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12 CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2011
Scuola
Convenevole Prato
A casa di Nonno Giorgio La visita al Quirinale, una giornata meravigliosa RIFLESSIONI
Le lettere al presidente Napolitano LE LETTERE inviate al Presidente della Repubblica dagli alunni della 3F. Javed A. , Martini F. , Chiti C. , Mocarini V. e Di Santo S. desiderano chiedere al Presidente della Repubblica: - una maggior sicurezza nelle nostre città; - una migliore sicurezza del patrimonio; - un impiego per tutti i giovani che cercano un futuro sereno. Vorrebbero, inoltre fare i complimenti al Presidente per tutto ciò che ha fatto e che farà per la nostra Italia. Claps L. ,Cartei N. e Carli S. hanno chiesto al Presidente della Repubblica di realizzare alcuni loro desideri : - sconfiggere la crisi con vari progetti; - diminuire il numero dei parlamentari; diminuire i costi superflui da parte dei cittadini convogliando la spesa su altri fronti. Sara, Emma, Tommaso, Erika, Bernardo e Mattia hanno chiesto al Presidente della Repubblica di: - indirizzare la maggior parte del patrimonio statale alla scuola per migliorare alcune cose come la mancanza di sussidi didattici; - la mancanza di personale addetto all’igiene e alla pulizia dell’edificio. Ciuffatelli L., Amoroso G.,Luccarelli A., Tosa S., hanno chiesto al Presidente della Repubblica, nella sua autorevolezza d’intercedere per indirizzare i giovani d’oggi verso una passione che li accomuna: la musica passata. Potrebbe essere un progetto interessante, attraverso anche oggetti pratici ( libri, portaoggetti...). Ciò avvicinerebbe i giovani d’oggi a entrare nei panni di coloro che hanno vissuto in quest’epoca straordinaria.
IL 6 DICEMBRE la 3ª F è stata a visitare la nostra Capitale. Alle 4:45 era prevista la partenza per la Città; vista l’ora molti di noi sono stati vinti dal sonno. Circa alle 9:00 siamo arrivati a destinazione. Lì abbiamo incontrato il Preside, e ci siamo ritrovati circondati da un rettangolo di importanza storica: le mura del Quirinale. La guida, molto cortese, ci ha condotti all’ interno dell’edificio. Il Palazzo del Quirinale sorge sull’omonimo colle, il più alto. E’ la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica italiana ed uno dei simboli dello Stato. Costruito a partire dal 1583, è uno dei più imponenti palazzi della capitale, sia dal punto di vista artistico che da quello turistico. L’attuale inquilino del Quirinale è Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica dal 15 Maggio 2006. Il palazzo è composto dal corpo centrale, e si sviluppa attorno al masteoso cortile d’Onore. Abbiamo visitato le varie sale del Palazzo. Decorate da lampadari di cri-
GRUPPO I ragazzi della III F durante la visita a Roma
stallo (Boemia) e specchi antichi, le sale mostravano “orgogliose” l’incontro di due stili: il barocco e il rococò. Poi, con gli occhi che ancora non credevano alle mille bellezze dinnanzi a loro, abbiamo visitato il museo interno, allestito in onore dei 150 anni d’italia. Qui vi erano i ricordi dei personaggi
che hanno fatto la nostra storia: dai testamenti ai ritratti, dalle gesta ai gioielli, dalle curiosità ai busti... insomma, un posto magico. Dopo la visita al Palazzo del Quirinale abbiamo continuato la gita per le strade di Roma. Siamo andati a Piazza Trevi, dove abbiamo visto la famosissima fontana. Do-
podichè ci siamo incamminati verso il Pantheon dove ci siamo fermati per una pausa. Già pronti per ripartire, siamo andati verso gli altri palazzi dell’Istituzione. Dopo la visita al tempio ed il pranzo a base di pizza e patatine,ci siamo recati in un altro luogo di grande importanza, ossia Piazza Navona. Qui abbiamo trovato decine di bancarelle e venditori ambulanti; alcuni vendevano oggetti natalizi o comunque delle festività, altri invece mostravano giocattoli, fischietti o modellini e altri ancora le classiche calamite con la Fontana di Trevi. Come ultima tappa, stremati dalla fatica e con i piedi dolenti, abbiamo ammirato, qualcuno per la prima volta, il segno della grandezza di Roma: il Colosseo. Nel percorso fatto per raggiungere tale monumento, siamo passati proprio accanto all’ Altare della Patria, il quale custodisce il Milite Ignoto, simbolo di tutti i soldati morti nella Prima Guerra Mondiale.
L’INIZIATIVA TANTA FATICA MA BUONI RISULTATI ALLA CORSA CAMPESTRE PER LE SCUOLE
La «Convenevole» si mette in gioco
RAGAZZI Un gruppo di ragazzini alla corsa campestre
NONOSTANTE la gita a Roma, un gruppo di ragazzi della classe 3 F il giorno seguente si è recato ad una corsa campestre, organizzata dal Comune. I ragazzi partecipano ogni anno alle gare che vengono proposte dai professori perchè ritengono che sia un ottimo modo per avvicinarsi al mondo dello sport, il quale ripaga a piene mani. La gara si è svolta dietro il campo da calcio della Zenith; essa si organizzava in più mandate. Prima correvano le classi superiori alternandosi ragazzi e ragazze. Successivamente hanno cominciato a correre le prime medie, seguite dalle seconde fino alle terze dove hanno gareggiato i nostri compagni. Gli alunni che hanno partecipato alla campestre sono: Bernardo Goti (schermitore) e Lorenzo Ciuffatelli (calciatore); entrambi campioni regionali delle loro rispettive attività sportive. Il primo ha avu-
to una buona partenza, infatti per i primi cinquecento metri si trovava in testa, poi, sfortunatamente, una caduta gli ha impedito di vincere la gara, ma è riuscito a qualificarsi nelle prime dieci posizioni. Il secondo, alla partenza si trovava invece nelle ultime posizioni per il blocco postogli dagli avversari. Con spinte e gomitate, è riuscito a qualificarsi nelle prime cinquanta posizioni. Purtroppo Tommaso Porporini non ha potuto partecipare per un infortunio al piede destro. Lo ringraziamo ugualmente per il supporto dato ai compagni. Le due professoresse di educazione fisica si sono ritenute soddisfatte dei propri alunni, che saranno premiati con un incremento della valutazione finale. (Redazione: Bernardo Goti, Lorenzo Ciuffatelli, Gaetano Amoroso, Marco Sautariello e Mattia Brienza).
REDATTORI IN CLASSE LA REDAZIONE: Gaetano Amoroso, Mattia Brienza, Clarissa Capobianco, Simone Carli, Niccolò Cartei, Giulia Chen, Chiara Chiti, Rebecca Cirilli, Lorenzo Ciuffatelli, Loren-
zo Claps, Giada Craparo, Sara Di Santo, Mariafrancesca Gabino, Bernardo Goti, Abroo Javed, Sara Lanni, Andrea Luccarelli, William Mancini, Francesca Martini, Va-
lentina Mocarini, Tommaso Porporini, Emma Quiriconi, Marco Sautariello, Beatrice Sulas, Samuele Tosa, Erika Zampieri. L’insegnante tutor professoressa Caterina Cafarelli. Preside: Valerio Bandini.
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MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2011
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Scuola
Pier Cironi Prato
Le distanze si accorciano Il mondo è sempre più unito grazie al fenomeno della globalizzazione PENSATE davvero di sapere che cos’è la globalizzazione? Basta guardare la televisione, navigare su internet o leggere un quotidiano per incontrare questa parola. Ma cosa significa veramente? Il termine globalizzazione deriva dall’unione di “economia globale” e “integrazione” ed è stato introdotto per riferirsi ai cambiamenti che stava subendo l’economia a livello mondiale. Col tempo il suo significato si è ampliato e oggi si riferisce ad un fenomeno che ha cambiato molti aspetti della nostra vita. A determinare i nostri cambiamenti sono le multinazionali, grandi aziende che producono e vendono prodotti e servizi in tutto il mondo. La vita di noi tutti oggi sta subendo un processo di omologazione. Molti aspetti della nostra esistenza si stanno uniformando, come se in ogni paese del mondo si seguisse uno stesso modello: in ogni posto vanno di moda le stesse cose, si sentono le stesse canzoni, troviamo gli stessi cibi, ci piacciono gli stessi passatempi. Così si può dire che una persona che viaggia oggi si senta dappertutto a
PANGEA Quando i continenti erano tutti uniti
casa sua, perché ovunque trova gli stessi prodotti. Col miglioramento delle vie di comunicazione e grazie alle nuove tecnologie, le distanze si sono accorciate: il globo è diventato un unico grande mercato e perciò tutti ci assomigliamo sempre di più. Il mondo, in qualche modo, è diventato più unito.
Ma la globalizzazione è un fenomeno positivo o negativo? Le multinazionali stabiliscono le loro sedi in zone povere del mondo. Spesso lì trovano materie prime a buon prezzo, governi che offrono vantaggi e la manodopera costa meno. Le persone che sono a favore della globalizzazione pensano che così si creino posti di la-
voro nei paesi in via di sviluppo facendo diminuire la povertà e che, grazie alla circolazione di idee e informazioni, la globalizzazione metta i popoli di fronte a nuove realtà e favorisca cambiamenti culturali positivi. Altre persone attribuiscono alla globalizzazione responsabilità di molte conseguenze negative. Sono nati così gruppi e associazioni che nel loro insieme formano il movimento no-global e che in molte occasioni manifestano con iniziative di protesta contro le multinazionali e ciò che è legato ai processi di globalizzazione dell’economia. Questi movimenti sostengono che la globalizzazione stia facendo arricchire ancora di più i paesi già ricchi, mentre i paesi poveri non ne ricavano occasioni di sviluppo: le multinazionali sfruttano luoghi e popolazioni, creando benefici apparenti e non duraturi, e spesso danni all’ambiente. La globalizzazione dunque, fa ormai parte della nostra società, ma non tutti apprezzano la sua compagnia.
L’INTERVISTA NONNO GIOVANNI, 88 ANNI, RACCONTA COME SI VIVEVA QUANDO ERA RAGAZZO
Quando i pantaloni alla zuava erano di moda
LATESTIMONIANZA Giovanni Gistri, classe 1923
COME vivevano i nostri nonni? Che abitudini e che aspirazioni avevano? Noi della III C ci siamo posti queste domande e per questo abbiamo fatto un’intervista al “nonno” Giovanni Gistri, carabiniere in pensione, nato nel 1923. Come trascorreva il suo tempo libero e che abiti si portavano quando era un ragazzo? «Quando avevo la vostra età trascorrevo il mio tempo libero con gli amici del mio paese; i giochi preferiti erano il pallone, con il quale giocavamo nell’aia del contadino, e le carte. D’estate invece passavamo il tempo a fare il bagno nell’Arno. Il sabato andavamo alla casa del fascio per l’addestramento da carabiniere. Vestivamo con i pantaloni alla moda, cioè alla zuava». Come faceva a mettersi in contatto con i suoi amici?
«Mi mettevo in contatto con amici e parenti andando a piedi alle loro case. Poi mi hanno comprato la bicicletta e mi spostavo con questo mezzo». Senza apparecchi elettronici, come faceva ad informarsi su ciò che succedeva nel mondo? «L’unico modo per informarmi su ciò che accadeva era andare al circolo del paese e ascoltare la radio che trasmetteva le notizie; oppure leggere il giornale che il bottegaio metteva a disposizione di tutti». Si allontanava spesso dalla sua città? E con quali mezzi? «Per spostarmi da un paese all’altro utilizzavo, a seconda della distanza, la bicicletta o la carrozza con i cavalli. L’allontanamento dal mio paese comunque avveniva raramente: mi spostavo solo in caso di visite a parenti o amici oppure per andare al cinema».
REDATTORI IN CLASSE ECCO i nomi degli alunni della classe III C della scuola secondaria di primo grado Pier Cironi che hanno partecipato alla realizzazione della pagina. Giancarlo Aidara, Giulio Bardazzi, Cristia-
no Biacchessi, Monique Bianco, Irene Cammelli, Liyi Chen, Andrea Cirillo, Laura Cirillo, Simone De Feo, Francesca Giannelli, Fransi Hamolli, Darko Kocev, Francesco Lucianò, Cosimo Lunetti, Giulia Marino,
Francesca Nencetti, Simona Russo, Luca Scatizzi, Manuel Sesti, Xhesi Skota, Lucia Pia Stirparo, Serena Zhao, Rachele Zizzamia. Professoressa tutor Barbara Duccini.
APPROFONDIMENTO
Internet: un’arma a doppio taglio INTERNET è molto importante nel mondo odierno e nel fenomeno della globalizzazione. Può avere infatti vari scopi: chi lavora in borsa lo usa per comprare e vendere azioni da paesi lontani e uno studente può approfondire le proprie conoscenze sentendo le opinioni di persone che non conosce. Ma la rete può essere usata anche per il divertimento, giocando con gente che vive in posti lontani del mondo. Un ruolo fondamentale per le comunicazioni via internet lo ha Facebook. Grazie a questo social network riusciamo a rimanere in contatto con più persone nello stesso momento, sentendoci più vicini anche con chi si trova a chilometri e chilometri di distanza. Inoltre le nuove tecnologie permettono di fare una videochiamata tramite la webcam con altra gente, in modo da poter parlare con una persona e vederla nello stesso tempo. Internet ha vari pro e contro. Un vantaggio può essere il fatto che ci fornisce informazioni di ogni tipo, con la possibilità però che queste ultime possano essere false, dato che non sempre si può verificare l’autenticità delle fonti. Inoltre uno dei maggiori rischi di internet è il fatto che crei dipendenza: spesso i giovani preferiscono rimanere chiusi in casa e navigare nel web piuttosto che uscire all’aria aperta. Così internet è una grande invenzione, che però va saputa usare nella maniera corretta. E allora? Navigare sì, ma con moderazione.
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10 CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 21 DICEMBRE 2011
Scuola media
Alighieri Vernio Vernio
Vernio, la scuola del benessere Stretching in classe prima delle lezioni e fumo fuori dai cancelli FORMAZIONE
Studenti-tutor con la peer education ALUNNI in cattedra per insegnare ai coetanei l’educazione alla salute. Ricomincia la peer education, il progetto dell’Usl di Prato in collaborazione con l’Istituto comprensivo Sandro Pertini. Questa iniziativa nasce dall’esigenza di prevenire in modo diverso i comportamenti a rischio degli adolescenti: fumo, alcol, droghe e cattiva alimentazione. L’obiettivo è aiutare i ragazzi a riconoscere i condizionamenti sociali che spingono ad adottare stili di vita dannosi per la salute, quali il tabagismo. I maggiori fattori di influenza per gli adolescenti sono rappresentati dalle amicizie, dai modelli familiari e dalla pubblicità. Ed è proprio sulla forza persuasiva del gruppo dei coetanei che il progetto si propone di agire: infatti non sono professori o esperti a guidare l’attività ma studenti delle classi terze chiamati appunto “peers” (pari). Gli studenti prescelti svolgeranno a gennaio un corso formativo con il dr. Luciano Gheri e Lucia Tronconi, formatrice dei progetti di Educazione alla Salute dell’Usl. UNA VOLTA formati, i peers svolgeranno nelle classi seconde tre lezioni durante le quali verrà redatto un decalogo sui sani comportamenti e saranno prodotti alcuni materiali come cartelloni e slogan. Il progetto terminerà con un campus, un’uscita di due giorni in collaborazione con l’Altavia Trekking di Prato. Qui i ragazzi saranno coinvolti in diversi giochi di squadra. Il pranzo, sarà costituito da cibi freschi e genuini, per educare ad una corretta alimentazione.
A CHI, seduto da diverse ore ad un banco o ad una scrivania, non è mai capitato di sentire un’immensa voglia di sgranchire le gambe e allungare i muscoli? A Vernio si sta cercando di dare una risposta a questa naturale esigenza fisica: pochi minuti di stretching in classe due volte al giorno, tutti i giorni; questa è l’iniziativa presa dall’Usl 4 di Prato e dall’Istituto Comprensivo Sandro Pertini di Vernio dove dodici classi (tra elementari e medie) stanno sperimentando questa nuova “materia” rivolta a correggere la scorretta postura che si assume passando molto tempo chinati sul banco. Il modo migliore, infatti, per evitare l’insorgere di malattie legate alla scorretta postura è appunto la prevenzione. A questo scopo i docenti, dopo un’adeguata formazione e, servendosi di cartelloni che illustrano i vari esercizi, fanno fare agli alunni pochi minuti di stretching. Questo, oltre a correggere la postura, dovrebbe anche rilassare i ragazzi e permettere loro di sciogliere la tensione accumula-
VIGNETTA Il fumo è tenuto rigorosamente alla larga
ta durante la lezione. Inoltre il progetto di «educazione alla salute» sempre in collaborazione con la Usl 4 promuove un’altra iniziativa che mira ad insegnare ai ragazzi corretti stili di vita: la Sandro Pertini sarà la prima scuola nel comprensorio Vernio-Prato a potersi presto definire «scuola li-
bera dal fumo». A SEGNALARLO a studenti, genitori e visitatori sarà una targa affissa fuori dal cancello, frutto della creatività di alcuni alunni della scuola media: una nuvoletta bianca intenta a scacciare una nube nera, simbolo sia del fumo di sigaret-
ta sia in generale di tutti gli atteggiamenti negativi che danneggiano la nostra salute. L’insegna inviterà tutte le persone a non fumare all’interno del perimetro scolastico, compreso il giardino circostante l’edificio. Questa iniziativa mira a dissuadere gli adulti dal fumare in quanto essi sono modelli importanti per i ragazzi sia nei loro punti di forza che in quelli di debolezza. Il messaggio che si intende far passare, secondo il dottor Luciano Gheri, psicologo della scuola, è questo: «Un corretto stile di vita e il non uso di sostanze come il fumo ci fa stare meglio con noi stessi e con gli altri». Gheri inoltre aggiunge: «La Usl organizza questi progetti per tutelare la vita dei cittadini, soprattutto dei più giovani: infatti se il vizio del fumo viene preso da ragazzi perderlo è molto difficile. Inoltre iniziare a fumare in giovane età rende più vulnerabili anche alla dipendenza da droghe e alcol». Queste iniziative non sono che tentativi per far si che nelle scuole vi sia uno stato di massimo benessere fisico, mentale e sociale.
LA STATISTICA INDAGINE SU UN CAMPIONE DI 316 PERSONE: COME È COMINCIATO IL RAPPORTO CON LE “BIONDE”?
Sigaretta, il vizio inizia in casa e con gli amici
DISTRIBUTORE Un self service di sigarette
QUANDO si è accesa la prima sigaretta? Perchè si è deciso di provare il gusto del fumo? Quanti genitori in casa fumano? Le classi terze dell’ Istituto Comprensivo Statale Sandro Pertini di Vernio hanno effettuato un’indagine per approfondire il rapporto dei membri della propria famiglia col fumo. Da queste interviste è stato possibile stilare una piccola statistica. Le persone attualmente prese come campione sono 316 tra i quali 80 (il 25.50%) sono risultati fumatori e 55 sono ex fumatori. Si è smesso di fumare per tutelare la salute, perchè sempre più luoghi pubblici lo vietano e anche perchè il vizio del fumo può incidere anche sul budget familiare. Oltre al numero di fumatori ed ex-fumatori l’indagine ha voluto individuare l’età in cui si è iniziato a fumare e i motivi che hanno spinto verso questa scelta.
E’ STATO riscontrato che l’età media in cui queste persone hanno iniziato a fumare è 17 anni, ma non manca chi ha cominciato anche in tenera età (10/12 anni). Fra i motivi principali che spingono un giovane ad accendere la sigaretta vi sono il desiderio di “sentirsi più grandi”, essere al centro dell’attenzione, omologarsi al gruppo di amici e non venire emarginati, dimenticare i problemi personali ma anche la semplice curiosità di provare sensazioni nuove. Infine, anche le fiction televisive e il cinema mostrano personaggi con la sigaretta fra le dita e soprattutto sul pubblico giovanile, il desiderio di immedesimarsi in quel personaggio può portare a voler provare il fumo.
REDATTORI IN CLASSE GLI STUDENTI cronisti: La pagina è stata realizzata per la 3B: Amicucci, Bartoloni, Biagioli, Cangioli, Carmagnini, Cauteruccio, Cecconi, Chiaramonti, Corsi, Erizma, Ferrarello, Ghrairi, Gori, Gualtieri, Gurie-
ri, Lena, Maglione, Marinaccio, Mensurati, Minelli, Peroni, Pieratti, Pieri, Querci, Stefan, Timpano. Per la 3A: Bagni, Baldini, Ballini, Bartolini, Bertucci, Biagi, Bogani, Bolognesi, Brachi, Corriere, De Biasi, Do-
ti, Elmi, Gaeta, Gurieri, Logli, Morganti, Muka, Pelagatti, Pucci, Saidi, Salvatore, Silvestri, Toccafondi, Venuto, Volpe, Zulfanelli. I docenti tutor sono Sara Galantucci e Vincenzo Mauro.
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MERCOLEDÌ 21 DICEMBRE 2011
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Scuola media
San Niccolò Prato
Chi si prende cura di loro? Una giornata al canile: tante emozioni, tra lacrime e sorrisi AVETE mai provato a guardare negli occhi dei cani in gabbia? Noi sì, e vi assicuriamo che nessuno ha resistito con gli occhi asciutti. E c’è da dire che il canile di Prato è davvero ben tenuto; ospita un centinaio di cani, accuditi e controllati da volontari. La struttura, esistente da circa trent’anni, è comunale ed è gestita dall’associazione “Qua la zampa”. Quello che colpisce quando si entra nel canile è l’impegno dei volontari e degli addetti, che mantengono la struttura sicura e adatta per ogni tipo di animale. Le gabbie sono capienti e i cani hanno a disposizione un giardinetto in cui correre. Inoltre il canile si appoggia ad un gruppo di veterinari esterni, che tengono sotto controllo la salute delle bestiole e le curano se malate. All’interno del canile possiamo trovare vari tipi di cani, che aspettano con ansia di essere adottati da un padrone che si prenda veramente cura di loro. Gli ostacoli maggiori per questi amici sono la vecchiaia, ma soprat-
UMORISMO Chissà cosa farebbero gli animali al posto nostro
tutto la gente che li abbandona per la strada o davanti al cancello del canile. I fondi sono sufficienti per mandare avanti la struttura senza troppi problemi e la maggior parte delle sovvenzioni viene dal Comune, a cui si aggiungono donazioni da altre associazioni. Tutti possono contribuire, portan-
do cibo come scatolette oppure oggetti utili come coperte e ciotole, donando soldi via internet e comprando il loro calendario. L’adozione dentro il canile è fatta da persone di tutte le età e gli ospiti che sono scelti più facilmente sono i più giovani e i meno ingombranti. Ogni anno sul nostro terri-
torio vengono adottati circa cento cani, ma purtroppo ne vengono abbandonati altrettanti. Chi trova un cane abbandonato, può chiamare direttamente il canile. I volontari controllano se l’esemplare ha il microchip, che permette di risalire al padrone attraverso gli archivi dell’Asl e lo ospitano per sessanta giorni; se entro quel limite di tempo il proprietario non si presenta, il cucciolo rimane nel canile e può essere adottato. Nel dare in adozione i cani, i volontari scelgono l’animale giusto in base al carattere delle persone e, per evitare il fenomeno del riabbandono, consigliano ai futuri padroni di “pensarci dieci volte prima invece che una dopo!”. Per chi è interessato il canile è aperto tutti i giorni, anche la domenica, dalle otto alle tredici e dalle quattordici e trenta alle diciassette e trenta. I volontari sono sempre disponibili e per informazioni è possibile consultare il sito:www.canilerifugioprato.it, dove compaiono tutte le indicazioni utili e i numeri dei volontari.
