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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«G. GALILEI» Chiusi
«Si gioca per crescere bene» Dalla play-station alla campana, modi diversi di relazionarsi L’IDEA
Nuovo progetto Partita a scacchi in piazza Duomo IL GIOCO può essere anche un’occasione di promozione del territorio? A Chiusi si pensa di sì. E’ per questo che, per il mese di giugno, è prevista una grande partita a scacchi, giocata in piazza Duomo, con personaggi in carne ed ossa. E’ questa l’ultima iniziativa della nostra scuola, accolta con favore dalle altre realtà locali. L’evento verrà infatti realizzato in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, la Fondazione Teatro e l’Associazione dei Genitori. Collaboreranno inoltre: la Proloco, i Terzieri di Chiusi Città e le Contrade di Chiusi Scalo. La Compagnia del Santiaccio avrà invece il compito di introdurre nei giorni precedenti l’iniziativa, attraverso alcune messe in scena che creeranno curiosità e situazioni emozionanti. Saranno i ragazzi del laboratorio teatrale della scuola, guidati da Anna Maria Meloni e dalle ‘prof’ Astore e Marchi, a mettere in scena la vicenda rinascimentale, ovvero due famiglie rivali con i figli innamorati della stessa donzella. Il priore della città, per risolvere la questione senza spargimenti di sangue, proporrà di liquidare la faccenda con una partita a scacchi. Questa, in breve, la trama, ma non vogliamo anticipare troppo dato che vi aspettiamo il 9 giugno per la sfida che si concluderà con una «Partita Immortale». Il proposito, ambizioso, è quello di dare il via ad una «tradizione» che incrementi il turismo, facendo giocare grandi e piccoli.
SBRIGATI! Smettila di giocare, non vedi che è tardi? Chi di noi non ha mai sentito frasi come queste? D’ora in poi, però potremo rispondere che il gioco è importante per crescere in modo sano ed equilibrato. Ce l’ha insegnato un bel progetto dal titolo «Giocare & crescere» promosso dall’Istituto comprensivo Graziano da Chiusi, in collaborazione con l’Azienda Usl 7 di Siena e il Comune di Chiusi insieme a enti e associazioni locali. Il progetto si è sviluppato seguendo un percorso di educazione alla salute e alle emozioni che ha visto la partecipazione di esperti come Paolo Sarti, pediatra ed artista e dello psicologo Giuseppe Sparnacci che hanno messo a confronto i giochi dei ragazzi di ieri e di oggi presentando i vantaggi dei giochi di strada, oggi quasi completamente abbandonati a favore dei video-game. Quei giochi erano fatti di niente, non servivano cioè materiali costosi, ma era necessario dimostrare bravura, forza, scaltrezza. Quelli erano giochi in cui eri tu a dover trovare gli strumenti per giocare e dovevi im-
GIUGNO 2012 La partita a scacchi in piazza
parare a contrattarli con i coetanei. Inoltre erano giochi collettivi, dove giocare con gli altri voleva dire entrare in contatto con loro e risolvere i conflitti che nascevano. Noi ragazzi invece passiamo molto tempo in casa, seduti davanti alla play. «Tornate a giocare per strada», è il consiglio che
ci siamo sentiti ripetere e che si è concretizzato, l’ultimo giorno di scuola, quando abbiamo trascorso tutta la mattina facendo giochi di strada che molti di noi ignoravano. Un’occasione per scoprire divertimenti alternativi a quelli tecnologici: un percorso a ritroso dalla playstation alla campana. «L’in-
tento, – ha spiegato la preside del nostro istituto, Rita Albani - non è stato tanto quello di sostituire i giochi tecnologici con quelli di una volta (del resto sarebbe poco realistico), ma di offrire ai ragazzi e agli adulti l’opportunità di conoscere anche modi diversi di giocare, di relazionarsi con gli altri: un’opportunità di riappropriarsi del gioco motorio spontaneo per di più con la possibilità di riprendersi alcuni spazi cittadini, che già di per sé favorirebbero la libera socializzazione». Una nuova occasione per tornare in piazza ci sarà a giugno, quando andrà in scena una partita a scacchi in Piazza del Duomo. Uno spettacolo teatrale con personaggi in costume, ma anche una iniziativa per diffondere il gioco degli scacchi. Un passatempo insuperabile nel quale la fortuna conta poco e la capacità di usare al meglio le proprie risorse, invece, è l’unica dote che assicura la vittoria. A proposito di risorse… sarà anche un’occasione per promuovere il nostro paese e chissà che un domani Chiusi non diventi una piccola Marostica!
EMO CANESTRELLI, PRESIDENTE DELL’AUSER DI CHIUSI, RACCONTA UNA BELLA INIZIATIVA
Tornano a vivere i giochi del tempo che fu
GIUGNO 2011 Giochi di strada, il tiro alla fune
GIOCHI DI STRADA? Una volta ne esistevano tanti e i nostri nonni li amano ancora. E’ per questo che vogliono farceli conoscere e ce li ripropongono anche in iniziative pubbliche, come quelle realizzate dall’Auser nel 2011. «Noi nonni si sa, vogliamo mantenere le tradizioni – dice il presidente, Emo Canestrelli — e quest’anno abbiamo voluto riproporre tre giochi della nostra giovinezza: il Ruzzolone, il gioco del Cacio e quello della Piastra». Il primo, ci spiega, consiste nel far andare per strada la ruzzola, avvolta in una cintola fissata al polso del giocatore. Vince chi va più lontano: sono ammessi 3 tentativi e si può giocare con la rincorsa o a piede fermo. L’abilità sta nel farla ruzzolare senza farla sbattere contro eventuali ostacoli. La ruzzola è in legno e pesa fino a due chili. «Si gioca in campagna, — dice il presidente — e una volta
era il divertimento della Quaresima e si concludeva il Sabato Santo con una merenda a base di ciaccia di Pasqua, capocollo, ciambella dolce e vino nuovo. Non c’era competizione tra i giocatori, era un gioco amichevole». NEL LANCIO del cacio invece, si lancia una forma di pecorino ben stagionata. Qui l’agonismo è più acceso perché può capitare che, in salita, il cacio si fermi e torni indietro, con grande divertimento del pubblico e sfottò per il malcapitato. Anche questo gioco si chiudeva con una bella merenda a base di pane e formaggio. Il gioco della Piastra con il Lusso infine, consiste nel tirare una mattonella - una ‘campigiana’, di quelle con cui ci si fa il pavimento - e poi di far cadere delle monete su di essa.
CRONISTI IN CLASSE SCUOLA MEDIA «Galileo Galilei», Istituto comprensivo «Graziano da Chiusi». Ecco gli studenti che hanno lavorato alla redazione della pagina: Fillide Serpilli, Stefano Funalbi, Raffaele Di Luca, Andrea Po-
delvento, Riccardo Nenci, Adriano Del Vincio, Bianca Urioc, Marco Lisci, Lapo Spadea, Niccolò Rampelli, Romina Rossi, Maria Giulia Tiezzi, Angela Gasic, Letizia Bonaccci, Sara Aka, Saida Jelassi, Giulia Pe-
parini, Roberto Bugossi, Iacopo Filardi, Gionatan Samon, Lisa Movenko, Jerry Esati, Walter Gaspar. Tutor: Andreina Troncone. Dirigente scolastico: Rita Albani
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012
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SCUOLA MEDIA
«DA VINCI» Poggibonsi
Il nostro territorio... globale Ipotesi di un localismo globalizzato come antidoto per la crisi mondiale LOCALISMO e globalizzazione benché spesso usati in contrapposizione, possono assumere anche una valenza di complementarietà. Il sociologo Luciano Gallino, in Globalizzazione e disuguaglianze (ed.Laterza), afferma infatti che se per Globalizzazione indichiamo l’estesa diffusione del mercato in tutte le sue forme, allora localizzazione si connota, in opposizione, come recupero delle tradizioni locali. Invece, nel momento in cui globalizzazione significa concorrenza di merci o forza-lavoro, localizzazione, parallelamente, denota la necessità di soddisfare la domanda, sempre più differenziata, del mercato locale. Per rilanciare l’economia e superare l’attuale crisi economica potremo partire proprio da qui, dal nostro ricco, vario e prospero territorio. Attraverso una campagna di sensibilizzazione basata sulla rivalutazione della nostra regione, culla di cultura, di arte, di architettura, di storia potremo incentivare il turismo, incrementare le infrastrutture, sviluppare l’artigianato, la poe-
ECCELLENZE AGRO-ALIMENTARI Possono attrarre turisti
sia e l’unicità del lavoro manuale, creare nuovi posti di lavoro. La necessità di recuperare le nostre radici si coniuga con l’importanza di diffondere la nostra cultura per renderla patrimonio dell’Umanità. Non solo. Rafforzando i circuiti locali di produzione e consumo si possono valoriz-
zare le nostre produzioni agro-alimentari in modo da stimolare, oltre il flusso del turismo alimentare, anche l’utilizzo in zona dei prodotti eno-gastronomici toscani. Il consumatore avrebbe la possibilità di acquistare alimenti genuini, stagionali e freschi direttamente dal produttore che potrebbe atte-
stare la qualità, la correttezza di lavorazione e la storia stessa dei cibi. Il costo sarebbe inferiore rispetto al prezzo di mercato in quanto verrebbero ridotti i passaggi del sistema di distribuzione tradizionale come confezionamento, imballaggio e trasporto che spesso implicano inquinamento e sovrapprezzo. Valorizzare le coltivazioni del territorio significa anche preservare la biodiversità e gli ecosistemi della Toscana. Indirettamente si creerebbe un circolo virtuoso di cui ne potrebbero beneficiare anche tutti i settori produttivi presenti in zona. Il condizionale è d’obbligo perché per ottenere risultati apprezzabili a livello locale e globale occorre avere il coraggio di investire in primis nella ricerca scientifica e tecnologica per promuovere e incentivare la crescita economica toscana in modo da renderla competitiva per qualità e tipicità rispetto al commercio mondiale. Quindi finanziare validi progetti che intendano proiettare il nostro territorio nel mercato mondiale.
VALORIZZARE IL TERRITORIO ATTRAVERSO LA VENDITA DIRETTA DEI PRODOTTI TOSCANI
Adesso la campagna arriva in città
FILIERA CORTA E’ un valore aggiunto
RECENTEMENTE, per favorire le attività economiche locali è nata una particolare forma di scambio, distribuzione, cooperazione: la filiera corta. Dopo aver svolto un sondaggio all’interno di due esercizi commerciali di Poggibonsi che mettono a disposizione prodotti artigianali e locali, abbiamo raccolto alcuni dati. Gli alimenti della filiera corta sono a Km 0, cioè provengono dalle campagne locali, direttamente dal produttore al consumatore che diviene quindi consapevole dei propri acquisti eno-gastronomici. Vengono valorizzate le produzione del territorio: frutta, verdure, marmellate e composti di verdura, pane, pasta carne, formaggi, salumi, vino e olio, miele e altro. I vantaggi di questo nuovo tipo di vendita sono molteplici: la merce è di qualità per-
ché non trattata, l’acquirente ha l’opportunità di conoscere di persona il produttore che può quindi garantire la provenienza della merce, la disponibilità continua di frutta e verdura fresca, di stagione e anche biologica giunta al punto giusto di maturazione. I RIVENDITORI presenti nel negozio oggetto della ricerca, assicurano che i loro prodotti provengono dalle aziende situate nel nostro territorio, da fattorie che operano in Val d’Elsa, sulle colline del Chianti e in tutta la Toscana. Inoltre precisano che gli alimenti arrivano al negozio a distanza di pochi giorni dalla loro raccolta o lavorazione. I clienti, soddisfatti di questo servizio, affermano di comprare questi prodotti non solo per la loro bontà e genuinità, ma anche per sostenere l’economia della zona. Ed è così che la campagna arriva in città!
CRONISTI IN CLASSE SCUOLA MEDIA «Leonardo da Vinci» di Poggibonsi, plesso «Marmocchi». Classe: 2H. Redazione: Aiazzi Caterina, Assanagora Paolo, Diagne Deguene, Francini Viola,
Greco Luis, Luongo Martina, Maggiori Samuele, Marrucci Greta, Molino Alessandea, Molino Fabiana Matilde, Nannicini Stefano, Nechifor Cosmin, Neri Giulia, Nin-
ci Ester, Pandolfino Giulia, Ragazzo Luigi, Ruggiero Chiara, Sungphuk Wimonmas, Testi Matteo, Vitale Gaetano, Zarra Jessica. Tutor: Silvia Cortigiano Dirigente scolastico: Luca Guerranti
L’INTERVISTA
Fenomeno nuovo Anzi «no» PER CAPIRE la globalizzazione abbiamo avuto l’onore di intervistare il professor Tommaso Detti, docente di Storia Contemporanea all’Università di Siena. La globalizzazione si distingue per l’«intensificarsi dei rapporti fra i diversi gruppi umani e la loro crescente estensione a tutto il globo. I suoi aspetti essenziali sono costituiti dai movimenti di uomini e idee, merci e capitali attraverso le frontiere, che si sono sviluppati fino a determinare rapporti di interdipendenza fra società anche molto lontane». «Nuovi — afferma il docente — sono alcuni aspetti dell’odierna globalizzazione, ma non il fenomeno in sé. Le relazioni fra i diversi gruppi umani hanno teso sempre ad estendersi. Il fenomeno è dipeso dalla sempre maggiore velocità delle comunicazioni: nel XVI secolo i progressi della navigazione a vela permisero di circumnavigare il globo e di stabilire rapporti fra tutti i continenti. Nel XIX secolo il telegrafo elettrico abbatté il tempo della trasmissione delle notizie dalle settimane ai minuti, poi sono arrivati gli aerei e, dagli anni 90 del XX secolo, le comunicazioni sono divenute istantanee grazie a Internet». Secondo il docente «le condizioni di vita degli esseri umani sono complessivamente migliorate e non di poco, ma si sono approfondite le ineguaglianze sia all’interno dei singoli paesi, sia soprattutto fra paesi diversi». Ringraziamo il professor Detti.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 10 FEBBRAIO 2012
SCUOLA MEDIA
«G.PASCOLI» Montepulciano
Un «mistero» chiamato crisi O la borsa o la vita: un luogo fondamentale per l’economia moderna L’INTERVISTA
L’economia spiegata da papà IL MERCATO finanziario consente il trasferimento del risparmio dai soggetti che lo accumulano ai soggetti che lo richiedono, come imprese e Stato. Questi emettono strumenti finanziari (depositi bancari, azioni e bot) che cedono in cambio di moneta. Il lavoro degli operatori di borsa (traders) si chiama trading (scambio), perché viene scambiato uno strumento finanziario con del denaro contante. I titoli di stato sono di vario tipo: Bot, buoni ordinari del tesoro italiano, a scadenza 3-6-12 mesi, Cct, certificati di credito del Tesoro, pluriennali, a tasso variabile; Btp, buoni del Tesoro poliennali, con varie scadenze, a tasso fisso. Il tasso di interesse determina il guadagno corrisposto all’investitore, espresso in percentuale di rendimento. Rialzo-ribasso: positivo quando gli acquisti dei titoli azionari superano le vendite, negativo quando prevalgono le vendite. Down Jones: è la borsa dei titoli industriali di New York. Nasdaq: è la borsa americana dei titoli tecnologici. Pil: prodotto interno lordo, esprime la ricchezza di una nazione. Recessione: quando la variazione del Pil rispetto all’anno precedente è negativa; se la variazione è inferiore all’1% si parla di crisi economica, se è superiore all’1% si parla di recessione. Spread: indica la differenza di rendimento tra i titoli di stato italiani decennali e quelli tedeschi (bund). Società di rating: sono agenzie di vari Stati che danno una valutazione ad un’altra nazione in base alla capacità di far fronte ai propri impegni finanziari. La tripla A è il massimo della solvibilità.
