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SPECIALE PAPA
MAGGIO 2012
LA GIORNATA RACCONTATA DA FIRME E PERSONAGGI DI PRESTIGIO ·
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Lo sceneggiatore del film Premio Oscar di Benigni racconta la sua Arezzo: una città «ricca di storia, di arte e di secolare saggezza». La visita del Papa, spiega, è una luce in un momento di crisi
«Ricordo i comunisti di quando ero ragazzo: durante la settimana il pugno chiuso, la domenica la comunione in parrocchia». E racconta le due anime di una regione, tra riverenze e irriverenze.
VINCENZO CERAMI
«QUI LA VITA E’ BELLA»
MARCO VICHI
«LE DUE ANIME TOSCANE»
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ANDREA VITALI
«PAPI IN BIANCO E NERO»
«Il mio primo Papa lo vidi nella Tv in bianco e nero, dalla cucina arrivava il profumo di arrosto». Lo scrittore racconta come la gente incroci i pontefici con i momenti della sua vita quotidiana
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MATTEO RENZI
«IO, SCOUT A LA VERNA»
«A La Verna per la prima volta ci sono venuto in pantaloni corti e fazzolettone: il legame da allora è tanto profondo che ho chiamato mio figlio Francesco» racconta il sindaco di Firenze
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LUCA GOLDONI
«IL MIO MONTE SANTO»
«Quando l’ho scoperta era appena morta mia madre, e pensavo che qui distillassero l’amaro Averna. Poi...». Il giornalista scrittore rivela come si sia incrociato col Santuario: viaggio a sorpresa.
Il Papa visita Arezzo per la «prima» in Il Millenario di Camaldoli e Sansepolcro decisivo per scegliere la meta del suo debutto di ALBERTO PIERINI
NEL SUO STEMMA ha una conchiglia, il simbolo dei pellegrini. E da pellegrino alle 9 atterra ad Arezzo, sorvolando la zona est della città e sbucando allo Stadio, subito dietro la curva nord. Per qualche minuto guarderà il mondo da un oblò, e da quell’oblò potrà ammirare il fiume di pellegrini in fila per raggiungere il Prato. Prima di atterrare nel cerchio di centrocampo, sul prato verde dove crescono non le speranze ma le umiliazioni del calcio amaranto: e sciogliere, solo sbucando dalla scaletta dell’eli-
I PRECEDENTI Dal primo invito del Vescovo Fontana alla risposta cordiale «Sì, sarò con voi» cottero, le campane di un’intera città. Che è lì, in attesa del Papa. Lo aspetta dove meno di vent’anni fa l’elicottero di Giovanni Paolo II era decollato, tra gli applausi e le dita puntate dei bambini. Oggi quei bambini sono cresciuti, sono fatti uomini: e forse chiedono a Benedetto XVI di rivivere le emozioni di allora. In una città quasi sorpresa dei riflettori vaticani. Giovanni Paolo II viaggiava il mondo, in lungo e in largo: e di Arezzo aveva fatto la sua settima tappa in Toscana, prima di «correrne» altrettante negli anni successivi. Papa Ratzinger no, le sue uscite lasciano il segno
ma sono più centellinate. E in Toscana si affaccia per la prima volta da quella fumata bianca del 2005. E per il «debutto» punta su Arezzo. Convinto dall’invito dell’Arcivescovo Riccardo Fontana, che non ha mai smesso di crederci, e rinfrancato da quello dei francescani per La Verna. Il Papa si arrampica sull’albero dei mille anni. I mille anni di Camaldoli, lì dove Benedetto XVI stavolta non salirà, ma che ha incontrato nei mesi scorsi, nella basilica romana di San Gregorio al Celio: salendo scalini impegnativi, ripidi ed ecumenici, di fianco all’Arcivescovo di Canterbury Rowan Williams e al nuovo priore camaldolese Alessandro Barban.
I MILLE ANNI di Sansepolcro, fondata da due pellegrini di ritorno dalla Terra Santa, Egidio e Arcano, le cui reliquie (raccontano la leggenda e la fede) «volarono sopra un albero e non ne vollero sapere di scendere». Sansepolcro un Papa lo aspetta da 500 anni: con Giovanni Paolo II si era preparata due volte, ma rimanendo sempre a bocca asciutta. Ora arriva il suo momento: anzi un’ora, ritagliata tra il rientro in Vaticano e La Verna. «San Francesco stigmatizzato della Verna, il mondo ha nostalgia di te» aveva scritto Wojtyla nella preghiera forse più bella del suo pontificato. E quella nostalgia deve aver colpito anche papa Ratzinger, che lassù c’era stato da studente e poi da cardinale, studioso di quel San
L’ABBRACCIO Un Papa ad Arezzo dopo le due visite di Giovanni Paolo II
Bonaventura sul quale aveva centrato la tesi. E così, tra nostalgia e occasioni, Arezzio si ritrova tra le città italiane più visitate dagli ultimi Papi: tre volte, tre volte in meno di vent’anni. E sempre non per congressi eucaristici o eventi ecclesiali: ma in visita apostolica, tra le campane sciolte a festa, come in questa domenica di maggio. Arriva il Papa di un piccolo paese tedesco ai confini con l’Austria. Ma al suo fianco ha un aretino di quelli doc: Domenico Giani, a ca-
po della sua sicurezza, molto amato in città. Da piccolo dicono «giocasse» a fare il prete, poi ha cambia-
IL RITORNO Benedetto XVI porta dopo 500 anni un Papa a Sansepolcro to idea: ma si è ritagliato un percorso che lo ha trasformato nell’uomo dei Papi. E non è escluso che sulla scelta di Arezzo si nasconda anche
un riconoscimento di Ratzinger a chi lo protegge, un minuto dopo l’altro, ormai da sette anni. Sette anni e un giorno, quello che passerà qui, ospite di un Vescovo entusiasta, di una chiesa in fermento per poterlo seguire. E di una città laica: qui rappresentata ai massimi livelli, dal sindaco al presidente della Regione al presidente del consiglio Mario Monti. Che sarà lì, in fondo alla scaletta dell’elicottero. Tra le campane sciolte, per accogliere quel papa pellegrino con una conchiglia nello stemma.
IL COMMENTO
UNA GIORNATA PARTICOLARE DA VIVERE CON L’ ENTUSIASMO RISERVATO A GIOVANNI PAOLO II di SERGIO ROSSI
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RA MAGGIO anche allora, vent’anni fa. Era già un Papa stanco Giovanni Paolo II, provato da un lungo pontificato, da una pallottola, dalla malattia che faceva capolino. Ma si tuffò ad
Arezzo con l’entusiasmo di un ragazzino e Arezzo rispose compatta, per una giornata che fu indimenticabile. Sono cambiate le cose, da vent’anni a questa parte. Arezzo non è più la stessa, l’Italia non è più la stessa. La crisi ha piegato la città che a volte rischia di annodarsi su se stessa, vedi le polemiche francamente risibili sui costi da sopportare per l’arrivo di Benedetto. Ma lo stesso ci aspettiamo che la nostra terra, in questa domenica 13 maggio 2012, sia in
grado di scrollarsi di dosso ogni esitazione per vivere alla grande un momento speciale. Speciale per tutti: per i religiosi e per i laici, per i credenti e per i non credenti, per gli anziani e per i bambini, tutti a celebrare l’arrivo del capo spirituale di un miliardo di persone; un capo stanco e affaticato, come lo era Giovanni Paolo II, ma sicuramente capace di dare un motivo di speranza a chi di speranza ha tanto bisogno. E il bello di questo giornata è che Benedetto XVI non si
fermerà soltanto ad Arezzo. Salirà sul monte di San Francesco, sarà nella città di Piero di cui ricorre, quest’anno, il millenario. Migliaia e migliaia di fedeli potranno dunque vederlo e ascoltare la sua parola di pace e di fratellanza, una parola importante a prescindere dalle fedi religiose e dalle idee politiche. Un augurio a tutti quanti: sappiate approfittare di un giorno da segnare con la crocetta sul calendario. Un giorno che non si dimentica.
SPECIALE PAPA
MAGGIO 2012
IL SALUTO DEL SINDACO
L’EDITORIALE
UN EVENTO STORICO PER RICOMINCIARE AD ALZARE LA TESTA di GIUSEPPE FANFANI
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l 13 MAGGIO 2012 sarà una data che rimarrà nella storia di Arezzo. E’ la prima volta che registriamo la contemporanea presenza del Pontefice e del Presidente del Consiglio. La decisione di Mario Monti di essere lui, a nome dello Stato italiano, a ricevere Benedetto XVI ad Arezzo conferma il grande valore di questa visita. Un evento spirituale e un momento di riflessione per tutti.
Soprattutto per coloro che avranno la volontà di alzare la testa dagli affanni e dalle ansie quotidiane per ascoltare la parola di Papa Benedetto XVI. Da una situazione drammatica come quella che l’Italia e l’Europa stanno vivendo non si esce soltanto con fredde strategie economiche e politiche. Nei momenti più difficili della storia, sono stati soprattutto gli ideali e le motivazione morali ed etiche a spingere le donne e gli uomini a progettare e realizzare situazioni nuove e più avanzate. Sono convinto che credenti e laici ascolteranno con pari rispetto le parole che Benedetto XVI vorrà pronunciare in quello che tutti noi
consideriamo il cuore storico della nostra città e cioè il Prato e quindi la Fortezza Medicea. Ognuno ne trarrà poi, nella sua mente e nel suo cuore, le conseguenze. Sarà comunque forte per tutti il richiamo a riprendere il cammino sulla strada dei valori. Non solo libertà e democrazia ma anche solidarietà, moralità ed etica sono valori universali e condivisi. Arezzo è onorata di accogliere Papa Benedetto XVI ed orgogliosa che a riceverlo ci sia proprio il Presidente del Consiglio Mario Monti. Sarà una grande giornata capace di unire la nostra comunità e la nostra città al mondo.
Toscana: vent’anni dopo Wojtyla nella regione. La città tra le poche visitate dai due ultimi pontefici L’ALTRO PROTAGONISTA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AD AREZZO NEL SUO MOMENTO PIU’ DIFFICILE
Viene ad accoglierlo Monti, il più cattolico dei laici A Messa prima di accettare l’incarico di premier di SALVATORE MANNINO
una politica mai così svuotata, mai così sfiduciata nel sentire comune IL PIÙ LAICO DEI cattolici e il della gente. Eppure c’è un tratto più cattolico dei laici. Eccolo Ma- comune fra i due protagonisti delrio Monti, eccolo il presidente del la giornata di oggi ed è quello della consiglio chiamato a svolgere il fede. Vissuta in pubblico dal Ponruolo dell’interlocutore di Papa tefice, come è ovvio che sia per il Ratzinger in questa visita che ha capo della Chiesa Cattolica. Pratigià il sapore dello straordinario: cata in privato, con una discrezioc’è sempre un rappresentante del ne insolita per un uomo di govergoverno quando il Pontefice si no italiano, dal presidente del conmuove in giro per l’Italia, ma ci vo- siglio. Non bisogna dimenticare leva il capo del governo per il pri- mai che uno dei primi atti del mo viaggio in Toscana di Benedet- Monti non ancora ufficialmente to XVI. Si troverancapo del governo, no di fronte sul palappena arrivato a co del Prato il Papa IL PERSONAGGIO Roma per ricevere Una fede privata minuto, in apparenl’incarico dal presiza fragile, che dieche non ha mai dente della repubtro un aspetto gentiblica, fu di andare interferito con le nasconde un caa Messa con la mol’attività pubblica rattere di ferro, e glie in una chiesa l’economista chiadel centro della camato nell’emergenza a svolgere il pitale, la domenica dopo il sabato ruolo che lui stesso aveva disegna- drammatico dell’addio di Berluto qualche mese prima in un arti- sconi, fra lazzi e schiamazzi. colo: quello del «Podestà straniero», il solo capace di risanare un pa- UN RICHIAMO implicito a una ese ripiegato su se stesso, refratta- tradizione di cui Monti si sente rio alle cure perchè profondamen- evidentemente partecipe, quella te sfiduciato sul suo futuro, sulla operosa del cattolicesimo ambrosua capacità di continuare a essere siano, lombardo in genere. Ma atuna nazione, ai di là degli egoismi, tenzione: Monti non ha mai fatto al di là dei particolarismi. A prima vista, non potrebbero es- dichiarazioni pubbliche di fede. serci due personaggi più diversi. Definirlo politico cattolico sarebPapa Ratzinger cresciuto nella pro- be un errore, lui è piuttosto un laivincia cattolica bavarese fino a di- co che va alla Messa per una sua ventare Arcivescovo di Monaco e religiosità personale che mai ha indi là spiccare il volo verso la Curia fluenzato la sua impronta politica Vaticana, nel ruolo tutto particola- e le sue scelte di studioso dell’ecore del teologo di Giovanni Paolo nomia. Sarebbe vano ricercare nel II, del Guardiano della Fede ai presidente tracce di solidarismo o tempi della secolarizzazione. Ma- della dottrina sociale della Chiesa. rio Monti il tecnocrate, il professo- Da questo punto di vista è un ecore bocconiano che ha saputo trasfe- nomista di salde convinzioni liberire la teoria economica nella prati- rali. Si direbbe che per lui valga la ca di commissario dell’Unione Eu- tradizione giolittiana: la Chiesa e ropea e poi di capo del governo lo Stato sono due parallele che chiamato non solo a far uscire l’Ita- non si incontrano mai. lia dall’emergenza, quasi dal bara- Per SuperMario è anche l’occasiotro, ma anche a colmare il buco di ne di un bagno di folla, di un piace-
IL GIORNO DEI BIG Anche il Presidente del Consiglio Mario Monti ha deciso di essere presente alla visita apostolica del Papa ad Arezzo
vole diversivo dalla convulsa scena politica romana. Che sta provando a logorare anche lui, il tecnico venuto da fuori. Fra tasse e tagli che non riescono ancora a diventare rilancio, il presidente del consiglio, partito con consensi da record, sembra aver perso un po’ di sintonia con gli umori profondi del paese. La giornata col Papa può restituirgli vigore. In fondo, e nonostante tutto, il premier e Benedetto XVI sono insieme al presidente Napolitano i tre uomini più apprezzati dagli italiani. NON È LA PRIMA volta che Monti viene ad Arezzo, c’era già stato nel 2007 per ricevere il Premio Europa organizzato dal circo-
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lo Verso l’Europa di Donato Palarchi. E nella Sala dei Grandi, davanti agli affreschi di Adolfo Ce Carolis, aveva forse avuto modo di intuire quanto questa città e questa provincia siano orgogliose dei loro personaggi eccellenti, che secondo il detto famoso di Carducci, basterebbero da soli a fare la gloria d’Italia. Ecco, quello spirito il premier è chiamato a rappresentarlo dinanzi al Pontefice. Gli aretini gli chiedono questo, di far sentire la loro voce: non siamo indegni di ricevere un Papa per la terza volta in vent’anni. L’Arezzo ghibellina del medioevo e quella anticlericale di fine ottocento sono morte da un pezzo. Ma l’orgoglio dei botoli ringhiosi, bè quello è rimasto.
BENVENUTO NELLA TERRA DI PIERO di GABRIELE CANE’
C’E’
UN ABITO bianco attorno al quale il mondo si inchina. Anche il mondo che in quell’abito non dovrebbe riconoscersi. C’é una mano che quando si tende induce all’inchino, al rispetto. C’è una figura che muove le masse, a Nord a Sud, ovunque, che scalda gli animi. C’è solo il Papa di Roma che ha attraversato i secoli e attraversa i continenti con un carisma che l’evolversi dei tempi non ha mutato. Quell’abito bianco, quella mano, quella figura oggi sono tra noi. Benvenuto ad Arezzo, Papa Benedetto. Benvenuto a Sansepolcro, culla dell’arte, terra natia della magica luminosità di Piero. Benvenuto a La Verna, in questa terra francescana di monaci e di fede, di monasteri consacrati alla preghiera e alla cultura. Giovanni Paolo II venne due volte nel 1993. Stesso itinerario, doppia data. Oggi, invece, abbiamo Sua Santità tutto per noi in un giorno particolare. Per tutti. Per chi ha fede, e per chi non crede. Perchè i valori di cui è portatore sono valori universali, laici e religiosi. Non era facile venire dopo un grande Papa. Non era facile vestire quell’abito, affacciarsi a quella finestra, riempire i cuori. Papa Ratzinger lo ha fatto a piccoli passi. Uomo di studio, uomo di cultura, ma non uomo di transizione. Lo abbiamo capito giorno dopo giorno che il Papa tedesco non era tra noi per riempire un vuoto, per traghettare verso il futuro. Lo abbiamo capito quando si è fatto scoprire non solo per la dottrina, ma anche per l’umanità, l’intuizione, la vicinanza ai giovani, la perfetta adesione a un mondo che cambia. Per questo ci aspettiamo molto dalla sua visita, sicuri di non essere delusi. Ci aspettiamo, come sempre, parole importanti, indicazioni profonde in un momento in cui le certezze vacillano, le vite ondeggiano, gli stili di vita cambiano. Benvenuto Santità. La Nazione, con la sua tradizione di grande giornale liberale, sa che la fede nutre gli animi delle persone, e integra la luce del sapere. Per questo il nostro giornale è qui, accanto alla sua gente, ai lettori di sempre, e a questo Ospite straordinario. Per un giorno straordinario per la città e la provincia. Per chi crede oggi, e per chi forse crederà un po’ di più domani.
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SPECIALE PAPA
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SPECIALE PAPA
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L’ARCIVESCOVO
RISCOPRIRCI GRAZIE AL PAPA di RICCARDO FONTANA
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Bagno di folla lungo due percorsi Atterra e riparte dallo stadio: andata lungo il Corso, ritorno da S.Francesco di SALVATORE MANNINO
ATTERRERÀ NEL LUOGO da cui il suo predecessore Giovanni Paolo II era ripartito in volo per il Vaticano, dopo il momento più
LA MATTINA Via Giotto, via Roma e via Crispi per arrivare in piazza Grande. Da lì al Prato scenografico della sua visita, la Messa celebrata fra decine di migliaia di persone in delirio allo stadio. Il vecchio Comunale ora «Città di Arezzo», appunto, una sorta di simbolo della staffetta ventennale fra Benedetto XVI e Karol Wojtyla, il pontefice che aveva voluto l’allora cardinale Ratzinger al suo fianco Il Papa arriverà presto, almeno per una domenica, alle nove di mattina. Ma per lui il viaggio sarà già cominciato da un’ora, perchè la partenza dalla Città del Vaticano è fissata alle otto in punto. A riceverlo, sul prato dello stadio, il parterre delle autorità. Quelle laiche, guidate dal presidente del consiglio Monti, e quelle ecclesiastiche, col Vescovo Riccardo Fontana e il Nunzio Apostolico in Italia (l’ambasciatore della Santa Sede) Monsignor Adriano Bernardini. Ma il codazzo dei vip sarà ben più ampio: ci saranno anche, col sindaco Giuseppe Fanfani e il presidente della Provincia Roberto Vasai,
l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, il presidente della Regione Enrico Rossi e il prefetto Saverio Ordine.
