••
8
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 1 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Motto Viareggio
Localizziamoci: Non sei di Viareggio se... Breve guida a luoghi e abitudini irrinunciabili di una città davvero particolare CONCLUSIONI
Considerazioni finali alla rinfusa QUI SI AMA lo sport , ma in particolare l’Hockey che è proprio difficile per la coordinazione, ma è creativo e tattico. Nell’hockey la difesa è il migliore attacco perché sono proprio i difensori che rilanciano il contropiede e iniziano l’azione offensiva. A Viareggio è una grande realtà , ogni partita riempie il Palabarsacchi perché il Cgc milita in serie A con grandi campioni , ma anche Andrea Facchini ha condotto la propria squadra alla promozione dalla B alla A2. Anche il ciclismo qui è molto amato. I ciclisti versiliesi hanno la fortuna di poter percorrere strade belle e adrenaliniche con salite e discese emozionanti. Da non dimenticare il fisico, noi siamo salmastrosi e prestanti ! QUI SI AMA il buon cibo: la pasta alle cicale , ai coltellacci (quando il mare li stracca), alle arselle, il cacciucco , i ciortoni , le ‘ceche’, ma son vietate, il fritto di mare i castagnacci con la ricotta, il gelato di Nilo’s, i bomboloni del Gatto Nero, i panini di Adone , le bombe della Fauzia, la pizza di Athos . Qui si ama Puccini , la poeticità delle nostre zone lo ispirò, la bellezza dei dettagli, il clima dolce e mite, la calma opposta alla sua irrequietezza, la divina solitudine dei canneti e delle colline , pura arte del nostro paesaggio. Qui si ama ‘La bimba che aspetta’, statua dolce e misteriosa del nostro Cimitero, raffigura la piccola Paolina divenuta di pietra per il dolore, sugli scalini dell’edicola che ancora oggi è meta di ogni viareggino. Il gran finale è: «Non sei di Viareggio se non sei un po’ poeta e marinaio…»
là del molo, non ti immergi nella Passeggiata e non fai le “vasche” su e giù: generazioni di ragazzi si sono incontrati su questo viale a mare dove Egisto Malfatti cercò all’infinito la sua giovinezza perduta, dove i palazzi liberty fanno ancora mostra di sé e ricordano la nascita di una bella città sperimentale dopo la Grande guerra, dove guglie, decorazioni, formelle, tondi, fiori, riccioli e scaglie colorate di Galileo Chini si fanno ancora ammirare .
LOCALIZZIAMOCI. Ovvero «Non sei di Viareggio se…» non conosci … quella bella frase a caratteri cubitali che sembra guardarci dal moletto ovvero ‘Viareggio in te son nato in te spero morire ’, una dedica d’amore di Tobino alla sua e nostra città, parole che sgorgano dal mare. E’ MERAVIGLIOSO per noi stare lì, in mezzo agli scogli, ammirare l’acqua che è limpida e fresca con l’onda bassa che si infrange sulla riva straccando le conchiglie di ogni forma e sentirci fortemente viareggini. Essere viareggino è una materia che non si può insegnare a scuola, in un’epoca globale, poi, figuriamoci, ma la viaregginità ha dei tratti distintivi che meritano l’attenzione di giovani giornalisti delle «Motto». Se avverti lo strillo dei gabbiani che annunciano il rientro dei pescherecci al porto, se guardi l’orizzonte mentre gli ultimi raggi del sole creano uno spettacolare gioco di colori prima di tramontare, riempiendo il mare di sfumature arancioni rosa e rosse, ecco che le parole dello scrittore le capisci fin
ORGOGLIO La scritta sul molo di levante ispirata a Tobino
da subito . Il Molo fa parte del vivere del viareggino, è l’inizio e insieme il suo traguardo di vita. «Vado un po’ sul molo, che è meglio». Quante volte questa frase è passata di bocca in bocca perché ha un preciso e profondo significato: in quel luogo si scaccia ogni pensiero negativo dalla mente. Per completare l’effetto occorrebbe una
giornata di libeccio che è il nostro vento così forte da spazzolare la rena, infilarsi tra i bagni , portare la sabbia sulle aiuole ,scuotere perfino la pineta; Tobino stesso lo amava e scriveva “…i viareggini – quelli che non hanno gente in mare — se lo godono… perché quella è la grandiosità della natura.” Non sei di Viareggio se poi , al di
NON SEI DI VIAREGGIO se non passi ogni tanto dalla Torre Matilde antica e imponente, avamposto lucchese, fatta di bozze di pietra squadrata, cinquecentesco castello del mare, campanile, orologio pubblico e infine carcere-bagno dei forzati, ma simbolo del nostro borgo originario. Guarda ancora il Burlamacca che è poi la Fossa del Selice. Ancora oggi a noi ragazzi dà un senso di sicurezza, perché è bella tosta. All’apparenza e solo all’apparenza può sembrare bruttoccia ecco se vi appare così, ci dispiace , non siete un viareggino !
LOCALIZZIAMOCI LA RICERCA DELLO SVAGO, D’ESTATE E D’INVERNO, E’ UN NOSTRO MITO
Il mare e il Carnevale, due idee guida I VIAREGGINI, per svagarsi sono mitici. Partiamo dall’inizio, ovvero dallo scoppio del cannone e ‘Viva il carnevale’. Cos’è? Cos’è? Basta dire che è la festa, è l’allegria allo stato puro, è l’evento: migliaia di persone vengono a trovarci, si mascherano, sfilano, ridono, ballano, impazziscono con noi che siamo tutti in passeggiata dietro i carri e ci sentiamo matti, matti, matti. Il nostro Filippo Galli, nipote del grande Arnaldo, ricorda come il nonno abbia vissuto nei baracconi fin da bimbetto strappando giornali e giornali per la cartapesta, poi operaio nei cantieri, fabbro, falegname fino a carrista. E’ orgoglioso Arnaldo di aver imparato tutto da solo e non all’Accademia, innovando, sperimentando un’arte povera, ma spettacolare. Ecco, non sei di Viareggio se non realizzi queste idee magnifiche e se non vivi queste emozioni che sono uniche. OPERA La “Bimba che aspetta”: una scultura amata
OLTRE AL CARNEVALE i viareggini si svagano
molto anche nel resto dell’anno, d’estate il viareggino rifiorisce, tutti al mare! Gli stabilimenti balneari sono antichi e tra i più belli d’Italia , risalgono al 1850 come centri di cura, costruiti su palafitte , scendevano verso l’acqua con gli scalini da lì i tanti che non sapevano nuotare , si aggrappavano a robuste corde marinare e potevano bagnarsi! Il Nettuno fu il primo bagno che concesse l’ingresso unico a uomini e donne, ancora oggi si affaccia sulla passeggiata, ma un tempo al posto dell’asfalto c’era la rena .Ines e Matteo che sono figli di bagnini, sono un po’ preoccupati per le famose liberalizzazioni , perché lavorano sul mare da decenni e incrociano le dita. Dopo i tuffi e il sole, il viareggino si rinfresca in Pineta che per noi è davvero uno svago senza fine, è bellissima, anzi stupenda, un po’ trascurata, ma è libera, va in tutte le direzioni, ci sono i sentieri o le oasi , è il cuore di Viareggio , ce lo hanno confermato tutti , viva i pinugliori !
LA REDAZIONE La pagina è stata realizzata dagli studenti di III G scuola media Motto di Viareggio: Mattia Bellardo, Virginia Bertelli , Rebecca Bini, Gianmarco Cordoni,Sofia Del Carlo ,Alessia Frediani , Filippo Gal-
li, Ines Goldoni , Luca Guidotti ,Steven Lomi,Matteo Marcucci , Greta Monti ,Filippo Morganti , Elena Nevetti ,Barbara Noviello , Davide Pedonesi , Ettore Pezzini, Francesca Pucci, Emma Puglisi ,Alex
Raffaelli, Gabriele Romanini , Lorenzo Sangiuliano , Michelangelo Taglioli , Giacomo Tomei , Melissa Vannucchi . Insegnante tutor Marna Taccola, Dirigente Angela Gadducci
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 1 FEBBRAIO 2012
9
Scuola media
Gragnani Torre del Lago
Ricordare è utile per crescere Nuove prospettive artistiche dell’«Eden» tanto caro a Giacomo Puccini UN’ARENA di 3370 posti e un auditorium di 495 posti hanno permesso di ampliare l’offerta culturale del Fesival Pucciniano ed anche di altri spettacoli, manifestazioni, concerti di artisti italiani e stranieri che si tengono nel periodo estivo e che in genere, si concentrano nei due mesi di luglio ed agosto. Questo teatro è il fiore all’occhiello di Torre del Lago perché è unico nel suo genere: una grande struttura proprio nei luoghi che hanno ispirato il Maestro. Si colloca infatti all’interno di una vasta area di oltre 245.000 mq, delimitata a nord e ad est dalle acque del bacino lacustre di Massaciuccoli, a sud dal Piazzale Belvedere – dove si affaccia anche Villa Puccini – e ad ovest dall’abitato di Torre del Lago.