LA BORSA VALORI è un mercato finanziario dove vengono scambiati valori mobiliari e valute estere. E’ inoltre un mercato ufficiale (o regolamentato) poiché sono disciplinate in modo specifico tutte le operazioni di negoziazione, le loro modalità, e gli operatori e tipologie contrattuali ammessi. Compito della borsa è quello di ricevere gli ordini di compravendita dagli operatori ed eseguirne la compravendita attenendosi alla legge della domanda e dell’offerta. Il lavoro degli operatori (traders) viene chiamato trading («scambio») dato che appunto viene scambiato uno strumento finanziario per del denaro contante. I contemporanei impiegati della Borsa discendono da alcune figure dell’antichità, quali il trapezita dell’antica Grecia, ossia un agente di cambio dell’epoca e un operatore di prestiti e il mensaurius, operatore di prestiti e di depositi, così come l’Agorà, il Forum e la Curia Mercatorum si possono considerare i primi esempi di Borse Valori, dato che racchiudevano varie atti-
VOGLIA DI CAPIRE I ragazzi della «Pascoli» alla scoperta della crisi
vità finanziarie. Il nome «Borsa» deriva dalle riunioni per determinare il valore delle merci che si tenevano nel XV secolo a Bruges, presso la casa dei mercanti Van der Burse, una famiglia veneta (il cui cognome era in origine Della Borsa) trasferitasi in Olanda, e che si fregiava appunto di uno stemma costitui-
to da tre borse. Le prime Borse sorsero in Belgio, ad Anversa nel 1531 e in Francia, a Lione nel 1548. La prima Borsa in Italia fu quella di Venezia, creata nel 1630. La nascita della Borsa ‘moderna’ in Italia fece però seguito all’introduzione del sistema finanziario francese e del suo codice di commer-
cio, avvenuto ai primi dell’Ottocento; precedentemente fu fondata quella di Trieste nel1775, a quei tempi in territorio austriaco. Le Borse di Firenze e di Milano furono istituite nel 1808, quella di Napoli due anni dopo, quella moderna di Venezia nel 1875 e quella di Genova nel 1885. Solamente agli inizi del Novecento venne introdotta una prima regolamentazione globale, nota con il nome di legge fondamentale (marzo1913), atta a disciplinare la Borsa Valori, i mediatori ed i titoli. Dodici anni dopo, venne delineata meglio la figura dell’agente di cambio, comparata a quella dei pubblici ufficiali. Gli anni settanta si rivelarono un altro periodo importante di innovazioni disciplinari, tra le quali emersero la fondazione della Consob per tutelare, vigilare ed informare meglio i risparmiatori e i vari soggetti partecipanti alla Borsa. Negli anni ottanta venne migliorato il sistema informativo. In Italia prima dell’avvento della borsa telematica, oltre alla Borsa di Milano erano presenti anche piazze di scambio minori e con funzione prettamente regionale.
IL REBUS ECONOMICO DI QUESTO PERIODO SPIEGATO AI RAGAZZI
Fra «spread» e buoni per i risparmiatori
CRISI Un tormentone nel quale è difficile districarsi
NOI RAGAZZI, quando sentiamo parlare di crisi al telegiornale o sui giornali, non comprendiamo molto perché si usano termini tecnici. Si può capire meglio solo se abbiamo qualcuno che ci aiuta. Così abbiamo chiesto a un adulto se ci poteva spiegare, con termini comprensibili, la crisi che aveva investito l’Italia. 1 - L’economia oggi è globale:ogni paese subisce le conseguenze di ciò che accade anche nelle altre economie e non può vivere isolato. 2 - La crisi attuale proviene dagli Usa e dalle economie emergenti (Cina e India) che producono a bassi costi e mettono in crisi la nostra produzione che costa di più. 3 - In Italia c’è un problema specifico: lo stato ha un enorme debito superiore a tutta la ricchezza prodotta in un anno. E come se una famiglia che guadagna 30mila euro all’anno avesse un debito di 40mila euro.
4 - Lo stato per farsi dare i soldi necessari rilascia dei buoni ai risparmiatori promettendo che restituirà i soldi e in aggiunta riconosce un guadagno chiamato interesse: riceve 100 euro, promette di restituirli fra un anno e premia chi glieli presta con 7 euro in più (7%). 5 - La Germania fa lo stesso, solo che chi presta i soldi alla Germania è più sicuro che glieli restituisca e quindi la Germania gli promette un premio di 1 euro (1%). 6 - La differenza (spread) tra i 7 euro pagati dall’Italia e 1 euro pagato dalla Germania cresce tanto più quanto più quelli che prestano i soldi hanno paura che non li vengono restituiti: la Grecia è così vicina al fallimento che per ogni 100 euro prestati, oltre alla promessa di restituirli, promette 110 euro di premio. Ecco forse ora qualcosa in più abbiamo capito… speriamo anche voi.
CRONISTI IN CLASSE SCUOLA MEDIA «Giovanni Pascoli» di Montepulciano- istituto comprensivo area sud Montepulciano. Classe 2B. Redazione: Bambini Marta, Ben Ahmed
Aladine, Casarotti Federico, Fastelli Simone, Fiorini Francesco, Frangiosa Matteo, Gattavecchi Maria, Kurti Michelangelo, Kthella Klevin, Maturi Giulio, Meozzi
Niccolò, Migone Viola, Pannevis Sofia, Patrizi Federico, Peruzzi Maria, Souhail Badr, Tonini Sabrina, Zazzeri Gian Marco. Tutor: Marco Rossi Dirigente scolastico: Sandra Santoni
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VENERDÌ 10 FEBBRAIO 2012
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SCUOLA MEDIA
«RONCALLI» Castellina in Chianti
Adolescenti ‘tecnologici’ I pregi e i difetti di un mondo dove i-pod a volte non fa rima con progresso NEGLI ULTIMI 10 anni la tecnologia ha avuto un ruolo importante nella vita dei giovani. Al giorno d’ oggi tutti i ragazzi hanno i-pod, cellulari e computer, cosa che venti anni fa non aveva nemmeno un adulto. La maggior parte degli adolescenti sta chiusa in casa, incollata al computer, collegata ad un social network o navigando su Internet. Questi ragazzi non hanno vita sociale e, a volte, sul web stringono amicizie con persone che non conoscono, rivelando loro informazioni strettamente personali. Come abbiamo già detto, la maggior parte degli adolescenti possiede un computer o un cellulare. Non scrivono più lettere, ma mandano e-mail e comprano i cellulari più costosi solo perché sono alla moda e hanno più applicazioni. I ragazzi preferiscono un cellulare bello più che funzionale. Con questi nuovi telefoni si può navigare su Internet, cosa molto utile ma anche un po’ pericolosa, ovviamente dipende sempre dall’ uso che se ne fa.
per sempre. Per questo iscriversi ad un social network è vietato ai minori di 13 anni perché bisogna avere un’età più matura. La vita degli adolescenti è cambiata da quando la tecnologia è diventata una parola quotidiana.
RIFLESSIONE Il presente visto dai nostri ragazzi
Infatti in rete si possono trovare informazioni interessanti, si può comunicare con gli amici e si può studiare, ma dato che ogni movimento viene automaticamente registrato fin da quando ti colleghi, Internet sa cosa stai facendo e viola un po’ la tua “privacy”. Alcuni ragazzi “chattano” con persone
sconosciute e si confidano con loro, può anche capitare che si incontrino e che lo sconosciuto si riveli molto più vecchio rispetto all’età dichiarata sul social network. In alcuni casi si sono verificati avvenimenti spiacevoli: ragazzi scomparsi, morti o traumatizzati
TRENT’ANNI FA i nostri genitori tredicenni andavano dal tabaccaio a comprare il francobollo, nel caso volessero spedire una lettera, ora si può inviare un’e-mail che sarà recapitata al destinatario in pochi secondi anche se quest’ultimo vive dall’altra parte del mondo. Oggi è normale che la comunicazione si serva della tecnologia. Una volta per chiamare l’amico per andare a giocare si andava a citofonare a casa sua, ora tutti i ragazzi si mettono d’accordo su Facebook sul da farsi il pomeriggio o la sera. Nonostante la tecnologia sia molto utile e oggi sia imprescindibile dalle abitudini quotidiane anche i ragazzi sanno bene che è più bello relazionarsi con amici in carne ed ossa che con amici virtuali o macchine intelligenti.
RIVOLUZIONE DALLA CALIFORNIA
«Se vuoi gli occhi blu... basta usare il laser»
MEDICINA Un raggio laser per cambiare colore degli occhi
IL DOTTOR GREG HOMER, dello Stroma Medical Center di Laguna Beach nella California del sud, è riuscito a inventare un raggio laser che in 20 secondi permette di trasformare il colore degli occhi da marrone a blu con la stessa facilità con la quale si fa la tinta dal parrucchiere. L’operazione sarà alla portata di tutti tra circa 18 mesi, ma non negli USA, dove ci vorranno anni prima che sia legale. Questa scoperta è nata dal fatto che tutti gli esseri umani hanno il pigmento dell’occhio marrone, ma chi ha gli occhi blu ne possiede di meno. Grazie a questa scoperta, il gioco è fatto: basta togliere un po’ del pigmento marrone per far saltare fuori il blu. Homer ha
già testato il trattamento su dodici volontari in Messico: le operazioni sono avvenute con successo. L’inventore sostiene che, secondo un sondaggio condotto su 2.000 pazienti, il 17,5 % ha detto che vorrebbe sottoporsi al trattamento.
Alessandro Carlino, Federico Costagli, El Mahdì El Harchaoui, Duccio Fontana, Flynne Frolich, Amine Khaliss, Renato Komshiu, Alberina Krasniqi, Darya Krauchanka, Amina Laaraj, Sarra Mednini,
Francesco Mersi, Andrea Murgese, Kiryl Pabiarezhny, Giovanni Porciatti, Shukri Sadiku, Younes Zaouali. Tutor: Alba Spataro Dirigente scolastico: Pietro Biagini
HOMER ha detto: «La procedura non provoca danni alla vista e la trasformazione avverrà in circa due settimane». Il costo è di circa 3500 euro senza ricoveri e senza effetti collaterali. Il rovescio della medaglia però, come tutte le cose, c’è anche qui. Homer non ha inventato un sistema per invertire il processo: chi vuole gli occhi blu dovrà tenerseli a vita.
CRONISTI IN CLASSE SCUOLA MEDIA «A. Roncalli” di Castellina in Chianti-istituto comprensivo Monteriggioni. classe: 3A REDAZIONE: Giulia Abbafati, Tommaso Borghi, Carolina Bruni, Cristian Bruni,
L’INVENZIONE
Il telefono nasceva 136 anni fa NEL 1973 MARTIN Cooper inventò per la società Motorola il telefono cellulare. In soli 10 anni la produzione dei cellulari ebbe una crescita molto veloce. I cellulari si sono diffusi rapidamente nel mondo, nel 2007 il 50% della popolazione mondiale aveva un cellulare, nel 2011 la percentuale si è incrementata del 65%. I cellulari dell’ultima generazione hanno avuto un cambiamento significativo. Oggi sono progettati per avere molte funzioni: touch screen, macchina fotografica, mandare messaggi (sms), accesso a Internet, ascoltare o scaricare musica, giocare, eccetera. Ma facciamo un tuffo nel passato. L’invenzione del telefono è attribuita al fiorentino Antonio Meucci che nel 1871 dimostrò il funzionamento del suo apparecchio, che chiamò telettrofono. Il primo dispositivo di Meucci consisteva in due fili attorcigliati e stretti tra i denti. Tuttavia Meucci non riuscì a brevettare la sua invenzione. Nel 1876 l’americano Graham Bell perfezionò l’invenzione dell’apparecchio telefonico dell’italiano e riuscì a brevettarla. La prima centrale telefonica fu installata negli Stati Uniti nel 1878. L’anno successivo entrò in funzione il primo impianto europeo, a Parigi. In Italia l’esordio del telefono avvenne a Milano, dieci anni più tardi. Gli scambi di informazioni, che fino alla metà dell’Ottocento si misuravano in giorni e mesi, ora erano possibili all’istante. Il mondo improvvisamente si rimpiccioliva. Le conseguenze sia sul piano economico che politico furono enormi. Il resto della storia lo conosciamo già.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012
SCUOLA MEDIA
«RICASOLI» Gaiole in Chianti
Megavideo, la fine del file sharing La chiusura del sito mette a rischio la condivisione dati fra gli utenti L’INTERVISTA
Sentiamo cosa ne pensa un informatico PER COMPLETARE l’argomento, abbiamo deciso di raccogliere maggiori informazioni da chi, di sicuro, ne sa più di noi. Si tratta di Silvio Pucci, informatico dell’Università degli Studi di Siena. Il nostro inviato speciale, di cui non diremo il nome, si è spinto addirittura fino a Lecchi in Chianti, portando con sé le nostre domande. Ecco quello che abbiamo chiesto. Cosa ne pensa della chiusura di Megavideo e Megaupload da parte del Fbi? Questo fermerà il fenomeno del file-sharing?