IN PAPA-MOBILE, la vettura a vetri che ormai tutti conoscono, il trasferimento al Prato, lungo un percorso blindatissimo e (è facile immaginarlo) gremito di folla: via Giotto, via Crispi, via Roma, il Corso (con gran parte dei negozi aperti) che saranno chiusi al traffico fin dalla notte prima, in qual-
che caso dal giorno prima. Prima dell’arrivo, la deviazione per Piazza Grande, dove nel ’93 Papa Wojtyla ricevè il saluto ufficiale del sindaco Valdo Vannucci. Stavolta, invece, Fanfani aspetterà al Prato un Santo Padre che salirà da via dei Pileati e piazza della Madona del Conforto. Toccherà appunto al Nipotissimo il compito di porgere il benvenuto, unica autorità civile a parlare, compreso Monti. Poi sarà la volta dell’Arcivescovo Fontana. Per la Messa, celebrata dal grande palco allestito in settimane di lavoro, sono attese
PROGRAMMA IL PAPA SI AFFACCERA’ IN FINESTRA
Saluto di bandiere e chiarine UNO SGUARDO dalla finestra. Non la sua solita finestra, quella con vista su piazza San Pietro, dall’altra parte del Tevere. Ma quella del palazzo vescovile, da cui il Tevere non si vede ma in compenso si ammira una delle grandi piazze toscane che uniscono il potere laico a quello religioso: il Comune e la Cattedrale. Da lì nel pomeriggio Benedetto XVI si affaccerà, alle 15.30 per godere la festa. La festa della Giostra, tra i colori dei quartieri, le bandiere che volteggiano, gli squilli delle chiarine. Sbandieratori e musici, uno dei simboli della città, uniti stavolta non dalla Giostra ma dall’omaggio al Papa. Un’ultima immagine di Arezzo: forse perfino un saluto al microfono, se vorrà tutto è stato preparato per consentirgli di farlo. Poi scenderà dalle scale e con la papamobile riprenderà la via dello Stadio. Lì dove duecento bambini delle elementari lo saluteranno davvero: agitando la mano e puntando il dito verso l’alto,un po’ come avevano fatto vent’anni prima i loro genitori o i loro nonni, che ora li tengono per mano.
almeno 30 mila persone, ma potrebbero essere anche 50 mila. Benedetto XVI si rivolgerà ai fedeli per l’omelia intorno alle 10. Sarà il momento più atteso, quello nel quale la ritualità e il cerimoniale ri-
IL POMERIGGIO Discesa fino a S.Francesco Poi, sempre in Papa-mobile ritorno per via Guido Monaco gido potrebbero cedere il passo al richiamo morale, all’esortazione religiosa, all’incitamento civile.
DOPO LA MESSA il trasferimento in auto nella cattedrale chiusa al pubblico e rinnovata per l’occasione.Papa Ratzinger si raccoglierà in preghiera dinanzi all’altare maggiore e nella cappella della Madonna del Conforto, dinanzi all’immagine sacra più cara al sentimento popolare degli aretini. A seguire lo spostamento nel Palazzo Vescovile per il pranzo cui parteciperanno 45 persone. Nel salone affrescato da Teofilo Torri ci saranno tutti i vescovi della Toscana. Una breve sosta di riposo e alle 16,30 il Pontefice riattraverserà tutta la città: via Cesalpino, stavolta, piazza San Francesco, via Guido Monaco, ancora via Roma, via Crispi e via Giotto. Fino all’elicottero pronto dentro lo stadio a prendere il volo per la Verna. Gli aretini salutano il Papa, ma il viaggio in terra d’Arezzo continua.
IETRO viene a trovare Donato», come mille volte abbiamo ripetuto dopo la straordinaria notizia dell’arrivo del Santo Padre. C’è un entusiasmo che commuove. Tutte le parrocchie, anche le più piccole, hanno risposto. I fedeli, anche dai paesi più lontani dal centro della Diocesi, si riuniranno sul Prato dietro il Duomo attorno al Papa. In ogni comunità i parroci hanno invitato i fedeli al sacramento della riconciliazione. Speciali preghiere abbiamo chiesto alle monache di clausura, agli ammalati, ai bambini. Sappiamo che a volte tocca alla Chiesa, con la sobrietà che alterna i momenti forti alla ferialità quotidiana, di scegliere talvolta la visibilità, perché i piccoli possano sperimentare la nozione di popolo di Dio in cammino; i poveri possano sentirsi confortati dall’impegno dei fratelli. Ragionare su Pietro non è mai superfluo, in questa società secolarizzata vi è chi non sa che il Papa è il suo successore. Ragionare di San Donato è stata una bella occasione, una sfida per avviare un dibattito sulla nostra identità collettiva. È facile per me ricordare che Gregorio Magno già nel VI secolo diceva «San Donato, ossia Arezzo». Il Medio Evo è finito, ma 257 Chiese nel mondo venerano con noi il secondo vescovo di questa Chiesa. Lo pregano, lo invocano, cercano di seguirne l’esempio di santità, vengono a visitarne le spoglie mortali. «Donatus» è anche il participio passato del verbo donare: un programma di vita, un’identità collettiva. Qui la misericordia è storia cristiana vissuta. E’ una città dove perfino la Madonna faceva ponti – è il nome antico del nostro ospedale -, dove risuonano i nomi di Aliotti, Thevenin, Severi, Fossombroni, Fraternita. Arezzo fu in antico in grandi relazioni con il resto d’Europa. 62mila persone nate altrove hanno ricevuto un’inclusione sociale decente tra noi, v’è una costante che ci fa non esser mai secondi, quando si ragiona di umanità. Il popolo di San Donato, parla e giudica con libertà, ma non è meno amante della coerenza e della concretezza, di quanto lo sia dell’esprimersi libero e senza timori. La venuta del Papa è un’occasione per guardarsi allo specchio, per interrogarci su come siamo e su cosa possiamo fare per diventare meglio. È un appuntamento anche questo con la storia. Grazie Papa Benedetto di venire a trovarci: tutto questo e molto altro sono frutti di gran pregio che il 13 maggio porta a questa antica e bellissima Chiesa diocesana.
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SPECIALE PAPA
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La visita di papa Benedetto XVI
13maggio2012
Benvenuto ad Arezzo Santità
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on so se avrà il tempo e l’opportunità di leggere questo mio breve saluto, ma voglio immaginare che questo accada e allora comincio porgendogli il caloroso saluto dell’intera comunità provinciale, oltre al mio personale e di tutti coloro che hanno atteso con affetto ed interesse la Sua visita in occasione di questa festa della Diocesi aretina, con la sua storia millenaria. Una comunità, quella aretina, che accolse con straordinario affetto il Beato Giovanni Paolo II, nel 1993. Di quella giornata conservo un significativo ricordo del mio incontro con il Pontefice, in qualità di sindaco di uno dei 39 comuni di questa provincia. Oggi questa stessa comunità gioisce di fronte alla nuova occasione che le è offerta. La nostra gente, Santità, è fatta di uomini e di donne che da sempre hanno saputo e sanno riconoscere il valore pubblico della religiosità. Arezzo, come Lei ben sa, è terra di grandi tradizioni cattoliche, che ospita alcuni dei più grandi luoghi della spiritualità in Italia e nel mondo, basti ricordare il Santuario della Verna, che Lei potrà visitare; o la millenaria storia di Camaldoli.
Ma la nostra è anche una comunità che sa essere laica e rispettosa di tutte le religiosità. Una gente che in questi anni così difficili, di profonde e talvolta laceranti trasformazioni della nostra società, di crisi economica e profonde incertezze sul nostro futuro, ha saputo interpretare al meglio la grande cultura della solidarietà che anima da sempre questa parte dell’Italia. Parlo della capacità di accogliere e integrare chi ha scelto di venire a lavorare in terra di Arezzo, magari per sfuggire a guerre e fame; per cercare una possibilità di sopravvivere, di costruirsi una possibilità di vita, di dare un futuro e una speranza ai propri figli. Questa è una terra di volontariato sociale, nella quale operano centinaia di associazioni nei più diversi settori della solidarietà e della mutualità. Migliaia di cittadini che hanno dato vita nel tempo ad una rete ampia e capillare di collaborazione tra le istituzioni, le organizzazioni sociali laiche e cattoliche, che rappresentano la solida spina dorsale della società locale. La Sua graditissima visita giunge in un momento nel quale tutti, ognuno per la propria parte, siamo impegnati ad affrontare un momento di
difficoltà e a dare il nostro piccolo o grande contributo per garantire un futuro a questo Paese e soprattutto alle giovani generazioni. Del resto, da sempre, in questa terra, le istituzioni civili e religiose sono impegnate a ricercare, attraverso il dialogo, le soluzioni più rispettose dei diritti e dei doveri degli individui, nonché quelle più efficaci per dare risposte alla domanda sempre crescente di aiuto e di accoglienza. Sono certo che ad Arezzo troverà l’entusiasmo dei suoi cittadini e dei pellegrini, insieme, perché la Sua visita rappresenta un premio per una terra fertile e laboriosa che ha saputo dare all’umanità figli illustri come Piero della Francesca, Michelangelo, Masaccio, Petrarca, Vasari, Guido Monaco, Mecenate e molti altri; ma che, soprattutto, ha saputo dare uomini e donne anonimi, che hanno scelto l’impegno civile, il lavoro in strada, la vicinanza con i più bisognosi, per dare il proprio piccolo contributo alla società umana.
Roberto Vasai Presidente della Provincia di Arezzo
Medoliva: cooking-show protagonista Per conoscere l’olio fino in fondo e gustarlo appieno non c’è testimone migliore degli chef: lo conoscono e lo sanno valorizzare nei piatti
In occasione di Medoliva, fiera sull’extravergine di qualità del Mediterraneo, la Provincia e la Camera di Commercio di Arezzo organizzano attività di divulgazione e conoscenza del prodotto olio e delle eccellenze enogastronomiche del territorio, in collaborazione con Arezzo, Fiere e Congressi, il Consorzio Stra.Vi.Sa., la Federazione Italiana Cuochi di Arezzo e la delegazione aretina dell’Associazione Italiana Sommelier. Per conoscere l’olio fino in fondo e per gustarlo appieno non c’è testimone migliore degli chef, che lo conoscono e lo sanno valorizzare nei loro piatti. Ecco come nasce il cooking-show di Medoliva, uno spettacolo divertente e coinvolgente che ha come protagonisti gli oli di qualità del Mediterraneo e che vede i cuochi esprimersi in duetti spettacolari nel palco di una delle più importanti fiere del settore. E, novità di questa terza edizione, concorsi a tema olio per gli studenti degli istituti alberghieri della Toscana e per gli “under 35” non professionisti. Venerdì 18 maggio, ore 15.00 – 18.30: “Giovan-oil”, una sfida ai fornelli tra otto giovani che presenteranno un ricetta eseguita al momento davanti a una giuria composta
da cuochi professionisti, sommelier, giornalisti di settore ed esperti di gastronomia. Protagonista l’olio del Club Medoliva, che raggruppa le migliori produzioni olearie del Mediterraneo, selezionate da un gruppo di esperti panellisti coordinati da Marco Oreggia. A premiare i giovani Andrea Lucatello, conduttore del programma “Non c’è duo senza te” su Radio Capital. Sabato 19 maggio, ore 11.00 – 13.30 e 15.30 – 17.30: “Olio toscano e futuri chef”, concorso regionale. Ai fornelli, dieci studenti degli istituti alberghieri toscani che li vedrà confrontarsi con rinomati chef e giornalisti di settore presenti in giuria. A condurre la gara il cuoco Francesco Berardinelli. Domenica 20 maggio, ore 11.00 – 13.30 e 15.30 – 18.30: a crudo, nelle basi e nei condimenti sono solo alcuni usi degli oli che verranno presentati anche nella sfida tra i cuochi professionisti, in programma nell’ultimo giorno di fiera. La mattina gli chef locali, che presenteranno le loro ricette interpretando i prodotti del territorio aretino e i piatti delle loro cucine in abbinamento con gli oli del Club Medoliva 2012. Ci saranno Shady Hasbun, Leonardo De Candia ed Emiliano Rossi. Il pomeriggio, i cuochi nazionali, per un viaggio dal nord al sud nei sapori di tre artisti della ristorazione italiana: Filippo La Mantia ed Enrico Bartolini insieme agli amici Simone Fracassi e Franco Cazzamalli; performance imperdibile anche quella di Francesco Berardinelli che si esibirà insieme allo chef Ludovico Ciaccio. A condire il tutto con un pizzico di ironia ci penserà poi il giornalista gastronomico, sommelier, autore e conduttore radiotelevisivo Leonardo Romanelli.
SPECIALE PAPA
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LO SCRITTORE DI BENIGNI
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«E’ IL CAPOLUOGO DEGLI AFFRESCHI DI PIERO E DEL CROCIFISSO DI CIMABUE, ALLA VERNA LA FIGURA DI FRANCESCO, IL SANTO PIU’ UMANO»
E’ STATO LO SCENEGGIATORE DEL FILM CAMPIONE AGLI OSCAR
Papa Benedetto pellegrino in una terra gioiello d’Europa Qui è la civiltà che vince di VINCENZO CERAMI
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UNA CITTA’ IN UN FILM Qui e a destra due delle scene del capolavoro da Oscar
A VISITA pastorale di Benedetto XVI ad Arezzo è un evento storico che coinvolge non solo la città. Ha una valenza vasta, ricca di significati e di simboli in un momento difficile per tutto il nostro paese. È un segno di vitalità, altamente necessario nel clima sconfortato in cui si trova l’Italia, oppressa dall’immobilità e dalla paura del futuro. La crisi non deve paralizzarci, e isolarci. Bisogna fare ogni sforzo per riprendere il cammino con nuovi e meno effimeri valori. L’incontro del Papa con una città come Arezzo, una delle più belle d’Europa, ricca di storia, di arte e di secolare saggezza, accende la luce su un bisogno impellente che riguarda tutti: l’abbraccio tra lo zodiaco di riferimento spirituale della Chiesa e la vocazione laboriosa di una popolazione che costruisce, laicamente, giorno dopo giorno, da sem-
pre, tra mille sacrifici quotidiani, la sua coesione sociale e la tranquillità del vivere, sempre più minacciate dall’incertezza e della precarietà. La visita al Santuario di La Verna riaccenderà nei cuori la figura di Francesco, forse, tra tutti, il santo più umano e panteista, che sapeva scorgere la trascendenza anche nei sassi e negli animali, oltre che nella creaturalità degli uomini. Soffermarsi per un momento nel luogo in cui il poverello ricevette le stigmate, ci offre una prospettiva, antica ma anche attuale, con cui guardare il mondo che cambia. Arezzo tutta, e i suoi meravigliosi dintorni, dove anche la casa più umile è segnata dalla dignità, ci raccontano di generazioni e generazioni di cittadini miti e instancabili nella costruzione di una comunità operosa e diligente. Attraversare Arezzo a piedi è una festa per gli occhi, perché gli aretini hanno avuto padri di grande valore e vivacità, con un profondo senso della bellezza. La città concentra, nel suo raccolto territorio, un numero straordinario di tesori e di Palazzi sontuosi, dal Duomo, con il sepolcro di Papa Gregorio X e l’affresco della Maddalena di Piero della Francesca, alla basilica di san Francesco, con l’affresco “La leggenda della Vera Croce”, sempre di Piero. Dal crocefisso ligneo di Cimabue alla casa di Francesco Petrarca, alle Logge del Vasari… La lista delle meraviglie è lunga, alla loro ombra la città è cresciuta, nel ri-
spetto di beni testamentari che narrano la lunga, tormentata e gloriosa vicenda della città. Benedetto XVI si muoverà nella patria di Guittone, il primo grande poeta civile italiano, fustigatore dei cattivi potenti, uomo insieme di politica e di chiesa. Arezzo conserva ancora oggi la stessa anima, l’impegno sociale e la fedeltà ai principi del cristianesimo. La custodisce nel silenzio delle case e delle coscienze, in un’epoca che tutto cancella attraverso mitologie illusorie e malinteso senso del bene e del bello. La visita del Papa, nel difficile contesto in cui viviamo, sarà anche un indice puntato contro tutto ciò che conduce all’oblio, e, implicitamente, contro i malanni della corruzione e delle ingiustizie che segnano luttuosamente il paese. Arezzo è il simbolo della civiltà che deve vincere. Lo dicono la sua storia, i suoi monumenti, le sue testimonianze, le sue bellezze. Mai, come in questi giorni, è necessario trovare speranze nel nostro illustre passato, nell’esempio degli antichi padri che sono riusciti, con sapienza e pazienza, a superare momenti ben più complicati e angosciosi del nostro. Una luce celeste può riaccendere un orgoglio che le pastoie della crisi economica e sociale implacabilmente e lentamente smorzano.
Il Pontefice riscopre nel suo tragitto la magica città della «Vita è bella» di SALVATORE MANNINO
COME SI FA AD accostare un Papa a un Piccolo Diavolo? A un irriverente toscanaccio che agli esordi della carriera non aveva disdegnato neppure i toni della provincia che sacramenta all’osteria o alla Casa del Popolo? Eppure nel cuore della sua visita ad Arezzo Benedetto XVI ricalcherà in molti luoghi le orme di Roberto Benigni, le scene della «Vita è bella», il film più famoso e poetico che abbia mai avuto per teatro questa città e di cui Vincenzo Cerami, che sopra esalta la civiltà aretina, fu lo sceneggiatore. Chissà se un cardinale, quale era Joseph Ratzinger quando nel 1997 uscì nelle sale questo capolavoro campione di Oscar, va al cinema. Chissà, insomma, se nel suo tragitto avrà l’impressione di ripercorrere strade già viste, di ri-
scoprire luoghi già noti. Sia pure, e soltanto, nel magico mondo che ai tempi della «Vita è bella» era ancora di celluloide.