SUL LAGO Il nuovo teatro lirico dedicato a Puccini
LA STORIA: E’ proprio lì dove oggi si trova questo grande teatro che nacque tutto. Da una baracca, a cavallo tra ‘800 e ‘900, prese vita il Club della Bohème, il primo circolo artistico viareggino che, attorno alla carismatica figura di Giacomo Puccini, riuniva un manipolo di pittori operanti in Toscana, da Pagni a Viani, da No-
mellini a Chini e che, nei decenni seguenti, contribuirono allo sviluppo artistico-culturale della Versilia. Viareggio si avviava così a diventare quella fucina di idee che ebbe negli anni ’20 e ’30 del Novecento il suo momenti di massimo splendore. Allora, perché non trasformare il teatro da struttura legata quasi essenzialmente
vengano a diretto contatto con la creazione artistica e possano quindi apprendere i rudimenti base delle diverse tecniche mediante corsi di scultura, di pittura, di musica, ballo, ecc. Promuovere un calendario mensile di eventi per diffondere le moderne forme d’arte e dare spazio ai giovani artisti emergenti. Sviluppare collaborazioni continuative con gruppi, associazioni e collettivi impegnati a promuovere l’arte e con manifestazioni come il recente BoomArt Festival. Sarebbe bello che si potesse realizzare tutto questo, secondo noi, perché porterebbe due grandi vantaggi: uno ai giovani, che avrebbero possibilità di esprimersi e di farsi conoscere e uno al territorio, che potrebbe così ampliare la propria offerta turistica anche nei mesi invernali.
all’opera pucciniana in un centro vitale, di dibattito, di sviluppo e promozione culturale ed artistica che abbracci molteplici forme d’espressione, da quelle classiche a quelle moderne? COME FARE? Ecco le nostre idee: organizzare dei laboratori rivolti a ragazzi di varie età affinché
CONCLUDIAMO il nostro pensiero dicendo che ci piacerebbe che ci fosse anche un’apertura maggiore verso le scuole e quindi verso i ragazzi come noi, che cominciamo a muovere i primi passi verso l’espressività, magari nel campo della musica, studiando uno strumento o approfondendo la vita e le opere di un artista.
AMBIENTE IL LAGO, CON LA SUA RETE DI CANALI, E’ RICCO DI SPECIE INTERESSANTI
Un habitat naturale da scoprire: il padule IL TERMINE dialettale “padule” indica la zona palustre intorno al Lago di Massaciuccoli. Quest’ ultimo si è formato grazie ad un arretramento del mare ed in seguito si è trasformato in un dolce-acquifero per l’afflusso di corsi d’acqua provenienti da una collina. La vegetazione è prevalentemente fatta di canneti e falaschi, lunghe distese interrotte da fossati in cui trovano riparo molte specie di uccelli. Crescono però anche piante meno comuni come la ninfea. DA OSSERVARE con attenzione sono gli sfagni, piante fredde che si sono insediate qui durante l’era glaciale, che riescono a catturare piccoli insetti per nutrirsi. Gli alberi non sono molto numerosi e sono graditi dagli uccelli per il rifugio. Nell’acqua sono presenti anche alcune piante idrofite dif-
ficilmente osservabili. Oltre ai pesci più comuni vi si trovano anche, più raramente, specie adatte all’ambiente salmastro ed altre che vi sono state introdotte dall’uomo. Soprattutto gli uccelli hanno caratterizzato il lago e lo hanno reso famoso. Molto consistente è la presenza di anatre, che in primavera si riuniscono qui in grande quantità. Notevole è la presenza delle folaghe durante l’ inverno. Importante è il falco di palude, piuttosto raro in Italia, qui nidificante con alcune coppie e il tarabuso, airone timido e raro, di cui si riconosce la presenza per il caratteristico verso proveniente dal fitto canneto. FORSE NON TUTTI sanno che esiste l’Oasi Lipu, che organizza un percorso interessante per approfondire la conoscenza dell’avifauna e le problematiche legate all’invasione del gambero killer.
PUCCINI Un nostro ritratto del compositore
LA REDAZIONE Scuola Media “R. Gragnani”. Classe III D: Bernini Derna, Cacciola Bartolomeo, Carmazzi Elena, Ceragioli Ilenia, Chiarini Gianmarco, Ciani Rebecca, Coluccini Adam, De Pietro Alessandro, Dello Margio
Simone, Ferrari Aurora, Galli Valentina, Giuli Federica, Gragnani Giada, Iovino Leonardo, Latini Noemy, Mei Elisa, Moda Cristina, Monaca Dahlia, Panconi Chiara, Passaglia Davide, Pedonese Gioele, Pellitteri
Marco, Picchi Andrea, Puccinelli Sebastiano, Reale Francesca, Trogi Lorenzo. Insegnante tutor: Professoressa Vanna Murri. Dirigente Scolastico: dottor Claudio Franciosi.
RIFLESSIONI
Nella frazione tanti giovani e poco ascolto TORRE DEL LAGO, questo piccolo paese, poco valorizzato, non dispone di spazi di aggregazione per i giovani e di occasioni di socializzazione. Ci troviamo sul Lago o in Piazzetta, ma sono veramente punti di ritrovo? I ragazzi sono costretti a trasferirsi a Viareggio, durante la stagione invernale, in Passeggiata e in via Battisti, dove ci sono maggiori opportunità di stare insieme. Anche i giovani viareggini non vengono a Torre del Lago se non per andare a casa di amici, ma mai per andare in un luogo preciso. La nostra cittadina viene derisa dalle persone, anche del paese stesso: “E’ brutto! che ci vai a fare, tanto non c’è nulla!”. C’è il Polivalente ma è frequentato da ragazzi di un’età media di 11-12 anni e, avendo un campo da calcetto, gruppi di ragazzi si ritrovano lì ogni tanto per una partita. Durante l’inverno si svuota come se andasse in letargo fino a giugno per riprendere poi vita. Durante l’estate, invece, Torre del Lago è viva e piena di ragazzi provenienti da diverse città e il turismo è concentrato, considerando anche il fatto che spiagge belle così a Viareggio non ci sono. SI RIBALTA totalmente la situazione la sera: Brik a Brak, Mamamia, Stupida, Frau e altri locali. Si accende di vita giorno e notte. Vengono organizzati eventi, come ad esempio lo schiuma-party, ed alcuni stabilimenti balnerari organizzano serate a tema. Il futuro di Torre del Lago siamo noi eppure sembra che non importi, è fatta solo di bar e circoli per anziani, lasciando letteralmente fuori i giovani.
••
••
8
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Viani Viareggio
Il grande spettacolo dei carri Viareggio e il Carnevale: intervista al costruttore Umberto Cinquini CARNEVALE
Vivere la festa con gli occhi dei ragazzi C’È FERMENTO in città, Viareggio si trasforma: la barca con Burlamacco e Ondina ormeggia sulla spiaggia di fronte a piazza Mazzini. Porta un carico speciale a cui nessuno può rinunciare: allegria, scherzi, spensieratezza. Burlamacco e la sua Ondina scendono tra la folla festosa, camminano fino al centro della piazza dove, sulle note della canzone “Sulla coppa di champagne”, viene issata la bandiera di Re Carnevale. E’ IL MOMENTO che noi ragazzi attendiamo con ansia: finalmente “caliamo la maschera”, perché Viareggio per un mese si trasforma e ci trasforma. Coriandoli, stelle filanti e schiuma colorata sono le nostre “armi”: più ne lanci e più ne ricevi, in un gioco senza fine. Il nostro divertimento più grande è spruzzare stelle filanti a persone sconosciute: sapere che in questo periodo dell’anno “ogni scherzo vale” ci fa sentire liberi, leggeri e padroni della città. Perfino gli adulti, come per magia, ritornano bambini, e insieme ai loro figli si ritrovano a giocare ai rioni, condividono con loro i sogni e gli entusiasmi dell’infanzia. Pesce fritto, tordelli e cacciucco riempiono le strade rionali dei sapori viareggini. POI, l’ammaina – bandiera e l’ultimo fuoco d’artificio dichiarano la chiusura dell’evento più divertente dell’anno. I coriandoli sui viali a mare, sollevati dal vento, e i carri che rientrano silenziosi, ci trasmettono malinconia, ricordando il Carnevale appena passato.
rienza quotidiana».
NATO nel 1873 e famoso in tutto il mondo, il carnevale di Viareggio attira ancora oggi migliaia di turisti. Le strutture in cartapesta, organizzate in 6 corsi, sfilano sulla Passeggiata a Mare della città con movimenti complessi: quindi si sfidano in concorso e vengono valutate da una giuria che stabilisce una classifica per ogni categoria.
I CARRI sono costruiti dai carristi, che suddividono il lavoro in fasi. Innanzitutto disegnano il bozzetto del carro, e lo presentano alla Commissione. Se viene accettato, procedono con la costruzione delle strutture portanti che sorreggeranno i mascheroni. Quindi realizzano gli stampi dei soggetti, li colorano e li montano su una struttura di ferro tubolare. Il carro è pronto per sfilare. Ogni carro ha un proprio significato, che va dalla satira politica al rispetto dell’ambiente o degli animali: per renderlo più spettacolare, ogni carrista ne cura anche le musiche e le coreografie.Riportiamo la nostra intervista al carrista Umberto Cinquini, fratello di Stefano Cinquini. Quanto ci vuole per costruire un carro?