«La violazione dei diritti d’autore (copyright) è, specialmente negli Usa e in Europa, un reato molto grave punito con il carcere; quindi chi lo viola sa che cosa rischia. Tuttavia, aver chiuso tutti questi siti rende la situazione peggiore poiché Megavideo, come altri siti streaming, contiene anche files “pubblici”, e quindi legali, a cui tutti gli utenti possono accedere liberamente, senza nessun rischio. In ogni caso, non credo che la chiusura di questi siti fermerà il fenomeno file-sharing, anche perché, per essere precisi, Megavideo e Megaupload non sono veri e propri siti di questo genere, ma solamente siti in cui si depositano file come film o video amatoriali. Per scaricare interi film esistono altri siti, anche quelli illegali. In conclusione, dal mio punto di vista, Megavideo era esclusivamente una sorta di libreria gratuita e online».
«IL FILE non è al momento disponibile». Ecco cosa appare quando cerchiamo di vedere un video sul più grande sito di file sharing: «Megavideo». L’Fbi, dopo la chiusura del portale, ha reso sempre più difficile caricare video in «streaming»; al pari di quest’ultimo, anche altri siti sono stati chiusi dai servizi federali o dai rispettivi proprietari per paura di essere scoperti e di conseguenza essere arrestati per violazione delle leggi che salvaguardano tutti coloro che scrivono una canzone, un testo o producono film o video musicali. Il file sharing è lo scambio di dati che in alcuni casi elude il copyright, cioè il diritto d’autore che serve a tutela di ogni prodotto registrato. Tuttavia molte persone sono tornate al “vecchio” sistema di scaricare i file da programmi installati sul proprio computer, come E-mule e Utorrent. A questo punto ci chiediamo: la chiusura di Megavideo impedirà veramente il file sharing che sta ormai spopolando
PASSIONE PER LA TECNOLOGIA Gli studneti di Gaiole
senza controllo sulla rete o sarà stata solo una prova di forza da parte dell’Fbi? Ma la vera incognita è un’altra; infatti, alcune persone, specialmente tra i più giovani, utilizzavano spesso Megavideo con un abbonamento. Questo, perché ai non abbonati non era consentito prose-
guire la visione dopo 72 minuti di utilizzo. Chi invece aveva pagato poteva proseguire a suo piacimento per non avere alcun blocco durante l’intero filmato. Tali utenti verranno rimborsati o meno? Sarà una delle tante domande a cui l’ormai ex proprietario di Megavideo, Kim Dotcom, destinato a
marcire in carcere per circa cinquanta anni, dovrà dare agli inquirenti che lo stanno interrogando. Tuttavia la circolazione dei dati su internet non avviene solo attraverso siti di questo genere, ma anche con i Social Network, come Facebook e Twitter: un continuo scambio di dati che transita liberamente nella rete. Alcuni utenti, infatti, mettono a disposizione di tutti, ad esempio, il proprio numero di telefono e vari altri dati personali senza usare protezioni adeguate. Non è raro che sia questi dati che il materiale fotografico a disposizione nei profili venga usato per scopi illeciti. E’ fondamentale pertanto fare molta attenzione a ciò che condividiamo su questi siti. In una società in cui lo scambio di dati tra computer è quotidiano, è impensabile bloccare la circolazione di alcuni files; bisognerà trovare, con la collaborazione di tutti, delle norme più giuste che tutelino sia «i navigatori» sia gli autori. Sarà questa la sfida del terzo millennio.
L’OPINIONE DEI RAGAZZI ATTRAVERSO UN SONDAGGIO
Copyright da tutelare ma era bello vedere i film
PC Molti sono stati infettati dal virus aprendo Megavideo
PER APPROFONDIRE l’argomento su Megavideo abbiamo svolto un sondaggio all’interno della nostra scuola, che ci è servito per capire le opinioni e i punti di vista dei nostri compagni. Il 68% degli intervistati conosceva il sito e lo usava abitualmente per vedere film gratis con gli amici; il 32% non lo conosceva per l’impossibilità ad avere un accesso a internet quotidiano, mentre il 10% ne sapeva l’esistenza, ma non lo usava perché, secondo loro, i film vanno visti al cinema e non sul computer. Un altro dato interessante è che una netta maggioranza dei nostri compagni è schierata a favore della condivisione libera dei files: infatti il 64% non condivide la decisione riguardo a Megavideo perché secondo loro era molto utile e comodo. Il 12% invece concorda con la chiusura perché era illegale. A supporto di ciò, il
24% degli alunni è d’accordo con la salvaguardia dei diritti di autore: chi ha prodotto qualcosa deve essere tutelato. Ecco, per chiudere, alcuni commenti dei nostri compagni che hanno voluto dire la loro sulla questione: «Non sono d’accordo con la chiusura di Mega Video perché io, come altre persone, avevo l’abbonamento e quindi potenzialmente ho perso dei soldi». E ancora. «Secondo me, da una parte la chiusura è giusta, dall’altra invece faceva comodo per vedere film gratis!». «La chiusura di Mega Video è giusta perché non veniva rispettato il copyright dei film…però adesso dove li guardiamo i film gratis?» «Secondo me la chiusura di Mega Video è giusta perché era una truffa, non rispettava il copyright e quando visitavo quella pagina mi entravano dei virus nel computer!»
CRONISTI IN CLASSE SCUOLA MEDIA «B. Ricasoli» – Gaiole (Istituto comprensivo Castelnuovo b.ga). Classi: 2 A e 3A. Redazione 2A: Baldi Emanuele, Catinari Camilla, Centri Margherita, Chiantini Niccolò, Cioni Francesca, Joshi Karisma, Mahjibi Chedi, Mangiameli Francesco, Matassini Enrico, Migliorini Giulio, Mori Gioia, Napolitano Fabio, Nepi Sa-
muel, Orlandini Marco, Pacelli Cristina, Pagni Samuele, Pasquini Noemi, Rago Enza, Rizzo Giacomo, Santoro Alessandra, Selvolini Maddalena, Seminara Nicolò, Tagliatela Luigi. 3A: Baldi Andrea, Bellucci Chiara, Bianchi Mattia, Bruno Jessica, Cavaciocchi Gaia, Doganieri Gabriele, Fabiani Francesco,
Fernicola Lucia, Lapis Niccolò, Manganelli Valentina, Mugnaini Damiano, Osmenaj Fjorentin, Pagni Selene, Posticci Alessia, Qaja Selvir, Romeo Giulia Azzurra, Ruffoli Samuele, Samih Lehcen, Selmani Muhamedin, Trevisan Lorenzo, Vannoni Luca, Vinci Alessandra. Tutor: Andrea Sguerri Dirigente scolastico: Luciana Lucioli
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012
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SCUOLA MEDIA
«A.DICAMBIO» Colle Val d’Elsa
Tradizione nell’era del consumismo 14 febbraio, come è nata la festa di San Valentino LA FESTA del 14 febbraio, diffusa oggi in tanti paesi, ha origini molto antiche. Si può risalire fino agli antichi Romani, che nel mese di febbraio celebravano riti dedicati alla fertilità. Nel V secolo la Chiesa istituì questa festa in onore del vescovo Valentino, forse anche per sostituire i riti romani. Non ci sono molte testimonianze sulla storia di San Valentino, alla sua figura si legano però molte leggende. Il patrono degli innamorati nacque nel 176 d.C. circa e divenne vescovo all’età di 21 anni. Fu sicuramente perseguitato per la sua fede, arrestato dall’imperatore Claudio II e successivamente da Aureliano. Morì martire il 14 febbraio del 273. Una delle leggende legate a San Valentino riguarda l’origine del termine “piccioncini”: Valentino, una volta imprigionato, avrebbe mandato due piccioni viaggiatori, uno con una chiave e uno con un cuore con su scritto «A tutti i bambini che amo, dal vostro Valentino», per permettere ai bambini di tornare a giocare nel suo giardino. Si nar-
IL SANTO DEGLI INNAMORATI Si chiama San Valentino
ra, inoltre, che sia riuscito a battezzare il centurione romano Sabino e a unirlo in matrimonio con la giovane cristiana Serapia, nonostante l’opposizione dei genitori. Un’altra leggenda racconta di due fidanzati che vennero colti nel pieno di un litigio da San Valentino, il quale donò loro una rosa rossa.
Se fossero riusciti a stringerla senza pungersi, si sarebbero riconciliati. Così successe e da qui la tradizione di regalare rose rosse tra innamorati. Secondo un’altra versione San Valentino mandò intorno a loro coppie di piccioni, anche da questo episodio potrebbe derivare l’espressione «piccionci-
ni». Ma da quando la festa di San Valentino è dedicata agli innamorati? Forse già dal Medioevo si usava scambiare bigliettini d’amore. Nell’800, soprattutto in Inghilterra, era una tradizione diffusa, che si estese poi agli Stati Uniti e al resto del mondo. Ai nostri giorni, la festa di San Valentino è caratterizzata, come tante altre feste, dal consumismo. Già un mese prima le vetrine dei negozi si riempiono di cuori e si tingono di rosso; biglietti, regali, menù, serate… c’è un ampio ventaglio di proposte. In questo modo, però, si reprime la fantasia, diminuisce l’impegno nel cercare un regalo adatto e originale per il proprio partner, i regali finiscono per essere tutti simili e, forse, perdono un po’ di significato. La festa di San Valentino, secondo noi, è carina e piacevole, purché sia vissuta con sincerità. L’amore per qualcuno non va dimostrato nell’occasione isolata di questa festa, ma durante tutto l’anno, anche nelle piccole cose, senza fare chissà quali regali.
OGGI COME IERI LA CRESCITA PORTA NUOVE EMOZIONI
L’amore, così antico, sempre attuale
SUI BANCHI DI SCUOLA Qui sono nate grandi passioni
«E’ STRAORDINARIO incontrare una persona a cui aprire il proprio animo e che ti accetti per quello che sei… nessuna misura del tempo è abbastanza con te ma cominceremo con il per sempre» (Breaking dawn). Questa è una delle tante belle frasi (tratte da libri, canzoni, film…) che si trovano nei nostri diari. Dall’antichità ai giorni nostri l’uomo ha sempre parlato d’amore attraverso diverse espressioni e forme d’arte. La parola amore viene dal passato, deriva dal latino amor e indica la forte dedizione per una persona. Ma cos’è oggi l’amore per noi ragazzi? Da bambini ci immaginiamo la nostra vita come quella delle favole. Con un principe azzurro e un bel lieto fine. Con la crescita questa idea svanisce, le illusioni scompaiono e ci avviciniamo di più
alla realtà. Iniziamo a cercare di raggiungere persone reali, persone che ci circondano nella vita quotidiana e non il solito principe a cavallo con la spada nel cinturino pronto a difenderci. Il semplice compagno di banco delle elementari, ad esempio, non lo guardiamo più come un amico con cui giocare, ma come un possibile fidanzatino. Crescendo ci rendiamo conto che è più difficile essere estroversi, dire ciò che proviamo senza pensare alle conseguenze. Da piccoli era più facile. Un’altra difficoltà è dare il giusto peso ai nostri sentimenti e anche alle parole che usiamo: non ci rendiamo conto se quello che proviamo sia una semplice cotta o se si possa parlare di vero amore. Amare non è facile, ma nonostante le nostre incertezze, crediamo che l’amore sia un sentimento unico. Una vita senza amore è un’opportunità non sfruttata a pieno.
CRONISTI IN CLASSE SCUOLA MEDIA «Arnolfo di Cambio» di Colle Val d’Elsa. Classe 3 G. Redazione: Baldisserotto Filippo, Berti Vittoria, Caiazzo Mattia, Campino Raffaele,
Cancelli Iona, Caporaso Melanie, D’Antonio Andrea, Garouache Zakariya, Grassi Francesco, Guerrera Elisa, Niang Gnima Fatou, Pianigiani Alessandro, Rum Mar-
zia, Sorce Irene, Sorrentino Francesco, Tini Francesca, Toth Mihai, Vannini Alessandro, Vannini Chiara, Ziouti Zakaria Tutor: Serena Storion Dirigente scolastico: Monica Martinucci
L’INTERVISTA
L’importanza di educare all’affettività DURANTE la crescita avvengono tanti cambiamenti che riguardano anche il nostro modo di relazionarci agli altri. Per questo nella nostra scuola, ormai da diversi anni, viene svolto un progetto di educazione all’affettività e sessualità in collaborazione con la Asl 7 Siena. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Mina Valentini, responsabile del progetto nel nostro istituto. Come è articolato il progetto?
«Le attività sono rivolte agli alunni delle classi terze e prevedono tre incontri di due ore ciascuno: i primi si svolgono con l’intervento di uno psicologo e di un’ostetrica, il terzo avviene alla presenza dello psicologo. Sono previsti anche due incontri con i genitori: uno preliminare a carattere informativo e l’altro a conclusione degli interventi». Quali sono le finalità del progetto?
«Il corso intende fornire conoscenze circa i cambiamenti nell’età puberale; approfondire la conoscenza e l’accettazione del sé corporeo, affettivo e relazionale; approfondire il tema del rispetto del sé e dell’altro; informare ai fini della prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle malattie sessualmente trasmesse». Perché educare all’affettività e sessualità è importante nel processo di crescita?
«Occorre ‘lavorare’ per conoscere se stessi e ‘l’altro‘, il proprio corpo, le proprie sensazioni ed emozioni, le paure, i vissuti, le fantasie, al fine di arrivare consapevoli alla prima esperienza amorosa».