CHISSÀ, DUNQUE, se in Piazza Grande, il primo dei set utilizzati da Robertaccio che incontrerà nel suo cammino, penserà che quello non è soltanto lo scenario straordinario dal quale l’ultimo Papa venuto qui, Giovanni Paolo II, salutò gli aretini, ma anche la piazza in cui Benigni-Orefice, Nicoletta Braschi-Principessa e il piccolo Giosuè piombano in bici a tutta velocità dalla discesa vertiginosa della Piaggia di San Martino. A due passi c’è Borgunto, dove è ancora visibile, sulla vetrina di una bottega, l’insegna della Libreria Orefice, quella del padre ebreo che non voleva far sapere al fi-
glioletto come fosse perseguitato dalle leggi naziste e fasciste. Un tema delicato, quello della Shoah, per un tedesco, sia pure un Pontefice, un tema che è vita vissuta per un Papa la cui gioventù si dipanò nella Germania di Hitler,
SUL SET 15 ANNI DOPO La papamobile attraverserà la piazza della corsa in bici e la S.Francesco dei Costanti esperienza da cui prima il cardinale Ratzinger e poi Benedetto XVI, perfino con commozione, hanno mille volte preso le distanze. Il Prato, invece, il parco in cui il Santo Padre celebrerà la Messa, nel film di Benigni non c’è. Il filo della «Vita è
bella», Sua Santità lo ritroverà più tardi, sulla scalinata del Duomo. Da lì nel film parte il tappeto rosso che Roberto magicamente distende per la sua Principessa cui sta per proclamare amore. Il teatro della dichiarazione, l’androne esterno del Palazzo della Provincia, è pochi metri più in là, appena oltre via Ricasoli. Benedetto XVI lo sfiorerà al mattino, quando visiterà la cattedrale, potrà guardarlo a pranzo, se si affaccerà da uno dei finestroni della sala affrescata da Teofilo Torri in Palazzo Vescovile dove si svolgerà la colazione, lo affiancherà al pomeriggio, quando scenderà per via Cesalpino verso piazza San Francesco.
E LÌ TROVERÀ un altro dei topos del film da Oscar, il Caffè dei Costanti in cui si svolge un’altra delle scene madri: quella di Orefice e Giosuè che trovano la scritta «Vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani». Il tema della persecuzione che torna, dell’innocenza turbata e violata. Poi il Papa uscirà dalla città antica e da quello che fu il set. Scendendo per via Guido Monaco e lasciandosi alle spalle, in lontananza, le scene della Badia, della scuola allestita alle elementari di Porta Buia e dentro la Caserma Italia. Finisce il film, non finisce ancora la visita. Perchè il protagonista stavolta non è di celluloide, è un Papa in carne ed ossa che va in mondovisione tv.
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SPECIALE PAPA
L’INTERVENTO
UNA PAROLA DI SPERANZA di GIUSEPPE BETORI *
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LE LETTURE BIBLICHE Un cieco leggerà la prima in braille
LA COMUNIONE 30 persone in coda da Benedetto
La richiesta del Movimento Apostolico Ciechi è stata accolta con entusiasmo dalla Diocesi e dal cerimoniere del Papa: in braille declamerà la prima lettura, mentre sarà il coro a intonare direttamente il salmo
Ricevere la comunione direttamente dal Papa: un’esperienza che in pochi possono raccontare. Pochi ai quali si uniranno trenta persone, quelle che saranno scelte per mettersi in coda davanti a Benedetto XVI.
L’EVENTO IL MOMENTO CLOU DELLA GIORNATA IN CITTA’ DEL PONTEFICE
A
CCOGLIENDO il Santo Padre in questa regione, i Vescovi e le Chiese di Toscana gli esprimono profonda gratitudine per il suo servizio al Vangelo e convinta adesione al cammino ecclesiale che egli propone, in cui si sentono totalmente coinvolti e protagonisti. Averlo tra noi è non solo un dono alla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, ma una grazia che rafforza l’esperienza di fede di tutte le diocesi della Toscana. È un atto con cui il Pastore della Chiesa universale viene incontro alla condizioni e alle attese di fede dei cattolici toscani, per rafforzarne la consapevolezza nel credere, per esprimere comunitariamente la lode liturgica, per ribadire le ragioni di una testimonianza al Vangelo come grazia offerta a tutti gli uomini e le donne della nostra regione: credenti e non credenti. Ma il Papa viene a portare una parola di speranza, soprattutto in un momento come quello attuale dove la fatica che accompagna sempre la vita delle persone è aggravata da una crisi sociale ed economica e dalla difficoltà ad affrontare le domande ultime di senso della vita. Noi gli offriamo la nostra storia religiosa e civile così che attraversando i nostri borghi e città potrà cogliere le radici di fede che ne hanno costituito la civiltà. Sono considerazioni che, per noi fiorentini, acquistano uno speciale spessore per la tappa che il Papa farà al santuario della Verna, territorio che gode della speciale protezione di Firenze. Ed è anche qui che lo attendiamo nella preghiera colmi di gratitudine per tutto quello che in questa giornata donerà a noi e a tutti i Toscani. * Arcivescovo di Firenze
Appuntamento per 30 mila sul colle del Vaticano aretino Il Prato si trasforma in una chiesa a cielo aperto di ALBERTO PIERINI
LAVORANO DA MESI per vederlo spuntare dietro quella curva. La curva di piazzetta Madonna del Conforto, l’ultimo confine tra la città laica e la città della fede. Tra la città con gli occhi puntati e la basilica a cielo aperto: la «basilica» del Prato, lo scenario fortissimamente voluto dal Vescovo per l’abbraccio liturgico con il Papa. La Messa. Diecimila persone a sedere, almeno ventimila in piedi, un palco costruito a ridosso della terrazza del Casentino. E un altare dominato dal Crocifisso di Margaritone e dalla Madonna della Misericordia di Vasari: il primo scolpito da un autore omonimo e poi dipinto dal maestro del Trecento, l’altra realizzata su seta rossa. A raccontare nella basilica a cielo aperto un pezzetto delle tante basiliche «indoor» aretine. E a raccontarlo insieme ai momenti forti di questa liturgia. Concelebrata, insieme al Papa, dal Vescovo Riccardo Fontana, dal cardinale metropolita Giuseppe Betori e da Gualtiero Bassetti, oggi a Perugia ma fino a pochi anni fa con le finestre su quel Prato. Davanti centinaia di sacerdoti: tutti i sacerdoti aretini, tutti con la stessa veste, nuova di zecca e che poi conserveranno gelosamente nei loro armadi. Di fianco il co-
ro: 120 cantanti, da settimane provano e riprovano ogni passaggio, nella chiesa di San Donato. Apriranno la Messa con un canto gregoriano in omaggio a Guido d’Arezzo, poi due canti di Coradini: chiudendo con il «Bianca Regina Fulgida», l’inno della città della fede. Più i giovani, sul lato opposto, quello che dà le spalle alla Cattedrale: oltre mille, seduti in terra, a veglia dalla sera prima. Il Papa che arriva, attraversa la folla,
SUL TETTO DELLA CITTA’ E’ stato il Vescovo a volere lo scenario del centro La marcia dalle parrocchie ascolta i saluti del sindaco e del Vescovo: poi si ritira nella «sacrestia», anche quella a cielo aperto, dietro il palco. PER RIUSCIRNE in processione e raggiungere l’altare. Ne scenderà solo al momento della comunione, per distribuire le ostie a trenta tra uomini, donne, bambini emozionati solo all’idea. Ostie consacrate la mattina, intorno alle 6: migliaia di particole, poi custodite nei tabernacoli sistemati negli angoli strategici del Prato. Il-
luminati dalle telecamere Rai: una diretta infinita, in coda alla quale ci sarà il «Regina Caeli» in mondovisione. L’angolo di dialogo tra il Papa e il mondo, stile Angelus, preghiera il cui ideatore, guarda un po’, è proprio aretino. Un fiume di immagini e di emozioni, nella cittadella della fede e dei volontari: perché saranno a centinaia in tutti gli angoli, a distribuire acqua, a guidare le persone al loro posto, ad aiutare chi è in difficoltà. Jeans, scarpette, polo o camicia blu l’abbigliamento consigliato, per stare comodi e prepararsi a lavorare sodo. Mentre sull’altare scorrerà la liturgia. Le letture. Con la prima affidata ad un cieco, un segno potente. Col salmo intonato dal coro, in accordo con un solista. Ed il Vangelo, cantato da Federico Daveri, uno dei diaconi di servizio alla Messa: con lui anche Marco Menichincheri, Umberto Valiani e Rodolfo Valoroso Massai. Mentre in otto porteranno i doni all’altare. Otto, con i soli segni eucaristici: non fronzoli, non lance, non ricami. Ma la fede concreta, aretina, quella che passa le generazioni e che una volta all’anno straripa: per la Madonna del Conforto, in Duomo. Lì dove la fede tornerà presto. E lì dove il Papa si affaccerà, lasciandosi alle spalle la folla del Prato.
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BASSETTI TRA I CONCELEBRANTI Torna da Perugia invitato da Riccardo Fontana Intorno al Papa ci saranno tutti i Vescovi della Toscana, compresi quelli emeriti le cui condizioni di salute lo consentano: e un Vescovo «umbro». Gualtiero Bassetti, che arriva da Perugia ma toscano lo è di origine e aretino di adozione: invitato da Riccardo Fontana concelebrerà la Messa solenne.
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LA STORIA FINO ALL’800 SOLO UN AVVALLAMENTO
Il parco nato con Napoleone Anche un Re per Petrarca
TRA I PROTAGONISTI Il coro dei duecento INSIEME L’Arcivescovo Riccardo Fontana insieme a Papa Benedetto XVI, che ha accolto il suo invito per una visita apostolica nella diocesi
Lorenzo Donati ha unito le migliori voci di Arezzo: e le ha amalgamate in un coro che animerà la Messa. Tra i brani due di Coradini
La banda del ritmo Le percussioni di Dio: eccolo il gruppo nato a Foiano e studiato per riempire e animare le quasi due ore che precederanno la Messa
Doni e intenzioni Quattordici fedeli si avvicineranno al Papa. Otto per l’offertorio e la consegna dei doni, altri sei per le intenzioni di preghiera
SOVRANO AL PRATO L’inaugurazione del monumento a Petrarca con Re Vittorio Emanuele (1928)
UN TEMPO ERA SOLO un avvallamento, un vuoto fra i due colli che rappresentavano in qualche modo il potere laico e quello ecclesiastico: da un lato il colle di San Donato con la Fortezza e prima ancora il Palazzo del Popolo distrutto da Cosimo I, dall’altro il colle di San Pietro con la chiesa omonima e poi l’imponente Cattedrale gotica. A voler guardare ai simboli, sembra quasi che il Papa sul palco del Prato rappresenti un ponte lanciato fra i due poteri che per secoli si sono contesi, o si sono divisi, il dominio sulla città. In realtà, il Prato come lo conosciamo adesso, nasce al principio dell’800, ad opera dei francesi dell’impero napoleonico. E’ appunto allora che si pensa, e si mette mano, a colmare e livellare un avallamento che già si era parziamente riempito, per inerzia, nel corso dei secoli. Non resta che completare l’opera e disegnare un parco neoclassico che è un po’ il segno dei tempi: al centro l’ovale con la croce, ben visibile nelle immagini d’epoca.
NELL’AREZZO NAPOLEONICA, ma anche in quella della Restaurazione granducale, il Prato diventerà ben presto il luogo di ritrovo della buona società, aristocratica e pure borghese. Nobili e benestanti arrivano per il passeggio su carrozze che destano la curiosità del popolino,
per mirare ed essere mirati dalle classi inferiori che difficilmente hanno altre occasioni di svago. Nel parco si fanno anche concerti, fuochi d’artificio, corse di cavalli, persino (nel 1813) una Caccia al Toro con i cani, specie di corrida casalinga, come la definisce il Tafi. La Giostra delle Quattro Stagione, sorta di lontana antesignana del Saracino moderno, apre la strada alle Corse in Tondo dei cavalli, che si facevano sull’ovale e che continueranno fino agli anni ’30 del ’900.
NEL 1904 IL PRATO è uno dei centri delle celebrazioni petrarchesche, si disputa persino una Giostra del Saracino, sia pure in forma diversa da quella attuale e senza quartieri. Si iniziano anche i lavori per il monumento al Poeta (progetto di Alessandro Lazzerini) che si protranno per decenni. L’inaugurazione solo nel 1928, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III, e fra le polemiche di molti prestigiosi intellettuali che contestano il gruppo marmoreo ancor oggi fulcro del polmone verde. Che ha perso il monopolio dei parchi (adesso ce ne sono di più grandi e più agevoli da raggiungere) ma che resta un orgoglio cittadino. Non per niente è lì che, dopo un Re, arriva anche un Papa. Salvatore Mannino
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TESORI DI FEDE E DI ARTE IL COMMENTO
IL SENSO DI UNA VISITA di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS
«L
A MAGGIOR parte delle visite del Papa non servono a niente. Fanno solo imprecare la gente per tutti i disagi che creano» mi disse oltre vent’anni fa un ex vescovo di Arezzo, ora sepolto in cattedrale. Un’esagerazione, certo, una provocazione in uno stile quasi evangelico, testo in cui le provocazioni sono uno dei topos più caratteristici e profetici. Erano gli anni in cui ogni domenica Wojtyla andava in giro per l’Italia e per il mondo. «Vedi, il punto è la fede. Mi chiedo: queste visite fanno crescere la fede?». Ecco, la fede. «Non hanno un valore in sé. Sono un’opportunità, il problema è che bisogna sfruttarla. Se no restano solo le foto ricordo per il vescovo, il sindaco e gli assessori». Perché un papa che viene ad Arezzo non è come un papa che va a Cuba come ha fatto a marzo, o in Africa lo scorso anno. Arezzo sta un’ora di treno da Roma dove Benedetto XVI si affaccia tutte le domeniche. Chi vuole vederlo può farlo quando desidera. Di diverso stavolta c’è un’«opportunità» per un gruppo di persone, la comunità cristiana aretina, di confrontarsi in quanto Chiesa locale con il capo della Chiesa universale, di riaffermare un legame e di interrogarsi sul senso di un’appartenenza. Che poi è il motivo per il quale il Papa fa questi viaggi, vicini o lontani che siano, in luoghi a cui è legato o in altri (come probabilmente Arezzo) che non conosceva: riaffermare a tutti che, come disse l’anno scorso al giornalista Peter Seewald nel bellissimo libro Luce del mondo, «siamo una comunità di persone che vive nella fede, il nostro compito è viverla esemplarmente e annunciarla». Sperando che quando transita per le strade aretine il fine teologo Ratzinger non butti gli occhi sui manifesti con lo slogan scelto per la visita («Pietro viene a incontrare Donato») si chieda chi è mai questo Donato (non un suo predecessore) e non si senta in colpa di non essersi portato dietro il mazzo di carte per un tressettino.
PASSI OLTRE LA CLAUSURA LE CARMELITANE HANNO AVUTO UNA DEROGA PER USCIRE DAL MONASTERO A INCONTRARE IL PAPA
Quello sguardo sulla Cattedrale Il Papa riapre il percorso di S.Donato: poi la Madonna del Conforto di ALBERTO PIERINI
AD ACCOGLIERLO, dietro il cono di luce del Prato, nella penombra dorata della Cattedrale gotica, ci sarà un canonico di 85 anni, don Pietro Bernini, di due mesi più giovane del Papa e che a giugno festeggerà le nozze di diamante con il sacerdozio. A salutarlo, mentre forse sarà ancora in ginocchio davanti alla Madonna del Conforto, ci saranno due ragazzini di 13 anni, dalla voce più grande di loro: Giada Santucci e Matteo Tavini. Nel mezzo quel Papa venuto da un paesino tedesco (ma quasi austriaco) di 2400 abitanti, si regalerà nella penombra un sorso di fede aretina. Per mano al vescovo Fontana ma anche a don Alvaro Bardelli, il parroco
COMPIE 13 ANNI CANTANDO Giada e Matteo intoneranno da soli un’ode davanti al Pontefice Per lei è anche il compleanno che di quella chiesa conosce tutte le pieghe. Le tre navate, i pilastri che sembrano arrampicarsi in cielo come il nuovo albero della vita di Giuliano Vangi, le cinque campate con le volte a crociera. E, in un incastro di numeri primi, le sette vetrate del Marcillat. Ma anche l’opera unica (benedetti numeri primi...), di Piero, quella Maddalena che dal ’400 si sporge come volesse affacciarsi da un arco, lo sguardo verso il basso come un peccatore pentito. Il Papa guarderà ed ascolterà: la descrizione e insieme la catechesi di quelle opere, così come dieci anni fa aveva ascoltato insieme al fratello Georg il racconto della Leggenda di Piero, a San Francesco. Insieme l’ultimo turista del Duomo ma anche il primo a ripercorrere un percorso ritrovato: il sentiero di San Donato. Riaperto dai lavori conclusi poche settimane fa. I restauratori hanno appena lasciato l’Arca.
di DORY d’ANZEO
NON HA DATO i natali a nessun papa Arezzo capoluogo ma nel territorio diocesano sono ben cinque i cardinali poi saliti al soglio di Pietro. Il primo di questi fu San Leone primo, papa tra il 440 e il 461, proprio colui che fermò l’invasione di Attila, e per questo detto «Magno», il quale era probabilmente di Anghiari. Ancora Anghiari è con buona probabilità il luogo in cui è nato san Giovanni I, papa tra il 523 e il 526 mentre Leone V, regnante nel 903 per poco più di un mese, era nato vicino Castelfocognano, a Faitino. Giulio III, benché nato a Roma, era della famiglia Del Monte, originaria di Monte San Savino e fu papa per cinque anni tra il 1550 e il 1555. Montepulciano, che a quel tempo faceva parte della diocesi di Arezzo, ha dato i natali a Marcello II, succeduto a Giulio III nel 1555, il suo pontificato però durò
Per giorni i loro volti sbucavano dai dodici pilastrini che culminano in guglie e pinnacoli gotici, tra i varchi di un’opera che è di marmo ma ha i ricami del tombolo. Alle spalle c’è l’urna con le reliquie di San Donato: e dopo il Papa tanti pellegrini potranno entrare in Cattedrale, passare dalla navata destra, sfilare intorno al monumento e uscire dalla parte opposta. Non senza aver lanciato uno sguardo al nuovo presbiterio, inaugurato di fresco. Il tentativo coraggioso di giustapporre un’opera moderna alla cattedrale storica. E di far riparlare le sculture di Vangi come una volta gli affreschi parlavano alla gente. L’altare riportato lì dove la luce delle vetrate si incrocia a mezzogiorno. Con la colomba ad annunciare la fine del diluvio universale e, chissà, della crisi. E il Gesù angelo della pace che dalla croce, come il pellicano delle Stimmate, dona se stesso ai figli. Di lato l’ambone, il monumento al sepolcro vuoto, dal quale filtrano la Parola e l’albero della vita. In fondo, lì dove le sette vetrate ancora fanno arrivare la luce, la Cappella della Madonna del Conforto, il «sancta sanctorum» della fede aretina: un’immagine povera, poverissima, ma sotto la quale un altro papa viene ad inginocchiarsi. E a pregare. Mentre quei due ragazzi di 13 anni, Matteo e Giada, intonano «Virgine bella che di sol sei vestita», la laude di Francesco Petrarca. Due minuti e qualche secondo, non di più. Giada compie 13 anni cantando ma invece di spegnere le candeline prova ad «accendere» un Papa. Intorno le Carmelitane Scalze, alle quali lo stesso Papa ha concesso la deroga di uscire dalla clausura per venire a incontrarlo. E i canonici della Cattedrale, guidati dal preposto, don Pietro Bernini. Accoglierà il Papa con un aspersorio, l’invito a benedire attraverso loro un’intera chiesa. Seguirà il coetaneo con lo sguardo mentre dalle «segrete» del Duomo si sposterà verso il palazzo vescovile.