«Dai 2 ai 3 mesi».
Quanto ci vuole per realizzare un bozzetto?
«Se si ha subito l’idea la realizzazione è veloce, altrimenti occorre almeno una settimana». I bozzetti vengono modificati durante la realizzazione del carro?
«Sì, se troviamo un’ idea più adatta al tema».
I bozzetti vengono sempre accettati?
«Solo se piacciono alla giuria, altrimenti è necessario rifarli. Qual è stato il tuo carro più bello?
«L’ultimo, perché negli altri trovo sempre qualcosa che avrei potuto migliorare». Cosa si prova quando si vince?
I carri, l’attrazione principale del corso mascherato Da cosa deriva l’ispirazione per il soggetto?
«Dalla realtà che ci circonda». Da cosa deriva la passione per i carri?
«Dalle esperienze d’infanzia, ma soprattutto da ciò che senti dentro». Qual è la tua opinione sugli altri carri?
«Non do mai opinioni sugli altri carri: penso solo a fare bene il mio». Ti diverti nel fare il tuo lavoro?
«Sì, ma è un lavoro che richiede sacrifici e lavoro di squadra». Hai fatto una scuola specifica? «Ho fatto l’ istituto d’arte, ma per imparare veramente serve l’espe-
«Soddisfazione nel sapere che il tuo duro lavoro è stato ripagato con una vittoria». C’è un rapporto di rivalità o di amicizia con gli altri carristi?
«La rivalità c’è di sicuro, perché tutti abbiamo voglia di vincere».
Cosa è cambiato nel Carnevale?
«E’ rimasto lo stesso di sempre, ma al passo coi tempi».
LA STORIA NACQUE NEL LONTANO 1873. E’ RIMASTA LA STESSA VOGLIA DI DIVERTIRSI
Maschere di ieri, maschere di oggi
Burlamacco nasce nel ’900 ma il nostro Carnevale è più antico
FEBBRAIO 1873. Un gruppo di giovani della Viareggio bene organizza qualcosa di insolito: una sfilata di carrozze addobbate lungo la via Regia. Nasce il Carnevale. Questa la data ufficiale: ma già all’inizio dell’800 si trovano tracce di una festa, meno aristocratica, cui partecipava il popolo in Via Regia e nella Piazza del Vecchio Mercato. Carnevale più povero ma genuino, fatto dei due elementi principali della manifestazione di oggi: allegria e partecipazione. I carri agricoli di quella festa contadina erano bordati con drappi colorati e trainati da buoi: percorrevano le vie del centro, carichi di giovani mascherati che cantavano e bevevano nell’allegria generale. Poi, i buoi vengono sostituiti dai trattori a motore, quindi da macchine radiocomandate nascoste sotto la struttura del carro. I confetti lanciati ai passanti lasciano il posto ai coriandoli. Ma l’evento più importante avviene nel 1925: i carri allegorici, prima costruiti in legno da abili car-
pentieri e dai fabbri dell’allora nascente industria navale, vengono realizzati in cartapesta, diventando più leggeri e mobili, più spettacolari, e regalano celebrità nazionale e mondiale alla manifestazione viareggina. MOTIVO portante di ieri e di oggi, la voglia di sbeffeggiare e di scherzare. Bersaglio dei carri, e ancor più delle mascherate, personaggi locali noti, ma anche rappresentanti della classe politica nazionale e internazionale: sindaci con zucche marce al posto della testa, assessori all’istruzione con orecchie d’asino: la satira investe impietosa il malcostume della vita italiana sfogando i malumori popolari. Nel corso del tempo, però, sono cambiate le paure: dalla guerra e la fame si è passati alla disoccupazione e allo spread. Invariata la voglia d’evasione, invece: “Diamo al libeccio pensieri e noia: la vita è bella, la vita è gioia…”
LA REDAZIONE QUESTI giovani autori della pagina: Anghel Adelina Maria, Antongiovanni Andrea, Balzani Sahara, Capitani Saverio, Celli Matteo, Cerù Eleonora, D’Alessandro Stefano, Fantoni Filippo, Fazzini Filip-
po, Felaco Alice, Giannecchini Laura, Huidiu Lorenzo Davide, Masoni Olga, Pardini Nur, Pezzini Martina, Richetta Mattia, Rigione Noelia, Rizzo Chiara, Sborgi Davide, Sclavi Sara, Sclavi Serena, Vanni Emanue-
le, Vigorito Michele, Vrabii Mihail. Il docente tutor à la professoressa Silvia Alderigi. Il dirigente scolastico della media Viani è la dottoressa Primetta Bertolozzi.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012
9
Scuola media
Enrico Pea Marzocchino
Ecco a voi la globalizzazione Dal mondialismo al locale: una ricetta per superare la crisi MADE IN THAILANDIA, made in Turkey, made in Bangladesh e via dicendo: provate a controllare le etichette di quello che avete indosso. Noi l’abbiamo fatto e il risultato è stato un giro del mondo in… 80 indumenti, compresa una felpa di nota marca americana, che risultava esser stata prodotta in Cina. Signore e signori, questa è la globalizzazione! La globalizzazione (o mondializzazione) consiste nello scambio sempre più intenso di prodotti e capitali tra i paesi della Terra, collegati tra di loro come le maglie di una rete. Possiamo collocarne idealmente gli inizi al 1989, anno in cui la caduta del muro di Berlino ha segnato la fine del sistema economico socialista e l’affermarsi di quello capitalista. LA PRESENZA di un solo modello economico ha avuto il positivo effetto di incrementare il commercio e la circolazione del denaro; nella globalizzazione hanno giocato un ruolo decisivo anche l’abbassamento dei costi e dei tempi di trasporto di merci e persone e lo sviluppo delle comunicazio-
nei paesi, dove non ci sono leggi severe, inquinamento, contaminando i fiumi e alterando il paesaggio naturale.
Sulla globalizzazione gli alunni hanno realizzato una vignetta
ni. Internet, in particolare, ha rappresentato in questo campo una grande rivoluzione, perché ha permesso di entrare in contatto tra di loro a persone geograficamente anche molto distanti. La crescita di un’economia globale ha però favorito soprattutto le multinazionali. Si tratta di grandi imprese che hanno la sede centra-
le, dove vengono prese le decisioni e raccolti i profitti, nei paesi industrializzati e le fabbriche e le filiali commerciali negli altri paesi, in particolare in quelli nei quali non sono presenti tutele sindacali, i lavoratori si accontentano di stipendi bassi oppure il sottosuolo è ricco di risorse minerarie. Le multinazionali portano inoltre
LA GLOBALIZZAZIONE ha influenzato non sempre positivamente anche la sfera culturale. La circolazione di persone, idee e informazioni, sta infatti creando una cultura comune, dominata dai modelli di vita occidentali (in particolare statunitensi). Soprattutto oggi la globalizzazione non pare essere in grado di rispondere alla profonda crisi economica che attraversa molte aree del mondo. Forse la risposta ai tanti problemi, che stanno toccando anche le nostre famiglie, va cercata in un’altra direzione. Senza rinunciare agli aspetti positivi del “villaggio globale”, dovremmo recuperare le nostre produzioni tradizionali, il nostro artigianato, la nostra agricoltura. Dovremmo avere il coraggio di riscoprire il locale, il “fatto a mano”, la filiera corta. Ne usciremmo senz’altro più ricchi e non solo economicamente.
ALLA RISCOPERTA DEI PRODOTTI A CHILOMETRI ZERO PER LA NOSTRA SALUTE E LA NOSTRA ECONOMIA
Mercato contadino, iniziativa da valorizzare PIACEVOLE e istruttiva è stata la visita al “mercato contadino”, organizzato ogni martedì a Querceta dalla Confederazione Italiana Agricoltori, con la partecipazione di aziende versiliesi produttrici di olio, vino, miele, frutta, verdura, fiori, salumi e formaggi. Gli agricoltori ci hanno spiegato le tecniche di lavorazione, basate su metodi naturali senza ricorrere a sostanze chimiche e a permanenze nelle celle frigorifere per aumentare il tempo di conservazione. Con curiosità abbiamo ascoltato una signora che prepara saponi e profumi utilizzando fiori ed erbe lavorati in modo semplice, come facevano una volta nei paesi della Versilia.
I RESPONSABILI dell’organizzazione ci hanno ilLa frutta di stagione: una merenda a km zero
lustrato i vantaggi dell’agricoltura biologica: prodotti freschi e genuini, prezzi contenuti, riscoperta di ali-
menti tradizionali, rispetto dell’ambiente, concrete possibilità di lavoro.
IL MERCATO contadino si svolge anche a Pietrasanta e a Forte dei Marmi con una partecipazione della gente in continuo aumento, che rappresenta un segnale positivo considerando il forte condizionamento della pubblicità, promossa dalla grande distribuzione, sulle abitudini a tavola della maggior parte dei consumatori. La nostra visita si è conclusa con un “sostanzioso” assaggio dei prodotti che ci ha fatto apprezzare sapori e profumi, che, invece, non si trovano in quelli delle grandi catene alimentari, quotidianamente presenti sulle tavole e nei frigoriferi delle nostre case. In sintesi, una vera e propria lezione teorica e pratica sull’agricoltura biologica e sull’importanza di un’alimentazione sana e corretta.
