegni che sembrano cartelli pubblicitari. Le felpe, con il cappuccio, sono extra large e arrivano fino alle cosce; i jeans possono essere di tre taglie più larghe, con il cavallo al ginocchio, oppure attillati, che non si riesce qua-
si a camminare. Dicono che sono comodi, ma spesso si vede qualche faccia sofferente! Sono a vita bassissima, dalla quale spunta biancheria intima con bizzarre fantasie: gatti, frutti, cani, teschi, cervelli, numeri, scritte spiritose. Molti indossano magliette così strette che sembrano omini Michelin; portano scarpe con stringhe di colori diversi, ma ri-
gorosamente slacciate, in modo che il piede navighi: La linguetta deve essere in vista, per far vedere l’etichetta e quindi la marca. Hanno un’andatura rilassata, come rapper, oppure camminano a passi piccoli perché i pantaloni non permettono di più. Le capigliature sono opere d’arte: spesso i capelli, impastati di gel, sono rasati ai lati e più lunghi al centro, sparati in su, dritti come aculei. Le femmine sfoggiano felpe coloratissime, magliette con scritte appariscenti e disegni. Non portano mai le gonne, capo d’abbigliamento considerato ridicolo, ma jeans strappati, con brillantini. Calzano con eleganza le scarpe da tennis. Sono all’ultimo grido le sciarpe, che danno un tocco raffinato; le portano come se avessero sempre mal di gola: a quadretti, a pois, alcune così vaporose da sembrare zucchero filato. Lo smalto alle unghie è un’esplosione di colori. I capelli sono lisci, sciolti, con qualche ciocca dai colori intensi, o raccolti, con mollette, nastri, elastici. Portano ai polsi tanti braccialetti colorati e vistosi orecchini così lunghi che sfiorano le spalle; le cinture, borchiate e chiuse da una fibbia imponente sono appoggiate sui fianchi.
MODA LE ETICHETTE CI RIVELANO: GLI ABITI CHE INDOSSIAMO SONO GRANDI VIAGGIATORI
Il mondo «nascosto» nel nostro armadio — MONZONE —
Da dove vengono i nostri vestiti? (disegno di Martina Francini)
A SCUOLA parlando di un incidente in una fabbrica tessile a Barletta, uno di noi ci ha fatto notare che la sua maglietta era stata prodotta proprio lì; così, spinti dalla curiosità, tornando a casa abbiamo messo a soqquadro gli armadi tirando fuori abiti su abiti, jeans, magliette, scarpe, piumini, per leggerne l’etichetta e scoprire la loro provenienza. Non avremmo mai pensato che tanti prodotti anche di marche italiane fossero fabbricati in paesi stranieri. Su molti abiti poi c’è scritto “made in Italy”, ma abbiamo scoperto che essi possono essere cuciti in qualsiasi paese del mondo; poi, trasportati in Italia, vengono rifiniti e etichettati come prodotti italiani. Siamo rimasti stupiti che moltissimi vestiti vengano da lontano: Turchia, Vietnam, Bangladesh, Indonesia, Pakistan, Cina. E’ in questi paesi che spesso le grandi marche, che noi conosciamo e spesso indossiamo, delocalizzano, cioè spostano le loro sedi di produzione in zone
economicamente più favorevoli. E’ qui che le loro industrie di jeans, scarpe, magliette, articoli sportivi fabbricano prodotti destinati al mercato dei paesi industrializzati. Le aziende occidentali possono trovare manodopera a basso costo, in assenza di controlli, di sanzioni, di tutela del lavoratori. Dietro i nostri abiti si può nascondere anche il lavoro minorile: in varie parti dei paesi poveri, milioni di bambini, che lavorano in luoghi malsani per molte ore al giorno, sono privati della loro infanzia, del diritto di giocare e di andare a scuola, e restano quindi nell’ignoranza e nella povertà. Non so quanti di noi pensano che quei capi d’abbigliamento potrebbero essere stati fatti da nostri coetanei. Loro lavorano e noi ci compriamo l’ennesimo paio di scarpe che nemmeno ci serve, ma ci fa sentire tanto alla moda, salvo poi scoprire che quel capo è stato realizzato sfruttando il lavoro di un ragazzo che non avrà mai il piacere di indossarlo.
LA REDAZIONE LA pagina è stata realizzata dagli studenti della classe III C della Scuola Media “G. Galilei” di Monzone: Marco Andrei, Katherine Barbieri Bertilorenzi, Gabriele Battaglia, Gabriele Battaglia*, Letizia Bini, Leo-
nardo Cappelli, Sofia Cecchini, Leonardo Duranti, Thomas Duranti, Simone Ferrari, Hichame Fouhamy, Martina Francini, Eleonore Krisa, Yuri Morelli, Maria Consiglia Mormile, Nicolò Nanna, Giacomo Rossetti,
Tommaso Rossetti, Greta Sisti, Daniele Stopar. L’attività è stata guidata dall’ insegnante Maria Cristina De Gregorio; il dirigente scolastico è il professor Angelo Ferdani.
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
«Taliercio» Carrara
Uno zio, un capo, un grande uomo La storia di Giuseppe Taliercio raccontata dalla nipote professoressa — CARRARA —
ABBIAMO intervistato la professoressa Cappè, una delle nostre insegnanti, nonché nipote di Giuseppe Taliercio; ci ha fatto commuovere parlandoci di lui proprio come si parla di uno zio. «Amava fare! Un giocherellone, simpatico e con un soprannome degno delle sue caratteristiche: Pinuccio. Lo zio Pinuccio era lo zio più giovane, stava sempre con noi, i suoi nipoti e, quando d’estate veniva in vacanza a Marina, ricordo che andavamo al mare tutti insieme, al bagno Sirena. Raccontava tante barzellette ed era lo zio che giocava di più con noi: costruivamo castelli, vulcani e razzetti, con lui era divertente tutto!».
INDIMENTICATO Il monumento a Taliercio a Marina di Carrara
«NATO a Marina di Carrara, era il più giovane dei suoi fratelli; la mamma di “zio Pinuccio”, cioè la nonna, aveva fatto solo la seconda elementare ed era rimasta vedova molto giovane e con quattro figli piccoli; aveva trasmesso loro l’importanza della scuola e dello studio per poter affermarsi nella vita e zio Pinuccio ci riuscì: frequentò
il liceo scientifico e poi si laureò in ingegneria, all’università di Pisa, fino a diventare direttore del Petrolchimico di Porto Marghera. Sposò Gabriella, la zia “Lella”, e con lei si stabilì a Mestre. Dal matrimonio nacquero cinque figli». Fu rapito il 20 maggio 1981 dalla Brigate Rosse. L’unica sua colpa fu quella di trovarsi a capo
della direzione del Petrolchimico. Era domenica quando arrivò la notizia alla nipote: «Non mi sembrava che dovesse succedere proprio alla nostra famiglia. Speravamo in una trattativa ma, niente da fare, eravamo convinti che l’avessero sequestrato per un riscatto, ma non fu così. Mia madre e la zia si recarono a “Tele Tosca-
na Nord”, una nota tivvù privata, per un appello: eravamo disposti a tutto per riavere indietro zio Pinuccio ma, dopo 46 giorni di prigionia, lo uccisero. Il corpo fu ritrovato il 5 Luglio 1981. Ricordo la frase che pronunciò mia mamma: ‘Tutto è compiuto’». Per concludere l’intervista, la ‘prof’ ci ha raccontato alcuni episodi della vita dello zio: «Durante la seconda guerra mondiale, Marina era stata “sfollata”, allora Pinuccio, i fratelli e la madre si erano trasferiti a Colonnata. Quando arrivarono, i tedeschi separavano le donne, che venivano salvate, dagli uomini, che invece venivano portati in Germania. Per proteggere suo figlio, la zia lo travestì da donna. In questo modo Pinuccio si salvò, al contrario di un suo amico sedicenne, che fu portato a Berlino e da cui si ricevette soltanto una cartolina, ma poi non se ne seppe più nulla. Aveva molte capacità, era intelligente e i valori in cui credeva erano: la provvidenza, la solidarietà, la cultura, la scienza, la famiglia. Tutti noi desideravamo che il suo ricordo rimanesse vivo».
LA TESTIMONIANZA L’ASSOCIAZIONE SAN VINCENZO DE PAOLI AIUTA CHI NE HA PIU’ BISOGNO
«I poveri sono i nostri padroni, ogni sorriso un gol» — CARRARA —
LA MANIFESTAZIONE Note di solidarietà
TALIERCIO amava fare ma non solo per sé, per lui non esisteva soltanto un ‘io’ ma anche un ‘voi’, un ‘te’, un ‘loro’; era un attivo volontario della San Vincenzo. Dopo l’intervista con la professoressa Cappé, abbiamo ascoltato il signor Mazzoni, presidente della S.Vincenzo de’Paoli. L’associazione, dedicata all’opera di S. Vincenzo de’ Paoli, ha il compito di unire la preghiera all’azione. Il suo intento è di rendere ognuno autosufficiente, e di dare a ciascuno la giusta dignità. E’ una grande famiglia, nata nel 1600, ed agisce capillarmente anche a livello internazionale. «I poveri sono i nostri padroni», così ha commentato il presidente, spiegando
che l’associazione aiuta gratuitamente chi si trova in difficoltà. Solidarietà è la parola fondamentale: uguaglianza tra chi dà e chi riceve. Lo scopo di tutti coloro che aderiscono alla S. Vincenzo è rendere autonoma ogni persona, tramite la solidarietà. Gli occhi di Mazzoni si illuminano mentre descrive il lavoro di tutta una vita. «Cosa prova ad aiutare le persone?»chiede un alunno; lui lo guarda e sorride: «Mi sento come te quando la tua squadra fa goal». Il presidente si mostra gentile con tutti e continua sottolineando: «Non veniamo pagati, questo non è un lavoro, ma uno stile di vita». «La nostra paga è il sorriso della persona aiutata», afferma sereno, poi ci saluta ripetendo: «I poveri sono i nostri padroni!».
LA REDAZIONE Ecco i cronisti in erba della Taliercio: Federica Albani, Monica Bianchi, Michael Biscetti, Isabella Bogazzi, Perla Borghini, Sara Bottari, Brian Brozzo, Giacomo Camilli, Goran Ceccopieri, Joshua Chiarotti, Njcole Diamanti, Teresa Giannarelli, Gianmarco Giovanelli, Matteo Iardella, Eleonora Luna Iovino, Robert Espertin, Daniele Pieroni, Elisabetta Marrucci, Rebecca Moretti, Gianmarco Moretto, Costanza Morotti, Adriana Nistor, Arianna Santini, Caroli-
na Torri, Benedetta Vassallo, Giacomo Andrei, Giorgia Badano, Gabriele Bassi, Andrea Beghè, Sonny Bruzzi, Elena Calevro, Nocolò Coppedè, Noemi, Danesi, Lorenzo Domenichelli, Irene Donnini, Rebecca Fedele, Filippo Grassi, Simona Lieto, Stefano Lo Cicero, Valentina Pedrelli, Gabriele Pezzica, Alessia Piolati, Alessio Raffo, Matteo Ricci, Leonardo Stangoni, Diana Tarasenko, Lorenzo Tonazzini, Robin Vatteroni, Beatrice Venè, Andrea Villano, Alessia
Andrei, Daniele Barattini, Martina Bottici, Matteo Ciampi, Evelina Devoti, Denisa Doda, Federica Donnini, Sara Lorenzini, Chantal Manfredi, Alessio Marciasi, Gaia Marrucci, Emanuela Mustone, Francesca Panizzi, Carlotta Piaggio, Carolina Poggi, Andrei, Stahiie Ioan, Caterina Viaggi. I docenti sono Erica Biglioli, Francesca Costa, Rita Tonarelli, Maria Raffaella Ratti. Dirigente: professoressa Mirella Cocchi.
RIFLESSIONE
Seguiamo le orme di ‘Pinuccio’ — CARRARA —
IN RICORDO di Taliercio è stata eretta una statua a Marina di Carrara, nell’omonimo largo a lui intitolato, in località Paradiso; nel marmo sono scolpiti dei fori, segno delle pallottole che lo uccisero. Portano il suo nome anche la biblioteca del liceo scientifico Marconi di Carrara, il Palasport di Mestre e un’aula dell’università di Padova. Già dal 1982 la nostra scuola è stata intitolata a lui, per ricordare la figura di un uomo che costituisce, soprattutto ai nostri giorni, un modello per i valori che rappresenta. Tra questi emergono la cultura e la solidarietà, ideali che lui ha perseguito per tutta la vita e che noi alunni ci impegniamo a coltivare, seguendo le sue orme. Non sono rare tra noi, compagni di scuola, situazioni in cui ci si aiuta gli uni con gli altri e questa disponibilità si esplica anche al di fuori del nostro ambito scolastico. Recentemente ci è sembrato naturale intervenire a sostegno della popolazione della Lunigiana colpita dall’alluvione, in particolare contribuendo alla ricostruzione della scuola di Aulla, andata distrutta. L’iniziativa, partita dai ragazzi della III A ad indirizzo musicale, è stata subito accolta dalla maggior parte degli alunni dell’Istituto comprensivo Carrara 5. E’ stato così organizzato il concerto “Note di Natale”, che ha permesso, con la collaborazione del comitato genitori, di raccogliere una somma destinata all’acquisto di materiale scolastico, una fotocopiatrice e gli strumenti per il laboratorio scientifico-ambientale, per i nostri amici di Aulla.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Da Vinci-Leopardi Carrara
“Internetmania” tra luci e ombre Come imparare a usare la rete in modo sicuro e senza brutte sorprese smettere quando voglio» mente.
— CARRARA —
LE REGOLE
Il decalogo dei cybernauti consapevoli — CARRARA —
DOPO aver approfondito l’argomento ed averne discusso in classe, abbiamo redatto il seguente decalogo che potrebbe essere utile a noi “nativi digitali” per effettuare una navigazione sicura. Se seguiamo queste regole, internet può essere considerato come un amico divertente, perchè siamo coscienti che in esso si nascondono “falsi amici”, ma abbiamo imparato che esistono mezzi adeguati per difenderci. Quando usiamo internet non dobbiamo assolutamente: Dare informazioni personali; usare carte di credito online, dare informazioni finanziarie, numeri di conti correnti, dati paypal; rispondere ad un messaggio ambiguo (interrompiamo immediatamente la comunicazione e riferiamo l’ accaduto ai genitori); condividere la password neanche con gli amici (usare preferibilmente password alfanumeriche e cambiarle spesso); compilare moduli di iscrizione non certi o descriverci (informazioni sulle nostre caratteristiche fisiche e psicologiche); partecipare a concorsi online senza il consenso dei genitori; accettare di incontrare persone conosciute in chat (“un lupo si può mascherare da agnello!”); scaricare programmi senza il permesso dei genitori, poiché potrebbero essere virus informatici; aprire i messaggi indesiderati, ad esempio pubblicità o richieste di sconosciuti (meglio cancellarli senza neppure leggerli); pubblicare foto o video senza l’ autorizzazione.
UNA delle invenzioni senza dubbio più utili dell’era globale è internet. Internet è un sistema di connessione tra due o più computer, che consente di scambiare dati e informazioni. Il modo di comunicare nell’era digitale è stato completamente stravolto; dopo i cellulari, la rete è diventata il modo più semplice e più frequentato di comunicare in tempo reale. DA UN’ INDAGINE condotta tra tutti gli alunni del nostro istituto risulta che il 93% ha la possibilità di connettersi alla rete. Con i motori di ricerca si possono avere informazioni da tutto il mondo in tempo reale, trovare moltissimi siti educativi, culturali , vedere documentari. Inoltre abbiamo riscontrato che il 78,5% circa è iscritto ad uno o più social network, siti tramite i quali in cambio di dati personali viene data la possibilità di usufruire gratui-
L’INDAGINE Ogni ragazzo passa sempre più tempo immerso nella rete
tamente di una pagina sulla quale è possibile chattare, pubblicare foto e video. Ormai noi ragazzi non possiamo farne a meno. Spesso le ore trascorse su internet sono troppe e ciò può diventare un “problema” nel senso che in alcuni casi si può perdere il contatto con il proprio ambiente sociale, occupandosi maggiormente dei rapporti “virtuali” a discapito di quelli “veri”. Dalla nostra indagi-
ne risulta che circa il 66% di noi ragazzi trascorre da una a due ore al giorno navigando sui social network, arrivando persino al 5% che vi trascorre più di quattro ore. Secondo una recente ricerca dell’ University of Chicago Boot School of Business i social Network avrebbero sulla psicologia umana gli stessi effetti di creare dipendenza come droga e alcool; insomma chi dice «con facebook posso
MA SIAMO consapevoli degli inganni presenti nelle reti e dei rischi che corriamo? Infatti la socializzazione in rete non è mai come quella “in persona”: è più facile mentire e dare agli altri una falsa idea di sé, si può prendere un’ informazione sbagliata per vera e si possono fare brutti incontri. Noi riteniamo che quello più pericoloso sia l’imbattersi in un cyberpedofilo. E’ un individuo molto pericoloso, un lupo che si maschera da agnello. All’ inizio finge di essere un nostro coetaneo, di avere i nostri interessi, poi introduce argomenti sessuali, saggiando la nostra disponibilità ed inviando anche fotografie molto sgradevoli. Riteniamo che ci sia bisogno di una regolamentazione di internet che tuteli il navigatore, anche se, come risulta dall’ indagine, circa il 40% dei ragazzi non permette ai genitori di controllare il proprio profilo.
L’INTERVISTA DANIELE MANCINI DELLA POLIZIA POSTALE SPIEGA COME EVITARE I PERICOLI
Navigare informati per difendersi dalle truffe LA SCUOLA, per educarci ad un uso corretto e sicuro della rete, ha invitato l’ assistente capo della polizia postale e delle comunicazioni di Massa Carrara, Daniele Mancini, il quale con disponibilità e chiarezza ha risposto ai vari quesiti che gli abbiamo posto. Come vanno usate le e-mail? La posta elettronica non è sicura perchè non è sempre detto che sia autentica. Quindi se ricevete allegati da sconosciuti non apriteli. Quali sono i principali pericoli della rete? In chat si possono incontrare i cosiddetti “cyberbulli”, i quali prendono di mira un utente con parole offensive, pubblicando anche sue confidenze o foto imbarazzanti. Navigano in rete anche i “cyberpedofili”, i quali fingono di essere un adolescente o un bambino al fine di ingannarvi, nascondendo co-
sì le loro vere intenzioni. A quali sanzioni va incontro chi pubblica in rete foto o filmati non autorizzati? Nel giro di pochi giorni, poiché abbiamo la possibilità di risalire all’ indirizzo ip, il colpevole viene individuato. Ricordatevi bene che potete cancellare la posta che ricevete, ma non quella che inviate. E’ consigliabile acquistare prodotti on line? No, bisogna stare molto attenti perchè talvolta le merci proposte non corrispondono alla realtà; inoltre non è consigliabile pagare con carta di credito, perchè potrebbero sottrarvi i dati. Cosa dobbiamo fare quando ci viene rubata la password? Prima di tutto non dovete mai dare la vostra password ad amici o conoscenti. Se si verifica questo furto, aprite la pagina principale di facebook, cliccate sul segnale “abuso” e seguite il procedimento.
Silvia Sozzi, Spazzafumo Lisa, Giulia Tognini, Andriy Vovchak, Lorenzo Arrighi, Lorenzo Ballerini, Matteo Bardini, Tommaso Bedini, Giacomo Bernacca, Carola Biggi, Michela Borghetti, Davide Botti, Elena Chelotti, Giulia Chelotti, Agnese Masa Di Dio, Agnese Menconi, Adriana Mirea, Lorenzo
Moccia, Davide Musetti, Pietro Olivotto, Rachele Salvi, Nicola Santucci, Eva Scroglieri, Luca Scroglieri, Marco Segnanini e Rebecca Vacca. I docenti tutor sono Emma Cattani e Daniela Vatteroni. La dirigente scolastica Alessandra Valsega.
— CARRARA —
MARE AGITATO Il mondo di internet, non solo per i giovani, può essere un oceano in cui è facile perdersi
LA REDAZIONE HANNO collaborato alla realizzazione della pagina: Laura Angerini, Valentino Bacci, Gaia Baccioli, Ibtissam Berruoj, Alice Bordigoni, Alessandro Caleo, Valentina Della Peruta, Robert Dinu Ilaria Gabrielli, Ayah Hakmi, Rima Hakmi, Lorenzo Melegari, Mattina Pigorini, Selene Pitton, Andrea Margarita Rivieri, Carlotta Salvatori,
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Giorgini Montignoso
A Montignoso c’è la “Pefana“ Riflessioni su una tradizione molto sentita e particolare un tempo fra le persone: oggi questo si è un po’ perso, perché la vita moderna ha reso tutti più diffidenti e si tende a chiudersi in se stessi. Ma tornando alla nostra “star” del 6 gennaio, noi ragazzi abbiamo capito che la Pefana , tutto considerato, è un po’ Strega,un po’ Nonna buona, e anche un po’ Madre Natura, perché coi suoi abiti poveri e rattoppati rappresenta il ricordo dell’inverno -che spesso in passato significava carestia- ma con i suoi dolci e semplici regalini simboleggia l’arrivo della bella stagione carica di gioia e speranza.
—MONTIGNOSO —
OGNI paese, anche il più piccolo, ha le sue tradizioni e Montignoso, che non fa eccezione, ne ha una alla quale tiene molto: quella della Pefana (si scrive proprio così, non è un errore di stampa!), un concentrato di tradizioni antichissime, cultura popolare, magia precristiana, folclore e … mistero. Noi ragazzi abbiamo scoperto origine e segreti di questa festa durante una conferenza tenuta a scuola da un esperto di storia montignosina, Piero Guadagni, che ci ha spiegato come le tradizioni locali ad essa legate siano molto più antiche di quelle della Befana nel resto d’Italia, tanto da risalire addirittura all’età del Bronzo, per poi passare attraverso Liguri Apuani, Celti, Longobardi (è opera loro la suggestiva torre fortificata che domina Montignoso dall’alto, il Castello Aghinolfi), i Corsari e i Provenzali. Ma quali sono queste usanze così tipiche? La più particolare è quella dei cortei dei Pefani mascherati, (probabilmente un ricordo degli antichi cortei degli spiriti degli antenati) accompagnati da una guida a vol-
TRADIZIONI A Montignoso si festeggia la Pefana
to scoperto, il cosiddetto “garante”, che al suono dei campanacci scaccia-guai girano per le case donando e ricevendo dolcetti vari, chiamati in dialetto ”gniccò”. Maschere e travestimenti un po’ spaventosi, canzoni, dolcetti; ma allora, ci siamo detti, gli Americani con la loro Halloween non sono poi stati così originali, perché la
nostra cara vecchia Pefana queste cose le aveva inventate molto, molto tempo prima …! QUANTO ai cortei, poi, abbiamo anche riflettuto sul fatto che l’usanza di far entrare i Mascheri nelle case del paese nella notte della Festa dimostra la fiducia e la semplicità di rapporti che c’era
CERTO, il suo abbigliamento non è dei più “griffati” e anche il look lascia a desiderare, ma secondo noi i suoi anni se li porta bene, e soprattutto ha ancora il suo caratterino: non vuole essere confusa con la Befana tradizionale (quella con la “B”), anche se le assomiglia molto, e ci tiene davvero, al suo passaporto montignosino Doc. Perciò, in conclusione, … diffidare delle imitazioni!!!