IL PROGETTO PRESTO AL VIA IL NUOVO CORSO DI FORMAZIONE PER VOLONTARI DI CANILE
’Gabbie aperte’, il cane giusto per ogni famiglia
ADOZIONE Uno degli amici a quattro zampe del canile di Prato
DAVVERO innovativa è l’idea dell’associazione “Una Uomo-Natura-Animali” di istituire un corso di formazione per i volontari del canile, promosso dal Cesvot, che si chiamerà «Gabbie Aperte». Il corso, come ci spiega Francesca Gheri, psicologa coinvolta nel progetto, vuole approfondire la conoscenza dei cani in tutti i loro aspetti per una gestione più corretta all’interno del canile e per diminuire il fenomeno sempre più frequente del riabbandono dopo l’adozione.
le di vita, il contesto domestico, le relazioni familiari che coinvolgeranno appieno la diade cane-padrone».
In base a cosa avviene la scelta di un cane da parte del padrone?
«Il corso vuole insegnare i metodi e le tecniche per diminuire lo stress dei cani in gabbia e aumentare il loro benessere. Allo stesso tempo intende fornire le competenze basilari per gestire l’incontro con i futuri proprietari, capire cosa cerchino esattamente e comunicare efficacemente come affrontare i possibili problemi post-adozione».
«La scelta di un cane è spesso poco razionale: la persona è pervasa da moti emotivi (la vista di un cucciolo o il ricordo di un vecchio amico a quattro zampe che non c’è più) e a volte sono lasciati in secondo piano dati di realtà importanti, quali lo sti-
Queste considerazioni come possono influenzare il lavoro dei volontari?
«E’ importante che i volontari del canile imparino a indagare le caratteristiche emotive e di vita delle persone intenzionate ad adottare un cane, così da poter consigliare l’amico più adeguato al fine di una convivenza serena per entrambi». Quali sono gli obiettivi specifici del corso?
REDATTORI IN CLASSE ECCO I redattori in classe della III A di San Niccolò: Francesco Agostini, Niccolò Balli, Clarissa Bardazzi, Lorenzo Bini, Mario Bonechi, Rebecca Cecconi, Emanuele Corti, Lisa Delle Rose, Filippo Giagnoni, Ludovi-
ca Gori, Margherita Iannelli, Riccardo Innocenti, Rachele Mariotti, Viola Melani, Alessandro Mercantelli, Beatrice Pacini, Alessia Panerai, Virginia Passini, Mattia Pierozzi, Caterina Tatti, Virginia Ucchino.
I docenti tutor che seguono il progetto sono Francesca Galli e Paolo Puggelli, sotto la supervisione del dirigente scolastico Alessandra Bardazzi.
LE STORIE
Veterani o matricole A voi la scelta AL CANILE si trovano cani di ogni età. Menta, un cane da caccia abbandonato a causa di una zampa ferita che non gli avrebbe permesso di essere un abile cacciatore, è stato avvistato in provincia di Prato pochi giorni fa, che gironzolava solo per i campi. Un uomo si è preso cura di lui per quindici giorni, però, non potendosi assumere la responsabilità di tenerlo, lo ha portato al canile di Prato proprio mentre lo visitiamo. Ora il cane cercherà di crearsi una nuova vita; per il momento si è ritrovato in una gabbia senza capirne il motivo. E’ confuso, sente abbaiare centinaia di cani intorno a sé. Fa molta pena e tenerezza. Speriamo solo che un giorno riesca a trovare un padrone onesto che si prenda veramente cura di lui e gli voglia bene. «Lasciare Menta è stato molto difficile, mi è venuto anche da piangere, ma purtroppo non posso tenerlo, nonostante mi abbia fatto molta compagnia» racconta il signore che l’ ha accudito in questi quindici giorni. Tilda, al contrario di Menta, vive nel canile da diciotto anni. La nostra amica a quattro zampe, vista l’età avanzata, sta in una casetta per i cani più anziani. Nessuno ha voluto adottarla perché è un cane di grande taglia ed ora è inferma e non può muoversi dalla sua cuccia, tanto che i volontari devono imboccarla per farla mangiare.
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MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2012
Convitto nazionale
Cicognini Prato Prato
Elena e Leonetto: due cuori, un’arca L’amore per l’arte legava quei personaggi dai caratteri opposti IL PERSONAGGIO
Lady Berruti una musa con personalità «LA PITTURA scorre nel sangue di Elena sempre. Seduta scomoda su uno scoglio davanti al mare e immersa nei cespugli del bosco. Goccia fra le onde delle sue marine, fronda nel bosco, fiore tra i fiori effonde in esaltata contemplazione quanto raccoglie nel suo abbandono». Leonetto Tintori usa amabili parole per descrivere la moglie. Nata il 23 maggio 1909 a Montevarchi, la Berruti si trasferisce a Prato per seguire il padre, professore di francese al Convitto Cicognini. Soggetto frequente nei suoi quadri, che firmava T. Elena, è la natura morta (in particolare i fiori). Era infatti appassionata di giardinaggio: i suoi fiori preferiti erano i giaggioli. Dipingeva su falsite con pittura ad olio e impiegava solo tre minuti a raffigurare i fiori, che chiamava “ripulitura di pennello”. L’amore per i fiori emerge anche dalla scultura che le ha dedicato Tintori, ora all’interno dell’Arca. Era una donna molto bella e le piaceva vestirsi in modo normale per noi, ma particolare per quell’epoca: infatti portava volentieri i pantaloni, un abbigliamento non consono per una donna della prima metà del Novecento. La sua estrosità si manifestava anche in alcune occasioni ufficiali: si racconta che alla presentazione di una mostra indossasse un turbante. Talvolta scappava di casa senza preavviso per rifugiarsi nell’adorata residenza marina di Quercianella, dove maggiore era l’ispirazione per via della quiete. Forse l’unico suo sogno, mai condiviso da Leonetto, è stato quello di trascorrere la vita interamente al mare, la sua vera passione.
GLI ARTISTI spesso vengono considerati come figure perfette anziché come uomini. Leonetto Tintori, pittore e scultore, ne era la prova vivente, conoscendo l’amore che lui provava per la moglie. Un amore esemplificato in una frase da lui stesso pronunciata con grande trasporto: «In tutte le luci, con tutte le materie possibili ho cercato me stesso in Elena». Siamo entrati nella sua vita l’anno scorso tramite la partecipazione ad un progetto offerto dal comune di Prato. Non sapevamo che oltre quel cancello, che delimitava una villa di campagna, ci fosse tutto un mondo da esplorare. Il giardino caratterizzato da dune, è disseminato da sculture in ceramica e in bronzo, tra le quali un maestoso elefante. Tintori, prima di diventare l’artista noto a Prato, era un semplice garzone ingaggiato da un fattore, poi apprendista in una modesta filanda e dopo commesso fattorino di merceria. Alla sera frequentava la scuola d’arte “Leonardo”, dove incontrò Elena Berruti, la futura moglie. L’amore per l’arte legava i due, anche se i loro caratteri era-
ULTIMA OPERA L’arca dove sono conservate le ceneri dei due coniugi
no diversi. Lui schivo e silenzioso: non che fosse scorbutico, ma era un uomo di poche parole; lei estroversa, le piaceva conoscere nuove persone, che spesso invitava a cena. Tutto cominciò nel 1935 quando, durante una passeggiata a Vainella, rimasero affascinati da una casupola piccola e diroccata con un po’ di terreno cir-
costante. Era da tutti definita «la casa delle buche» poiché situata in una zona nella quale precedentemente era attiva la Fabbrica Felici che estraeva l’argilla per fabbricare le stufe in cotto. Ma come comprare quella casa? Per un colpo di fortuna a Leonetto vennero offerti 1200 lire per restaurare gli affreschi in Duomo di Filippo
Lippi: un lavoro importante che lo rese famoso nella città, portandolo anche a restaurare la casa di Filippino Lippi (all’inizio di via Magnolfi) e di molte sue opere, alcune delle quali visibili al Museo di Pittura Murale. Grazie alla nuova attività, i coniugi arredarono la casa con gusto artistico ma anche con alcuni “vizi” come un’ampia piscina rettangolare, ora sostituita dall’attuale Laboratorio per affreschi. Negli ultimi anni della sua vita, Leonetto costruì un’arca nel giardino, non una scultura qualunque, bensì una tomba nella quale avrebbero trovato riposo le sue ceneri e quelle di Elena. Leonetto realizzò due sculture che li raffiguravano, vuote all’interno e con uno squarcio sotto lo sterno, a rappresentare le anime libere: Elena tiene in mano un mazzo di fiori, segno della sua passione per il giardinaggio. Probabilmente Leonetto costruì un’arca perché ad Elena piaceva molto il mare, o perché l’arca è simbolo della vita, che continua anche dopo la morte. Oggi la casa è diventata un museo, visitabile su appuntamento contattando l’ Associazione “Laboratorio per Affresco Elena e Leonetto Tintori”di Vainella.
L’INTERVISTA ECCO I RICORDI DI IVA TOCCAFONDI, “FIGLIA ADOTTIVA” DEL GRANDE ARTISTA
Un tuffo nel passato con il genio di Tintori ABBIAMO incontrato Iva Toccafondi, minuta e distinta signora, orgogliosa di raccontarci i suoi aneddoti sull’artista. Quanti anni aveva quando ha conosciuto Tintori?
MEMORIE La piccola Iva con Elena sulla porta di casa Tintori
«Vivevo in una casa comunicante con quella di Tintori e di Elena Berruti. Ho dei ricordi vaghi che iniziano nel 1945, all’età di tre anni. I tedeschi avevano messo una contraerea dietro casa, che allora era la sede delle Belle Arti, e i miei nonni ne erano i custodi. Poi arrivarono gli americani e Tintori tornò a lavorare nel suo studio, sopra la mia cameretta. Ogni tanto scendeva e mi diceva: “Puoi cantare più piano per favore? Sto creando”. Elena e Leonetto, dopo che la luce tornò (durante la guerra era stata tolta), iniziarono ad invitarmi a cena e ricordo che, vicino a Natale, Leonetto mi regalò delle statuine per il presepe che aveva fatto qualche giorno prima».
L’ha mai visto lavorare? Cosa ha provato?
«Quando lavorava non volevo disturbarlo, era come un secondo padre per me. Spesso mi capitava di vedere le sculture plasmate dalle sue mani posizionate nel giardino. Mi piaceva osservarlo mentre creava. A volte provò ad insegnarmi a disegnare o a fare piccole sculture: mi sento fortunata ad averlo conosciuto». Quando è tornata nella casa, che emozioni ha provato?
«Trovarmi lì dentro è stato come fare un tuffo nel passato, mi sembrava di rivedere Leonetto che passeggiava in giardino con sua moglie e io che invece giocavo con l’erba, dove ora si trova l’arca. Tutti i ricordi sono tornati a galla, come se fossi rimasta quella piccola bambina che ascoltava con attenzione i Tintori raccontare dei loro viaggi all’estero o delle loro opere. E’ stato magico».
REDATTORI IN CLASSE ECCO i redattori in classe della III B del Convitto Cicognini che si sono occupati della stesura della pagina: Eleonora Bartolini, Allegra Bechi, Edoardo Biagini, Alessia Bresci, Elena Cartei, Carlotta Colzi, Simo-
ne Corti, Edoardo De Luca, Simone Ding, Marco Dipace, Gaia Fanti, Maria Vittoria Laneve, Ylenia Levanto, Francesco Mancantelli, Doriana Moretti, Giovanni Lorenzo Ottanelli, Alessio Palmieri, Matilde Perini,
Sara Pierattini, Marco Pierozzi, Francesco Pratesi, Giulia Videtta, Angelo Zhan, Zhu Zhiwei, Hao Fu Zheng. La docente tutor del progetto è Paola Puppo, il rettore della scuola è il professor Daniele Santagati.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2012
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Scuola media
Zipoli Gandhi Prato
Quando la moda fa epoca Il punto di vista degli adolescenti: pregi e difetti di un mondo complesso PRATO, 30 novembre 2011: nei laboratori della NTT (Next Technology Tecnotessile) viene presentato il progetto Otir 2020, il nuovo Polo dell’Innovazione regionale della moda, nato per ridare competitività alle aziende toscane del settore. Questa notizia, trovata in rete, ci ha inorgogliti, in quanto pratesi, e ci ha fatto riflettere su un tema, che, forse, solo apparentemente è effimero e futile: la moda, appunto. Ci siamo chiesti che funzione abbia per noi giovani la moda e ci siamo resi conto che, forse, il modo in cui la intendiamo oggi non è un concetto tanto “nuovo”. DI CERTO, l’uomo primitivo non la conosceva: coprirsi, per ripararsi dal freddo, era solo un bisogno primario. Ma, ben presto, la moda ha distinto e rappresentato ogni società, in ogni epoca, con gli abiti ricamati degli Egizi, i chitoni e i pepli dei Greci, le tuniche e le toghe dei Romani, dalla cui lingua, il latino, deriva la parola stessa, “modo, maniera”, le teben-
& Gabbana e Versace, per gli anni Ottanta; stile sobrio, vicino a quello attuale, comodo ed elegante, ma sempre “firmato”, negli anni Novanta. Insomma, ogni epoca si riconosce anche per lo stile della “sua” moda! E questo ci riporta alla domanda iniziale: che funzione ha la moda? E’ espressione, creatività e libertà o, al contrario, condizionamento, trappola, omologazione, segnale di conformismo? Forse, non è del tutto né l’una, né l’altra cosa.
VIGNETTA La moda vista con gli occhi degli adolescenti
ne degli Etruschi, gli abiti economici della Rivoluzione Industriale, quando anche i ceti più bassi possono permettersi di “essere alla moda” e la moda diventa accessibile a tutti. E così via, fino al nostro secolo: abiti da uomo per le donne che, durante la Prima Guerra Mondiale, restano sole e
svolgono anche lavori maschili; abbigliamenti “uniformanti”, come jeans, minigonna, bikini, per l’ideale di uguaglianza degli anni Sessanta; abiti colorati e bizzarri, tuniche e camicioni multicolori, fiori sgargianti, per gli Hippy degli anni Settanta; “made in Italy”, con stilisti come Armani, Dolce
E’ VERO che, per noi ragazzi, essere alla moda è spesso un modo per sentirci uguali agli altri, per non essere “diversi”, per giocare a diventare, attraverso il look, anche chi non siamo e veramente vorremmo essere, ma, forse, ci dà anche qualcosa in cambio. E’ la prima forma d’arte che conosciamo da vicino e ci aiuta a nascondere o mostrare “pezzi” di noi e della nostra identità, ogni volta che facciamo una scelta, ogni volta che, tra i tanti stili proposti, ne preferiamo e adottiamo proprio uno, e non un altro!
APPROFONDIMENTO IL PERFEZIONISMO UNA SPINTA PER RIUSCIRE, SE ECCESSIVO DIVENTA PERICOLOSO
Belle a tutti i costi: rischi e conseguenze
RISCHI Una statua «anoressica»
SOS emergenza peso. Nella vita quotidiana bisogna impegnarsi per raggiungere il massimo dei risultati. Ma è giusto mettere a rischio la salute pur di essere alla moda? Qual è il prezzo che le modelle pagano per essere perfette? Non è un segreto che sono disposte a privazioni enormi. Ne è un esempio il cake sniffing cioè annusare le torte: una tecnica in uso per ‘saziarsi’ in maniera virtuale. La spasmodica ricerca di corrispondere a certi canoni di perfezione, ha causato il sorgere nel settore moda e nell’intera società di gravi patologie: anoressia e bulimia. E, purtroppo, è facile trovare sul web racconti di adolescenti che considerando l’anoressia un’amica, da difendere. Vengono dati pericolosi consigli per dimagrire velocemente, si esortano le ragazze e i ragazzi a rifiutare il cibo, minimizzando
le conseguenze. Per fronteggiare questi problemi, alla vigilia della settimana della moda è uscita la campagna “100% fashion, 100% salute” in collaborazione con l’Aba, che aiuta persone affette dalle malattie alimentari. Tra le tante associazioni ne è nata una formata da parenti delle vittime: la ‘Looking glass fondation’, che esamina l’influenza che può avere lo specchio sulla vita delle persone. La moda pretende modelle magrissime: stereotipi e non persone, perciò il modello da seguire è “magro e bello”. Ciò genera un eccesso di perfezionismo sia verso se stessi come desiderio di eccellere, sia un disagio sociale nella convinzione di essere accettati dagli altri solo se perfetti. Il nostro vuole essere un urlo di aiuto: la moda quando crea dipendenza mette in pericolo la vita, un dono prezioso. Non cercate nella magrezza estrema la perfezione!
REDATTORI IN CLASSE LA PAGINA è stata realizzata da: Alessia Angiolini, Yessica Benfari, Filippo Bocchicchio, Matteo Cappelli, Chiara Fioravanti, Francesco Ghelardini, Lavinia Guarducci,
Guendalina Guasti, Camilla Legnini, Ginevra Limberti, Alessia Lombardi, Bianca Lucarelli, Matilde Magni, Edoardo Marchi, Lorenzo Mazzanti, Chiara Menici, Noemi Nie-
ri, Virginia Pelagatti, Lucreazia Pifferi, Beatrice Preziuso, Daria Reali, Antea Scrocco e Lorenzo Stabile. Gli insegnanti tutor sono i professori Cocchi, D’Ambrosio, Ferrante. La Dirigente è Daniela Mammini.
IL SONDAGGIO
Felpe e jeans sul podio dei ‘preferiti’ A SCUOLA abbiamo condotto un sondaggio sul rapporto di noi ragazzi con la moda, a cui hanno partecipato le classi terze. Cosa è emerso? Non è una sorpresa che i capi d’abbigliamento preferiti sono le felpe e gli immancabili jeans (60%). Nel guardaroba dei ragazzi non possono mancare gli accessori: 25% orecchini, 10% collane, 25% sciarpe, 10% borse, 15% cinture, 5% cappelli, 10% occhiali. I colori che prevalgono sono il blu e il nero. Il 40% ha dichiarato che, per un acquisto-investimento, sceglie le scarpe, a costo di rinunciare alla paghetta per un mese. Inoltre, alla domanda se si è soliti vestire con abiti firmati, il 40% ha detto di sì. Ma per quanto riguarda lo stile personale nessuno si è dichiarato ‘truzzo’ o ‘alternativo’: il 65% ritiene di avere uno stile sportivo, il 35% uno stile casual. Il sondaggio ha messo in evidenza che i nostri compagni si considerano “modaioli”, ma con uno stile del tutto personale: decidono gli abbinamenti da fare, mescolano i capi, sono interessati, ma non si sentono schiavi dei dettami del fashion system (85%), solo il 15%segue la moda perché sente di dover piacere agli altri. La metà degli intervistati ha ammesso sì di passare ore davanti allo specchio prima di decidere cosa indossare, ma solo per sentirsi più sicuri. Balza, infatti, agli occhi la crescente ricerca della consapevolezza di sé: per il 49% dei ragazzi, l’abito migliore è quello che ti fa sentire “te stesso” durante il giorno.
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MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012
Ist. comprensivo
Salvemini La Pira Montemurlo
I pirati non conoscono crisi Il fenomeno (vecchio di secoli) cresce a un ritmo allarmante STORIA
Il colonialismo italiano in Africa IL CORNO d’Africa è una penisola a Est del continente che si affaccia sul golfo di Aden a sud della penisola araba. Il vertice nord-orientale è rappresentato dal Capo Guardafui. Questa regione è famosa in tutto il mondo per la sua estrema povertà ed instabilità politica, tanto da occupare gli ultimi posti nel continente e nel mondo nella graduatoria dell’indice di sviluppo umano. La storia coloniale del Corno d’Africa ha inizio negli ultimi decenni del XIX secolo quando anche l’Italia, come le altre grandi Potenze europee, cercò di conquistare possedimenti coloniali fuori d’Europa, sia per dirigere in territori di sua appartenenza la manodopera in esubero, che già si avviava all’emigrazione transoceanica, sia per aprire nuovi sbocchi al suo commercio. Prima Depretis, poi il governo Crispi conquistarono Eritrea e Somalia. Quando le truppe italiane tentarono di conquistare anche l’Etiopia, furono duramente sconfitte nella battaglia di Adua. Anni dopo Mussolini mirò alla conquista dell’Etiopia per mostrare a livello mondiale la solidità del suo regime e l’efficiente capacità militare. Nel 1935 le truppe italiane invasero l’Etiopia usando anche i gas iprite. Il 5 maggio del 1936 il corpo italiano di spedizione guidato da Badoglio entrò ad Addis Abeba, la capitale. Il 9 maggio dal balcone del Palazzo Venezia, Mussolini annunciò al popolo italiano che i territori (1.149.000 kmq) e le genti (8 milioni di abitanti) già appartenenti all’Impero Etiopico venivano posti sotto la sovranità piena ed intera del Re d’Italia, il quale assumeva anche il titolo di Imperatore.
CRESCE, a un ritmo allarmante, il fenomeno della pirateria al largo delle coste della Somalia. Il numero degli attacchi è passato dai 7 del 2004 ai 354 del 2011, quasi uno al giorno. Poco prima di Natale, il 21 dicembre, è stata liberata la petroliera Savina Caylyn, battente bandiera italiana, ostaggio dei pirati per 11 mesi. La nave, con 5 italiani fra i membri dell’equipaggio, era stata attaccata all’alba dell’8 febbraio mentre navigava nelle acque dell’Oceano Indiano. Solo una settimana più tardi, la petroliera italiana Enrico Ievoli della Marnavi è stata sequestrata nelle acque del Golfo dell’Oman. La tecnica di attacco è sempre la stessa: una nave madre “sgancia” barchini carichi di pirati che si avvicinano al mercantile sparando raffiche di Kalashnikov e lanciando sul ponte granate incendiarie. A nulla servono i tentativi dell’equipaggio di allontanare i bucanieri aumentando la velocità o lanciando getti d’acqua con gli idranti. Le navi più vulnerabili sono quelle più lente e con le fiancate più basse, ma i “corsari del 2000” hanno attaccato e sequestrato anche grandi petroliere. Lo sco-
ASSALTO Militari italiani coi pirati assalitori del cargo Valdarno
po non è tanto quello di impossessarsi del carico, ma di rapire l’equipaggio e tenerlo in ostaggio per chiedere poi un riscatto all’armatore. Le richieste aumentano di anno in anno: all’inizio, i riscatti si aggiravano in media intorno alle decine di migliaia di dollari, mentre per la liberazione della Savina Caylyn son stati pagati 11,5
milioni di dollari. LE ORIGINI di questo fenomeno si perdono nella notte dei tempi: nel I secolo a. C i pirati divennero un vero flagello per le navi mercantili nel Mediterraneo; il giovane Giulio Cesare, nel 75 a. C, fu catturato mentre si stava recando a Rodi per studiare e rimase
prigioniero su un’isola greca per più di 5 settimane, fu liberato solo dopo il pagamento di un riscatto. E anche oggi la pirateria è un vero e proprio business: un pirata può guadagnare fino a 10.000 dollari a settimana, a fronte di un prodotto interno lordo pro capite in Somalia di circa 600 dollari. Le cause di questo fenomeno vanno ricercate nell’instabilità politica della Somalia: lo scoppio della guerra civile e la conseguente mancanza di governo effettivo dal 1991 hanno reso insicure alcune regioni del paese, creando una situazione favorevole alla pirateria e ad altre forme di attività criminale. Diverse le conseguenze per il commercio marittimo: un aumento delle spese, sia per la sicurezza – alcuni armatori ingaggiano compagnie di sicurezza private con squadre a bordo armate mentre altri preferiscono fortificare la nave e installare a bordo casseforti – sia per l’assicurazione per il trasporto commerciale via mare. Inoltre la pirateria potrebbe portare a un cambio di rotta navale dal Canale di Suez alla circumnavigazione dell’Africa con il conseguente aumento dei prezzi a carico dei consumatori europei.