LA REDAZIONE Questi i nomi dei ragazzi che hanno realizzato la pagina. Virginia Bazzichi, Stefano Binelli, Diego Buselli, Caterina Cagnoni, Davide Capovani, Emily Cardini, Martina Carli, Martina Maria Carli, Alice Cinquini, Edoardo Dal Porto, Elena Dini, Matteo Ducceschi, Tommaso Fazzi, Lorenzo Galasso, Ivan Luisi, Costanza Migliorini, Francesca Nardini, Emiliano Neri, Nico Neri, Margherita Puntoni, Brunilda Qu-
shku, Francesco Roncoli, Irene Scalas, Giada Tognocchi, Valentina Tognocchi, Fabio Tomagnini, Anna Maria Tonacci, Andrea Viviani, Sara Albani, Giulia Apolloni, Leonardo Baldi, Alessandro Bedei, Rebecca Brigiotti, Matteo Cipollini, Ginevra Cosci, Asia Desideri, Sara Farajigi, Alessandro Landi, Francesco Lari, Sara Maretti, Alessia Mattana, Gian Marco Moriconi, Diamantino Nili, Camilla Papini, Francesca Pelliccia, Micol Peporini, Noemi
Petroni, Francesco Poli, Brigena Prekaj, Mattia Pusterla, Kekew Ruetthkorn, Niko Salamini, Nicolò Salvatori, Federico Sanna, Samuele Tonacci, Alessio Volpi (classi III A e III C, Scuola Media “E. Pea”, Istituto Comprensivo di Seravezza). Il dirigente scolastico è Maurizio Tartarini, gli insegnanti tutor sono Paola Lemmi e Giovanni Cipollini.
RIFLESSIONI
Molti giovani si chiedono: Dove finiremo? MA COSA pensano della globalizzazione gli adolescenti, i quattordicenni che, attraverso la scelta della scuola superiore, stanno per mettere i primi mattoni della loro futura vita di cittadini e di lavoratori? Sono favorevoli o contrari? Ci è sembrato interessante discutere tra di noi di questo fenomeno, che condiziona comunque già il nostro quotidiano (alzi la mano chi non è mai stato da Mc Donalds!), e raccogliere le diverse opinioni. NE È EMERSO un quadro complesso, fatto di luci e ombre, di grandi speranze, ma anche di forti timori. Diego apprezza la circolazione di idee e il miglioramento in alcuni paesi delle condizioni di vita, ma sottolinea come molti popoli stiano perdendo “la propria cultura”. Anche Virginia è preoccupata perché, dice, “stiamo diventando come dei cloni, tutti uguali”, lamentando anche la diffusione di nuove abitudini alimentari, che provocano “problemi a molte persone, portandole all’obesità”. GIADA teme lo sfruttamento del lavoro minorile nei paesi poveri, anche se rileva come grazie ai mezzi d’informazione esso sia oggi più ridotto. Martina Maria vede positivamente la disponibilità “di tutte le tecnologie che vengono create”, ma mette sotto accusa l’allargarsi della forbice tra le diverse aree del mondo. Infine, Matteo, dopo aver rilevato come oggi la parola globalizzazione sia “soltanto sinonimo di guadagno” e non più (come dovrebbe) di innovazione, si chiede: “Dove finiremo?”
••
••
6
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012
Scuola media
R. S.Secondo Capezzano Pianore
«A guadagnarsi la zuppa» L’emigrazione dalla Lucchesia nel mondo: figurinai, contadini, minatori L’INTERVISTA
La nostra ‘emigrata speciale’ ABBIAMO intervistato la signora E.B. che emigrò nel 1950, a ventitré anni negli Stati Uniti per fare la figurinaia. Ascoltiamo le sue parole: “Il viaggio nel bastimento durò dodici giorni, fu all’insegna della solitudine, della paura e della nostalgia di quello che avevo lasciato; c’ erano, inoltre, la disperazione per il futuro e la nausea per il mal di mare. All’arrivo c’è stato il controllo delle valigie e dei documenti; quella terra non corrispondeva ai racconti che mi avevano fatto perché non me l’ero immaginata tanto grande e caotica come mi apparve. La cosa che più mi colpì furono le insegne al neon della pubblicità ed erano tante, appariscenti e sparse sulle colline della città. La difficoltà prevalente è stata la lingua. Parlavamo un inglese italianizzato: per esempio shop, il laboratorio lo pronunciavamo “scioppa”. Abitavamo a Pittsburgh, una città con molte acciaierie e parecchio smog. Otto anni dopo, con i risparmi fatti, sono tornata in Italia. All’andata ero sola, andavo verso l’ignoto mentre, nel viaggio di ritorno, ero con la mia famiglia compresa l’ultima figlia nata in America e ritornavamo nelle nostre terre vicino ai nostri cari”. QUESTA SIGNORA, adesso ottantacinquenne, ci ha fatto comprendere i sentimenti degli emigrati. La sua storia ci ha emozionato e ci ha reso pieni di ammirazione per questa donna forte e indipendente.
DAL 1860 agli anni settanta del Novecento furono centinaia di migliaia le persone che dalla lucchesia emigrarono in Francia, Algeria, Usa, Brasile, Argentina. Nel mondo ci sono un milione e mezzo di persone di origine lucchese. I motivi di questa emigrazione sono legati, in primo luogo, alle necessità economiche: il 98% dei nostri concittadini partì per migliorare le proprie condizioni di vita, come risulta dai documenti conservati negli archivi comunali. E il restante 2%? Partì per spirito d’avventura. Anche prima dell’Unità d’Italia, però, esistevano flussi migratori dalla provincia, legati al commercio della lana e della seta, di emigrazione stagionale soprattutto in Corsica (1600) come contadini e boscaioli; fu importante anche l’emigrazione confessionale. Nel XVI secolo numerose famiglie convertite al calvinismo furono costrette a stabilirsi all’estero soprattutto a Ginevra, per sfuggire al Tribunale dell’Inquisizione. Se la Toscana è all’ultimo posto per il numero degli emigrati, la provincia di Lucca è un caso a sé: raggiunge le percentuali di Sicilia e Veneto.
ti imprese commerciali come Lucilda Bedini in Triglia (famosi salumi).
DISEGNO I figurinai visti dagli allievi della ‘Rosso di San Secondo’
MA COME si “guadagnavano la zuppa” all’ estero? Gli “stagionali” lavoravano come contadini, minatori, carbonai. Le donne, soprattutto negli anni fra l’Ottocento e il Novecento, venivano richieste come balie, esse lasciavano i propri figli neonati per accudire i bambini di famiglie più ricche: quest’ultime richiedevano donne
in buona salute e che parlassero bene l’ italiano. Da qui il successo delle balie della nostra provincia; lo stipendio di una di esse superava di tre volte quello di un operaio. Una balia famosa della nostra zona fu Virginia Bernardini madre di Sergio, il fondatore della mitica “Bussola”. Molte, con le loro rimesse, realizzarono importan-
L’EMIGRAZIONE più caratteristica della nostra zona è stata quella dei figurinai, ovvero i venditori di statuine di gesso. La maggior parte dei venditori erano minori perche facevano compassione. Essi erano esposti a un duro sfruttamento e spesso a maltrattamenti. Partivano all’alba con le “galere” (cesti di legno intrecciato) cariche di figurine di gesso: madonne, santi e personaggi illustri. Soffrivano il freddo, la fame e anche le umiliazioni, spesso erano picchiati. Tanti emigrati sono riusciti a tornare, a costruirsi un futuro migliore, come la signora E.B da noi intervistata. Altri hanno fatto fortuna o sono diventati personaggi famosi come Rudolf J. Vecoli, storico di origine camaiorese nato in Minnesota o Franco Puccetti nato a Valpromaro e divenuto “calzolaio di Hollywood”. Altri e sono molti, sono morti sul lavoro oppure non hanno raggiunto quello che volevano. Per tutti però la vita non è stata facile, come non lo è ora per le persone che emigrano da noi.
ALLA SCOPERTA DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL’ARCHIVIO STORICO DI CAMAIORE
Piccoli giornalisti crescono, studiando le carte L’EMIGRAZIONE apparentemente è un argomento conosciuto da tutti: ma cos’è veramente? La risposta l’abbiamo ottenuta attraverso un percorso iniziato con l’incontro e la scoperta dell’Associazione “Lucchesi nel mondo”. Grazie a questa esperienza abbiamo ricavato dati importanti che sono serviti ad avere un quadro generale sull’argomento. Ci siamo interessati a temi specifici: l’emigrazione dei figurinai, delle balie e quella minorile.