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 17 FEBBRAIO 2012
SCUOLA MEDIA
«R.FUCINI» MONTERONI
Le donne nel Risorgimento Da Verdi al tricolore: sms per dire che siamo fieri di essere italiani L’INTERVISTA
Scuole e musei spiegate da Lucia Pelosi DAGLI ALUNNI della scuola media «Fucini» è stata intervistata la dottoressa Lucia Pelosi, che gestisce le visite guidate e le attività didattiche per le scuole nei Musei di Buonconvento. Qual è il titolo del percorso che il circuito museale di Buonconvento propone agli alunni delle scuole nell’anno 2012? Il titolo del percorso è: La donna … tra rappresentazione artistica e realtà quotidiana. Qual è il contenuto del percorso e che cosa potremo imparare, in concreto? Partendo dall’analisi delle figure femminili nell’arte, all’interno del contesto del Museo d’Arte Sacra, potrete confrontare le diverse raffigurazioni della donna dal Medioevo alle simbologie Trecentesche fino alla donna rinascimentale. Ci recheremo poi nel Museo della Mezzadria Senese, dove, nella sezione dedicata al Risorgimento, potrete rilevare il ruolo fondamentale svolto dalla donna nella società del tempo, attraverso aneddoti e ritratti delle più note donne della storia risorgimentale, in contrapposizione ai compiti e al ruolo della figura femminile nelle campagne senesi, di cui potrete prendere conoscenza grazie anche alle numerose testimonianze fotografiche (e non solo) che il Museo offre. Potremo svolgere qualche attività operativa? Al termine del percorso sarete invitati a realizzare bozzetti per gli abiti delle donne di cui si narra nel percorso di visita e potrete quindi realizzare manualmente gli aspetti e i dettagli che hanno maggiormente colpito la vostra fantasia.
DURANTE L’ULTIMA settimana dello scorso novembre nella nostra scuola è iniziato un percorso laboratoriale, condotto con l’aiuto di due animatrici della Cooperativa Gioco le nuvole, dedicato al ruolo delle donne italiane nel Risorgimento. Il progetto si è sviluppato in tre fasi. Nella prima abbiamo ascoltato un brano di G. Verdi, il celebre coro intitolato Va pensiero, che abbiamo commentato ciascuno in un foglietto dove erano raccolte le nostre impressioni; la maggioranza di noi si è sentita investire da emozioni intense, provando di volta in volta tristezza per la sorte dei patrioti morti in battaglia, che i passaggi più gravi e cupi della musica sembravano evocare, mentre in altri momenti ci siamo sentiti trasportare da una profonda gioia, accompagnata da un sentimento di gratitudine e orgoglio per essere italiani. Nella seconda fase abbiamo creato una bandiera e abbiamo composto un SMS all’Italia; abbiamo decorato un cartoncino con tre pezzi di stoffa dei tre colori della bandiera, riflettendo sul loro signifi-
LA STORIA I pensieri dei ragazzi sono tutti in questo disegno
cato simbolico: abbiamo convenuto, dopo un’appassionata discussione, che il verde rappresenta la speranza per una rinascita dell’Italia a nuova vita, che il bianco rappresenta la purezza e la pace, che, secondo alcuni sono valori peculiari del messaggio cristiano, mentre il rosso rappresenta il sangue versato dai patrioti per amore
dell’Italia. Nella formulazione degli SMS abbiamo cercato di dare sfogo a tutta la nostra creatività, descrivendo la fiducia che proviamo verso la nostra nazione, la voglia di risollevarsi dalla crisi e dalle difficoltà e il desiderio di prendere esempio dai nostri “Padri fondatori”. L’ultima fase è quella che ci ha
coinvolto di più, perché si trattava di costruire dei cartelloni contenenti delle interviste immaginarie ad alcune delle donne che “hanno fatto l’Italia”. Per realizzare queste interviste ci siamo sbizzarriti, usando fantasia e ironia, creando interviste doppie con personalità differenti a confronto, profili facebook di eroine e eroi risorgimentali, lettere e-mail fra patrioti/e. Tra tutti profili biografici di donne che abbiamo tracciato, il più entusiasmante è stato quello di Anita Garibaldi, che fu l’indomita compagna di vita e di battaglie del celebre Eroe dei due mondi. Anita partecipò alle battaglie travestita da uomo, perché le donne non potevano essere accettate come soldati; diventò un punto di riferimento in mezzo alle truppe garibaldine assumendo il comando e la responsabilità della fornitura delle munizioni e dell’infermeria. La parte avuta da Anita nella storia è rappresentativa del ruolo di fatto paritario che molte donne (anche se non tutte) si erano sapute conquistare con il loro idealismo e coraggio e le loro capacità.
CAMUFFATE DA UOMINI SONO SCESE IN PIAZZA E HANNO FIRMATO PAGINE IMPORTANTI
Le donne hanno fatto la nostra storia
PATRIOTE I mille volti al femminile dell’Ottocento
CHE COSA VOLEVA dire essere patriote in una società come quella ottocentesca, che affidava alla donna quasi esclusivamente i compiti di moglie e madre e che invece si misurò con personalità del calibro di Anita Garibaldi, Bianca Milesi, Tonina Masanello, Cristina Trivulzio di Belgioioso? Donne che si vestivano da uomo per partecipare all’impresa dei Mille, scendevano in piazza durante le Cinque giornate di Milano, aprivano le porte dei loro salotti per accogliere i pensatori e permettere ai patrioti di organizzare piani di liberazione. E rischiavano la vita passando il confine per portare in mezzo alle loro vaporose capigliature messaggi cifrati. Donne in genere appartenenti alla nobiltà e all’alta borghesia, attive nel preparare il diffondersi dell’insurrezione e per questo sottoposte a duri interrogatori, minacciate e spiate. A Milano i salotti dell’alta società definiti ‘giardini’ erano animati da donne, le giardiniere appunto, che spesso erano
sorvegliate dalla polizia austriaca. Tra loro c’era Bianca Milesi, borghese, pittrice e femminista, che fu una donna battagliera, disegnò l’emblema tricolore del battaglione Minerva, nel quale si arruolarono gli studenti di Pavia e arrivò addirittura a inventare la cosiddetta carta stratagliata, con cui i congiurati comunicavano secondo il sistema crittografato. Ma non erano solo messaggere e consigliere, le donne del Risorgimento erano anche combattenti disposte a perdere la vita in battaglia. La padovana Tonina Masanello si travestì da uomo per combattere al fianco dei garibaldini; così anche Colomba Antonietta Porzi, che perse la vita nella difesa della Repubblica Romana. A morire sotto la mano dei soldati pontifici fu invece Giuditta Tavagni Arquati, che fu uccisa dagli zuavi partecipando ad una riunione per organizzare la rivolta, per fare di Roma la capitale dello Stato italiano.
CRONISTI IN CLASSE ISTITUTO COMPRENSIVO «Renato Fucini» di Monteroni d’Arbia CLASSI: 2A – 2B- 2C REDAZIONE 2 C: Burroni Irene, Coniglio
Antonio, Martini Sara, Pacciani Riccardo, Patafi Lorenzo, Piccini Francesca, Sainz Sanchez Diego, Sainz Sanchez Kevin. 2 A: Becatti Matteo, Brizzi Alessandro,
Donati Luca, Lippi Eleonora. 2 B: Boccini Asia, Gullo Sophia. TUTOR: Catia Maiorello Dirigente scolastico: Maria Donata Tardio
CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 17 FEBBRAIO 2012
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SCUOLA MEDIA
«Lorenzetti» Valdimerse
Anche l’italiano è in crisi Il linguaggio delle nuove generazioni in una singolare «miscela» NEGLI ULTIMI ANNI la lingua italiana tradizionale sta dimostrando la sua crisi, sostituita, da parte dei giovani, con una lingua creata da loro per comunicare attraverso abbreviazioni e nuovi termini introdotti per rendere le comunicazioni molto più semplificate. Ma, se si osserva bene, si può notare che anche la persona meno “moderna” ormai usufruisce di questo linguaggio, perché abituata a sentirlo parlare dai giovani e dalle persone che la circondano. Ma perché questa lingua moderna è nata? Che bisogno c’era? A questa domanda, dopo lunghi studi, alcuni esperti hanno potuto rispondere esaminando il modo di comportarsi dei giovani e sono arrivati a supporre che tale codice di comunicazione sia nato per il bisogno di comunicare in modo più veloce e più breve, andando a scapito delle frasi complesse e del linguaggio tradizionale. Certo, anche alla luce dei recenti dati Ocse e del Rapporto della Commissione Europea del 2010 (secondo cui il 21% dei quindicenni italiani ha difficoltà nella conoscenza della
NOVITA’ Il modo di parlare dei giovani è cambiato
lingua e nella decodifica dei testi), non mancano le preoccupazioni, soprattutto dei linguisti, che sottolineano come ormai la lingua di Dante sia per i ragazzi quasi una lingua straniera. A queste preoccupazioni, si aggiungono quelle di insegnanti che osservano le difficoltà dei gio-
vani di padroneggiare e usare i diversi registri linguistici a seconda delle circostanze. Una indagine fatta fra i giovanissimi ha mostrato che non è raro trovare oggi, anche nelle nostre realtà, chi pensa che la parola «adulterio» derivi da «adulti» o che «solidarietà» derivi da «solitudine».
Si osserva inoltre come talvolta scivolino, perfino dentro i compiti, simboli, abbreviazioni, emoticon degli Sms o delle chat, così come certi neologismi o forme gergali; e ancora forme dialettali o locali (mi garba, per «mi piace»; escano, per «escono»; dassi e stassi per le forme verbali del congiuntivo «dessi» e «stessi»; cittino, per «bambino», termine che gli alunni stranieri, per imitazione dei senesi, finiscono per scrivere addirittura con scittino). Son tutte forme che si mischiano a quelle del linguaggio internazionale dell’informatica, della musica, delle nuove tecnologie, in una miscela linguistica nuova, e non senza qualche errore! Certo, se, come afferma il filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein, «i confini della mia lingua sono i confini del mio mondo», non c’è dubbio che, nel mondo globalizzato in cui viviamo, questi «confini» linguistici non possano che essere dei «confini» allargati a una lingua che sia «viva», ma che sia anche corretta nelle sue strutture di fondo.
FRA REGIONALISMI E MODE TECNOLOGICHE, IL GERGO DEI RAGAZZI È DAVVERO CREATIVO
Quella dei giovani è una lingua da scoprire
CURIOSITA’ Un linguaggio in evoluzione tutto da scoprire
SE LA SOCIETA’ chiude le porte ai giovani, il lessico dà loro un senso di appartenenza, è quanto evidenzia Scialla il film di F. Bruni. Scialla nel gergo giovanile significa «rilassati», «stai tranquillo». Tale gergo è una lingua chiusa e deformata che indica il desiderio identitario dei giovani che aspirano a staccarsi dagli adulti. Manuel, un ragazzo di 12 anni, così commenta il fenomeno: «a volte si diventa come gli altri anche per essere accettati, magari se uno non bestemmia o non dice parolacce non può entrare nel gruppo, o se tutti fumano, per entrare nel gruppo deve fumare anche lui. Io credo che sia sciocco: ognuno deve pensare con il proprio cervello». Attualmente si denota come in questi linguaggi siano le aree periferiche ad influenzare il centro e non viceversa. Nelle anonime periferie urbane, soprattut-
to, ci si avvale di un lessico derivato dai network, dagli sms, dai blog, ma anche dai dialetti regionali. I LOCALISMI, grazie alla musica e a Internet vengono assunti in altre aree geografiche diverse da quelle originali. Basti pensare al termine dialettale siciliano abbummamento cioè «stordimento» utilizzato dagli Articolo 31; e ancora raspa, «persona avara», dal bolognese lima; ganzo, dal toscano «persona» o «cosa bella e simpatica»; tamarro, dal napoletano «ragazzo volgare e rozzo»: termini adottati in parlate giovanili settentrionali. A caratterizzare le parlate giovanili è anche un atteggiamento ludico, che dà loro un’impronta critica nei confronti del mondo-linguaggio adulti ed un’ambizione creativa che tenta di riscattare l’imperante vuoto comunicativo.
CRONISTI IN CLASSE ISTITUTO “A. Lorenzetti” Rosia. Plessi di Rosia-Chiusdino-Monticiano. III A: Lorenzo Caltagirone; Giulio Falsetti; Giada Franci; Caterina Garoni; Cristina Giannini; Federico Negri; Giulia Perini; Mirko Romagnoli; David Saurini; Christian Stopponi;
Vrenozi Dejnilson. Tutor: Mariangela Musio. Chiusdino Pluriclasse: Davide Ciabatti; Shqipe Berberi; Denis Lelic; Guido Pettorali; Rebecca Falchi; Alice Fiorito; Andrea Frisancho; Manuel Santini; Costanza Vannini; Sara Tovasci; Luca Mattu; Elona
Shullarii; Santa Troise; Eleonora Vatti. Tutor: Wilma Cillerai. Monticiano: II E: Ada Bruzzone e Martina Forni; Classe III E: Eleonora Calossi, Amarildo Nika, Annalisa Posadino, Giulio Ricci. Tutor: Tiziana Serino. Dirigente scolastico: Sandro Marsibilio
RIFLESSIONI
Ke bello l’italiano! O itagliano? E’ DAVVERO la fine per l’italiano? Tra vent’anni gli studenti del Liceo Classico si troveranno alle prese, oltre che con il latino e il greco, anche con la lingua italiana, ormai morta? Scenario plausibile se nell’italiano di oggi l’errore sembra naturale. Ormai abituati a comunicare tramite social network e cellulari, che ci obbligano a esprimerci per iscritto in tempo reale, come se parlassimo faccia a faccia, non teniamo conto delle regole grammaticali, saltiamo le vocali e aggraviamo l’attuale carestia lessicale. Tuttavia sappiamo distinguere la realtà virtuale dal mondo reale e non vogliamo essere poveri di parole. Perciò, quando in classe è arrivato un bambino dall’Albania, grazie a un altro compagno, originario della stessa terra e quindi mediatore culturale per noi, abbiamo seguito con cura scrupolosa il nuovo amico nell’apprendimento corretto della nostra lingua: lo abbiamo aiutato a distinguere l’italiano dal dialetto, a riconoscere le doppie e ad assimilare la lettera g, che corrisponde all’albanese xh. Invece imparare a chattare, con sigle, abbreviazioni, acronimi ed “emoticon”, in cui è evidente la nostra fantasia, è stato spontaneo, come se fosse già inscritto nel Dna di ogni adolescente, senza differenze di nazionalità. Basterà questa creatività a tenere in vita l’italiano? O l’insostenibile fatica di esprimerci schiaccerà la parola? Ai posteri l’ardua sentenza…
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012
Scuola media
«C.Angiolieri» SIENA
Fenomeno «bit generation» I ragazzi di oggi alle prese con la vita ‘via-cavo’ APPROFONDIMENTO
Un cambiamento epocale: il computer GRAZIE all’affermazione nei primi anni Ottanta, per merito dell’Ibm, del personal computer, la luce azzurrina dei monitor ha invaso ogni ambiente. Il computer ha letteralmente rivoluzionato le nostre vite; il tempo che vi trascorriamo davanti sta ampiamente superando, per molti di noi, quello trascorso davanti allo schermo televisivo, fino a qualche anno fa ancora così seducente. La rete mette a disposizione di tutti gli abitanti dei paesi così detti ‘sviluppati’ le banche dati un tempo accessibili solo a poche persone, favorisce la ricerca scientifica, contribuisce alla democratizzazione della nostra società dando a tutti la possibilità di esprimersi in tanti modi (chat, forum, siti personali, accesso gratuito a giornali e riviste, posta elettronica). Rispetto alla tv il computer ci rende protagonisti. L’impatto del computer è stato formidabile anche sul mondo economico; banche fabbriche, ospedali, esercizi commerciali, lo usano con profitto. Evitare l’interazione con il computer è quasi impossibile per chiunque lavori. Nella stessa scuola, dopo l’arrivo del computer, si è acceso il dibattito su come cambiare l’educazione scolastica a seguito di questa rivoluzione ‘computeriana’ (ci scusiamo con Copernico per il plagio!!). Cd-rom multimediali, ipertesti, persino videogiochi stanno modificando il modo di apprendere di milioni di ragazzi e il loro stesso modo di pensare. L’entusiasmo per il computer non deve, però, far dimenticare un certo tipo di prudenza e una stima maggiore dei pericoli legati alla rivoluzione informatica; l’uomo non può, infatti, affidarsi solo ed esclusivamente alla razionalità. Anche i ‘sistemi’ più sofisticati non saranno mai in grado di risolvere problemi complessi e di dare un senso alla vita umana.