FOCUS DOPO MESI ALL’ASCIUTTO, FINALMENTE LA PIOGGIA E’ TORNATA NELLE ZONE PIU’ POVERE
Siccità e carestia nel corno d’Africa
RICERCA A caccia del bene più prezioso
DOPO mesi di siccità, da novembre, piove in abbondanza nella regione del Corno d’Africa. Il cambiamento delle condizioni meteorologiche e una maggiore assistenza umanitaria hanno ridotto così la malnutrizione e i livelli di mortalità, che pur restano allarmanti. La crisi alimentare è iniziata in luglio per la più grave siccità degli ultimi 60 anni che ha provocato la morte di molti animali e danneggiato molte coltivazioni. La carestia ha interessato circa 12 milioni di persone fra Etiopia, Kenya e Somalia. Molta gente è stata costretta a vendere il poco cibo disponibile per comprare acqua e le madri a scegliere quali figli nutrire e quali lasciare al loro destino: per questo oltre 2 milioni di bambini sono malnutriti. Sono in tanti a dover lasciare i loro villaggi per raggiungere il campo profughi di Dabaad, in Kenya, il più grande e il più affollato del mondo che ospita
450 mila persone (ha una capienza di 90 mila) dove però trovano la salvezza. Tutti hanno una storia drammatica da raccontare e a raccoglierle ci sono gli operatori umanitari. Christopher Tidey, Unicef, è uno di loro: «Mi ha colpito molto la storia di Adbile. Con la moglie, quattro figli e la nonna ha lasciato la casa in Somalia per cercare acqua e cibo: la siccità ha distrutto i loro raccolti e ucciso il bestiame. Hanno affrontato 25 giorni di viaggio, durante i quali sua moglie è morta per la debolezza. Ma il viaggio verso la salvezza è dovuto continuare. Così Adbile ha caricato tre dei suoi quattro figli sulle spalle ed è arrivato a Dabaad. Il figlio minore ha tre anni e si chiama Aden. Pesava solo cinque chili. Era talmente malnutrito che non riusciva più ad alzare la testa per deglutire. Ora Aden sta però recuperando. Dopo una settimana di trattamento qui al campo aveva già raggiunto i 6 chili».
REDATTORI IN CLASSE Classe III C: Jacopo Bartolini, Mattia Boeddu, Ylenia Bozzi, Asia Falteri, Francesco Ferri, Aldo Gega, Martina Giampaolo, Marco Gianassi, Maikol Giunta, Giulia Grallo, Serena Hazbardhi,
Simone Iacovone, Ilias Iljazi, Imran Khalid, Rigers Kukaj, Rachid Lamrabete, Martina Lastrucci, Serena Moroni, Luca Oloferne, Giada Orobello, Sara Pastacaldi, Luigi Rangino, Salvatore
Turco, Isabella Zhang, Giulia Yang. Tutor: professoressa Alessandra Piccioli. Dirigente Scolastico Stefano Papini.
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MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012
Scuola media
Lapo Mazzei Prato
Sport giovanile a Prato Tanti centri d’eccellenza e discipline bellissime, non ci resta che scegliere SPORT giovanile a Prato? La curiosità ci è balenata grazie al nostro prof di educazione fisica, Andrea Nuti, che regolarmente organizza incontri con campioni di ogni sport nella palestra della Ser Lapo Mazzei, invitando atleti nazionali, campioni internazionali e nazionali di ogni sport, dal pattinaggio artistico, al rugby, al calcio, all’hokey: questi campioni perché e dove da bambini hanno iniziato la loro attività sportiva? Ognuno di loro ci ha raccontato il suo percorso personale che lo ha portato a scegliere lo sport, ma la risposta di tutti è stata che fin da giovanissimi sono la passione e il divertimento che li spinge a praticare la disciplina che hanno scelto, e non solo il denaro e il successo che sono arrivati dopo. ASCOLTANDO le loro storie di vita, ci siamo molto appassionati al mondo dello sport, soprattutto a quello praticato dai giovani e
molto belli per i quali i giovani pratesi sembrano avere una grande passione: sono rugby, ginnastica artistica, hockey, judo, i più praticati. Tra le realtà d’eccellenza per lo sport giovanile a Prato c’è il Cgfs, Centro Giovanile di Formazione Sportiva, unico esempio italiano di associazione sportiva partecipata da amministrazioni pubbliche e da privati, che si occupa di educare bambini e adolescenti a discipline come la pallavolo, pallacanestro, baseball, judo, ginnastica, scherma, mini rugby. DUE VOLTE CAMPIONE Christian Giagnoni nella nostra scuola
giovanissimi e abbiamo cercato di capire a Prato cosa si muove. Ne è venuto fuori un quadro interessante e vivace di società sportive su tutto il territorio cittadino che curano lo sport giovanile. Prato eccelle con centri di alto livello per lo sport giovanile, che hanno insegnato
diverse discipline sportive e fatto divertire generazioni di ragazzi, ma anche creato diversi campioni nazionali, internazionali e olimpionici. La maggior parte dei ragazzi pratesi praticano sport come calcio danza e basket, ma ci sono altri sport «minori» davvero
LA MITICA e ultracentenaria Etruria che ha allevato tanti campioni, tra cui il grande olimpionico Yuri Chechi. La Asd, associazione sportiva dilettantistica Paisan di Prato Volley. Il Gispi rugby che ha dato i natali sportivi al bravo nazionale Edoardo Gori. E allora scegliamo uno sport, non importa quale purché ci divertiamo!
I PERSONAGGI UNO HA VINTO TRE VOLTE IL TITOLO ITALIANO. L’ALTRO FA L’ALLENATORE
Gabriele e Leonardo, fratelli nella ginnastica
FRA DI NOI Leonardo e Gabriele Mattei nostri ospiti
LA LORO società, la gloriosa Etruria che ha compiuto 110 anni nel 2007, ha sede proprio a due passi da quella della scuola primaria del comprensivo Marco Polo. Loro sono due grandi atleti, Gabriele e Leonardo Mattei, che abbiamo invitato alla Ser Lapo Mazzei, il 20 dicembre. Ci hanno parlato di uno sport stupendo che richiede sacrificio, coraggio, forza, concentrazione e passione. Leonardo ha vinto il campionato italiano tre volte nel 2005, nel 2006 e nel 2010 e ora punta ancora più in alto. Gabriele si dedica a fare l’allenatore. Insegna anche ai più piccoli, bambini di quattro o cinque anni. «La ginnastica artistica dei grandi - ci spiega Gabriele - non è quella dei piccoli. I bambini iniziano giocando. Fanno esercizi per abituarsi a poco a poco all’equilibro, ad avere coraggio, a con-
servare la scioltezza muscolare. Infine si passa agli attrezzi, sotto forma di gioco, in modo che loro imparino senza nemmeno accorgersene». Mentre gli adulti fanno anche tre ore di allenamento al giorno, come Leonardo che sta preparandosi ai campionati nazionali di ginnastica, i più piccoli si allenano solo sei ore a settimana in tre giorni diversi. L’Etruria è certo una dei vivai della Ginnastica pratese e toscana. E oltre a praticare ginnastica, cosa fanno i nostri due campioni? Hanno le fidanzate, ovviamente ginnaste pure loro, però impegnate nella ritmica. Altre passioni: il calcio (tutti e due sono milanisti) e una divertente partita di riscaldamento all’interno della palestra dell’Etruria non manca mai prima dell’allenamento alle parallele, agli anelli o al corpo libero.
REDATTORI IN CLASSE GLI ALUNNI CRONISTI: Allmeta Mehmet, Assunta Ciardi, Ahmed Elmrabti, Lucrezia Fantacci, Andrea Giachin, Alice Guan, Elena Huang, Linda Huang, Cai Xiang Yun, Jin Kai, Lorela
Keka, Esmerald Mehmetay, Valentina Mo, Alessio Piccioli, Weng Rouxue, Shen Zi Wei, Eglis Struga, Anna Turyak, Lucilla Zauli, Melissa Zekaj, Maria Elena
Zenobio di Fusco, SIlvia Zhou. Tutor scolastico: professoressa Giovanna Vitrano. Dirigente: Cristina Magelli.
LA STORIA
Campione nell’hockey e nella vita SI CHIAMA Christian Giagnoni ed è stato per cinque anni e fino al 2010 scorso il «centravanti» e il capitano della Mgs, che milita nella serie A1 di hockey a rotelle dopo varie vicissitudini, dalla retrocessione al ritorno nella massima serie dopo tre anni. A 5 anni prese i primi contatti con l’hockey, che da allora non ha mai lasciato. La passione lo ha fatto diventare un campione, capace di segnare 32 reti in una stagione, più 5 in nazionale con la quale ha affrontato le più importanti squadre europee. «La gara più emozionante - racconta - fu contro i campioni del Portogallo». CHRISTIAN è un grande campione anche nella vita. Il pomeriggio 22 dicembre 2010, giorno del 35˚ compleanno, mentre era in moto una macchina l’ha investito, lasciandolo in coma. «Quando mi sono svegliato ho capito subito che avevo perso l’uso delle gambe». Ma non si è mai arreso. Ha continuato a praticare lo sport che gli ha consentito di avere salva la vita: «Grazie al fatto che sono uno sportivo e non fumo, sono riuscito a sopravvivere quando i miei polmoni sono risultati per un certo periodo gravemente compromessi per l’incidente». Adesso continua a seguire la sua squadra da allenatore. Cura anche i bambini principianti. Ha iniziato a praticare tennis e fra poco comincerà l’agonismo nel tennis in carrozzina e noi, avendolo conosciuto, siamo sicuri che riuscirà a raggiungere obiettivi da campione anche in questo settore.
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CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 25 GENNAIO 2012
Scuola media
Enrico Fermi Prato Prato
Il cuore di Prato non batte più Il centro storico viene disertato da giovani e non più giovani APPROFONDIMENTO
E’ il fulcro di cultura e bellezza LA CULTURA fa centro. Il centro culturale della nostra città ha visto in questi anni un declino economico, ma non culturale. La bellezza delle opere che costituiscono l’attrazione e il vanto dei pratesi risiede: negli affreschi del Lippi, in Palazzo Pretorio, nel suggestivo Castello dell’Imperatore, nelle case torri. Che creano un vero museo all’aperto, accessibile a tutti. Nonostante Prato non vanta una fiorente tradizione turistica, negli ultimi anni è aumentato il numero di visitatori anche stranieri che hanno fatto tappa in città. Non ci sono solo opere e beni artistici da visitare, ma anche punti di aggregazione. Ci sono luoghi storici, da sempre centri di socialità, come i circoli ricreativi oppure spazi di studio e aggregazione come le biblioteche, i musei e i teatri. Uno dei fiori all’occhiello della città è la biblioteca Lazzerini creata per aprire, ai cittadini di ogni provenienza, una finestra su: cultura, formazione, tempo libero. Molto importante è la sezione ragazzi dove si trovano oltre 17.000, che rappresenta uno degli spazi più grandi e importanti della biblioteca. L’offerta della biblioteca nata dal recupero dell’ex Campolmi, storica fabbrica pratese, è davvero vasta: ci sono libri anche in albanese, arabo, cinese, russo e varie altre lingue. I numeri della Lazzerini sono davvero da record: 250mila volumi, di cui 120mila ad accesso libero, 450 sedute per la lettura, 110 postazioni con computer, 6mila titoli multimediali, 700 quotidiani on line da tutto il mondo, giusto per citare qualche cifra.
MOLTI SONO stati i tentativi di ravvivare il centro di Prato, sia il pomeriggio sia la sera. L’affluenza di giovani sta diminuendo radicalmente. Il pericolo aumenta, le risse sono sempre più frequenti. «Alcuni mesi fa – dicono alcuni intervistati – hanno aggredito alcuni ragazzi senza motivo». Ma la sicurezza non è l’unica causa di quello che molti residenti definiscono aun abbandono in costante». I ragazzi dai sedici ai venticinque anni non vanno più in centro perché si annoiano. Girare per i negozi è divertente, ma fino ad un certo punto. Ecco perché c’è poca affluenza: andresti in un posto per non fare niente? Allora i ragazzi si organizzano e si riuniscono in pub, discoteche e feste organizzate da coetanei. Valutando attentamente le notizie che siamo riusciti a raccogliere, siamo arrivati alla conclusione che i ragazzi preferiscono andare altrove. FORSE TUTTO nasce da un cambiamento sociale, i luoghi e
propri figli, soprattutto di sera. La mancanza di giovani in alcune ore del giorno sta andando di pari passo alla crisi economica, che negli ultimi anni ha peggiorato la vita dei negozianti.
LA VIGNETTA Così gli alunni della Fermi interpretano il tema
gli interessi sono cambiati, noi siamo l’epoca dei centri commerciali. La nuova società ha bisogno di centri di aggregazione, una necessità che ha creato spazi economici condivisi. Infatti, documentandoci, abbiamo appreso che questi centri commerciali, come Parco
Prato, creano eventi che coinvolgono sempre più giovani, accompagnandosi a strutture legate puramente allo svago e al divertimento. Da questa analisi possiamo capire che è avvenuto un decentramento. Inoltre il centro storico non è più ritenuto un luogo affidabile e i genitori non hanno piacere di mandare i
GIRANDO per il centro, solo nella zona di Piazza Mercatale, si vedono trentacinque saracinesche di negozi abbassate con su scritto «Affittasi». Nonostante in centro si vedano negozi chiudere uno dopo l’altro, il comune non la vede così, dice che i negozi che chiudono stanno diminuendo rispetto agli anni passati. Riguardo agli eventi l’assessore di Prato ha detto che «Il comune organizza circa 150 eventi l’anno divisi in mostre ed eventi culturali». Il fatto sta, che, i ragazzi comunque preferiscono andare altrove invece di partecipare attivamente a tali attività. E’ un problema di cultura o sono eventi davvero poco interessanti?
L’INTERVISTA LUCI E OMBRE ENTRO LE MURA: L’ANALISI DEL VICESINDACO BORCHI
«La città si riscopre anche grazie agli eventi»
AMMINISTRATORE Il vicesindaco Goffredo Borchi
IL CENTRO di Prato secondo l’assessore Goffredo Borchi che affronta gli aspetti economici, culturali e sociali che hanno caratterizzato Prato negli ultimi anni. «Nelle ultime settimane, ho notato un aumento di frequentazione, del centro storico da parte dei pratesi, soprattutto nel fine settimana — spiega l’assessore Borchi — Penso che Prato si stia riscoprendo. Gli eventi non mancano, un esempio recente è quello del Palazzo Pretorio e la filatrice di Bartolini, che spero diventi il simbolo della nostra città». Riguardo alle inziative per i ragazzi , aggiunge l’assessore «la fascia d’età tra i tredici e i diciotto anni è tuttavia la più difficile da soddisfare nel campo delle iniziative, poiché spesso sono poco conosciute e l’interesse deve nascere dai ragazzi. Un nostro progetto è però quello di far avere a tutte le scuole degli opuscoli con i vari eventi». «Riguardo ai punti di ritrovo per i giovani— conti-
nua l’assessore — potrebbero appunto essere i luoghi legati ad eventi culturali o le biblioteche, ma dal punto di vista dei locali ce ne sono pochi». Parlando della sicurezza della nostra città, il vicesindaco afferma «sono convinto che il monitoraggio più efficace è quello da parte dei cittadini, poiché abbiamo cercato di militarizzare, ma è difficile perché ci sono poche pattuglie ed è impossibile controllare tutte le parti di Prato». Riguardo alla salute economica del centro l’assessore Borchi elenca una serie di cambiamenti «la tassa per far collocare, sul suolo antistante, i tavoli dei bar, è stata diminuita del 90%; è stato permesso ai negozi di acquistare anche i piani superiori, vista la necessità di alcune grandi catene; infine, ci siamo occupati del rifacimento delle facciate imbrattate dai graffiti. Negli ultimi tempi le aperture dei negozi superano le chiusure e si ha un saldo positivo di circa quaranta negozi».
REDATTORI IN CLASSE GLI STUDENTI della classe III B che hanno collaborato alla stesura della pagina del campionato di giornalismo. Adele Cecconi, Alessia Bracale, Aziz Charage, Clarissa Cini, Essalhi Soukaina, Federico Lepore,
Francesca Paoletti, Gianluca Boscolo, Giulia Piperato, Ilaria Nigro, Isabella Chemeri, Laura Scala, Lorenzo Lanzini, Lorenzo Roberti, Lucrezia Gori, Margherita Tesi, Matteo Vannucci, Noemi Fabbri, Pietro Bia-
gi, Raul Romeo Fulco, Riccardo Ciulli, Ronaldo Riska, Tommaso Golfieri, Viviana Manasci, Yang Minghuang. La professoressa che ha collaborato per coordinare la pagina è Filomena Del Guacchio.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 25 GENNAIO 2012
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Scuola media
S. Caterina Prato
Caccia: passione o ingiustizia? Per alcuni è un hobby divertente, per altri un’attività barbara da abolire UNA STORIA lunga quanto quella dell’uomo. La caccia ha rappresentato fin dalla notte dei tempi una importante fonte di sostentamento, ancor prima dell’invenzione della lancia e degli archi. Oggi, in gran parte del mondo, non rappresenta più un’attività indispensabile per ottenere del cibo, ma in alcune società ancora non del tutto evolute ricopre ancora una funzione importante. Nei paesi industrializzati invece ha assunto una funzione ricreativa. Negli ultimi anni però l’arte venatoria vive una fase di lento declino. In Italia il numero dei cacciatori è in progressiva diminuzione, si è passati infatti dai 1.701.853 del 1980 ai 751.876 del 2007. E a Prato? Anche la nostra provincia conferma questo dato. Secondo quanto riportato dagli esperti del settore, si tratta di un’usanza praticata dalle persone più anziane. Circa 3600 persone vi si dedicano ancora, ma pochi anni fa questo numero era all’incirca il triplo. Questi i dati forniti da un membro dell’associazione WWF(Fondo Mondiale per la Natura), Ranieri Ghiardi, il quale ha spiegato
UMORISMO Per fortuna gli animali non sanno usare armi da fuoco
che «la gente caccia generalmente o per divertimento, o per continuare una tradizione di famiglia. Una realtà a parte è quella dei cacciatori di frodo, ovvero quei cacciatori privi di documentazione, anche se non numerosi come una volta, e i bracconieri, cioè quegli uomini che cacciano animali protetti, o per proprio tornaconto per-
sonale, cioè per guadagnare denaro o per usare le prede come trofeo, o perché non hanno alcun rispetto per essi. Coloro che vengono colti a praticare questo tipo di caccia, vengono per fortuna puniti penalmente». Le regole comunque ci sono, a partire dalla delimitazione delle zone in cui questa attività si può
praticare. Nella provincia di Prato si trovano nella Val di Bisenzio, in particolare nella zona dei laghi artificiali di Vernio e Vaiano. In queste macrozone si cacciano soprattutto lepri, molti cinghiali, fagiani e daini, spesso con l’ausilio dei cani da caccia. La cosa che, purtroppo, fa da rovescio della medaglia a questa tradizione millenaria è il fatto che, secondo attente stime, molti animali, un tempo numerosissimi, stanno scomparendo, come i lupi nell’Appennino toscano. Nella vallata, invece, gli animali in via di estinzione sono alcune specie di uccelli. «La caccia è una cosa buona e giusta soltanto se gli animali cacciati sono troppi e minacciano la vita e la sopravvivenza delle altre specie, ma — conclude Ghiardi — se le ragioni sono altre, è un’usanza “neolitica”, perché non ci si può divertire sulla pelle di essere viventi innocenti. Molti sono comunque i ragazzi che oggi trovano la caccia un’attività barbara da abolire». Per fortuna, aggiungiamo.
L’INTERVISTA LA STORIA DELLE ATTIVITÀ VENATORIE ATTRAVERSO I RACCONTI DELLA FAMIGLIA BALDI
Di padre in figlio, una tradizione interrotta ALTRO che barbarie da abolire. A sentir loro si tratta di un’attività tutt’altro che ingiusta, anzi l’amore e il rispetto della natura sono i valori che gli appassionati di caccia riconoscono come tra i più importanti. Allora per comprendere meglio il loro mondo e le motivazioni dei suoi sostenitori abbiamo deciso di intervistare il padre di un nostro compagno di classe, Ettore Baldi. La famiglia Baldi vanta una lunga tradizione venatoria, interrotta dal figlio Cosimo, che per il momento non vuole saperne di imbracciare il fucile. Perché ha iniziato a cacciare?
«E’ una tradizione che nella mia famiglia persiste da generazioni. Ho cominciato all’età di 18 anni e ho imparato presto a cacciare ogni tipo di animale». IN AZIONE Ettore Baldi al termine di una battuta di caccia
Quali sono i luoghi più frequentati da voi cacciatori?
«Solitamente le nostre mete preferite sono l’Appen-
nino tosco-emiliano e le zone circostanti, perché lì la fauna è più concentrata. A me, come a molti altri, piace molto cacciare cinghiali, fagiani e beccacce». Preferisce cacciare da solo o in compagnia?
«Dipende. Io preferisco stare in compagnia perché la caccia non è solo uno sport ma è anche un momento per stare insieme. Inoltre, porto con me il mio cane, con il quale c’è un rapporto molto stretto». Perché pensa che quello che fa sia giusto?
«Io penso che mantenere un equilibrio tra la fauna selvatica e la natura sia giusto, la crescita eccessiva di un certo tipo di animali danneggerebbe tutto il resto». Cosa pensa del fenomeno del bracconaggio?
«I bracconieri sono una piccola parte di cacciatori, che mettono in cattiva luce tutta la nostra categoria, ed è giusto che vengano puniti penalmente».
REDATTORI IN CLASSE ECCO l’elenco completo dei ragazzi della III B di Santa Caterina che si sono impegnati nella stesura di tutti gli articoli della pagina: Adrian Aguilar, Cosimo Baldi,
Leonardo Cavigli, Sofia Ceccatelli, Alessandro Cianchi, Lorenzo Conti, Edoardo Corrieri, Sara Gensale, Andrea Guida, Giulia Guidotti, Massimo Hu, Ester Maria
Megera, Camilla Nencetti, Giulia Valente, Ilaria Wu. La professoressa che ha seguito e consigliato la classe durante il progetto è Nadia Vinciprova.
LA CURIOSITA’
Doppiette rosa Un fenomeno in aumento BASTA dare un’ occhiata alla mitologia classica per rendersi conto di quanto il binomio caccia e donna abbia radici profonde. Artemide era la divinità femminile che proteggeva la caccia, la selvaggina e i boschi; le Amazzoni erano donne guerriere alle quali piaceva cacciare. Nella realtà di oggi non mancano esempi di donne alle prese con le doppiette. Circa il 5% degli amanti della caccia in Italia è rappresentato da loro. E’ il Comitato Nazionale Caccia e Natura ad aver stimato a 30 mila le donne italiane che ad oggi amano tanto quanto gli uomini l’ arte venatoria e la svolgono con tutta la passione, la professionalità ed il rispetto richiesto. Ma che cosa spinge le donne ad imbracciare il fucile? Testardaggine, passione per la natura e adrenalina. A volte non è facile essere accettate dai cacciatori, ma, come affermano tutte quelle che sono state intervistate: “Appena i cacciatori, soprattutto quelli più anziani, capiscono che sai perfettamente quel che fai e quel che dici, ti accolgono nel gruppo di caccia senza riserve. E il vincolo di amicizia che si crea, è sincero e semplice.” Alla base resta una passione smisurata per i boschi, per le sfide, per la natura, per i cani che sono amici e ottimi compagni di caccia. Nel bel paese è comunque certo che la maggior concentrazione di donne che imbracciano un fucile si trovi al nord e nel centro, ma sono in aumento anche nel sud.