RICERCA Gli studenti nell’archivio storico di Camaiore
PER APPROFONDIRE meglio, una mattina, siamo andati all’Archivio storico di Camaiore,dove il responsabile dell’ ufficio cultura ci ha mostrato dei registri e delle foto. Non solo li abbiamo guardati ma abbiamo potuto toccare con mano quegli enor-
mi, vecchi ma importantissimi documenti. Sbalorditi e affascinati abbiamo cercato attentamente i nostri “antenati” che con coraggio partirono per cercare un futuro migliore. PROPRIO QUEL GIORNO la professoressa T. ci ha raccontato di suo nonno e sua madre che emigrarono in America per lavorare come figurinai. La curiosità ci ha “imposto” di scavare a fondo la notizia come fanno i veri giornalisti. Abbiamo deciso di intervistare la nostra “emigrata speciale” scrivendo una lista di domande e dalle risposte abbiamo capito meglio i sentimenti di chi ha affrontato quell’esperienza difficile. In questo periodo stiamo lavorando per mettere insieme tutto il materiale raccolto. Tra divertimento ed emozioni abbiamo appreso molte informazioni utili.
LA REDAZIONE ECCO I giovani autori di questa pagina, allievi della scuola media “Rosso di San Secondo”: Amazzini Sara, Antonucci Angelo Alberto, Bastoni Anna, Caniparoli Lisa,
Ceccagioli Francesca, Ciafro Elisa Marina, Ciani Rachele, Donati Barnaba, Farioli Marco, Galli Alice, Lari Viola, Matteucci Aurora, Michetti Silvia, Orsi Rebecca, Pardini
Alessia, Potolea Oana Roxana, Tili Marco, Tinghi Federico, Titta Elisa. I docenti-tutor sono Veronica Cortopassi e Anna Tei. La dirigente scolastica è la dottoressa Maria Aurora Trasatti.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012
7
Scuola media
G. Puccini Piano di Conca
La lettura, pianeta sconosciuto? Eppure i giovani sono i maggiori lettori. L’importanza della famiglia “I GIOVANI non leggono”. Quante volte abbiamo sentito queste parole? Tante, anzi troppe volte perché noi, nel nostro girovagare su internet a caccia di notizie, abbiamo scoperto che, tra la popolazione italiana, l’età in cui si legge di più è proprio quella tra gli 11 e i 29 anni, anche se con qualche differenza nelle fasce di età, per esempio, bambini e ragazzi fino ai 14/15 anni sono i maggiori lettori. Se però andiamo a paragonare i ragazzi italiani con i loro coetanei europei (francesi, inglesi, tedeschi ecc.) beh! Qui le notizie sono meno confortanti perché noi siamo i lettori più pigri d’Europa! Naturalmente queste non sono affermazioni che possiamo fare noi, alunni di una singola scuola media; a dirlo sono le indagini di importanti agenzie di livello nazionale. Noi, nel nostro piccolo, ne abbiamo però riscontrato la veridicità con alcune piccole indagini svolte nella nostra scuola. Constatato il fatto ci siamo chiesti: “Perché i nostri compagni di classe, i nostri amici e noi stessi siamo lettori “leggeri” o addirittu-
ti: il tempo trascorso su internet, su facebook, a giocare con i videogames, a scrivere messaggini, ad ascoltare musica, a guardare la Tv. Inoltre, alla nostra età aumenta anche la voglia di uscire e frequentare amici e amiche.
STATISTICHE In Italia si leggono pochi libri rispetto ad altri paesi
ra “non lettori”?” LE RISPOSTE sono ovviamente molte e di vario genere: la lettura è fatica, non devi leggere solo con gli occhi, ma soprattutto con la mente e spesso il nostro cervello è stanco, distratto da altri pensieri o semplicemente pigro; la let-
tura è spesso (in età scolare) un’imposizione che non sempre corrisponde ai gusti dei ragazzi; ci sono film che raccontano le stesse storie e “vedere” una storia è sicuramente più semplice, e anche più invitante, che leggerla, non siamo forse nella civiltà delle immagini? Poi ci sono altri elemen-
INSOMMA di spiegazioni ne possiamo trovare molte e tutte insieme hanno la loro forza ma, udite, udite, non sono loro a determinare il calo d’interesse per la lettura: i ragazzi che amano leggere trovano sempre il momento per farlo. E allora? Come mai nei ragazzi l’amore per la lettura è così fragile? Un ruolo importante è quello svolto dalla scuola, e ne parleremo, ma più importante ancora è quello svolto dalla famiglia. Vedere babbo e mamma che leggono è molto più convincente di qualsiasi altra cosa, così come la possibilità di trovare libri in casa e familiarizzare fin da piccoli con quest’oggetto misterioso. Cari genitori, rassegnatevi, fra i tanti e difficili compiti che vi spettano c’è anche questo: aiutare i vostri figli ad amare la lettura dando il buon esempio!
LE NOSTRE PROPOSTE: LA LETTURA PUO’ ESSERE PIACEVOLE SE CI SONO I GIUSTI INGREDIENTI
Ecco la nostra ricetta del “libro perfetto” CHE COSA PIACE leggere ai ragazzi? Un po’ di tutto: libri fantasy, fantascienza, horror, umoristici, avventura e naturalmente fumetti. In genere cercano testi che siano avvincenti, ma che non richiedano un forte impegno, con un lessico semplice, da leggere per rilassarsi, divertirsi, fantasticare. Solo alcuni si lanciano in letture serie e impegnative. È sempre importante che il libro coinvolga il lettore, lo incuriosisca e, anche se in modo semplice, sia capace di far riflettere i ragazzi su problematiche che li riguardano da vicino. CI SIAMO DIVERTITI a fare una piccola indagine per scoprire quale potrebbe essere la ricetta del “ libro perfetto” ed ecco i risultati. L’ingrediente principale è ovviamente un protagonista in cui i ragazzi possano, anche inconsciamente, riconoscersi, che agisce da solo
o in compagnia, per risolvere un problema, realizzare un sogno, combattere un’ingiustizia e, in questa sua lotta sia disposto/abbia il coraggio anche di infrangere alcune regole di comportamento degli adulti; sarà necessario aggiungere una dose abbondante di “antagonista”, sotto forma umana o no, questo non è importante! IN DOSE abbondante dovranno essere anche i colpi di scena e gli imprevisti i pericoli, un pizzico di sentimento non sarebbe sgradito, soprattutto alle femmine; sarebbe bene aggiungere anche una dose di conoscenze, ben mimetizzate, in modo che il libro non assomigli neanche lontanamente ad un testo scolastico. Tutti questi ingredienti vanno fatti mescolate delicatamente da un “cuoco-scrittore” affidabile che, quando scrive, si ricordi che lo fa per dei ragazzi.
LA REDAZIONE LA PAGINA che leggete è stata pensata, scritta e titolata da allievi della scuola secondaria di primo grado “Giacomo Puccini” di Piano di Conca.
Hanno partecipato gli alunni delle classi terze e della classe 2B: Bramanti Giada, Chicchi Matteo, Coluccini Greta, Giannini Sara, Giannecchini Viola, Pellegrini Sara,
Pozzi Daniele, Pucci Paolo, Remedi Giorgia, Rossi Alice, Stoppani Leonardo. Gli insegnanti tutor che hanno seguito i ragazzi sono Paolo Bresciani e Milvia Prussi. Il dirigente scolastico è Luca Ceccotti.
A SCUOLA
Un rapporto che può essere migliorato LA SCUOLA dovrebbe essere un luogo importante per avvicinare i ragazzi alla lettura ma, stranamente, ottiene spesso l’effetto contrario con grande disperazione dei nostri insegnanti. Quando i prof ci dicono “leggiamo” sappiamo che ci aspettano altre attività e questa prospettiva rende la lettura poco gradita già in partenza: comprensione, riassunto, commento, che noia! Non rifiutiamo il lavoro, ma ci piacerebbe svolgere qualcosa di più stimolante, interessante e magari divertente, in fondo siamo ragazzi! Ci piace imparare, ma sarebbe bello farlo in modo piacevole: pensate che bello verificare la comprensione di un testo attraverso la recitazione di una scenetta! UN PROBLEMA di molte scuole sono le biblioteche, spesso piccole e incapaci di accogliere un’intera classe, nonostante qualche nuovo acquisto, i libri non sono propriamente nuovi e anche il loro aspetto esteriore non invita ad e prenderli in mano e tantomeno sfogliarli. Sarebbe bello avere una biblioteca spaziosa, luminosa, allegra; avere la possibilità di trascorrerci un po’ di tempo, curiosare qua e là, trovare il libro che sembra dire “Eccomi, sono qui per te”. Pensiamo che le biblioteche scolastiche potrebbero rimanere aperte almeno qualche pomeriggio alla settimana con un adulto che ascolti le nostre richieste e sappia consigliarci il libro giusto. Se ascolterete i nostri suggerimenti impareremo meglio e di più.