LA CURIOSITÀ LA SERA DEL CINQUE LA “VECCHINA” NELLE CASE METTE LE GOLOSITÀ AI PIEDI DEL LETTO
Arrivano i “paneri” carichi di prelibatezze — MONTIGNOSO —
VIGNETTA Un disegno della “Pefana” a cavallo di un miccio
SONO una nonna simpatica e strana, grandi e piccini mi chiaman Pefana. Di giorno e di notte preparo i miei doni, da consegnare ai bambini buoni. Sopra un bel miccio dai grandi orecchi, porto regali ai piccoletti. Dentro il “panero” che ho preparato, ci sono due noci e del cioccolato, castagne secche, tre “pefanini”, arance succose e tre mandarini. Se buona è stata è poi la bambina, metto nel cesto una bambolina; mentre regalo dei calzettoni ai ragazzini che sono buoni. Tutti mi aspettano con emozione la sera del cinque per tradizione… E infatti, la Pefana, gira per tutta la notte di casa in casa e lascia ai piedi del letto di ogni bambino un “panero” pieno di golosità: arance, noci, nocelle, biscotti, sicchine… ma solo a quelli bravi, perché ai bambini “cattivi” por-
ta il carbone ! Al primo impatto questa vecchietta può incutere terrore… con il suo miccetto, il cappello ed il naso a punta, il suo vestito nero tutto rattoppato e tutti quei grandi torsoli che le ricoprono il viso …… in realtà è una “nonnina” molto generosa. NATURALMENTE oggi i “paneri” non hanno lo stesso significato che avevano in passato. Una volta “la fame era tanta” e le “golosità” del “panero” , anche se semplici , erano vere “ghiottonerie”.Oggi queste hanno perso la loro importanza, ma qui a Montignoso non si è dimenticata la tradizione di mettere i “paneri” ai piedi del letto con le “prelibatezze” del passato. E anche quest’anno la Pefana ha fatto il suo dovere ed ora è stanca, si riposa in attesa di ritornare il prossimo anno!!!!
LA REDAZIONE GLI ALUNNI-cronisti delle classi seconde (A,B, C) della scuola media Giorgini di Montignoso lavorando come redattori in erba hanno realizzato la pagina sulla sentita tradizione della Pefana. I ragazzi sono stati seguiti nella raccolta delle
informazioni dai docenti-tutor Mariesa Tenerani, Anna Maria Marri, Maria Riccarda Grassi. Il dirigente dell’istituto comprensivo di cui fa parte la media è la professoressa Tosca Barghini.
La foto pubblicata nell’articolo di apertura è stata gentilmente concessa da Alfio Poggi, responsabile e animatore del gruppo folkloristico delle Pefana. La vignetta è stata invece prodotta da Gilberto Ezegbulan Onwubolu e Omaima El Hamdani.
LE STORIE
I nonni raccontano paure e gioie —MONTIGNOSO —
“ACC’ERA una volta la Pefana de Muntignoso, vecchijetta seria e modesta che al portava le cò”, così tutti i nonni intervistati hanno risposto all’unisono e tutti più o meno hanno raccontato le stesse cose: l’arrivo dei Pefani, la paura che provavano e la gioia nel raccogliere le “cò”, quando continuavano il loro cammino. In questa notte ogni casa si apriva a tutti i paesani, a questo proposito c’è una storia che a noi è sembrata la più significativa e divertente: è quella di nonno Stefano che racconta:” C’era una famiglia di Renella che non apprezzava molto la visita dei Pefani e diventò la vittima preferita per gli scherzi delle varie feste, ma la sera della Pefana del 1943 abbiamo un po’ esagerato… abbiamo fatto mangiare il “miccio” (l’asinello) del mio amico Silvio a più non posso e abbiamo bussato alla porta “dei prescelti” che ci guardavano con sospetto perché avevano in casa delle graziose figliole con le quali abbiamo ballato, mentre aspettavamo… “Ci siamo“ gridai in groppa al miccio che in quel momento alzò la coda e lasciò un bel ricordino sul pavimento. Io cominciai a urlare :”Scappiamo!”, qualcun altro ”la porta!”; il capofamiglia:” Furfanti! Vi acchiappo! ” E noi via di corsa. Nel racconto dei nonni si sono susseguiti episodi divertenti, i loro occhi brillavano e, nonostante i loro acciacchi, quei vecchietti sembravano nuovamente pieni di energia e alla domanda:”A Montignoso volete anche Babbo Natale?”, ”No, grazie! Abbiamo la Pefana…”
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 10 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Malaspina-Staffetti Massa
Il lavoro “si apre” alla scuola I ragazzi delle medie scoprono le “realtà”industriali del territorio che questa sfida è stata superata a pieni voti dal Nuovo Pignone. La seconda fabbrica da noi visitata è la Bencore che nasce nel 1999 per sviluppare una tecnica innovativa nella produzione di pannelli in termo-plastica, riuscendo a coniugare: leggerezza, rigidità, trasparenza e design. In seguito, con un’intuizione delle sue possibilità estetiche, strutturali e di design, viene creato un pannello trasparente, chiamato, Starlight.
— MASSA —
QUEST’ANNO il mondo del lavoro si è aperto ai ragazzi delle scuole medie per aiutarli nella scelta della scuola superiore. Le fabbriche Nuovo Pignone e Bencore ci hanno aperto i cancelli ed accolto, insegnandoci i “segreti” del mestiere. L’azienda metalmeccanica Nuovo Pignone nella nostra città è leader mondiale nella progettazione e fornitura di prodotti per tutti i segmenti dell’industria petrolifera e del gas. Durante la visita all’azienda ci hanno colpito l’efficienza e l’organizzazione. NEGLI UFFICI abbiamo incontrato gli addetti ai ruoli dirigenziali che in sala proiezione ci hanno mostrato slide di presentazione sia della zona industriale dai primi anni ’30 ad oggi, sia della storia del “Nuovo Pignone” che nasce nel 1939 come Catenificio Bassoli, nel 1942 diventa Pignone, nel 1954 “ Nuovo Pignone” e infine nel 1994 diviene parte della
SCELTE Con Industriamoci i ragazzi conoscono il mondo del lavoro
multinazionale GE Oil & Gas. Successivamente, muniti di casco e occhiali protettivi, abbiamo iniziato la nostra visita all’interno della fabbrica dove gli operai costruiscono gigantesche turbine e compressori che vengono testati, smontati, imballati e spediti nelle varie parti del mondo. CI È STATO spiegato che turbi-
ne e mega moduli servono per l’estrazione del petrolio e del gas, anche per paesi come l’Australia, uno dei clienti più importanti, ma anche dei più esigenti. Infatti la legge australiana prevede che i pezzi utilizzati siano controllati accuratamente per evitare che la presenza di insetti o altre sostanze biologiche possano contaminare l’ecosistema di quei paesi e an-
ULTIMAMENTE, la parte centrale, di plastica, viene sostituita da cartone riciclato, che sostiene il progetto del Green Building Council. E’ incredibile vedere come da una lastra di plastica si possono creare così tante cose: pareti, pavimenti, banconi per bar e negozi o per il designer. Queste visite guidate ai due stabilimenti ci hanno offerto la possibilità di vedere i tecnici all’opera e di esprimere le nostre domande e impressioni.
OCCUPAZIONE LA RICETTA DELL’INGEGNERE GIUSEPPE BACCIOLI, PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI
«Buone prospettive nel turismo e nella meccanica» — MASSA —
GRAFICO Ecco quali sono le scelte compiuite dagli studenti della nostra città
STUDI umanistici o tecnici e professionali: qual è la scelta vincente? «Nella nostra provincia — risponde l’ingegnere Giuseppe Baccioli, presidente dell’Associazione Industriali di Massa-Carrara — il 53% dei ragazzi sceglie i licei, il 20% scuole professionali e il 28% scuole tecniche. E’ positivo che arrivino alla laurea, ma in Italia l’età dei laureati è di quasi 27 anni e ci sono poche lauree nei settori scientifici». Quale è stato il suo percorso? «Dopo il liceo classico mi sono laureato in ingegneria. La prima esperienza lavorativa in Fiat e la specializzazione negli Usa. La mia carriera è proseguita come direttore del Nuovo Pignone. Non bisogna aver paura di fare esperienze all’estero, uscire ti fa conoscere come ragionano e lavorano gli altri». Come è cambiato nel tempo il mondo del lavoro? «In Italia negli anni 60 e 70 il paese stava crescendo e tutti i diplomati e i laureati trovavano facilmente occupazioni. Oggi la situazione è cambiata: alcune professioni come quella degli insegnanti o degli avvocati hanno raggiunto una saturazione». La scuola
ci prepara adeguatamente al mondo del lavoro? «Io credo che in generale il livello della scuola italiana è molto buono, non inferiore a quella americana». E l’occupazione della nostra provincia? «Ci sono circa 18000 imprese. Nel marmo sono 2500, 600 nella meccanica, 400 per sassi e carbonati, 800 nel settore energia, 1000 per la cantieristica, 500 in mobili arredo, 250 nella moda, 300 per i-tech, 600 nella chimica e 7000 nell’edilizia». Sono dati positivi? «Purtroppo no: i numeri dell’occupazione sono i peggiori della Toscana però io credo che la nostra provincia offra molte opportunità e prospettive in alcuni settori nel turismo, nel marmo e nella meccanica che ha la sua punta dell’eccellenza nel Nuovo Pignone. Un altro settore tradizionalmente presente è quello della chimica. Tuttavia nella nostra realtà produttiva ci sono delle contraddizioni tra formazione e mondo del lavoro. Infatti si registrano pochi iscritti alla scuola del marmo o all’istituto professionale per chimici ed elettronici, percorsi formativi che darebbero possibilità di lavoro. Il progetto “Industriamoci” nasce dall’idea di colmare lo sfasamento tra le opportunità del mercato e le scelte degli studenti».
LA REDAZIONE GLI ALUNNI cronisti del plesso Malaspina della media statale Malaspina-Staffetti hanno lavorato come una redazione per realizzare la pagina sul mondo del lavoro. Ecco i giornalisti in erba: Alessandro Ardini, Matteo Cappelletti,
Gaia Brandazzi, Miriam Gigantino, Giulia Pennacchiotti, Alessandro Castellini, Lodovico Menchini, Margherita Bechini, Lodovica Cesaretti, Costanza Biancardi, Gioia Giusti, Monica Bongiorni, Giorgio Tongiani.
La vignetta è stata realizzata da Giampiero De Simone. I docenti tutor sono Luisa Montani, Lorenza Corsetti del plesso Malaspina, La dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Malaspina-Staffetti è la professoressa Iole Cimoli.
IL PROGETTO
“Industriamoci“ con la cultura di impresa — MASSA —
“INDUSTRIAMOCI” è un progetto elaborato dall’associazione Industriali Massa-Carrara per far percepire agli studenti, i futuri lavoratori, il ruolo sociale dell’impresa e le competenze del mondo produttivo. L’Associazione Industriali per mettere a punto questa iniziativa ha coinvolto i ragazzi che si apprestano a scegliere il loro percorso di studi superiori per invitarli a non considerare le scuole tecniche come una seconda scelta. L’INIZIATIVA ha mostrato agli alunni delle terze medie delle scuole Dazzi, Malaspina, Da Vinci, Staffetti, gli sbocchi occupazionali offerti dal territorio osservando sul campo alcune mansioni che i tecnici svolgono nelle aziende. NOI RAGAZZI abbiamo avuto modo di parlare di industria e capire come il funzionamento di questa sia legato alle capacità che ognuno possiede. Dal 23 al 26 novembre 2011 sono infatti state organizzate una serie di visite nelle aziende che operano nel nostro territorio apuano per farne conoscere la realtà produttiva, i loro valori e il contributo che danno alla crescita economica e sociale della zona. Esperienze formative e costruttive che ci permettono di riflettere meglio sul nostro futuro.
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 10 FEBBRAIO 2012
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SCUOLA MEDIA
«Don Bonomi» Caniparola
Il ricordo della vecchia miniera «Studiamo il territorio intorno a noi per non dimenticare il passato» — FOSDINOVO —
VOGLIAMO raccontare la storia delle miniere di lignite della piana di Luni-Sarzanello, la storia di uomini e donne che per anni hanno amato e odiato la miniera, fonte di lavoro e sostegno per più di 200 famiglie. La miniera iniziò ad essere utilizzata nel 1860, grazie alla concessione ottenuta da una società inglese. Chiusa nel 1910, tornò ad essere attiva nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Lo scarso rendimento dei giacimenti portò ad una nuova chiusura, fino al 1935, quando aumentò notevolmente la produzione, dando lavoro a più di 700 operai. Nel 1938 i lavori furono sospesi, per poi riprendere nel 1940, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. In questo periodo, anche donne e bambini lavorano in miniera per aumentare la produzione di carbone. I minatori vennero addirittura esentati dalla guerra per portare avanti l’attività mineraria. Le condizioni di lavoro erano molto difficili, mancavano le attrezzature necessarie per l’estrazione di lignite, e la corrente elettrica per gli ascensori, fornita dal canale Lunense, scarseggiava. Le gallerie armate con travi, pali e
MINIERA Ecco come gli alunni la ripropongono in un disegno
tavoli, erano scavate a mano degli operai e contenevano un’elevata quantità di grisou. Questo gas provocava esplosioni se superava il 0,9%. Un esplosioni si verificò nel 1945 al pozzo numero 1 a 280m di profondità causando 11 morti e 5 gravi feriti. Nel 1946 si attivò una nuova chiusura provocando cortei di protesta davanti alla Prefettura
della Spezia. Per migliorare la situazione si organizzarono anche turni giornalieri di sei ore per ciascuno operaio. Nel frattempo, la mancata manutenzione, causò crolli di gallerie e allagamenti di pozzi e costò molte vite umane. Nel 1950 gli operai ottennero la subconcessione con diritto di sfruttamento per cinque anni, Iniziarono i lavori della
«Cooperativa» gestita dai minatori, con alla presidenza il dottor Boracchia della Spezia. Per protesta presero possesso dei pozzi quasi 30 operai che vennero denominati «Sepolti Vivi» poiché restarono all’interno della miniera per alcune settimane, ma fù inutile; la miniera chiuse definitivamente nel 1954 provocando un numero altissimo di disoccupati. Però il sacrificio di uomini e donne non andò perso. L’attività mineraria favorì lo sviluppo urbanistico di Colombiera e Molicciara rappresentando anche un irripetibile momento di aggregazione sociale. E nella miniera, fu molto importante l’aiuto fraterno che accumunava tutti i minatori. Ma soprattutto, questi operai hanno reso la vita migliore a tutti noi, sacrificandosi con forza e coraggio. Ora noi ragazzi speriamo che il sacrificio di questi uomini e di queste donne non vada perduto e ci auguriamo che l’area dove molti di anni fa era presente l’ingresso della miniera sia salvaguardato nei prossimi anni in segno di tutti coloro che si sono sacrificati per un futuro migliore, e ci auguriamo che in quell’area mineraria non costruiscano un altro centro commerciale, ma un museo della miniera in memoria del passato.
TESTIMONI
Come si viveva 60 anni fa — FOSDINOVO —
COME si viveva 60 anni fa? Mi chiamo Matteo e ho intervistato mio nonno Mauro Conti che ha 64 anni e vive a Marinella di Sarzana, dove ha un terreno in cui coltiva verdure e si dedica alla coltura degli olivi. Fin da piccolo mi divertivo ad aiutarlo, il contatto con la terra mi è sempre piaciuto molto e piano piano in me è nata questa passione: il prossimo anno frequenterò l’Istituto Agrario di Sarzana, dove spero di coltivare il mio interesse per le piante. Ma ecco l’intervista. Da quanti anni ti dedichi a questa attivita’?
«Da quando ero piccolo». Quale lavoro svolgevi prima della pensione?
ROMITO MAGRA ABITANTI E COMMERCIANTI DELLA ZONA SI INTERROGANO SULL’AREA UTILIZZATA
Arriva il centro commerciale: beneficio o danni? — FOSDINOVO —
TERRENI La piana dove sorgerà il centro commercale era agricola
IL COMUNE di Arcola guarda con grande interesse la costruzione di un’area commerciale di 4000 mq, tra la sponda destra del Magra e la provinciale per Lerici. Il sindaco è favorevole alla costruzione poiché comprenderà una nuova piazza, un’area verde ed edifici a carattere commerciale, residenziale e direzionale. Per il primo cittadino, la costruzione del centro produrrà un effetto positivo immediato sulla rete commerciale circostante. Secondo altri, i centri commerciali indeboliscono molto le piccole botteghe e tolgono lavoro invece che offrirne. In pratica abbattono il piccolo commercio e impoveriscono il mercato del lavoro dei commessi e magazzinieri che vengono impiegati nel settore. Se qualcuno conquista una fetta di mercato, altri la perdono. Per gli ambientalisti, il centro commerciale di Romito sarà edificato in un terreno a rischio esondazione. È importante dire che se si va a togliere al sistema idro-geologico del Magra
un area golenale (una delle ultime rimaste nel tratto basso del fiume), verrà a mancare una zona che svolge un ruolo di compensazione e difesa in caso di alluvione. La Regione Liguria, seguendo l’esempio della Toscana, ha approvato il 6 dicembre 2011 con la cosiddetta “variante di salvaguardia”, un provvedimento che ferma per 6 mesi, con proroga di altri 6 mesi, le edificazioni nelle zone che sono state allagate. Questo provvedimento ha come obbiettivo il blocco temporaneo della costruzione e impone una riflessione al Comune per capire se è sensato confermare i permessi di riedificazione in aree alluvionali. Edificare in una zona a rischio alluvione è insensato. La natura prima o poi farà il suo corso. Se mai ci sarà una nuova esondazione, le acque del Magra, non trovando un luogo dove adagiarsi, saranno costrette a scivolare lungo le vie della città causando caos e danni. E’ già accaduto in Lunigiana, dove il Conad di Aulla, costruito vicino al fiume, è stato devastato.
Anche tuo padre lavorava la terra proprio come te?
«Si, è una passione che ha acquisito tutta la famiglia». I prodotti li vendi o ne usufruite voi stessi?
«La maggior parte delle verdure coltivate la portiamo al mercato ortofrutticolo di Sarzana e il resto la teniamo per uso personale». Tu e tuo padre avevate una azienda agricola?
«Sì, in quei tempi la maggior parte delle persone che conoscevo ne aveva una». Allevavi bestiame o ti sei sempre dedicato alla terra?
«Una volta avevamo una stalla e 14 mucche ma ora mi dedico solo alla terra».
LA REDAZIONE QUESTA pagina è stata scritta dall’Istituto «Don Florindo Bonomi», sezione di Caniparola, classe III C. Gli alunni che hanno lavorato sono Morelli Leonardo, Elena Bertonelli, Rossella Robertazzo Daniele Tra-
«Ho lavorato alcuni anni alla Lunigas, ma ho sempre dedicato i ritagli del mio tempo alla terra»
versa ,Michela Cavigliano, Emma De Cesari, Marco Benvenuti, Martina Paci, Giacomo Lucchini, Luca Bagnone, Chiara Terenzoni, Marco Paganini, Leonardo Vacchino, Fabrizio Fortunati, Ilaria Lupetti,Matteo
Devoto, Sefora Bartolone, Elisa Lazzini, Leonardo Barbieri, Matteo Corona, Federica Mori, Luca Corsi. I docenti tutor sono i professori Maristella Bonvini e Scandura Piero. Il dirigente è Tiziana Lavaggi.
Nei tempi antichi non potendo usufruire dei mezzi agricoli dovevate fare tutto a mano?
«La maggior parte dei lavori sì, poi c’erano i buoi dove ci potevi attaccare l’aratro».
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
«Buonarroti Carrara
Mondo reality: una vita in diretta Come difendersi dal rischio “Truman Show”: finire tutti su un set televisivo — CARRARA —
L’OPINIONE
Gli adolescenti «Fama veloce? Meglio studiare — CARRARA —
MA COSA pensano gli adolescenti dei reality show, e cosa invece gli adulti?. Lo abbiamo chiesto a un campione di 105 ragazzi e ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni e da 22 adulti di età tra i 40 ai 65 anni. Alla domanda: «Sai cos’è un reality?»
quasi tutti hanno risposto affermativamente, solo due ragazzi e due adulti non conoscono il genere. Il 57% dei ragazzi segue i reality contro il 22% degli adulti, nella maggior parte dei casi per semplice curiosità. Solo il 5% dei giovani si identifica in un protagonista. Il 45% aspira, per provare una nuova esperienza, a parteciparvi, solo un adulto vorrebbe farlo. Abbiamo riscontrato che, mentre gli adolescenti conoscono e ammirano soprattutto personaggi famosi dello sport e dello spettacolo, gli adulti orientano le proprie preferenze in altri ambiti: politica, scienza, cultura. Alla domanda
E’ ORMAI oggetto di interesse la quotidianità della gente che viene resa pubblica dal reality, spettacolo televisivo che mostra il comportamento di una o più persone in determinate situazioni. Negli ultimi anni i reality si sono diffusi in tutto il mondo ed hanno invaso praticamente le nostre case. A volte questi programmi risultano volgari o inappropriati, sacrificando i palinsesti culturali, perché il pubblico impazzisce per pianti e litigi! Alcuni invece sono curiosi e interessanti, come «Sos tata» che insegna a genitori disperati come educare i propri bambini. Uno dei più recenti, ma anche dei più discussi, mostra addirittura come affrontano la maternità ragazze 16enni; poi ci sono quelli sulla sopravvivenza, insomma ce n’è per tutti i gusti e basta fare una breve ricerca sul web per ottenere centinaia di titoli. Solitamente in questi programmi c’è un vincitore che riceve come premio una cospicua somma di danaro o un contratto (discografico, cinematografico, televisivo). Esempi
L’OFFERTA Sono sempre di più i reality ogni giorno in tivvù
famosi in Italia sono: Amici, La Talpa, L’Isola e il Grande Fratello; quest’ultimo è senza dubbio il più seguito. IL GIOCO prevede che i partecipanti, costretti a vivere per mesi insieme in una casa, senza contatti con l’esterno, interagiscano e con il tempo rivelino ogni lato del-
LETTERATURA ORIGINI E RAGIONI DEL SUCCESSO DELLE BIOGRAFIE DEI PERSONAGGI FAMOSI
Il fascino delle storie vissute dagli altri — CARRARA —
SE QUALCHE editore ti chiede di scrivere un’autobiografia, allora sì che ti puoi definire una persona di successo. A scuola abbiamo letto con curiosità alcune pagine tratte da autobiografie di personaggi famosi: Margherita Hack, Rousseau, Daniel Pennac e il più recente successo editoriale “Io Ibra” e, fra aneddoti e vicende storiche importanti sullo sfondo, abbiamo individuato gli ingredienti che rendono la vita vissuta di qualcuno una lettura coinvolgente.
«Vorresti diventare un personaggio famoso per la partecipazione a un reality o per i tuoi meriti?»
solo il 23% dei ragazzi e il 4% degli adulti aspirano a diventare famosi per la partecipazione a un reality, la maggior parte di essi preferirebbe emergere per il proprio talento. Abbiamo infine chiesto: «Pensi sia facile riuscire oggi ad affermarsi solo con i propri mezzi?»
La maggior parte degli intervistati ha risposto, senza esitare, che oggi le probabilità di affermarsi esclusivamente in base a propri meriti personali sono scarse perché in ogni settore c’è molta concorrenza e prevalgono sempre i raccomandati.
la loro personalità. Gli ideatori del fortunato format televisivo hanno tratto ispirazione dal romanzo di Orwell «1984». Si tratta di una storia di fantapolitica, ambientata in una società controllata dal «Grande fratello», capo-supervisore che governa da un teleschermo e controlla capillarmente tutta la popolazione attraverso
telecamere nascoste. Il reality, come genere, nacque negli anni ‘90, in breve tempo riscosse un grande successo e sostituì quasi del tutto le interminabili puntate delle soap-opera. Il regista Peter Weir enfatizzò questo fenomeno nel film «The Truman Show». Truman, fin dalla nascita, era monitorato da telecamere perché, a sua insaputa, protagonista di un reality. La gente l’aveva visto nascere, crescere, piangere, e diventare uomo. Tutto intorno a lui è finzione: la casa e la città costituiscono il set e le persone con le quali vive sono attori; la luna è la stazione da cui il regista controlla le sue azioni e si assicura che 5mila telecamere nascoste le trasmettano a milioni di spettatori che seguono passo passo la vita di Truman. Noi siamo cresciuti con i reality, tutti ne abbiamo seguito almeno uno. Ci sembra del tutto normale che anche tragici eventi di cronaca siano presentati come set televisivi e che una qualunque persona possa, consapevolmente o no, diventarne protagonista.
