Premio Mascagni, la Varvel

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12 BOLOGNA ECONOMIA

MARTEDÌ 8 MAGGIO 2012

Nelle pale del mulino il segreto della Varvel

Francesco Berselli racconta la storia dell’azienda di famiglia di MARCO GIRELLA

PRESIDENTE Francesco Berselli con un riduttore della Varvel

E’ IL PRINCIPIO che regolava gli antichi mulini. Le pale si muovono a una determinata velocità sotto la spinta dell’acqua. Il movimento viene trasmesso alla macina che lavora il grano a velocità inferiore rispetto alle pale. Ecco fatto il primo riduttore di velocità, il meccanismo sul quale la Varvel di Crespellano ha innescato la sua fortuna. La vocazione è già nel nome, formato dalle tre lettere iniziali delle parole variatore e velocità. Dagli anni Cinquanta, quando nacque, la Varvel ha percorso parecchia strada, ma il tratto più veloce ed emozionante lo ha coperto dagli anni Novanta in poi, quando si è trasformata da piccola azienda a conduzione familiare in un vero e proprio gruppo industriale. Francesco Berselli, figlio del fondatore, ha attraversato quasi tutta la storia della Varvel, dove è entrato negli anni Sessanta. Berselli, voi però non costruite ingranaggi per mulini.

«No, produciamo pezzi che servono a sfruttare meglio la forza del motore elettrico. Con un meccanismo apposito, noi riduciamo il numero dei giri del motore in modo da fargli svolgere un lavoro proporzionato allo sforzo che deve compiere». Per esempio?

«Far andare su e giù il cavallino di una giostra una o due volte al secondo. Siccome il motore che permette questo movimento compie 1400 giri al minuto, per utilizzarlo mi serve un riduttore. Le applicazioni sono infinite». Le credo sulla fiducia.

«Dall’allevamento dei polli all’aeronautica, al movimento per calare l’ancora delle navi, dovunque c’è un motore elettrico che origina un movimento ci vuole un riduttore o un variatore di velocità». Non sono sinonimi?

«No, il riduttore permette di andare a una sola velocità, il variatore a diverse velocità, sfruttando sempre lo stesso tipo di motore». La Varvel è stata per anni un’azienda familiare. Cosa è successo per avviare un cambio di dimensioni così forte?

I NUMERI

30,5

2,5

milioni

per cento

E’ il fatturato del gruppo, comprese le aziende associate così suddiviso: 40 per cento Italia, 40 Ue, 20 mondo

Gli investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al fatturato su nuovi prodotti e collaborazioni con l’Università

«Che negli anni Novanta sono comparsi sul mercato i variatori di velocità elettronici, che hanno soppiantato quelli meccanici in cui ci eravamo specializzati noi. Quindi abbiamo cominciato a produrre riduttori». Meglio o peggio?

«I riduttori implicano grandi quantità. Per realizzarle siamo stati costretti ad ingrandirci. In quindici anni siamo passati da 35 addetti a 150, includendo le società partecipate».

LA SVOLTA «Dagli anni Novanta in poi il passaggio da impresa familiare a gruppo industriale» Avete fatto in modo che le aziende partecipate si avvicinassero fisicamente al vostro stabilimento.

«Sì, perché nel 2006 decidemmo un cambio di rotta strategico. Mentre tutti delocalizzavano, noi puntammo a investire in Italia per vendere all’estero». Una scelta controcorrente.

«Siamo entrati in società con alcuni dei nostri fornitori per avere maggiore controllo sulla fabbricazione dei componenti che utilizziamo».

Tanti consulenti vi avrebbero suggerito di fabbricarli a minor costo in Cina.

«Per noi la scelta era tra inseguire paesi che permettono costi minori o fare vera efficienza, cioè eliminare i passaggi produttivi inutili senza inseguire minori costi del lavoro». E così si regge la concorrenza?

«Certo. A patto di rendere la vita difficile agli altri. Inventandosi nuovi prodotti. Puntando sulla ricerca. Abbiamo un progetto in corso con l’università di Modena per ridurre o eliminare l’olio lubrificante nei nostri prodotti. Vogliamo realizzare materiali autolubrificanti». Come si resiste alla grande crisi?

«Diventando più flessibili e più veloci. Purtroppo tanti italiani delocalizzano per miopia, perché poi gli stranieri tornano qui col know how che ci hanno rubato. E ci piallano». La Varvel stila un bilancio di sostenibilità. Come mai questa attenzione all’impatto sociale dell’azienda?

«Diciamo che è nel nostro carattere. Da anni versiamo due centesimi per ogni riduttore venduto all’Unicef, a Medicine Sans Frontiere e all’Ant». Come li ha scelti?

«In base all’assenza di una struttura pletorica che assorba i finanziamenti destinati a chi sta male veramente».

L’AZIENDA

Dopo 50 anni di sviluppo costante, lo sbarco in India LA VARVEL nasce nel 1955 ad opera dell’ingegner Cesare Berselli, padre dell’attuale presidente, che entra in azienda negli anni Sessanta. Francesco Berselli inizia a sviluppare con successo il mercato estero. Fino alla fine degli anni ’80 l’azienda vive una fase di sviluppo costante, ma è negli anni ’90 con l’introduzione della serie RS, prima famiglia di riduttori a vite senza fine, che l’azienda dà inizio a un periodo di crescita sostenuta, rendendo necessaria la realizzazione di una nuova sede. In questi anni Varvel inizia anche a sviluppare una serie di relazioni industriali con aziende strategicamente vicine. A cavallo fra la fine del 1999 e l’inizio del 2000 la società si trasferisce nella sede attuale, a Crespellano. Alla fine del 2001, a fianco della nuova sede viene acquistato un ulteriore immobile di 2.500 mq, nel quale vengono trasferiti il reparto lavorazioni meccaniche e l’azienda partecipata OCI, specializzata nella dentatura degli ingranaggi. Parallelamente all’ampliamento della propria gamma di prodotti, nel 2002 Varvel dà inizio ad una serie di investimenti nell’automazione dei processi produttivi, realizzando la prima isola robotizzata di lavorazione carcasse dei riduttori, funzionante senza presidio con un’autonomia fino a 72 ore. La politica di acquisizioni continua con una quota del 40% di IMAS, specializzata nella rettifica degli ingranaggi. All’inizio del 2008 Varvel acquista una quota del 40% di Benincasa Meccanica, fornitore specializzato nella tornitura. Nel 2010 Varvel acquista una quota del 40% di MM, specializzato nell’assemblaggio di riduttori. Nel 2010 l’azienda ha intrapreso uno studio di fattibilità per l’apertura di una filiale in India, che poi è stata avviata a Chennai.

VAI SUL NOSTRO PORTALE Per la videointervista a Francesco Berselli e le foto della sua azienda vai sul nostro sito all’indirizzo www.ilrestodelcarlino.it/bologna


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