••
••
10 CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 29 FEBBRAIO 2012
Scuola media
Pellegrini Massarosa
Un paese tante bandiere Insieme per una cultura aperta, condivisa e solidale IL PAPPOTTORO
La maschera del carnevale di Massarosa E’ DAVVERO sconcertante come riusciamo spesso a dimenticare le cose che magari,in un determinato momento ci hanno entusiasmato. E’ successo così anche per la maschera del Carnevale di Massarosa nata nel 1983, come ci attesta il giornalista Pier Luigi Pierini, quando il paese era preso da un grande fervore sia per la costruzione dei carri rionali, sia per i famosi spettacoli delle “Sceneggiate Massarosesi”. L’IDEA di dotare il nostro paese di una maschera ufficiale che ne rappresentasse lo spirito e la tradizione, nacque dal “Gruppo Artistico” di Massarosa,sotto il patrocinio del Comune. COSÌ nel novembre 1982 fu indetto un pubblico concorso per un bozzetto che desse il volto e l’identità al “Pappottoro”, nome della maschera proposta per Massarosa, cioè quella specie di “torso” che resta di una pannocchia di granturco dopo averla liberata dai chicchi. La giuria,composta da Franco Anichini, Uberto Bonetti, Luisa Cellai, Marcello Parducci, Giancarlo Vaccarezza, proclamò vincitore il bozzetto del pittore Gualtiero Passani, ritenuto più bello e idoneo all’interno di una rosa di 70 artisti. Il Pappottoro è una maschera con colori giallo, verde e nero: la trombetta rappresenta il Carnevale, gli zoccoli sono le calzature tipiche di un tempo, il mantello è l’indumento che serve a ripararsi dal freddo, il cappello è quello tipico di tanti massarosesi dei favolosi anni ’50.
LA NOSTRA penisola ha da sempre rappresentato un luogo di passaggio per le popolazioni che navigavano il Mediterraneo o che valicavano le Alpi. Oggi è una territorio di approdo per molti migranti e profughi, vittime indirette della guerra, persone costrette ad abbandonare il loro paese per sfuggire ai conflitti o alle persecuzioni che spesso li accompagnano. Accampati in rifugi di accoglienza o costretti a vivere in tendopoli allestite ai margini delle città, queste persone, sradicate dalla loro terra di origine, possono contare solo sugli aiuti internazionali e circa il 50% di loro è costituito da donne e bambini. GLI STRANIERI regolari che vivono in Italia sono circa il 2,4% di tutta la popolazione e nei prossimi 25 anni saranno circa nove milioni. Accanto ad essi si trovano gli “irregolari” che non sono quantificabili, ma è il “popolo dei disperati” che vive di espedienti ed è facile preda della criminalità organizzata. E purtroppo anche per gli interventi allarmistici dei
in Italia ed abbiamo capito che oggi, come in passato, i fenomeni migratori sono insieme fisiologici e traumatici. Fisiologici perché naturale conseguenza di evoluzioni culturali, economiche, sociali; traumatici perché sempre accompagnati da difficoltà, disagi, sacrifici e sofferenza. Nei migranti c’è però gran voglia di ricominciare e spirito di adattamento, elementi che insieme alla testimonianza viva della propria cultura, contribuiscono a dare un’accezione positiva al termine “globalizzazione” .
INTEGRAZIONE I migranti a scuola di Italiano
mezzi di comunicazione, è molto più visibile un atto criminale compiuto da un immigrato che da un italiano. COSÌ L’OPINIONE pubblica si spacca in due: c’è chi pensa che queste persone vengano a “rubare” il lavoro agli italiani e chi inve-
ce li vede come grande risorsa, non solo perché spesso essi svolgono lavori faticosi e umili, ma anche perché portano con sé valori da noi in parte dimenticati come la cura e il rispetto degli anziani e la famiglia come nucleo indissolubile . Così noi ragazzi abbiamo fatto uno studio sui flussi migratori
INFATTI genericamente globalizzazione è un insieme di tanti fenomeniche hanno caratterizzato i finire del XX e gli inizi del XXI secolo e molto genericamente, significa che il pianeta si è rimpicciolito, finendo per integrare le economie, le culture e il costume di paesi e popoli fino a ieri distanti e decisamente diversi. Ecco perché è invece importante garantire la sopravvivenza delle tradizioni, avviandoci, però, verso una “nuova cultura”, quella della “condivisione” dove non ci sia paura ma ascolto e rispetto della persona.
Intervista all’assessore al sociale Simona Barsotti e al presidente della Cooperativa sociale ‘La Ficaia’
«Massarosa è una terra di accoglienza» Assessora, a Massarosa ci sono molti immigrati?
«488 maschi e 638 femmine, provenienti dalla Romania, ma anche dall’Albania, Ucraina, Bulgaria, Marocco, Tunisia. Il loro numero non è così alto, ma ogni anno è sempre più consistente». Cosa fa per loro l’Amministrazione?
Il Pappottoro, la maschera di Massarosa
«La nostra attenzione è rivolta a favorire politiche di integrazione, come il ‘Corso di italiano per stranieri’ che da diversi anni organizza la vostra scuola oppure il Corso di informatica e ‘lo sportello di ascolto’ per le regolarizzazioni e per l’inserimento lavorativo. Il Comune sostiene anche buone pratiche come la Festa dell’ Intercultura, organizzata sempre dal vostro Istituto o strutture di accoglienza come la cooperativa sociale Ficaia, che ospita migranti e profughi. Queste persone cosa sperano di trovare?
«Cercano di ottenere un permesso di soggiorno, un lavoro e soprattutto una casa. Devo sottolineare che nel nostro territorio c’è una grande sensibilità per cui è favorita l’integrazione» Signor Del Bucchia, cos’è la Ficaia?
«E’ una cooperativa agricola di Massarosa, la cui attività principale è la ristorazione e ai clienti vengono serviti i prodotti coltivati dai nostri immigrati. Qui vengono allevati anche diversi animali dai quali ricaviamo la carne e vi è una ‘mieleria’». Quando arrivano i profughi che compiti assegnate loro?
«Innanzi tutto sono nostri ospiti, per cui diamo loro accoglienza, ma il nostro scopo è permetterne l’inserimento sociale, per cui iniziamo col far conoscere la nostra lingua. L’Italiano è infatti richiesto quando andranno a fare l’ intervista alla Commissione ministeriale».
LA REDAZIONE QUESTA pagina è stata realizzata da allievi e allieve della classe 2B della scuola media “M.Pellegrini” di Massarosa: Accardo Barbara, Angori Eva, Battaglia Andrea, Checchi Gabriele, Del Bianco
Annalisa, Di Luozzo Maria Elisabeth, Filippi Giada, Guerrini Zoe, Lattanzi Jessica, Luisi Leonardo, Marchetti Jasmine, Philippaerts Anna, Pucci Lorenzo, Puccetti Isaia, Ridolfi Alessio, Rizzo Sonia,
Ruberti Niccolò, Russo Perla, Tatarenko Marko, Zerbinati Alessio. L’insegnante tutor è Maria Vittoria Nardini. La dirigente Scolastica è Primetta Bertolozzi.
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 29 FEBBRAIO 2012
11
Scuola media
E. Jenco Viareggio
La memoria... al di là del molo Benvenuti in Darsena: una pennellata salmastrosa tra passato e futuro LA VERSILIA allora, era diversa. Con il termine allora si intende quando l’estesa costa versiliese era rappresentata da Viareggio la prima perla della lunga collana che si affaccia sul Tirreno. La sorte di questa città inizia dopo il 1740 con la bonifica, avvenuta sotto il dominio borbonico, e con il conseguente sviluppo che coinvolge maggiormente le attività legate alla pesca, il porto e il turismo. Il luogo di Viareggio più legato al mare è sicuramente il quartiere della Darsena, quasi un Museo che conserva un patrimonio storico e culturale che illustra le radici e l’identità di Viareggio e dei suoi abitanti. Il canale Burlamacca si è sempre prestato a ospitare barche di piccole e medie dimensioni come i pescherecci, veri capolavori dei maestri d’ascia e calafati. La maestria di quest’ultimi è narrata anche da Mario Tobino nel suo celebre libro intitolato “Sulla spiaggia e al di là dal molo”, dove l’autore ci descrive il loro faticoso lavoro, ma anche il successo che avevano in tutto il mondo: “Costruisti, Natino, i bastimenti più
TRADIZIONE La pesca è un’attività storica per Viareggio
belli, freschi e superbi in ogni mare, avevano il soffio delle anfore Greche”. VIANI, un altro illustre concittadino ha saputo trasmettere nei suoi quadri la poesia della Darsena: i colori, i suoi odori, le urla disperate di quelle donne che veden-
do partire i loro uomini non ne immaginavano il ritorno. Sul canale Burlamacca, sfondo frequente delle opere di questi autori, si svolge tutt’oggi un mercato dove i pescatori espongono il frutto del loro faticoso lavoro. Quest’ultimo inizia nel tardo pomeriggio o la notte e finisce durante la mattina-
ta al rientro delle barche nel porto con la merce appena pescata. Quando il mare gonfia e la navigazione diventa impossibile, i pescatori si siedono su uno sgabello, sciolgono le loro reti e iniziano a ripararle nei punti rovinati. Purtroppo, con il passare del tempo sembra quasi che le parole di Tobino e i colori di Viani stiano svanendo, vittime inconsapevoli della perdita del valore delle tradizioni che si tramandano di padre in figlio; la figura del pescatore non è più la “musa ispiratrice” di pittori e poeti, ma è colei che svolge un lavoro molto faticoso e considerato svilente. La vita del pescatore è dura, senza assicurazioni o previdenza, una vita di miseria con orari strazianti, più uno stile di vita che un vero e proprio lavoro. ANCHE SE la globalizzazione non aiuta la pesca locale, incapace di competere con le grandi società che propongono soprattutto ai supermarket prezzi più bassi, il popolo del salmastro deve essere fiero di quest’arte marinaresca e deve lottare perché resti viva per sempre nella nostra memoria.