ORMAI gli adolescenti d’oggi non fanno più nulla, se non che stare al computer. Le giornate sono monotone. Dopo pranzo, via di corsa ad accendere il monitor e stare lì incollati fino a notte fonda. Vivono la dimensione telematica come connaturata alla loro esistenza. Il computer è una dipendenza, fin da piccoli giocano ai videogames e usano il computer. Poi entrano in internet per fare ricerche, si iscrivono alle chat, le frequentano assiduamente, imparano a fare siti web e tante altre cose che un adulto impara a fatica. Questa rivoluzione informatica è negativa o positiva? Questa è la domanda che si pongono molti genitori ogni giorno. «Internet è una vera forza» dicono alcuni. Ma queste ore passate davanti a uno schermo interferiscono con la concentrazione, sullo studio, sull’immaginazione, con l’ortografia (con le abbreviazioni usate sulla tastiera si dimenticano come si scrivono in realtà le parole). Ma i ragazzi dell’intero pianeta si difendono con la stessa arma: con
zino. Così i pedofili hanno attirato le loro prede. Quando si naviga sui social network, soprattutto quello creato da Mark Zuckerberg, la sicurezza è fondamentale. È quasi diventata una prova di maturità per i ragazzi del popolo di Internet.
Internet possiamo fare ricerche e approfondire gli studi. I siti dove si può studiare online sono sempre di più e fare i compiti con il computer è molto più semplice e interessante e aumentano, nelle scuole, le classi 2.0 dove si studia con lavagne interattive, iPad ecc. Sul web è possibile fare di tutto…
perfino incontri sgradevoli. Da quando sono nati i famosi social network come Facebook e Twitter, le molestie ai ragazzi sono aumentate. Internet, allora, non è così sicuro come dicono. Chiunque potrebbe creare un account su Facebook con un’identità falsa e farsi passare come un innocuo ragaz-
INSOMMA, usare Internet è giusto o sbagliato? Non lo sappiamo, con precisione. Noi siamo la prima generazione, la Bit Generation , che sta sperimentando questo nuovo modo di vivere davanti ad uno schermo con cui puoi essere in contatto con tutto il mondo. Nessuno ormai perde più il suo tempo a camminare. Eppure passeggiare per la città è una piccola avventura aperta al nuovo e all’imprevisto. Passeggiando per il centro mi accorgo quanto sia superficiale camminare senza guardare e non notare la storia di questa mia città. Ma la storia c’è, in ogni angolo. «... Ricordati di me che sono la Pia ...» , famosi di Dante, che vedo per la prima volta...e mi ricordano la triste storia di un’antica nobildonna.
«QUANDO FACEBOOK E PLAY-STATION DIVENTANO DROGHE»
«Ma in rete stati attenti ai network!» I RAGAZZI, spesso, stanno in casa, chiusi in camera o in salotto a giocare alla Play-station o su facebook. Mezz’ora, un’ora al giorno è giusto ma quando si esagera si vive in un mondo virtuale, dimenticando i problemi veri. Argomenti di conversazione fra adolescenti sono la vittoria della coppa del mondo con Fifa12 o la nuova auto comprata vincendo gare automobilistiche. Il ragazzo crede di essere un pilota e, se sbaglia, si innervosisce. Anche se è comodo, in poltrona, si arrabbia e dà la colpa alla scuola, alla stanchezza e, quindi, gioca ancora per vincere. Pensate invece che se vince, scopre che c’è un premio più grande e il ‘gioco’ è infinito. Il meccanismo crea dipendenza infatti se uno perde si demoralizza , e se vince? In realtà, è stato seduto ore per battere un avversario finto e se
ci è riuscito si sente felice, ma è questione di poco. I social network possono diventare una dipendenza: l’adolescente arriva a casa, accende il computer e si pianta davanti al monitor a chattare con i propri amici. Nascono neologismi, se li si possono chiamare così, come flipparsi e killare e un ragazzo dirà: «Ieri ho fatto tre quick a fila su m w 3. Cosa rispondete?». Dopo qualche anno i ragazzi, ormai insicuri, avranno problemi con la realtà e dovranno cercare altro: le droghe. Il giovane che aveva trovato sicurezza nel mondo virtuale ballerà in discoteca e scoprirà che gli stupefacenti lo faranno stare bene, allegro, senza il peso della realtà. Consiglio: è meglio vivere affrontando i problemi, condividere paure, sofferenze e momenti di gioia veri che vite virtuali.
CRONISTI IN CLASSE 3 C: Ancilli Tommaso, Angeli Valerio, Baldassarre Cesare, Bivol Ion, Bottazzi Gaetano, Capecchi Alessandro, Capone Luca, Cappelli Althea, Chiostri Giovanni, Finucci Pietro, Forconi Vittoria, Franchi Rachele, Giovannelli Brando, Gonnelli Francesca, Interligi Giovanni, Maggi Paolo, Magi Eugenia, Neri Sofia, Pasquini Bartolomeo, Ricci Leonardo, Rinaldi Davide, Sampieri Sara,
Senesi Aurora, Serrato Arroyo Luis Angel, Sili Emilio, Taddei Marco, Vannoni Riccardo, Vardoni Nicola. 3 D: Anichini Luca, Antonelli Lorenzo, Barbieri Maria Margherita, Bellafiore Gaia, Bianco Marta, Bisconti Fiamma, Buini Federico, Burrini Margherita, Calvani Matilde, Cappelli Fabio, Fioravanti Ginevra, Giachi Alessandro, Gigli Francesco, Knezevic
Victor, Mazzoni Giulia, Nobile Margherita Vittoria, Onofri Ester, Pallassini Allegra, Pierini Ludovica, Pucci Costanza, Rubegni Lorenzo, Santinelli Ginevra, Soldati Alessandro, Tiribocchi Elena, Toscano Giulia, Turchi Filippo, Valdambrini Chiara. Tutor: Gabriella Rinaldi, Maria Francesca Bicci. Dirigente scolastico: Anna Tramutoli
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012
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Scuola media
«G. Papini» CASTELNUOVO B.
Giovani oggi, anziani domani La condizione della «terza età» nella società contemporanea SECONDO I dati Istat riferiti al 2009, l’Italia è il paese più anziano d’Europa, secondo solo alla Germania, con un forte squilibrio generazionale. L’invecchiamento ha infatti portato il numero degli ultra sessantacinquenni al 20,2% della popolazione residente: in pratica, 143 anziani ogni 100 giovani. Ritenute ‘inutili’, perché non più in sintonia coi tempi ed improduttive, le persone anziane sono spesso dimenticate, emarginate, tenute in poco conto dai giovani, facili prede di stereotipi che vedono gli anziani ‘noiosi’, ‘scorbutici’, ‘ipercritici’, incapaci di dialogare con una società tecnologicamente avanzata. L’innalzamento generale dell’età della popolazione ha evidenziato una serie di problematiche, legate all’ aumento della richiesta di servizi, per rispondere a bisogni degli anziani e dare sostegno alle loro famiglie. Nella società contadina dei primi del ‘900, erano appunto le famiglie, soprattutto le donne, a farsi carico degli anziani, in special modo se non più au-
tosufficienti. Attualmente le cose sono cambiate: i nuclei familiari sono talvolta disgregati e dislocati geograficamente lontani; madri e mogli sono sempre più impegnate nel lavoro ed a sopperire alla scarsità di servizi. Pertanto le famiglie si affidano al mondo del volontariato e dell’associazionismo,
per garantire ai propri cari una vita dignitosa, in mancanza di infrastrutture, assistenza sociale e sanitaria adeguate. C’è da dire che il problema diventa insormontabile soprattutto nel caso di anziani soli, che rappresentano una grande fetta della popolazione; per costoro è spesso diffici-
le superare le difficoltà quotidiane: fare la spesa, comprare le medicine, pagare le bollette... Un quadro che si fa ancor più grave se si tiene conto che il reddito pensionistico mensile medio, in Italia, è ai limiti della soglia di povertà! I ‘vecchi’, come affettuosamente vogliamo definirli, vanno rispettati e recuperati alla società, soprattutto in considerazione del fatto che essi tramandano tradizioni, valori e saggezza che sono garanzia e speranza per il futuro: la loro ricchezza di esperienze ha permesso all’Italia di essere tra i Paesi più industrializzati del pianeta, superare momenti difficilissimi ,quali le guerre mondiali, il terrorismo, la lotta alla mafia... Tocca ai noi giovani riallacciare un dialogo costruttivo con i nostri ‘saggi’ che sono sempre in grado di stupirci con la loro energia ed orgoglio; si potrebbe iniziare con il dedicare il nostro tempo libero aiutandoli nelle piccole faccende quotidiane o, più semplicemente, dando loro ascolto e compagnia!
NUOVA RESIDENZA SANITARIA A CASTELNUOVO: UNA SCELTA LUNGIMIRANTE
«Il ‘vecchietto’... dove lo metto?» RECENTEMENTE, a Castelnuovo Berardenga, è stata inaugurata una nuova residenza sanitaria assistita, comunemente nota come casa di riposo per gli anziani. Si tratta di un centro aperto tutti i giorni, con una serie di servizi aggiuntivi , come la mensa e alloggi, aperta non solo agli ospiti, ma all’intera comunità. Pensata nel pieno rispetto dei bisogni individuali, sociali e della dignità di ciascun anziano, la residenza segue criteri costruttivi ed abitativi atti a sostenere, nella fase più delicata della vita, coloro che tanto hanno dato e contribuito al benessere della nostra piccola comunità e, indirettamente, dell’Italia. Il nuovo centro è dotato di 46 posti letto stabili, una cappella, una palestra di riabilitazione ed un percorso per malati di Al-
zheimer, nonché di una corte interna corredata da verde. Come si vede, la residenza sanitaria assistita vuole essere una risposta adeguata ai bisogni psicofisici degli anziani, improntata alle più moderne teorie cliniche e antropologiche, secondo cui una società si valuta per come tratta i più ‘deboli’. Del resto, Rita Levi Montalcini, Giorgio Napolitano e moltissimi altri ultra sessantacinquenni sono la testimonianza che la vecchiaia non è sinonimo di decadenza, bensì il momento in cui si raccolgono i frutti di esperienze, studi e collaborazioni effettuate nel tempo che possono e devono avere una ricaduta nella vita presente e futura di tutti! Il ‘vecchietto’, quindi, offre idee ed occasioni che possono stimolare noi giovani a non mollare di fronte alle difficoltà e lottare per le proprie idee.
CRONISTI IN CLASSE 3 B: Alcidi Lorenzo, Bitiqi Muhedin, Brogi Leonardo, Comacchio Lisa, Diele Camilla, Doda Emanuela, Fadda Nicola, Falchi Lorenzo, Fratta Mattia Angelo, Galluzzi Arianna, Hyseni Franc, Ignuta Darius Gabriel, Krasniqi Bukurije, Lata Renaldo,
Martellini Francesco, Masi Michael, Natale Gemma, Rodio Marino, Salvi Silvia. 3 A: Adiatro Badjenahora Benedict, Avossa Gianluca, Bochicchio Antonella, Coppola Maria Chiara, Crespi Giorgia, Giannotti Daniele, Grandi Chiara, Grandi Samuele,
Hilt Siena, Kola Esmeralda, Macinai Alessandro, Martellini Giulia, Martucci Stefano, Myftiu Renato, Romano Vittorio, Semplici Alice, Vela Salvatore, Veneziano Jacopo. Tutor: Carmela Belfiore, Andrea Marroni Dirigente scolastico: Luciana Lucioli.