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Scuola media
Sem Benelli Prato
Noi e il tempo libero Cosa preferiscono i ragazzi di oggi: scelte obbligate o consapevoli? IL PASSATO
Ritorno al tempo dei nonni È CAMBIATO il modo di impiegare il proprio tempo libero. I nostri genitori e i nostri nonni stavano molto più all’ aria aperta, a contatto con la natura. Si ingegnavano molto più di noi per divertirsi: costruivano giochi e mettevano insieme giochi. Invece noi oggi stiamo molto in luoghi chiusi, seduti davanti al computer. Si è perso il piacere di stare all’aria aperta e di giocare in compagnia. I nostri nonni nel tempo libero giocavano a palla, andavano in bici, costruivano le altalene agli alberi con le corde, stavano nei campi, giocavano a biliardo e uscivano con gli amici. I nostri genitori facevano più o meno le stesse cose: giocavano molto in gruppo ma passavano anche tanto tempo davanti alla Tv e ascoltavano musica. Spesso i nostri genitori e soprattutto i nonni aiutavano in casa, nel lavoro e nelle faccende domestiche. Chi viveva in campagna andava nei campi o portava fuori gli animali. In tante situazioni dovevano imparare a cavarsela da soli e a crescere senza l’aiuto di nessuno erano stimolati nella creatività e nella manualità per costruire i propri giochi. Una costante del nostro tempo libero e di quello dei genitori e dei nostri nonni è cercare la compagnia degli amici. Oggi siamo certamente aiutati a frequentare gli amici anche lontano attraverso internet. Questo sembra rendere più stabili e durature le nostre amicizie, ma anche vero che tra i nostri coetanei un uso smodato dei mezzi tecnologici ha distratto molti di noi rendendoci ignoranti su alcuni aspetti importanti della vita.
NON POSSIAMO lavorare sempre e per tante ore di seguito, occorre un tempo di riposo, cioè il tempo libero, che comprende anche il tempo dedicato agli svaghi, agli amici e altre attività scelte da noi. In classe abbiamo discusso su cosa pensiamo del nostro tempo libero e come lo trascorriamo, e abbiamo fatto un sondaggio sul tempo libero del giorno d’oggi e del passato, intervistando i coetanei, i genitori e i nonni. Alcuni sostengono che il tempo libero è come un tempo perso perché è improduttivo, ma quasi tutti siamo concordi nell’affermare che il tempo libero non è necessariamente il tempo del non fare nulla o tempo del vuoto: il vero tempo libero è legato al piacere e allo svago. La sensazione per molti di noi è quella di non averne molto perché spesso le nostre giornate sono scandite da un susseguirsi di attività che a volte sono scelte da noi e altre volte sono decise dagli adulti. Non è raro sentirsi dire, con aria di rimprovero, che passiamo troppo tempo in compagnia del nostro computer. Chi lo dice afferma una sicura verità. Dal computer si possono scaricare una grande varietà di video-
DISEGNO Una vignetta dei ragazzi dedicata al tempo libero
giochi che facciamo anche alla play, oppure giochiamo alla Wii davanti allo schermo. Oggi il computer è diventato un mezzo potente di comunicazione che ha surclassato di gran lunga il cellulare, il quale, a sua volta, ha tante funzioni simili allo stesso computer. Facebook, Twitter, Messenger e i vari social network sono tra i no-
stri passatempi più gettonati. Attraverso di essi entriamo in contatto con i nostri amici all’istante risparmiandoci il tempo degli spostamenti per incontrarci, possiamo immediatamente soddisfare le nostre curiosità in fatto di musica, di sport, di qualche notizia dell’ultima ora, oppure consultiamo il pc per approfondire certi
contenuti di scuola. Certo l’uso smodato di questo strumento ci rende pigri perchè incollati al video per ogni questione, abituati al tutto e subito senza sentire tanto la fatica della conquista di cose ottenute con pazienza e con l’esercizio nel tempo. Per fortuna tanti di noi, almeno in base al campione da noi scelto, si dedicano allo sport durante il tempo libero e lì è più possibile misurarsi con se stessi e con gli altri. Pochi ragazzi scelgono la lettura e sempre meno si incollano davanti alla TV ingozzandosi di patatine e sorseggiando Coca Cola. Comunque ci riteniamo fortunati. Prato, con la sua periferia, è una città che offre tante opportunità per il tempo libero. Ci sono cinema, centri commerciali, sale giochi, pizzerie, pub, palestre, centri sportivi, scuole di ballo e altri luoghi dove trascorrere il nostro tempo libero. E non mancano i vari luoghi in cui ci incontriamo: l’Omniacenter, il Parco Prato, Wee-meet. Il tempo libero infine è anche il tempo della gratuità, possiamo scegliere di fare qualcosa di piacevole e di interessante per noi stessi ma anche con gli altri.
LA PAROLA AI GIOVANI LE ESPERIENZE DEI COMPAGNI: UNA VIENE DALLA CINA E UNO DAL PAKISTAN
«Io mi dedico a...»: i racconti degli studenti
STUDIO Gli alunni si sono divertiti anche a fare statistiche
Da meno di un anno a Prato. La nostra compagna cinese racconta... Nel tempo libero potrei essere sia contenta che triste. Contenta quando c’è qualcuno che mi tiene compagna, triste quando sono sola. Di solito, quando ho tempo, guardo i libri scaricati da internet nel mio cellulare o se no accompagno Francesca a fare shopping, vado su internet e chatto, ascolto musica, riposo, e certe volte mi reco anche a casa di Elisa a giocare a Badminto. Anni prima, in Cina, i giovani andavano in montagna a raccogliere l’erba per gli animali, aiutavano i genitori nelle faccende domestiche, portavano a pascolo le pecore. Secondo me i ragazzi di 15 anni che lavorano sono più responsabili di quelli che non lavorano, dico che sono più responsabili perché hanno provato in prima persona la fatica e sanno cosa significa sacrificare del tempo per essere utili agli altri.
Il nostro compagno pakistano racconta alla classe... Il tempo libero dei miei genitori e dei miei nonni era molto, molto diverso. In quel tempo i nostri facevano le cose diverse: mio nonno diceva che giocava con le bambole e lavorava in età di 13 anni. Il mio babbo diceva che quando aveva 16 anni era andato in Cina, poi in Turchia e dopo alla fine era arrivato in Italia. Noi invece fino a 17 o 18 anni non possiamo lavorare. Questa è una cosa diversa. Noi nel tempo libero si gioca con i computer, alcuni stanno molto sul facebook. Quando ero in Pakistan nell’estate i ragazzi della mia età lavoravano sulle strade quando non erano sulle strade lavoravano nelle fabbriche. Quando io li guardo a me viene da piangere perché sono ragazzi di mia età e spesso mi chiedono aiuto. Non riesco a parlare davanti a loro.
I REDATTORI IN CLASSE I REDATTORI della II C: Achak Mehdi, Adamski Dominik, Annunziata Fortunato, Serena Bogani, Lucrezia Borgianni, Margot Brescia, Alessia Carrante, Giulia Clementini, Valentina D’Agosta, Alì Ehtisham,
Nohaila Fadil, Alex Giaquinta, Matteo Gouessey, Elisa Hu, Matteo Hu, Qing Qing Hu, Francesca Hu, Christian Maione, Michele Moccia, Elisa Poli, Khadija Rayyad, Steven Suffer, Emanuele Terpini, Giulia
Vargiu, Marisa Wu, Marco Xia. Tutor: profesoressa Maria Laura Cheli. Dirigente scolastico istituto comprensivo Don Milani: Maria Grazia Ciambellotti.
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Bartolini Vaiano
La crisi? Si vince col volontariato Valbisenzio, un fiume di solidarietà ma le forze non bastano mai SONO DAVVERO tante e svolgono un ruolo importante nella vita sociale della nostra cittadina. La solidarietà, il volontariato, l’associazionismo hanno delle radici antiche sul territorio. Alcune associazioni svolgono un’attività di assistenza sociale, oltre che di solidarietà, come la Pubblica Assistenza e la Misericordia; ve ne sono altre che si occupano dei problemi degli anziani, sia per aiutarli nella cura delle malattie che per mantenere la loro vita ancora attiva ed utile per la comunità. Ci sono poi quelle che operano per far conoscere e valorizzare la cultura, l’arte e le bellezze della Val Bisenzio, e quelle impegnate nel settore sportivo. La solidarietà, l’aiuto reciproco, l’unione delle persone all’interno di questi organismi, è certamente una risorsa che può diventare ancora più importante per affrontare il periodo di grave crisi che stiamo vivendo, quando un numero sempre maggiore di persone si trova in difficoltà ed hanno bisogno di sostegno economico, certamente, ma anche di non sentirsi sole ed avere l’attenzione e l’aiuto “morale” dei loro
LA VIGNETTA Lungo il fiume Bisenzio scorre la solidarietà
concittadini. Molti dei soldi ricavati dalle tante iniziative organizzate appositamente, vengono utilizzati per aiutare le popolazioni, soprattutto bambini, che vivono in zone del mondo meno ricche e fortunate delle nostre; un sostegno che può essere offerto anche raccogliendo indumenti, medicinali, cibo, come fa l’associazione
“Mato Grosso”, dedicandosi ai paesi dell’America latina. E tra le associazioni che operano nel settore dell’educazione, la Don Lorenzo Milani, oltre al sostegno dato ai ragazzi con difficoltà scolastiche, aiuta numerosi giovani stranieri a conoscere ed integrarsi meglio nella nostra società e nella nostra cultura. Il volontariato femmini-
le, con l’associazione “Dora – forum delle donne onlus”, ha aperto uno sportello di “Ascolto-Aiuto”, un nome che ben riassume il significato del’impegno sociale delle volontarie: gli anziani, ma anche tutte le persone sole e in difficoltà, possono trovare chi le ascolta e si occupa di loro; spesso questo aiuto è l’unico modo che hanno per ritrovare un po’ di speranza e di serenità. Un sondaggio effettuato a scuola, ha mostrato che il volontariato è ancora poco diffuso tra i giovani. Alcuni ragazzi intervistati hanno riferito quanto sia positiva la loro esperienza nel campo della solidarietà e quanto possa essere importante conoscere i problemi delle persone e maturare quindi anche noi stessi. E’ certo più importante dare un aiuto concreto ad una persona che trascorrere le ore davanti al computer o alla playstation. La solidarietà può essere per tutti una buona “maestra di vita”. La crisi è certamente un problema, ma se provassimo a staccarci di più dalle cose materiali, forse riusciremmo a comprendere che l’aiuto e la solidarietà sono le chiavi per aprire le nostre menti e i nostri cuori.
L’INTERVISTA IL SINDACO DI VAIANO ANNALISA MARCHI FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE SULL’ASSOCIAZIONISMO LOCALE
Un Comitato per aiutare chi è in difficoltà COME NASCE a Vaiano la solidarietà e cosa si fa di concreto per gli altri. Lo spiega il sindaco Annalisa Marchi. Facendo riferimento anche ad un libro, tra i tanti, che ha scritto proprio assieme ai ragazzi della scuola Bartolini. Quale situazione c’è oggi nell’ambito delle associazioni e del volontariato?
«In questo periodo di crisi il ruolo delle associazioni è anche più importante. E’necessario utilizzare nel miglior modo possibile le risorse che abbiamo, evitando gli sprechi. Il Comune ha creato un “Albo delle associazioni” e nel territorio ve ne sono ben 65, di tutti i tipi. Il volontariato e la solidarietà contano molto. Ma essere solidali dovrebbe anche voler dire che chi ha più ricchezza è disposto ad aiutare chi ne ha di meno». SINDACO Annalisa Marchi durante l’intervista in classe
Nella sua vita ha partecipato a qualche associazione od alla loro creazione?
«Come forse sapete, un tempo vi era la “Settimana vaianese”. Fu poi deciso di fare una grande manifestazione che raggruppasse tutte le associazioni interessate. Nacque “Vaiano a tavola”. Su proposta dei membri delle associazioni, già nel mese di maggio viene stabilito come utilizzare i guadagni. Un anno fu deciso di destinare tutto il ricavato al Comitato di solidarietà; in altri anni il ricavato è stato destinato a più organismi e progetti benefici». Ci può parlare del Comitato di solidarietà?
«Il Comitato ha un regolamento molto preciso e vengono valutate con cura le situazioni di maggiore difficoltà, come quelle di chi ha perso il lavoro. Viene quindi deciso un aiuto, cercando di soddisfare i bisogni, quelli più urgenti, una volta soltanto, in modo da non creare una “dipendenza”, per dare insomma “una spinta” alla persona, in modo che possa poi risollevarsi da sola».
I REDATTORI IN CLASSE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della II D della scuola media dell’istituto comprensivo Lorenzo Bartolini di Vaiano. Redattori in classe: Beatrice Barfucci, Federico Barsaglini, Simone Brachi, Bianca
Cecconi, Cosimo Fabbri, Sara Fabiani, Sara Farinacci, Giada Fioretti, Giulia Francalanci, Davide Giarrè, Alessia Guidoni, Scian Tang Gui, Samuel Montesi, Elena Nuti, Andrea Parisi, Gabriele Pecchioli, Marti-
na Pescari, Enrico Pini, Munir Raza, Giada Rocco, Carmen Rosati, Ginevra Russillo, Mattia Russillo, Daniele Vekony. Dirigente scolastico Sandra Bolognesi e docente tutor il professor Leonello Rabatti.
IDEE LOW COST
Il risparmio dalla farmacia alla sartoria ERA GIÀ attiva la Società di Mutuo Soccorso quando la Farmacia Cooperativa fu inaugurata: era il 21 febbraio 1909. Non c’era un proprietario unico ma tutti i soci avevano una piccola fetta di proprietà e questo permetteva di vendere i medicinali ad un prezzo più basso. Questa forma cooperativa è rimasta fino ad oggi e la Farmacia di Vaiano è l’unica in Italia ad avere questo tipo di gestione; per Statuto utilizza i guadagni a beneficio di tutti gli abitanti. Un’altra “invenzione” vaianese è “La sartoria”, che è nata circa 20 anni fa su iniziativa della “mitica” Licia, una rammendatrice pensionata, la quale propose ad alcune donne sue colleghe di cucire, ricamare e creare “pigotte” (le bambole di pezza) nel suo garage. Aumentate di numero, le donne sono state ospitate in un locale più grande. Il ricavato del loro lavoro è ancora oggi utilizzato a scopo benefico. Dal 2009 è attivo un Comitato che fornisce un sostegno economico, “una tantum”, alle persone e alle famiglie in particolare difficoltà, provvedendo talvolta anche al pagamento delle bollette, delle rate del mutuo e delle spese per il riscaldamento. Ed infine, “Vaiano a tavola” è il festival delle associazioni locali e si svolge agli inizi di Luglio. E’ una grande manifestazione durante la quale si possono gustare, a prezzo modico, vari tipi di piatti, da quelli tradizionali a quelli etnici e vi sono molti intrattenimenti per grandi e piccini. Tutte le associazioni contribuiscono all’organizzazione ed il ricavato è destinato anche a vari scopi benefici.
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MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012
Scuola Media
Castellani PRATO
Sos giocattoli nocivi Bambini minacciati da sostanze e materiali pericolosi I NEGOZI
Prodotti sicuri per imparare divertendosi CI SIAMO messi a indagare se, accanto a chi vende giocattoli che possono rivelarsi dannosi e pericolosi, ci sono anche venditori particolarmente attenti alla salute e alla personalità del bambino... E li abbiamo scovati. Il negozio si chiama “Città del sole”, vende giocattoli educativi e creativi. Città del sole nasce a Milano nel 1972; oggi ha 60 punti vendita in Italia. Dietro c’è una grossa azienda che seleziona giocattoli da tutto il mondo e la maggior parte è di concezione nordica: l’assortimento è una selezione del “meglio” dei produttori di giochi inglesi, tedeschi, scandinavi, francesi e americani, ma accanto a notissime marche troviamo anche nomi di piccoli produttori. Non dovendo sottostare alle “mode”, sono tutti prodotti soggetti a controlli rigorosi, sono testati e devono rispettare criteri di assoluta a-tossicità e di solidità nell’assemblaggio dei componenti. Siccome la priorità è la sicurezza, se succede che una parte si stacca dal giocattolo, l’articolo viene immediatamente ritirato dal mercato. Lo scopo principale è proporre giochi creativi, divertenti, capaci di creare nel bambino idee, emozioni e stimoli. All’interno del negozio, abbiamo, inoltre, notato una stanza ricreativa dove i bambini possono sfogare la loro fantasia in totale libertà: in questo spazio i bambini imparano divertendosi.
AVENDO avuto delle esperienze personali con vari tipi di giochi pericolosi, possiamo ben dire che la salute dei piccoli e dei ragazzi è spesso messa a rischio. I giocattoli possono essere nocivi per vari motivi: le vernici utilizzate, il materiale di cui sono fatti o il loro contenuto. L’esempio più famoso è quello che riguarda gli “Skifidol” che come ha scoperto la Finanza di Ragusa, la prima ad accorgersene, erano di una sostanza pericolosa. Dopo l’ordine di ritiro del prodotto dato dal Ministro della Salute, il gioco è stato rimosso dal commercio. La famosa gelatina, umidiccia e simile allo “Slime”, messa sul mercato in diverse varianti, è infatti nociva per i bambini, poiché si può “spezzettare”, diventando facile da ingerire e introdurre nelle cavità del naso e delle orecchie apportando gravi problemi di salute. Inoltre sono state riscontrate altre tipologie di materiali rischiosi con cui i bambini vengono facilmente a contatto: tappetini in materiale plastico costituito da elementi-tasselli di vari colori utiliz-
DANNOSI Necessario controllare sempre i marchi di garanzia
zati in asili nido o ludoteche. Il tappetino potrebbe infatti essere dannoso se ingerito accidentalmente e irritante per gli occhi se esposto ai vapori emanati dalle formelle. Anche le candele a forma di cioccolatino risultano rischiose perché facilmente scambiabili per
dolci veri e quindi ingerite. LE BOMBOLETTE schiuma spray di Carnevale, prodotte e commercializzate da una ditta di Cremona sono dannose per le cornee. Nel 2007 la Mattel (una delle più note aziende di giocattoli) ritirò a Chicago 18,6 milioni di gio-
chi tossici prodotti in Cina perché contenenti magneti che potevano essere ingeriti da bambini. Ci fu poi l’allarme mondiale per la notizia sulla “vernice al piombo”, come quella che ricopriva circa 436mila giocattoli ispirati al personaggio del film di animazione “Cars”. Per lo stesso motivo avrebbero lasciato gli scaffali dei negozi per bambini anche 680mila “Barbie”, 350mila “Batman” e altri eroi. Sempre nell’Agosto 2007 la distribuzione “Toys” ha bloccato la vendita di più di un milione di bavaglini per la pappa con personaggi della “Disney” perché contaminati con la vernice al piombo in una quantità tripla rispetto ai livelli consentiti. Dei ragazzi della nostra classe invece hanno avuto delle esperienze con palline pericolose: esse come rivestimento hanno una plastica elastica, mentre al loro interno c’è una “farina” che emana brutti odori. Il consiglio di noi ragazzi è di avere sempre una grande attenzione nell’acquistare i giocattoli e controllare sempre bene i marchi di garanzia.
PUNTI DI VISTA «CONTROLLARE SEMPRE CHE CI SIA LA CERTIFICAZIONE ’CE’ E L’ETÀ CONSIGLIATA»
Ecco i consigli di mamme e commercianti ABBIAMO messo a confronto i pareri sui giocattoli di una mamma e di una commerciante di giocattoli. Iniziamo dalla mamma…
accerto che il gioco non possegga parti staccabili e di piccole dimensioni, facilmente ingeribili dal bambino». Ora il parere della commerciante di giocattoli. Controlla la provenienza e la sicurezza dei giocattoli che vende?
È sicura dei giocattoli che compra ai suoi figli?
«Per essere sicura del giocattolo che sto per acquistare, controllo sempre che sulla confezione ci sia il marchio CE, che dovrebbe garantire la sicurezza del giocattolo, e anche l’azienda che ha prodotto il materiale». Cosa ne pensa di alcuni giocattoli tossici e/o pericolosi?
«Penso che non siano adatti a nessun bambino, in particolare a quelli di età inferiore ai 6 anni, in quanto sono giochi “inutili” e pericolosi: il bambino potrebbe inalarli o ingerirli». TOSSICO Molti giocattoli hanno sostanze tossiche
Le sono mai successi episodi in cui il giocattolo si è rotto o comunque non è rimasto integro?
«No, perché prima di dare il giocattolo al bambino, mi
«Sì, sto attenta alla provenienza dei giocattoli e controllo sempre che ci sia il marchio CE e l’età consigliata». Ha saputo di quella nota marca di giocattoli ritirata dal commercio perché considerata tossica?
«Sì, comunque ora sono ritornati in commercio, arrivano tramite giornali e quindi dovrebbero essere più sicuri». Quali tipi di giocattoli vende di più?
«I giocattoli che vendo di più sono quelli che vengono pubblicizzati in televisione». I giochi più sicuri costano di più?
«Non è detto. L’essenziale però è stare attenti alla presenza del marchio CE».
STUDENTI-CRONISTI LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti: Alessio Arena, Alessio Bucciantini, Alessandro Cuppari, Alessia Nieri, Alessio Puggelli, Alice Macchi, Andrea Curcetti, Camilla De Luca, Elena Biagi Ciappina, Emanue-
le Frasconi, Federica Bozzoni, Francesca Hu, Giada Hu, Giulia Scuffi, Greta Feregotto, Ivan Tognaccini, Leonardo Cuzzavaglio, Letizia Falangi, Maila Detti, Matilde Bresci, Michela Buscioni, Riccardo Mor-
gantini, Sara Martinelli, Serena Hu, Serena Pollini, Simona Ghita, Simone Cocci. Drigente: dott. ssa M. Grazia Ciambellotti Tutor: professoressa Angela Minuti.