L’INTERVISTA PROVIAMO A IMMERGERCI NELLA VITA DEI NOSTRI PESCATORI VIAREGGINI
Viareggio, un intreccio tra pesca e crisi ABBIAMO intervistato Mario Distefano, un pescatore di origine siciliana ma residente da sempre a Viareggio. Chi le ha insegnato il mestiere?
«A 13 anni ho smesso di andare a scuola e mio papà mi ha fatto entrare nel mondo della pesca, scoprendo poi da solo tutto ciò che la riguarda». C’è differenza tra la pesca di ieri e la pesca di oggi?
«Il modo di pescare è sempre lo stesso, ciò che cambia sono i materiali, come i vari tipi di rete». Quanti tipi di pesca esistono?
«Ne esistono tanti, come il tramaglio, che consiste nel calare le reti in mare la sera e salparle la mattina; lo strascico, cioè trascinare le reti tre o quattro ore per determinate volte e la lampara, che utilizza specifici strumenti come lo scandaglio e il sonar. Io per lavorare uso il tramaglio.
Cosa pesca di solito?
« La pesca va a periodi a seconda del clima; questa è la stagione dei naselli e delle seppie». Voi pescatori sentite la crisi?
« Sì, la crisi è dappertutto ma noi pescatori viareggini la sentiamo particolarmente perché il pesce è un prodotto caro e la gente ne compra sempre di meno; per questo abbiamo deciso di scioperare e consegnare la licenza alla Capitaneria di porto perché non riusciamo a pagare i marinai». Da che cosa è partito lo sciopero?
«Dalfattochetuttiipescatori sonoesenti Iva,malo Stato ci ha tolto questo privilegio, aumentando automaticamente il costo di tutti i materiali per le barche. Noi vorremmo che il Governo capisse le nostre esigenze, anche perché il nostro mestiere è diventato una spesa più che un guadagno. Immaginate la “miseria” del nostro stipendio in un momento di crisi come questo».
LA REDAZIONE LA REDAZIONE è formata da: Laura Belli, Diego Bertuccelli, Gianluca Bezzini, Gabriele Biancalana, Rebecca Boschi, Brian Colombo, Luca Croci, Karim Debbab, Ema-
nuele Di Camillo, Marika Distefano, Gaia Domenichini, Sara Fiorini, Erica Gemignani, Chiara Lazzarini, Gaia Puccinelli, Carlotta Puosi, Giulio Sormanni, Azzurra Van-
nucchi, Lavinia Vezzosi. La classe è la III B della scuola secondaria di I grado “E. Jenco”, Dirigente scolastico: Luca Ceccotti. Le insegnanti tutor: Elettra Bemi e Monica Pieraccini.
CURIOSITA’
Il ‘ciortone’ Il sapore a buon prezzo UNO DEI PESCI azzurri più conosciuto è lo sgombro, chiamato dai viareggini ciortone, ma da dove nasce questo termine? Durante il dopo guerra gli americani presenti nella zona di Viareggio andavano spesso a pesca e quando catturavano gli sgombri data la somiglianza al tonno li chiamavano short tuna (piccolo tonno). I pescatori del luogo storpiando la pronuncia inglese delle due parole hanno originato la parola ciortone. Il così detto “pesce povero” è invece un patrimonio ittico di tutto rispetto richiesto raramente nei ristoranti, dove i clienti in genere preferiscono crostacei e molluschi. Su questo argomento intervistiamo il signor. Paolo Belli proprietario di un ristorante a Viareggio, il quale afferma che il pesce “povero” in realtà è ricchissimo dal punto di vista nutrizionale, perché contiene omega-3, Sali minerali (ferro e fosforo) e vitamine, oltre ad essere più digeribile della carne; l’intervistato, inoltre, conferma l’esistenza della crisi del pescato, riguardante essenzialmente il fresco. NON PUÒ CERTO mancare una ricettina a base di ciortone. Lo sgombro dello chef sig. Antonio Chiorazzi Ingredienti :1 o 2 ciortoni, pomodorini datterini, olive taggiasche, cipolla, olio e.v.o. Preparazione: fare appassire nell’olio la cipolla, aggiungere i pomodorini tagliati in quattro e le olive. A parte nell’olio far dorare il ciortone. Scolare il pesce e servire con la salsa. Buon appetito!
••
••
8
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 7 MARZO 2012
Scuola media
Lenci Viareggio
Piazza Garibaldi, o della polemica La storia controversa dell’opera di Viani e Rambelli. Ricordo e mistero VIANI
Un artista poco amato LORENZO Viani nasce a Viareggio il 1 novembre 1882 nella zona della vecchia Darsena, in via della Fornace, oggi via Indipendenza. La sua biografia la troviamo in una lettera scritta nel 1913 in cui racconta: “...la mia vita non è stata del tutto cattiva, quando si suppone che l’animo si formi, io stavo bene economicamente. Mio padre era cameriere di Don Carlos di Borbone e l’infanzia mia è passata in una continua festa. Abitavamo in un parco che è una delle meraviglie della mia vita. Verso l’età di 15 anni mio padre fu come tutti gli altri servi licenziato, la mia vita cambiò dalle basi. Dall’agiatezza alla miseria..” L’ESPERIENZA artistica verrà appoggiata dalla famiglia e da Plinio Nomellini . Sarà pittore,scrittore e giornalista. Diventerà famoso ma a Viareggio era visto male per il suo modo di comportarsi:era un attaccabrighe, cercava la rissa in tutte le circostanze. Alla cerimonia per il monumento ai caduti commentò dicendo che sembrava più una fucilazione che una inaugurazione , per tutti quei soldati presenti! Seduto al tavolino di un bar in Via Garibaldi faceva pernacchie verso coloro che passavano di fianco al monumento denigrandolo con commenti negativi. Era fatto così..irriverente e provocatorio. I viareggini non gli perdonarono mai le sue descrizioni di Viareggio come una città abitata da poveracci e vagabondi , giudicarono i suoi quadri tristi e cupi.
LA STORIA dell’umanità è stata caratterizzata da continue guerre e le più sanguinose sono state quelle del ‘900 in cui morirono milioni di persone. L’orrore della guerra ha attraversato i secoli ed ancora oggi rimane nel ricordo dei nostri anziani, ma noi che non l’abbiamo vissuta, come possiamo immaginare tutto questo? Che cosa ci aiuta a ricordare quegli aventi terribili? Sicuramente lo studio sui libri di storia ... ma anche fare una passeggiata! NON C’È infatti paesino o città, anche in Versilia, che non abbia un luogo destinato al ricordo dei propri caduti: una piazza con un monumento o un angolo di strada con affissa una lapide al muro. A Viareggio, in piazza Garibaldi, è situato un monumento ai caduti che ha una storia molto controversa. Quando l’Italia vinse la Grande Guerra i viareggini andarono a festeggiare in piazza e proprio in quella occasione fu deciso di innalzare un monumento per ricordare l’evento. Il 5 luglio 1918 il sindaco Tomei fece un bando na-
Nell’Eroe del Mare vengono riassunti tutti i sacrifici e gli oscuri martiri della gente mediterranea.” Il Comitato per il monumento ai caduti per la patria, costituitosi per l’occasione, da subito non gradì la proposta dei due artisti, ma la Giuria incaricata della scelta , nonostante le polemiche, il 1 gennaio 1924 affidò i lavori ai due artisti.
TENEBROSA La piazza Garibaldi in una foto d’epoca
zionale a cui parteciparono numerosi artisti tra i quali Lorenzo Viani e Domenico Rambelli. Il loro bozzetto era diverso da tutti gli altri, presentava tre figure imponenti, nella relazione di presentazione Viani spiega in questo modo il loro significato: “Il Seminatore dal passo implacabile del viandan-
te esprime il carattere della nostra stirpe che chiude in sè l’ansia perenne di andare per le vie del mondo e diffondere la fiamma dell’ideale onde la vita si illumina..Nell’Eroe della Terra è chiuso in linee conclusive il fante, nel rude cappotto, l’elmetto che serra il capo, le scarpe di cuoio ferrato.
L’OPERA fu inaugurata il 3 luglio 1927 alla presenza del segretario del Partito Nazionale Fascista Augusto Turati. Ai viareggini non piaceva il monumento, proprio per questo motivo non partecipavano alle celebrazioni del 4 novembre e denominarono il luogo “Piazza delle paure”. Nel 1940 la popolazione lo offrì senza particolare rammarico alle autorità militari affinchè fosse fuso e utilizzato per la costruzione di cannoni, tanto preziosi per l’imminente entrata in guerra dell’Italia.Ma le imponenti figure ancora oggi sono al loro posto,chi l’avrà salvate? Sarà stato Mussolini, come qualcuno mormorava all’epoca?Chissà..