APPROFONDIMENTO
Questi sono ‘nonni’ da... record! ABBIAMO navigato nella rete alla ricerca di curiosità ed abbiamo scoperto che sono tantissimi i ‘vecchietti’ da Guinnes dei primati... Seichi Koyama è il più anziano automobilista del Giappone e forse del mondo intero. Il vivace centenario ha dichiarato in un’intervista di non essere mai stato coinvolto in un incidente negli ottanta anni passati alla guida; ma l’avventura continua... Gli è stata rinnovata ancora la patente! Trapiantata in Italia, Keiko Wakabayshi, 77 anni, è un’altra giapponese con una marcia in più! Collabora con i militari della Folgore, insegnando loro le arti marziali. E’ abilissima nella lotta con spade e bastoni, ma anche in jujitsu, judo, kendo e karate. Vietato attaccar briga con lei: siete avvisati! Aveva ben 101 anni il signor Buster Martin, britannico di origine francese, quando ha partecipato alla maratona di Londra. Del resto ‘mister Martin’, alla sua veneranda età, si era già dato molto da fare: aveva ben sedici figli. Quando si dice: non è mai troppo tardi! Il 12 gennaio del 2009 Lluis Collet iniziava un monologo di ben 124 ore consecutive. Il sessantaduenne primatista ha intrattenuto gli ascoltatori alternando la lettura e recitazione di poesie e brani di autori famosi, disputando inoltre circa le qualità artistiche del famoso Salvator Dalì e l’importanza della lingua catalana.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 6 MARZO 2012
SCUOLA MEDIA
«GALILEI» Chiusi
Giochi, sì ma più consapevoli Agli adolescenti di oggi serve meno fantasia e più spirito critico PUNTI DI VISTA
Alla fine lasciateci divertire SONO O NO i videogiochi cattivi maestri? Questo il tema affrontato dagli psicologi, da quando, negli anni Cinquanta, sono apparsi i primi giochi gestiti da un computer o da una console. Una sintesi degli studi svolti negli ultimi vent’anni ci viene dall’American Psychological Association: «I bambini e gli adolescenti che passano il tempo al computer appassionandosi a videogiochi violenti finiscono per diventare aggressivi e ansiosi, tendono a imitare mosse pericolose sperimentate nel gioco, polemizzano con gli insegnanti e hanno un peggior rendimento a scuola». Negativa anche Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia alla Sapienza di Roma: «Queste favole moderne sostituiscono la realtà e spengono le emozioni». Ma, secondo altri studiosi, non dovremmo criminalizzare i videogames perché, afferma Francesco Montecchi, responsabile di neuropsichiatria infantile del Bambino Gesù di Roma. «Sono un utile sfogo virtuale: drammatizzare le pulsioni violente e viverle nel gioco serve ad acquisire la capacità di gestirle nella realtà. L’innocuità o meno dei videogiochi, anche dei più cruenti, dipende dall’uso che se ne fa, dalla personalità di chi gioca e dal contesto familiare», dice. Tutto, dunque, dipende dall’uso e in molti paesi del mondo i videogames sono già nelle scuole come strumento didattico: ci si studiano le lingue straniere, la matematica, la geografia. Ce ne sono che insegnano l’alfabeto o il disegno ai più piccoli. Una scuola così sarebbe bellissima, speriamo di fare in tempo a giocarla!
IL PEDIATRA Paolo Sarti e lo psicologo Giuseppe Sparnacci, con i quali abbiamo parlato in occasione dell’incontro «Crescere & giocare» organizzato dalla nostra scuola, ci hanno fatto riflettere sul gioco che non può considerarsi un semplice passatempo, ma è anche apprendimento per comportamenti futuri e ha una grande importanza educativa e relazionale per i bambini. E noi adolescenti? Anche se ormai siamo grandi, giochiamo ancora, in modo diverso, rubando il tempo per il gioco ai mille impegni giornalieri e ricordiamo con piacere quei giochi che ci hanno accompagnato nell’infanzia e che oggi sono inevitabilmente cambiati. Allora, infatti, ci buttavamo a capofitto in un mondo fantastico e «potevamo passare ore e ore guardando le ruote del passeggino fare avanti e indietro - nessuno allora ci metteva fretta - o immaginando di essere grandi guerrieri». Chi di noi maschi non ricorda la prima pistola, ci giocavamo sparando ai mostri, e gli inevitabili incidenti di guerra (quanti nasi rotti!). Le femmine, invece, possedevano la cuci-
CETONA «Mondo X» anche la dipendenza da gioco tra le problematiche affrontate in comunità
na al completo, con il forno, i piattini e tanti altri apparecchi in miniatura: quando la mamma stirava i panni, la imitavano e, con la tavola da stiro finta, si divertivano a sistemare i calzini. Tra i nostri giochi preferiti le macchinine, meglio ancora se si trattava di un camion «Overland», costruito dal babbo, con cui fare gli «scon-
tri». Allora era tutto perfetto, poi col crescere, le prime inquietudini: «Confrontarsi non era facile se si possedevano gusti originali e la passione per i Gormiti, strani esserini gommosi, non aiutava ad allacciare legami con gli altri, tutti accaniti fan di Dragonball». Con l’adolescenza tutto è cambiato: ora che siamo più grandi c’è spa-
zio solo per i videogiochi, la tv, il computer, uscire con gli amici. Con loro infrangi le prime regole e impari a fare conoscenze. Anche se con il «Game Boy» e la «Playstation» ci passiamo parecchie ore, siamo consapevoli che ci perdiamo un po’ della bellezza che si trova fuori casa, stando insieme agli altri che non puoi attivare con il telecomando come con i giochi elettronici, ma ti danno molto di più. Del resto i videogiochi per noi nativi digitali sono insostituibili, fanno ormai parte del nostro modo di divertirci. Certo ci rendiamo conto che possono nascondere dei pericoli che derivano, per lo più da un uso sconsiderato che può anche creare dipendenza. E sappiamo anche che serve maggiore consapevolezza sulla scelta dei contenuti: alcuni di questi giochi vanno scartati perché sono molto violenti ed è importante comprenderlo con l’aiuto dei genitori e degli insegnanti che dovrebbero confrontarsi con noi ragazzi anche su questi argomenti e invece spesso si limitano a proibire, con il risultato che si gioca per ore, con il rischio di sostituire la realtà relazionale con la realtà virtuale.
ORMAI SI GIOCA DAI 12 ANNI CON GRATTA E VINCI, SLOT MACHINE E POKER ON LINE
Lo svago per i ragazzi? A volte è d’azzardo
L’INTERROGATIVO Italiani, tutti giocatori?
PRIMA IN EUROPA, terza nel mondo: questi i discutibili primati dell’Italia nel gioco d’azzardo con un fatturato di 76,1 miliardi l’anno, di cui dieci, bruciati nei giochi illegali (dati pubblicati sulla stampa nazionale). La sorpresa è che questo tipo di giochi si sta diffondendo anche tra gli adolescenti che spendono fino a 50 euro al mese in gratta e vinci, slot machine e poker online. Il fenomeno si spiega con la diffusione dei giochi online: il web, infatti ha contribuito ad avvicinare all’azzardo minori che, altrimenti, non avrebbero occasione di giocare; molti di loro non sanno nemmeno che fino a 18 anni è proibito qualsiasi gioco con vincite in denaro. Giocare d’azzardo è pericoloso, non solo perché si possono perdere tanti soldi, ma anche perché può creare dipendenza. Cadere nella rete è facile:
le aziende che gestiscono i giochi mirano ad avere profitti sempre maggiori e attirano i giovani con pubblicità molto scorrette che promettono addirittura bonus di benvenuto di 200 euro e oltre. Ma perché gli adolescenti si fanno attirare dal gioco d’azzardo? Una ricerca del Centro per i Diritti del Cittadino, che ha coinvolto studenti delle scuole inferiori e superiori romane, spiega che il 25% gioca per sfidare la sorte, il 30% pensa di ottenere più soldi da spendere nel fine settimana, il 15% invece, gioca per noia. Quello che non dicono è che spesso imitiamo il comportamento degli adulti, ma per noi ragazzi il pericolo di cadere nella dipendenza è più forte: siamo più ingenui e sottovalutiamo i pericoli derivanti dall’azzardo che , del resto, non sono sufficientemente conosciuti: per questo è importante parlarne.
CRONISTI IN CLASSE Scuola media «Galileo galilei» (Istituto Comprensivo «Graziano da Chiusi» – Chiusi). Classi: gruppo. Redazione: Fillide Serpilli, Stefano Funalbi, Raffaele Di Luca, An-
drea Podelvento, Riccardo Nenci, Adriano Del Vincio, Bianca Urioc, Marco Lisci, Lapo Spadea, Niccolò Rampelli, Romina Rossi, Maria Giulia Tiezzi, Angela Gasic, Letizia Bonaccci, Sara Aka, Saida Jelassi, Giulia
Peparini, Roberto Bugossi, Iacopo Filardi, Gionatan Samon, Lisa Movenko, Jerry Esati, Walter Gaspar, Niccolò Socciarelli. Tutor: Andreina Troncone Dirigente scolastico: Rita Albani
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 6 MARZO 2012
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SCUOLA MEDIA
«DA VINCI» Poggibonsi
Di razza ce n’è una sola. L’Umana Xenofobia, razzismo, discriminazione nell’era della globalizzazione FIRENZE, DICEMBRE 2011. Gianluca Casseri ha sparato con una Smith & Wesson 357 Magnum su un gruppo di ambulanti senegalesi, prima in piazza Dalmazia, poi in piazza San Lorenzo. Samb Modou e Diop Mor sono stati crudelmente assassinati, due loro compagni sono rimasti feriti gravemente. Il killer, trovandosi accerchiato dalla polizia, si è ucciso nel parcheggio di San Lorenzo sparandosi con la stessa arma. Non si sono ben capite le ragioni che hanno spinto il Casseri a compiere questa orribile carneficina. Molti lo hanno definito pazzo e malato, ma la determinazione con cui si è diretto verso i ragazzi senegalesi ha rivelato le reali intenzioni omicide. Il Casseri è stato spinto da un profondo odio razziale. L’Italia è rimasta attonita, Firenze ferita. La città si è stretta intorno alla comunità senegalese pregando, donando fiori, accendendo candele, lasciando messaggi di solidarietà e rabbia, comprensione e riprovazione. Ma non può bastare. Ogni manifestazione
FIRENZE, DICEMBRE 2011 Incredibile la storia di Gianluca Casseri
antirazzista, ogni dichiarazione di fratellanza è necessaria, eppure non sufficiente. Dobbiamo bandire quell’impeto di superiorità che talvolta ci attanaglia e, umilmente, riflettere sulla nostra storia recente. Leggiamo L’Orda, quando gli albanesi eravamo noi di G.A. Stella (edizioni BUR), parliamo-
ne a scuola, in famiglia, a lavoro, con gli amici. Scopriremo quanto di extracomunitario ci sia in noi. Noi che soli 70-80 anni fa emigravamo in Gran Bretagna, Francia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Argentina, Australia per creare un futuro migliore ai nostri figli. Noi, clandestini, stranieri in un
paese straniero, costretti a vivere con mille sotterfugi. Noi che eravamo considerati ladri, mafiosi, camorristi, stupratori, gangster. Noi ritenuti sporchi, ubriaconi, mendicanti. Noi giudicati parassiti della società, traditori, pigri, analfabeti. Noi anarchici, terroristi, violenti, criminali. Stereotipi, pregiudizi, preconcetti, elementi mortiferi come un veleno letale da combattere con la conoscenza, la comprensione, la ragionevolezza. Migranti e ospitanti devono integrarsi rispettando ognuno la propria identità, la propria cultura. In uno Stato di Diritto, il diritto alla dignità della persona è fondamentale. Ogni extracomunitario prima di tutto è un uomo, ogni straniero prima di tutto è una persona. L’altro siamo anche noi. I pensieri possono essere infiniti, come le stelle del firmamento. Le idee possono essere molteplici, come i colori sulla tavolozza del pittore. I concetti possono essere illimitati come le onde del mare. Ma «di razza ce n’è una sola. Quella umana» (Manifesto antirazzista 2008).
QUANDO UN FIGLIO LASCIA LA SUA PATRIA
Avventure di un ragazzo emerso dalla clandestinità
MALICK SAMB Avventure di un clandestino
MALICK SAMB è nato a Tambacounda Senegal nel 1985 in una modesta famiglia di tredici figli. Ha studiato nella città natia fino al 2004, quando il destino gli ha offerto l’occasione per venire in Europa. Grazie a un gemellaggio, è stato scelto dal suo liceo per rappresentare l’Africa. Da allora non è più tornato nel suo paese. È rimasto in Europa rimettendo tutto in discussione, ed è venuto in Italia per migliorare la sua vita. Perché questa storia è emersa tra le altre? Perché Samb ha avuto il coraggio di scrivere su cosa significa partire, lasciare il proprio paese senza la certezza di un futuro migliore. Questo è uno dei temi racchiusi nel libro di Malick Il destino di un clandestino nel quale racconta delle paure, delle sofferenze e delle privazioni che è costretta a vive-
re la maggior parte delle persone quando abbandona la propria terra madre. Noi alunni abbiamo avuto il privilegio di intervistare Malick. Ci siamo resi conto quanto sia difficile la vita di un immigrato, ci siamo sentiti tristi pensando che non tutti hanno avuto la sua stessa fortuna, solidali quando ha raccontato delle sue sofferenze. Inoltre ci ha spiegato cosa significasse il titolo del libro: «destino» perché se non ci fosse stato il gemellaggio del suo liceo con la Francia, non avrebbe mai pensato di partire; «clandestino» non perché sia arrivato di nascosto, ma perché questa è stata la sua condizione per molto tempo. Il permesso di soggiorno può cambiare la vita di un uomo. Quanti bravi e brillanti figli l’Africa ha perso: sono figli che scappano perché a casa non possono avere una vita dignitosa.
CRONISTI IN CLASSE Scuola media «Leonardo Da Vinci» – Poggibonsi, Plesso Marmocchi. Classe: 2H. Redazione: Aiazzi Caterina, Assanagora Paolo, Diagne Deguene, Francini Viola, Greco
Luis, Luongo Martina, Maggiori Samuele, Marrucci Greta, Molino Alessandea, Molino Fabiana Matilde, Nannicini Stefano, Nechifor Cosmin, Neri Giulia, Ninci Ester,
Pandolfino Giulia, Ragazzo Luigi, Ruggiero Chiara, Sungphuk Wimonmas, Testi Matteo, Vitale Gaetano, Zarra Jessica. Tutor: Silvia Cortigiano Dirigente scolastico: Luca Guerranti
APPROFONDIMENTO
Vi raccontiamo la genesi di una follia SECONDO alcuni genetisti il razzismo risale a un meccanismo istintivo di difesa. La concezione dell’ipotetica (quanto assurda) razza inferiore nascerebbe addirittura nel paleolitico: per sfamarsi la tribù si divideva in gruppi e quindi l’altro era considerato un intruso da eliminare. Il razzismo si diffuse dal XVII sec. in seguito alle scoperte geografiche e al colonialismo quando si affermò l’idea che il progresso intellettuale e scientifico fosse prerogativa dei bianchi. Nel ‘700 Linneo e Buffon suddivisero i popoli secondo il colore, la dimensione e la forma del corpo, fecero seguito giudizi sul carattere e sul temperamento delle persone. Lo storico G. Mosse, in Il razzismo in Europa: dalle origini all’olocausto, sostiene che alcuni studiosi, basandosi sulle teorie di Darwin, elaborarono la teoria del «razzismo scientifico». In Europa, il razzismo ha assunto una delle sue forme più violente con l’antisemitismo di Hitler e il genocidio del popolo ebraico. Nella società contemporanea, xenofobia e discriminazione possono assumere la forma di avversione verso gli immigrati, ostilità nei confronti degli extracomunitari, intolleranza per coloro che sono percepiti diversi in quanto a religione, cultura, tratti somatici. Auspichiamo un futuro in cui uguaglianza non sia sinonimo di omologazione, bensì di rispetto reciproco, intelligenza e saggezza.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
VENERDÌ 9 MARZO 2012
SCUOLA MEDIA
«PASCOLI» Montepulciano
Il razzismo è ancora tra noi Rapporto dell’Ecri: «Nel nostro Paese aumentano i discorsi xenofobi in politica» L’INTERVISTA
Parla Thorne, ambasciatore Usa in Italia DAVID THORNE attuale ambasciatore degli Usa in Italia è amico di una compagna di classe e lo abbiamo intervistato; è stato molto carino a lavorare con noi. Ambasciatore, dato che negli Stati Uniti avete al governo un Presidente di colore, credete che il razzismo, dopo questo evento, sia diminuito?