IL FILM Dall’alto l’interno della Cattedrale: in primo piano una nuova scultura di Vangi e sullo sfondo la Maddalena di Piero. Sopra la Madonna del Conforto. A fianco Matteo e Giada: canteranno per il Papa
LA STORIA GREGORIO X E’ SEPOLTO IN DUOMO
Terra di cinque pontefici Qui il primo «conclave» LA DONAZIONE Dal Santo Padre che ha la tomba in cattedrale i primi soldi per costruirla meno di un mese. Per lui, Pierluigi da Palestrina compose la Missa Papae Marcelli.
SONO DUE, INVECE, i papi per i quali Arezzo ha rappresentato l’ultima dimora terrena. Morì qui, infatti, nel 1057 Vittore II mentre il 10 gennaio 1276 lasciò questo mondo Gregorio X, certa-
mente il Papa che ad Arezzo ha lasciato tracce più evidenti della sua presenza. Non solo perché i suoi resti sono sepolti nel Duomo, ma anche perché morendo lasciò una somma considerevole che servì a finanziare i lavori in cattedrale, fino ad allora una chiesa modesta che il vescovo Guglielmino degli Ubertini definiva «indecens ac deformi». La morte di Gregorio X ad Arezzo fece sì anche che la città ospitasse quello che assomiglia al primo conclava della storia, anche se ufficialmente il primato appartiene a Viterbo. Conclave che fu brevissimo. Ci volle soltanto un giorno infatti, tra il 20 il 21 gennaio, per eleggere
papa Pietro di Tarantasia, che uscì dal palazzo vescovile come Innocenzo V.
QUANTO ALLE VISITE dei papi in città, ne sono documentate undici, la prima delle quali risale al 1009 e fu da parte di Giovanni XVIII, arrivato per consacrare la cattedrale del Pionta a Santo Stefano e Santa Maria. Vittore II, già ricordato, venne nel 1057 mentre Alessandro II visitò l’abbazia di Capolona e Arezzo nel 1064. Poi vi furono, naturalmente, Gregorio X che era ad Arezzo dalla fine di dicembre e Innocenzo V, che rimase qui una settimana dopo la sua elezione. Per due giorni, nel 1515, Arezzo ospitò Leone X. Era di ritorno da Parigi, dove aveva appena incornato Napoleone, Pio VII che nel 1805 si fermò ad Arezzo e celebrò la messa in cattedrale, nell’altare della cappella della Madonna del Conforto, non ancora terminata.
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SPECIALE PAPA 13
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«E’ la più bella catechesi da un’opera d’arte che io abbia mai ascoltato» disse a padre Giulio Renzi, davanti alla Leggenda di San Francesco. Insieme a lui in quell’occasione il fratello Georg
IL RATZINGER ARETINO
DALLA VISITA IN INCOGNITO AGLI AFFRESCHI DI PIERO ALLE GIORNATE DELLA VERNA TRA TEOLOGIA E SORRISI IN REFETTORIO
L’amico uscito Cardinale e ritrovato Papa Uno sguardo dall’elicottero. Quello di un Papa che tra mille inviti punta il dito su Arezzo. Quello di un uomo che nella sua vita Arezzo ha già imparato ad amarla. di ALBERTO PIERINI
«VEDE QUESTA panca? Qui c’era seduto il Papa». Padre Giulio Renzi cominciava così il racconto della sua catechesi più incredibile. Lui, l’uomo degli affreschi di Piero, il conoscitore profondo di ogni personaggio dipinto nel ciclo di San Francesco: e davanti il cardinale che di lì a pochi anni sarebbe diventato Papa. Joseph Ratzinger. «Era insieme a due persone vestite di nero come lui». Uno era il fratello Georg, l’altro il suo segretario di allora, monsignor Josef Clemens. Seduti, su quella panca della basilica, a pendere dalle sue labbra. Seduto il cardinale Ratzinger, come pochi anni prima nel refettorio del convento della Verna. Lui, appoggiato a quella spalliera di legno, mentre parla rilassato con i frati, nel settembre del 1988. «Si ricorda ancora di quella notte alla Verna?». Uno di quei frati da allora ha cambiato non pelle ma ruolo»: ora è vescovo, vescovo di Montepulciano. «La prima volta che l’ho incontrato come Papa gli ho richiesto di quella notte: e lui se la ricordava benissimo». Il sì sulle labbra, ma soprattutto quella luce negli occhi di chi non può dimenticare. Probabilmente la stessa che il Papa ricercherà a La Verna, nella visita che ha voluto a tutti i costi. La sua Arezzo si muove tra questi due poli. «Vede, il Cristo di Piero ha un perizoma intorno ai fianchi: e una leggenda dice fosse il dono della madre al figlio che sta per essere crocifisso». Lo sguardo di Ratzinger, nel-
E’ il 1988: Ratzinger a fianco con Rodolfo Cetoloni e a destra con John Vaughn
la penombra della basilica di San Francesco, corre al particolare e sobbalza. «E’ vero, ed è una leggenda verosimile: quale madre lascerebbe il figlio nudo sulla croce?». UN SOBBALZO, che padre Renzi ricordava con gusto, nelle ore della fumata bianca. E un aneddoto che affonda le sue radici nella tradizione di San Bonaventura: che poi è il personaggio per il quale era salito a La Verna pochi anni prima. Un filo, un filo rosso sembra percorrere i sentieri aretini del futuro Papa. Un filo rosso che La Verna da allora non ha mai dimenticato. All’annuncio dell’elezione le campane del Santuario furono sciolte subito: e padre Fiorenzo Locatelli,
MONSIGNOR CETOLONI «Diventò frate tra i frati» racconta l’attuale Vescovo di Montepulciano il guardiano di quei giorni prima che la morte lo privasse di un nuovo incontro con il Papa nella sua La Verna, nel suonarle aveva ben presenti quelle immagini. I capelli già argentati di Ratzinger, lo sguardo acuto, specie durante l’omelia nella Basilica. L’omelia delle Stimmate. «Ho riletto quelle parole — racconta da Montepulciano padre Cetoloni — proprio in questi giorni: e mi hanno folgorato». Fotocopie che
passano di mano in mano, tra le celle della Verna, affidate ora ad un guardiano giovane, fra’ Massimo Grassi, dal ciuffo per niente argentato. «La salita di San Francesco al monte della Verna è l’immagine dell’itinerario del cammino cristiano». LO DICEVA oltre vent’anni fa, con quell’accento già dolcemente tedesco. E dopo oltre vent’anni eccolo di nuovo alla Verna, come si sentisse più vicino alla vetta di quel cammino. «In quei due giorni diventò frate tra i frati: uno di noi, dal refettorio alle celle, faceva la nostra vita, seguiva i nostri orari, in punta di piedi». Prima di lasciarsela alle spalle. La conosceva, la conosceva
bene fin da prima, fin da quando era studente. Non conosceva invece gli affreschi di Piero o almeno non nei dettagli che padre Renzi gli avrebbe raccontato nella penombra di un’altra San Francesco, quella aretina. «Gli affreschi erano un trattato di teologia spiegato ai poveri e al popolo». Padre Renzi forse sapeva, forse no di avere davanti uno dei più grandi teologi viventi. Di certo non sapeva che sarebbe diventato Papa. Però forse se lo sentiva. «Vada avanti così — gli disse uscendo — è la più grande catechesi su un’opera d’arte che abbia mai ascoltato». Una carezza. E padre Giulio avrebbe scoperto solo qualche anno dopo che quella era la carezza del Papa.
I GRANDI IN VISITA IL PRIMO E’ STATO SEGNI, L’ULTIMO CIAMPI PER CIMABUE E I FUNERALI DI PETRI. DUE CAPI DELLO STATO PER IL CALCIT
Sei presidenti della repubblica: e per Pertini una Giostra speciale di SILVIA BARDI
NEL 1984 Sandro Pertini alla Giostra con Fanfani
SEI CAPI DI STATO sono passati in visita ufficiale ad Arezzo dagli anni sessanta ad oggi. Chilometri di «tappeti rossi» srotolati dentro e fuori le mura per eventi veramente speciali. Tra i più assidui Carlo Azeglio Ciampi e Francois Mitterrand nella «sua» Cortona. Il più amato e acclamato Sandro Pertini, al quale venne anche dedicata un’edizione speciale della Giostra del Saracino, la terza dell’anno 1984. Il più ufficiale il principe di Giordania Talal El Hassan in città nel maggio 2009 accompagnato dalla moglie Sarvath invitato da Rondine per la stesura del documento di pace sul Caucaso. Il più lontano nella memoria Antonio Segni nel 1962, il primo anno del suo brevissimo mandato. E poi Oscar Luigi Scalfaro nel febbraio del 1995 per inaugurare la radioterapia oncologica e porre la prima pietra del nuovo centro oncologico al San Donato di Arezzo, su invito del Calcit.
Già il Calcit gioca un ruolo importante in queste visite presidenziali. Indelebile nella memoria la città in festa con tantissimi bambini protagonisti quando Pertini nel maggio del 1984 venne a inaugurare il primo centro oncologico al «vecchio» ospedale. Il presidente partigiano tornerà quattro mesi dopo, a settembre, per decorare il Gonfalone della Provincia con la medaglia d’oro al valor militare per la sua attività partigiana e per assistere in Piazza Grande all’edizione straordinaria della Giostra (vinta da S.Andrea) organizzata in suo onore. SULLE SUE ORME tornerà Ciampi nell’ottobre 2004 per rendere omaggio ad Arezzo medaglia d’oro per la Resistenza e visitare la casa del Petrarca: è questa la sua quarta e ultima visita. La prima volta era stato a Pieve S.Stefano nel novembre del 2000 per il primo anniversario della morte di Fanfani, poi nell’aprile del 2001 per inaugurare la fine del restau-
ro al Crocifisso del Cimabue e visitare gli affreschi di Piero, e due anni dopo, mel marzo 2003, per i funerali in Duomo del poliziotto Emanuele Petri ucciso dalle Brigate Rosse. Una presenza istituzionale ma soprattutto umana, straziante l’immagine della moglie di Petri aggrappata al suo braccio. Particolare invece la presenza del presidente della Repubblica Francese Francois Mitterrand e di sua moglie Danielle a Cortona, città gemellata dal 1962 con Chateau Chinon, cittadina di cui Mitterrand è stato due volte sindaco. Tantissime le sue visite nella città etrusca alla quale era legato da profondi vincoli di amicizia. La prima volta nell’agosto 1974 per il gemellaggio, nel 1979 per incontrare Bettino Craxi, nell’85 per visitare la mostra sugli Etruschi, poi nell’agosto del 1987. Una curiosità: nel 1997 quando Cortona gli intitolò i giardini del Parterre alla cerimonia c’era Giorgio Napolitano, allora ministro degli interni. Il settimo?
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SPECIALE PAPA 15
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IL TRAFFICO BLINDATO
LA FASE DUE
LA «SPOLA»
DALLE DUE ALLE VENTI DIVIETO DI TRANSITO IN TUTTO IL CENTRO E IN ALTRE STRADE
NAVETTE SENZA SOSTA TRA I PARCHEGGI E IL CENTRO CON QUATTRO PERCORSI
Divieti, strade chiuse e parcheggi Come muoversi nel bunker del Papa Parte alta del centro storico off-limits dalla vigilia. Navette per i fedeli Zona via Cavour-Porta Buia e via Garibaldi: via Garibaldi (tratto compreso tra piazza del Popolo e piazza Sant’Agostino), via San Lorentino, via Porta Buia, piazza Fanfani, via Isidoro del Lungo, via Cavour, via del Saracino, piaggia del Murello. Zona piazza Grande-via dei Pileati: via Seteria, piazza Grande, via Borgunto, via Pescaia, piaggia San Martino, via Vasari, via dei Pileati, piazza del Commissario, piazza Madonna del Conforto, via dell’Orto. Zona via Buozzivia dei Palagi-via della Fontanella: viale Buozzi, via de’ Palagi, via Pellicceria, piaggia San Lorenzo, via Fontanella. Zona San Clemente-via Ricasoli: via San Clemente, via San Domenico, piazza San Domenico, via Padre Caprara, via Madonna Laura, piazza Dietro le Campane, via Sassoverde, piazza Landucci, piazza del Murello, via Ricasoli, piazza della Libertà, piazza del Duomo.
di FEDERICO D’ASCOLI
UNA CITTÀ blindata per Sua Santità. L’arrivo del Papa rivoluziona la circolazione e la sosta in città. Tante le modifiche e i divieti. Ecco l’elenco di quello che cambierà. Partiamo dalla circolazione con due fasi operative. La prima dalle 14 della vigilia fino alle 20 della domenica con il divieto di transito in tutte le strade a monte di via Garibaldi, esclusa la stessa via. La circolazione in viale Giotto oggi non sarà riaperta al termine del mercato settimanale. La strada rimarrà quindi chiusa fino a domenica alle 20: saranno possibili gli attraversamenti sia nella rotatoria che in via Signorelli. Sempre dalle 14 di sabato fino alle 20 di domenica verrà transennata anche l’area antistante lo stadio.La seconda fase inizia alle 2 della notte tra oggi e domani e va avanti fino alle 20 di domani: il divieto si estende a tutte le strade dentro le mura e a quelle di questo elenco: viale Simone Martini, viale Raffaello Sanzio (tra viale Giotto e via Cimabue), viale Benedetto da Maiano (tra viale Mecenate a viale Giotto), viale Signorelli (tratto compreso tra via Lorenzetti e via XXV Aprile). Ci saranno anche alcune modifiche per facilitare i residenti: il tratto di via Margaritone tra via Crispi e via Niccolò Aretino diventa strada senza uscita: i veicoli possono percorrerla nelle due direzioni uscendo su via Michelangelo. Il tratto di via Margaritone compreso tra via Crispi e via Pietro Aretino e il tratto di via Pietro Aretino compreso tra via Margaritone e via Assab diventano senza uscita: i veicoli possono percorrerla utilizzando per l’uscita via Pietro Aretino in di-
NIENTE AUTO Dalle 14 del sabato divieto di transito a monte di via Garibaldi e in viale Giotto rezione di via Nencetti. Il tratto inferiore di corso Italia diventa senza uscita. I veicoli possono percorrerla in entrambi i sensi utilizzando per l’uscita via Niccolò Aretino e viale Michelangelo. Il tratto di via Garibaldi compreso tra piazza del Popolo e via San Lorentino diviene senza uscita. I veicoli possono percorrerla in entrambi i sensi uti-
lizzando per l’uscita via San Lorentino.
CAPITOLO SOSTA. Il divieto, con rimozione dei mezzi, scatta dalle 14 della vigilia alle 20 della domenica nelle seguenti zone. Zona stadio comunale: piazzale Lorentini, viale Gramsci, viale Giotto (compresi i controviali), via Divisione Garibaldi, viale Simone Martini, viale Raffaello Sanzio (compreso il controviale). Zona via Crispi-via Petrarca-piazza della Repubblica: via Crispi, via Assab, via Margaritone (tra via dell’Anfiteatro e via Pietro Aretino), via Guadagnoli
(tratto tra civico 43 e via Macallè), via Roma, via Guido Monaco, piazza Guido Monaco, piazza della Repubblica, piazza Poggio del Sole, via Petrarca. Zona corso Italia-via Madonna del Prato-via Cesalpino: corso Italia (tra via Roma e via dei Pileati), via de’ Cenci, via de’ Mannini, piazza San Michele, via Oberdan, via de’ Redi, via Mazzini (tra via dell’Agania e corso Italia), via di Beccheria, via Madonna del Prato (tra via Roma e via di San Francesco), via di Tolletta, via di San Francesco, piazza San Francesco, via Cesalpino, via Bicchieraia, via degli Albergotti, vicolo della Dea, via Montetini.
CI SONO ANCHE aree di parcheggio in via Pietri, via Tarlati e le due aree di sosta al servizio del cimitero urbano. via Rossellino, Centro Affari e palasport delle Caselle e parcheggio antistante Villa Severi. Tre navette faranno la spola verso il centro, con fermate all’autostazione e al Baldaccio. La numero 1 andrà dall’Obi all’Ipercoop all’autostazione e quindi al Baldaccio. La navetta 2 andrà dalla Lebole al Centro Affari e quindi ancora autostazione e Baldaccio. La numero 3 si muoverà dalla multisala fino a Baldaccio e autostazione. E ovviamente alla rovescia in serata nella quale si unirà una quarta navetta per riportare i pellegrini alle Caselle.
LA VISITA IN TV INSIEME AI CANALI PUBBLICI (FRANCO VACCARI COMMENTERÀ LA DIRETTA) IN FORZE I NETWORK: DA SKY A MEDIASET A LA 7
Tre ore di diretta Rai, poi venti minuti in mondovisione di GAIA PAPI
TELECAMERE ACCESE su Arezzo. Le immagini e la parola del Papa viaggeranno tra le frequenze delle televisioni locali, nazionali e internazionali. Una calca di giornalisti si riverserà nelle strade così come raramente è capitato di vedere in passato. La Rai è la regina della mattina. Quasi tre ore di diretta, partenza qualche minuto prima delle 10, con le telecamere puntate sulla Messa del Prato. In coda, tra l’orazione finale e la benedizione la mondovisione del «Regina Coeli», intorno a mezzogiornio, come se San Pietro fosse al Prato. Sarà Fabio Zavattaro il telecronista ufficiale: al suo fianco una voce aretina nelle vesti
MARATONA DELLE LOCALI Tele San Domenico, Arezzo Tv e Teletruria seguiranno la giornata dalle 9 alle 20.15 di commentatore, è quella di Franco Vaccari, il presidente di Rondine Cittadella della Pace.