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Scuola Media
Convenevole PRATO
Televisione, fenomeno sociale Un apparecchio che da strumento utile si è trasformato in amico TUTTI in casa ne abbiamo almeno due, ma non è sempre stato così, un tempo si era veramente fortunati a possederne una: stiamo parlando della televisione! Tutto cominciò il 7 settembre del 1927, anno in cui Farnsworth, inventore americano, creò il primo prototipo della “scatola magica”! Negli anni ‘50 le persone iniziarono a riunirsi nei circoli o nelle case per assistere ai programmi televisivi serali: “Il Musichiere”, “Canzonissima”, “Lascia o Raddoppia?”( famosi programmi televisivi RAI). La televisione era, quindi, in quel periodo, un forte strumento di aggregazione sociale, che permetteva alla gente di stare insieme e godersi la serata come se fosse sempre un giorno di festa. La televisione, negli anni ’60, viene usata come mezzo per insegnare a leggere e scrivere. L’Italia, a quei tempi, era per gran parte abitata da contadini analfabeti o semianalfabeti. Molti di loro seguivano in tv le lezioni del maestro Manzi. Fu negli anni ‘70 che la tanto amata televisione passò dal “nebbio-
EROI I cartoon hanno appassionato intere generazioni
so” bianco e nero al più realistico colore e furono le Olimpiadi di Monaco del ‘72 a dare l’avvio a questa “Nuova Era”. In questi anni iniziano anche ad arrivare nelle nostre case i famosi cartoni animati, sia dall’ Oriente che dall’America. Dall’ America arrivò anche il programma cult del decennio e della generazione dei
nostri genitori, “Happy Days”, con il mitico Fonzie. Non si può dimenticare, secondo i nostri genitori, la domenica pomeriggio, quando tutta l’Italia si fermava per vedere i “goal” della serie A con Paolo Valenti ed il suo “90˚ minuto”. Negli anni ‘80 continua la mania dei telefilm americani con “I Ro-
binson”, “I Jefferson”, “Il mio amico Arnold”, oppure “Tre Nipoti e un Maggiordomo” e la mitica e indimenticabile “Famiglia Addams”. Avvicinandosi sempre più ai giorni nostri, si arriva agli anni ‘90: nasce la tv satellitare, cominciano ad essere trasmessi film in anteprima e partite del campionato di serie A e B, in più si possono vedere telefilm come “Friends” e “I Simpson”. Negli anni 2000 la scelta di telefilm è aumentata smisuratamente, riscuotendo grande successo di pubblico, insieme ai reality come il “Grande Fratello” o “L’Isola dei Famosi”. Percorrendo tutte le fasi della televisione abbiamo notato un forte cambiamento di fondo: agli inizi la tv aggregava le persone ed era educativa, mentre adesso ne influenza i comportamenti, spesso negativamente, soprattutto quelli dei giovani. E’ opinione diffusa che chiunque sogni di apparire in un programma sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa pur apparire nel mondo dello spettacolo, lasciando così “l’intelligenza a casa.”.
I MITI DI OGGI BREVE STORIA DELLA MUSICA LEGGERA DAGLI USA DI ELVIS ALL’INGHILTERRA DEI BEATLES
Rock, quando la canzone diventa un cult
IL ROCK Leggende che virtualmente si incontrano
NEGLI ANNI ‘50 ebbe inizio una potentissima rivoluzione giovanile che partì da un nuovo tipo di musica: il rock’n’ roll. In questo primo periodo si distinse in modo particolare Elvis Presley che da timido ragazzo divenne, grazie a vari album, un’icona che non tramonta ancora. Nel ‘58 lascia la scena, ma dietro di lui ci sono altri idoli: Little Richard, Jerry Lee Lewis e Chuck Berry. All’inizio degli anni 60 tutti loro si ritirano dal mondo della musica e l’America sembra aver perso i suoi simboli. Nel ‘61 emergono due giovani destinati a rimanere nella storia, Bob Dylan e Jimi Hendrix. Negli stessi anni, in Inghilterra, un gruppetto di quattro ragazzi ottiene un contratto e pubblica il suo primo singolo col nome “Beatles”. Proseguendo di successo in successo segneranno pro-
fondamente la musica fino al loro scioglimento nel ‘70. Il ‘67 è l’anno della psichedelia e nascono formazioni quali Pink Floyd, Grateful Dead e Jefferson Airplane. Gli anni 60 finiscono col festival di Woodstock dove si esibisce anche Hendrix. Negli anni 70 nasce l’Hard Rock con Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath che durerà, insieme al Glam Rock di Bowie e dei Queen, fino al ‘77, quando scoppia la rivolta Punk di Sex Pistols e Ramones. Gli 80 iniziano con il fenomeno della Disco Music e della musica elettronica, il Rock però c’è ancora grazie agli U2 e ai Rem. Arrivano, quindi, gli anni 90 e i Nirvana, che suonano la nevrotica musica Grunge fino alla morte di Cobain nel ‘94. Poi, dalla famosa Disco Music, si arriva alle ultime “stars”: Shakira, Lady Gaga, Justin Bieber. E’ nata la nuova musica?
STUDENTI-CRONISTI Questa pagina è stata realizzata dagli studenti-redattori della classe III F della scuola media “Convenevole da Prato”. I redattori: Amoroso G..,Brienza M.,Capo-
bianco C., Carli S., Cartei N., Chen G.., Chiti C., Cirilli R, Ciuffatelli L.,Claps L..Craparo G., Di Santo S., Gabino F.,Goti B., Javed A., Lanni S., Luccarelli A., Mancini W., Martini
F., MocariniV.,Poporini T.,Quiriconi E., Sautariello M., Sulas B.,Tosa S., Zampieri E. Insegnanti tutor le professoresse Caterina Cafarelli e Laura Chiesi. Preside: professor Valerio Bandini.
LA CURIOSITÀ
Il primo manga è nato nel 1974 in Giappone DAGLI anni ‘70 a oggi i cartoni animati giapponesi hanno spopolato nelle case di tutto il mondo, influenzando le abitudini di bambini, ragazzi e adulti. Chi inventò queste fantasiose storie? E in che anno? La prima edizione dei fumetti giapponesi (maschili) fu ideata nel 1914 col titolo di Shònen Kurabu. Arrivò, nove anni dopo, il primo femminile, Shòjo Kurabu. I primi lavori italiani illustravano le avventure del Grande Mazinga e furono pubblicati grazie alla Fabbri Editori nel dicembre del 1979. Il primo a portare la cultura asiatica in tv fu Hakuja Den, ma nel 1974 fu il giapponese Youko Matsushita ad ideare il primo “manga” su carta a colori. Il vero e proprio “boom” dei cartoni avvenne negli anni ’90 con nuove storie apparse in tv. Sicuramente tutti noi abbiamo sentito parlare dei cartoni che seguivano i nostri genitori: Jeeg Robot d’acciaio, Heidi, Goldrake, Candy Candy, Lupin... Pensate a quanto lavoro è servito per arrivare ai più recenti che hanno caratterizzato la nostra infanzia, ovvero i vari Dragon Ball o Sanpei. Ultimamente i nostri televisori sono occupati da nuovi cartoni, solitamente americani. Nessuno, però, dimenticherà le straordinarie creazioni giapponesi. Visto il continuo progresso delle tecniche grafiche, presto anche i “nostri” saranno già vecchi…
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CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012
Scuola media
San Niccolò Prato
«Ragazze madri non siete sole» Il centro di aiuto alla vita sostiene da sempre le gravidanze difficili SOCIALE
Una casa per giovani in difficoltà COME vengono aiutate queste ragazze? Una volontaria ci ha spiegato che la prima cosa è rivolgersi alla sede principale dove trovano un “centro di ascolto’’. Qui vengono raccolte e valutate le problematiche esposte dalle gestanti e mamme in difficoltà e vengono cercate le risposte ai loro bisogni. Se necessario possono essere accolte a Casa Aurora, una struttura di ospitalità gratuita e temporanea, dove le donne che hanno appena partorito, se non hanno una casa privata per ragioni economiche, possono alloggiare a tempo indeterminato.La struttura comprende un’ampia sala da pranzo, una stanza giochi per i bambini, un angolo cucina e molte camere da letto. Se invece hanno solo bisogno di alimenti e oggetti per la gravidanza sono indirizzate al “Centro di distribuzione e di aiuti in natura”, dove settimanalmente vengono distribuiti alimenti, sanitari e altri articoli per la prima infanzia. Fra le altre iniziative del centro, da segnalare il progetto nazionale “Gemma”, che propone l’adozione a distanza di una mamma tentata di abortire per motivi economici, dandole un contributo mensile per 18 mesi. Un’altra, importante per il sostegno dell’associazione, è la vendita delle piantine della solidarietà, all’uscita delle chiese durante i giorni festivi di gennaio e febbraio. Una donna in difficoltà può contattare il numero verde di Sos vita: 0574/448932. Il centro si trova in via del Seminario ed è aperto lunedì e martedì dalle 16 alle 19 e giovedì e venerdì dalle 9 alle 12.
ESSERE madre oggi è una grande responsabilità. Esserlo senza il supporto di un compagno è ancora più difficile. Questa è però la situazione nella quale si trovano decine di future giovani madri all’interno della società nella quale viviamo. A Prato, solo nel 2011, più di 400 ragazze italiane si sono rivolte all’associazione di sostegno alla maternità “Centro di Aiuto alla vita”. L’idea di crescere un bambino in povertà o nel disagio spaventa la maggior parte delle donne. Preoccupa il futuro incerto dei nascituri, dato i gravi problemi economici di chi a stento riesce a sostenersi. Avere dei figli è diventato un lusso e il solo pensiero di non essere all’altezza della situazione e non poter contare sul sostegno di una figura maschile, spesso spinge le donne a intraprendere la dolorosa strada dell’aborto. Molte ragazze hanno bisogno di aiuto, di qualcuno che possa sostenere loro e il figlio e garantire a una maternità serena. Nella nostra città a rispondere a questo bisogno c’è il “Centro di Aiuto alla
INCONTRO Alcuni dei redattori in classe durante la visita al centro
vita”, un servizio composto per la maggioranza da volontari, rivolto ad ogni donna che, per qualsiasi motivo, si trovi in ansia per la sua maternità. Il suo scopo è creare le premesse concrete perché ogni vita iniziata possa essere accolta, evitandone l’interruzione. L’associazione con la sua attività
ha contribuito a salvare centinaia di gravidanze dall’aborto, offrendo ospitalità per la madre e per il bambino, assistenza domiciliare, erogazioni di beni in natura per il neonato, ma soprattutto garantendo interventi economici in casi ritenuti di particolare necessità. Parlando con alcuni membri
dell’associazione, ci hanno fatto capire come la vita sia un’opportunità, bellezza, una sfida, un dovere, un’avventura, ma soprattutto sia qualcosa di prezioso. Dalla nostra visita alla struttura è emerso che nessuna mamma che ha chiesto aiuto al Centro abbia mai rimpianto la scelta fatta di tenersi il proprio bambino. Il centro offre locali molto accoglienti e ospitali, con personale disponibile e qualificato. Un vero esempio di solidarietà in mezzo alla nostra città di Prato che, senza alcun dubbio, avrebbe bisogno di maggiore attenzione da parte di tutti. L’associazione infatti è sostenuta esclusivamente dalle iniziative dei volontari, guidati da due professionisti, ma soprattutto dal buon cuore di tutte quelle persone che, nonostante le difficoltà del momento, riescono a dare speranza a chi sembra averla persa, attraverso piccoli contributi o la donazione di beni di prima necessità. Il messaggio che il Centro di Aiuto vuole trasmettere e noi con lui è quindi molto chiaro: «la vita è un immenso tesoro, va rispettata e amata!»
L’INTERVISTA IL RACCONTO DI BERTILLA VENCO, UNA VOLONTARIA DELL’ASSOCIAZIONE
La mano tesa di “Un aiuto per la vita” ABBIAMO intervistato la signora Bertilla Venco, una volontaria del centro “Un aiuto per la vita”. Quando è nata la vostra associazione? Perché?
«Questa associazione è nata il 7 marzo 1977, giorno in cui entrò in vigore la legge che afferma che le donne incinte possono abortire. L’associazione è nata per aiutare le donne a riflettere sull’aborto». Quante persone si rivolgono a voi ogni anno?
IN AZIONE Bertilla Venco con i ragazzi del Cicognini
«Sono moltissime. E molte sono anche le persone che decidono di proseguire la gravidanza piuttosto che abortire. La loro età varia dai 19/20 anni ai 40/45 anni. Queste donne sono prevalentemente di origine straniera, in particolare nigeriane, cinesi, marocchine e rumene. Ma vi sono anche molte ragazze italiane (secondo le statistiche del 2011 più di 400 ragazze italiane si sono rivolte all’associazione). In questi ultimi anni il fenomeno dell’aborto è for-
tunatamente diminuito, in media i dati di incidenza a Prato sono uguali a quelli delle altre città italiane». C’è a livello nazionale un ente a cui fate riferimento?
«Sì, esiste una confederazione. Inoltre abbiamo contatti con altre associazioni presenti sul territorio italiano (oltre 315). La prima associazione del centro di aiuto fu fondata a Firenze nel 1975». Avete degli aiuti dal Comune o ricevete donazioni?
«Il Comune di Prato ci aiuta economicamente con fondi per la casa di accoglienza, ma molte donazioni arrivano anche dai privati. Un’iniziativa che ci permette di avere molte entrate è quella delle “piantine della solidarietà”. Periodicamente le volontarie dell’associazione organizzano dei mercatini, di solito la domenica all’uscita della chiesa, dove si vendono queste piantine».
REDATTORI IN CLASSE ECCO gli studenti della III B di San Niccolò che si sono occupati della stesura pagina. Benedetta Baldi, Carlo Brunelli, Carlotta Ciabatti, Marco Cossu, Bianca Currà, Fran-
cesca D’Ambrosi, Filippo Ferrari, Guglielmo Ferrari, Vittoria Iannelli, Rudy Imperiale, Filippo Maranghi, Costanza Montiglioni, Camilla Motola, Francesca Truscel-
li, Gherardo Vanni, Alberto Zanobetti. I docenti che hanno aiutato la classe nel progetto sono Francesca Galli e Paolo Puggelli, mentre il dirigente scolastico dell’istituto è Alessandra Bardazzi.
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MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Cicognini Prato
Integrazione, oasi o miraggio? Convivere con le etnie presenti in città è difficile, ma non impossibile PRATO, “melting pot” della Toscana. Partito dagli Stati Uniti, questo termine inglese sta a indicare un crogiolo, ovvero un contenitore dove molti gruppi etnici si sono fusi, formando un solo popolo. Passeggiando per la nostra città, facendo bene attenzione alle persone che passano e non alle vetrine con scarpe e vestiti tutte della stessa marca, capiterà di vedere persone straniere che indossano cose particolari come donne africane che portano capi vivaci e sgargianti, donne indiane con tuniche e pantaloni decorati con motivi e colori orientali, arabi con lunghe vesti, ciabatte dalla punta all’insù e cappelli strani (chiamati shashia) a forma di calotta. La convivenza tra etnie diverse non è mai facile a causa dell’intolleranza tra i vari popoli, diffusa in tutto il mondo. Alcune parti dell’Asia o dell’Africa sono state teatro di vere e proprie guerre, mentre nei luoghi più sviluppati questa diffidenza si manifesta con la discriminazione. È difficile che persone di origini e culture differenti riescano a convivere pacificamente, rispettando tutti
CONVIVENZA Il corteo del Capodanno cinese per le vie del centro
gli aspetti della diversità gli uni degli altri, ma non impossibile. Infatti conviviamo con molte persone provenienti da altri paesi, qui a Prato, sia nelle scuole che al lavoro, senza nemmeno accorgercene. Adesso alla base di discriminazione e intolleranza ci sono soprattutto la provenienza, la religione e le tradizioni delle etnie
differenti dalla nostra, perché troppo spesso ciò che non si conosce a fondo crea paure ed ansie irrazionali. Quante volte i genitori raccomandano ai figli piccoli di stare lontano dagli zingari? Quante volte vediamo persone che, camminando per la strada, cercano di evitare gli stranieri? Perché siamo così diffidenti? Vediamo
tutte queste persone come dei forestieri, dei “diversi”, ma non ci accorgiamo di avere torto: la nostra terra è tonda, come un pallone, dov’è l’inizio e la fine di quel pallone? Qual è il centro? È in ogni punto e in nessuno. Tutti si possono considerare al centro della terra, ma nessuno lo è. Anche noi siamo stati stranieri, quando si è registrata una forte migrazione verso l’America, verso i primi del’900, e siamo stati visti male per molto tempo. Ma le cose cambiano; noi ragazzi della “terza generazione” abbiamo meno difficoltà a relazionarci con questi “stranieri”, proprio perché sono con noi fin da quando eravamo piccoli e siamo cresciuti insieme tra i banchi di scuola. Tra le etnie presenti a Prato, la comunità cinese, essendo anche quantitativamente più vasta, ha intrapreso negli ultimi anni un percorso di integrazione che si sviluppa in varie direzioni. Un esempio è la donazione di un’ambulanza alla Misericordia di Prato, effettuata dalla comunità cinese e ora a disposizione anche di tutti i pratesi.
L’INTERVISTA LA STORIA DI FARID, DALLA FABBRICA TESSILE AL NEGOZIO DI KEBAB
«Ho rischiato tutto, ma ne è valsa la pena»
IMPRENDITORE Farid nel suo negozio
TRA I VARI tipi di kebab (letteralmente “carne arrostita”), il più conosciuto è il döner kebab, detto anche “kebab da passeggio”, per l’abitudine di mangiarlo per strada. Il metodo di cottura tipico del kebab è lo spiedo rotante. La carne (in Europa solitamente di manzo) viene tagliata a fettine, sagomata e infilzata nello spiedo verticale fino a formare un grosso cilindro rastremato. La carne così preparata viene poi servita all’interno di panini o piadine, accompagnata a vari condimenti. Insomma un’esplosione di sapori mischiati insieme: per noi ragazzi è diventato un’alternativa al classico panino, piadina, o pizza. A Prato, soprattutto nel centro storico, sono presenti molti kebab, alcuni dei quali assai frequentati da noi studenti, come Ali Hamza e Farid. Proprio Farid ci ha concesso un’intervista. Da quanto tempo sei in Italia ?
«Sono in Italia da 16 anni, vengo dal Pakistan. Prima di arrivare a Prato sono stato in molte altre nazioni e regioni: Grecia, Turchia, Francia e Germania, Sardegna, Lazio, Emilia Romagna. Prima lavoravo in fabbrica come tessitore, nel 2004 ho aperto il punto di ristorazione». Come ti è venuta l’idea ?
«I parenti, gli amici mi hanno aiutato con i soldi ad avviare questa attività, per il resto, ho rischiato tutto e sono fiero della scelta che ho fatto, anche se mi è costato lasciare il mio paese. La rifarei se dovessi tornare indietro». Con cosa è fatto il kebab, lo produci tu ?
«Nella ricetta originale sarebbe fatto con pollo, tacchino, agnello e manzo, ma io non ci faccio mettere gli ultimi due per lasciare la carne leggera e ben digeribile. No, me lo portano già pronto, a me rimane solo da cuocerlo, man mano che gira sullo spiedo».
REDATTORI IN CLASSE ECCO gli alunni della classe III B del convitto Cicognini che hanno lavorato alla stesura della pagina: Eleonora Bartolini, Allegra Bechi, Edoardo Biagini, Alessia Bresci, Elena Cartei, Carlotta Colzi, Simone
Corti, Edoardo De Luca, Simone Ding, Marco Dipace, Gaia Fanti, Maria Vittoria Laneve, Ylenia Levanto, Francesco Mancantelli, Doriana Moretti, Giovanni Lorenzo Ottanelli, Alessio Palmieri, Matilde Perini, Sa-
ra Pierattini, Marco Pierozzi, Francesco Pratesi, Giulia Videtta, Angelo Zhan, Zhu Zhiwei, Hao Fu Zheng. Rettore: Prof. Daniele Santagati. La docente tutor è Paola Puppo.
CURIOSITA’
Cinesi sempre più italiani? NÉ CINESI, né italiani. Fra i problemi di integrazione, spicca la confusa identità etnica dei nostri compagni del celeste impero, che hanno acquisito le nostre tradizioni pur mantenendo anche le loro. Il matrimonio, per esempio, è sempre stato importante nella tradizione orientale perché si situa a metà tra nascita e morte. In origine la donna non poteva conoscere il marito e si doveva presentare con un velo rosso (colore portafortuna in Cina) ornato di gioielli, frange e pietre preziose che le copriva il viso. Questo “velo” si chiama “cuffia ornata di fenici” (in cinese “fengguan”) e secondo gli antichi serviva sia a nascondere la timidezza della sposa sia ad allontanare gli spiriti maligni. Oggi le spose cinesi preferiscono l’abito bianco secondo la moda occidentale, ma in alcuni negozi sono ancora esposti abiti rossi. Gli amici e i parenti lanciavano cereali agli sposi, mentre ora lanciano il riso allo stesso modo dei matrimoni occidentali. In occasione del matrimonio viene appeso alla porta di casa, su un oggetto della camera nuziale e nella sala del ricevimento, un pezzo di carta rossa con inciso il carattere “doppia felicità” (per entrambe le famiglie). Durante il ricevimento gli sposi distribuiscono a ciascun invitato una busta rossa contenente una banconota come augurio di ricchezza. Un tempo le fasi del matrimonio erano sei, ora sono tre: dopo che l’uomo ha scelto la donna, amici o parenti vanno a chiedere la mano; se la donna accetta, la famiglia dello sposo manda una somma di denaro a casa della sposa (che verrà restituita insieme ad un cappellino e un paio di scarpe); si celebrano le nozze.
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MERCOLEDÌ 22 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Zipoli-Gandhi Prato
Energia pulita e accessibile Fonti rinnovabili per limitare i danni dell’inquinamento atmosferico L’ESPERIMENTO
Pannelli solari Ecco come si costruiscono CATTURARE l’energia che giunge dal sole sulla terra ed utilizzarla per produrre acqua calda è la funzione che svolge un pannello solare. Con la professoressa di tecnica, proveremo a costruire un modello di pannello solare. Il modello sarà formato da quattro elementi principali: una scatola in legno, con il coperchio inclinabile, per orientarlo perpendicolarmente ai raggi del sole; un cilindro parabolico, una superficie in materiale riflettente con il profilo a parabola; una caldaia tubolare; una torre, con la bottiglia dell’acqua fredda e la bottiglia dell’acqua riscaldata. Provateci anche voi. Primo passo: costruite una cassetta rettangolare con all’interno un puntone inclinabile. Questo servirà a sostenere il coperchio, con degli spinotti di legno che corrispondono alle inclinazioni da 20˚ a 70˚. Occorreranno: pannelli in truciolato, puntone inclinabile, bordature del coperchio. Dopo aver costruito il puntone e la scatola, procedete alla costruzione del coperchio su cui si costruirà un cilindro parabolico formato da 5 ponticelli. Procuratevi due elastici, due mollette da bucato e un termometro da esterni. L’acqua, dal recipiente in alto uscirà,inizierà a scendere nella spirale di gomma e quì si riscalderà fino a circa 30 ˚C; l’acqua calda uscirà dal tubo fissato con una molletta nella bottiglia e verrà raccolta nel recipiente posto in basso. Mentre l’altra bottiglia si riempirà, osservate sul termometro l’aumento della temperatura. Il gioco è fatto!