ATTENZIONE I reality hanno grande successo tra i giovani
INTANTO è necessario che il personaggio possa vantare meriti personali o professionali in qualche settore; poi è opportuno che la selezione dei fatti avvenga in funzione del ruolo ricoperto; non possono inoltre mancare elemen-
ti un po’ piccanti e un’ambientazione storica che avvicinino il pubblico alla vicenda vera. Ci sono vite che ci appassionano più di altre: ci sono persone che per noi rappresentano dei modelli da seguire, dei sogni da realizzare. Qualcuno di noi ha considerato interessante il percorso che ha fatto di una giovane ragazza fiorentina, formatasi negli anni della seconda guerra mondiale, un’affermata amica delle stelle; molti altri hanno trovato molto divertente leggere la tappe che hanno trasformato un ragazzino ribelle e pieno di rabbia in un calciatore famoso. Al di là degli interessi personali siamo arrivati alla conclusione che per noi, che siamo alle prese con piccole e grandi scelte, sfogliare le pagine delle vite degli altri è quasi rassicurante proprio perché seguire l’evolversi di un’esistenza speciale, dall’infanzia all’età matura, dà il senso della realizzazione di un positivo progetto compiuto.
LA REDAZIONE HANNO collaborato alla realizzazione della pagina le classi seconda A, terza B, terza C e terza E della scuola media «Michelangelo Buonarroti» di Marina di Carrara. Hanno coordinato il lavoro
di redazione le insegnanti di lettere Alberta Musetti; Maria Teresa Tilli e Claudia Tomasi. Il Dirigente Scolastico è la professoressa. Marzia Menconi. La prima vignetta è stata ideata e
realizzata da Lisa Sia della classe terza B; la seconda è stata disegnata, per conto della classe seconda A da Benedetta Cafarelli e Benedetta Tassinari.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«Don Milani» Massa
Lo sport batte la disabilità Una lunga marcia con l’handicap nel campo delle discipline sportive Paraolimpiadi che si disputarono per la prima volta a Tokio nel ’64 e che sono ormai abbinate ai giochi Olimpici veri e propri dal 19 giugno 2001, quando fu siglato un accordo tra il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e il Comitato Paraolimpico Internazionale (IPC).
— MASSA —
AVEVA le idee chiare Sir Ludwig Guttmann, quando il primo febbraio 1944 fu incaricato dal governo inglese di guidare il “Centro Nazionale di ricerca sulle lesioni del midollo spinale”, situato presso l’ospedale di Stoke Mandeville, vicino a Londra. Il dottor Guttman era un neurochirurgo tedesco, fuggito in Inghilterra prima dell’inizio della seconda guerra mondiale ed i suoi pazienti erano in gran parte giovani delle forze armate britanniche, che avevano riportato ferite con conseguenti lesioni midollari. Fin dall’inizio egli decise di promuovere lo sport come metodo principale di terapia, mettendo a punto specifici programmi d’allenamento aperti a tutti i pazienti.
SFIDA I ragazzi diversamente abili battono l’handicap con lo sport
FU COSÌ che i giovani paraplegici cominciarono a potenziare la muscolatura delle braccia e delle spalle, a ridare vigore al loro fisico, ma soprattutto a ricostruire il rispetto di sé e la consapevolezza di nuove capacità. In particolare, lo sport aiutava ad acquisire equilibrio ed abilità motorie nell’uso della sedia a rotelle, e questo consentiva ai pazien-
ti di servirsi più efficacemente di tale mezzo nella normale vita quotidiana, ma già qualche anno dopo i risultati erano talmente positivi che il dottor Guttmann si fece promotore dei primi Giochi per atleti disabili che si tennero appunto a Stoke Mandeville, il 28 luglio 1948. Essi furono riproposti ogni anno con la partecipazione di ex
membri delle Forze Armate britanniche, fino a che nel 1952 intervennero anche atleti olandesi e, negli anni seguenti, i giochi assunsero un carattere veramente internazionale. Le intuizioni e gli sforzi di dottor Guttmann, (“il De Coubertin dei disabili”come lo definì papa Giovanni XXIII) ebbero quindi una definitiva consacrazione nelle
RISPETTO quindi a non molti anni fa, quando non era neppure pensabile che un disabile svolgesse attività sportive, soprattutto quelle di tipo agonistico, ora tutto è cambiato. La scienza ha permesso l’introduzione di nuove soluzioni tecniche (basti pensare al sudafricano Pistorius, che con una protesi all’anca ha “rischiato” di qualificarsi per le Olimpiadi), ma soprattutto sono venuti progressivamente meno tanti pregiudizi che portavano a giudicare con sufficienza i disabili rispetto ai normodotati. «La grandezza di un uomo è nella decisione di essere più forte della sua condizione» diceva Albert Camus. Una frase che vale soprattutto per chi è disabile, ma anche per tutti noi, quando viviamo momenti di difficoltà, quando siamo sul punto di arrenderci o di lasciarci travolgere da qualcosa che sembra più grande e più forte di noi.
L’ATTIVITÀ UN INSEGNAMENTO DA CHI LOTTA OGNI GIORNO CON CORAGGIO PER ABBATTERE LE DIFFICOLTÀ
Diversamente abili, ugualmente atleti — MASSA —
LOGO Il simbolo dell’associazione Diva
NELLA NOSTRA scuola il rapporto con i nostri compagni disabili è quotidiano. In classe, nei laboratori, in biblioteca, in palestra, a mensa, nel giardino essi vivono e lavorano con noi e insieme a noi, più o meno “normali”, fanno il loro percorso. Cresciamo insieme. E le attività sportive rappresentano un momento particolarmente importante di questo rapporto. Ci sono gli esercizi in palestra, le gare di atletica, qualche partitella di calcio, ma a volte anche il tennis ed il basket, spesso la pallavolo e quest’anno anche il baseball: tutte occasioni per divertirsi e per misurarsi con se stessi e con gli altri ed i nostri compagni disabili si impegnano con determinazione e con buoni risultati. Certo, c’è chi ha difficoltà motorie, chi ha una diagnosi di sordità o di ritardo mentale di tipo autistico, ma la
luce che si accende nei loro occhi non è diversa dalla nostra quando, dopo tanta fatica, riescono a fare quello che gli è stato insegnato e che spesso hanno imparato anche prima di un “normodotato”. Si tratta di partecipare a tutti gli allenamenti, di coordinare movimenti, di passare la palla ad un compagno, di rispettare turni di gioco, di conquistare un punto, ma anche di “battere il cinque” ed esultare insieme. Ed è bello sentirsi una vera squadra. Tutti egualmente abili. E’ VERO che spesso li aiutiamo, ma ci siamo resi conto che anche loro hanno aiutato noi a capire, a sviluppare un’attenzione particolare, una sensibilità che prima non avevamo: ci hanno insegnato a “guardarli dritti negli occhi” per vedere, senza sguardi di superiorità o di sufficienza, quello che sono e che sanno fare, le loro difficoltà ed il loro coraggio.
LA REDAZIONE GLI ALUNNI della scuola media statale Don Lorenzo Milani di Marina di Massa nei giorni scorsi si sono trasformati in veri e propri cronisti ed operando insieme in classe, la loro redazione, hanno realizzato questa pagina sulle
attività sportive dei compagni diversamente abili e la loro integrazione con gli altri ragazzi. Nella redazione marinella hanno lavorato gli alunni delle classi terze della media. Il disegno è stato realizzato da Arianna Ambrosini
della classe terza E. I ragazzi sono stati seguiti nelle diverse fasi del lavoro svolto a scuola dagli insegnanti di lettere e dal dirigente scolastico, la dottoressa Marilena Conti.
I PROGETTI
L’integrazione trova posto nella scuola — MASSA —
LA FEDERAZIONE italiana sport disabili (Fisd), affiliata al Coni, ha lo scopo di regolare e promuovere le attività sportive dei portatori di handicap, ma ancora pochi disabili sanno che per loro è possibile fare sport e spesso i loro genitori sono convinti che la pratica sportiva sia inutile e pericolosa. E’ soprattutto nella scuola che devono prendere forma ed essere realizzati con continuità progetti in cui i ragazzi disabili possano praticare insieme attività ludicomotorie, che, oltre a produrre benessere fisico e maggiori capacità di resistenza, favoriscono anche lo sviluppo di abilità logiche ed intellettive.La nostra scuola, sede del Centro di Supporto Territoriale per le Nuove Tecnologie e Disabilità, ha orientato costantemente la sua azione nella ricerca e nei progetti rivolti all’integrazione e collabora, anche nell’anno in corso, con l’Associazione Div.A - Diversamente Abili - di Massa, che opera nel campo delle iniziative legate allo sport per disabili. NEL CONFRONTO sportivo il disabile si misura con se stesso e con gli “altri” in un contesto fatto di nuovi rapporti e motivazioni, può scoprire nuove potenzialità, raggiungere “traguardi”, migliorare la propria autostima, essere “più atleta e meno disabile”. «L’attività motoria per la persona disabile — sostiene la dottoressa Elisabetta Ghedin — è l’esaltazione delle sue, anche se pur residue, capacità di ciò che sa fare, in un mondo che sempre gli ricorda ciò che non è in grado di essere e ciò che gli manca».
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 17 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Carducci-Tenerani Carrara
Carrara e i giovani: quale futuro? Lettera al primo cittadino da un gruppo di adolescenti consapevoli — CARRARA —
«A M’ARCORD»
Tante storie, un tuffo nel passato — CARRARA —
QUANDO chiediamo ai cittadini maggiorenni ed ‘oltre’ della nostra città di tornare adolescenti, affiorano ricordi di una Carrara diversa, allegra e viva. Ecco alcuni flash back. Anna, 72 anni, di Sorgnano: «Quando io avevo la vostra età, le strade erano tutte sterrate; i carri e i cavalli al posto delle moderne automobili. Per i bambini, in piazza d’Armi c’erano delle gabbiette con pappagalli e scimmiette. Al posto dell’odierno comune, sorgeva un parco per ragazzi che da Novembre al 6 di Gennaio accoglieva i giostrai, o la “Montecatini”, spazio verde con campi da tennis e bocce, centri d’aggregazione, per noi ragazzi del ‘900, che adesso non esistono più». UN’ACCELERATA alla nostra macchina del tempo e si arriva agli anni ‘70. Luca, anni 45, di Carrara: «Mi ricordo le “vasche” in Via Roma, allora passaggio obbligato e punto di ritrovo per i giovani tra i 13 e i 20 anni. Al centro, i ragazzi camminavano su e giù, mentre i più grandi si posizionavano ai lati. Che belli i colori e l’animazione di piazza delle Erbe, in cui ogni mattina c’era il mercato: si vendevano frutta, verdura, pesce e le donne attiravano le persone ai loro banchi urlando. C’erano negozi e drogherie, come Fiorani, dove si andavano a comprare la marmellata e i biscotti sfusi.Non mancavano nemmeno teatri e cinema: dagli Animosi al Politeama, dal Garibaldi al Supercinema fino all’Antoniano».
EGREGIO signor sindaco, in questa lettera vorremmo parlare di noi, che costituiamo una rappresentanza dei ragazzi di Carrara, circa 2mila 500 giovani su una popolazione di 65mila abitanti, ovvero l’11.6 per cento della popolazione totale. Amiamo la nostra città, che, però, ci offre pochissimi stimoli e scarse opportunità: né cinema né teatri né parchi o punti di aggregazione, dove poterci incontrare. Lo spazio è stato sfruttato male. Per esempio, nella zona della ex Montecatini, dove sono stati costruiti dei palazzi detti ‘alveari’, avrebbero potuto lasciare ciò che esisteva molti anni fa: uno spazio verde per la comunità nel quale praticare sport, insomma qualcosa per tutta la collettività. Si è mai chiesto, signor sindaco, dove possono giocare i bambini o incontrarsi i ragazzi della sua città? In centro, come spazio pubblico c’è solamente Piazza d’Armi, ma è piena di divieti; l’alternativa è data dal centro dei gesuiti o da quello di San France-
ZERO L’offerta cultura del centro storico è ormai praticamente nulla
sco, gestiti dalla Chiesa. NON PARLIAMO del parco della Padula: è in uno stato di degrado incredibile, a partire dall’ingresso mai portato a termine. E’ mai possibile che in una città non ci sia neppure un cinema? Se si abita a Carrara tutto questo è possibile. Ogni volta che vogliamo ve-
dere un film, dobbiamo prendere la macchina e andare in un’altra città: in questo caso non abbiamo che l’imbarazzo della scelta fra i multisala di Massa, Sarzana o La Spezia. E i teatri ? Nella nostra città dei due esistenti neanche uno è agibile: l’ Animosi è chiuso per lavori di ristrutturazione e il Politeama è transennato per crolli. E
pensare che a Carrara venivano ad esibirsi importanti compagnie liriche perché avevamo fama di essere un pubblico appassionato. La biblioteca, veramente, ci sarebbe, ma è aperta soltanto il martedì mattina dalle 9 alle 12. Come fa la gente ad andarci se a quell’ora la maggior parte è al lavoro o a scuola? Un altro aspetto è quello commerciale: a Carrara sono rimasti pochi negozi molti dei quali chiudono presto. Di conseguenza la nostra città pare abbandonata anche dai propri cittadini che sembrano non interessarsi a quanto sta accadendo. Quindi, signor sindaco vorremmo chiederle, in caso di una sua rielezione, di intervenire per trasformare in positivo gli aspetti che abbiamo evidenziato attraverso azioni sul territorio finalizzate ad una riqualificazione urbana. Ne conseguirebbero dei benefici per tutta la collettività, a partire dai noi ragazzi e soprattutto ciò porterebbe ad un riavvicinamento ed a una rinnovata fiducia nelle istituzioni cittadine. Ossequi. I giovani ‘carrarini’.
L’INTERVISTA LUCI ED OMBRE SULL’ORIZZONTE LOCALE. TRA RICORDI E PROPOSTE PER IL FUTURO
«Riaccendiamo la città», insieme si puo’ — CARRARA —
DIMENTICATO Il cuore antico della città è spesso vuoto
VENERDÌ 3 febbraio nella nostra scuola abbiamo intervistato Alberto Russo, presidente della associazione «Artisti del borgo», che dal 2007 ha creato iniziative per rivitalizzare il nostro centro storico. Ci ha raccontato che la sua prima impressione su Carrara, quando arrivò qui nel 1980, fu quella di una città molto luminosa, verde, ricca degli elementi tipici delle città d’arte; in questi trent’anni, però, l’ha vista cambiare, come se si fosse fermata. Determinante è stato il calo della popolazione con lo spopolamento di Carrara in parallelo allo sviluppo urbanistico di Marina. Tutto ciò ha provocato, a sua volta, la chiusura o il trasferimento dei negozi, lo svuotamento del centro storico e l’impoverimento socio-culturale della comunità. Che fare?
Di sicuro partire dalle grandi potenzialità presenti sul nostro territorio: il turismo, l’escavazione e la lavorazione del marmo, in particolare l’artigianato artistico in sinergia con l’Accademia di Belle Arti e la Scuola del Marmo. Nel contempo si deve invertire il circuito perverso che vede da una parte la nostra materia prima, sotto forma di blocchi o detriti, transitare sul territorio senza più venire lavorata in loco e dall’altra l’abbandono ed il mancato investimento sulla città da parte dei suoi abitanti. Carrara c’è, ma è sepolta sotto una coltre di polvere. Per riportarla al suo splendore, è necessario il contributo di tutti, dai singoli cittadini all’amministrazione comunale: che progettino insieme, ridando vita al tessuto cittadino. Sicuramente non c’è tempo da perdere, ma crediamo che valga la pena mettersi in gioco.
LA REDAZIONE HA collaborato alla stesura della pagina la classe terza E con i suoi giovani giornalisti: Valentina Agnesini, Mohamed Abou Heikal, Irene Bellulovich, Arianna Bernac-
ca, Irene Bertanelli, Francesca Biselli, Gaia Carlini, Benedetta Cini, Giulia Collodet, Matteo Contipelli, Margherita Dell’ Amico, Gabriele Faini, Francesca Ferri, Elia Gale-
azzi, Thomas Marchi, Federica Mennillo, Giada Pasqualin, Sara Polazzi, Sara Ricci , Amira Romhein, Bogdan Vacaru. Insegnananti-tutor Maria Chiara Valsega e Cristina Pennucci, dirigente Luciana Ceccarelli.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 17 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«Dazzi» Carrara
Un mondo nascosto sotto il naso Gli studenti in visita al carcere: «Non sono cattivi, ci hanno letto le fiabe» — CARRARA —
NON AVEVAMO indovinato niente di quello che stavamo per conoscere. Troppi pregiudizi dentro di noi. Già partiti con l’idea che visitare il carcere non fosse una grande trovata, ma che ne valesse la pena, anche solo per perdere qualche ora di lezione, ci aspettavamo di entrare in un luogo buio e abbandonato, un po’ sporco e grigio. Invece, abbiamo scoperto che oltre l’ingresso della casa circondariale di via Pellegrini esiste un mondo parallelo, «un’isola che non c’è». E’ il carcere, la “galera”, come in molti la chiamavamo prima di sapere, prima di capire che chi vive lì è privato della libertà, ma ha a disposizione tante risorse e la possibilità di dimostrare che «l’uomo non è il suo errore», come diceva don Benzi. All’interno della struttura nessun «prigioniero»: per gli ospiti niente pigiamini a righe, niente palla al piede da «Banda Bassotti». E, altra sorpresa: i detenuti parlano e non sono cattivi, anzi, sono più gentili di tante persone che si incontrano per strada: hanno anche aiutato Francesco a spostarsi con la sua sedia a rotelle.
TESTIMONIANZA Gli alunni della «Dazzi» hanno visitato il carcere
MOLTI sono extracomunitari, addirittura uno di loro si è messo a parlare in arabo con il nostro compagno Alì: non capivamo una parola, ma loro sorridevano. Alti muri interni color del cielo, lunghi corridoi, qualche cancello, un inquietante rumore di serrature, ma poi, la stanza polivalente,
un luogo accogliente e magico, dove i detenuti ci aspettavano per assistere alla nostra recita di Natale. Mai come quella mattina avevamo recitato bene: davanti a questo inedito pubblico abbiamo dato il meglio e a loro volta ci hanno intrattenuto leggendo fiabe. Dopo questo scambio di rappresentazioni, siamo passati a scoprire co-
sa fanno lì queste persone. Producono tessuti, oggetti in legno e in metallo. Ma quello che davvero volevamo era conoscerli. «Quando uscirò lavorerò — dicevano alcuni — perché bisogna guardare avanti, ma anche imparare dal passato, perché noi possiamo dimenticarci di lui, ma lui non si dimentica di noi». Nessuno ha voluto raccontarci quale brutto errore lo ha portato lì, ma tutti erano emozionati, come se fosse una cosa strana che un gruppo di ragazzini potesse essere interessato alle loro storie. In certi momenti ascoltare le loro parole ci faceva pensare di avere a che fare coi nostri genitori o con alcuni insegnanti: ci hanno fatto una specie di ‘ramanzina’. Strano a dirsi, no? Insomma, ci siamo detti, «hanno ben poco da insegnare». Ma è stato qualcosa di più profondo: hanno cercato di farci capire che bisogna dar retta agli adulti, insistendo (forse anche troppo) nel dire che la scuola , insieme alla famiglia, è il nostro punto di riferimento, e che la loro vita non sarebbe andata così se avessero seguito raccomandazioni come quelle che loro stavano facendo a noi. E per una volta non abbiamo detto «uffa».
LA STORIA LE ESPERIENZE QUOTIDIANE DEI LAVORATORI DELLA COOPERATIVA «IL PUNGIGLIONE»
Vite parallele: «L’uomo non è il suo errore» — CARRARA —
EX DETENUTI, ex prostitute, ma anche persone ancora in stato di detenzione che portano con sé dal passato un dantesco «masso molto pesante» , sono i protagonisti della cooperativa «Il Pungiglione», una cooperativa che sorge nel cuore delle Lunigiana ed è nata col duplice scopo di reintegrare tramite il lavoro soggetti socialmente difficili per avvicinarli ai concetti di produzione e vendita, che non necessariamente devono sfociare nel capitalismo. Protagonista assoluto, il miele: chi è impiegato all’interno della struttura lavora con le api ed il loro nettare in ogni fase
PROTAGONISTI Le ragazze e i ragazzi della III B della «Dazzi»
della sua produzione, comprese quelle inerenti un altro prodotto ad esso collegato, la cera. Candele, oggettistica, prodotti alimentari. Ma quello che colpisce di più è che a fare tutto questo non sono esperti apicoltori, ma persone che questo mestiere l’hanno imparato lì, soggetti sociali emar-
ginati che mirano ad un reintegro dopo esperienze in carcere o comunque legate alla criminalità, e chi al Pungiglione è ospitato da tanto tempo, oggi aiuta educatori e i nuovi ospiti a recuperare un contatto con la natura e la vita onesta, vivendo accanto a persone disabili ed emarginate e ri-
scoprendo col lavoro o valori veri e il desiderio di riscattarsi, come fa Franco, uno degli ospiti che abbiamo incontrato, e che ci ha raccontato la sua storia, visibilmente emozionato nel vedere tanti ragazzini, per lui simbolo dei figli che ha rischiato di perdere . «Mia moglie non ha mai accettato i miei errori — racconta — e per un lungo periodo ho creduto per questo di aver perso anche l’amore dei miei figli, che invece poi mi hanno capito, e forse, chissà, anche perdonato sta di fatto che vengono a trovarmi, come oggi, infatti i miei ragazzi sono qui con voi». Ha cercato di nasconderla, ma noi abbiamo visto una lacrima.
LA REDAZIONE HANNO collaborato gli alunni-giornali-
sti: Alessia Amadei, Yasmin Barakat, Gianmarco Bergamini, Ilaria Bontempi, Daniele Crudeli, Giuseppe Cucurnia, Gabriele Fortunati,
Francesco Gatti, Marco Giannecchini, Andrea Giovannoni, Luca La Greca, Marco Laganà, Samuel David Latorre, Damiano Lenzoni, Ali Lhala, Giulia Lorenzani, Robert Iulian Lovin, Sara
Lucchesi, Eleonora Maggiore, Sofia Peselli, Joddy Razafitsalama, Alessia Spadoni. Docente-tutor Giovanna Ballerini, dirigente Diana Marchini.
IN PILLOLE
Che cos’è il progetto legalità — CARRARA —
CONOSCERE realtà sconosciute e frange sociali dimenticate o vittime di un troppo diffuso pregiudizio. Anche del nostro. Per questo abbiamo aderito al progetto legalità, proposto e finanziato due anni fa dalla Regione Toscana con la collaborazione e il contributo di Arci, libreria Coop, lega Coop e lega cooperative e da noi proseguito autonomamente negli ultimi mesi. Abbiamo cominciato parlando di alimentazione, poi di prodotti biologici, poi di cooperativa. E’ a questo punto che il nostro lavoro si è intrecciato con altri concetti, quali quello della «mafia» e «terre confiscate alla malavita», ed è sempre a questo punto che abbiamo deciso di approfondire per conto nostro, per capire che cos’è una cooperativa e quale può essere il suo collegamento col concetto di legalità. E da qui, il via al nostro tour, tale anche geograficamente: siamo arrivati fino a Corleone, in Sicilia, per capire che può diventare socialmente utile anche ciò che è stato della malavita, e poi, di conseguenza, passando ad analizzare le persone, oltre alle cose e ai luoghi, siamo riusciti a capire cosa intendeva Cesare Beccaria quando nel suo «Dei delitti e delle pene» parlava di rieducazione e riabilitazione, affiancando al concetto di «carcere» come punizione per i reati commessi ,quello di punizione-rieducazione che abbiamo trovato in tutte le strutture, diversissime tra loro, che abbiamo visitato, perché tutte hanno l’obiettivo di reinserire nella società la persona che ha sbagliato. Un argomento di notevole attualità.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«Bonomi» Caniparola
Cinghiale e sgonfiotti, cibi galeotti Una grande cucina che fa «innamorare» degli antichi sapori — FOSDINOVO —
IL PATRONO
Un Santo venuto da lontano — FOSDINOVO —
LA FESTA di San Remigio è la più importante di Fosdinovo, una manifestazione religiosa, folcloristica ed economica al tempo stesso. Religiosa perché il 30 settembre nella Chiesa dedicata a San Remigio vengono celebrati il Vespro e la Processione. Tutte le Confraternite del Comune si riuniscono in un’occasione per stare insieme e ascoltare i brani di una banda musicale. Ma il clou delle celebrazioni è il 1˚ ottobre, giorno della fiera. Anticamente si usava questa festa per vendere e acquistare merci e prodotti dell’artigianato. Gli anziani ricordano che una volta la festa più importante era il 13 gennaio, giorno della morte del Santo, quando si facevano i fuochi artificiali. Negli ultimi anni si dà più importanza a 1˚ ottobre, ricorrenza della traslazione delle sue reliquie. Molti anni fa, una nobildonna devota a San Remigio, rubò una sua reliquia e la portò in una chiesa di Massa. Da allora anche nel capoluogo c’è una Chiesa dedicata al Santo. Un santo apprezzato in tutta Europa e al quale sono dedicate tante chiese anche in Italia. Remigio nacque nel 437 a Laon in Francia e fu eletto arcivescovo di Reims a 22 anni. Riuscì a convertire il re Merovingio Clodoveo I, sovrano dei Franchi, e la sua sposa Clotilde. La leggenda vuole che lo Spirito Santo, o un angelo, sotto forma di colomba, portasse al vescovo la Santa Ampolla con l’Olio Santo per la Consacrazione del Re di Francia. Così la Cattedrale di Reims divenne il luogo per la nomina dei Re di Francia. Remigio morì nel 532. Le sue reliquie sono nella basilica di Reims, dove era conservata anche la Santa Ampolla fino alla sua distruzione in epoca rivoluzionaria (nel 1793). Fino agli anni ‘70 il 1˚ ottobre, in Italia, era la data di inizio delle scuole, i bambini di 1ª elementare erano chiamati «remigini». Ma a Fosdinovo il primo giorno di scuola era il due ottobre...