COPERTURA MEDIATICA La visita di Papa Benedetto XVI ad Arezzo sarà seguita dalle maggiori emittenti televisive nazionali
OLTRE alla televisione pubblica ci saranno i grandi network privati. Mediaset farà continui collegamenti su TgCom e servizi per i telegiornali. Sky coprirà come al solito la giornata con dirette continue, come fa per ogni viaggio del Papa, La 7 coprirà l’evento in tutti i suoi telegiornali. E dalla visita
alla Cattedrale in poi staffetta tra le telecamere Rai e quelle del Centro Televisivo Vaticano: presenti anche alla liturgia straordinaria, poi continueranno a riversare immagini a getto continuo, fino alla partenza da Sansepolcro. Le televisioni aretine non saranno da meno. Tele San Domenico, Arezzo Tv e Teletruria daranno vita ad una vera e propria maratona. Una no stop di quasi 12 ore, dalle 9, quando Benedetto XVI poserà il suo piede in terra aretina, fino alle 20.15, alla partenza dell’elicottero da Palazzolo. Grazie alle riprese del centro televisivo vaticano le telecamere locali getteranno un occhio in tutti i passaggi dell’evento. Che andrà a ritmo continuo sul canale 28 del digitale, sulle frequenze di Tv2000.
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LE VISITE DEI DUE PAPI
L’ORO IN RIBASSO DOPO IL CULMINE DEL CICLO ESPANSIVO, NON CI SONO PIU’ GRANDI FABBRICHE COME LA LEBOLE
I vent’anni che hanno cambiato Arezzo In crisi la città ricca sferzata da Wojtyla Il pontefice polacco trovò una provincia opulenta, oggi pesa la recessione di SALVATORE MANNINO
SONO PASSATI «solo» vent’anni, appena una generazione, niente o quasi per i tempi della storia. Eppure sembra che ci sia un mondo di mezzo fra questa visita di Papa Ratzinger e quella del suo predecessore Giovanni Paolo II, il primo pontefice a venire ad Arezzo in epoca moderna. Due volte a distanza di tre mesi. Il 23 maggio 1993 in città e a Cortona, il.. settembre alla Verna e a Camaldoli. Erano tempi amari anche allora: Tangentopoli in pieno terremoto, il sistema politico della prima politica in rapida dissoluzione, le mafie all’offensiva. Falcone e Borsellino erano stati assassinati da appena un anno, in estate sarebbero arrivati i grandi attentati di Cosa Nostra: agli Uffizi, a Roma e Milano. L’economia soffriva ancora della grande crisi che aveva portato la lira sull’orlo del collasso e che nel settembre precedente avevano visto il presidente del consiglio Giuliano Amato, «aretino» d’adozione ed eletto ad Arezzo, annunciare dalla Mostra Orafa del Centro Affari la sua cura di lacrime e sangue, la manovra da 100 mila miliardi (in lire, è ovvio). Eppure era un’altra Arezzo, una città e una provincia ancora teatro di un ciclo, economico e produttivo, espansivo che durava dall’immediato dopoguerra ed era diventato boom dal 1960 in avanti. Gli anni ’70 furono anni tetri per il paese, non per l’Italia di provincia del Piccolo è bello caro al Censis di De Rita. Arezzo di quell’Italia era una delle capitali. Era l’Età dell’Oro, nel senso letterale del termine, nel senso che il metallo pre-
UNA RIVOLUZIONE ANCHE IN POLITICA
IL VIAGGIO DEL ’93
IL VIAGGIO DEL 2012
Vannucci, il sindaco laico
Fanfani, cattolico al potere
In piazza Grande subì la sferzata di Giovanni Paolo: politici, siate onesti. Anche lui debole dopo Tangentopoli
Oggi c’è un sindaco forte della rielezione di un anno fa: nipote del Fanfani che governò l’Italia ma non Arezzo
zioso trainava la crescita del Pil con la forza di una locomotiva. Era l’epoca dei metalmezzadri, i contadini inurbati per diventare operai e poi imprenditori, in una sorta di ascensore sociale che pareva inarrestabile. Erano anche i tempi in cui l’Istituto Tagliacarne e le classifiche del Sole 24 Ore certificavano la presenza stabile di questa provincia fra le prime dieci, al massimo le prime quindici capitali del benessere. Qui si viveva bene e si produceva bene, nonostante la congiuntura negativa, l’inflazione, la spesa pubblica fuori controllo e il resto. Oro, ma non solo oro: c’era ancora la Lebole, sia pure nella parabola discendente, c’era, sia pure (incrisi), la Textura, l’azienda della famiglia Leboledopo l’uscita dalla casa madre.
fatturiera della Toscana, sofferente nel lavoro nonostante la disoccupazione sia meno pesante che altrove, lordata dalle nuove povertà che colpiscono fin dentro il ceto medio nonostante con l’export e il coraggio gli imprenditori cerchino di resistere all’onda avversa. La parabola è forse la UnoAerre, il colosso dell’oro. Che nel 1993 apparteneva ancora ai Gori e agli Zucchi e celebrava i fasti di una espansione che sembrava senza fine: fino a mille dipendenti nello stabilimento di via Fiorentina prima della lunga discesa, della fuoruscita dei fondatori, della liquidazione e della rinascita che solo adesso comincia a diventare palpabile sotto l’egida del nuovo padrone, Sergio Squarcialupi, il vero uomo d’oro dell’economia di questo 2012 del nostro scontento, col colosso ora trasferitosi a San Zeno e con l’altro gigante Chimet. Di fronte ai segni meno che caraterizzano quasi ogni settore , Papa
CHE DIFFERENZA con la città che visita adesso un altro Papa. Piegata dalla recessione nonostante resti la secondo economia mani-
Ratzinger si asterrà forse dal richiamo forte che nel 1993 si permise Karol Wojtyla: «Meno profitti e più attenzione all’uomo», invocò allora il Papa daPiazza Grande. Magari ce ne fossero oggi di profitti da distribuire e da investire. PARE PASSATA un’eternità anche per la politica. «Siate onesti», gridò quel 23 maggio Giovanni Paolo II in quello che fu il suo messaggio più significativo, ripreso da tutta la stampa in piena Tangentopoli. Ad ascoltarlo un sindaco, il socialista Valdo Vannucci, che fu l’ultimo della prima repubblica, l’ultimo scelto dai partiti e non eletto direttamente dagli aretini, anche se in quelle giornate Vannucci era un uomo drammaticamente solo, con le forze politiche in piena dissoluzione. Oggi governa un sindaco forte, Fanfani il Nipotissimo, rieletto un anno fa sull’onda dei grandi numeri. E’ un cattolico (non il primo nell’era del voto diretto), è soprattutto l’erede politico di Fanfani il grande, l’Amintore che da democristiano governò l’Italia ma non riuscì mai a governare Arezzo. Nel ’93 Fanfani il giovane era all’opposizione, insieme alla sua Dc. Oggi guida una coalizione di centrosinistra, con gli eredi di quelli che videro sempre nello zio un nemico. Un sindaco cattolico nella città eternamente ghibellina che riceve il capo della Chiesa Cattolica: c’è segno più evidente di quanto sia cambiata Arezzo in vent’anni?
LE DUE AREZZO In alto una veduta dall’alto della città: nelle altre immagini alcuni momenti della visita del 1993 di Giovanni Paolo II. Qui sotto il passaggio indimenticabile in Piazza Grande
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KAROL WOJTYLA IN PIAZZA GRANDE
LA FESTA FINALE ALLO STADIO
L’EMOZIONE NELLA CORTONA ALTA
UN MURO DI GENTE ASPETTA WOJTYLA SUL MATTONATO: QUI LA PAPAMOBILE SI RITROVA CIRCONDATA DA OGNI LATO
L’ULTIMO MOMENTO E’ ANCHE IL PIU’ SOLENNE DIETRO L’ALTARE L’IMMAGINE DELLA MADONNA DEL CONFORTO PORTATA FUORI DAL DUOMO
L’ARRIVO IN CITTA’ ERA STATO PRECEDUTO DALLA TAPPA DI SANTA MARGHERITA E DALLA PREGHIERA INFINITA NEL SANTUARIO
«Giovani, siate liberi ma non stupidi» Butta i fogli: e inizia il bagno di folla Il maggio ’93 di Giovanni Paolo II: l’apice della visita è a San Francesco «GIOVANNI, GIOVANNI? No, io dico Giovani». L’uomo era così. Capace di cogliere un grido tra la folla e rovesciarlo come un calzino per farsela sua. Capace di confidare nel segreto delle Stimmate la nostalgia per Francesco e capace a San Francesco di buttare via i fogli del discorso e procedere a braccio. «Il testo lo leggerete domani sull’Osservatore Romano»: e di fianco, con lo sguardo di chi si affaccia sull’orlo di un fiume sconosciuto, un altro Giovanni, D’Ascenzi. Il Vescovo che si alzava ogni mattina alle 4 e se necessario chiamava a quell’ora i suoi collaboratori. Giovanni Paolo II aveva accolto il suo invito. Lo aveva accolto due volte: perché il 23 maggio era andato a Cortona e ad Arezzo. E poi il 17 settembre sarebbe tornato a La Verna. «In questa città tutto ci parla di Dio: la natura, le montagne, i boschi». A Cortona si affaccia emozionato davanti all’altare di Santa Margherita, la santa moderna: compagna di un nobile senza averlo sposato, «vedova» per amore quando glielo uccidono, poi la scelta religiosa. Lo sguardo di Gio-
vanni Paolo II buca la collina di Cortona, prima della calata dell’elicottero su Arezzo. Prima di perdersi nella folla di Piazza Grande. Un muro di gente, che circonda la papamobile, i cui vetri dolcemente deformanti rimandano il profilo delle pietre e delle mura antiche. La salita alla terrazza, il saluto del sindaco. «Oggi qui come altrove si registra una delicata congiuntura
ABBRACCIO A SORPRESA Anna Gilardoni e Massimo Mugnai parlano tra i ragazzi Il futuro beato li stringe a sè economica»: 2012? No, 1993 ma lo stesso appello. «Prima viene l’uomo, mai deve essere piegato alle esigenze della produzione». Ad ascoltarlo Amintore Fanfani, lo zio del Fanfani che stavolta saluterà il Papa, dal microfono del Prato. «ESSERE CRISTIANI non è facile, bisogna andare controcorrente, la fede non è più una scelta scontata, ma una scelta nella quale investire se stessi». Giovanni Paolo II grida «Giovani, Giovani» a chi grida «Giovanni». San Francesco è una polveriera, sia pur della fede. Anna Gilardoni e Massimo Mugnai hanno il compito di parlare al Papa dal microfono. Una ragazza saluta, si emoziona. «Non sappiamo cosa significhi essere liberi —risponde Wojtyla — se pensiamo che sia fare ciò che ci pare siamo stupidi». No, nel discorso ufficiale quel passaggio non c’era: la
folla dei giovani lo capisce e lo saluta con un boato. «Fissiamo tutti lo sguardo sul Crocifisso che domina questa Basilica»: migliaia di occhi ruotano verso il Cristo che vela gli affreschi di Piero. «OGNUNO DI VOI è un progetto, un progetto di Dio». I fogli sono ormai in terra, la visita si plasma intorno alla gente, alle case, ai tetti: il cerimoniale viene sostituito da un botta e risposta a distanza, semi, che la gente raccoglie e rimanda al Papa. «Oggi questa non è Arezzo: è Piazza San Pietro». Gli anziani si uniscono ai giovani nel saluto a Giovanni: fino all’ultimo sguardo, all’elicottero che si alza e diventa piccolo piccolo sul cielo dello Stadio. Lì dove stavolta sta per riatterrare. Come volesse mantenere un impegno preso vent’anni fa. Alberto Pierini
I DISCORSI «S.Pietro è qui» Subito dopo l’incontro con i giovani Giovanni Paolo II si gode la folla paurosa in piazza San Francesco. «Oggi non siamo ad Arezzo, questa è piazza San Pietro»
Segnali d’allarme Nel discorso in Piazza Grande parla di «delicata congiuntura economica anche per questa città». Ma è niente rispetto alla situazione che trova stavolta il suo successore
LA PICCOLA SAN PIETRO Ecco Giovanni Paolo II dividersi tra le mani protese per salutarlo proprio davanti a piazza San Francesco
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Marco Vichi: «Maledetti toscani A pugno chiuso, poi si confessano»
IL PUNTO
UNA FRATTURA COMPOSTA di SALVATORE MANNINO
Lo scrittore racconta le contraddizioni di una terra dalle due anime di SILVIA BARDI
UN’INTERA PROVINCIA è mobilitata per l’arrivo del Papa ad Arezzo. La Verna e Sansepolcro. Un evento che, come era immaginabile, ha spaccato tra favorevoli e contrari, però tutti ne parlano e di sicuro tutti vorranno esserci. Ne parliamo con Marco Vichi, scrittore, giornalista, sceneggiatore, docente di Narrazioni, penna fiorentina che ama scrivere di Toscana e spiare dentro l’anima dei suoi personaggi, il «padre» del commissario Bordelli, per intendersi.
Che cosa «smuove» nella gente toscana un avvenimento di questa portata? «L’Italia, anche quella laica o addirittura quella mangiapreti, non può fare a meno di sentire (o subire?) la presenza del Vaticano. Come ci racconta Luca Scarlini nel suo bel saggio “Un paese in ginocchio” (Guanda, 2011), dove si afferma che “la storia d’Italia è legata in modo inestricabile a quella della Chiesa di Roma. No: la storia della Chiesa è a tutti gli effetti la storia d’Italia, visto che in sostanza alla sua ingombrante presenza si deve la peculiarissima, e spesso non
Vaticano e quella più povera degli eremi e degli ordini francescani. Una contraddizione pure questa?
Siamo un popolo pieno di contraddizioni, pronti a insorgere con i forconi per poi andare a messa la domenica, a bestemmiare per una partita a carte e poi farci benedire la casa prima di Pasqua. Come si conciliano queste due anime?
«A quanto pare si conciliano benissimo. Ricordo i comunisti dei tempi in cui ero ragazzo, che dal lunedì al venerdì agitavano il pugno e la domenica andavano a fare la comunione, magari di nascosto... senza sapere che anche i suoi “compagni” facevano la stessa cosa. Questi diversi momenti vengono vissuti come separati, senza preoccuparsi di legarli insieme con la coerenza. E forse c’entrano anche l’abitudine, il formalismo, il conformismo... addirittura la superstizione, un’eredità pagana mai rimossa durante i secoli». Se dovesse scrivere una storia ambientata in Vaticano o sui temi della fede, che genere sceglierebbe?
«Sicuramente il gotico». La storia ci ha visto sempre divisi tra guelfi e ghibellini ma poi alla fine il potere «spirituale» è sempre sembrato
felice, situazione nelle vicende e perfino nella geografia del Belpaese [...]Il cattolicesimo è infatti il Dna italiano, più di ogni altra cosa, più del bel panorama e della pizza...” Detto ciò, va da sé che un evento del genere attiri sia i seguaci sia gli “avversari”, che insomma la faccenda non lasci indifferenti. Comunque la si metta, il Papa in Italia è un’attrazione. Siamo anche abituati (per via del Concordato) a sentirne parlare in tutti i notiziari, a differenza delle altre nazione europee, dove del Papa si parla sì e no in televisione una volta all’anno».
MARCO VICHI Scrittore e sceneggiatore fiorentino, premio Scerbanenco per «Morte a Firenze» più saldo di quello «temporale». Una lezione per tutti i politici?
«Dipende da come si vuole guardare la Storia. A mio avviso il potere temporale ha sempre vinto. I Papi lo hanno sempre voluto, lo hanno adoperato e se lo sono tenuto stretto, e anzi a volte hanno fatto scorrere fiumi di sangue per accrescerlo, arrivando a trasformare la religione in uno strumento prettamente politico e di conquista. (Una curiosità: da ragazzino, sfogliando alcuni documenti araldici sul mio co-
gnome, lessi che a metà del Trecento, Vico de’ Vichi, principe di Viterbo, approfittando del fatto che il Papa si era trasferito ad Avignone, invase le sue terre e fu scomunicato. Un esempio di uso del potere religioso per questioni materiali). Senza contare che anche adesso il Vaticano ha una banca, fa investimenti e si occupa di finanza - non sempre pulita, come sappiamo bene - al pari di una Multinazionale». Anche la chiesa dunque ha più anime, quella dei fasti del
«È la contraddizione più grande, a ben guardare. Quando alcuni monaci hanno tentato di riformare gli ordini monastici o addirittura la Chiesa nella sua interezza, o sono stati spazzati via o hanno dovuto inchinarsi al potere del Papa. E nell’Italia di oggi i sacerdoti che cercano di non tradire il messaggio di Cristo si muovono con difficoltà all’interno delle rigide regole vaticane, le quali assai spesso hanno poco a che fare con il Vangelo... che personalmente, pur non essendo credente, considero un libro magnifico, un fondamento dell’Etica non necessariamente legato alla religione. Ma purtroppo è stato usato dagli uomini nel modo peggiore, come è successo con altre religioni o con Marx». Se venisse ad Arezzo per assistere alla giornata del Papa, in quale luogo vorrebbe assolutamente essere?
«A Camaldoli, per vedere se il Papa preferirà calpestare quel magico luogo di “eremitaggio comunitario”, fondato mille anni fa da San Romualdo, con le sue preziose scarpe o con dei poveri sandali».
LA VISITA DAL MENU AI COMMENSALI FAMILIARI IN EPISCOPIO
A tavola con i Vescovi aretini ALLA TAVOLA del Papa si mangerà aretino: il menu ormai è noto e andrà dal brodo ristretto di pollo valdarnese al risotto con zafferrano, zucca fiorentina e menta, dal pezzo di chianina con gli asparagi alle fragole e al «gattò». Si mangerà aretino ma si parlerà anche parecchio aretino. Perché è una tavola ricca di Vescovi e di Cardinali e alcuni vengono proprio da qui. Aretino, non nel senso stretto ma in quello pastorale, è naturalmente Riccardo Fontana, vescovo di mare prestato al profondo entroterra toscana. Aretino doc è Franco Agostinelli, che guida da tanti anni la Diocesi di Grosseto: parroco in piazza Giotto, poi vicario del Vescovo D’Ascenzi, fino alla nomina più solenne, che lo ha portato a guidare le sorti cristiane della Maremma.