«2012: anno internazionale dell’energia sostenibile per tutti». Così afferma Ban Ki-moon, segretario generale dell’Onu, lanciando la sfida che, entro il 2030, data annunciata come critica per l’espansione massima delle città, l’energia diventi pulita e accessibile a tutti. Perché pulita e accessibile? Perché l’energia che produciamo oggi è molto inquinante e anche molto costosa, come si capisce dalle nostre bollette e dal pieno delle nostre auto. Insomma, è chiaro a tutti che il tema energia, con i suoi mille volti e mille usi, mille benefici e mille rischi, ci pone tanti dubbi e ci spinge a domande importanti, sull’uso - abuso che le fonti energetiche e l’ambiente subiscono per le nostre esigenze. Uno sviluppo basato su consumi intensivi come quelli attuali non potrà durare a lungo, sia per l’esaurirsi delle risorse, sia per problemi ambientali, come desertificazione, disboscamento, deforestazione, effetto serra, piogge acide, buco dell’ozono. Se le ener-
LA VIGNETTA Il disegno sul tema dell’energia di Virginia Finetti
gie fossili e nucleari sono non rinnovabili e molto inquinanti, in futuro, per ridurre i danni, dovremo scegliere fonti a minor impatto ambientale, cioè rinnovabili e che non rovinano l’ambiente, come l’energia solare, eolica, geotermica, le biomasse, le maree. Del resto, il mercato delle fonti alter-
native e sostenibili si sta sviluppando enormemente, offrendo tante opportunità: soluzioni concrete e già praticabili, come i pannelli solari, che sfruttano l’energia del Sole; occasioni lavorative, come quelle proposte da imprese del settore a caccia di talenti che, prendendo in prestito un titolo ap-
parso su “La Nazione” solo qualche giorno fa, offrono ai giovani “un posto al sole” nel fotovoltaico; progetti nuovi e geniali, come quelli presentati lo scorso dicembre all’Urban Center di Prato, nella mostra “La casa del III millennio”, ispirata al piacere di abitare secondo un design sostenibile, con case belle e lussuose, ma a basso consumo. Una scoperta sorprendente è stata, poi, per noi la biomimetica, che studia la natura e la usa come modello, misura e guida per progettazioni di ogni tipo, tra cui un’architettura sostenibile, capace di ridurre i consumi energetici. Architetti guru del settore realizzano opere incredibili, come un centro commerciale in Zimbabwe, che, nel caldo tremendo di quel luogo, mantiene 31 gradi, senza condizionatori, ma grazie alla sua struttura a termitaio, oppure “sognano” città futuristiche, con sistemi integrati che migliorino l’uso delle fonti energetiche naturali, ispirandosi a funghi e foreste pluviali equatoriali e…facendo sognare un po’ anche noi.
L’INTERVISTA AURELIO IMBROGNO, BIOARCHITETTO, PARLA DI EDILIZIA SOSTENIBILE
«Piccoli gesti possono aiutare l’ambiente» Come si diventa bio-architetti? In cosa consiste il suo lavoro?
«Non esiste una facoltà; ci si specializza dopo la laurea in Architettura. Faccio attenzione ai materiali usati e ai cicli della terra, perché ciò che per noi è rifiuto può essere cibo per altri». Cosa l’ha spinta a questa scelta?
«Negli anni ‘90 ho iniziato ad appassionarmi alla bio-architettura, utile per sfruttare meno il petrolio e di più le fonti rinnovabili». Quali sono le caratteristiche principali della bioarchitettura?
«Usare o riusare materiali che, demoliti, si possano impiegare in altri campi. Il primo risparmio, però, è eliminare gli sprechi». E quelle dell’architettura sostenibile?
DISEGNO Un esempio di costruzioni sostenibili
«La sobrietà, il riutilizzo, il riciclo. Ora, ad esempio, stiamo rinnovando una vecchia fabbrica, che sarà la nuova Camera di Commercio di Prato».
Quanto è sensibile l’Italia all’edilizia sostenibile?
«L’Italia, eccetto Bolzano subito sensibile al problema, ha iniziato da poco a usare fonti sostenibili; altri stati sono molto più avanti». Si può considerare la certificazione energetica degli edifici un primo passo verso l’ecologia?
«Sì: migliorando le proprie case, si contribuisce al risparmio».
Pensa che le energie rinnovabili siano una valida alternativa ai combustibili fossili?
«Saranno un obbligo, poiché i combustibili fossili si esauriranno. A Prato una risorsa è il legno». Cosa pensa dei pannelli fotovoltaici?
Producono soprattutto energia per illuminazione, però non si sa ancora come smaltirli. “Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo”: cosa significa questa frase di Gandhi?
«Che ognuno può fare tanto per l’ambiente».
REDATTORI IN CLASSE LA PAGINA è stata realizzata da: Edoardo Marchi, Filippo Bocchicchio,Matilde Mosca, Murad Lahrach, Gaia Cannone, Chiara Fioravanti, Guendalina Guasti, Daria Reali,
Matteo Cappelli,Lorenzo Stabile,Lorenzo Mazzanti, Virginia Finetti, Matilde Magni, Francesco Ghelardini, Bianca Lucherelli, Camilla Legnini, Antea Scrocco, Carla
Zhang, Hu Xu Yang, Virginia Pelagatti, Alessia Angiolini, Noemi Nieri, Chiara Fanelli. Insegnanti tutor: Cocchi, D’Ambrosio, Ferrante, Tagnani. La dirigente è Daniela Mammini
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 22 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
Salvemini-La Pira Montemurlo
Tribù a rischio di estinzione Multinazionali minacciano la sopravvivenza degli indigeni ANCHE Prato può fare molto per salvare le tribù indigene a rischio di estinzione. Diventa critica la situazione per gli indigeni, le multinazionali fanno pressione su di loro per mandarli via. In passato, oggetti del desiderio erano l’oro, la gomma e il legno. Oggi, le minacce più gravi sono legate al boom del petrolio, alle prospezioni di gas, al taglio illegale della foresta, alla realizzazione di imponenti progetti idroelettrici e alla rapida espansione dell’allevamento e delle imprese agricole. Negli ultimi anni, più del 70% dell’Amazzonia peruviana è stata frazionata in concessioni per la prospezione di gas e petrolio. Per proteggerli, dobbiamo sostenere e firmare la petizione che propone al governo italiano di aderire e conoscere la convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, formulata dall’Onu nel 1989 e che salvaguarda i diritti che gli indigeni hanno da sempre e che devono continuare ad avere. Per questo l’Italia dovrebbe sottoscrivere la convenzione ed ergersi a paladina dei diritti ancestrali di queste popolazioni. Ogni singola persona può fare qualcosa firmando la petizione
SOPRAVVIVENZA Le tribù indigene sono a rischio di estinzione
sul sito www.survival.it. Sono un milione gli indigeni che vivono nella regione amazzonica: di questi 150 mila sono entrati in contatto con gli uomini “bianchi”, ma mantengono la loro cultura, la loro religione, il loro stile di vita. Altri si sono aperti alla civiltà come i Mapuce e i Guaranì , ma so-
no costretti a vivere in fazzoletti di terra e in capanne di sacchetti di plastica, continuamente soggetti all’attacco di bande armate che vogliono sterminarli. Tra gli indigeni che versano in una condizione di particolare pericolo ci sono gli indiani incontattati, i più vulnerabili della terra. Gli esterni entrano illegalmente nei
loro territori al solo scopo di sfruttarne il legname o i minerali, costruire dighe e strade, aprire allevamenti, insediamenti di coloni e tanto altro; spesso il contatto con loro avviene in modo violento e ostile. Ma il problema più grave è quello portato dal contagio di malattie comuni, come influenza e morbillo, verso cui i popoli incontattati non hanno difese immunitarie. Mediamente il 50% della tribù muore entro il primo anno dal contatto. Ci sono 69 tribù di cui sappiamo pochissimo. Jose Carlos Meirelles, antropologo brasiliano, è riuscito a riprenderne alcune sorvolando la foresta amazzonica: la sua testimonianza video è importante per dimostrare che esistono e così difendere i loro diritti. Per comprendere veramente ciò che succede ogni giorno a questi popoli è utile guardare Avatar. Lo stesso regista, James Cameron, è diventato un paladino degli indiani: ha voluto incontrare i veri «uomini azzurri», gli indios brasiliani sulle rive di uno dei fiumi simbolo dell’Amazzonia, il Rio Xingu per sostenerli nella lotta contro la costruzione della diga di Belo Monte.
L’INTERVISTA PARLA SARA FUMAGALLI RESPONSABILE DELL’ASSOCIAZIONE SURVIVAL
Un milione di indiani vivono in Amazzonia SARA Fumagalli è la responsabile di Survival, un’associazione internazionale, fondata a Londra nel 1969 per aiutare i popoli indigeni di tutto il mondo a difendere le loro vite, a proteggere le loro terre e a decidere autonomamente del loro futuro. Qual è adesso la situazione degli indigeni in Amazzonia?
AIUTI Oltre 400 tribù diverse vivono in Amazzonia
«In Amazzonia vivono quasi un milione di indiani, divisi in 400 tribù diverse, ognuna con la sua lingua, la sua cultura, la sua storia. La maggiore concentrazione si trova lungo le frange occidentali del bacino amazzonico, in Bolivia, Perù, Ecuador e Colombia; altri 350.000, invece, abitano nell’estremità orientale del Brasile. Il loro numero varia moltissimo, dai 60.000 Ashàninca del Perù ai solo 5 Akuntsu del Brasile. I loro problemi derivano dalla terra e dalle sue risorse, di cui molti stranieri vogliono impadronirsi ad ogni costo».
Come aiutate questi popoli?
«I popoli tribali non hanno, in genere, bisogno, di abiti, medicine o cibo. Quello che essi principalmente chiedono è che le violazioni di cui sono vittima vengano denunciate e portate all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica mondiale. Vogliono semplicemente poter continuare a vivere sulle loro terre, in pace, decidendo da soli del proprio futuro. Per questo, senza fare in nessun caso assistenzialismo, Survival mette a loro disposizione un’organizzazione internazionale in grado di sostenere campagne mondiali di informazione e pressione pianificate insieme agli indigeni stessi. Incoraggia le organizzazioni indigene a svilupparsi in modo autonomo, fornendo loro la consulenza tecnica e legale che è loro necessaria per conoscere e capire il mondo esterno, mettendo anche in comunicazione fra loro gruppi minacciati dagli stessi problemi».
REDATTORI IN CLASSE ECCO i cronisti della classe III C della scuola Salvemini-La Pira: Jacopo Bartolini, Mattia Boeddu, Ylenia Bozzi, Asia Falteri, Francesco Ferri, Aldo Gega, Martina Giampaolo, Marco Gianassi, Maikol Giunta, Giu-
lia Grallo, Serena Hazbardhi, Simone Iacovone, Ilias Iljazi, Imran Khalid, Rigers Kukaj, Rachid Lamrabete, Martina Lastrucci, Serena Moroni, Luca Oloferne, Giada Orobello, Sara Pastacaldi, Luigi Rangi-
no, Salvatore Turco, Isabella Zhang, Giulia Yang, tutor prof.ssa Alessandra Piccioli, Dirigente Scolastico Dott. Stefano Papini.
IL FATTO
Diga in Brasile In 24mila dicono «no» NON CE l’hanno fatta: la terza diga più grande del mondo si farà. Sorgerà in Brasile, nello stato amazzonico del Parà. Le 24mila persone che hanno fatto ricorso contro il mega progetto dovranno rassegnarsi. Verranno cacciate dalle proprie terre senza pietà. Fra loro, molte tribù indigene, anche incontattate. Il Brasile è uno stato talmente grande lanciato nella corsa allo sviluppo da avere un costante bisogno di energia. Il consumo elettrico passerà dai 472 mila gigawattora di oggi ai 736 mila previsti per il 2021 e per colmare questa differenza il governo è disposto a calpestare i diritti di migliaia di vite. La centrale idroelettrica di Belo Monte sorgerà sul fiume Xingu il cui corso verrà notevolmente ridotto. Le conseguenze saranno disastrose per l’intero ecosistema: centinaia di specie di pesci si estingueranno e la biodiversità sarà compromessa. Inoltre i lavori di costruzione finiranno con l’attrarre un gran numero di operai, con il rischio di introdurre nell’area violenze e malattie, che potrebbero mettere in pericolo la vita degli indigeni. Alla fine di settembre un giudice brasiliano aveva dato ragione alla popolazione sospendendo la costruzione della diga per ‘’ l’impatto negativo sulle comunità che vivono di pesca’’ . Questo mostro ecologico si aggiunge a un altro: la Transoceanica, un autostrada da 2500 km che unisce la costa peruviana al Brasile. La sua costruzione ha comportato deforestazione, erosione del terreno, esproprio di terreni indigeni e inquinamento dei fiumi.
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CAMPIONATO DI GIORNALISMO
GIOVEDÌ 1 MARZO 2012
Scuola media
Fermi Prato
Sognare aiuta a vivere meglio I luoghi di desideri ed emozioni indispensabili per la nostra salute TESTIMONIANZE
Pazienti che hanno vissuto il coma IL COMA viene definito come uno stato di profonda incoscienza che può essere provocato da intossicazioni, alterazioni del metabolismo o da danni e malattie del sistema nervoso centrale: fra queste, le cause più comuni sono le alterazioni del metabolismo. È stato provato, attraverso testimonianze, che durante il coma si può però sognare. Ci sono persone che presentano i sogni come surreali ed altre pensano che non abbia niente a che vedere con l’aldilà. Un quarantenne ex tossicodipendente , ad esempio racconta: «In rianimazione ho visto tutto quello che si dice a proposito del tunnel di luce. Ho visto i medici intorno a me, ricordo perfettamente di aver provato la voglia di restare di là, ma sono sicurissimo che tutto ciò non abbia niente a che vedere con l’aldilà. Penso che quello che ho provato in quell’occasione sia l’effetto di alterazioni di natura fisico-chimica». Altre persone la vedono in modo diverso, credono di incontrare Dio durante il coma. Come una cinquantenne che dopo un coma durato cinque giorni si è salvata. Questa la risposta del dottore: «Signora io ho fatto l’impossibile, ma non il miracolo. Lei era in condizioni disperate e non l’ho salvata io! Lei è stata rimandata indietro…”. La donna ha fatto la stessa esperienza del quarantenne ma l’ha interpretata in modo diverso. Crede di aver varcato la soglia del “tunnel” e di aver vissuto «una vita oltre la vita». Quindi il sogno durante il coma è una cosa sovrannaturale o un avvenimento di tipo fisico del quale non abbiamo ancora scoperto le cause?
IL SOGNO è un fenomeno legato al sonno in cui si ha la percezione di immagini e suoni che ci possono apparire come reali. I sogni che siamo in grado di ricordare, quelli che non avvengono nella fase REM, sono a confronto più banali. Un uomo sogna mediamente, in totale, sei anni nella sua vita (circa due ore ogni notte). Il sonno esiste già prima della nascita e un feto di due settimane sogna (con due fasi ben differenziate) per circa metà del tempo. Questo significa che durante il periodo della gestazione non esiste la veglia, ma solo due tipi differenti di sogno, di cui uno è molto attivo con movimenti oculari e contrazioni muscolari (il predecessore del sogno REM), mentre l’altro è rilassato e tranquillo. Ci possono essere stimoli esterni, ma la mente li rielabora e li fa diventare parti del sogno. Tuttavia la mente sveglia un individuo se dovesse trovarsi in pericolo. Freud (fondatore della psicoanalisi) sosteneva che gli incubi lasciano che il cervello controlli emozioni che sono il risultato delle esperienze dolorose. Egli inoltre affermava che i sogni sono la “sceneggiatura di un desiderio infanti-
RIPOSO I redattori in classe hanno prodotto una vignetta sul sonno
le represso”. Questi desideri sono spesso di natura sessuale; Ferenczi disse che il sogno può comunicare qualcosa che non si sta dicendo completamente. Un tipo di sogno e quello lucido in cui capita di acquistare consapevolezza del fatto di star sognando: è quindi possibile manipolare a piacimento gli oggetti e gli eventi del son-
no. I sogni sono un’attività della mente, e, anche se possono sembrare un attività inutile, in realtà è importante. Non sognare per sei-sette mesi crea malattie celebrali e mentali, proprio perché i sogni sono uno sfogo dove vengono cestinati tutti i pensieri della coscienza vigile (cioè il tuo cervello quando sei sveglio) chiamato
comunemente subconscio. Alcuni psicoanalisti sostengono che nel sogno, in tutti i personaggi, vediamo noi stessi. Le emozioni vissute, sono così reali da condizionare, nel bene e nel male, il nostro umore al risveglio. Secondo alcuni i sogni possono essere interpretati. Alcuni sognano numeri e li giocano al lotto e altri invece voglio approfondire e magari sperano di trovare informazioni riguardanti il futuro o consigli sul presente. Ecco uno studio di alcuni psicoanalisti olandesi: se sogniamo in bianco e nero abbiamo bisogno di fare chiarezza su alcuni aspetti della nostra vita, il rosso è simbolo di ottimismo ed energia, il verde indica che il sognatore è in fase di crescita spirituale, il blu è il colore della saggezza, l’azzurro e il turchese appartiene a chi è particolarmente altruista, il viola suggerisce la necessità di riposare la mente ed infine il marrone denota un forte bisogno di stabilità. I sogni degli uomini sono sempre più attivi e fisici rispetto a quelli delle donne che sono spesso più emotivi. Chi se li ricorda nei minimi dettagli, chi afferma di non farne mai: in ogni caso, tutti sogniamo.
APPROFONDIMENTO ESPRESSIONI DEL SUBCONSCIO CHE PORTANO ALTERAZIONI NELLA FASE ONIRICA
Un aspetto del sogno: il sonnambulismo
VAGARE NEL SONNO Una vignetta dei ragazzi
IL SONNAMBULISMO è un disturbo del sonno caratterizzato da attività motorie automatiche che, solitamente, sono semplici e fatte quotidianamente. La fascia di età compresa tra i 5 e i 12 anni è quella maggiormente colpita e l’incidenza tende a scomparire dopo l’adolescenza. I casi di sonnambulismo si verificano nelle prime due, tre ore del sonno. La durata dei movimenti raramente supera i 5 minuti. Studi più recenti hanno individuato la causa del sonnambulismo in un’alterazione genetica del cromosoma 20. Il gene responsabile, tuttavia, non è ancora stato identificato. Gli esperti sostengono che di sonnambulismo si può anche morire ma si tratta di un evento assai raro. Per risalire alle cause del sonnambulismo si ricorre alla psicoanalisi. La psicoanalisi è la teoria dell’inconscio dell’animo umano su cui si fondano una prassi e
una disciplina psicoterapeutica, e che ha preso l’avvio dal lavoro di Sigmund Freud. Quest’ultimo e Breuer arrivarono così a sostenere che ricordi di grande impatto emotivo venivano dimenticati perché considerati inaccettabili alla mente cosciente; tali emozioni, però, spingevano per esprimersi e il sintomo isterico era proprio il risultato di tale espressione. Un altro concetto riguardante la psicoanalisi è: l’inconscio, il subconscio e il superconscio. L’inconscio è senza dubbio la nozione cardine della psicoanalisi. Il subconscio è l’esecutore. Non riflette, obbedisce, come un servo potente ma privo di discernimento. Il superconscio è la nostra energia di saggezza e di amore, veniamo condotti e guidati verso le risposte giuste. Attraverso la consapevolezza nei confronti di ciò che ci accade possiamo entrare in comunicazione col nostro superconscio e attingere alla nostra luce interiore.
REDATTORI IN CLASSE QUESTI gli alunni della III B che hanno redatto la pagina del campionato di giornalismo. Adele Cecconi, Alessia Bracale, Aziz Charage, Clarissa Cini, Essalhi Soukaina, Federico Lepore, Filippo Meoni, France-
sca Paoletti, Gianluca Boscolo, Giulia Piperato, Ilaria Mele, Ilaria Nigro, Isabella Chemeri, Laura Scala, Lorenzo Lanzini, Lorenzo Roberti, Lucrezia Gori, Margherita Tesi, Matteo Vannucci, Noemi Fabbri, Pietro
Biagi, Raul Romeo Fulco, Riccardo Ciulli, Ronaldo Riska, Tommaso Golfieri, Viviana Manasci, Yang Minghuang. Professoressa che ha seguito il progetto: Filomena Del Guacchio.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
GIOVEDÌ 1 MARZO 2012
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Scuola media
Lapo Mazzei comprensivo M. Polo
Rifiuti, Prato all’avanguardia L’amministrazione punta sul riciclo e sulla raccolta porta a porta PRATO: una città all’avanguardia nella gestione dei rifiuti. Ce ne parla il vicesindaco, Goffredo Borchi, anche assessore all’ambiente, dell’impegno politico e amministrativo del Comune di Prato sul fronte della raccolta, gestione e smaltimento rifiuti. Ci riceve nella Sala consiliare, predisposta per accogliere i giornalisti della classe IIB della Ser Lapo Mazzei. Goffredo Borchi è stato eletto nel giugno del 2009, quando si sono svolte le ultime amministrative in città. Quasi immediatamente è stato nominato vicesindaco e assessore all’ambiente del Comune, entrando nella giunta, la squadra del sindaco Cenni. Inizia col dirci che «la cosa più importante è seguire attentamente la politica e mai delegare agli altri sui problemi che ci riguardano in prima persona», come quello della gestione dei rifiuti. Ha una grande passione per la politica e ha fatto tanti anni di esperienza nell’opposizione, occupandosi di controllare che la maggioranza di governo lavorasse correttamente. Oggi, a Prato siamo
SALONE CONSILIARE I ragazzi nel salone del consiglio
all’avanguardia nella raccolta differenziata e nel trattamento dei rifiuti e certo non si presentano quei problemi che assillano molte città del Sud, dove ancora per vari motivi non funziona un corretto ciclo dello smaltimento e si utilizzano quasi unicamente le discariche, dove vengono conferiti tutti i
rifiuti. «L’amministrazione comunale — dice l’assessore — ha scelto, invece, da tempo la strada del riciclo per far fronte al problema delle discariche che nella zona di Prato hanno raggiunto la capienza massima». Attualmente, in discarica arriva una quantità molto limitata di rifiuti.
«A Prato lavorano circa 400 operai nel settore, la maggior parte nell’Asm», impiegati in vari comparti. La Asm, la sigla per intero significa ambiente servizi mobilità, viene creata dal Comune nel 2003, da una società del settore preesistente, e si occupa di raccogliere e rielaborare la maggior parte dei rifiuti prodotti a Prato, secondo il regolamento comunale per la gestione dei rifiuti urbani, modificato dal consiglio comunale nel maggio del 2011 per renderlo più adeguato alle recenti necessità della città di Prato. «Ci sono zone della città in cui la raccolta differenziata avviene porta a porta — spiega Borchi — ogni giorno della settimana viene raccolto un tipo diverso di rifiuti (organico, carta, indifferenziato, vetro plastica ecc.)». Questo tipo di raccolta funziona nelle zone del centro storico, dove le strade sono strette e non c’è la possibilità sia di installare i cassonetti che di far passare i camion per la raccolta. Nelle altre zone della città sono gli abitanti che devono portare i rifiuti differenziati ai diversi cassonetti
L’APPROFONDIMENTO IL DIRETTORE SANDRO GENSINI PARLA DELLA NASCITA DELLA SOCIETÀ
Ecco come funzionano Asm e il ciclo dei rifiuti
ESPERIENZA I redattori in azienda
IL DIRETTORE generale dell’Asm, Sandro Gensini, ci ha ricevuti per spiegarci come funziona l’Asm, l’azienda nata nel 1949 che si occupa di raccolta e trattamento dei rifiuti in città. Attualmente l’Asm è una delle più grandi aziende in assoluto della provincia. All’unico socio fino a questo momento, il Comune di Prato, si sono aggiunti i Comuni di Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Vaiano e Vernio. Ma come funziona il riciclaggio nella nostra città? «Ogni anno — spiega Gensini — una famiglia a Prato produce in media 400kg di rifiuti. I negozi ne producono 800Kg. Attualmente l’Asm riesce a garantire la raccolta differenziata e il riciclo del 70% dei rifiuti. Il resto vengono smaltiti attraverso l’incenerimento, un procedimento per ottenere energia».