PENSATE a un grosso tortello di pasta fritta ripieno di nutella, crema, marmellata o purea di mele che, quando viene morsicato, comincia a sciogliersi in bocca e vi fa amare ancora di più la vita. Bello, eh? Lo volete mangiare sul serio? Allora dovete sapere che tutti gli anni, l’ultima domenica di settembre, a Fosdinovo si tiene la «Sagra dello Sgonfiotto». Lo sgonfiotto è la rielaborazione di un’antica ricetta di un dolce fosdinovese che si preparava nelle famiglie durante il periodo carnevalesco. Per preparare lo sgonfiotto al cioccolato, occorrono circa 200 grammi di farina, 200 grammi di cioccolato fondente, tre uova, 80 grammi di zucchero, mezza porzione di lievito per dolci, scorza d’arancia grattugiata, olio per frittura. E tanta passione per i dolci, naturalmente. Ma lo sgonfiotto, per tanto tempo dimenticato, è una prelibatezza resuscitata di recente. L’Associazione Faucenova, con l’aiuto di un pasticciere professionista, lo ha riproposto nel 2004, dando al dolcetto la forma di una mezza luna che, mentre
BUONA TAVOLA Le specialità gastronomiche del territorio attirano tantissimi turisti
frigge, si gonfia. La manifestazione è accompagnata da musica dal vivo, pranzo in piazza con gnocchi di patate, torta di verdure, sgabei e altri prodotti locali. Artigiani e artisti occupano le vie e le piazze del centro storico di Fosdinovo creando un’atmosfera accogliente. Da qualche anno, esiste anche un angolo della solidarietà dedicato ai giovani che raccolgono fondi per i paesi più poveri. E un’occasione per golosi si trasforma in un mo-
mento di solidarietà. Ma il borgo di Fosdinovo, che ha una fortissima vocazione turistica, è apprezzato anche per i piatti tipici della cucina contadina, soprattutto per la cacciagione. Per gli amanti della buona cucina, nella frazione di Canepari si svolge ogni estate a luglio, la «Sagra del Cacciatore». La festa si svolge grazie alla collaborazione di tutte le squadre di cacciatori delle frazioni (Canepari, Carignano, Fosdinovo, Tendola e Ponzanello) per far gustare ai turisti la
cucina tradizionale. Il menù è a base di selvaggina e piatti tipici: tortelli al ragù di cinghiale o di capriolo, pappardelle al sugo di lepre, polenta, sgabei ripieni, rosticciana, salsicce, spiedini di cacciagione e altre delizie, il tutto innaffiato dai gustosi vini locali. Ma il prodotto principe è la carne di cinghiale. La caccia a questo ungulato si è resa necessaria perché i cinghiali, importati negli anni ‘80 dall’Ungheria, si sono riprodotti in quantità spropositate, danneggiano i campi e sono un pericolo anche per le auto. Per fortuna sono... l’ingrediente principe della cucina locale. La ricetta è simile a quella tradizionale toscana. Bisogna lavare la carne in acqua corrente. poi immergerla per una notte intera in un guazzetto di vino rosso (o bianco) con tutti gli odori (carote, sedano, timo, cipolla, aglio, bacche di ginepro, peperoncino, rosmarino, alloro). La mattina dopo, si getta la salamoia e si rilava in acqua corrente la carne, la si taglia in piccoli pezzi e si rimette in un nuovo guazzetto di vino rosso con gli odori, per altre due o tre ore. Dopo di che si cuoce a fuoco lento aggiungendo il vino dove è stato a macerare. Ricetta splendida. Provare per credere.
FOSDINOVO IL NOSTRO E’ UN SUGGESTIVO BORGO A VOCAZIONE TURISTICA
Indietro nel tempo, ritorno al Medioevo
SFILATA La sfilata dei notabili del Comune in costumi dell’epoca
AVETE voglia di fare un salto nel tempo? Il primo weekend di luglio, a Fosdinovo, si tiene una festa medioevale che tenta di riprodurre la vita del borgo in quell’epoca. Le piazze riprendono l’antico nome e sono indicate con lo stemma araldico originale. Il gonfalone del Comune è fatto dall’insieme dei simboli delle contrade. Ogni anno il tema della festa cambia così come stand e animazioni. L’anno scorso il tema era la «venuta del Re di Francia». E sono arrivati dei figuranti da Sauxillanges, paese francese gemellato col nostro Comune, che hanno realizzato spettacoli in stile medioevale (esibizioni di giocolieri, giullari, trampolieri, musicanti, saltimbanchi, spadaccini) e la seguitissima sfilata dei notabili in costume d’epoca). Le specialità culinarie non sono quelle dell’epoca, ma si cerca di riprendere le pietanze di un tempo nel migliore dei modi con grigliate di carne di maiale e cacciagione allo spiedo, torte di verdura e minestre tipiche. Ma i cibi preparati con così tanta passione, dall’anno scorso, possono essere mangiati solo dalle comparse; per i turisti ci sono
punti di ristoro. Abbiamo intervistato Irene Baratta, presidente del Comitato per la festa medioevale e Milena Cucchiara, la vicepresidente. La prima edizione della festa medioevale fu realizzata nel 1998 e fu ideata da Monica Casella per terminare la sua laurea triennale. Inizialmente era organizzata dal Comune, ma dal 2006 i responsabili dell’organizzazione sono volontari che fanno parte dell’Associazione Festa Medioevale. Il lavoro per la festa inizia a settembre, quando bisogna contattare gli artisti e i figuranti e, soprattutto, gli sponsor che finanziano la manifestazione e in cambio ricevono pubblicità sui manifesti. Si cerca di riprodurre perfino la moda del 1200 e di trovare artisti che fanno spettacoli e giochi idonei al periodo storico; anche se gli sbandieratori non dovrebbero esserci, sono una delle attrazioni più belle. Tanti giovani partecipano di buon grado a questa manifestazione. Del resto per diventare soci e volontari bisogna pagare un piccolo tributo e tesserarsi all’Associazione Festa Medioevale di Fosdinovo.
LA REDAZIONE ALLA STESURA di questa pagina hanno collaborato gli alunni della II A dell’Istituto Comprensivo “Don Florindo Bonomi” di Fosdinovo: Battella Rebecca, Battolla Sa-
ra, Bertagnini Eugenio, Boero Vittorio, Bonetti Berke, Donatelli Valeria, Ficarra Salvatore, Garvani Camilla, Giachi Greta, Megna Emanuele, Megna Maria Grazia, Mo-
rotti Mattia, Perutelli Marco, Taddei Linda e Vietina Ario. Insegnanti-tutor: Giuseppe Daniele Baldini e Scandura Piero. Dirigente Tiziana Lavaggi.
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
«D.Alighieri Arpiola
Alluvione: chi è il colpevole? Chi abita nelle zone colpite si chiede perchè è accaduto il disastro sposizione.
— MULAZZO —
«CHI è il colpevole?» E’ questa la domanda che tutti i cittadini ancora si pongono dal 25 ottobre, giorno in cui una “bomba d’acqua” si è abbattuta violentemente sulla Lunigiana. Questa data resterà impressa nella memoria assieme alle immagini di case distrutte, strade trasformate in fiumi e ponti crollati. All’apparenza era sembrata una giornata come tutte le altre, ma, col passare delle ore, la pioggia ha incominciato a cadere in modo sempre più insistente e abbondante, i corsi d’acqua hanno iniziato ad ingrossarsi, gli argini a sgretolarsi, le vie ad allagarsi e la paura ha preso il posto dello stupore nell’animo della gente. Verso il tardo pomeriggio la situazione è peggiorata: è mancata l’energia elettrica, i telefoni hanno smesso di funzionare ed i paesi sono rimasti isolati e «al buio». Quando, finalmente, la pioggia è cessata, tutti si sono sentiti sollevati e, dopo gli interminabili momenti di terrore, hanno cercato di raggiungere luoghi più sicuri dove passare la notte.
DISASTRO La «bomba d’acqua» ha devastato tutto il territorio
LA MATTINA seguente, la visione desolante di detriti, terra, acqua torbida e cumuli di macerie ha rattristato profondamente il risveglio di tutti. Mulazzo non sarà mai più quella di prima: il bel lavatoio e piazza «XX Settembre» sono stati trascinati via dalla furia dell’acqua insieme a sassi e ad al-
beri; il ponte che collegava il piccolo centro ad Arpiola è caduto e i suoi abitanti sono stati costretti a lasciare in fretta le loro abitazioni, dichiarate temporaneamente inagibili, e, con il necessario chiuso alla rinfusa in una valigia, sono stati ospitati da amici, conoscenti o in apposite strutture messe a di-
ANCHE Parana e Montereggio sono stati colpiti dall’alluvione e sono rimasti isolati fino all’arrivo dei primi soccorsi. I numerosi volontari sono stati di grande aiuto; hanno lavorato senza tregua per rimuovere i detriti e liberare garage, camere e cucine, ripristinare collegamenti e consegnare, anche tramite elicottero, viveri e medicinali alle frazioni isolate, cercando di esaudire, nei limiti del possibile, tutte le richieste. La popolazione è ancora sconvolta e non sa spiegarsi come sia potuto accadere tutto ciò e come mai siano crollati ponti costruiti recentemente ed abbiano invece resistito quelli più vecchi, che, in tempo di guerra, avevano già subito i bombardamenti degli americani. Le risposte sono diverse e contrastanti: alcuni attribuiscono la colpa agli addetti alla diga di Teglia, altri all’Amministrazione comunale e altri ancora agli ambientalisti. Tante sono le voci che circolano e una tra le altre grida a gran voce: «Questo disastro si sarebbe potuto evitare?»
TESTIMONIANZE CHI E’ STATO EVACUATO DESCRIVE TUTTO QUELLO CHE HA DOVUTO PASSARE
I racconti dei ragazzi dal 25 ottobre in poi
DRAMMA La pioggia ha saturato il terreno
L’ALLUVIONE non ha risparmiato alcuni nostri compagni della classe prima e abbiamo deciso di intervistarli: a Francesco Vergine abbiamo posto le seguenti domande: Cos’è successo a tuo papà? «Era uscito per posizionare all’ingresso di casa delle barriere che impedissero all’acqua di entrare e allagare la cucina, ma è stato trascinato via dalla corrente per 500 metri; l’ho visto rotolare nella melma e mi sono spaventato. Ora, per fortuna, sta bene». Come ti sei trovato in albergo? «Sono stato ospite per un mese dell’albergo “La Pineta”di Cravilla e devo dire di essermi trovato bene, ma mi mancavano le mie abitudini e non vedevo l’ora di rientrare a casa». Ora dove abiti? «La casa in cui abitavo prima è vuota perché abbiamo dovuto buttare via tutto; ci siamo trasferiti in un appartamento ad Arpiola». Ecco ora ciò che ci ha raccontato un’altra nostra compagna, Alice Corsi di Parana: dove ti trovavi, quando c’è stata l’alluvione? «Ero in auto con la mamma e a causa del mal-
tempo, ci siamo dovute fermare diverse volte prima di arrivare a casa. Mia sorella invece non è proprio rientrata, perché il pulmino non ha potuto finire il giro e lei, in auto col nonno, che l’era andata a prendere a scuola, ha provato a raggiungerci, ma è stata bloccata dalle frane, quindi è tornata ad Arpiola. Appena mio papà è arrivato dal lavoro, si è diretto da lei, accompagnato dai carabinieri, perché il ponte Teglia era chiuso; l’ha trovata che piangeva e così l’ha condotta a casa di Daniele, un mio compagno, e hanno passato lì la nottata». Che cosa hai provato? «Ho pianto tanto, mi sentivo sola e a mancarmi, oltre alla luce e al gas, era soprattutto mia sorella; inoltre ero preoccupata per le voragini e per il ponte che era crollato. Sono rimasta isolata per un mese e, con la mia famiglia, aspettavo l’arrivo dell’elicottero che ci riforniva di ciò di cui avevamo bisogno: pasta, latte, frutta, ecc. Spero che i danni siano riparati in fretta, perché amo il mio paese e vorrei che tornasse quello di prima e non fosse dimenticato».
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Albericci Veronica, Barbieri Asia, Bassioni Stefano, Boggi Carlotta, Boscu Elena, Capineri Tosetti Andrea, Capponi Irene, Giovannacci Nicolò, Gussoni Federica, Leoncini Michela, Marconi Irina, Neculai Ionut Valentin, Nouiti Fatima, Novoa Alessandro, Pappini Arianna, Ratti Federica,
Romiti Diego, Sabri Soumaya, Scamuzzi Gilberto, Simoncini Samuele, Tonelli Michele, Betta Lorenzo, Bini Mattia, Castellotti Alessandro, Castellotti Emanuele, Cecconi Giada, Ferdani Lorenzo, Geana Oana Roxana, Lakal Imad, Malaspina Demy, Pedinotti Oreste, Sabri Naima, Simonata Alessio, Sivilotti Martina, Tarantola Martina,
Tommasinelli Martina, Vermi Andrea, Vivaldi Cristiano, Volpi Luca, Zappa Simone (classi III e II - Scuola Secondaria di 1˚ grado “Dante Alighieri” di Arpiola - Istituto Comprensivo “Giulio Tifoni” di Pontremoli), seguiti dalle Proff.sse Ornelle Boccardi e Antonella Simonelli (docente-tutor) e dal Dirigente Scolastico, professor Angelo Ferdani.
L’OPINIONE
La parola passa all’esperto — MULAZZO —
IL NOSTRO professor Paolo Borzacca è anche un valido geologo e dunque ci siamo rivolti a lui per saperne di più. Quali sono state le zone più colpite?
«Il 25 ottobre la pioggia ha colpito con estrema violenza tutto il territorio comunale con precipitazioni di quasi 400 mm in 24 ore: in un solo giorno è caduta una quantità d’acqua pari ad un terzo di quella che cade in un anno. Questa bomba d’acqua ha provocato frane, allagamenti e dissesti, interessando sia il capoluogo, in parte evacuato, sia le tante frazioni collinari e montane, in particolare Montereggio, Parana e Castagnetoli, che per alcuni giorni sono rimaste isolate o difficilmente raggiungibili». Una catastrofe evitabile?
«Il fenomeno è stato di eccezionale intensità: i dati meteorologici dicono che tali quantità di pioggia si verificano ogni 500 anni. Ciò che è successo è chiaramente imputabile ad un evento naturale, ma non si può non tener conto che i danni maggiori si sono manifestati ove l’uomo ha trasformato il territorio più profondamente o, all’opposto, lo ha quasi abbandonato. I piccoli corsi d’acqua, le canalette di scolo, i fossi agricoli, la cui manutenzione in passato era fatta in modo capillare dall’uomo, ora non sono più puliti e spesso sono ostruiti; inoltre diversi corsi d’acqua sono tombati, costretti a scorrere dentro tubi non abbastanza grandi per ricevere acque in quantità così rilevanti. Le conseguenze sono l’esondazione delle acque, l’erosione degli argini, frane e smottamenti di terreni, che spesso coinvolgono strade ed edifici».
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Scuola media
Alfieri-Bertagnini Massa
In città è crisi nel commercio Vendite scese del 30%, negozi a rischio chiusura. I dati di un’indagine rio si rileva che le attività commerciali locali hanno subito, nell’ultimo anno, un notevole calo di vendite (oltre il 30% di diminuzione rispetto agli anni passati). Tutto questo ha portato a un ridimensionamento degli incassi di un altrettanto 30% in media per attività commerciale. Per combattere la crisi, molti commercianti massesi dichiarano di aver ridotto le scorte in magazzino, di aver risparmiato sulle ore lavorative del personale, e di essere ricorsi a promozioni e sconti.
— MASSA —
CONTROTENDENZA
Il settore del marmo tiene duro — MASSA —
«NEGLI ULTIMI tre anni il fatturato della mia impresa non è diminuito, anzi, è aumentato, nonostante la crisi economica» afferma l’architetto Youssef Sbai, di origine marocchina ma da anni in Italia, titolare della ditta Manara, che commercia marmi locali e siciliani in tutto il mondo, specie in Marocco. «Il settore lapideo — ci spiega — è diviso in tre rami: estrazione, lavorazione e commercio. La crisi attualmente ha colpito solo il taglio del marmo». Alla domanda: “Come mai sono colpite solo le segherie?” l’imprenditore risponde che «gli acquirenti stranieri che comprano i blocchi nella nostra zona vengono da paesi emergenti che non hanno sentito la crisi e che hanno comprato nella nostra zona una decina d’anni fa macchinari per il taglio, così la lavorazione la fanno a casa loro ad un prezzo inferiore, perché nei loro paesi la manodopera costa molto meno». ANCHE Torello Dell’ Amico, cotitolare della ditta Edilcreo, proprietario di due cave a Carrara e a Forno, dalle quali si ricavano i marmi pregiati Calacata e bianco Carrara C, intervistato di recente da un alunno della nostra classe, conferma che il settore estrattivo non ha subito contrazioni negli ultimi anni. Questo avviene perché gli acquirenti sono soprattutto stranieri, di paesi emergenti come la Cina, Dubai, Sudafrica e comprano partite intere di blocchi di marmi locali, tra cui il costosissimo statuario, ed il marmo Carrara C.
FAMIGLIE che faticano ad arrivare a fine mese, bollette alle stelle, benzina costosissima, imprese che chiudono, disoccupati in cassa integrazione, spread altissimo. Questi sono gli aspetti più evidenti della crisi economica che oggi colpisce l’Italia. Ma cosa è la crisi e cosa ne sappiamo noi ragazzi? La scintilla scocca nel 2008, nel settore immobiliare e finanziario statunitense: diverse banche dichiararono bancarotta, poiché avevano concesso mutui a persone incapaci di pagarli. IN SEGUITO è andata in crisi tutta l’economia americana, e poco dopo anche quella europea: «L’Europa dipende economicamente dagli Stati Uniti: molte imprese americane sono multinazionali con capitale anche europeo» spiega Youssef Sbai, imprenditore del marmo, in una recente lezione tenuta in classe. «Mancando di finanziamenti, molte imprese italiane sono andate in crisi, perché non hanno potuto pagare, in anticipo sugli incassi, tutte le
CRISI Il mondo del marmo nel disegno della classe seconda A
spese a fine mese, compresi i salari degli operai». «Una crisi economica riguarda il lavoro e provoca disoccupazione» precisa ancora l’imprenditore. Oltre a Portogallo, Irlanda e Grecia, oggi a rischio, anche l’Italia non è immune da questa crisi internazionale ed europea. Per capire se e quanto questa crisi riguardi anche il nostro territorio, la nostra classe ha
svolto recentemente un’indagine, attraverso dei questionari anonimi, tra 50 commercianti di Massa, tra cui panifici, bar, erboristerie, gelaterie, negozi di sport e abbigliamento, di cosmetici e oggettistica, alimentari, supermercati, parrucchieri, estetisti, giornalai, tabacchini e macellerie. DAI RISULTATI del questiona-
OLTRE IL 40 % dei commercianti ha poi ammesso di aver temuto la chiusura della propria attività nell’ultimo anno e di aver dovuto licenziare parte del personale o averne ridotto le ore lavorative. La crisi a Massa si avverte maggiormente nel periodo invernale, dicono i commercianti. Probabilmente l’afflusso nella nostra zona di turisti, specie stranieri, in altre stagioni mitiga in parte la situazione. I settori più in crisi sono, a detta dei negozianti, anche l’industria e il turismo.
LA SVOLTA FAMIGLIE MENO RICCHE, I RAGAZZI CAMBIANO STILI DI VITA ED INIZIANO A RISPARMIARE
Tempi duri, noi rinunciamo ai videogicohi — MASSA —
REGALI che diminuiscono, discorsi che ricadono sempre più spesso sui soldi, preoccupazioni economiche che crescono ed angosciano famiglie e giovani. Questi i dati più in- GRAFICO teressanti di una recente inchiesta svolta nel- Risultati la scuola Alfieri Bertagnini dagli alunni della del nostra classe (89 studenti hanno compilato questionaun questionario anonimo). Nelle vacanze na- rio ideato talizie, la metà degli scolari si è dovuta accon- dagli tentare di mezzo Babbo Natale: il 46% del alunni campione dichiara di aver ricevuto meno re- Al quesito “Quanto temi che questa crisi abgali rispetto agli anni passati. Il 39% dei ragazzi avverte “alcune preoccupazioni” per le bia effetti negativi sul tuo futuro?” il 43% dei attuali condizioni economiche della sua fami- ragazzi risponde “abbastanza”, il 12% addiritglia, un 8% “molte preoccupazioni” ed un tura “molto”. Secondo gli alunni, gli italiani, 4% addirittura “tantissime preoccupazioni”. per aiutare il loro stato a uscire dalla crisi, do-
vrebbero diminuire i prezzi dei beni di prima necessità e della benzina, abbassare l’importo delle tasse, ma pagarle tutti, e tagliare gli stipendi ai politici. LA MAGGIOR parte dei ragazzi ha iniziato a risparmiare sull’acquisto di videogiochi, figurine, vestiti e dolciumi, e non sa il significato dei termini default e spread, anche se in casa i discorsi sulla crisi economica sono aumentati “tantissimo” per il16%, “molto” per il 28% e “abbastanza” per il 36%.Molti giovani iniziano dunque a risparmiare sulle spese voluttuarie e alcuni avvertono notevoli preoccupazioni economiche, specialmente per quanto riguarda il futuro proprio e della propria famiglia.
LA REDAZIONE Gli alunni cronisti della classe seconda A della scuola media statale Alfieri Bertagnini come cronisti in erba hanno elaborato la pagina sulla crisi e i suoi riflessi sui giovani. Ecco i protagonisti: Adam Dorinel Jonut, Andriani Elena, Andriani Gabriella,
Barotti Andrea, Bazzardi Viola, Bonni Giulia, Bordigoni Michele, Borzoni Enrico, Calevro Lorenzo, Credendino Valentina, Cristofani Letizia, Dell’Amico Nicolò, Flora Costanza, Ginzburg Maria, Giorgeri Anna, Giorgieri Alessio, Lazzarotti Andrea, Laz-
zarotti Gabriele, Ortori Gianluca, Ricci Gianmaria, Sbai Yasmine, Veliu Afrim, Zaccaria Chiara, Flores Flores Natalien. Gli alunni sono stati seguiti dalla docentetutor Sara Bisanti. Il dirigente scolastico è il dottor Walter Fiani.