Come aretino è Rodolfo Cetoloni, Vescovo di Montepulciano e Pienza: nato a Bucine, per anni guardiano della Verna e poi provinciale francescano, oggi anche uomo che si divide tra la sua Diocesi e la Terra Santa. E cos’è se non aretino Italo Castellani, Arcivescovo di Lucca: cortonese e vicario ad Arezzo prima di essere nominato a Faenza per poi approdare a Lucca. E ci sono dubbi che sia aretino Gualtiero Bassetti (nella foto insieme a Fontana), Arcivescovo di Perugia e per dieci anni alla guida della nostra diocesi? No. Così come sui Vescovi emeriti: Luciano Giovannetti, Giacomo Babini. Fino a Giovanni D’Ascenzi. Non ci sarà intorno a quel tavolo, perché la malattia e gli anni non risparmiano nessuno. Però nel 1993 accanto a Giovanni Paolo II c’era lui: e non c’è nessuno, neanche la malattia o gli anni, che possa cancellare quelle foto.
L’
UMBRIA è mistica, la Toscana laica e irriverente, Arezzo un po’ l’una e un po’ l’altra. Terra ghibellina eppure segnata da una traccia profonda di spiritualità, città anticlericale (un tempo) eppure rifugio di scrittori cattolici (vedi Giovanni Papini), provincia «rossa» per eccellenza eppure base dalla quale partì una classe dirigente cattolica (democristiana) di straordinaria levatura nazionale. Chi negli anni ’30 ha restaurato il Palazzo Comunale dinanzi al quale passerà il Papa lo ha disegnato coi merli ghibellini di un Comune medioevale governato dai Vescovi-Conti (i Guglielmino degli Ubertini e i Tarlati) che mai chinarono la testa dinanzi al potere temporale dei Papi. Loro stavano dalla parte dell’Imperatore, che era un po’ la potenza «laica» dell’epoca. Ecco, è nel segno di questa contraddizione che Arezzo si è evoluta nel corso dei secoli. Da un lato una vena duratura di avversione al clericalismo, soprattutto in una parte delle classi dirigenti, dall’altro la fede profonda, a volte il fanatismo, di un’altra parte dell’aristocrazia e del popolo minuto. Non dimentichiamo mai che questa è anche la terra del Viva Maria, dell’insorgenza, nel nome della Santa Fede, del 1799, qualunque sia il giudizio che se ne vuole dare. Il cattolicesimo che si muove sulla punta dei forconi fa uno strano contrasto col messaggio originario (oggi diremmo della non violenza) di San Francesco, incarnato nei santuari della Verna e delle Celle, fra i più cari all’Ordine dopo Assisi, e con quello di San Romualdo, che si materializza nel bastione di Camaldoli o nella solitudine dell’eremo. Ma questo è il passato lontano. Se l’800 è stato, anche ad Arezzo, il secolo della contrapposizione forte fra laici e cattolici, se il ’900 è stato quello della competizione fra le due «religioni» di massa, la comunista e la cattolica (e uomini come Fanfani o Bucciarelli Ducci, potentissimi a Roma, nella loro città non hanno mai governato) ormai il discrimine della fede non è più un confine della politica, solo delle coscienze. Può capitare dunque che due cattolici dichiarati come Paolo Ricci e Giuseppe Fanfani facciano i sindaci a capo di coalizioni di centrosinistra. Da questo punto di vista almeno, Arezzo è una terra pacificata. A parte qualche nota di colore, c’è una città intera pronta ad accogliere Papa Ratzinger come una guida spirituale cui si deve perlomeno rispetto.
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L’AUTORE FAMOSO
«FACEVO ANCORA LE ELEMENTARI E MI VENNE L’ISPIRAZIONE: SU UN PERSONAGGIO COSI’ SI POTEVA ANCHE SCRIVERE UN PENSIERINO»
DA LUI SCORCI STRAORDINARI DI VITA IN PROVINCIA
«La prima volta che ho visto il Papa Era in bianco e nero e la tv faceva le bizze» Le zie mi fecero mettere in piedi per rispetto, dalla cucina veniva odore di arrosto... di ANDREA VITALI
N
ON HO MAI VISTO il Papa dal vivo, il mio è un paese troppo piccolo perché possa anche solo fantasticare su una sua visita ma, absit iniuria verbis, preferisco così perché non voglio cancellare dalla memoria il ricordo della prima volta che ne vidi la figura grazie a un vetusto apparecchio televisivo in bianco e nero a casa delle mie zie di campagna. Sono abbastanza certo che quello sia stato il primo e ultimo televisore che abbia abitato la cucina, dotata di stufa a legna e camino, di quella casa. Oggetto, il televisore, che perlopiù veniva tenuto coperto da un telo cosa che non credo gli facesse piacere più di tanto poiché di quella sua esclusione dalla maggior parte degli eventi domestici si vendicava malignamente. Quando infatti il telo veniva rimosso dandogli la possibilità di mostrare le meraviglie del mondo, spesso e volentieri forniva immagini offuscate da una coltre di schizofrenici pallini grigi e neri, oppure si baloccava con improvvise scariche elettriche cui,per qualche minuto, seguiva un buio temporalesco: in questo secondo caso la voce del telecronista o annunciatore che fosse resisteva, rendendo ancora più straziante l’attesa del ritorno all’immagine vera e propria. A VOLTE, CON studiata cattiveria, il televisore illudeva per un poco i presenti fornendo immagini chiare e non disturbate da alcun fenomeno. Però, quando andava confermandosi l’idea che l’elettrodomestico avesse finalmente messo la testa a posto, l’immagine cominciava a ruotare in senso antiorario, obbligando gli
spettatori a obbligatori esercizi di piegamento laterale del capo per mantenere una visione corretta, fino a che l’immagine non raggiungeva la posizione delle “ ore diciotto “, per la qual cosa, onde vedere correttamente, bisognava mettersi a capo in giù o girare il televisore. A tanto non si arrivò mai. Fu così che vidi per la prima volta il Papa, in occasione di un Angelus domenicale. Rispetto al mezzogiorno si era spostato di quarantacinque gradi e al momento della benedizione aveva quasi raggiunto la posizione “ ore ventuno “. Ero un ragazzo delle elementari allora e, come da ordine ricevuto da una delle zie, mi ero alzato in piedi, quasi sull’attenti, perché quello, nonostante gli scherzi del malvagio televisore, era il Papa. Con una precisione che solo certi ricordi lasciano impressi per l’intera vita so che era un maggio luminoso e dalla porta finestra della cucina aperta sul resto del mondo entravano il canto delle allodole che incrociavano i loro voli sullo sfondo di un cielo perfetto e il profumo di un fieno appena tagliato
che al sole esalava le sue più intime essenze. Non solo. DALLA STUFA A LEGNA, dove rosolava con tranquillità il classico arrostino domenicale, saliva il fascinoso richiamo del rosmarino, a completare un deamicisiano quadro di pace e felicità cui partecipò anche lo stravagante televisore, bloccando la sua corsa verso il basso e dando così modo al Papa di benedire i fedeli, quelli che affollavano la piazza e quelli che, come me, come tanti, lo seguivano da casa. Ero un ragazzo delle elementari allora dove spesso si usava allenare i discenti all’uso della lingua italiana con l’esercizio dei pensierini. Quella domenica pensai che” Papa “, scritta naturalmente in bella grafia, era una parola che poteva valere da sola un pensierino. Non lo dissi a nessuno allora, un po’ perché mi parve un pensiero azzardato, un po’ perché non avrei saputo, se me l’avessero chiesto, spiegare meglio la mia intuizione. Nemmeno adesso sarei in grado di farlo ma so per certo che è così.
FLASH DALLA MEMORIA Al centro Giovanni XXIII passa in una selva di mani protese per salutarlo, in un impatto che allora era ancora più intenso. Sotto Paolo VI saluta la folla: non erano ancora i tempi della papamobile
SCENE DI UNA PRIMAVERA LONTANA IN CAMPAGNA Al mio paese
Il cielo sereno
La stufa a legna
Non ci verrà mai, è troppo piccolo, ma io resto attaccato a quell’immagine che veniva da lontano per recitare in diretta l’Angelus domenicale
Le allodole si incrociavano in volo con il loro canto, dalla finestra entrava in casa l’atmosfera tranquilla di un maggio luminoso e l’odore del fieno tagliato
Nella casa delle vecchie zie si sentiva il richiamo del rosmarino in cucina, un quadro che dava un senso di pace quasi deamicisiano. Il televisore riprese a funzionare
LE «TRUPPE» DEL PAPA DA SETTIMANE AL LAVORO 350 TRA SCOUT, GIOVANI, PENSIONATI: DALLE «HOSTESS» AI LAVORI DI FATICA
Jeans, camicia blu e scarpe comode: i volontari del 13 maggio QUALCUNO il Papa lo vedrà solo sui maxischermi. Eppure da settimane lavora pancia in terra perché tutto giri come un orologio. Ma si sa, il regno di Dio è grande e ognuno deve trovare il suo posto. I volontari di certo non ne hanno trovato uno facilissimo. Perché se la folla carica la sveglia all’alba di una domenica, loro le maniche se le sono tirate su da tempo. Saranno centinaia: anzxi, per l’esattezza 350. Parecchi neanche li noterete. Dai parcheggi, per indicare la direzione giusta, ai sei info-point dai quali i pellegrini dovranno passare (Porta
Buia, Stazione, Madonna del Prato, Porta Trento e Trieste, Piazza della Badia e Sant’Agostino), a meno che non arrivino in elicottero come il Papa. Dall’area del Prato, divisa in zone come gli stadi, ognuna con un responsabile e vari volontari di riferimento. E poi in tutti gli angoli strategici di questo micidiale «alveare» vaticano. Che è partito in anticipo. Prove, incontri, faccia a faccia. E poi l’allestimento della pavimentazione studiata al Prato per tutelare il verde di un parco fresco di restauro. E ancora la fase di sistemazione delle sedie. Fi-
no alla giornata decisiva, al Papa-day. Il responsabile del servizio ha consigliato perfino l’abbigliamento: jeans, scarpette, maglietta polo o t-shirt o camicia, meglio se blu e senza scritte, tanto per amalgamare i colori e rendersi visibili a colpo d’occhio. Unico modo di sentirsi il cellulare: e così batterie in carica dalla sera prima, vietato sbagliare quando il Papa passa una volta sola. Ma cellulari da silenziare e da usare con l’auricolare, per evitare di disturbare i fedeli. Abbassa il tuo telefonino per favore, voglio sentire il Papa: no, di proteste così non
se ne devono sentire. E occhio anche al tempo: nessuno se ne dimentica, è l’unico vero spauracchio di una giornata di festa. Ma nel caso l’indicazione è vestirsi a strati e armarsi di cappuccio o poncho. Nel caso contrario uno dei compiti principali sarà quello di distribuire bottigliette d’acqua alla folla, specie durante l’attesa. Poi parte il Papa e tutti a casa? Calma. Prima, bisogna rimettere a posto. Lunedì, martedì, mercoledì: ehi, ma possibile che esista anche un dopoPapa? Alpi
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IL GUARDIANO ALLA PORTA
RITORNO A LA VERNA
FRA’ MASSIMO DA SOLO APRIRA’ ALL’OSPITE IL «CANCELLO» CHE E’ A FIANCO DELLA BASILICA
In processione nella foresta della fede fino al Ratzinger sul tetto della spiritualità: incontro in Basilica, poi la secolare marcia di ALBERTO PIERINI
CONTROLUCE
NEL BOSCO DI FRA’ DAVID di ALBERTO PIERINI
O
MBRE e luci si rincorrono nel bosco di Fra’ David. E’ uno dei punti più impervi della foresta. Lo costeggi su una delle ultime curve della salita, quando già si intravede la zona della Melosa, quando l’asfalto sta per cedere il passo all’acciottolato finale. Piante secolari, rocce che non sposteresti neanche con un gruppo di cento amici, frasche che sembrano non nascondere alcun segreto. Vita, vita vera, dalle radici profonde, quasi quanto la montagna. Ma come la vita vera spesso imprevedibile e ricca di pericoli. Fra’ David era un ragazzo di vent’anni, innamorato di Francesco come della natura, girava solo in bici e a piedi. Quel bosco ha il suo nome perché in una serata di trent’anni fa uno di quei dirupi se lo è portato via. C’è il punto dove pregava, c’è il masso solido dove si rifugiava. Fra’ David, se la vita non avesse scelto altrimenti, domenica sarebbe lassù, tra le pieghe di quella stessa montagna che lo ha inghiottito ma che di certo, per chi crede, lui ama ancora. Lassù per aspettare il Papa. Perché un Papa torna a La Verna. E’ la seconda volta in meno di vent’anni, c’era stato un solo precedente in tutti i secoli prima. L’ordine che all’inizio aveva spaccato la chiesa, con il tempo si è trasformato in un esempio di radicalità cristiana: e ora è un faro, al quale risalire. Meglio se lungo i tornanti dei tre chilometri che separano la provinciale dalla porta del Santuario. Tre chilometri tra l’asfalto e la pietra. Tre chilometri tra la vita di tutti i giorni e la speranza (che per qualcuno è utopia) cristiana. Lì, ai margini del bosco di fra’ David. Dove ombre e luci si rincorrono.
FARANNO INSIEME una foto sul Quadrante. Lì, nel piazzale della Verna, sulla stessa terrazza dove milioni di pellegrini si fotografano: o forse provano a mettere a fuoco la loro fede. Si faranno una foto insieme: il Papa al centro e i frati minori intorno, alle 18.30, pochi minuti prima di risentire il fruscio dell’elicottero, giù, 60 metri sotto, alla Beccia. L’elicottero che alle 17.15 avrà adagiato dolcemente Benedetto XVI, a ridosso del paese di Chiusi. Il terzo Papa a salire alla Verna. Il primo era stato Leone X, nel 1515. Il secondo e ultimo Giovanni Paolo II, quel 17 settembre del 1993. Bucando con il pastorale la nebbia delle Stimmate, costretto ad atterrare a Chitignano, per la gioia di quel paese che apre la strada delle mille curve verso il monte santo. «San Francesco stigmatizzato della Verna, il mondo ha nostalgia di te». E la Verna ha nostalgia di lui, di quel Papa che già mostrava i primi segni della malattia: ma che alle Stimmate, in ginocchio, aveva composto l’ode più bella del suo pontificato. Da allora ogni giorno, in coda all’Ora Nona, i frati quella preghiera la recitano, la recitano davvero. Stavolta no, perché si affideranno alla preghiera del suo successore: e insieme dell’amico ritrovato. Non è un mistero che Ratzinger volesse con tutte le sue forze, per quanto poche, ritornare a La Verna. E ri-
tornare lì dove era stato studente, lì dove aveva raccontato San Bonaventura. «Frate tra i frati» diceva sempre padre Fiorenzo Locatelli, il guardiano scomparso da qualche anno. Torna davvero. Accolto alla Beccia dal sindaco di Chiusi Umberto Betti, nipote dell’unico Cardinale davanti al quale il Papa si sia alzato di scatto per sollevarlo. E da un parroco, padre Andrea Fabbrini, naturalmente frate minore. Poi il passaggio in papamobile, tra la gente assiepata per un saluto. E l’arrivo al Santuario.
ACCOLTO ALLA porta della Pie-
L’OMELIA LETTA E RILETTA E’ quella che Ratzinger aveva pronunciato nel 1988: passa da giorni di cella in cella tà dal Guardiano, come in certe litografie di una volta: sarà fra’ Massimo Grassi ad andargli incontro. Subito dietro di lui, davanti alla Basilica con il gonfalone, ci sarà Matteo Renzi, il leader dei rottamatori ma soprattutto il sindaco della città che da secoli protegge La Verna, Firenze. All’ingresso il Generale dei frati minori Josè Rodriguez Carballo e il provinciale Paolo Fantaccini. E in attesa i ministri generali Marco Tasca dei conventuali, Mauro Johri
dei Cappuccini e Michael Higgins del Terz’Ordine. Sarà Carballo a fare il discorso di saluto in Basilica, tra le robbiane della Natività e dell’Annunciazione. Sarà il Papa a rispondergli, prima di guidare la Processione, aiutato dalla pedana di legno realizzata da Giovanni Betti. La processione che da secoli si snoda nei 75 metri del corridoio delle Stimmate. Da secoli, ogni giorno, dopo l’ora nona. Con i passi accompagnati dal «Crucis Christi Mons Alvernae», il canto delle Stimmate, i chiodi che trafiggono la carne mentre la vetta del monte è divorata dal fuoco. Lentamente, mentre lungo le pareti scorre il film di Francesco: 21 quadri che ne illustrano la vita, interrotti solo dal varco che porta al letto di pietra, l’angolo più amato dai turisti. Un passo dietro l’altro, fino alla Cappella costruita sul punto in origine di sole frasche e fango, sull’orlo della rupe. Da lì Giovanni Paolo II si era affacciato, piegato dal vento
Betti: «Minuti fondamentali per il paese» «Per noi è comunque un momento importante, che sottolinea una volta per tutte il legame profondo tra il paese e il Santuario della Verna e valorizza tutto il territorio». Il sindaco di Chiusi Umberto Betti sarà all’arrivo dell’elicottero alla Beccia. Il dono al Papa sarà un quadro di Giusy Ridolfi. Lungo le strade, tutte chiuse dalle 15, è attesa tanta gente: ore per salutare pochi secondi il Pontefice
ma richiamato dalla folla che 60 metri più sotto aveva aspettato quel momento per vederlo da lontano. Lì Benedetto XVI, accompagnato anche in questo caso da Domenico Giani, aretino e terziario francescano, si inginocchierà. Seguendo la Reliquia del Sangue di San Francesco, in una teca di bronzo. Conservata in Basilica, a fianco del saio: lana grigia, filata a mano, un metro e 25 centimetri di altezza, senza maniche, con il cappuccio staccato dall’abito. Non si sa se Benedetto abbia composto anche lui una preghiera: di certo la sua omelia del 1988 in queste ore è passata di mano in mano, di cella in cella. In silenzio, con lo stesso fruscio che scandisce la processione dell’Ora Nona. O il fruscio di una foto, per un album e per la storia, scattata sul Quadrante, insieme all’amico ritrovato.