Molti sono i prodotti che vengono riciclati come:il vetro, che viene utilizzato nuovamente per fare altre bottiglie; gli i scarti di cucina, che diventano fertilizzanti. Il lavoro del Asm inizia all’alba. Alle cinque di mattina gli impianti di via Paronese sono già attivi e finisce alle 2 di notte: appena tre ore di pausa. Perché scegliere il riciclaggio? «L’aumento di rifiuti, porta la necessità di recuperare materiale ed energia — spiega Gensini — a riciclare i rifiuti e riutilizzare i materiali di riciclo». Ad esempio, il vetro può essere riciclato più volte. Dopo la raccolta viene pulito e frantumato in pezzetti piccolissimi che vengono riusati per fabbricare nuove bottiglie, il tutto con un grande risparmio di energia. Un lavoro che si può sintetizzare nelle tre “R” che sono ridurre, recuperare e riciclare i rifiuti.
REDATTORI IN CLASSE ECCO gli alunni-redattori che hanno curato la realizzazione della pagina. Allmeta Mehmet, Assunta Ciardi, Ahmed Elmrabti, Lucrezia Fantacci, Andrea Giachin, Alice Guan, Elena Huang, Linda
Huang, Cai Xiang Yun, Jin Kai, Lorela Keka, Esmerald Mehmetay, Valentina Mo, Alessio Piccioli, Weng Rouxue, Shen Zi Wei, Eglis Struga, Anna Turyak, Lucilla Zauli, Melissa Zekaj, Maria Elena Zenobio
di Fusco, SIlvia Zhou; professoressa Giovanna Vitrano e prof. Nicola Gallelli. Dirigente: Cristina Magelli, Vicepreside: Andrea Nuti
L’INTERVISTA
Vivere per difendere l’ambiente SI CHIAMA Paolo Balestri, responsabile per i rifiuti del circolo Legambiente per Prato e ex-assessore all’ambiente del Comune. La tutela ambientale è il suo interesse principale che segue da volontario sin dal 1983. Ha condotto tante battaglie in difesa dell’ambiente, tra le quali la denuncia di 3 discariche non a norma tra Vernio e Contagallo, poi chiuse grazie alle denunce e alle proteste di vari cittadini. Lo abbiamo invitato alla Ser Lapo Mazzei e lui è venuto volentieri a trovarci in classe. «Legambiente — spiega — si occupa anche di effettuare dei corsi di educazione ambientale nelle scuole, attraverso dei giovani molto preparati su queste tematiche». Gli abbiamo chiesto di raccontarci la storia della raccolta differenziata a Prato: «E’ partita negli anni 80 circa, con la sola raccolta di carta e vetro. Adesso si sono fatti tanti passi in avanti e si spera di raggiungere e superare entro qualche anno le percentuali europee». Secondo Balestri, la raccolta porta a porta dovrebbe essere fatta in tutta la città: «perché è molto utile ed efficiente». In merito al conferimento dei rifiuti ci dice che «i contenitori sotterranei che il Comune costruirà sono molto complessi da gestire e occorre spazio per installarli. Sono preferibili le isole ecologiche dove i cittadini possono portare i rifiuti». Gli chiediamo cosa ne pensa dell’incenerimento: «Non è il sistema ottimale e mi sono opposto».
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GIOVEDÌ 8 MARZO 2012
Scuola media
S. Caterina Prato
Quando Xiao si chiamava Mario Il massacro di Aigues-Mortes e il pregiudizio xenofobo verso gli italiani RIFLESSIONI
Prato razzista? Noi diciamo di no POLEMICHE per il conferimento della cittadinanza italiana ad un giovane cinese. Pregiudizi, luoghi comuni e scritte di carattere offensivo verso stranieri. Questo è quello che un turista in visita a Prato avrebbe potuto leggere ultimamente nei nostri quotidiani. Ma la città che noi ragazzi conosciamo è davvero questa? In classe ce lo siamo chiesti spesso. Discutendone insieme è emerso che la nostra città non può essere definita razzista. Come in tante altre metropoli italiane sono successi, e succederanno in futuro, episodi che possono essere riconducibili al razzismo. Ma questo non fa di Prato una città razzista, perché sono più numerosi i fenomeni di integrazione che di discriminazione. Istituzioni e singoli cittadini sono da sempre in prima linea nell’attivare iniziative volte alla promozione di una conoscenza reciproca, per il riconoscimento e il rispetto delle differenti identità culturali. Chi definisce Prato razzista, dovrebbe fare un giro per le nostre scuole e così si renderebbe conto che fra noi giovani il problema della diversità nemmeno si pone. Il Cnel (Consiglio Nazionale di Economia e Lavoro) ci ha recentemente inseriti ai primi posti della classifica dei territori con il miglior indice di integrazione. Siamo orgogliosi di vivere in una città multietnica come la nostra perché ci permette di conoscere e comprendere le numerosissime culture e a non aver più paura del “diverso”.
ERANO gli anni duri di fine Ottocento. La condizione di vita nelle campagne italiane si stava facendo sempre più precaria. Per sfuggire a tale situazione tanti cercavano fortuna all’estero. La Francia era una delle mete privilegiate dei nostri emigranti. Molti si stanziarono ad Aigues Mortes, graziosa cittadina della Francia meridionale, sulle Bocche del Rodano a 25 chilometri da Nîmes e da Montpellier. Trovarono occupazione nelle vicine saline di Perrier e Peccais. Il lavoro era duro e mal retribuito. La fatica degli operai era accentuata dal caldo torrido, dai ritmi serrati, dalla carenza d’acqua e dall’ambiente insalubre, paludoso in cui erano sempre in agguato le febbri malariche. Gli italiani erano preferiti ai colleghi francesi perché disponibili ad accettare paghe basse e pessime condizioni di lavoro. Questo scenario ricorda in modo impressionante l’Italia di oggi: gli italiani nelle saline di Aigues-Mortes sono come gli extracomunitari in alcune fabbriche italiane del nord-est o nei campi
UNIONE Nella scuola media di Santa Caterina è di casa la multiculturalità
di pomodori della Campania. Proprio ad Aigues-Mortes tra il 16 e il 20 agosto del 1893 l’odio xenofobo si scagliò contro gli italiani provocando un numero imprecisato di morti e di feriti. Chiamati in giudizio gli accusati della strage furono tutti assolti. Questo tragico episodio di violen-
za razzista è stato per lungo tempo rimosso dalle memorie storiche italiane e francesi. Fa impressione leggere che i giornali locali scrivevano che gli italiani sono generalmente di dubbia moralità, fra loro “il tasso di criminalità è elevato, del 20%, mentre nei nostri non è che del 5%”. Que-
ste accuse vergognose, formulate più di cento anni, fa somigliano in modo stupefacente agli insulti che ancora oggi sentiamo in certi ambienti a proposito degli extracomunitari. In un momento in cui in cui un po’ dappertutto i lavoratori immigrati vengono indicati come i responsabili delle difficoltà, spesso reali, delle popolazioni, ricordare un evento come questo può aiutarci a comprendere il valore dell’articolo 3 della nostra Costituzione. Studiando ci stiamo rendendo conto che la storia, nel bene o nel male, è sempre contemporanea. La lezione che da questi fatti si può trarre per il presente è che, purtroppo, tragedie di questo tipo possono sempre ripetersi. Succede, infatti, ancora oggi che popoli europei, uniti da una lunga storia comune, da matrimoni misti e spesso anche dalla stessa lingua e religione, siano capaci di dilaniarsi. Il miglior modo per evitare che episodi simili si ripetano in un prossimo futuro è quello di mantenere viva la conoscenza e la memoria del passato.
L’INTERVISTA IL PARERE ESPERTO DI ALESSANDRA SALVATI, DOCENTE E SOCIOLOGA DELL’IMMIGRAZIONE
«Niente razzismo in città, ma tanti pregiudizi» PER CAPIRE meglio la condizione dei tanti stranieri che arrivano nella nostra città abbiamo intervistato AlessandraSalvati, insegnante e sociologa dell’immigrazione. Perché tanti stranieri decidono di venire in Italia e, in particolar modo, nella nostra città?
«Gli immigrati sono mossi dalla ricerca di condizioni lavorative e di vita migliori. Inizialmente si trasferisce un solo componente del nucleo familiare, poi, quando le sue condizioni economiche si stabilizzano, viene raggiunto dall’intera famiglia o da gran parte di essa». Gli immigrati sono ben inseriti nella nostra società?
INSIEME Tante etnie diverse si mescolano sui banchi di scuola
«Gli stranieri residenti a Prato sono almeno 35mila. Chi vive qui da tempo si trova generalmente bene, sia per i servizi che la nostra città offre che per il clima che vi si respira. La situazione è più complessa, invece, per chi è arrivato da poco, non conosce la lingua e non ha un lavoro. In questo caso si possono incontrare atteggiamenti
di ostilità. Gli immigrati trovano a Prato ciò che si aspettavano?
«In genere nella nostra città riescono a trovare lavoro, in particolar modo coloro che hanno conoscenze. I più “facilitati” sono i cinesi perché di solito vengono impiegati in ditte di loro connazionali». Prato è una città razzista?
«Sono rari gli atteggiamenti esplicitamente razzisti. Si può parlare piuttosto di pregiudizi». Cosa potrebbe fare lo Stato italiano per migliorare le condizioni dei lavoratori immigrati?
«Nel mondo del lavoro italiano ci sono tanti problemi. I contratti non vengono rispettati ed è diffusa l’evasione fiscale. Se gli italiani per primi fossero più rispettosi delle regole ne beneficerebbero anche gli immigrati e lo Stato sarebbe più agevolato nel favorire l’integrazione lavorativa».
REDATTORI IN CLASSE ECCO l’elenco completo dei redattori in classe della III A di Santa Caterina che si sono occupati della stesura di tutti gli articoli di questa pagina: Oliwia Angino, Enri-
co Buscicchio, Niccolò Buti, Chiara Calamai, Oleg Conti, Francesca Fedi, Giulia Hu, Chiara Lorenzoni, Martina Paolieri, Niccolò Picchi, Willyen Pieri, Elisa Reali,
Pietro Sanesi, Angela Shan, Tommaso Stacchini. L’insegnante che ha coordinato il progetto insieme con un giornalista della nostra redazione è invece Sonia Barni.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
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Scuola media
Don Milani Prato
Integrazione, consigli per l’uso A scuola uno degli ostacoli maggiori è la mancanza di comunicazione IL PROBLEMA dell’integrazione è legato al fenomeno dell’immigrazione che in Italia è relativamente recente poiché ha raggiunto dimensioni significative intorno ai primi anni ’70, per poi diventare un aspetto caratterizzante di questo millennio. Nel 2010 l’Italia era il quarto paese europeo per il numero di stranieri residenti dopo Germania, Spagna e Regno Unito. Secondo gli ultimi dati Istat in Italia ci sono 4.570.317 stranieri. Negli ultimi anni anche a Prato sono arrivate molte famiglie da Cina, Marocco, Pakistan, India, Albania. Gli stranieri arrivano con la speranza di trovare un lavoro e per vivere meglio. La loro difficoltà più grande è l’integrazione, cioè imparare la lingua, le abitudini e soprattutto entrare in contatto con le persone del paese in cui vanno ad abitare. Fare integrazione a scuola fra ragazzi della nostra età non è semplice, soprattutto perchè alcuni siedono al banco di scuola e non sanno una parola della nostra lingua. L’alfabetizzazione è l’aspetto principale che può aiutare l’integrazione. Purtroppo le risorse del sistema scuola sono spesso insufficienti. A Prato, tra l’altro, esiste una com-
AMICIZIA Fra i banchi di scuola i ragazzi superano le diversità
plessa realtà multiculturale che si rispecchia nel contesto scolastico. La presenza più rilevante è quella della comunità cinese. Fuori dalla scuola le varie culture non sempre riescono a interagire. I cinesi, poi, hanno una forte identità e sono portati a conservare le proprie abitudini con alcune difficoltà d’ integrazione. A volte si verificano
discriminazioni nei loro confronti per pregiudizi legati al mondo del lavoro. Di questo fanno le spese soprattutto i ragazzi stranieri di seconda e anche di terza generazione. La voglia di fare amicizia a volte riesce a risolvere tanti problemi. Conosciamo la fatica e l’impegno di alcuni nostri compagni che, studiando l’italiano, scopro-
no una lingua difficile. Tanti hanno difficoltà a imparare la grammatica e a parlare correttamente. Spesso succede che appena l’hanno imparata si mettono a insegnarla ai loro genitori, togliendo ore al sonno. Alcuni ci hanno descritto cosa significa arrivare in un ambiente completamente sconosciuto per farci capire la difficoltà del completo isolamento. Solo chi l’ha provato può però capirlo davvero. A volte anche tra di noi nascono dei conflitti quasi insanabili. Sono l’eredità di un mondo di adulti che usano luoghi comuni, pregiudizi e discriminazioni, perdendo di vista la persona nella sua individualità. In tutto questo la classe è un vero laboratorio di integrazione. Su 26 ragazzi 13 provengono da altri paesi, sono “stranieri” nati in Italia e si sono ambientati senza grosse difficoltà, tanto che alcuni di loro escono con il nostro gruppo e hanno nomi italiani. L’integrazione è un fatto positivo; è un percorso già segnato che non possiamo fermare. E’ un bene scambiarsi tradizioni, abitudini e culture. Ognuno però ha le sue radici, che vanno rispettate, perché sono un arricchimento per il domani di tutti.
L’INTERVISTA AGNESE E MALIA, IDEATRICI DI WGR, RACCONTANO LA LORO AMICIZIA E IL LORO PROGETTO
«No alle distinzioni per un futuro migliore»
AMICHE Agnese e Malia insieme davanti ad un buon piatto
ABBIAMO preso contatti con Agnese e Malìa per invitarle a parlare del loro progetto e per saperne di più. E’ venuta a trovarci Agnese, Malìa è a Pechino per motivi di studio e non poteva essere con noi, ma ci ha fatto arrivare un suo videomessaggio: «Molti di voi vivono quello che io ho vissuto e questo progetto vuol cercare una soluzione per migliorare l’integrazione in Italia. Io mi sento come gli altri mi fanno sentire: nel mio percorso a volte mi sono sentita troppo straniera. Integrazione è dare valore alla propria cultura arricchendosi di un’altra». Abbiamo chiesto ad Agnese come era nata la loro amicizia. Il loro incontro è avvenuto al laboratorio di teatro interculturale del Metastasio dove erano coinvolte nello spettacolo “Un angelo nei sobborghi”. Dal condividere questa esperienza le due sono passate a concretizzare un progetto che aiutasse i ragazzi cinesi di seconda generazione a sentirsi ben integrati in Italia, raccontando le loro
storie. «In Italia si mantiene sempre la nazionalità dei genitori, anche se ci siamo nati e cresciuti — spiega Agnese — Questo ostacola l’integrazione sociale. Noi non vogliamo distinzioni, vorremmo che tutti indistintamente fossero considerati italiani senza avere la necessità di chiedere la cittadinanza». E ancora: «Ci interessano soprattutto ragazzi intorno ai 18 anni — ha proseguito Agnese — perché in quel momento si pone la scelta se prendere o no la cittadinanza italiana. I percorsi di integrazione sono diversi, non c’è una risposta valida per tutti, ognuno prende una decisione personale e rispettabile». Ascoltando Agnese e Malìa abbiamo compreso che saremo noi a tracciare nuovi percorsi di integrazione. «Siamo la prima generazione multiculturale del nostro paese — conclude Agnese — Mantenere vivi i propri sogni, coltivare le proprie passioni e condividerle con altre culture aiuta a costruire una società serena e unita».
REDATTORI IN CLASSE ECCO i redattori in classe della II C dell’istituto comprensivo Don Milani che hanno redatto la pagina: Mehdi Achak, Dominik Adamski, Fortunato Annunziata, Serena Bogani, Lucrezia Borgianni, Margot
Brescia, Alessia Carrante, Giulia Clementini, VAlentina D’Agosta, Alì Ehtisham, Nohaila Fadil, Alex Giaquinta, Matteo Gouessey, Elisa Hu, Matteo Hu, Qing Qing Hu, Francesca Hu, Christian Maione, Mi-
chele Moccia, Elisa Poli, Khadija Rayyad, Steven Suffer, Emanuele Terpini, Giulia Vargiu, Marisa Wu, Marco Xia. La professoressa tutor è Maria Laura Cheli; il dirigente scolastico Maria Grazia Ciambellotti.
IL PROGETTO
Con «Wgr» la fratellanza viaggia su i.Pad ALCUNE considerazioni sulle difficoltà d’inserimento degli alunni stranieri nelle scuole ha messo in evidenza la scarsità di materiale relativo a questo fenomeno. La cosa è preoccupante, visto l’aumento esponenziale di stranieri registrato negli ultimi anni. Ci siamo messi, così, su internet alla ricerca di progetti che intendono favorire l’integrazione. Il progetto “Wgr”, che vogliamo presentarvi, è curato da due ragazze pratesi: Agnese, fotografa italiana, e Malìa, una giornalista nata e vissuta nella nostra città, ma di nazionalità cinese. «Wgr» è un’applicazione per iPad, un fotolibro che è stato pubblicato a febbraio dall’editore Jumper Photo Magazine di Milano. In esso Agnese e Malìa raccontano storie di ragazzi cinesi di seconda generazione. Con la raccolta di foto, video e l’elaborazione di testi scritti viene ricostruita l’esperienza vissuta. L’intenzione è quella di mettere in evidenza, attraverso il racconto, l’individualità dei ragazzi per riuscire a vedere lo straniero come una persona unica e irrepetibile con sogni, interessi e progetti per il futuro. Nelle storie raccontate emergono i sentimenti, le aspettative: si va dritti al cuore e alla vita dei ragazzi. Si parla di belle amicizie, di solidarietà e di discriminazione. Leggere queste storie ci aiuta a comprendere il punto di vista dell’altro e facilita il processo di integrazione. Sono storie che fanno bene a noi ragazzi che impariamo l’amicizia con gli “stranieri” fin dalle elementari, ma che, a volte, per appartenere al gruppo, assumiamo comportamenti che possono ferirli.
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CAMPIONATO DI GIORNALISMO
GIOVEDÌ 15 MARZO 2012
Scuola media
Tintori Prato
Costa, la città affondata La tragedia, le polemiche, il rischio ambientale: il dramma del Giglio IL PRECEDENTE
Andrea Doria e Concordia Riflessioni IL 26 LUGLIO del 1956 al largo della costa nordamericana si inabissa l’Andrea Doria, il gioiello della nautica italiana del dopoguerra. Lo scontro avviene alle 23.10: la nave si imbatte in una fitta nebbia e viene speronata da una nave svedese. I dispersi furono 48, i soccorsi fortunatamente arrivarono velocemente; il comandante Calamai rimase sulla nave fino alla fine, attendendo che tutti i passeggeri fossero messi in salvo. Si racconta che fu costretto con la forza a lasciare la nave. Il 13 gennaio 2012 la Concordia affonda. A bordo dell’imbarcazione c’erano tante persone. La maggioranza si è messa in salvo, ma in tanti sono morti. La nave è andata a sbattere contro uno scoglio nei pressi dell’Isola del Giglio e si è squarciata la parte inferiore della nave. Le operazioni di salvataggio sono state fatte molto rapidamente ma non è bastato per salvare tutte le persone. Le conseguenze ambientali sono: i liquami, il ferro e gli oggetti. Molti sono coloro che sostengono che il comandante Schettino abbia abbandonato la nave tra le prime persone. Entrambi sono grandi tragedie. Emergono alcune differenze importanti: le cause e soprattutto il comportamento dei due comandanti. La nebbia fitta nel primo caso, un «inchino» ad un’isola, una cena con una misteriosa bionda nel secondo. Un comandante reticente a lasciare la sua nave nel caso dell’Andrea Doria e uno che scende tra i primi in quello della Costa Concordia.
LA COSTA Concordia venerdì 13 gennaio ha superato il triste primato del Titanic. Una delle più grandi navi con il maggior numero di passeggeri del mondo dotata di grandi tecnologie affonda. La nave Costa Concordia alle 21.07 si avvicina all’isola del Giglio. Alle 21.45 si avvicina agli scogli delle Scole e frena bruscamente ma non riesce ad evitare l’impatto provocando uno squarcio di 70 metri sulla parte sinistra e incomincia a imbarcare acqua. La capitaneria di Livorno rintraccia la nave e chiama a bordo chiedendo se hanno bisogno di aiuto, ma il comandante dell’imbarcazione Schettino dice che «è solo un blackout, che è tutto sotto controllo» e continua la cena. La nave continua a imbarcare acqua e Schettino la abbandona senza dare l’allarme di evacuazione dei passeggeri: sarà il vice comandante a fare evacuare la nave e calare le scialuppe. L’articolo 303 del Codice della navigazione dice che «il comandante non può abbandonare la nave prima dei passeggeri» e invece a mezzanotte e mezzo il co-
FALLA Meno male che un capitano affonda sempre insieme alla nave!
mandante Schettino viene visto da una scialuppa, su uno scoglio, asciutto. Il comportamento del capitano mette a rischio la vita dei passeggeri, infatti non tutti riusciranno a salvarsi. Subito dopo la tragedia si è scatenata la polemica del risarcimento danni. Ma è possibile dare un
prezzo alla vita umana? A quella, per esempio, di una bambina di 5 anni? Questa tragedia umana si accompagna anche a quella ambientale. La Concordia ha dei grandi serbatoi con enorme quantità di gasolio ed è noto l’impatto negativo che ha il gasolio nel mare. Oltre a ciò va ricordato che la
Concordia aveva scorte alimentari per 3.780 passeggeri, frutta, verdura, carni, dolci, insieme ai detergenti per il corpo, pulizia della nave e da non dimenticare che il sistema fognario con un grande serbatoio che è ancora lì in mare! Tutto questo, se non viene rimosso, può danneggiare la flora, la fauna, la costa e conseguentemente l’economia dell’isola, visto che il turismo ne è la principale risorsa economica. Il processo per accertare le responsabilità del comandante Schettino e della compagnia Costa Crociera è cominciato. Al tribunale di Grosseto, i magistrati hanno ascoltato la scatola nera, che contiene tutte le conversazioni minuto per minuto tra il capitano e l’equipaggio. Queste registrazioni permettono di capire ciò che è realmente successo. Quest’episodio di cronaca ha messo in evidenza che, per delle abitudini sbagliate (si veda il saluto al Giglio), o per leggerezza nel prendere alcune decisioni è stato pagato un prezzo altissimo in vite umane, economico e d’impatto ambientale.
L’ESPERTO PARLA IL GEOLOGO GIOVANNI GIGLI, DELL’UNIVERSITA’ DI FIRENZE
«In soccorso della nave Concordia» A SCUOLA abbiamo intervistato Giovanni Gigli, geologo dell’Università di Firenze, che ha esaminato la nave Concordia pochi giorni dopo la tragedia.
no); Mimo sar (stesse funzioni del laser scanner, solo con una maggiore precisione); Cosmo sky med (satellite che controlla la deformazione del terreno sottostante alla nave); sismometri (servono per sapere il rapporto tra la nave e la terra sottostante) e l’estensimetro (mediante un filo attaccato alle due estremità della nave se ne verificano gli spostamenti).
Perché è stato chiamato un geologo?
Il geologo studia la terra, io in particolare mi occupo delle frane: per quanto riguarda l’Isola del Giglio controllo il movimento della nave Concordia dovuto allo slittamento del fondale marino sottostante. Come si è avvicinato alla nave?
Uno scoglio facilmente raggiungibile è a 10 metri dalla nave, ma a noi non interessava accederci direttamente, quanto collocare gli strumenti necessari alle nostre indagini. Quali strumenti ha utilizzato?
Abbiamo utilizzato ben otto strumenti: gps
Le indagini hanno rilevato che la nave è stabile?