«Penso che negli Usa il razzismo sia diminuito, ma non definitivamente vinto. Anche se c’è stato questo calo, è sempre presente. Si può notare con l’ atteggiamento dei cittadini verso Obama. Molti di quelli che non lo hanno appoggiato, alle fondamenta della loro opposizione, hanno il razzismo, perché pur avendo gli stessi ideali, non lo hanno approvato come Presidente». Cosa pensa del razzismo?
IL RAZZISMO è la convinzione che gli uomini siano diversi tra loro a seconda della razza cui appartengono, che vi siano razze superiori alle altre, che le razze inferiori debbano essere discriminate e dominate da quelle superiori. Il razzismo è antico come l’uomo e nel corso della storia la maggior parte dei gruppi etnici ha cercato di imporsi sugli altri. Spesso una presupposta superiorità della propria razza è stata utilizzata come pretesto per interessi economici e politici. Il «razzista» è l’uomo che offende ed aggredisce un altro uomo solo perché lo sente «diverso». Negli altri paesi l’ideologia razzista si è manifestata nel corso della seconda metà dell’’800, in Italia è arrivata con relativo ritardo e, per lo meno all’inizio, in forme meno estreme. È con il diffondersi e l’affermarsi delle discipline etnologiche ed antropologiche che si sviluppò l’attenzione per i popoli «altri», «primitivi», «selvaggi», «incivili», che stimolarono l’interesse dei governi per l’oc-
ticoli e servizi sensazionalistici contribuiscono», secondo l’Ecri, «ad avvelenare un clima già intollerante nei confronti di Rom, immigrati e mussulmani». La Commissione ha inoltre criticato il «pacchetto sicurezza» e altre misure adottate nei confronti degli stranieri e ha invitato «le autorità italiane a porre fine immediatamente e in modo permanente alla politica dei respingimenti». Quest’ultima era stata già criticata ampiamente da un altro organismo di monitoraggio del Consiglio d’Europa.
cupazione dei possedimenti coloniali in Africa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ecri, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, organismo indipendente di monitoraggio del Consiglio d’Europa, «l’uso del discorso razzista e xenofobo in politica» in
NEL DOCUMENTO, che prende in esame la situazione dal 2006 fino a giugno 2011, viene criticato anche il comportamento dei media italiani che, con «ar-
DUE ESPERIENZE MESSE A CONFRONTO: BEN AHMED E MICHELANGELO
Imparare la lingua aiuta l’integrazione
«Credo che questo sia un grave segno di ignoranza del genere umano, che è partito dalla stessa specie e nello stesso modo, modificandosi, ma con qualcosa di simile sempre presente. Questo dimostra che non esistono “razze”, ma culture».
SONO UN RAGAZZO di 13 anni, mi chiamo Ben Ahmed Aladino e vengo dalla Tunisia. Sono venuto in Italia quando avevo 1 anno e ho iniziato ad andare alle elementari a 6 anni. Io, già dal primo mese, ho fatto amicizia con tutti e mi sentivo parte del gruppo, cioè non mi sentivo discriminato e diverso, anche se non parlavo correttamente la lingua e avevo il colore della pelle diverso. Mi sentivo come loro perché in fondo siamo tutti uguali. Quando sono ritornato nel mio paese, non mi sentivo a mio agio, come se avessi subito dei cambiamenti, ma quando ritornavo in Italia mi sentivo felice perché i miei amici si trovavano qui. Io, invece, sono un ragazzo albanese di 12 anni, mi chiamo Michelangelo Kurti e abito in Italia da quando avevo 7 anni. Il primo giorno di scuola mi sono seduto sul banco e sono rimasto zitto per tut-
Come pensa che si dovrebbe combattere il razzismo?
«Credo che il modo migliore sia far convivere uomini, donne, bambini, ragazzi di ogni cultura e religione». Signor Thorne, lei è mai stato discriminato?
«Una volta, quando avevo diciannove anni mi sono arruolato per la guerra in Vietnam. Molti erano contrari alla guerra, e dopo essere rientrato mi guardavano con disprezzo, vedendo non un difensore del Paese ma un assassino».
Italia si starebbe moltiplicando e la situazione sarebbe peggiorata negli ultimi anni.
OGGI SONO 4,6 milioni secondo l’Istat, le persone straniere iscritte al registro dell’anagrafe dei comuni italiani. Si tratta di una cifra destinata a crescere, almeno questo è stato il trend degli ultimi dieci anni: dal 2001 il numero dei residenti stranieri è quasi triplicato. Dobbiamo essere attenti per questi motivi a che l’idea del razzismo non si diffonda nel nostro paese. La scuola può aiutarci in questo !
to il giorno sotto gli occhi curiosi dei miei nuovi compagni. A ricreazione, per due mesi, sono rimasto solitario da una parte del corridoio mentre gli altri compagni mi guardavano, mi prendevano in giro e mi offendevano, perché non parlavo italiano e provenivo da un altro stato. Dopo qualche mese mi sono fatto alcuni amici ma la maggior parte dei miei compagni continuava a prendermi in giro e a considerarmi diverso da loro. Ancora oggi alcune persone, purtroppo, non capiscono che siamo tutti uguali. La nostra esperienza ci ha insegnato che per non essere discriminati la cosa più importante è imparare la lingua della nazione in cui vivi. Per imparare la lingua ci hanno aiutato delle persone esterne alla scuola, quindi, secondo noi la scuola dovrebbe aiutare di più gli stranieri a imparare l’italiano e dovrebbe cancellare tutte le forme di discriminazione e razzismo.
CRONISTI IN CLASSE Scuola media «Giovanni Pascoli» Montepulciano (istituto comprensivo area sud montepulciano). Classe: 2B. Redazione: Bambini Marta, Ben Ahmed Aladine, Casa-
rotti Federico, Fastelli Simone, Fiorini Francesco, Frangiosa Matteo, Gattavecchi Maria, Kurti Michelangelo, Kthella Klevin, Maturi Giulio, Meozzi Niccolò, Migone Vio-
la, Pannevis Sofia, Patrizi Federico, Peruzzi Maria, Souhail Badr, Tonini Sabrina, Zazzeri Gian Marco. Tutor: Marco Rossi Dirigente scolastico: Sandra Santoni
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VENERDÌ 9 MARZO 2012
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SCUOLA MEDIA
«RONCALLI Castellina in Chianti
Le Olimpiadi 2012 a Londra Ventisei sport e 39 discipline in ‘campo’ dal 27 luglio IL MINISTRO Monti dice no alla candidatura di Roma e Londra per la terza volta sarà sede dei Giochi Olimpici. Roma dice no alla candidatura ai Giochi Olimpici e Londra, già sede delle Olimpiadi nel 1908 e nel 1948, batte le altre città pretendenti: Madrid, New York, Mosca, Parigi. Ventisei sono gli sport inseriti nel programma, per un totale di trentanove discipline, i giochi avranno inizio il 27 luglio 2012 e termineranno il 12 agosto 2012. In linea con le precedenti Olimpiadi di Pechino 2008, Londra, al momento della candidatura, ha proposto 28 sport, ma il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ha decretato per l’eliminazione del baseball e del softball dai Giochi del 2012, suggerendo l’inserimento di altre discipline sportive: karate, squash, golf, pattinaggio a rotelle e rugby a 7. Karate e squash sono stati i più votati, ma non sono stati raggiunti i due terzi dei voti necessari per il neoinserimento, invece, per le Olimpiadi del 2016 il CIO ha decretato l’inserimento di golf e
rugby a 7. I Giochi olimpici del 2012 si svolgeranno in nuove sedi e in strutture storiche allestite ad hoc per le competizioni. La maggior parte di queste aree si trova in tre zone all’interno di Greater London: la zona olimpica, la zona del fiume e la zona centrale. A queste macroaree vanno aggiunte altre strutture
limitrofe e non che ospiteranno le competizioni di alcune discipline. In seguito ad alcune osservazioni fatte dal CIO sull’efficienza dei trasporti e dei collegamenti, la Transport for London si è già attivata per il miglioramento di alcune linee metropolitane e ferroviarie; è previsto l’impiego di treni
proiettile per raggiungere in tempi brevissimi le sedi olimpiche e una funivia attraverserà il Tamigi. I finanziamenti necessari per l’allestimento dei Giochi sarà suddiviso secondo le seguenti percentuali: 64%- Governo Centrale, 23%- National Gallery, 13%-Sindaco di Londra e London Development Agency Di seguito l’elenco delle discipline in programma: Atletica leggera, Badminton, Calcio, Canoa/Kayak, Canottaggio, Ciclismo, BMX , Mountain bike, Ciclismo su strada e su pista, Equitazione, Dressage, Salto ad ostacoli, Ginnastica aritstica e ritmica, Trampolino elastico, Hockey su prato, Judo, Lotta stile libero, Lotta greco romana, Tuffi, Nuoto, Nuoto sincronizzato, Pallanuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallavolo, Beach volley, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Taekwondo, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro a segno/volo, Tiro con l’arco, Triathlon, Vela.
DOPING & SPORT
Atleti periodicamente sottoposti ai controlli SAPPIAMO che dagli inizi del 20˚ secolo ha iniziato a diffondersi l’uso di droghe al fine di ottenere prestazioni sportive migliori. La ricerca ossessiva del risultato positivo ad ogni costo, ieri come oggi, viene esasperata da pressioni di tipo economico e ci sono atleti che, pur di emergere, sono disposti a tutto. I farmaci, usciti dall’ambito sanitario, sono entrati nello sport clandestinamente, chi ne fa uso solitamente pensa che i farmaci siano equiparabili ad un qualsiasi bene di consumo e che esista una “soluzione chimica” per tutti i problemi: una pillola per superare le difficoltà della vita, una per dimagrire, una per far crescere i capelli o combattere l’impotenza, e, perché no, una pillola per diventare più forti e per correre più veloci. L’unica morte per doping, avvenuta durante le Olimpiadi, fu ai Giochi di Roma del 1960, nella gara ciclistica su strada. Il danese Knud Enemark Jensen cadde
dalla sua bici e più tardi morì. L’autopsia rivelò che l’atleta aveva assunto anfetamine. I test antidoping furono introdotti dal CIO a partire dai Giochi del 1968 . Il primo atleta, ad essere trovato positivo, fu lo svedese pentatleta Hans-Gunnar Liljenwall, durante le Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Ci rimise la medaglia di bronzo. La squalifica per doping più nota è quella del velocista canadese Ben Johnson, che vinse i 100 metri a Seul nel 1988, ma fu trovato positivo agli steroidi anabolizzanti. Nel 1990 la rilevazione di alcuni documenti denunciò il fatto che molte atlete della Germania Est erano costrette dai propri allenatori e preparatori ad assumere sostanze dopanti. Ad oggi, la battaglia del CIO si è fatta sempre più serrata. Ne è dimostrazione il fatto che alle recenti Olimpiadi invernali di Torino del 2006 un solo atleta è stato trovato positivo al doping.
CRONISTI IN CLASSE Scuola media «Roncalli» di Castellina in Chianti. La redazione: Abbafati Giulia, Tommaso Borghi, Carolina Bruni, Cristian Bruni, Alessandro Carlino, Federico Costagli, El Mahdì El Harchaoui, Duccio Fonta-
na, Flynne Frolich, Amine Khaliss, Renato Komshiu, Alberina Krasniqi, Darya Krauchanka, Amina Laaraj, Sarra Mednini, Francesco Mersi, Andrea Murgese, Kiryl Pabiarezhny, Giovanni Porciatti, Shukri Sa-
diku, Younes Zaouali (Classe III A, scuola secondaria di I grado “A. Roncalli” di Castellina in Chianti). Dirigente Scolastico: Pietro Biagini. Tutor: Alba Spataro.
APPROFONDIMENTO
L’importante non è vincere ma partecipare LE PRIME Olimpiadi, o Giochi Olimpici, ebbero luogo nel 776 a.C. nel tempio di Zeus a Olimpia, nel Peloponneso. Le discipline praticate erano: la corsa, il lancio del disco e del giavellotto, il salto in lungo, il pugilato e la lotta. Gli atleti tutti insieme, qualche settimana prima dell’inizio dei giochi, si preparavano alle competizioni utilizzando le strutture adiacenti allo stadio. Al fine di essere liberi nei movimenti ed essendo le Olimpiadi un’occasione di purificazione, gli atleti disputavano le gare completamente nudi. La manifestazione si svolgeva in estate e durava sette giorni, avveniva ogni quattro anni. Durante questa settimana i conflitti di guerra e le rivalità tra i popoli venivano interrotti e gli atleti giungevano da ogni regione della Grecia per rappresentare la propria città di origine alla manifestazione. I vincitori delle gare non ricevevano nessun premio in denaro ma solo medaglie e l’onore della celebre vittoria. Nel 393 d.C. sotto l’imperatore Teodosio, fervente cristiano, le Olimpiadi furono interrotte e bisognerà attendere il 1896 perché ritornino al loro antico splendore. Grazie alla tenacia di Pierre de Coubertin, un barone francese appassionato di sport, il quale riteneva che la riapertura dei Giochi potesse allontanare le guerre, nel 1896 furono inaugurate le Olimpiadi ad Atene. Da allora le Olimpiadi moderne internazionali si tengono in uno Stato sempre diverso e vi prendono parte più di 6000 atleti. La cerimonia di apertura culmina con l’accensione della fiamma Olimpica in onore degli antichi Greci.