IL PERSONAGGIO IL SINDACO DI FIRENZE ACCOGLIERA’ IL PONTEFICE DAVANTI ALLA PORTA DELLA BASILICA
«Io, Matteo Renzi, scout sul monte santo: e a mio di SERGIO ROSSI
E’ IL SINDACO più gettonato, incarna il rinnovamento e guida la nuova leva degli amministratori. Sarà Matteo Renzi ad accogliere il Papa alla Verna. Quale sentimento prova, da cattolico e da amministratore?
«Incontrare il Papa è sempre un grande onore e una forte emozione per un cattolico. La Verna è storicamente protettorato di Firenze, e da tradizione il sindaco in occasione delle visite papali va ad accoglierlo insieme al collega di Chiusi. La speranza è che il Pontefice venga a Firenze, nel 2015, quando si svolgerà qui un evento eucaristico significativo, il quinto convegno ecclesiale nazionale organizzato dalla Cei su richiesta del cardinale Giuseppe Betori e della Curia fiorentina». EMOZIONATO Matteo Renzi, sindaco di Firenze Accoglierà il Papa davanti alla basilica della Verna
Quali precedenti esperienze ha avuto con Benedetto XVI? Come considera questo Papa, guida spirituale in un teribile momento economico e so-
ciale?
«Ricordo in particolare l’udienza che Benedetto concesse all’Anci, guidata allora da Sergio Chiamparino, nel marzo 2011, alla quale anch’io ho partecipato; e la creazione a cardinale di monsignor Giuseppe Betori, qualche mese fa, quando andai in Vaticano. Quanto al momento che viviamo, è davvero difficile: nella società si diffonde la preoccupazione per il futuro, in molti casi è vero e proprio sconforto, fino ai gesti estremi che le cronache ci riportano quasi ogni giorno. In questo quadro, anche le parole del Pontefice possono trasmettere più forza e fiducia. So bene che poi spetta agli amministratori mettere in atto sforzi concreti per migliorare la vita di tutti. Trovo bello e significativo che Benedetto XVI, in occasione di questa visita in Toscana, abbia chiesto come regalo una grande donazione a chi si trova in difficoltà economiche». Quali lezioni sarebbe necessario trarre da giornate come quella che
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IL GENERALE CON IL SAIO
PRECEDENTE NELLA NEBBIA
JOSE’ RODRIGUEZ CARBALLO E’ IL MINISTRO DEI FRATI MINORI SUO L’UNICO DISCORSO AL PAPA
GIOVANNI PAOLO II SBUCA NEL PIAZZALE DEL QUADRANTE: E’ IL 17 SETTEMBRE DEL 1993
Seguite la visita sul nostro sito internet: domenica con una serie di lanci a getto continuo sull’evento. Basta digitare www.lanazione.it/arezzo
luogo delle Stimmate preghiera verso la cappella del mistero
L’ALTRA PELLE Una raffigurazione antica del Sasso Spicco: la roccia che sovrasta la croce e insieme i frati, raccontando il rapporto viscerale che esiste tra la natura del monte di Francesco e la fede francescana
Nel santuario francescano dove la natura si fa pietra Uno spettacolo che ha affascinato scrittori ed artisti di ATTILIO BRILLI
L CON IL GONFALONE DELLA CITTA’. «UNA GRANDE EMOZIONE»
figlio ho dato nome Francesco» Arezzo, Sansepolcro e La Verna si apprestano a vivere?
«E’ una grande occasione per tutti, laici e cattolici. Troppo spesso nella vita quotidiana la frenesia prevale sulla riflessione; in queste giornate abbiamo la possibilità di fermarci ad ascoltare e a riflettere sulle ri-
LA LEZIONE «Da questa visita dobbiamo trarre un messaggio di speranza. Vorrei Benedetto nel 2015 a Firenze» sposte che siamo chiamati a dare sui temi dell’economia, della giustizia, dei rapporti sociali. Riscopriamo il senso di comunità, nel senso latino di communitas, un forte legame solidale tra esseri umani». Che tipo di rapporto ha con il monte di Francesco?
«Di San Francesco mi è sempre piaciuta la
capacità di rischiare, di abbandonare tutte le certezze per tentare nuove strade, predicando cose scomode per la Chiesa del tempo: un ideale di semplicità, di essenzialità che è poi molto vicino alla spiritualità scout che ha contraddistinto la mia formazione. Sulle strade della Verna ho camminato tante volte con lo zaino da scout e ho incontrato persone che hanno consacrato la loro vita e che sono entusiaste, appassionate, felici. Proprio su quei sentieri, io e mia moglie abbiamo deciso di chiamare nostro figlio con il nome di Francesco». Cosa rappresenta La Verna per Firenze e per la Toscana in genere?
«E’ un luogo di grande spiritualità, da sempre meta ricercata e apprezzata non solo da chi viene a pregare ma anche da chi cerca un angolo di pace e di armonia, indipendentemente dal credo religioso». Porterà un regalo di Firenze al Papa?
«Com’è tradizione, abbiamo preparato una medaglia in argento con il sigillo della pace».
A VERNA sembra un’immensa pietra caduta dal cielo. Si tratta in effetti di un masso erratico arenato su queste alture, come l’arca di Noè sul monte Ararat. Il blocco di basalto, tagliato a picco da tutti i lati, culmina in un pianoro ricco di pini e di faggi giganti a cui s’accede da un antico sentiero. Seduto sulle pietre del monte Penna, nello splendore dell’aurora e del tramonto, Francesco poteva scorgere la maggior parte delle contrade nelle quali aveva gettato il seme del Vangelo. Il fascino della Verna consiste tutt’oggi nel mantenere desto il senso sacrale del pellegrinaggio, anche se non così intenso come doveva apparire ai viaggiatori dell’Ottocento, alcuni dei quali ci hanno lasciato pagine indimenticabili su questo luogo. La Verna è il più impressionante dei vari romitori francescani nei quali si possono sperimentare i segni tangibili del culto arcaico della natura. E’ qui che uomini come Francesco fecero la profonda conoscenza dei misteri della natura, delle sue leggi eterne ed inflessibili, delle sue lusinghe e delle tenta-
zioni, una natura che investirono di un afflato religioso in quanto manifestazione del divino.
LA GROTTA votiva della grande madre, con tutta la sua carica simbolica e rituale, rivive nella topografia dei romitori medievali, negli scogli, nelle fessure, negli anfratti nei quali usavano «carcerarsi» (si pensi all’eremo delle Carceri) i seguaci di Francesco. E ALLA VERNA questa topografia sacrale include la
LA GRANDE PIITTURA Da Jacopo Ligozzi a Bartolomeo della Gatta: i pennelli mistici «grotta di San Francesco», il Sasso Spicco ed altri vertiginosi varchi per un mondo che non sembra appartenere al nostro mondo. Sono appunto questi i luoghi che grandi ammiratori di Francesco, come il calvinista Paul Sabatier e Johann Johergensen, sentirono come manifestazione di santità espressa nello scenario di una natura tellurica e primigenia. «Qui regna il volto terribile della natura», scriveva sulla soglia dell’Ottocento lo scozzese Forsyth, «precipizi coronati a sommo da boschi
annosi, neri d’incubo, fenditure nella roccia dove la curiosità rabbrividisce alla sola idea di sporgersi, caverne spiritate cui le croci conferiscono rinnovata santità», finché «lunghe scale scolpite nel vivo sasso riportano alla luce del giorno». Quanto è rimasto oggi di questo straordinario spettacolo naturale che incantò Bartolomeo della Gatta (Museo di Castiglion Fiorentino), Jacopo Ligozzi e Raffaello Schiaminossi che gli dedicarono una guida con una serie di incisioni, Jacob Philip Hackert (Museo di Essen)? L’istituzione conventuale ha trasformato queste grotte, queste soglie e questi varchi in altrettante stazioni di un pellegrinaggio che si snoda oggi attraverso un percorso interno. Esso consente di «carcerarsi» nel ventre della grande madre soltanto nella finzione rituale, né potrebbe essere diversamente.
MA RESTA PUR sempre il Sasso Spicco con il suo incombente macigno, metafora del mondo sconvolto al momento della morte di Cristo. E’ qui, in questa luce perennemente verde, nello stillicidio di questa clessidra naturale, in questa vibrante solitudine che credenti e non credenti avvertono il fascino stupefacente di un luogo vissuto fino allo spasimo dall’uomo che seppe elevarsi alla dimensione di «alter Christus».
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I MONTI DELLA FEDE
L’ULTIMA VISITA DI UN PAPA ALL’EREMO E’ STATA IL 17 SETTEMBRE DEL 1993: ALLORA ERA STATO IL PRIORE GENERALE EMANUELE BARGELLINI AD ACCOGLIERLO DOPO LA PARTENZA DALLA VERNA
PRIMA DELLA VISITA L’INCONTRO TRA I MONACI E IL PONTEFICE. «FONDAMENTALE IL VOSTRO RUOLO NELLA STORIA DELLA CHIESA»
Camaldoli rinnova l’invito al Pontefice per la fine del millenario «PROSEGUITE con slancio rinnovato nel vostro cammino». Giovanni Paolo II aveva concluso così l’abbraccio con Camaldoli, quel 17 settembre del 1993. Un invito nella fede ma con il sapore asciutto della pacca sulle spalle, particolarmente efficace nel mondo dei boschi. Il priore generale che gli aveva aperto il cancello dell’eremo, don Emanuele Bargellini, il suo cammino da allora lo ha proseguito in Brasile, sull’altra sponda dell’ordine camaldolese. E ora a guidare la comunità è don Alessandro Bar-
ban (nella foto), un fine biblista e insieme un uomo concreto. Il Papa arriva ad Arezzo spinto dal millenario di Camaldoli ma a Camaldoli non riuscirà a salire. Però Camaldoli non si arrende e intanto, in punta di piedi, ha fatto ripartire l’invito. Il millenario si chiude nel 2013 e quale occasione migliore per riaprire quel portone nel bosco? Nessuna. Un invito finora espresso in modo informale, più o meno nel tono con il quale Giovanni Paolo li aveva salutati nel crepuscolo di quel 17 settembre. E nel tono dello straordinario incontro dell’11
marzo: allora era stato il Papa a salire non al cancello nel bosco ma a San Gregorio al Celio, la basilica camaldolese di Roma. A salire gli scalini ripidi di quella chiesa, fianco a fianco con padre Barban e con Rowan Williams, il primate della chiesa anglicana. Ben sapendo il Papa che il carisma di Camaldoli affonda le sue radici nell’ecumenismo e che un incontro come quello poteva valere mille portoni. Specie se unito al messaggio che gli aveva mandato. «Ogni fase della vostra lunga storia ha conosciuto testimoni fedeli del Vange-
lo, non solo nel silenzio o nella vita comune condivisa ma anche nel servizio umile e generoso». E poi il ricordo del dibattito che si scatenava nelle foresterie al’epoca dell’umanesimo fiorentino, giù giù fino al Codice di Camaldoli. Con i laici convocati da un futuro Papa, il cardinal Montini, a ricostruire le ragioni e la cultura del dialogo. Un filone che Camaldoli, con le altre religioni o con la cultura contemporanea, non ha mai perso. E che da quel portone nella foresta si dirama. Con slancio naturalmente. Alberto Pierini
IL GRANDE GIORNALISTA AL SANTUARIO CON UN AMICO DOPO UN LUTTO FAMILIARE: CREDEVO FOSSE QUELLO DELL’AMARO AVERNA
«Alla Verna fra attrazione e voglia di fuga» Il caffelatte «Alle 7 ci ritroviamo in refettorio con quel sapore tipico che è di questi luoghi. Alle 5 e mezzo mi aveva svegliato Padre Alfonso. Al freddo e al buio attraverso interminabili e lugubri corridoi divisi da centinaia di porte»
IL SANTUARIO Un’immagine in bianco e nero della Verna: ricorda quella scoperta da Luca Goldoni in questa sua esperienza in uno dei luoghi sacri del francescanesimo
Luca Goldoni è un grande giornalista, inviato anche del nostro giornale. Capitò alla Verna in un momento particolare. Ecco il suo racconto per i lettori
di LUCA GOLDONI
L
A MIA IGNORANZA in luoghi e pratiche del culto è sempre stata abissale. Credevo che La Verna avesse l’apostrofo e che l’amaro Averna lo distillassero proprio quei frati lì: lo confessai all’amico con cui stavo viaggiando verso l’eremo. L’idea di questa breve avventura lontana dal mondo era stata sua. Aveva indovinato il mio stato d’animo ancora stordito dalla morte di mia madre. Ecco alcuni momenti dal mio diario. (…) Mi chiedevo se avrei provato l’emozione di un pianeta diverso o la delusione di quando, ragazzo, andai in un santuario per sciogliere un vo-
La Grotta
to e trovai preti scatenati nel traffico di bigiotteria sacra e la meccanicità delle loro preghiere in coro mi sembrava il motore di un camion che saliva cambiando le marce. (…) LA VERNA È UNA sterminata corte medioevale, portoni, cortili, portici, cascate di tegole. Non c’è anima viva (solo dopo avremmo saputo che questo convento con oltre duecento celle era abitato da diciannove francescani superstiti). Il primo che conosco è Alfonso, frate portinaio, anziano, rotondo, col basco, le bretelle e un grappolo di grosse chiavi alla cintola. Dice messa alle 6, da solo, da quarant’anni. Nel 1943 cuoceva il pane nel forno quattro volte al giorno perché in convento si erano rifugiati 3000 civili. Un giorno un colonnello della Wehrmacht era entrato mentre un frate stava ripassando Haendel all’organo. Si avvicinò e gli disse in un latino di sopravvivenza: “Si sonare quoque pro me, ego tibi dabo quod vis”. L’organista sapeva che c’erano due ostaggi destinati ai lager e barattò la loro liberazione con un adagio di Vivaldi (…). Alle 5,30 frate Alfonso bussa, fa freddo, mi vesto con
sotto il pigiama, attraverso interminabili e lugubri corridoi, centinaia di piccole porte di rovere con dietro nessuno. Scendo in una cripta, il francescano indossa i paramenti sulle bretelle. Fa tutto lui, io non so rispondere: quando avevo dieci anni e servivo messa rispondevo in latino, e sceglievo sempre il lato del messale, perché ero atterrito dall’idea di inciampare e rompere tutto se mi fosse toccato il lato delle ampolle (…)
IL FRATE PORTINAIO Durante la guerra scambiò la vita di due ostaggi con un adagio di Vivaldi Alle 7 caffellatte in refettorio (perché è così inconfondibile quello dei refettori?) Visito la grotta di San Francesco, il precipizio in cui fu spinto dal diavolo, la roccia delle stigmate. Ma sono ancora psicologicamente lontano da questi prodigi di fede. Mi emoziona di più questa fiaba di bosco che pare disegnata da Dorè, questa nebbia appesa agli abeti, questi dirupi da primo giorno
del mondo. (…) Ho in mente un pensiero appena letto: Dio è nascosto, sconosciuto come la persona che incontriamo: cerchiamo di scoprirla ma spesso non ci riusciamo. Vorrei parlarne con frate Alfonso : forse la fede è un sottile spiraglio che un’anima semplice ti schiude. E invece è già mezzogiorno e i frati vogliono che desiniamo assieme, sperduti nello sterminato refettorio con seggiole e fratine per duecento. Credevo fosse d’obbligo il silenzio e invece i frati tifano e si sfottono per le squadre del cuore. Commettiamo in allegria tanti peccati di gola. (…) LA TERZA SERA provo una sensazione forte e improvvisa: la voglia di andar via, lontano da questi antichi silenzi, da questi pensieri. Ho voglia di vedere un film qualsiasi, di sentire il chiasso di un dancing, di veder ragazze su una spiaggia. E lo confesso al mio amico portinaio. Forse, mi dice quietamente, lei ha fatto un tuffo troppo profondo, troppe emozioni sconosciute, forse deve smaltirle. Non è strano che se ne voglia andare. Forse non sarà neppure strano se, tra un mese o fra un anno, una sera si ritroverà qui.
«Visito la Grotta di San Francesco, il precipizio in cui fu spinto dal diavolo, la roccia delle stigmate. Ma sono ancora lontano psicologicamente da questi prodigi di fede»
Il Bosco di Dorè Un’altra pagina del diario dello scrittore: «Mi emoziona di più questa fiaba di bosco, che pare disegnata da Dorè, questa nebbia appesa agli abeti, questi dirupi da primo giorno del mondo»
Il desiderio «La terza sera provo una sensazione forte e improvvisa: la voglia di andar via, lontano da questi antichi silenzi, da questi pensieri. Ho voglia di vedere un film qualsiasi, di sentire il chiasso di un dancing, di veder ragazze su una spiaggia. E lo confesso al mio amico portinaio...»
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LA SERATA DI SANSEPOLCRO
NELLA PIAZZA DEL PALIO CI SARA’ IL MOMENTO PIU’ ATTESO: IL DISCORSO PRONUNCIATO DA BENEDETTO XVI
L’abbraccio dei 10 mila in Nel Rinascimento l’ultimo Pontefice in visita: si di FEDERICO D’ASCOLI
IL PERSONAGGIO L’ATTRICE
Valentina Lodovini: felice per la mia città che ritrova un Papa di FABIO PATTI
VALENTINA Lodovini, attrice del momento, la ragazza della porta accanto che da Sansepolcro si afferma nel cinema, a teatro e in Tv. Da diversi anni vive fuori da questa città dove non è nata ma quasi. «Al tempo, ci dice, io sono di Sansepolcro, è la mia città, mi sento biturgense al 101 per cento, questi luoghi sono stati e saranno per sempre la mia vita ». Arriva Papa Benedetto XVI, un evento atteso 500 anni da questa terra..
«Amo alla follia Sansepolcro e sono felice per quanto sta accadendo: è
pareresti o consiglieresti per l’arrivo del Papa?
«Che qui si mangi bene è fuor di dubbio. Un piatto per il Papa? Presto detto, la panzanella, quella fatta nella mia città è quella vera. Inutile che da altre parti ce la vogliano copiare». Teatro, cinema, un David di Donatello: qual è il tuo sogno sul lavoro?
«I sogni sono tanti, non bisogna mai smettere di sognare, anche se i momenti sono difficili anche per il cinema. Stanno provando ad ucciderlo, spero riprenda il suo ruolo e continui ad essere un’arte». Cinema, teatro o televisione? Hai preferenze?
IL LUOGO «Splendido centro d’arte che ci porta più vicini a Dio»
«No, amo questo genere di arte che è la mia vita».
una splendida città d’arte e l’arte ci ricongiunge a Dio, per cui è un momento entusiasmante».
« Sì, mi piace e sono contenta che il Sansepolcro si sia salvato».