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VENERDÌ 24 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«Moratti» Soliera
Tutti pazzi per facebook Il Social Network più famoso è il preferito dai ragazzi e non solo QUANTI di noi ragazzi e quanti “grandi” appena acceso il PC corrono ad aprire Facebook? Tanti. Quanti non hanno aperto un profilo FB? Pochi, a giudicare dai numeri. Facebook è il Social Network più famoso del mondo, che conta a oggi più di 700 milioni di iscritti. Fu fondato nel 2004 da Mark Zuckerberg ed Eduardo Saverin, all’epoca studenti universitari di Harvard, che trovarono in Facebook un nuovo modo per conoscere e interagire con persone di tutto il mondo. Inizialmente solo gli studenti di Harvard potevano registrarsi su questo sito, dopodichè i fondatori decisero di aggiungere altre università fino all’esplosione, che ha portato Facebook tra i più importanti domini di tutto il mondo. Oggi il dominio di Mark Zuckerberg è il secondo tra i più visitati al mondo dopo il celeberrimo motore di ricerca Google, che da poco tempo ha integrato il suo Social Network: Google+. Mentre le altre reti sociali sono obsolete dal punto di vista delle relazioni interpersonali,
TUTTI Da casa nostra, comodamente, possiamo rimanere in contatto con amici in tutto il mondo
Facebook è più avanzato. Il meccanismo più utile offerto da questo sito è la chat, seguita dalla possibilità da parte di un utente della cosiddetta condivisione di imma-
gini, video e musica, ma anche di pensieri e opinioni di ogni tipo. Questo è ciò che spinge molti giovani d’oggi, e non solo, a procurarsi un account su Facebook. E ora
qualche dato, mettendo a confronto due tra i social network più visitati: Facebook e Twitter. Iniziamo dagli utenti iscritti: Facebook ne conta più di 750 milioni, mentre Twitter ne annovera meno della metà; attorno ai 200 milioni. Per il primo, la metà degli utenti tende a entrarvi almeno una volta al giorno, per il secondo i log-in giornalieri sono un quarto dei registrati. Tuttavia, quelli di Twitter non sono tutti lati negativi. Tramite questo sito, si ha la possibilità di interagire con molti personaggi famosi, da calciatori a cantanti o attori attraverso i cosiddetti tweet, limitati a 140 caratteri, che sarebbero i messaggi non istantanei di Facebook, differenti solo per il fatto di essere visibili a tutti. Un’altra statistica ci riguarda più da vicino: gli utenti italiani dei due Social Network sono 20 milioni per Facebook e 2,4 per Twitter. E infine un dato riguarda proprio noi. Anche nella nostra classe quasi tutti sono stati catturati dal fenomeno Facebook, mentre solo quattro hanno provato Twitter, ma solo per curiosità.
FACEBOOK DIETRO AI FALSI PROFILI POSSONO ESSERCI ANCHE PERSONE MOLTO PERICOLOSE
Non tutte le «facce del libro» sono sincere
DUBBI Dietro una faccia non sempre c´è un amico
UN GROSSO problema di questo Social Network, è il «fenomeno» dei profili falsi, cioè l’iscrizione di alcuni utenti che si spacciano per persone che in realtà non sono o per persone inesistenti. Secondo noi, questi «personaggi» si possono dividere in due categorie:la prima comprende quelli che creano un profilo falso solo ed esclusivamente per uno scopo scherzoso e divertente con cui prendere in giro gli amici. Alla seconda, la più pericolosa, appartengono per lo più malintenzionati, che interagendo soprattutto con adolescenti, li traggono in inganno approfittando della loro ingenuità. Come riconoscere un profilo falso? Spesso basta dare un’occhiata alle foto. Se queste ritraggono personaggi famosi o sembrano foto già diffuse nel web, è probabile che il profilo non corrisponda a chi lo controlla realmente.
Dopo una prima analisi, si procede controllando la lista degli amici di questo profilo. Se comprende alcune persone che si conoscono, è possibile chiedere a loro la vera identità del profilo. Quando si riceve un messaggio da uno sconosciuto, è lecito non rispondergli o, anche in questo caso, domandare ai propri amici. Di conseguenza, si potrà accertare la reale identità del profilo e magari proseguire la conversazione. Nel caso che un profilo falso sia già presente tra gli amici e si è perseguitati, anche tramite messaggi e chat, è consigliabile bloccarlo tramite le opzioni del proprio account o segnalarlo tramite l’apposito pulsante presente sulla sua pagina. In casi ancora più gravi, quando la minaccia diventa esplicita, è molto meglio chiamare subito la polizia che risalirà alla persona nascosta dietro il falso account.
LA REDAZIONE QUESTA pagina è stata realizzata dalla terza «F» della scuola media di Soliera, dell’Istituto comprensivo «Moratti». Gli launni sono Kevin Baez, Nicola Bernardini, Gabriele Bianchi, Rebecca Boriassi, Lo-
renzo Ceragioli, Virginia Clementi, Peter Cuomo, Emanuela Esposito, Emma Formai, Davide Frandi, Giulia Franchini, Alessio Gabrielli, Anna Laksikis, Elisa Mandorlini, Marco Paita, Stefano Pea, Francesco
Romei, Noemi Serafini, Alice Vallisneri, Sacha Varanini ed Elia Vincenzi. I docenti tutor sono Patrizia Chinca , Anna Pini, Giulia D´Errico e Sara Pierotti. Il dirigente scolastico è Angelo Ferdani.
PROBLEMI
Non è davvero tutto oro ciò che luccica FACEBOOK: una parola, otto lettere e tanti problemi. Che cosa significa questa introduzione? Probabilmente la maggior parte degli utenti di Facebook, in questi ultimi tempi, si è lamentata di problemi, appunto, che riguardano il Social Network da molti punti di vista. Per coloro che non possiedono una connessione internet veloce, o hanno un Pc del paleolitico, navigare su Facebook è diventato un dilemma per via della lentezza con cui alcuni elementi vengono visualizzati. Ma i tecnici non sembrano aver capito l’importanza di ciò, in quanto non sono stati fatti miglioramenti o “alleggerimenti” di alcun tipo, ma bensì sono state aggiunte opzioni, anche inutili, che rallentano la navigazione e compromettono l’uso di più applicazioni in contemporanea sul computer. Il sistema della chat, inoltre, è stato cambiato numerose volte senza progressi, forse solo per abbellire il sito; ciò ha suscitato negli utenti una richiesta di ritorno alla chat originale. Tra le innovazioni meno utili di questi giorni vi è il cosiddetto diario, un modo nuovo di gestire e visualizzare il profilo. Il cambiamento avviene su scelta dell’utente ma è irreversibile e tanti utenti si ritrovano delusi da quest’aggiornamento. Ci saranno miglioramenti? Noi non lo sappiamo, ma ci auguriamo che questi problemi vengano capiti e risolti al più presto. Altrimenti quello che per noi era un piacevole passatempo rischia di non contarci più tra i suoi fan.
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Scuola media
«Galilei» Monzone
Valle del Lucido, le stragi del ‘44 Nei ricordi degli anziani troviamo dettagli che rendono la storia più vera RIFLESSIONI
La memoria: una chiave per il futuro IL RICORDO di fatti terribili incute ancora terrore e per gli anziani che ne sono stati protagonisti, sono ancora oggi una ferita aperta. Sono ormai rimasti pochi testimoni diretti di quegli avvenimenti, che possono raccontare ciò che hanno vissuto sulla propria pelle e c’è il rischio di perdere un pezzo di storia che ha radicalmente cambiato la vita di una popolazione intera. C’è chi pensa che sia meglio dimenticare, seppellire quei tragici momenti; molti invece hanno voluto testimoniare ciò che è stato, convinti che il silenzio uccide una seconda volta le persone che sono morte. Dobbiamo capire perché tutto ciò è avvenuto: non basta leggere la storia e poi chiudere il libro, bisogna valutare le cause che provocarono fatti così brutali: solo così, conoscendo gli errori di chi è vissuto prima di noi, potremo non commetterne di nuovi. Nulla potrà cancellare l’orrore di quei fatti, ma noi non possiamo né dimenticare né rimanere passivi perché schiacciati dal peso di tanta sofferenza e brutalità. I giovani devono essere educati alla memoria e sono chiamati a ricordare fatti che hanno offeso l’intera umanità, a far rivivere il ricordo di tanto dolore. Non dimenticare le sofferenze di allora, è il primo passo per evitare nuove sofferenze di oggi e per avere un futuro migliore fatto di pace e di giustizia. Anche se siamo ancora ragazzi dobbiamo impegnarci in questo grande progetto: fare in modo che non succeda mai più.
24 AGOSTO 1944. Lunigiana, Valle del Lucido. Più di 50 automezzi carichi di soldati tedeschi e fascisti salgono verso Vinca, attraversando vari paesi, tra cui Gragnola, Monzone, Equi Terme, lasciando una scia di sangue e terrore. In tre giorni gli uomini del maggiore Reder bruciano case e uccidono tutti quelli che incontrano sul loro cammino. A Vinca compiono i crimini più spietati, non risparmiano né vecchi, né donne, né bambini. Le vittime sono 174. Abbiamo intervistato nonni e parenti che hanno vissuto quella storia e abbiamo raccolto qui le loro testimonianze. «Avevo 14 anni quando arrivarono i tedeschi a Campiglione. La gente aveva notato i militari dirigersi verso il paese e si era nascosta alla Selva di Vezzanello. Ci sono state vittime nei paesi vicini: a Gallogna, nel luogo dove è stato fucilato un contadino, c’è una lapide commemorativa con il suo nome». «Le SS arrivarono da varie direzioni e circondarono Gragnola: fecero radunare tutti in Piazza
PENSIERO «I ricordi» nel disegno di Martina Francini
Gioco. Fra i tedeschi vi erano anche soldati italiani che portavano camicie nere. Quello stesso giorno vennero fucilate nove persone». «Gli uomini del maggiore Reder non cercavano i partigiani, ma volevano intimorire la gente comune». «Mio nonno Anacleto è stato vittima dei rastrellamenti: era andato a prendere una damigiana di acqua. Quando i soldati sono passati, hanno preso lui ed altri e li hanno portati dietro la stazione e lì, dopo averli messi in fila, li hanno fucilati». «Mario, il
marito di mia sorella, stava percorrendo la strada di Gragnola per tornare a casa, quando arrivarono i tedeschi. Venne ucciso con un colpo di fucile». «A Vinca, nel mulino vicino al fiume, c’erano più di 30 persone che rimasero lì senza cibo, se non del toccolo, una specie di farina di castagne». «Lo zio Lorenzo, la mattina del 24, era andato a lavorare nei campi; da lì era riuscito a vedere molte camionette dirette al paese, così ha dato l’allarme. Io, mia sorella e mia mamma siamo scappate sui mon-
ti e già sentivamo gli spari dietro di noi. Abbiamo trascorso la notte in una grotta e all’alba ci siamo allontanate ancora di più da Vinca. Dopo qualche giorno siamo tornate a casa e abbiamo trovato il paese bruciato e saccheggiato». «Io sono nata il 23 agosto 1944 e quando i tedeschi sono arrivati a Vinca avevo solo un giorno. Dopo l’allarme, mio padre è venuto a prenderci e ha aiutato mia mamma a raggiungere una capanna, poi è andato in cerca di cibo. Quando è entrato in paese ha visto i corpi di persone uccise ed è stato costretto a nascondersi. Solo la sera, quando i tedeschi se ne sono andati, è tornato da noi. La mattina del 25 siamo saliti sulla montagna e ci siamo nascosti in un bosco; io ho iniziato a piangere e tutti erano terrorizzati che ci avrebbero scoperto e ucciso. Mio padre era disperato e non sapeva cosa fare e decise di coprirmi con la giacca per attutire il rumore del mio pianto. E’ passata così l’intera giornata, i tedeschi ci sono passati vicino, ma non ci hanno scoperto. E’ così che siamo sopravvissuti».
L’ESPERTO FACCIAMO CHIAREZZA SU UN’ODISSEA GIUDIZIARIA INFINITA CHE VA AVANTI DA DECENNI
L’avvocato ci spiega i labirinti della giustizia SULLE stragi della nostra zona abbiamo intervistato l’avvocato Emilio Bonfigli, difensore di alcuni cittadini vittime degli eccidi della Valle del Lucido. Gli abbiamo rivolto delle domande cui ha risposto con molta chiarezza, spiegandoci lo svolgimento dei processi.
nia di Hitler, anche se la colpevolezza di quegli uomini non è messa in discussione». DRAMMA «La memoria fa male, ma è necessaria» nel disegno di Hichame Fouhamy
Perché nel 2012 si stanno svolgendo ancora processi su fatti così lontani?
«E’ una lunga storia: molti sono stati i processi nell’immediato dopoguerra, ma solo nel 1994 si scoprì nella Procura di Roma un armadio con le ante rivolte verso il muro; vi erano contenuti i fascicoli che riguardavano le indagini sulle stragi nazifasciste più efferate del nord d’Italia, tra cui quelle relative alla nostra zona. Quelle carte erano state ‘dimenticate’ in quello che fu soprannominato ‘l’armadio della vergogna’. Nel 2008 è iniziato il processo che non si è ancora concluso; finora gli imputati sono stati di-
chiarati colpevoli di un atroce massacro. L’8 febbraio di quest’anno si attendeva la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, che però è stata rinviata». Per quale motivo?
«Qualche giorno prima la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja aveva stabilito che lo Stato tedesco di oggi non può essere condannato al risarcimento per fatti compiuti dalla Germa-
Perché il Comune di Fivizzano si è costituito parte civile?
«Perché ha subito un danno gravissimo: è stata cancellata un’intera generazione, è stato impoverito tutto il territorio, è stata colpita la comunità. La memoria di quelle stragi è ancora viva nei sentimenti delle persone che chiedono giustizia». Perché fare un processo a ultra ottantenni?
«Quegli uomini, tutti soldati graduati, hanno compiuto reati che non si prescrivono. Alcuni sono già morti e gli altri sono troppo anziani per scontare la pena in carcere, ma devono essere processati, perché hanno commesso crimini contro l’umanità: quei fatti non devono essere dimenticati, anche se sono avvenuti tanti anni fa».
LA REDAZIONE La pagina è stata realizzata dagli studenti della classe III C della Scuola Media «G. Galilei» di Monzone: Marco Andrei, Katherine Barbieri Bertilorenzi, Gabriele Battaglia, Gabriele Battaglia*, Letizia Bini, Leo-
nardo Cappelli, Sofia Cecchini, Leonardo Duranti, Thomas Duranti, Simone Ferrari, Hichame Fouhamy, Martina Francini, Eleonore Krisa, Yuri Morelli, Maria Consiglia Mormile, Nicolò Nanna, Giacomo Rossetti,
Tommaso Rossetti, Greta Sisti, Daniele Stopar. L’attività è stata guidata dalle insegnanti Maria Cristina De Gregorio (Lettere) e Cristiana Carozzi (Arte); il Dirigente Scolastico è il professor Angelo Ferdani.
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Scuola media
Taliercio Carrara
In bici il mondo è più vivibile E da tempo esiste un progetto per far rinascere il tracciato ciclabile be più sano, per non dimenticare il risparmio economico.
— CARRARA —
CHE CONFUSIONE all’uscita da scuola. Quante persone urlano impazienti di prendere i propri figli. Quanta fretta: auto in doppia fila, traffico, malumore, rumore, inquinamento. È questo il mondo in cui vogliamo vivere? Abbiamo discusso a lungo e deciso di svolgere un’indagine all’interno della nostra scuola. Abbiamo costruito un questionario da sottoporre a tutti gli studenti da cui è risultato che, su 250 alunni, solo 5 vengono a scuola in bici e ben 218 sono accompagnati in auto. Eppure 234 possiedono una bici. Queste le motivazioni: i genitori non lo permettono, le piste ciclabili sono insufficienti e maltenute, c’è troppo traffico e non abbastanza sicurezza. La maggior parte di noi desidererebbe piste ciclabili che ci permettessero di raggiungere in bici i luoghi più caratteristici della nostra zona. Molti vorrebbero realizzare il progetto ‘bike sharing’ con il sistema ‘Bicincittà’, oppure, per tranquillizzare i genitori, il servizio di ‘Bicibus’ per scuole elementari e medie: adulti
DEGRADO In evidenza lo stato delle piste ciclabili a Marina
volontari accompagnano gruppi di ragazzi a scuola in bici. Altri propongono un giorno senza auto: si inquinerebbe di meno e si potrebbe girare liberamente sulle due ruote. NESSUNO va in bici perché tutti vanno in macchina: è un circolo vizioso. Dobbiamo avere il co-
raggio di fare il primo passo o meglio, la prima pedalata. Se tutti usassimo di più la bici ci sarebbero molti vantaggi e il mondo diventerebbe più vivibile. Con meno produzione di gas serra l’aria sarebbe più pulita, di conseguenza ci sarebbero meno malattie; riducendo il traffico avremmo meno incidenti, lo stile di vita sareb-
IN QUALITÀ di esperto sull’argomento, abbiamo invitato a scuola il professor Riccardo Canesi, presidente dell’Euromobility (associazione che promuove in Italia la mobilità sostenibile e il mobility management) e gli abbiamo presentato i problemi emersi e le nostre soluzioni. Con nostra sorpresa ci ha spiegato che da tempo esiste un progetto per l’ampliamento e la risistemazione del tracciato ciclabile già esistente. Si prevede il riutilizzo dell’antica ferrovia marmifera che partendo da Carrara, san Martino, arrivi ad Avenza e la costruzione di una pista ciclabile lungo uno dei marciapiedi del viale XX Settembre tra Carrara centro e Marina, così da avere un collegamento ‘mare – monti’ che permetterebbe a molti studenti di raggiungere le scuole in sicurezza e ai ciclo-turisti di muoversi agevolmente sul nostro territorio. Nel percorso della ‘vecchia marmifera’ potrebbero essere inseriti cartelli multilingue per ricordare la storia della nostra città e della ex ferrovia.
L’ESPERTO MARCO BONANNI DELL’ACI HA TENUTO UNA LEZIONE IN CLASSE AGLI STUDENTI
Ecco come si viaggia in sicurezza sulle due ruote
SICUREZZA L’iniziativa dell’istituto che invita ad usare prudenza
MARCO Bonanni dell’Aci ci ha tenuto due lezioni sulla sicurezza necessaria quando si viaggia su due ruote. È possibile infatti trovarsi di fronte un ostacolo all’improvviso e, in questo caso, cercare di schivarlo può essere molto pericoloso; per arrestarsi in tempo è opportuno che la velocità sia moderata e le condizioni del veicolo buone . «Più la velocità è elevata meno i riflessi contano» ha spiegato. Noi ragazzi abbiamo ammesso di non usare il casco in bici perché ci vergogniamo e perché alla nostra età non lo mette più nessuno. Lui ha ribadito che il casco è indispensabile e i ‘furbi’ sono quelli che lo portano, non gli altri. Un altro accorgimento sarebbe in-
dossare sempre vestiti con colori accesi, per essere meglio visibili, e la sera accendere i fanali. Ma perché è così importante il casco? Se cadiamo e andiamo a sbattere contro un ostacolo rigido, per esempio l’asfalto, possiamo riportare gravi lesioni. Quando è in gioco la salvezza non conta la bellezza. Molti ciclisti, anche adulti, non rispettano i semafori e non segnalano col braccio la svolta a destra o a sinistra , rischiando così di farsi investire. Alcuni ragazzi, invece , si sentono ‘ganzi’ ad andare veloci oppure fanno impennate in mezzo alla strada rischiando grosso, soprattutto se l’asfalto non è in condizioni ottimali o, come accade sulla nostre piste ciclabili, radici di alberi emergono dal suolo.
LA REDAZIONE HANNO collaborato Federica Albani, Monica Bianchi, Michael Biscetti, Isabella Bogazzi, Perla Borghini, Sara Bottari, Brian Brozzo, Giacomo Camilli, Goran Ceccopieri, Joshua Chiariotti, Nicole Diamanti, Teresa Giannarelli, Gianmarco Giovanelli, Matteo Iardella, Eleonora Iovino, Robert Luna Espertin, DanielePieroni, Elisabetta Marrucci, Rebecca Moretti, Gianmarco Moretto, Costanza Morotti, Adriana Nistor, Arianna
Santini, Carolina Torri, Benedetta Vassallo, Giacomo Andrei, Giorgia Badano, Gabriele Bassi, Andrea Beghè, Sonny Bruzzi, Elena Calevro, Niccolò Coppedè, Noemi, Danesi, Lorenzo Domenichelli, Irene Donnini, Rebecca Fedele, Filippo Grassi, Simona Lieto, Stefano Lo Cicero, Valentina Pedrelli, Gabriele Pezzica, Alessia Piolanti, Alessio Raffo, Matteo Ricci, Leonardo Stangoni, Diana Tarasenko, Lorenzo Tonazzini, Robin
Vatteroni, Beatrice Venè, Andrea Villano, Alessia Andrei, Daniele Barattini, Martina Bottici, Matteo Ciampi, Evelina Devoti, Denisa Doda, Federica Donnini, Sara Lorenzini, Chantal Manfredi, Alessio Marciasini, Gaia Marrucci, Emanuela Mustone, Francesca Panizzi, Carlotta Piaggio, Carolina Poggi, Andrei, Stahiie Ioan, Caterina Viaggi. I prof-tutor: Erica Biglioli, Francesca Costa, Rita Tonarelli, Maria Raffaella Ratti. Dirigente: Mirella Cocchi
LA SCHEDA
Pedalare? Stanca Meglio l’auto — CARRARA —
SECONDO i dati fornitici dal professor Canesi, in Italia la maggior parte delle persone non considera la bici un mezzo di trasporto: la bicicletta è utilizzata soprattutto per praticare sport, infatti le nostre industrie producono più mountain bike che city bike. Se, per quanto riguarda la produzione, l’Italia è al secondo posto dopo la Germania, nell’acquisto di biciclette siamo quarti dopo Germania, Francia e Gran Bretagna. Nella classifica relativa all’uso quotidiano, dove al primo posto troviamo gli Olandesi, noi siamo tra gli ultimi. In Italia il 30 per cento dei tragitti effettuati in automobile copre distanze inferiori ai 3 chilometri, infatti solo il 3 per cento della popolazione utilizza quotidianamente la bicicletta per recarsi a scuola o al lavoro, mentre in Olanda lo fa il 27 per cento dei cittadini e a Copenaghen uno su tre anche quando ci sono condizioni atmosferiche sfavorevoli. Poiché le automobili rappresentano un ostacolo e un pericolo per i ciclisti, che sono, con i pedoni, gli utenti deboli della strada, in molti paesi stranieri è presente una fitta rete attrezzata di piste ciclabili, per esempio in Gran Bretagna dalla Cornovaglia è possibile raggiungere le Highlands. In Italia solo al nord sono presenti percorsi ciclabili in numero sufficiente. Il nostro professore di sassofono Vegetti, ci ha riferito che a Parma, la sua città, ci sono molte piste ciclabili, segnalate addirittura con colori diversi.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 2 MARZO 2012
Scuola media
Giorgini Montignoso
Oscar rinato col cuore di Camilla La tragica fine di una bambina gli ha ridato una speranza quel tipo di malformazione di solito si muore molto prima. Ma così non è stato per Oscar, grazie alla generosità dei genitori di Camilla, i quali hanno autorizzato l’espianto degli organi dalla loro amata bambina appena appreso che quell’incidente a cavallo non le aveva lasciato scampo.
—MONTIGNOSO —
SOLIDARIETÀ
Quelle scelte di grande generosità — MONTIGNOSO —
L’INCONTRO con il dottor Fabio Grassi, infermiere professionale, uno dei referenti del Coordinamento donazioni e trapianti della Asl ed esponente dell’Aido, ci ha consentito di chiarire dubbi su questo meraviglioso “regalo” grazie al quale tante persone tornano alla vita; associazioni come l’Aido svolgono un ruolo importantissimo permettendo, attraverso una scelta di generosità e solidarietà, di salvare vite umane. Dopo varie informazioni su storia dei trapianti, statistiche (Toscana in testa alle classifiche europee per numero di donazioni) ed aspetti medici della donazione, per esempio la differenza tra “coma” e “morte cerebrale”, abbiamo potuto riflettere sul fatto che donare gli organi regala a chi ne ha bisogno la possibilità di continuare a vivere (l’hanno fatto Don Gnocchi, il piccolo Nicholas Green, Marta Russo e altri, come il ventiquattrenne morto di recente a Carrara in un incidente, le cui cornee, valvole cardiache, cute e tessuto osseo sono state il “dono” per altrettante persone in lista d’attesa.) IMPORTANTE poi la testimonianza di Andrea Pieroni, che con semplicità ci ha raccontato la sua storia di lunghi anni di dialisi, fino alla telefonata che gli comunicava il grande” regalo” di un rene sano, e quindi la possibilità di una vita”normale”. Così una qualsiasi mattinata scolastica è diventata un’occasione unica e speciale per riflettere sull’importanza della donazione, un gesto che è un grandissimo, umano atto d’amore.