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 13 MARZO 2012
SCUOLA MEDIA
«DI CAMBIO» Colle Val d’Elsa
Libertà conquistata con tanti sacrifici A distanza di 68 anni il ricordo delle vittime dell’eccidio di Montemaggio L’INTERVISTA
‘Resistenti’ di ieri e di oggi IN ATTESA delle prossime celebrazioni per l’anniversario dell’eccidio di Montemaggio, abbiamo intervistato Chiara Vannini ed Elisa Guerrera, due nostre compagne che vi hanno partecipato nel 2011. Come si è svolto l’incontro dei Consigli Comunali Straordinari?
«A questo evento, svoltosi a Colle Val d’Elsa, sono intervenuti il Sindaco del nostro Comune e il Presidente del Consiglio Comunale, il Consiglio Comunale dei Ragazzi e tanti ospiti tra cui Vittorio Meoni. Inoltre, sono stati premiati alcuni nuovi resistenti, cioè delle persone che lottano contro le ingiustizie, per il rispetto dei valori della Costituzione. In particolare ci ha colpito la presenza della figlia di Marcello Torre, sindaco di Pagani, ucciso nel 1980 per la sua opposizione alla criminalità organizzata».
NEL MARZO 2012 è piacevole e rilassante passeggiare sul Montemaggio, nei pressi di Casa Giubileo. Si può godere di una pace rara da trovare nella società di oggi e di bellissimi paesaggi naturali. Potrebbe sembrare strano che questo luogo immerso nella natura sia stato, il 28 marzo del 1944, teatro di una delle più grandi tragedie del nostro territorio. Quella mattina di sessantotto anni fa, in seguito a una soffiata, i militari fascisti arrivarono a Casa Giubileo e venti partigiani, dopo che ebbero cercato di difendersi, furono catturati. Due riuscirono a scappare, due furono subito uccisi; gli altri furono portati poco lontano, in località La Porcareccia: un terzo partigiano, Vittorio Meoni, riuscì a mettersi in salvo, mentre gli altri diciassette furono fucilati sul posto. Quei partigiani erano ragazzi giovani, costretti ad abbandonare la loro casa, a vivere in condizioni di clandestinità lontano dai familiari, a combattere per la libertà del paese e per il bene comune. Se oggi noi riceviamo un’istru-
zione, se ci sentiamo tutelati da una Costituzione che ci garantisce i nostri diritti è anche grazie a persone come loro, persone che non hanno avuto paura di dire no al fascismo, sì alla libertà. Oggi sembra scontato vivere in uno Stato democratico in cui i cittadini possono scegliere i propri rappre-
UN VALORE INESTIMABILE NON SEMPRE GARANTITO
Ma i ragazzi sono veramente liberi? PER NOI RAGAZZI sentirsi liberi significa poter fare le scelte che vogliamo, ad esempio avere la possibilità di praticare lo sport che ci piace, scegliere la scuola superiore da frequentare, soprattutto poter decidere il nostro futuro. L’unico limite alle nostre scelte ce lo impongono i nostri genitori, che ci danno degli orari da rispettare, ci consigliano le compagnie con cui uscire e ci vietano alcune cose, ad esempio possono impedirci di prendere il motorino a 14 anni. A volte sembra che i genitori diventino i protagonisti della nostra vita, ma non è così, dobbiamo ricordarci che tutto ciò che fanno, lo fanno per il nostro bene. Noi ragazzi di oggi abbiamo le libertà fondamentali, soprattutto siamo liberi di pensare e di esprimere le nostre idee. Purtroppo questi diritti
Cosa si prova ad incontrare Vittorio Meoni e ad ascoltare la narrazione della vicenda da parte di chi l’ha vissuta in prima persona?
«Vittorio Meoni è intervenuto rispondendo alle domande dei ragazzi presenti. È stato emozionante incontrare un uomo sopravvissuto all’eccidio. Il messaggio è più chiaro, se a parlare è chi ha ancora il vivido ricordo di quei momenti perché li ha vissuti in prima persona. Grazie alle sue parole, abbiamo capito che è importante lottare per i propri diritti senza aspettare che siano gli altri a farlo. Inoltre, secondo noi, non dobbiamo lasciare che la paura di fallire ci impedisca di tentare».
sentanti. Sembra altrettanto scontato che ogni forma di comunicazione sia libera e rimanga segreta. Sembra ovvio che ci si possa riunire pacificamente, che ci siano la libertà di pensiero, di parola, di stampa, come dice l’articolo 21 della nostra Costituzione. Soprattutto sembra logico che vengano
riconosciuti dallo Stato tutti i diritti dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, come è garantito dall’articolo 2. Dobbiamo però pensare che tanti coraggiosi ragazzi hanno fatto l’onorevole scelta di diventare partigiani, proprio perché molti dei principi che oggi ci sono garantiti erano allora violati. Consapevoli del passato, sentiamo di dover ringraziare gli uomini e le donne che hanno lottato contro la dittatura per costruire la democrazia e che hanno dato a noi la possibilità di vivere in un mondo migliore. Perché la memoria non vada persa, tutti gli anni i Comuni della Valdelsa, che hanno dato i natali alle vittime, commemorano l’eccidio ospitando a turno una riunione straordinaria dei Consigli Comunali e proponendo varie iniziative. In occasione del 68˚ anniversario il Comune di Barberino Val d’Elsa ospiterà i Consigli Comunali Straordinari il prossimo 24 marzo. La celebrazione ufficiale sul Montemaggio si terrà nel pomeriggio del 25 marzo.
non sempre sono stati rispettati in passato e, in alcune parti del mondo, non lo sono ancora oggi. Ci sono, infatti, alcuni paesi che non seguono i principi della democrazia, altri molto poveri in cui le persone sono ridotte a vivere in una sorta di schiavitù. Ci sono bambini e ragazzi costretti a lavorare in condizioni pessime per pochi soldi, bambini e ragazzi che vengono maltrattati e addirittura venduti come fossero merci. Loro, certamente, non sono liberi di scegliere il futuro come noi. Dobbiamo quindi apprezzare la nostra libertà e non dimenticare le persone che ancora oggi non sono libere. Ci vengono in mente le parole scritte da Nelson Mandela nella sua autobiografia: «libertà non è soltanto spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere la libertà degli altri».
CRONISTI IN CLASSE Scuola Media “Arnolfo di Cambio” – Colle Val d’Elsa. Classe: 3 G. Redazione: Baldisserotto Filippo, Berti Vittoria, Caiazzo Mattia, Campino Raffaele, Cancelli Iona, Capo-
raso Melanie, D’Antonio Andrea, Garouache Zakariya, Grassi Francesco, Guerrera Elisa, Niang Gnima Fatou, Pianigiani Alessandro, Rum Marzia, Sorce Irene, Sorren-
tino Francesco, Tini Francesca, Toth Mihai, Vannini Alessandro, Vannini Chiara, Ziouti Zakaria Tutor: Serena Storion. Dirigente scolastico: Monica Martinucci
CAMPIONATO GIORNALISMO
MARTEDÌ 13 MARZO 2012
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SCUOLA MEDIA
«RICASOLI» Gaiole in Chianti
Pettegolezzi più veloci della luce Parlare e sparlare degli altri è la pratica preferita della specie umana VI È MAI CAPITATO di giocare al telefono senza fili? Sicuramente si. Inizia uno, dicendo all’orecchio del suo vicino una frase e poi si forma una catena fino a che l’ultimo ripeterà ad alta voce la stessa frase. Raramente il gioco funziona, e l’ultimo finisce per storpiare, con effetti talvolta comici, il senso di ciò che era stato detto all’inizio. Tutto ciò succede anche con i pettegolezzi, le maldicenze, le calunnie più o meno grandi che si sentono dire. «Sai, quel ragazzo si è ferito leggermente ad una mano giocando, ma niente di grave»; questa prima versione, modificata e adattata nel passaggio di bocca in bocca, ben presto diventa: «Sai, quel ragazzo si è ferito gravemente giocando, ed ora è in ospedale». Alla fine, dopo qualche altro passaggio di consegna, per quel ragazzo non c’è più niente da fare. Esagerazioni, dite voi? No, soprattutto per chi, come noi, vive in un paese piccolo, in cui tutti si conoscono ed in cui il privato delle persone è al centro dell’interesse e suscita costante curiosità.
La nostra bocca può diventare un’arma affilata come un coltello, se non utilizzata nel modo giusto. Si, perché una chiacchera, buttata lì senza nemmeno troppa coscienza, può realmente risultare offensiva e dolorosa. Riflettendo in classe sull’argomento ci siamo chiesti cosa ali-
menti questo meccanismo del pettegolezzo, non solo nei paesi, ma anche nelle comunità più grandi ed allargate. Forse è il gusto di conoscere cose che dovrebbero rimanere segrete, forse il semplice piacere di trovarsi al centro dell’attenzione di altri che, in quel preciso momento, mossi dalla curiosi-
tà, pendono dalle nostre labbra. Fatto sta che ogni volta non ci rendiamo conto di quanto dispiacere quelle parole, leggere come piume ma taglienti come spade, possano generare. Tutto ciò può diventare una vera e propria dipendenza; c’è chi si ritrova a giurare il falso pur di ricevere attenzione. Questo scambio di informazioni, all’interno di un gruppo sociale, diventa addirittura una forma di controllo, perché modifica ed influenza i comportamenti di coloro che di quel gruppo fanno parte. Un altro aspetto totalmente negativo è che, attraverso questa continua modificazione della realtà, si perde il contatto con i fatti; non sappiamo più se un’azione sia realmente avvenuta o sia stata irrimediabilmente variata da chi l’ha raccontata. «La calunnia – diceva il poeta – è un venticello», che però si trasforma ben presto in una tempesta, investendo tutto e tutti. Sarebbe meglio, forse, rispettare il senso di verità delle cose e soprattutto le persone che sono oggetto dei nostri pettegolezzi.
RIFLESSIONI 1 - IL PESO SPECIFICO DELLE PAROLE
Cosa succede quando s’ingigantisce un fatto «NON PUOI immaginare dove ero e cosa è successo ieri sera!» Ecco una frase tipica della ragazza o del ragazzo che si vanta con gli amici per la serata appena trascorsa. Sei stata al ristorante? No. In discoteca? Macché, meglio, molto meglio! E allora dove, nella residenza estiva dei reali d’Inghilterra? Esatto. Ci devo credere? Te lo assicuro. E’ la stessa cosa che accade quando qualcuno, dopo aver bevuto un innocuo boccale di birra, fa credere agli altri di essere completamente ubriaco per sentirsi, ancora una volta, al centro dell’attenzione generale. Arrampicarsi su una collina si trasforma nell’avventurosa scalata del monte Everest, percorrere qualche centinaio di metri a piedi diventa una maratona nel deserto del Sahara. La fantasia, talvolta, non ha freni: pur di farsi belli con gli amici alcuni sa-
rebbero pronti a giurare di aver avuto rapporti ravvicinati anche con il Principe della favola di Biancaneve. Noi ci chiediamo: cosa succederebbe se si prendessero per vere tutte le cose che, di nostra spontanea volontà, decidiamo di raccontare agli altri esagerando? Come minimo ci sarebbero milioni di italiani che hanno fatto l’amore con Belen e altrettanti che possiedono un enorme patrimonio in banca. Molto spesso, però, come noi stessi ben sappiamo, la realtà delle cose è molto diversa. E allora basta col costruirci il nostro palcoscenico personale, fatto di bugie e di affermazioni esagerate. Meglio vivere la realtà così come viene; in questo modo forse anche le nostre azioni più normali e quotidiane potranno trasformarsi in piccoli gesti «eroici» da raccontare agli altri.
CRONISTI IN CLASSE Scuola media “B. Ricasoli” – Gaiole (Ist. comprensivo Cast.B.ga). Classi: 2 a e 3a. Redazione: 2A: Baldi Emanuele, Catinari Camilla, Centri Margherita, Chiantini Niccolò, Cioni Francesca, Joshi Karisma, Mahjibi Chedi, Mangiameli Francesco, Matassini Enrico, Migliorini Giulio, Mori Gioia, Napolitano Fabio, Nepi Samuel, Orlandi-
ni Marco, Pacelli Cristina, Pagni Samuele, Pasquini Noemi, Rago Enza, Rizzo Giacomo, Santoro Alessandra, Selvolini Maddalena, Seminara Nicolò, Tagliatela Luigi. 3A: Baldi Andrea, Bellucci Chiara, Bianchi Mattia, Bruno Jessica, Cavaciocchi Gaia, Doganieri Gabriele, Fabiani Francesco, Fernicola Lucia, Lapis Niccolò, Manganelli
Valentina, Mugnaini Damiano, Osmenaj Fjorentin, Pagni Selene, Posticci Alessia, Qaja Selvir, Romeo Giulia Azzurra, Ruffoli Samuele, Samih Lehcen, Selmani Muhamedin, Trevisan Lorenzo, Vannoni Luca, Vinci Alessandra. Tutor: Andrea Sguerri. Dirigente scolastico: Luciana Lucioli
RIFLESSIONI 2
Nuovi spazi per poter dialogare FIN DAI TEMPI antichi lo scambio di informazioni sui vari aspetti della società aveva un luogo prestabilito. Nell’antica Grecia l’agorà rappresentava il centro del commercio ma anche un’occasione per comunicare, scambiarsi opinioni e, perché no, anche pettegolezzi. Più avanti, nel Medioevo, erano le piazze ed i sagrati delle chiese a risuonare delle parole dei cittadini. Poi è toccato ai salotti, delle corti prima e della borghesia poi, fare da contorno a conversazioni di ogni genere. Anche i nostri nonni e i nostri genitori hanno avuto luoghi precisi dove scambiarsi una confidenza; a chi non è mai successo di trovarsi nel bel mezzo di un pettegolezzo dal parrucchiere? O a un bar, davanti ad una bibita o a uno stuzzichino? Da un po’ di tempo, oltre a questi spazi concreti e ben definiti, esistono anche delle «piazze virtuali», alle quali in moltissimi possono accedere. Ci riferiamo, ovviamente, a internet, ed in particolare ai forum, alle chat e ai social network, in cui ciascuno può commentare o diffondere le informazioni di coloro che sono nella sua lista di “amici”. In questi siti, il pettegolezzo corre veloce come il vento, perché riesce ad arrivare dove la semplice chiacchera non arriverebbe mai, ed in minor tempo. A volte tutto ciò serve ad avere consigli e sostegno, ma forse così si perde anche l’unica cosa che rimaneva positiva nel pettegolezzo: la comunicazione reale tra le persone.