La città festeggia i suoi mille anni, che immagine hai di questa terra bagnata dal Tevere?
«La Juve e il Sansepolcro».
«E’ accogliente e gentile, un luogo dove vorresti vivere; qui sono le mie radici e senza Sansepolcro, senza tornare quando il lavoro me lo permette, non sarei più io. Qui c’è tutto quello che cerco e che riesco a trovare nella tranquillità di una terra fantastica». C’è un piatto che pre-
Ma anche il calcio ti appassiona, ogni tanto vieni al Buitoni...
E la tua squadra del cuore?
Il giorno dopo il Papa sarà il tuo compleanno, come di tanti personaggi: quale preferisci?
«Ho una grande ammirazione per Cate Blanchet, un’attrice fantastica ». Un augurio per la tua città?
«Che continui ad essere bella, elegante, generosa, viva e ricca di cultura, come lo è sempre stata».
IL PERCORSO
— SANSEPOLCRO —
GRANDE SCHERMO Valentina Lodovini, biturgense d’adozione parla del suo rapporto con Sansepolcro
IL FASCINO DEI VICOLI Uno degli inimitabili scorci del Borgo: anche in alcune vie strette passerà la papamobile
L’ULTIMA volta di un pontefice fu quasi 500 anni fa. Ma di sicuro ad attenderlo non c’erano le 10 mila persone previste per la visita di Papa Benedetto XVI. Tanto che in giro per il centro ci saranno ben quattro maxischermi per consentire a tutti, o quasi, di vedere i movimenti di Sua Santità tra le strade del Borgo. Cinque secoli fa ad attraversare le antiche strade di Sansepolcro con la mitra papale fu Clemente VII de’ Medici. Figlio illegittimo di Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico, assassinato in Duomo nel corso della celeberrima congiura dei Pazzi. Clemente VII non mancò di essere mecenate d’artisti e scienziati, fra cui anche Michelangelo Buonarroti e Pietro Aretino, continuando ad abbellire il Vaticano. Fu proprio Clemente, infatti, che commissionò al tiberino Michelangelo, l’enorme affresco del Giudizio Universale. Ora è la volta di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI. «Un umile lavoratore nella vigna di Dio», così, con la forza della semplicità, si presentò al mondo sette anni fa quando fu eletto in conclave. Il programma della serata del pontefice tedesco è intenso: alle 19 l’arrivo all’aviosuperficie Palazzolo, il percorso del Santo Padre verso il centro toccherà via Tiberina Sud, via Anconetana, piazza Gramsci, via XX Settembre, via Piero della Francesca, via della Fonte, piazza Garibaldi e via Matteotti. Alle 19.15 l’ingresso del Papa in Duomo, in quella che sarà una visita privata, e alle 19.30 il saluto in piazza Torre di Berta. Ratzinger sarà sul palco posto dove di solito viene posizionato il corniolo del Palio della Balestra, al suo fianco solo il sindaco Daniela Frullani, mentre gli altri resteranno tutti in piedi. Alle 20 l’uscita di Ratzinger da via Matteotti, via Beato Ranieri, via Montefeltro, via Tiberina Sud e ritorno a Palazzolo.
Atterraggio L’arrivo dell’elicottero è previsto per le 19 nell’aviosuperficie di Palazzolo: sarà accolto dal sindaco Daniela Frullani
L’ingresso La papamobile entrerà da Porta Romana, per poi immergersi nei vicoli e nelle strade interne del centro storico
In Cattedrale Papa accolto dal parroco don Alberto Gallorini e dai sei canonici. Poi all’interno la preghiera davanti al Volto Santo
L’incontro Il Papa raggiungerà a piedi piazza Torre di Berta: parlerà dal palco subito dopo il saluto del sindaco. Poi il ritorno a Palazzolo
LA CITTA’ TRASFORMATA La regina del Rinascimento addobbata con bandiere e vessilli nelle vie principali La città biturgense si è fatta bella per la visita del Papa: trecento stendardi per un centro storico in festa in occasione del Millenario della Città e del suo Duomo. Le bandiere e i gonfaloni saranno esposti dalle finestre dei palazzi della città e rimarranno per tutto il periodo dei festeggiamenti dedicati al Millenario della città.
TRA LE PIEGHE DELLA VISITA APOSTOLICA Il precedente Clemente VII
I maxischermi Quattro in campo
È stato l’ultimo Papa che ha visitato il centro biturgense all’inizio del sedicesimo secolo. È stato lui a commissionare il Giudizio Universale della Cappella Sistina a Michelangelo Buonarroti
L’afflusso previsto è straordinario. E per questo i maxischermi saranno addirittura quattro: uno a Porta Fiorentina, uno in piazza San Francesco, uno ai Giardini di Piero e l’ultima in piazza Torre di Berta
SPECIALE PAPA 29
MAGGIO 2012
IL BRIVIDO DEL VOLTO SANTO
DUEMILA POSTI SOTTO IL PALCO
I REGALI PER L’ATTESO OSPITE
IL GIGANTESCO CROCIFISSO LIGNEO DOMINA LA CONCATTEDRALE: LI’ IL PAPA RESTERA’ IN PREGHIERA PER QUALCHE MINUTO
E’ LA CAPIENZA STIMATA PER QUELLO CHE E’ IL CLOU DELL’INCONTRO: TUTTI GLI ALTRI SARANNO COSTRETTI A RIMANERE A DISTANZA
LO STEMMA IN ARGENTO SBALZATO A FUOCO E UNA RIPRODUZIONE DEL MANOSCRITTO DI LUCA PACIOLI IN DUE COPIE AL MONDO
piazza Berta: cinque secoli di attesa prevede un’affluenza record con ore di anticipo. Il programma
L’INTERVENTO
IL MONDO CI GUARDA di DANIELA FRULLANI *
M
Una città che sarà così abbellita per celebrare l’anniversario e accogliere vestita a festa la visita di Sua Santità. A realizzare i vessilli e le bandiere sarà, in collaborazione con l’amministrazione comunale, l’Associazione Rinascimento nel Borgo che da tempo provvede ai costumi per centinaia di figuranti e personaggi per l’appuntamento dell’ormai tradizionale mercato di Sant’Egidio. Le stoffe occorrenti all’impresa ci sono. Si tratta di quasi 700 metri quadrati di tele con i colori bianco
e nero del comune di Sansepolcro e di quelli dei rioni biturgensi. Oltre a queste verranno realizzate anche bandiere gialle e bianche in omaggio ai colori del Vaticano. Centinaia di metri di nastri serviranno poi per il sostegno dei vessilli e quasi un chilometro di filo per le cuciture. Un grande progetto di addobbo della città che si estenderà per tutte le vie principali, da tempo sperato, e che sta mettendo al lavoro tanti volontari, soprattutto donne, che dovranno materialmente rea-
lizzare le decorazioni, alcune delle quali saranno veri e propri stendardi con il taglio a punta fissati ai davanzali mentre altri saranno rettangolari a forma di bandiera fissati ai supporti che si trovano nelle facciate dei palazzi. Quale contributo alle spese di realizzazione sono stati concessi dal comune di Sansepolcro all’associazione Rinascimento nel Borgo 2500 euro. Gli addobbi resteranno di proprietà comunale e saranno custoditi nei locali dell’associazione.
LA MAPPA DELLE CHIUSURE STRADA PER STRADA, ECCO COME MUOVERSI DURANTE LA VISITA
Traffico e parcheggi: guida al centro proibito FORSE AI TEMPI di Clemente VII Medici, ultimo pontefice, 500 anni fa a far visita alla città di Sansepolcro, non ci sarebbero stati problemi per il traffico, ma l’arrivo di Papa Benedetto XVI, domenica 13 maggio, cambierà, sotto questo aspetto, la giornata dei concittadini di Piero della Francesca. Vediamo quindi cosa accadrà a Sansepolcro. Divieto assoluto di transito e sosta in tutte le strade del centro storico, entro le mura cittadine e lungo l’intero percorso del Santo Padre, da Via Tiberina Sud, Via Anconetana, Porta Romana, Via XX Settembre, via Piero della Francesca, Via della Fonte, Piazza Garibaldi
e Via Matteotti e ritorno verso via Beato Ranieri, via Montefeltro e Via Tiberina Sud, dalle 14 alle 20. I DIVIETI DI SOSTA inizieranno dalle 8 del mattino, mentre saranno, dalla stessa ora, chiuse tutte le strade e gli accessi al centro storico. E’ vietata la sosta in Piazza della Repubblica che sarà il punto di arrivo dei bus navetta, dalle 9 sino al termine della visita del Pontefice. Sarà vietato parcheggiare lungo via Senese aretina e in Via dei Lorena, mentre sarà proibito l’accesso in Via Scarpetti, da Via Bartolomeo della Gat-
ta, per intenderci per chi arriverà da Arezzo o Anghiari, a partire dalle 14. I residenti nel centro storico, privi di garage, dovranno parcheggiare le auto lungo le mura a partire dal pomeriggio di sabato 12 maggio e non oltre le ore 12 di domenica. Chi risiede entro le mura urbane non potrà uscire o rientrare nei propri garage dalle 14,00 alle 20,30 di domenica 13 Maggio. I bus turistici potranno sostare nei parcheggi di Via Saragat, nei pressi del Palazzetto dello Sport e degli altri impianti sportivi. Fabio Patti
ILLE ANNI della nostra storia vivranno con la visita del Santo Padre uno dei momenti più intensi e coinvolgenti. Migliaia di persone avranno gli occhi puntati su Sansepolcro, sui suoi tesori, sulla sua gente e straordinarie bellezze. Mille voci racconteranno della città nata grazie al sogno di due pellegrini di ritorno dalla Terra Santa, parleranno di Piero della Francesca, il maestro della luce del Rinascimento che qui è nato e ha compiuto una delle più grandi opere della storia dell’arte di tutti i tempi, la «Resurrezione» celebrata in tutto il mondo. Parleranno di Luca Pacioli e del suo straordinario compendio di matematica, architettura, teologia e filosofia del Rinascimento «De divina proporzione» che doneremo al Santo Padre, insieme allo stemma della Città riprodotto in argento, in una preziosa riproduzione. Vorrei però che questo momento così importante per Sansepolcro fosse anche l’occasione per presentare al grande pubblico il presente di questo territorio. La Valtiberina è infatti una terra tra le più incontaminate della Toscana, ed è ancora oggi fuori dagli itinerari turistici di massa, scontando uno storico isolamento infrastrutturale. Forse grazie a questo, seppur penalizzando le imprese e chi vi abita, conserva alcuni degli sfondi naturalistici più suggestivi e un centro storico con caratteristiche uniche che si aggiungono agli straordinari tesori artistici. Ma Sansepolcro è anche la terra degli artigiani che portano avanti i settori tradizionali del territorio ed insieme a loro molte vivaci attività commerciali. Qui inoltre sono nate e si sono sviluppate prestigiose aziende, che diffondono in tutto mondo il marchio del Made in Italy ma anche del Made in Sansepolcro. Infine le eccellenze gastronomiche frutto dell’acqua e della terra del Tevere che nasce a pochi chilometri da qui. Una meritata ribalta internazionale per il millesimo compleanno del Borgo e per tutta la Valtiberina. * sindaco di Sansepolcro
30 SPECIALE PAPA
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SPECIALE PAPA 31
MAGGIO 2012
PROTAGONISTA SEGRETO
«IL MIO NON E’ UN LAVORO MA UNA DONAZIONE TOTALE: NON ESISTONO PIU’ IL GIORNO E LA NOTTE MA SOLO LA PRIORITA’ DI GARANTIRE UN SERVIZIO»
L’ARETINO CHE CONTA IN VATICANO DOMENICO GIANI COMANDANTE DELLA SICUREZZA SI RACCONTA, «COMINCIO’ TUTTO ALLA VERNA...»
Mission possible: così guardo le spalle al Papa
CINQUANT’ANNI, da tredici a Roma, da sette direttore dei servizi di sicurezza e protezione civile del Vaticano, comandante del Corpo della Gendarmeria Pontificia, due secoli di storia. Questo è Domenico Giani, aretino doc. di SERGIO ROSSI
QUANTE DIVISIONI HA BENEDETTO XVI? ECCO IL QUADRO
Lei è sposato?
LE FORZE Duecento uomini Domenico Giani è a capo di circa duecento uomini fra vigili del fuoco, gendarmi e personale di altri servizi. Passa da lui tutto il sistema di sicurezza in Vaticano
LA STORIA dell’angelo custode del Papa nasce nella Guardia di Finanza, si sviluppa nella comunità del Sacro Cuore, prende forma diciannove anni fa quando Giovanni Paolo II sale sul monte di Francesco.
quell’occasione conobbi quello che più tardi sarebbe stato il mio capo, il commendator Cibin».
Domenico Giani, la Verna è stato il suo trampolino?
Lei lavorò talmente bene che Cibin lo chiamò subito...
«Come diceva Giorgio La Pira. Lo fu per lui, lo è stata per il mio servizio in Vaticano». Come andarono le cose?
«Lavoravo in Guardia di Finanza ma ero legato, anche attraverso la comunità del Sacro Cuore, alla spiritualità francescana. Conoscevo i frati, loro conoscevano me». E uno più uno fa due...
«Mi chiesero di curare l’organizzazione logistica della visita e in
piccolo ma che ha due miliardi di cristiani».
«Non proprio subito, e al di là di come svolsi il lavoro, lui fu colpito dalla persona, dalla mia appartenenza alla chiesa, dalla disponibilità, dal mio impegno nel volontariato visto che collaboravo anche con la Misericordia». Ed eccoci a Roma...
«Un caso quasi unico; servire il Vaticano già da vicecomandante, non dopo una carriera interna». C’è il suo zampino nella visita di Benedetto XVI?
POLIZIA
«Con due figli, Luca di 22 anni e Laura di 16».
I GRANDI
Com’è possibile conciliare la famiglia con l’impegno estremo?
L’Interpol
Mister Obama
Sotto la guida di Giani, il Vaticano ha aderito all’Interpol, comunità di Polizia all’interno della quale avvengono continui scambi di informazioni
A contatto con tutti i grandi della terra, da Obama in giù: il book di Domenico Giani è pieno di prestigiose fotografie scattate durante i viaggi del Papa
«La firma è tutta dell’arcivescovo Fontana, persona di grande prestigio, stimatissima in Vaticano. Il Santo Padre sa naturalmente che io vengo da Arezzo e cerco di seguire la spiritualità francescana». Il suo è un lavoro difficile?
«Non è un lavoro». Cos’altro?
«E’ un servizio alla chiesa, al Papa, è una donazione totale. Qui non c’è notte e non c’è giorno, non c’è festa che tenga, è una responsabilità diretta con il Papa». Cosa implica questo?
«Significa rapportarsi con il mondo intero. Non soltanto sicurezza
del Papa e del Vaticano, ma anche contatti a livello internazionale». In tanti se lo sognerebbero...
«Immagino, è una missione di eccezionale prestigio in cui soprattutto ho apprezzato l’umiltà del Papa, la sua vicinanza agli ultimi, ai poveri, ai sofferenti, alle donne e ai bambini. Un’esperienza toccante sotto il profilo personale, io piccolo cireneo che aiuta il grande cireneo che porta la croce dell’umanità». Chi è per lei il Papa?
«E’ la più alta guida spirituale nel mondo, rappresenta lo Stato più
«Mia moglie condivide gli stessi valori e ideali, è docente della Pontificia Università Lateranense. I ragazzi mi vedono poco ma comprendono la missione, sanno che è una testimonianza svolta come servizio e non come potere». Torna mai ad Arezzo?
«Purtroppo ci riesco poco, qualche ora ogni tanto. Ma Arezzo è la mia città ed è la città dei miei figli che si sentono aretini a tutti gli effetti pur vivendo a Roma». Come prepara i viaggi del Papa?
«Non mi limito ad accompagnarlo. Ogni volta la visita va preparata, prima in ufficio, poi con i viaggi per incontrare i capi della Polizia e dei servizi segreti, tutto viene visto nei minimi particolari».
Grazie per l’intervista a un personaggio così importante...
«Guardi che io sono e rimarrò sempre Domenico. E quanto all’importanza del ruolo, è la Provvidenza che mi ci ha portato».
LA REDAZIONE
SICUREZZA UNA MACCHINA METICOLOSA DIETRO LA VISITA. E L’EMERGENZA SANITARIA NON E’ DA MENO
LA NAZIONE Direttore responsabile: Gabriele Canè Vicedirettori: Mauro Avellini Marcello Mancini REDAZIONE AREZZO Responsabile: Sergio Rossi via Petrarca, 15 - Tel. 0575 292.311 fax. 0575 292.317 cronaca.arezzo@lanazione.net Pubblicità: Società Pubblicità Editoriale Spa via Fonte Veneziana, 6 - Tel. 0575 299.629 Editore: Poligrafici Editoriale Spa
Uno «scudo» garantito da oltre 350 uomini Lanciano una coperta sui significati spirituali di questa visita: la macchina della sicurezza e dell’emergenza impegnata ai massimi livelli davanti alla sua vera «prova del fuoco» UNO SCUDO sulla visita del Papa. E’ quello organizzato meticolosamente da una macchina della sicurezza che mai come stavolta sfoggia anche guizzi tecnologici. Un esempio? I vigili del fuoco, che dalla sala operativa avranno
in tgempo reale la posizione di tutti i loro uomini, in modo da guidarli come con un radar da chi è in difficoltà. 350 uomini di servizio: è l’esercito messo in campo dal questore Felice Addonizio. Poliziotti, carabinieri, guardia di finanza, forestali e vigili del fuoco. GRAN PARTE degli organici locali delle forze dell’ordine, ma con rinforzi che arrivano da Firenze, da Roma e dalla scuola di polizia di Senigallia. Cui va aggiunta naturalmente la sicurezza vaticana, comandata dall’aretino Domenico Giani. Chuso tutto lo spazio aereo dal-
le 8 alle 10 della domenica, su Arezzo, Sansepolcro e La Verna. Forze dell’ordine schierate lungo tutto il percorso ma con il grosso degli uomini (150) concentrato al Prato per la Messa. Ci saranno anche sei tiratori scelti appostati sui tetti, a terra gli artificieri con dispositivi anti-esplosivo. E non è da meno la macchina dell’emergenza sanitaria: duecento operatori, mezzi e volontari dappertutto, pattuglie a piedi dotate di defibrillatore nello zainetto, punti medici di emergenza sia al Prato che a Sansepolcro. Per dormire sonni tranquilli. Soprattutto la notte dopo.
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