DONARE gli organi non significa soltanto regalare una parte di se stessi ma rappresenta qualcosa di enormemente più grande e importante: significa restituire la vita a chi se la vede inesorabilmente rubata da una malattia guaribile solo con un trapianto. Restituirla a chi, dopo un’attesa estenuante durata tanti anni, un bel giorno riceve una telefonata insperata: «Abbiamo un organo compatibile con Lei». La contabilità dei trapianti non è ancora del tutto positiva: servono molti più organi di quanti ne siano disponibili e ognuno dovrebbe fare la propria parte per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della donazione. DA PARTE nostra, cercheremo di immaginare quanto possa essere generoso tale gesto, riportando una storia, una come tante altre ma un po’ speciale, perché gli inconsapevoli protagonisti sono due bambini. Loro non si sono mai conosciuti, eppure le loro vite si sono incrociate grazie a... Tam
Tam. Tam Tam è il nome del nuovo cuore di Oscar. Cuore che prima apparteneva a una splendida ragazzina di undici anni, Camilla, allegra e appassionata di equitazione. Proprio in sella a uno dei suoi amati cavalli, Camilla è andata incontro al peggiore dei destini: è caduta e se n’è andata per
sempre. Ma il suo cuore, allegro e pieno di vita come lei, non ha mai smesso di battere nemmeno per un istante, perché è stato donato a un bambino di nome Oscar, otto anni, nato con una grave malformazione cardiaca che sembrava avergli stroncato ogni speranza di diventare grande. Già, perché con
ADESSO Oscar è tornato a giocare con i suoi amici, a correre e a sognare come si fa alla sua età. Per il resto della sua vita, porterà dentro di sé l’allegria e la gioia di vivere che Camilla, come in una incredibile staffetta del destino, gli ha nuovamente restituito. E chissà se ogni mattina, svegliandosi, Oscar si fermerà alcuni minuti ad ascoltare il battito del suo nuovo cuore – anzi, “il suo nuovo amico” ama sottolineare lo stesso Oscar — proprio come ha fatto appena ha riaperto gli occhi dopo l’intervento di trapianto? Tam tam... Un dolce ritmo, un battito deciso che ha restituito il sorriso a un bambino adesso fortunato... Tam tam: non a caso, questo è il nome che Oscar ha dato al suo nuovo amico cuore.
LA STORIA GRAN GESTO DEI GENITORI DI UN PICCOLO AMERICANO MORTO IN UN INCIDENTE
Nicholas aveva una vita… e ne ha donate sette — MONTIGNOSO —
TRAGEDIA Nel disegno, Nicholas Green
OLTRE AD AVER salvato sette vite, il gesto dei genitori di Nicholas Green ha provocato quello che è stato definito “Effetto Nicholas”, che ha spinto moltissime persone a donare gli organi. Nicholas era un bambino americano di sette anni che, nell’estate del 1994, era in Italia con la sua famiglia: padre, madre e sorella maggiore. Stavano trascorrendo una tranquilla vacanza nel sud della penisola, quando la macchina su cui viaggiavano fu scambiata per quella di un gioielliere, presa di mira da due malviventi che tentarono un furto. Il luogo della vicenda fu l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, presso l’uscita di Vibo Valentia, ancora pochi chilometri (se si pensa a quanti ne aveva già fatti la famiglia!) per raggiungere la bellissima Sicilia, meta del viaggio. Forse Nicholas stava parlan-
do con i suoi genitori di quell’isola dove la civiltà greca aveva lasciato tantissime testimonianze e già immaginava le bellezze archeologiche, ma… un colpo di pistola ha rotto i suoi sogni. Subito soccorso, fu trasferito all’ospedale di Messina nel centro neurochirurgico, dove morì qualche giorno dopo. ALLA SUA MORTE i genitori autorizzarono l’espianto e la donazione degli organi, di cui beneficiarono sette cittadini italiani (quattro adolescenti, tre adulti) , che continuano a vivere e a vedere ancora… In seguito alla vicenda, i genitori di Nicholas hanno ricevuto la medaglia d’oro al merito civile e moltissime scuole, parchi, piazze, strade, giardini su tutto il territorio italiano portano il nome di questo bambino che, attraverso il gesto dei suoi genitori, continua a vivere tra noi.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni delle classi 2˚A, 2˚B, 2˚C della scuola secondaria di primo grado ‘’G.B. Giorgini’’. Il disegno di Nicholas è stato prodotto da Gilberto Ezegbulan e la vignetta da Omaima
El Hamdani .Gli insegnanti tutor: Mariesa Tenerani, Anna Maria Marri, Maria Riccarda. Grassi. Il dirigente scolastico è la dottoressa Tosca Barghini . La scuola ringrazia il dottor Fabio Grassi
dell’Asl, Martina Grassi e il signor Andrea Pieroni aper la consulenza e la testimonianza che hanno permesso la stesura di questa pagina».
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VENERDÌ 2 MARZO 2012
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Scuola media
Leopardi-Da Vinci Carrara
«Apocalipse tomorrow» Cambiamento climatico: esiste un’«àncora» di salvezza per la Terra — CARRARA —
MUTAMENTO climatico. Ne sentiamo spesso parlare; ma sappiamo cosa è e specialmente cosa sta succedendo? Nel 20esimo secolo è iniziato un incremento delle temperature medie sulla superficie terrestre dovuto in parte a cause naturali, come l’ irragiamento solare combinato con il naturale effetto serra dell’ atmosfera, e in parte alle attività umane, come l’ utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione. SECONDO alcuni esperti del clima l’ innalzamento della temperatura globale dell’atmosfera potrebbe avere conseguenze disastrose su tutte le comunità dei viventi. I ghiacci polari si scioglierebbero, il livello del mare si alzerebbe, sommergendo completamete le isole minori innondando le città costiere e molte pianure agricole. Anche le stagioni intermedie scomparirebbero e l’ estate sarebbe caratterizzata da grande siccità; molte zone, che attualmente sono coltivate e soddisfano gran parte del fabbisogno alimentare nel mondo, si trasformerebbero
PERICOLO Nel 2040 dovremmo potremo solo ammirare il cioccolato
in aridi deserti e si verificherebbero più frequentemente e con maggior violenza eventi metereologici estremi (cicloni, alluvioni, ondate di caldo e di gelo). In Europa, se non dovessero essere prese misure sufficienti per arginare questa ondata di surriscaldamento, le regioni che pagherebbero il prezzo più alto sarebbero quelle
del Mediterraneo ed in particolare l’ Italia. Già negli ultimi decenni alcuni rilevamenti ambientali hanno registrato una ‘disintegrazione del 55 per cento dei ghiacci con l’ estinzione di ghiacciai minori e l’ emersione di finestre rocciose. LA CARENZA di ghiacciai e di
zone innevate, in breve tempo, comporterebbe mancanza di acqua potabile e siccità con inevitabili conseguenze sull’ agricoltura. Anche quel settore dell’ economia, che trae il suo profitto dal turismo invernale, correrebbe il rischio di essere spazzato via. «Probabilmente andremo al mare a dicembre, mentre ad agosto saremo costretti ad emigrare nei paesi scandinavi». Questa considerazione, che può sembrare un’ esagerazione, entro una cinquantina di anni potrebbe essere la realtà. A rischiare è anche il mare stesso. La qualità dell’acqua diminuirà progressivamrente, ci sarà carenza di pesce ed un aumento esponenziale di alghe e meduse, uno sconvolgimento degli equilibri marini che influenzerà anche la nostra dieta mediterranea. Uno scenario apocalittico questo, che si vuole a tutti i costi evitare, per cui negli ultimi anni sono stati organizzati incontri a livello mondiale con l’ intento di arrivare a formulare un pacchetto di soluzioni definitivo e fattibile, a cui tutti dovranno aderire, partendo dal 2013. Ciò sarà l’ancora di salvezza della Terra?
IL DECALOGO ALCUNI SEMPLICI CONSIGLI PER DIFENDERE IL FUTURO DELL’INTERO PIANETA
Piccoli gesti, grandi prodigi per tutti noi — CARRARA —
AMMALATA Temperature sempre più alte anche in Italia
PIÙ di 30 anni fa, nel 1979, la prima conferenza mondiale sui mutamenti climatici ha avviato la discussione su come «prevedere e prevenire potenziali cambiamenti climatici causati da attività umane che potrebbero avere un effetto negativo sul benessere dell’ umanità». Già allora gli scienziati avevano rilevato una tendenza all’ aumento della temperatura media globale di gran lunga superiore a quella registrata in passato ed avevano maturato il sospetto che tale surriscaldamento non dipendesse solo da cause naturali. La possibilità di cambiamento è nelle mani di ognuno di noi. Le attività umane generano emissioni, i gas restano intrappolati nell’ atmosfera e alla lunga creano surriscaldamento e modificano il clima. Diventare ecologisti non è poi così difficile. Ci sono delle piccole cose che possiamo fare quotidianamente per ridurre le emissioni di gas nocivi e il nostro impatto negati-
vo sull’ ambiente. I comandamenti del buon cittadino possono essere così riassunti: abbassa, spegni, ricicla, cammina. Abbiamo individuato, all’ interno dei suddetti comandi, semplici azioni che ognuno di noi può compiere senza pregiudicare la qualità della nostra vita. Te ne proponiamo alcune: usa lampadine led; metti il coperchio alla pentola; regola il termostato di casa; spegni gli elettodomestici non in uso; spegni le luci quando non sei nell’ ambiente; presta-regala-baratta riusa prima di buttare; consuma prodotti locali; utilizza materiali biodegradabili; bevi l’ acqua del rubinetto; chiudi il rubinetto quando ti lavi i denti; fai preferibilmente la doccia; usa l’ automobile il meno possibile; vieni a scuola a piedi; pianta un albero. Ricorda sempre che piccoli passi portano a grandi prodigi e piccoli gesti quotidiani possono farti risparmiare, ma soprattutto possono limitare i cambiamenti climatici.
L’INDAGINE
Rischiamo un mondo senza Nutella — CARRARA —
SE AVETE bisogno di ulteriori motivazioni per limitare il cambiamento climatico, considerate i vostri cibi preferiti. L’aumento della temperatura globale, tempeste imprevedibili, siccità stanno minacciando la produzione di miele, caffè e cacao. Ve lo immaginate un mondo senza miele, senza caffè, ma soprattutto senza cioccolato? Un rapporto del Centro internazionale per l’ agricoltura tropicale stima che tra il 2030 e il 2050 le terre che producono cacao e caffè saranno dimezzate. E non si può cercare di dare la colpa a qualcuno in particolare, perchè tutto ciò succederà anche per causa nostra. Basterebbe semplicemente camminare a piedi o usare la bicicletta, invece di salire in automobile anche per percorrere distanze brevi, consumare meno elettricità, non sprecare acqua.Ma in fondo, a noi che importa? Se non ci saranno più le mezze stagioni, si faranno più bagni al mare; se nevica abbondantemente anche meglio, così le scuole rimarranno chiuse. Ma quando questi pensieri si fanno strada nelle nostre menti, dobbiamo considerare che fra qualche decina d’ anni a noi stessi, ai nostri figli ed ai nostri nipoti potrebbe essere preclusa la possibilità di gustare un buon caffè.
LA REDAZIONE HANNO collaborato alla realizzazione della pagina gli alunni delle calssi terza C e terza F della scuola «leopardi-Da Vinci» di Avenza: Laura Angerini, Valentino Bacci, Gaia Baccioli, Ibtissam Berruoj, Alice Bordigoni, Alessandro Caleo, Valentina Della Peruta, Robert Dinu Ilaria Gabrielli, Ayah Hakmi, Rima
Hakmi, Lorenzo Melegari, Mattina Pigorini, Selene Pitton, Andrea Margarita Rivieri, Carlotta Salvatori, Silvia Sozzi, Spazzafumo Lisa, Giulia Tognini, Andriy Vovchak, Lorenzo Arrighi, Lorenzo Ballerini, Matteo Bardini, Tommaso Bedini, Giacomo Bernacca, Carola Biggi, Michela Borghetti, Davide Botti, Elena Chelotti,
Giulia Chelotti, Agnese Masa Di Dio, Agnese Menconi, Adriana Mirea, Lorenzo Moccia, Davide Musetti, Pietro Olivotto, Rachele Salvi, Nicola Santucci, Eva Scroglieri, Luca Scroglieri, Marco Segnanini e Rebecca Vacca. I docenti tutor sono Emma Cattani e Daniela Vatteroni. La dirigente scolastica Alessandra Valsega.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 6 MARZO 2012
Scuola media
Malaspina-Staffetti MASSA MASSA
Il Rotary al servizio dei giovani Solidarietà agli alunni di Aulla col progetto «Mens sana in corpore sano» — MASSA —
GRUPPO“CONSORTI”
«Contate sul nostro sostegno» — MASSA —
IL GRUPPO Consorti del Rotary di Carrara e Massa si occupa dal 2001 del restauro dei tesori artistici del nostro territorio. La rappresentante, professoressa Lietta Del Giudice, ha spiegato che questo club ha portato a termine vari progetti: il restauro dell’affresco nella chiesa di San Vitale, il portale marmoreo del ‘400 del Duomo, la ricostruzione dell’altare del ‘700 di Bergamini nella chiesa del Carmine e la ristrutturazione dell’altare della chiesa di San Lucia al Borgo del Ponte a Massa. L’ultimo progetto è stato il risanamento della teca con le reliquie di San Severo nell’abazia di San Caprasio ad Aulla danneggiata dall’alluvione del 2011. Grande interesse da parte di Lietta Del Giudice per recuperare la storia della nostra scala. A questo proposito abbiamo richiesto l’intervento dell’esperta di storia dell’arte, professoressa Anna Laghi. In che epoca presumibilmente è stata costruita? E quale è lo stile? «Si suppone che la scala sia stata costruita nella metà del 1600, in un’epoca successiva all’edificio. La sua forma leggera a chiocciola oblunga e la ringhiera di ferro battuto scolpita a mano con un decoro fogliato, farebbero presumere che appartenga allo stile Barocco Borrominiano, del seicento». Possiamo dire di aver ritrovato un’opera d’arte? «Certo,questa scala è un’opera unica nella nostra città. Sarebbe interessante approfondirne lo studio. Contate sul mio aiuto».
«DARE senza aspettare che gli altri chiedano»: questa è una delle frasi pronunciate dal presidente del «Rotary Club di Marina di Massa Riviera Apuana del Centenario», Lorenzo Veroli e i soci Leonardo Nicodemi e Fabrizio Pucci. Sono questi i personaggi che il 22 febbraio scorso sono venuti nella nostra scuola per parlarci del loro progetto. Il Rotary Club di Marina di Massa «Riviera Apuana del Centenario» è uno dei 33mila, in più di duecento paesi del mondo all’interno dell’associazione «Rotary International» che con i loro service aiutano i Paesi più bisognosi. DURANTE l’incontro che Veroli, Nicodemi e Pucci hanno avuto con le classi 2A e 2E è stato messo in evidenza come l’attenzione del Club si è rivolta sopratutto al territorio e a i più giovani. In questa prospettiva, il presidente ha presentato il progetto «Mens Sana in Corpore Sano» rivolto agli alunni
della scuola media di Aulla «Dante Alighieri» che, dopo l’alluvione del 25 novembre dell’anno scorso, hanno visto la loro scuola sommersa dall’acqua e dal fango. QUESTI STUDENTI hanno ripreso le attività didattiche all’interno di conteiners; il Rotary si è preoccupato di dotarli di un aulacomputer con diciotto personal computer e di tutto l’occorrente per la funzione di una palestra. Inoltre si è attivato, con il Distretto, per l’acquisto di un pulmino per il trasporto dei ragazzi. L’ATTENZIONE del Rotary verso i più giovani si è espressa, inoltre, nell’aver fortemente voluto la nascita nella nostra zona dell’ Interact Apuania del quale fanno parte ragazzi dai dodici ai diciotto anni il cui motto è quello dei rotariani: «Servire al di sopra di ogni interesse personale». Il Rotary nel territorio non si occupa soltanto di solidarietà, ma anche del recupero dei «tesori» artistici, che sono la storia dei giovani.
LA STORIA ALLA MALASPINA SPUNTA UN’OPERA D’ARTE GRAZIE AD UN CORSO DI FOTOGRAFIA
Alunni detective scoprono un «tesoro» — MASSA —
CHE COSA si nasconde dietro la porta al piano terra? Noi studenti della scuola media «Malaspina» lo abbiamo scoperto l’anno scorso durante un progetto di fotografia. Aprendo ci siamo trovati davanti una parte di scuola mai vista: una bellissima scala a chiocciola che finisce con una cupola. E’ una parte molto antica, un’opera d’arte unica per disegno ed eleganza che ci piacerebbe valorizzare e far conoscere alla città. Tutta la nostra scuola è un museo e non possiamo rischiare di sottovalutarne l’importanza. L’edificio ha visto istituzioni spirituali e culturali sin dal XVIII secolo. Fondato da Padre Bertazzoli alla fine del 1600 fu sempre adibito alla funzione scolastica: liceo classico nel 1860, scuola magistrale nel 1862 e scuola tecnica nel 1864. Nel 1888 fu intitolato a Moroello Malaspina
che Dante, ospite presso l’antico casato durante l’esilio, citò, nella Divina Commedia, come valoroso guerriero. La scuola tecnica ebbe insegnanti famosi come Giovanni Gronchi, futuro presidente della Repubblica. Nel 1923 con la «riforma Gentile» divenne Scuola Secondaria di Avviamento professionale. Nel 1944, il preside nascose le attrezzature e le apparecchiature tecniche dentro a tre ripostigli murati per preservarli dalle requisizioni tedesche e alla fine della guerra quella della scuola era l’unica officina funzionante della città. Nel 1962 nasce la scuola media unica e arriviamo ai nostri giorni: la scuola ha mantenuto la sua sede. Noi, incuriositi e intenzionati a preservare e a far conoscere il nostro prezioso «tesoro» seicentesco, abbiamo chiesto l’interessamento dei club Rotary, da sempre sensibili al recupero del patrimonio storico artistico locale.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dai seguenti alunni della scuola media «Malaspina - Staffetti»: Seumini Alahoon, Margherita Bechini, Giulia Bianchi, Lorenzo Borgioli, Gaia Brandazzi, Ales-
sandro Castellini, Lodovica Cesaretti, Giovanni Friggeri, Niccolò Marcellusi, Lodovico Menchini, Chiara Mura, Elena Nicoli, Alice Pennacchiotti, Letizia Tenerani, Patrik Tonarelli. Vignette: Ales-
sandro Ardini, Monica Bongiorni, Alice Passaro, Giorgio Tongiani e Saverio Pucci. Immagini: Emanuela Bini. Insegnanti: Lorenza Corsetti e Luisa Montani.
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MARTEDÌ 6 MARZO 2012
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Scuola media
Don Bonomi CANIPAROLA CANIPAROLA
Don Florindo, eroe della Resistenza La nostra scuola intitolata a un personaggio di grande importanza — CANIPAROLA —
FLORINDO Bonomi nacque a Monte di Bianchi (Fivizzano) l’8 novembre 1918: entrato all’età di dodici anni nel seminario vescovile di Massa ne uscì sacerdote di Fosdinovo. Sempre attivo, generoso, ottimista, fu guida e pastore del gregge di Dio e furono evidenti le sue doti nel periodo nazi-fascita a Fosdinovo. Don Florindo Bonomi fu considerato un vero eroe poichè durante l’occupazione nazi-fascista fu fondatore dal Comitato per la liberazione nazionale (Cln) del suo paese e collaboratore della Resistenza. Don Florindo fu sempre presente dove c’erano angherie, illegalità e rapine commesse dai tedeschi, egli chiedeva giustizia che purtroppo gli venne sempre negata. A causa delle sue attività da militante antifascista, che lo vedeva rivolgersi ai fedeli mostrando i suoi convincimenti anche durante le funzioni religiose,fu prelevato e arrestato dalle Brigate Nere di Carrara. Fu liberato dall’intervento del Vescovo di Pontremoli Monsignor Sismondo che pagò la cauzione, ciò gli permise di riavere la libertà sotto la condizione che si recasse subito a Pontre-
RICORDO Don Florindo Bonomi nel disegno di Elisa Lazzini
moli e qui vi si stabilisse. Tornò in breve tempo a svolgere la sua attività senza rinunciare a condurre la lotta contro l’invasore, ma l’amore verso il suo popolo e l’attaccamento verso l’organizzazione partigiana lo fecero tornare a Fosdinovo. Venne catturato una seconda volta dalle SS tedesche e la sua sorte fu segnata, dopo giorni di torture fu
trasportato con altri rastrellati e venne abbandonato lungo una carrozzabile, dove venne ucciso con un colpo di pistola alla nuca dalla soldataglia nella piana di Monzone. Quando le orde nazi-fasciste calpestavano il nostro suolo e terrorizzavano le nostre popolazioni Don Florindo Bonomi fu un animatore instancabile della nostra rinascita,
un ardente custode del fuoco sacro, del nostro sentimento nazionale, un combattente senza fatica della causa della libertà. Giovane e sprezzante del pericolo egli simboleggia il sacrificio di tutti i patrioti che hanno immolato la loro vita nella lotta svoltasi su queste nostre montagne contro il barbaro invasore. La comunità di Fosdinovo ogni anno, dietro l’iniziativa del Cln, il 23 settembre al Parco della Resistenza di Caniparola dove è stato sepolto lo commemora. Noi vogliamo sottolineare che il sacrificio di don Bonomi deve essere d’esempio per quella coesione indispensabile affinché il ricordo del passato non venga cancellato. In suo onore sono state scritte delle memorie: «Or dove sei? Dalla bianca Carrara venisti a noi per volere divino, quanti ti chiamaron tosto ‘il curatino’ con espressione affettuosa e cara. Or dove sei? Neppur pietosa bara accoglie il tuo sorriso da bambino: nella fossa comune è il tuo destino di fucilato, il sacrificio e l’ara. Come quercia dal fulmine percossa s’abbatte e schianta il suo sottostante fiore che innocente il suo profumo emana, così la guerra che è arcana del sangue puro tuo la terra arrossa: la tua tomba sarà scuola d’amore».
LA TRADIZIONE UNA LINGUA ANCORA VIVA NEL QUOTIDIANO, SOPRATTUTTO NEI «MODI DI DIRE»
Il latino resterà sempre nella nostra cultura — CANIPAROLA —
LA LINGUA è una cosa viva, che si arricchisce di termini nuovi e rispolvera, con diverse sfumature di significato parole antiche: ecco il latino è «l’antenato» dell’italiano. A volte, risalire al latino arricchisce e completa la conoscenza della nostra lingua e ci permette di coglierne meglio le sfumature. Nei nostri articoli abbiamo parlato di due «eroi» molto diversi, difficili da paragonare, ma il latino ci aiuta. «Si parva licet componere magnis» diceva Virgilio, ovvero «se è lecito confrontare cose piccole con le grandi», si usa questa frase con valore un po’ ironico per comparare cose d’importanza diversa. In questo articolo, invece,vogliamo parlare del latino. E’ davvero una lingua morta? Certo non è parlata quotidianamente come nell’ antica Roma però sono giunti fino a noi degli aforismi che conservano tuttora la loro importanza. Prendiamo in considerazione gli errori nello scritto e nel parlato che possono essere indicati con i detti «Lapsus calami» e «Lapsus Linguae». E quante vol-
te ci è capitato di dover cambiare discorso quando, l’arrivo della persona, di cui stavamo parlando,crea imbarazzo? «Lapsus in fabula» è proprio il detto giusto da esclamare in questo momento. Per caso avete ricevuto un regalo da una persona molto scaltra, di cui non vi fidate? Quale frase può rendere meglio la situazione della famosa «Timeo Danaos et dona ferentes» cioè «Temo i greci anche quando portano doni» detta da Laocoonte a proposito del cavallo di Troia? L’elemento che accomuna don Florindo Bonomi, il cane Oliver e la lingua latina è il ricordo, dato che il primo è ricordato perchè ha dato la vita per la liberazione di Fosdinovo, il secondo poiché ha segnato l’infanzia di un ragazzo ed il latino perchè è la lingua da cui deriva l’italiano e tutte le lingue romanze. In conclusione, possiamo affermare che il latino rimarrà per sempre patrimonio della nostra cultura anche se è una lingua morta. Non solo è usata nei documenti ufficiali della Chiesa, persino le principali formule delle scienze come la fisica e la chimica derivano direttamente dal latino.