PARLA L’ESPERTO INTERVISTA A PAOLO FORNACIARI, NOTO STUDIOSO DI STORIA LOCALE
E’ nota come Piazza delle paure... perchè? POLEMICHE, mistero.. per sciogliere i nostri dubbi abbiamo intervistato Paolo Fornaciari, grande studioso di storia viareggina. Perchè i viareggini hanno chiamato Piazza Garibaldi “piazza delle Paure”?
«Il monumento non è mai piaciuto perché è innovativo, moderno e creava un certo imbarazzo. Quando i bambini facevano le bizze, le mamme dicevano: ‘Se non la smetti ti porto in piazza delle paure’. Il monumento creava oppressione in chi lo guardava, una sorta di paura inconscia». Com’era la piazza prima degli ultimi lavori ?
LEZIONE Paolo Fornaciari nella nostra scuola
«La piazza in origine aveva due filari di alberi , il monumento era stato perciò pensato per essere posto all’interno di tale cornice. Con il taglio degli alberi si è messa in piena luce l’opera, ma questo ha determinato due fenomeni. Il monumento è sicuramente più visibile ma a secondo da dove viene
guardato ha un diverso impatto. Infatti se lo guardiamo verso la Darsena, con le spalle rivolte ai palazzi, lo spazio è libero e aperto, così che la massa del monumento diventa piccola perdendo l’effetto volumetrico». Chi ha salvato il monumento?
«Intervenì un amico di infanzia di Viani, Franco Ciarlantini. Viani aveva vissuto insieme a lui l’esperienza anarchica, interventista ed infine fascista. Ciarlantini diventò un pezzo grosso nell’organigramma fascista, aveva un peso politico grandissimo. Quando venne a sapere che i viareggini volevano demolire il monumento, andò a parlare con Mussolini, il quale mandò un telegramma al Prefetto di Lucca con scritto: ‘Il monumento non deve essere demolito’.” Se non ci fosse stato Ciarlantini avremmo perso un capolavoro!
LA REDAZIONE QUESTI i nomi dei ragazzi che hanno realizzato la pagina: Alimanovic Aika, Bova Emiliano, Caiezza Jessica, Ceragioli Giada, Chamsi Siwar, De Felice Lucia, Fatticcioni
Fabio, Ghiselli Lorenzo, Morabito Francesco, Mugnaini Giulia, Petrillo Rebecca, Petris Ilaria, Ranucci Daniele, Romano Daniel, Ruggiero Nicole, Seppia Samuele,
Sorrentino Chiara, Vacante Marco, Vanni Asia. Insegnante tutor: professoressa Rossella Francesconi. Dirigente scolastico: Dottoressa Silvia Barbara Gori
CAMPIONATO DI GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 7 MARZO 2012
9
Scuola media
Michele Rosi Lido di Camaiore
8 marzo: una rivoluzione Da New York all’Italia, rose e mimose per le donne di ieri, oggi e domani ANCHE QUEST’ANNO torna “Pane e rose”: il pane come simbolo di sicurezza economica e le rose come simbolo di qualità della vita. Questo slogan era gridato per le strade di New York l’8 marzo del 1908 da migliaia di operaie che protestavano per avere lavoro e paga dignitosi; risale al dopoguerra la versione che l’8 marzo ricorderebbe la morte delle operaie rinchiuse dal proprietario nella fabbrica perché non facessero sciopero, un episodio che risale al 1911; ci sono anche altre versioni, ma sono i mass media che ne hanno fatto un simbolo. Di certo c’è che l’8 marzo del 1917 a San Pietroburgo le donne russe fecero una grande manifestazione per chiedere la fine della guerra, facendo così iniziare la “Rivoluzione Russa di febbraio”; altre iniziative delle donne socialiste in varie parti del mondo ruotano intorno a quella data. PER I DIRITTI delle donne gli anni importanti sono il 1893, quando in Nuova Zelanda viene concesso, per la prima volta, il diritto di voto illimitato alle donne,
nel mondo: il burqa, la lapidazione, l’uccisione delle figlie, il mangiare separate. Le democrazie partecipate dalle donne da più tempo sono quelle del Nord, e infatti sono anche quelle in cui esiste la maggiore parità effettiva di diritti e meno pregiudizi.
tanto che tutte potevano votare ed essere elette; il 1906, quando anche in Finlandia vengono riconosciuti gli stessi diritti e 19 donne entrano in parlamento; seguiranno poi la Norvegia, la Danimarca, la Gran Bretagna, la Polonia, fino alla Turchia nel 1923. Ma in Italia si è dovuto aspettare fino al 1946! E pensare che in
Islanda, nel 1980, fu eletta la prima Presidentessa europea... Oggi le donne sono impegnate in tutti i settori, anche se l’unico dove prevalgono è l’istruzione. La Festa dell’8 marzo vuole ricordare le conquiste economiche, politiche e sociali delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze che subiscono in tanti posti
IN ITALIA il simbolo della festa è la mimosa. Comparve per la prima volta alla Festa dell’8 marzo 1946, promossa dall’UDI (Unione Donne in Italia), di cui facevano parte donne provenienti da partiti politici diversi, ma accomunate dagli ideali che avevano portato alla Resistenza: un fiore formato da tanti fiori, che significa fine dell’inverno, di un albero forte, molto diffuso, e quindi poco costoso. Purtroppo, in questi tempi di cambiamenti climatici, a marzo la mimosa spesso è sfiorita! Ma non è sfiorita la necessità di lottare per il “Pane e le rose”, in quanto in molti paesi, anche se è affermata dalle leggi, la parità delle donne con gli uomini non è effettivamente garantita, e quasi mai è totale.
IN TUTTO IL PIANETA LE DONNE COSTRUISCONO LA PACE E IL PREMIO NOBEL SI VESTE DI ROSA
Il mondo finalmente si accorge di Eva L’ULTIMO premio Nobel per la pace (ottobre 2011) è stato assegnato a tre donne provenienti da paesi in via di sviluppo, la Liberia e loYemen. Questa la motivazione: “Per la loro lotta non violenta a favore delle donne e dei loro diritti verso una partecipazione piena al processo di costruzione della pace”. Le tre premiate sono Ellen Johnson Sirleaf, presidentessa della Liberia, eletta nel 2005 con un programma di pacificazione del paese, la sua connazionale Leyman Gbowee, avvocatessa e leader del movimento pacifista ‘Women of Liberia Mass Action for Pace’, che lanciò, appunto, una mobilitazione femminile contro la guerra civile che da anni dilaniava la Liberia, e l’attivista yemenita Tawakkul Karman, trentadue anni, tre figli, un grande coraggio, e un ruolo di primo piano nella Primavera Araba e nella battaglia per la pace e la democrazia nello Yemen.
LA REDAZIONE QUESTA pagina è stata preparata dagli allievi della scuola media “Michele Rosi” di Lido di Camaio-
re. Le classi impegnate sono le terze A, B e C. I docenti tutor sono Elianora Bini, Mirko lami, Emi-
lia Pucci, Rossella Rossi; il dirigente scolastico è Franco Pinna.
LA COMMISSIONE si è augurata che l’assegnazione del premio a queste tre figure femminili aiuti a porre fine all’oppressione delle donne, che ancora è così pesante in tanti paesi del mondo. E anche il nostro Presidente, Giorgio Napolitano, si è congratulato con le tre attiviste per i successi conseguiti nella loro battaglia per cambiare il ruolo della donna nella storia. Ma le donne sono da sempre sentinelle di pace: chi dà la vita non può amare la morte. “LE DONNE sono coraggiose e generose”, dice la Karman, “non combattono mai solo per sé, lo fanno per tutta la comunità: dove non distingua più tra uomini e donne, e dove mai più si pensi, come in un proverbio congolese, che “la donna è come la terra: ognuno può calpestarla”.
RIFLESSIONI
La condanna di essere donna LA VIOLENZA sulle donne non ha né tempo né confini, non risparmia nessun paese e non conosce differenze socio-culturali. Fino ad oggi si sono manifestati diversi tipi di violenza, sia fisica che psicologica, con trattamenti umilianti, minacce e persecuzioni, fino alla separazione dai figli. E poi c’è la violenza economica e sessuale. Le donne, infatti, vengono sfregiate con l’acido, soffocate, mercificate da associazioni criminali e costrette a prostituirsi oltre che a subire ogni tipo di violenza. Nei paesi asiatici è frequente il femminicidio, che consiste nell’uccisione di bambine appena nate, mentre dall’integralismo islamico le donne sono private di qualunque diritto, fino al punto che esse non possono votare, né guidare la macchina o lavorare all’esterno della propria abitazione, e nemmeno uscire di casa senza essere accompagnate da un maschio adulto. E ANCHE in Italia non sono rari gli episodi di violenza sulle donne, che spesso portano all’invalidità o alla morte delle vittime: pensiamo soltanto al fatto che nel nostro paese più di tre milioni e mezzo di donne ha subito almeno una volta nella vita una forma di violenza fisica o sessuale e che, sempre da noi, la violenza è la prima causa di morte o di invalidità permanente per le donne tra i quattordici e i cinquant’anni. La violenza sulle donne è un reato, un’ingiustizia, un insulto alla nostra coscienza… combattiamola!
••