INSIEME Il geologo Giovanni Gigli incontra la 2˚E
(rileva gli spostamenti); accelerometro (un oscillatore, serve per vedere se la nave si sposta); benchmarks (laser che ogni quindici minuti rileva l’angolazione della nave); laser scanner (fa una mappa 3D, due volte al gior-
No, rispetto a come era inizialmente si è spostata molto, quasi un millimetro l’ora. Per quale motivo si vuole capire se la nave si muove o meno?
Perché potrebbe affondare creando una situazione troppo rischiosa, soprattutto per i sommozzatori che impiegano già molto tempo per entrare e uscire dalla nave.
REDATTORI IN CLASSE La pagina è stata realizzata dagli studenti della classe 2˚E della scuola media « Tintori»: Alessandro Cuppari, Alessia Nieri, Alessio Arena, Alessio Bucciantini, Alessio Puggelli, Alice Macchi, Andrea Curcet-
ti, Camilla De Luca, Elena Biagi Ciappina, Emanuele Frasconi, Federica Bozzoni, Francesca Hu, Giada Hu, Giulia Scuffi, Greta Feregotto, Ivan Tognaccini, Leonardo Cuzzavaglio, Letizia Falangi, Maila Detti,
Matilde Bresci, Michela Buscioni, Riccardo Morgantini, Sara Martinelli, Serena Hu, Serena Pollini, Simona Ghita, Simone Cocci. Dirigente scolastico Maria Grazia Ciambellotti, insegnante Angela Minuti.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
GIOVEDÌ 15 MARZO 2012
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Scuola media
L. Bartolini Vaiano
Una «discarica solare» a Vaiano Sopra i rifiuti un parco fotovoltaico: energia pulita per gli edifici pubblici FINO A VENT’ANNI fa vi venivano riversate tonnellate di rifiuti, che col tempo hanno formato una collina artificiale. Poi il Comune di Vaiano decise che era il luogo adatto per impiantare un parco fotovoltaico. L’anno scorso l’inaugurazione. Sono 3.500 metri quadri di pannelli; producono annualmente circa 395.500 Kilowattora di energia, che viene immessa in rete tramite un convertitore (“inverter”), che trasforma l’energia continua assorbita dal sole in energia elettrica “alternata”. Grazie al parco, vengono illuminati molti edifici pubblici della zona, compresa la nostra scuola media, la scuola materna de La Tignamica, le scuole elementari di Vaiano e de La Briglia. I vantaggi dell’impianto? Ridurre l’emissione di anidride carbonica di 210 tonnellate annue, con un risparmio di oltre 87 tonnellate equivalenti di petrolio; non produce conseguenze negative per il territorio: non emette gas inquinanti, non disperde calore, non crea rumore, si integra col paesaggio circostante. Si è inoltre potuto recuperare un’area degradata, non utilizzabile per altri scopi. Il parco è costato al Comune intorno ai
VIGNETTA Il parco fotovoltaico di Vaiano come... la via Gluck
950.000 euro e durerà oltre 20 anni. L’energia prodotta viene pagata dal gestore della rete (l’Enel) ad una tariffa “incentivante”; inoltre si ottiene anche un risparmio in bolletta. In questo modo il costo di installazione verrà ammortizzato in 7 anni. Al termine dei 20 anni il Comune avrà un guadagno netto di ben 1.570.000 euro! Il pro-
getto è stato realizzato assieme alla Asm di Prato, che costruirà nella stessa area un impianto di compostaggio e biostabilizzazione: l’energia necessaria al suo funzionamento sarà prodotta dai pannelli fotovoltaici. Si è riusciti a conciliare vantaggi per l’ambiente e vantaggi economico.
LA NOSTRA classe ha visitato il parco con la guida dell’ingegnere responsabile del progetto: abbiamo osservato dal basso la “foresta” di pannelli allineati, posizionati in direzione sud-ovest per ricevere al meglio la luce del sole, regolati al giusto grado di inclinazione tramite delle viti, controllati spesso perché il terreno della ex discarica è instabile. La discarica, in località Pozzino, risale agli anni ’60. Negli anni ’90 il comune ha deciso di bonificare la zona, ammassando i rifiuti e mettendo dei teli impermeabili; sotto i teli è stata fatta una specie di fognatura e i liquidi della ex discarica vengono mandati in dei tubi che sono collegati al depuratore. I gas maleodoranti sono invece raccolti in un grosso contenitore, posto vicino ai pannelli, dove vengono bruciati. Più in basso è stata costruita la cabina dove è installato l’inverter. I pannelli non hanno bisogno di grande manutenzione: basta cospargervi uno spray protettivo; ma gli apparati elettrici sono delicati. Le risorse del pianeta si stanno esaurendo ed allora diventa sempre più importante e vantaggioso utilizzare fonti di energia naturale, come quella del sole.
L’INTERVISTA CIOLINI: «RIQUALIFICATO UN TERRENO CHE PER 25 ANNI SAREBBE RIMASTO INUTILIZZATO»
La «buona pratica» ha dato i suoi frutti PERCHÈ Vaiano ha fatto questa scelta del fotovoltaico? Scelta con la quale ha vinto pure il premio Legambiente “per la Buona Pratica” del Campionato Solare 2011. Ne parliamo con l’assessore all’ambiente Elisabetta Ciolini. Quali sono le particolarità dell’impianto?
«I pannelli sono formati da 1536 celle di silicio micro amorfo che sfruttano anche la luce diffusa, cioè hanno una resa minore quando il sole batte “a picco” sulla cella ma in generale rendono di più in tutto il corso della giornata. L’anno scorso, essendo stato caldo, con la produzione di energia già ad ottobre avevamo incassato più della rata del mutuo che dobbiamo pagare». Com’è stato realizzato l’impianto ?
AMBIENTE Elisabetta Ciolini assessore a Vaiano
«Abbiamo calcolato i consumi di tutti gli edifici del Comune ed abbiamo visto che serviva un im-
pianto che producesse almeno 226.000 Kilowattore all’anno. Abbiamo quindi dimensionato l’impianto sulla base di questi consumi, in modo da avere il rendimento migliore. Per fare un esempio, nell’edificio della scuola media è stato fatto uno studio energetico, cioè si è visto quanto consuma, quanto calore viene immagazzinato, ecc. Si è quindi stabilito che il primo intervento era cambiare gli infissi per evitare la dispersione di calore. In questo modo si è risparmiato il 18% di energia in un anno» Cosa succederà dopo 20 anni, quando i pannelli non saranno più utilizzabili ?
«Nei costi di ammortamento annuali c’è già calcolato il costo di smaltimento degli impianti. I pannelli del nostro parco verranno “rigenerati”, cioè il silicio, il minerale da cui sono fatti, verrà trattato per poter essere utilizzato di nuovo; i pannelli potranno quindi durare altri 20 anni».
REDATTORI IN CLASSE Pagina realizzata dalla II D della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Lorenzo Bartolini” di Vaiano. Studenti-redattori: Beatrice Barfucci, Federico Barsaglini, Simone Brachi, Bianca
Cecconi, Cosimo Fabbri, Sara Fabiani, Sara Farinacci, Giada Fioretti, Giulia Francalanci, Davide Giarrè, Alessia Guidoni, Samuel Montesi, Elena Nuti, Andrea Parisi, Gabriele Pecchioli, Martina Pescari, Enri-
co Pini, Munir Raza, Giada Rocco, Carmen Rosati, Ginevra Russillo, Mattia Russillo, Gui Scian Tang, Daniele Vekony. Il dirigente scolastico è Sandra Bolognesi. Docente tutor: Leonello Rabatti.
SPESA E CONSUMI
Quanto costa installare un impianto? ESISTONO due tipi di impianti che utilizzano l’energia del sole: i pannelli termici, che forniscono acqua calda alle abitazioni, facendo risparmiare sulla bolletta Enel; i pannelli con moduli fotovoltaici che trasformano l’energia assorbita dal sole in energia elettrica: oltre al risparmio in bolletta, questi ultimi tipi di pannelli permettono di rivendere al gestore l’energia prodotta in più. Abbiamo fatto un’indagine sulle ditte produttrici di impianti fotovoltaici della nostra zona. I costi degli impianti per le abitazioni dipendono da molte variabili (la potenza, il tipo di impianto e le sue dimensioni; il luogo di installazione). Per un’abitazione ed una famiglia media (4 persone), con un consumo annuo di 3.500 kilowattora, installare i pannelli fotovoltaici costa tra i 9.000 e i 14.000 euro. Per i piccoli impianti i costi maggiori riguardano i pannelli (50%); il montaggio e la progettazione incidono ognuno per il 15% circa, mentre l’inverter, i cavi e supporti, ognuno per il 10% circa. LA SPESA può essere ammortizzata in 5–7 anni, sia risparmiando sulla bolletta, sia rivendendo al gestore l’energia in più, prodotta ma non utilizzata e immessa nella rete: trascorso questo periodo si inizia a guadagnare. Molti impianti adesso sono garantiti per 10 anni, ma la garanzia del buon funzionamento arriva anche a 25 anni. La spesa può essere detratta fiscalmente al 55% e viene rimborsata in 5 anni. Da tempo i prezzi degli impianti continuano a diminuire: il solare è quindi sempre più conveniente.
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10 CAMPIONATO DI GIORNALISMO
GIOVEDÌ 22 MARZO 2012
Scuola Media
D. Alighieri Vernio
Vernio, la filiera corta in mostra Domenica all’ex Meucci rassegna di prodotti tipici locali e degustazioni PROGETTO PILOTA
Crescere sani con la frutta nelle scuole POLENTA, tradizione contadina e fiera degli animali: cosa hanno in comune questi eventi? Oltre ad essere motivo di svago e divertimento, sono occasione per riscoprire uno stile di vita sano e contribuire alla nostra salute. La globalizzazione in campo culinario e la pubblicità hanno portato al consumo di cibi spesso molto amati dagli adolescenti ma ricchi di grassi e conservanti. Snack, panini, patatine fritte non ci devono far dimenticare la nostra tradizione e l’importanza della provenienza stessa degli alimenti: il cibo viaggia moltissimo, frutta e verdura attraversano l’oceano, ma ci siamo mai chiesti che senso consumare cibi che hanno fatto il giro del mondo quando l’agricoltore dietro casa può fornirci alimenti freschi ad un prezzo ragionevole? Gli alunni di Vernio quest’anno hanno partecipato e parteciperanno con la consapevolezza che già alla loro età possono iniziare ad avere uno stile di vita corretto. L’istituto Sandro Pertini ha infatti aderito a diversi progetti promossi dall’Asl 4 che hanno proprio questo obiettivo: “Stretching in classe”, per contrastare la sedentarietà, “Peer Education” e “Scuola libera dal fumo” per allontanare gli adolescenti dal tabagismo. Nella scuola primaria invece compie il terzo anno “frutta nelle scuole”, attività che prevede una fornitura di frutta per due volte a settimana: frutti di stagione, anche sotto forma di spremuta, vanno a sostituire la tradizionale merenda durante la ricreazione.
LA FIERA del bestiame per ricordare San Giuseppe. Appuntamento domenica 25 marzo con l’antica fiera del bestiame di San Giuseppe nelle due frazioni di San Quirico e Mercatale di Vernio. L’evento è organizzato dal Comune di Vernio e dall’Unione dei Comuni della Val di Bisenzio, mira a valorizzare i prodotti tipici della zona tramite numerosi stand enogastronomici, florovivaistici e mostre di bestiame. Nell’ex stabilimento Meucci sarà presente un’area ristoro per deliziare il palato dei visitatori: i prodotti venduti provengono da strutture e agriturismi della Val di Bisenzio, sono biologici e senza Ogm. Regina di tutti i prodotti esposti è sicuramente la castagna che in antichità sfamava la popolazione nei periodi difficili. Ma si potranno degustare fra le altre cose: polenta con cinghiale o funghi, stracotto di mucca calvana, castaghiotti, frittelle di riso, lasagne di patate, crostini rustici, pan di ramerino, pappa al pomodoro e tante altre specialità. Questa è l’occasione per riscoprire i piatti tipici della tradizione to-
FESTA Il pubblico ritratto da Ernesto Bartolozzi
scana e contadina, semplici e sani, che tendono a scomparire a favore di alimenti poco genuini e industriali. Il consumo di prodotti naturali e locali porta benefici non solo alla nostra salute ma anche all’ambiente e al nostro portafoglio. La cosiddetta filiera corta presenta infatti molti vantaggi: i produt-
tori vendono direttamente al cliente finale evitando i passaggi intermedi e quindi i prodotti costano meno. Inoltre diminuisce l’inquinamento perché si riduce il tragitto che le merci devono compiere per arrivare al consumatore e gli alimenti di conseguenza sono più freschi. Questa festa risale al 1800, inizial-
mente era considerata un saluto all’inverno che se ne va e un benvenuto alla primavera: in passato questa fiera era il momento in cui gli allevatori e gli agricoltori del territorio scendevano in paese per fare acquisti; qui si rifornivano di strumenti da lavoro (come forbici per potare le piante), assaggiavano il cibo tipico e si procuravano animali da fattoria secondo il bisogno. Questa antica fiera è stata rilanciata solo cinque/sei anni fa ma la sua importanza è notevole, dato che è l’unico evento dedicato alla razza bovina della Calvana. Oltre ai bovini, alla fiera saranno presenti anche i cavalli, le pecore, le capre e una varia selezione di animali da allevamento e da cortile, dalle galline, ai conigli alle papere. Quindi la manifestazione sarà un’occasione per far conoscere più da vicino gli animali da fattoria ai bambini di città. Chi lo vorrà potrà montare anche a dorso di pony e di “ciuchi” per calarsi fino in fondo in un’atmosfera rurale e beneficiare del contatto con la natura e con gli animali.
L’EVENTO RIEVOCAZIONE DELLA “PULENDINA“ O MEGLIO LA “FESTA DELLA MISERIA”. UNA GIORNATA FRA TRADIZIONE E FOLCLORE
Storia del piatto che sfamò la Val di Bisenzio
EDIZIONE L’ultima sfilata della “pulendina” a Vernio
IL RINASCIMENTO torna a rivivere come ogni anno sulle tavole di Vernio: domenica, 26 febbraio si è svolta la 436ma rievocazione storica della polenta, famosa come “Festa della Miseria” o anche “della Pulendina”. L’ evento si è tenuto in piazza di S. Quirico nei pressi dell’antico Casone, oggi sede del Comune di Vernio. “La Pulendina” è una delle più antiche manifestazioni storiche italiane e viene organizzata principalmente dalle società di volontariato locali, fra cui la “Società della Miseria”, in collaborazione con il Comune di Vernio. Oggi l’evento si festeggia la prima domenica di Quaresima mentre originariamente si celebrava il mercoledì delle Ceneri. Storicamente, la festa vuole ricordare la grave carestia del 1512, che si diffuse in tutta Prato e nella Val di Bisenzio in seguito ai saccheggi dei mercenari spagnoli, responsabili anche del famoso “Sac-
co di Prato”. All’epoca il Comune di Vernio era sotto il dominio dei Conti Bardi, famiglia molto potente, che generosamente sfamò la popolazione in questo terribile momento distribuendo polenta dolce, aringhe e baccalà. La protagonista di questa festa è quindi la polenta di farina dolce di castagne, tagliata con grande maestria e come ricorda la tradizione “a fette con un filo di cotone” e distribuita a tutte i partecipanti. Piero Sarti, presidente della Società della Miseria, sottolinea l’ampia partecipazione dei cittadini di Vernio alla manifestazione, animata dal corteo storico, che conta più di 600 figuranti, gli sbandieratori di Siena, la banda del Comune di Luicciana e gruppi folcloristici di altri Comuni Toscani. Sarti aggiunge: «Dagli anni ’80 la Società della Miseria ha l’onore di essere presentata in molte regioni italiane e nazioni straniere con cui Vernio è gemellata».
REDATTORI IN CLASSE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della 3B: Amicucci, Bartoloni, Biagioli, Cangioli, Carmagnini, Cauteruccio, Cecconi, Chiaramonti, Corsi, Erizma, Ferrarello, Ghrairi, Gori, Gualtieri, Gurieri, Lena,
Maglione, Marinaccio, Mensurati, Minelli Peroni, Pieratti, Pieri, Querci, Stefani e Timpano. E dagli studenti della 3A: Bagni, Baldini, Ballini, Bartolini, Bertucci, Biagi, Bogani, Bolognesi, Brachi, Corriere, De
Biasi, Doti,Elmi, Gaeta, Gurieri D., Logli, Morganti, Muka, Pelagatti, Pucci, Saidi, Salvatore, Silvestri, Toccafondi, Venuto, Volpe e Zulfanelli. Docenti tutori professori Sara Galantucci e Vincenzo Mauro.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
GIOVEDÌ 22 MARZO 2012
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Scuola media
Pier Cironi Prato
Videogame, i nuovi amici virtuali Ecco come sono nate le consolle e le conseguenze del loro utilizzo VIDEOGAME: sono troppo poche due parole rispetto al tempo che i giovani trascorrono davanti ad una console. Oggi molti ragazzi preferiscono un amico virtuale anziché un amico reale con il quale uscire o confidarsi, ma pochi di loro sanno che il primo videogame risale al 1947, si chiamava «Cathode-ray tube amusement device» e si ispirava agli schermi radar della seconda guerra mondiale, basandosi sul lancio di un missile verso un bersaglio. Goldsmith e Mann, che lo progettarono, mai avrebbero pensato di avere tanto successo e certamente non potevano immaginare che in pochi decenni i videogiochi si sarebbero così evoluti, fino a raggiungere gli elevati livelli di tecnologia, grafica e dinamiche di gioco che hanno ai nostri giorni. Ma cosa ha di speciale un videogioco rispetto alla buona musica o alla Tv? Il “giocatore” mette alla prova la propria abilità, si sente protagonista e determina il destino dei personaggi, cosa che nella vita non è possibile. Ed è difficile non farsi catturare dall’emozione
LA VIGNETTA Un neonato già impegnato davanti al computer
che si prova ad immergersi in una realtà virtuale, ma così realistica che sembra tutto vero. Così un bambino che torna da scuola, dopo ore di studio, e cerca uno svago, prende subito il video-gioco. E per convincere una persona ad abbandonare la console, le si deve proporre un’alternativa altrettan-
to coinvolgente. Con l’avanzare della tecnologia, poi, i videogiochi sono sempre più intriganti e attirano i desideri di molta più gente. Non sono infatti solo i ragazzi ad usarli, senza dare peso alle possibili conseguenze: anche molte persone del mondo degli adulti passano il proprio
tempo davanti a una console. Così i negozi che vendono videogiochi sono sempre molto affollati ed è possibile anche acquistare videogames in rete, da quelli simulativi a quelli arcade, o procurarsi giochi di seconda mano. E anche in questo momento di crisi economica molte persone usano i loro soldi per comprare video-giochi, che stanno per diventare un bisogno primario. La questione è molto dibattuta da esperti e genitori: c’è chi ritiene che i videogiochi stimolino positivamente il cervello, invece per altri essi provocano conseguenze come offuscamento della vista, danni al sistema nervoso, distorsione della realtà, cambiamenti alle emozioni. Una cosa certa è che la questione video-giochi fa sempre notizia e frequenti sono gli articoli su riviste e quotidiani a riguardo. Naturalmente occorre trovare la giusta via di mezzo e fare un uso moderato di questo tipo di giochi, senza dimenticare mai che si tratta di un passatempo come altri e che la realtà virtuale non deve sostituire la vita vera.
L’INTERVISTA I CONSIGLI DELLO PSICOLOGO SALVO RAGONESI PER UN CORRETTO USO DEI GIOCHI VIRTUALI
«Sistema nervoso a rischio con i videogiochi» LO PSICOLOGO Salvo Ragonesi ci invita a riflettere sulla questione dei videogame e su come i ragazzi potrebbero comportarsi facendo anche altre attività. Cosa ne pensa dei videogame?
«I videogame, al giorno d’oggi, sono uno strumento di divertimento non solo per ragazzi ma anche per adulti, perché si utilizza una tecnologia particolare che venti anni fa non esisteva». I ragazzi d’oggi stanno molte ore davanti ai videogame invece di stare all’aria aperta: stare troppo tempo alla consolle che conseguenze può portare?
L’ESPERTO Lo psicologo Salvo Ragonesi
«La persona che sta molte ore davanti ai videogame potrebbe iniziare ad essere troppo passiva rispetto a quel tipo di stimolo, visto che non si confronta con nessuno e sta ferma. Ciò succede anche perché effettivamente i ragazzi d’oggi sono attratti
dai videogiochi e dalla loro curiosità, invece di fare attività e movimento all’aria aperta». Per lei è meglio usare i video giochi o guardare la televisione?
«Si possono fare tutte e due le cose purché si usino coscienza e moderazione. Le consolle e i computer sono delle macchine dove lo stimolo si dice “unidirezionale”: quello che viene dato parte cioè dallo schermo e arriva solo al cervello, così il ragazzo non può intervenire come quando gioca con un’altra persona». Secondo lei un ragazzo può subire cambiamenti o assumere atteggiamenti diversi dopo aver giocato con i videogame?
«Non necessariamente; se l’esposizione davanti alla console diventa lunga e prolungata si possono però avere delle conseguenze anche a livello di personalità e sul sistema nervoso centrale. Oggi infatti si parla di forme di dipendenza».
REDATTORI IN CLASSE ECCO gli alunni della classe III C della scuola Pier Cironi: Giancarlo Aidara, Giulio Bardazzi, Cristiano Biacchessi, Monique Bianco, Irene Cammelli, Liyi Chen, Andrea Cirillo, Laura Cirillo, Simone De Feo,
Francesca Giannelli, Fransi Hamolli, Darko Kocev, Quingna Lin, Francesco Lucianò, Cosimo Lunetti, Giulia Marino, Francesca Nencetti, Simona Russo, Luca Scatizzi, Manuel Sesti, Xhesi Skota, Lucia
Pia Stirparo, Serena Zhao, Rachele Zizzamia. Dirigente scolastico: Paola Toccafondi. Tutor la professoressa Barbara Duccini. Alla pagina ha collaborato anche la professoressa Paola Giovannardi.
IL SONDAGGIO
Meglio uscire con gli amici che stare al Pc NOVE. È questo il numero dei ragazzi che preferisce giocare ai videogame rispetto ad altre attività, su 157 intervistati. Da un’indagine svolta sulle classi terze della scuola media Cironi è stato infatti rilevato che, contrariamente a quanto si pensi, i ragazzi che preferiscono giocare ai videogame sono il 6%, mentre la maggior parte (65%) privilegia uscire con gli amici. Al secondo posto troviamo “fare sport” con 17% delle preferenze, mentre al 9% degli intervistati piace suonare uno strumento. Il dato più alto indica che il 44% dei ragazzi gioca due volte a settimana ai videogame per circa un’ora e mezzo, anche se i maschi tendono a passare circa mezz’ora in più a giocare rispetto alle ragazze. Le console più diffuse sono la Play Station e la Wii, presenti quasi nel 50% delle case; solo pochissimi non hanno alcuna console (6%), mentre molti ne posseggono almeno due (40%). Per quanto riguarda il genere di videogioco preferito, la situazione è molto diversa fra maschi e femmine: moltissimi ragazzi previlegiano i videogames di azione e guerra (65%), quasi esclusi dalle ragazze, che invece preferiscono giochi di sport (47%). Questa indagine sfata quindi alcuni “miti”, come quello che i ragazzi giochino ai videogames per molte ore ogni giorno, il che è una notizia confortante per molti genitori; allo stesso tempo conferma idee quali quella che i ragazzi preferiscono i giochi violenti a quelli più “calmi”, privilegiati invece dalle ragazze.
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