LA REDAZIONE LA PAGINA e’ stata realizzata dagli alunni della classe 3ª C della scuola media «Don Florindo Bonomi» di Caniparola. Questi i nomi dei giovani «giornalisti»: Luca Bagnone, Leonardo Barbieri, Sefora Bartolo-
ne, Marco Benvenuti, Elena Bertonelli, Michela Cavigliano, Matteo Corona, Luca Corsi, Emma De Cesari, Matteo Devoto, Fabrizio Fortunati, Elisa Lazzini, Giacomo Lucchini, Ilaria Lupetti, Leonardo Morelli, Fe-
derica Mori, Martina Paci, Marco Paganini, Rossella Robertazzo, Chiara Terenzoni, Daniele Traversa, Leonardo Vacchino. I docenti «tutor» del progetto sono Maristella Bonvini e Piero Scandura. Il dirigente scolastico è Tiziana Lavaggi.
LA STORIA
Oliver: il mio piccolo grande eroe — CANIPAROLA —
DA TANTO tempo desideravo un cane, ma la mia famiglia era contraria per molti motivi. Mi ero quasi rassegnato, ma quattro anni fa fui colpito da una malattia e mi ricoverarono in ospedale, in pieno agosto. Quando mi dimisero, delimitato nel fisico e nel morale, arrivai a casa e con mia grande sorpresa trovai ad aspettarmi Oliver: un cucciolo di maltese di appena due mesi. Appena mi vide si sdraiò a pancia all’aria per farsi coccolare. Si affezionò subito a tutta la famiglia, a volte uggiolava, una volta riuscì anche a mettere in fuga un ladro che aveva tentato di entrare in casa dalla finestra . Tutto cambiò una mattina di novembre, mentre la mamma mi stava accompagnando a scuola, Oliver inseguendo un gatto, uscì dal cancello e venne investito da un’ auto che lo uccise. Uscendo da scuola vidi mio padre e capii che doveva essere successo qualcosa! Mi disse che Oliver era morto, ma io non volevo crederci, mi sembrava troppo ingiusto! Quando arrivai a casa e vidi la sua «piccola tomba» in giardino, scoppiai a piangere come forse non avevo mai fatto. La mancanza di Oliver, nei giorni seguenti, si fece sentire tanto da diventare quasi un male fisico. Penso spesso a lui e l’unica cosa che mi rende felice è pensare che non è morto di malattia, magari soppresso con un’iniezione, ma da eroe, mentre cercava di prendere un gatto. Spesso mi reco vicino alla sua «piccola tomba» che rappresenta per me il mio luogo di meditazione e di incontro e ripenso a quando giocavamo insieme. Grazie ad Oliver ho capito che Foscolo aveva ragione: le tombe piccole o grandi servono a conservare la memoria dall’azione distruttrice del tempo e a tramandare le virtù degli eroi, infatti come per il ragazzo di Hachiko, per me «Oliver is my hero».
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 9 MARZO 2012
Scuola media
«Don Milani» Marina di Massa
Un futuro incerto, ma non troppo Serve davvero studiare? E’ ancora un valore nella nostra società? L’ALTERNATIVA qual è? I posti dal guadagno facile, siete certi che davvero esistano o vi possano appartenere? E se ci fate caso il lavoro di tronista o velina dura poco. E poi, chi sono davvero e cosa fanno queste persone per essere modelli per gli altri? La cultura rende liberi da queste false opportunità. Viviamo in una società complessa nella quale la disponibilità a studiare, imparare, acquisire competenze è necessaria per tutta la vita.
— MARINA DI MASSA —
LA RIFLESSIONE
A proposito di modelli (ideali o no) — MARINA DI MASSA —
LA MORTE di Whitney Houston qualche motivo per riflettere ce lo ha dato: perché rinunciare alla vita quando si ha, apparentemente, tutto? La sua esistenza sembrava perfetta: aveva talento, era bella, era ricca, godeva di successo. Evidentemente tutto ciò non è bastato per fare di lei una persona felice. Recentemente, altre morti celebri hanno mostrato la fragilità di star che avevano tutto ciò che si può desiderare: Michael Jackson e Amy Winehouse, tanto per ricordare gli ultimi. Le storie di questi artisti hanno qualcosa in comune: la loro carriera è cominciata quando ancora erano bambini. I genitori, per mettere a frutto il loro talento, li hanno sottoposti ad una ferrea disciplina, a continui esercizi e hanno negato loro l’infanzia. Sempre sul palcoscenico, spinti ad esibirsi e a dare il meglio di sé, hanno vissuto in alberghi, senza punti fermi e senza il calore di una casa. Le aspettative erano grandi e la loro vita è stata improntata alla ricerca della fama e del successo, Per essere sempre il «numero uno» bisogna essere al top ogni giorno, brillanti, infaticabili, perfetti. Non c’è tempo per fermarsi e a questo punto uno cerca di stordirsi: l’alcool, gli psicofarmaci, gli antidepressivi e poi gli stimolanti per tirarsi su. Il vero problema è la solitudine: così terribilmente bravi, rimangono terribilmente soli con il loro talento. Il successo, la bellezza, la ricchezza e la fama non bastano per avere una vita realizzata e felice. Buon studio a tutti!
TUTTE le mattine, insieme a una marea di compagni, entriamo più o meno allegramente nelle classi. Sappiamo quasi tutti che la scuola è un necessario dovere e un faticoso diritto. Ma non chiedeteci di amare poi così tanto lo studio. Studiamo, ma non troppo, e alcuni neanche un po’. Soprattutto nella prima adolescenza, tanta voglia di studiare magari non c’è. Si fantastica su ciò che si vorrebbe diventare da adulti, ma è ancora, appunto, una fantasia e non ancora un progetto, un impegno vero per ottenere ciò che si sogna: si pensa di più alle amicizie, a fare sport, a giocare col computer e la play station. E lì spesso noi ragazzi abbiamo l’impressione di imparare subito: tutto più veloce, tutto più entusiasmante... STUDIARE costa fatica. Anche per chi si impegna sempre al massimo, a volte è difficile trovare soddisfazione nella fatica, perché la fatica c’è, è inutile negarlo, e talvolta vorremmo strappare e bruciare i libri. Ma serve davvero stu-
IL SOGNO Cosa farà da grande?
diare? E’ ancora un valore lo studio nella nostra società? «Per avere prestigio sociale la cultura non serve» dirà qualcuno. E’ meglio essere «amici di» o «figli di» piuttosto che perdere tempo sui libri. Hai studiato per molti anni, hai
(vignetta di Marco Perfetti)
raggiunto brillanti risultati scolastici, hai imparato tre lingue e poi? Oggi anche un buon titolo di studio non garantisce un facile e soddisfacente inserimento nel mondo del lavoro.
CHI APPARTIENE alla categoria degli «studenti», nel vero senso del termine, sa che lo studio è la possibilità di mettere a frutto le proprie capacità, di mettersi in gioco e di accettare la sfida, soprattutto quella con se stessi. Studia convinto che serva per il futuro, non solo il proprio; crede anzi che chi sarà davvero capace saprà cogliere e sfruttare tutte le opportunità per se stesso e occuperà un posto importante nella società e per la società. Non è attraverso la rassegnazione o l’adesione a falsi modelli che possiamo sperare di vivere in una società migliore.
LA TESTIMONIANZA UNO STUDENTE RACCONTA LA GIORNATA “NORMALE” DI UN DISPERATO NUMERO UNO
Una vera overdose. Di tutte le materie — MARINA DI MASSA —
AIUTO! Studiare, che fatica (vignetta di Federico Innocenti)
SONO un ragazzo di 14 anni e mi sento come quei giocattoli con un filo attaccato alla schiena: la mattina qualcuno tira la cordicella e io trotterello fino a sera. La mia giornata è sempre uguale, una sfida scandita dal tempo che non mi dà tregua. La sveglia suona sempre troppo presto: il mio tempo libero si è consumato dormendo e solo i dieci minuti di ricreazione a scuola somigliano di nuovo alla libertà. In classe sono un soldatino, sempre attento e con la mano alzata per non deludere gli insegnanti. I miei genitori pretendono il massimo in tutte le materie ed io cerco di essere sempre all’altezza delle richieste. A casa, durante il pranzo, rispondo a tutte le domande su quello che abbiamo fatto a scuola, poi devo fare subito e velocemente i compiti perché dalle 16 mi aspettano nuovi impegni: imparo uno strumento musicale e de-
vo praticare almeno due sport durante la settimana, giusto per tenermi in forma. Ma ci sono anche le lezioni di potenziamento: matematica, italiano e inglese. Prima di cena faccio la cartella, poi c’è il telegiornale delle 20, quindi un breve ripasso delle materie del giorno dopo. Vado a dormire sapendo che domani tutto comincerà da capo: la sveglia, la scuola, i compiti, le attività pomeridiane. Una vera «overdose». Sì, lo so, studio e sono bravo, ma sono stanco e non so perché ho tutti questi impegni: mamma e papà vogliono che diventi uno scienziato, un magistrato, un artista, un calciatore, un tennista, o forse Presidente della Repubblica? Per me immaginano un futuro sfolgorante e importante, ma intanto ci sono le giornate in cui non ho potuto partecipare ad una festa di compleanno. Una volta tanto vorrei essere interrogato non solo sulle materie scolastiche, ma su quello che sono e che vorrei; come sempre, risponderei bene.
LA REDAZIONE HANNO lavorato alla realizzazione di questa pagina gli alunni delle classi terze della scuola media «Don Lorenzo Milani» di Massa. La vignetta
del pezzo di apertura è stata realizzata da Marco Perfetti. La vignetta dell’articolo di taglio è stata realizzata da Federico Innocenti. I
ragazzi sono stati seguiti nelle diverse fasi del lavoro dagli insegnanti di lettere e dal dirigente scolastico, Marilena Conti.
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 9 MARZO 2012
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Scuola media
«Buonarroti» Carrara
I mille significati del terremoto Dal pesce gatto a YouTube: come l’uomo ha cercato di esorcizzare la paura ranza e superstizione accrescevano la paura e ci fu chi interpretò il terremoto come la risposta di un dio vendicativo ai peccati dell’uomo.
— CARRARA —
VENERDI’ 27 gennaio, ore 15:45: due forti scosse di terremoto seminano il panico! La terra smette di tremare: si rientra, ci si mette in contatto con parenti ed amici, si guarda il Tg. Qualcuno ha ripreso con il cellulare ciò che stava accadendo e carica tutto su youtube (c’è un video davvero curioso in cui un ragazzo filma la lampada della sua cameretta che oscilla e solo dopo avverte «mamma c’è il terremoto»). La notte alcune persone dormono in macchina o vicino alla porta. Il giorno seguente è tranquillo: grazie al cielo non ci sono state vittime, né danni di particolare entità, ma il pensiero in questi frangenti va alla tragedia dell’Aquila o alla catastrofe del Giappone e la paura non si placa mai del tutto. PER ESORCIZZARE questa paura l’uomo ha creato miti e leggende. I più conosciuti appartengono al mondo classico e possiamo immaginare un anziano Acheo in un’isola del Peloponneso che spiega ai giovani, sgomenti dopo una
DISASTRO Cosa potrebbe causare un terremoto in città?
scossa: «Poseidone scuote il suo tridente». Nella Magna Grecia è ambientata la bella storia di Colapesce che un giorno si tuffa nei fondali marini e vede tre colonne sotto i vertici geografici della Sicilia: la prima intatta, la seconda lesionata e la terza vicina alla rottura; rimarrà sott’acqua a sostenere la colonna più fragile provocando
così ì movimenti della terra. Nell’antica Grecia ci fu anche chi tentò di dare una spiegazione scientifica del fenomeno. Aristotele sosteneva che i terremoti fossero causati da sacche di gas che per pressione rompevano la crosta terrestre, teoria molto vicina alle conclusioni dei primi studi condotti nel ‘700. Generalmente però igno-
UN EPISODIO che rafforzò a lungo quest’idea fu il crollo di una chiesa avvenuto in Portogallo durante il terremoto del 1755, nessuno dei numerosi fedeli presenti si salvò. Se vogliamo trovare qualche motivo per sorridere dobbiamo risalire molto indietro: in Giappone la causa del terremoto era attribuita ad un pesce gatto tanto grande che la sua lunga coda stava sotto il territorio di Shinosa e Hidachi, mentre il corpo giaceva sotto l’intero arcipelago giapponese! Presso un’antica tribù peruviana dio visitava la terra per contare gli uomini e la pesantezza dei suoi passi faceva tremare il suolo, così gli abitanti si mostravano gridando «Sono qui!». In Messico un focoso gigante che viveva nelle viscere della terra quando si accoppiava con la sua amata generava un terremoto, tanto era forte e incontrollabile il suo desiderio!
L’INTERVISTA PAOLO CONTI, PROFESSORE ALL’UNIVERSITA’ DI SIENA, E’ TORNATO TRA I BANCHI
Un geologo tra noi. Il sisma spiegato ai ragazzi — CARRARA —
PER APPROFONDIRE l’argomento dei terremoti, lo scorso 27 febbraio, è tornato nella sua vecchia scuola (il nostro istituto!) Paolo Conti, geologo e docente all’Università di Siena. Partendo dalla definizione di sisma l’esperto ha illustrato con una terminologia e con esempi adatti a studenti del nostro livello le cause e le origini del fenomeno.
PAURA I tragici effetti dell’ultimo sisma in Giappone
PRENDENDO le mosse dalle grandi placche della crosta terrestre siamo giunti ad analizzare da vicino, con carte tematiche e immagini, la particolare conformazione del nostro territorio. Particolarmente interessante è stato l’argomento delle faglie, ovvero quelle linee di frattura delle rocce in corrispondenza delle quali, per compressione, per estensione e trascorrenza, si originano i movimenti si-
smici. Hanno sicuramente suscitato grande impressione le immagini relative alle varie zone del mondo, lontane da noi, nelle quali sono ben visibili nel paesaggio naturale e antropico gli effetti causati da terremoti di grande intensità. E’ stato invece molto inquietante vedere che anche il nostro territorio presenta delle faglie, alcune antiche, altre ancora attive in corrispondenza delle quali avvengono spostamenti di un certo rilievo, determinati dall’avanzamento verso nord–est del blocco appenninico, responsabili delle improvvise e tanto temute vibrazioni del terreno. L’ultimo terremoto — ha precisato il nostro geologo incalzato dalle domande — non può essere considerato un caso isolato, dobbiamo, vista la vitalità del nostro pianeta, aspettarcene altri di simile entità o superiore e qui, come altrove, non si può prevedere quando ciò accadrà.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dalle classi IIA, III B, III C e III E della scuola media «Michelangelo Buonarroti» sotto la guida delle insegnanti di lettere Alberta
Musetti, Maria Teresa Tilli e Claudia Tomasi . Il dirigente scolastico è laprofessoressa Marzia Menconi. La prima vignetta è stata ideata e disegnata
da Lisa Sia (3B); la fotografia è stata presa dalle dispense che ha realizzato per i ragazzi ilprofessor Paolo Conti.
STORIA LOCALE
Ecco quando la terra tremò sotto le Apuane — CARRARA —
TERREMOTI di una certa entità si sono verificati vicino a noi, soprattutto nella zona compresa fra Parma e Reggio Emilia e nell’area della Lunigiana. Quello del 1832, a Parma e Reggio, fu addirittura interpretato dal vescovo della città e dal duca d’Este come un segno divino di condanna per i moti insurrezionali guidati da Ciro Menotti. Nel 1920 un terremoto devastante, di grado 6,4 della scala Richter, colpì Fivizzano e i paesi circostanti. L’evento, verificatosi alle ore 7,50 del 7 settembre 1920, che causò 30 morti e 300 feriti, è stato il più catastrofico che la storia sismica della Lunigiana ricordi. Nei giornali dell’epoca leggiamo: «Fivizzano non esiste più. Contro Fivizzano località bella e ridente, la brutale forza della natura scagliò colpi furibondi. Non rimase più alcuna casa abitabile e quelle pochissime che restarono in piedi (…) riportarono lacerazioni e squarci talmente profondi che alla scossa successiva rovinarono al suolo definitivamente. Tutta la popolazione rimase all’addiaccio, accampata in tende di fortuna (...)». La ricostruzione di Fivizzano durò circa dieci anni e i comuni limitrofi si attivarono per gli aiuti. A Carrara il comune mise a disposizione i terreni lungo il viale XX Settembre, nel tratto «Fabbrica – Sant’Antonio», che, dopo un’accurata bonifica, furono edificati e divennero la nuova dimora di alcuni superstiti lunigianesi.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 13 MARZO 2012
Scuola media
Carducci-Tenerani Carrara
Un cuore vecchio che batte ancora Carrara è ricca di storia e tesori ma vive solo se i suoi cittadini la amano — CARRARA —
RIFLESSIONI
Con occhi nuovi alla scoperta del centro — CARRARA —
L’ANNO scorso molti di noi hanno partecipato alla caccia al tesoro in giro per Carrara organizzata dalla nostra scuola insieme alle scuole elementari della città e in collaborazione con il Comune. Come in ogni caccia al tesoro che si rispetti si trattava di trovare le soluzioni di indovinelli che però erano molto particolari: infatti si basavano sulla conoscenza di monumenti, strade, chiese, piazze, palazzi storici, fontane della nostra città, insomma un modo divertente per “scoprire” le meraviglie che abbiamo intorno. Usiamo il verbo “scoprire” perché spesso, pur trovandocele davanti agli occhi, ci sfuggono. Ed infatti è proprio l’avventura della scoperta che emerge dalle risposte che ci hanno dato i bambini di prima media quando li abbiamo intervistati sulla visita della città con il professor Davide Lambruschi. Praticamente tutti sono rimasti stupiti da una città che credevano di conoscere. «Ho provato una nuova esperienza accorgendomi di particolari prima mai visti» dice un alunno di prima C. «Ho visto la mia città con occhi diversi» osserva un altro. «Credevo di conoscere ogni angolo della mia città e invece è stata un’esperienza emozionante». «Passeggiavo per la mia città, ma mi sembrava di essere un turista» aggiungono due alunni di prima B. E per concludere una bella riflessione di un’alunna di prima D: «Da un vicolo all’altro, da una piazza all’altra era come un viaggio nel tempo».
CON QUESTO articolo vogliamo proseguire l’argomento affrontato dai nostri compagni della terza E su questo giornale il 17 febbraio. Il patrimonio artistico di Carrara appartiene ai periodi più importanti della storia d’ Italia: dall’epoca romana, in cui rivestiva un ruolo fondamentale con il porto di Luni, fino al Risorgimento, per poi arrivare al famoso 7 luglio del 1944 per il quale la nostra città si è meritata la medaglia d’oro al valore civile. Ma spesso ci dimentichiamo di tutto questo e addirittura ci sono persone che imbrattano i monumenti e trascurano l’ordine e la pulizia. La responsabilità del momento difficile che sta attraversando Carrara non è solo da attribuire a chi ha incarichi politici, ma va ricercata anche nell’atteggiamento dei cittadini. Una città è costituita da cittadini e se ognuno desse il proprio contributo, impegnandosi per ciò che è nelle sue possibilità, la città avrebbe un aspetto e una vita diversi. E cittadino di un posto non è soltanto colui che vi è nato, ma chiunque vi si trovi a vivere buo-
AVVENTURA Una caccia al tesoro per conoscere la propria città
na parte della sua vita per ragioni diverse. SE UNA cosa si ama, la si rispetta e si cercherà di valorizzarla in modo che anche altri la possano amare ed apprezzare. La scuola ha un ruolo importante nell’educare ad
amare il proprio territorio; sono infatti diverse le iniziative promosse dal nostro istituto per imparare ad osservare Carrara con occhi nuovi. Non basta avere un grande patrimonio artistico, bisogna farlo vivere, ma come? Carrara non ha nulla da invidiare alle
città vicine gremite di persone, e noi ricordiamo bene come, durante le manifestazioni (purtroppo non abbastanza frequenti) in cui le bellezze di Carrara ‘vivono’, sembra di passeggiare in un’altra città rispetto a quella semideserta che vediamo tutti i giorni. Cosa fare? Chiedere certo a chi sta più in alto di fare qualcosa, ma anche rimboccarsi le maniche lavorando di fantasia, cercando di pensare iniziative in questo senso. La mostra delle Maestà realizzata quest’anno nella nostra scuola, le passeggiate per i vicoli, la caccia al tesoro, il lavoro di chi si impegna in proprio come fanno gli attori del nostro progetto teatrale, sono alcuni esempi di come si può animare una città. Se cresciamo con questo tipo di educazione, possiamo sensibilizzare gli altri: è ormai appurato infatti che tutto è questione di contagio, una parola di solito usata nella sua accezione negativa, ma c’è anche l’epidemia positiva! Se ci vedranno con gli occhi in su ad ammirare una maestà oppure le trifore di un palazzo, forse anche altri alzeranno lo sguardo e vedranno quello che vediamo noi.
LA STORIA ASSOCIAZIONI E SCUOLE MANTENGONO VIVO L’ENTUSIASMO PER IL PALCOSCENICO
Il sipario dei nostri teatri è sempre aperto — CARRARA —
PROTAGONISTI I ragazzi della Carducci pronti a salire sul palco
LA NOSTRA scuola partecipa con alcune classi ad un progetto teatrale in collaborazione con l’associazione Blancateatro. L’attività è iniziata a dicembre e proseguirà fino alla fine dell’anno scolastico quando metteremo in scena uno spettacolo basato su alcuni episodi dell’Odissea selezionati dai due attori-registi, Matteo e Antonio, che ci seguono in questa avventura. Questo progetto, facendoci divertire, ci ha aiutato a fare i conti con la nostra timidezza, a sviluppare la fantasia, a scoprire potenzialità che non pensavamo neanche di avere. Per esempio all’inizio, durante gli esercizi sull’uso del corpo, ci siamo accorti di quanto fossimo rigidi nei movimenti, ma adesso dopo qualche mese già si vede la differenza. Incuriositi da un “mondo” che stia-
mo iniziando a conoscere, abbiamo fatto alcune domande ad Antonio. Tra le cose che ci ha detto, ci ha colpito il fatto che la sua passione per il teatro è nata proprio a scuola. Chissà, magari capiterà anche a qualcuno di noi di scoprire una passione che un domani potrebbe diventare un lavoro gratificante. Alla domanda «Perché avete deciso di lavorare nelle scuole?» Antonio ha risposto che noi ragazzi siamo il futuro e quindi dai ragazzi bisogna partire per diffondere l’amore per il teatro soprattutto in questo momento difficile per la città, in cui i teatri sono chiusi per ristrutturazione o inagibilità. Alle sue parole, che condividiamo profondamente, vogliamo aggiungere che il teatro non sarà mai chiuso finché c’è qualcuno che ci crede e che con il suo entusiasmo lo fa vivere.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Samuele Bonaccorso, Federica Campoli, Carlotta Canesi, Chiara Carmignani, Nicole Casarini, Ginevra Cellaro, Martina Daini, Sharon Dazzi, Gino Franzoni, Letizia Maria Giorgi, Arianna Giovanelli, Alessandro Giuntini, Caterina Macchiarini, Clarissa Dei, Jacopo Dei, Daniele Latorraca, Sofia Menconi, Giulia Montemagni, Costin Nitu,
Clarissa Pellegrinelli, Carolina Scaletti, Ilie Secrieru, Matteo Venturini, Alessandra Vitale (classe III D) e dagli studenti Tommaso Ardito, Simone Bertola, Gaia Boni, Alexandra Bradaci , Evelina Vasilica Brumar, Veronica Deste, Luna Margherita Diaz, Elena Dimache, Giulio Dolfi, Luca Iardella, Michela Manca, Martina Moretti, Giovanni Panepinto, Davide Pennacchi, Giaco-
mo Pezzica, Ariadni Poletti, Eleonora Pucciarelli, Pietro Puvia, Valentina Rebecchi, Claudia Ruffini, Serena Scarsini, Carlotta Viaggi, Francesca Viaggi, Melissa Viaggi (classe III H). Le insegnanti tutor, che hanno seguito i ragazzi nella realizzazione della pagina, sono Ginetta Boni, Chiara Lorieri e Giovanna Boi. La dirigente scolastica è Luciana Ceccarelli.
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 13 MARZO 2012
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Scuola media
Dazzi Carrara
Marcinelle: la rabbia di chi c’era Giorgio Mori racconta il tragico incidente nella miniera belga di carbone — CARRARA —
ALLETTANTE, per gli italiani economicamente e moralmente distrutti dalla guerra, un impiego fisso in una miniera di carbone del nord Europa: buone condizioni di lavoro, uno stipendio pagato con una moneta molto più forte della lira, la possibilità di mandare qualcosa alla famiglia. Pessime le condizioni di un viaggio verso l’ignoto nord, fredda ed austera anche l’accoglienza della polizia straniera, quella belga in particolare, ma il signor Giorgio Mori, come altri, decise di andare. Poteva farlo. Forse doveva. Forse non voleva, comunque partì. Non poteva immaginare di ritrovarsi, oggi, a raccontarci quello che fu la tragedia di Marcinelle. QUEL giovanotto non sapeva forse che la destinazione del suo viaggio era un ambiente in tutto e per tutto simile all’inferno dantesco: metri e metri sotto terra, senza poter vedere la luce del sole per ore ed ore, senza respirare l’aria dell’esterno per giornate intere. E poi, le condizioni di lavoro: al buio, sotto la roccia lucida e compatta, nel frastuono dei martelli pneu-
CORAGGIOSO Giorgio Mori, minatore a Marcinelle
matici e sotto una coltre di polvere per otto ore al giorno, convivendo col terrore della silicosi, e da quello dei crolli, non solo immaginato, ed in molti casi concretizzatosi in terribili incidenti. E parlando di crolli, gli occhi lucidi del signor Mori non potevano non essere notati: la sua mente è volata in un istante là, a Marcinelle,
all’incidente avvenuto del 1956 nella miniera di Bois de Cazier al pozzo Saint Charles. Molto più di un crollo. L’incendio scoppiato a seguito dell’esplosione di alcuni carrelli è costato la vita a 262 minatori, di cui oltre la metà italiani. «Una tragedia — ha commentato Mori — che è rimasta senza risposte e le cui cause fanno paura
solo a ricordarle. La miniera nella quale sono stato mandato con l’incarico di soccorrere i superstiti non aveva alcuna via di fuga, come spesso accadeva nella miniere di carbone del nord Europa, perché si sapeva, ai proprietari dei quei tunnel maledetti importava soltanto di aumentare la produzione di carbone di mese in mese. E’ stato uno spettacolo agghiacciante: corpi senza vita ovunque, che abbiamo ritrovato in posizioni che suggerivano senza dubbio l’idea di un tentativo di ricerca di salvezza inutile. Una tragedia. Che ha segnato tutti noi, minatori come quei poveretti». Un racconto interrotto dalla voce sicura di un anziano, che ha esitato un attimo solo ricordando un altro episodio legato ad un incidente in miniera: la storia di una cavalla, viva per miracolo che ha evitato una tragedia, fermando col suo corpo alcuni carrelli carichi di carbone in corsa su una rotaia sbagliata. Pur di salvare il padrone ha bloccato il carico ferendosi gravemente e ricordando l’immagine dell’animale, ferito, che leccava la sua mano con gli occhioni lucidi, Giorgio Mori ha ceduto ed una lacrimuccia se l’è lasciata sfuggire.
LE TESTIMONIANZE LE TANTE STORIE DI ANZIANI DELLA CASA DI RIPOSO ANDATI LONTANO E POI TORNATI
«Ci vuole coraggio a mollare tutto e partire» — CARRARA —
L’ADDIO Il disegno è di Ilaria Bontempi e Andrea Giovannoni
PARTIRE, mollare tutto, ricominciare da capo in un altro posto: ci vuole coraggio. E ci vuole un motivo forte che spinga una persona a fare una scelta del genere. E gli anziani della casa di riposo che abbiamo intervistato ce l’hanno raccontato come e perché, prima di tornare ai piedi delle Apuane dove ci hanno incontrati, sono stati per diverso tempo all’estero. Per cercare lavoro un anziano che nascosto in una stiva ha raggiungo l’Argentina ed ha lavorato lì per anni come muratore prima di tornare a Fossola: nelle sue parole tanta nostalgia di quella terra lontana in cui gli italiani erano così apprezzati, e dove un operaio medio poteva permettersi anche il vizio di una serata tra divertimenti e balli con gli amici. Per amore ha fatto le valigie un’arzilla 93enne nata sul Carrione e lì cresciuta tra la rabbia e la
disperazione della mamma, che le rimproverava sempre di essere un maschiaccio, che se ne è andata addirittura in Australia per convolare a nozze e vivere quasi un ventennio, e far ritorno a Carrara per nostalgia della propria terra. Più divertito il racconto di un’anziana, che dovette rimandare la sua partenza per l’Australia dopo aver erroneamente gettato nel fuoco come cartaccia due banconote che le avrebbero permesso di effettuare il viaggio per cui aveva risparmiato per mesi. Quasi sempre un andar via per poi tornare insomma, ai piedi delle Apuane; partire e portare con sé un pezzetto del proprio paese; andare lontano e raccontare la propria terra; tornare e ritrovare la propria terra cambiata: un miscuglio di sensazioni ed emozioni che gli anziani ci raccontano contenti che dei ragazzi li ascoltino, asciugandosi qualche lacrima con le mani rugose.
LA REDAZIONE HANNO collaborato gli alunni-giornalisti: Alessia Amadei, Yasmin Barakat, Gianmarco Bergamini, Ilaria Bontempi, Daniele Crudeli, Giuseppe Cucurnia, Gabriele For-
tunati, Francesco Gatti, Marco Giannecchini, Andrea Giovannoni, Luca La Greca, Marco Laganà, Samuel David Latorre, Damiano Lenzoni, Ali Lhala, Giulia Lorenzani, Ro-
bert Iulian Lovin, Sara Lucchesi, Eleonora Maggiore, Sofia Peselli, Joddy Razafitsalama, Alessia Spadoni. Docente-tutor Giovanna Ballerini, dirigente Diana Marchini.
LA RICERCA
Italiani, popolo di emigranti — CARRARA —
EMIGRARE vuol dire liberarsi, e scappare per cercare un mondo migliore. Visitando tutti insieme, grazie alla collaborazione della consulta anziani, la Fondazione «Paolo Cresci per la storia dell’emigrazione italiana» di Lucca abbiamo scoperto che sono stati tantissimi gli italiani che nei secoli hanno deciso di abbandonare lo stivale. Emigrare, e poi immigrare, ci aveva portato fino ad oggi alla mente soltanto i ragazzi di colore che durante l’estate insistono un po’ troppo per vendere qualcosa tra gli ombrelloni. Ma anche i nostri antenati sono stati “migranti”. Quasi 27 milioni di italiani hanno infatti preparato le valigie per partire dalla fine del 1800 e fino al primo dopoguerra, e oltre. Tra loro un’ampia percentuale di toscani, lunigianesi e lucchesi: America, Francia, Svizzera e Argentina le mete favorite. Questo e molto altro ancora, come raccontano le lettere, le immagini, i documenti, i giornali e gli oggetti raccolti dall’archivio “Cresci. Immediata la sensazione che si ha entrando nel museo allestito nella cittadina toscana: fotografie di persone con in mano bagagli e stracci, volti segnati dalla paura di andar lontano, ma anche dall’aspettativa di trovare altrove qualcosa di ignoto e positivo. Ma quanto delle radici di una famiglia, di una persona, resta come segno indelebile del suo passaggio nel luogo che è stato il suo per tanto tempo, e magari non lo sarà più? Quanto di questo segno arriva anche al cuore di un migrante? Dipende. Da dove si arriva, più che da dove si è partiti.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 16 MARZO 2012
Scuola media
Alighieri Arpiola
Le erbe e gli erbi della Lunigiana Dalle torte alle proprietà mediche: tutti gli usi di una nostra ‘specialità’ — ARPIOLA —
L’INDAGINE
La nostra esperienza sul... campo — ARPIOLA —
IL 7 MARZO abbiamo effettuato un’uscita sul territorio presso l’abitazione della signora Tilde Ghironi che, molto gentilmente, ci ha mostrato «dal vivo» gli erbi commestibili che crescono spontaneamente lungo il corso della Magra. Facendo pochi passi qua e là per il suo campo, ci ha indicato diverse piantine, che noi, pur avendole osservate sui libri, non avevamo riconosciuto, e ci ha fatto notare le caratteristiche della valeriana, del panevino, del portaccian, delle orecchie d’asino, dell’erbaragna, del ratasin, dell’ortica e del radicchio selvatico, dopodichè ci ha invitato ad assaggiarne alcune, spiegandoci che il segreto della buona massaia sta proprio nel saper dosare e mescolare sapientemente i quattro sapori fondamentali di queste erbe: il dolce, l’amaro, l’aspro e il piccante. All’inizio eravamo tutti un po’ restii a seguire il suo consiglio, ma, quando il professor Borzacca ha iniziato a gustare le prime foglioline, dimostrando di gradirle, l’abbiamo imitato e ci siamo divertiti a confrontare le nostre sensazioni: ci siamo resi conto che l’acetosa, come dice il nome stesso, aveva un sapore acido, mentre gli ‘scoppietti’ sapevano di piselli freschi. Il sapore più forte, che ci ha tenuto compagnia anche nel viaggio di ritorno è stato quello dell’erba cipollina, che in molti si sono pentiti di aver avvicinato alla bocca! Prima di rientrare abbiamo fatto scorta di erbetti per di realizzare a scuola un vero e proprio erbario, e, passeggiando nel verde, abbiamo anche avuto la bella sorpresa di scorgere due lepri che, con le loro orecchie dritte, si rincorrevano allegramente nei campi vicini. Questa breve esperienza all’aria aperta ci ha fatto aprire gli occhi e ci ha resi ancora più consapevoli di quanto la natura sia meravigliosa e meriti di essere protetta e rispettata.
Il 21 FEBBRAIO abbiamo festeggiato il Carnevale, portando a scuola dolci, chiacchiere, patatine e le tipiche torte d’erbi. Assaggiandole, ci siamo accorti che queste ultime avevano sapori diversi perchè, per farle, erano state seguite ricette differenti. Abbiamo fatto un’indagine ed abbiamo scoperto che la nonna di Demy nelle sue torte mette la borragine e l’ortica; la signora Isa, contattata da Martina, inserisce invece le «orecchie d’asino», i «ratasin», i «camogli» e i «pappagalli», mentre altre anziane della zona, che abbiamo intervistato, ci hanno confidato che gli ingredienti più comuni sono le primule, i cimi di rovo e di luppolo, il finocchio selvatico, la pimpinella, l’acetosella il soffione. Per saperne di più, abbiamo deciso di invitare nella nostra scuola il dottor Riccardo Boggi, che in modo chiaro ed esaustivo, ci ha illustrato l’utilità e la grande varietà delle erbe spontanee lunigianesi; ci ha detto che la malva allevia il mal di denti, che il crescione è particolarmente efficace contro la caduta dei capelli, che le foglie di romice
ESPERIENZA Gli alunni di Arpiola «studiano» le erbe locali
fanno maturare i foruncoli e sfiammano ferite e gonfiori e che i fiori del sambuco, che emanano un profumo dolce ed intenso, hanno virtù lassative e diuretiche. Ci ha anche raccontato che, nell’antichità, gli ominidi avevano cercato nella natura ciò di cui nutrirsi, come larve, insetti, tuberi e radici e anche quando avevano imparato a cacciare e a pescare, le donne avevano conti-
nuato a raccogliere le erbe commestibili, per assicurare alla famiglia il pasto quotidiano, qualora i mariti fossero ritornati dai boschi a mani vuote. Quando da nomadi, i popoli erano diventati sedentari e si erano riuniti in piccoli villaggi, gli uomini avevano iniziato a dedicarsi all’allevamento degli animali, mentre alle donne era stato riservato il compito di seminare le piante
e di «addomesticarle». Nonostante il progressivo sviluppo delle tecniche agricole, che oggi sono in grado di portare sulle nostre tavole cereali di prima qualità e ortaggi selezionati, la ricerca delle erbe spontanee non è mai passata di moda e l’uso di queste erbe è diventato oggetto di studio anche da parte della scienza ufficiale. Tante persone, che dispongono di tempo libero, stanno riscoprendo che andare in cerca d’erbi, oltre a riempire la giornata, favorisce il contatto con la natura, induce a fare salutari passeggiate da soli o in compagnia, contribuisce a far quadrare il bilancio familiare e stimola ad integrare la dieta con prodotti veramente biologici. La raccolta di queste piante in campi lontani dai centri abitati e dalle strade, nel periodo primaverile, garantisce un nutrimento sano, genuino, ricco di fitormoni e riduce a zero il rischio di assumere sostanze pericolose, quali i fertilizzanti e i pesticidi usati generalmente nell’agricoltura. E’ curioso notare che in dialetto la declinazione del termine erba era al maschile per le erbe utilizzate in cucina e al femminile per le altre, destinate agli animali.
CURIOSITÀ I NOSTRI COMPAGNI CI HANNO PARLATO DELLE PIETANZE PIÙ DIFFUSE NEI LORO PAESI D’ORIGINE
Le spezie a tavola nelle ricette di tutto il mondo — ARPIOLA —
DOPO la lezione, tenuta dal dottor Riccardo Boggi, ci siamo incuriositi e abbiamo voluto conoscere le erbe che si trovano in altre nazioni e che vengono usate sia in cucina sia come medicamento. Nella nostra scuola sono presenti alunni provenienti dal Marocco, dalla Romania, dalla Colombia e dall’Argentina ed abbiamo chiesto delucidazioni alle loro famiglie. Naima e Soumaya ci hanno raccontato che la cucina araba fa grande uso di spezie ed in particolare dello zafferano e che, per curare il mal di denti e l’alitosi, invece della malva, vengono utilizzati i chiodi di garofano. Valentin, Roxana ed Elena ci hanno detto che in Romania le erbe più «gettonate» sono il timo, la salvia, la maggiorana, l’ortica, la menta; Federica ci ha informato che varie pietanze colombiane sono insaporite dall’«azofran», dal «silantro», dai «clavos» e ci ha detto di aver assaggiato il «Tamales
tolimenses», un piatto tipico, nel quale tutti gli ingredienti sono avvolti in foglie di banano, mentre Gilberto ci ha illustrato le ricette di alcune salse piccanti per la carne, quali il «Chimichurri» e la «Criolla». Trattando di erbe, ci siamo ricordati di aver letto che, in Senegal, al momento della nascita di un bambino, è tradizione mettere a macerare in una bacinella piena d’acqua delle foglie di baobab per poi immergervi completamente il neonato in modo che ogni parte del suo corpo risenta dell’ influenza benefica del magico albero e allora ci siamo chiesti: «Qui da noi, oltre al quadrifoglio, difficile da trovare, ci sarà un’erba portafortuna?». Ci siamo documentati e l’abbiamo trovata: è l’origano! Nasce nei prati, sui bordi stradali, sui muri e comunque in terreni asciutti e ben assolati, ha proprietà aromatizzanti, digestive, antisettiche e fin dall’antichità, essendo la pianta preferita della dea Venere, era considerata simbolo di felicità e le coppie di sposi venivano incoronate con i suoi rami.
LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni delle classi 2ª e 3ª della scuola «Dante Alighieri» di Arpiola – Istituto Comprensivo «Giulio Tifoni» di Pontremoli. Gli alunni: Betta Lorenzo, Bini Mattia, Castellotti Alessandro, Castellotti Emanuele, Cecconi Giada, Ferdani Lorenzo, Geana Oana Roxana, Lakhal Imad, Malaspina Demy, Pedi-
notti Oreste, Sabri Naima, Simonata Alessio, Sivilotti Martina, Tarantola Martina, Tommasinelli Martina, Vermi Andrea, Vivaldi Cristiano, Volpi Luca, Zappa Simone, Albericci Veronica, Barbieri Asia, Bassioni Stefano, Boggi Carlotta, Boscu Elena, Capineri Tosetti Andrea, Capponi Irene, Giovannacci Niccolò, Gussoni Federica, Leon-
cini Michela, Marconi Irina, Neculai Ionut Valentin, Nouiti Fatima, Novoa Alessandro, Pappini Arianna, Ratti Federica, Romiti Diego, Sabri Soukaina, Scamuzzi Gilberto, Simoncini Samuele, Tonelli Michele. Docenti; proff.sse Ornella Boccardi e Antonella Simonelli, Dirigente scolastico, professor Angelo Ferdani.
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 16 MARZO 2012
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Scuola media
Bonomi Fosdinovo
Cani, fermiamo la strage Nella tradizione orientale la loro carne viene mangiata — FOSDINOVO —
CIRCA 30.000 anni fa l’uomo cominciò, per vari motivi, ad addomesticare gli animali. Il primo contatto avvenne con i lupi. L’uomo si servì degli antenati dei moderni cani per cibarsene, per usarne la pelliccia, per la caccia, per la difesa personale, impegandolo, in un secondo tempo, come animale da compagnia e da lavoro. Al giorno d’oggi, «il migliore amico dell’ uomo», svolge importanti funzioni: cane da slitta, da salvataggio, antidroga, anti-mina e, analogamente ai delfini, è perfino impiegato nella pet-therapy. Purtroppo in alcuni paesi dell’estremo Oriente (Cina, Corea, Filippine) il cane viene ancora considerato una squisita prelibatezza culinaria. Nelle Filippine, per tradizione, quando una famiglia si trovava ad affrontare periodi difficili, i cani erano sacrificati. Avidità e corruzione hanno trasformato quello che era un rituale in un’industria commerciale che massacra oltre 500.000 cani ogni anno. L’atto
RISCHIO Il «pranzo da cani» nella vignetta di Ario Vietina
8845 del Governo Filippino, approvato nel 1998, proibisce il commercio della carne di cane. Ma si consumano comunque circa 200 cani al giorno. Le associazioni animaliste sono intervenute più volte tramite appelli e manifestazioni per chiedere un intervento legi-
slativo a protezione di questi animali. Ma ci sono forti resistenze ad applicare la legge. In Cina, invece, la carne di cane è legalizzata, così come gli allevamenti intensivi per ricavare pellicce per l’industria dell’abbigliamento. Buona parte di questi animali, vengono
allevati in batterie allo scopo di aumentare la produzione di cuccioli. L’Unione Europea, già dal 1999, ha iniziato, invece, un percorso legislativo che ha portato al divieto di allevamenti intensivi, dando agli Stati Membri ben 12 anni per adeguarsi alla nuova normativa. Ciò nonostante, in molti paesi del mondo i cani vengono ancora allevati unicamente per farne carne da macello. Per fortuna nel nostro ordinamento giuridico esistono leggi a tutela degli animali. L’art. 544-ter del nostro Codice Penale recita. «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, provoca una lesione ad un’animale, ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro». Inoltre, sono regolamentati in maniera abbastanza severa anche gli esperimenti di vivisezione e di sperimentazione delle case farmaceutiche compiuti su certe razze canine. Fermare questa inutile strage è, in ogni caso, una necessità imprescindibile.
LE ATTIVITÀ LUDICHE PERSINO I «COMBATTIMENTI» SPESSO SONO UNA FORMA DI AGGREGAZIONE
Divertirsi a 4 zampe: anche gli animali giocano — FOSDINOVO —
PIZZA Non solo scatolette per i nostri amici a quattro zampe
CHI DI VOI possiede un animale domestico? Di sicuro, se lo avete, conoscete bene il suo comportamento e avrete certamente notato che, spesso, i nostri animaletti sanno imparare e sono dotati di una certa intelligenza. I mammiferi accumulano esperienze e in base ai ricordi modificano il loro modo di agire, riuscendo a trovare anche soluzioni ai problemi. Inoltre, hanno una spiccata socialità: molti di essi vivono in gruppi dove collaborano nello svolgere i propri compiti. I leoni e i lupi, per esempio, sono organizzati in società guidate da un capo anziano. Ma la cosa più interessante è l’attitudine al gioco degli animali, molto facile da riconoscere. Spesso gli animali giovani cacciano prede immaginarie e si impegnano in inseguimenti e combattimenti che non hanno alcun carattere di reale antagonismo. Questa attività è spesso coltivata anche nell’età adulta. I cuccioli si esercitano per il grande momento in cui dovranno inseguire le prede. Gio-
chi e curiosità appassionano le specie più intelligenti di animali. Lo scimpanzè, ad esempio, è uno dei più grandi giocatori del mondo animale. I giovani inventano giochi come rotolare o scivolare e esercizi di ginnastica con capriole e salti mortali. La forma di divertimento più apprezzata dagli scimpanzè è disegnare o dipingere. Se gli si fornisce carta e matita o colori e pennelli si siede e se ne sta tranquillo scarabocchiando o, meglio, imbrattando fogli di carta. I disegni hanno una somiglianza con quelli dei bambini piccoli. Uno scivoloso banco di fango può rappresentare un problema per una pesante elefantessa, ma i suoi cuccioli lo considerano un campo di divertimenti che consente loro delle arrampicate e delle grandi scivolate. Quando siamo andati allo zoo di Pistoia abbiamo visto un lemure che seguiva i movimenti di una turista che agitava le mani davanti alla sua gabbia. A noi è sembrato che la prendesse in giro. È mai possibile? Noi crediamo di sì. Dopotutto se sanno giocare, sapranno anche scherzare, no?
LA REDAZIONE ALLA STESURA di questa pagina hanno collaborato gli alunni della classe 2ª A dell’Istituto Comprensivo «Don Florindo Bonomi» di Fosdinovo: Battella Rebecca,
Battolla Sara, Bertagnini Eugenio, Boero Vittorio, Bonetti Berke, Donatelli Valeria, Ficarra Salvatore, Garvani Camilla, Giachi Greta, Megna Emanuele, Megna
Maria Grazia, Morotti Mattia, Perutelli Marco, Taddei Linda e Vietina Ario. Insegnanti tutor: Giuseppe Daniele Baldini e Scandura Piero. Dirigente: Tiziana Lavaggi.
UNA STORIA VERA
Hachiko: un cane da Oscar
— FOSDINOVO —
RICORDATE il film interpretato da Richard Gere e da uno splendido esemplare di Akita bianco? E’ tratto da una storia vera, ambientata in Giappone negli anni ‘30. Il cane protagonista, Hachiko, era un esemplare maschio di Akita bianco, una razza giapponese. All’età di due mesi, venne adottato da Hidesaburo Ueno, professore all’Università Imperiale di Tokyo. Ogni mattina, Ueno prendeva il treno alla stazione di Shibuya per andare a lavorare. Il suo fedele cane lo accompagnava la mattina e ritornava alla stazione, ad attenderlo, al suo ritorno. Ma il 25 maggio del 1925, Ueno morì di ictus mentre era all’università. Hachiko, come ogni giorno, si presentò alla stazione alle 5 del pomeriggio ad aspettarlo. Il cane attese invano il suo arrivo e poi ritornò a casa. Tornò alla stazione il giorno seguente e fece così anche nei giorni successivi. Con il passare del tempo, il capostazione di Shibuya e le persone che prendevano il treno iniziarono ad accorgersi di lui e cercarono di accudirlo. Ben presto, in tanti cominciarono ad andare a Shibuya solo per poterlo accarezzare. Il cane divenne una vera e propria star. Nell’aprile 1934, venne realizzata, ad opera dello scultore Teru Ando, una statua in bronzo con le sue sembianze nella stazione di Shibuya; lo stesso cane partecipò all’inaugurazione. Hachiko morì all’età di dodici anni, dopo aver atteso per ben dieci anni il ritorno del suo padrone. La notizia della sua morte venne inserita in tutte le prime pagine dei giornali giapponesi dell’epoca. Nonostante il corpo di Hachiko sia stato esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza della città di Shibuya, alcune sue ossa sono sepolte nel cimitero di Aoyama, accanto alla tomba del professor Ueno. L’8 aprile di ogni anno, gli appassionati dei cani del Giappone, organizzano una cerimonia per ricordare Hachiko.