viaggi e sapori: vinitaly

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IL GIORNO - Il Resto del Carlino - LA NAZIONE

Carlo Cambi IL COMMENTO

viaggi e saporilei lui &

SPECIALE

IL VALORE DEL VINO IL VINO ITALIANO si specchia nel suo successo e rischia di ammalarsi di narcisismo. Non occorre aver letto Freud, le nostre cantine si misurano con un mercato schizoide. Da una parte l’export che tira, dall’altra la domanda interna che si inchioda. In più vi è una polarizzazione: si vendono o i vini top o quelli sotto i 5 euro. In termini economici il vino vale per l’Italia 14 miliardi di euro (4,4 dall’export) a cui va aggiunto un indotto che vale grosso modo altri 5 miliardi. Ce n’è abbastanza per concludere che è uno dei settori decisivi della nostra economia. Ci si aspetterebbe dunque un sistema perfettamente efficiente ed efficace. Non è purtroppo così. Da una parte il sistema non ha saputo reagire alle troppe campagne di demonizzazione del vino - peraltro largamente ingiustificate dai dati – che pochissimo c’entra con lo sballo, dall’altra non sa abbandonare un marketing antiquato e ormai non più efficace. Si continua con le classifiche, le degustazioni, la ricerca del consenso sul prodotto invece di imporre il valore del vino. E’ INDISPENSABILE recuperare uno stile di consumo (e anche volumi di domanda adeguati) che è il vino inteso come elemento socializzazione, di trasmissione dei nostri valori culturali e antropici, di esaltazione della nostra ruralità come sede privilegiata della nostra civiltà. Dall’altra è necessario che il sistema vino che deve tornare a rivendicare la propria origine agricola (a proposito produciamo sempre di meno e abbiamo sempre meno vigna: 41 milioni di ettolitri, appena 700 mila ettari) si faccia protagonista in prima persona della comunicazione dei propri valori, senza affidarsi ad intermediazioni. E questo vale sul mercato interno come all’estero dove l’unicità dei nostri territori, la pluralità dei vitigni, la qualità degli abbinamenti tra i nostri vini e la nostra cucina, l’indissolubilità del rapporto che lega il nostro vino con le nostre espressioni culturali devono essere proposte ed esaltate. Solo così si evita il narcisismo e si diventa protagonisti.

BUSINESS & BACCO

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250 miliardi

IL FATTURATO

E’ l’ammontare del fatturato del sistema agroalimentare (vini compresi): il 15% del Pil

Sfide e progetti per tutelare il vino italiano

ll ministro Catania: «No alla liberalizzazione di nuovi vigneti» Carlo Cambi ALLA VIGILIA del Vinitaly (Verona 25-28 marzo) abbiamo chiesto al ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania, un super-tecnico, di tracciare un profilo delle sfide che attendono il vino italiano. Il vino italiano ha battuto il record di export: 4,4 miliardi nel 2011. Cosa s’intende fare per mantenere questa leadership?

«Questa è evidentemente una buona notizia, per la prima volta l’export del vino supera il consumo interno. Per la nostra bilancia commerciale si tratta di un dato assolutamente positivo. Nello stesso tempo da un lato dimostra come il lavoro fatto dai nostri imprenditori sulla qualità abbia pagato, dall’altro ci stimola a continuare ad impegnarci sul fronte della

promozione all’estero. Abbiamo uno strumento importante costituito dai fondi dell’Unione europea. Nelle prossime settimane emaneremo il nuovo bando che per il 2012/2013 prevede fondi per 100 milioni di euro, pari a quelli stanziati complessivamente nei tre anni precedenti. Però è indispensabile che le aziende siano in grado di aggregarsi per avere più visibilità nei confronti dei consumatori e una maggior forza contrattuale con gli operatori commerciali». Le organizzazioni agricole sostengono che c’è una sottovalutazione dell’agricoltura capace invece di risultati come quelli del vino. E’ così?

«Quando anche un guru della contemporaneità come Bill Gates dice che l’agricoltura resterà al centro del mondo e che finché ci sarà l’uomo dovrà continuare ad esserci l’agricoltura, è evidente che anche la clas-

se dirigente italiana deve prendere atto della strategicità di questo comparto. Si tratta di una battaglia culturale che sto portando avanti in prima persona. Tutto il sistema agroalimentare vale nel complesso il 15% del Pil e sviluppa un fatturato di quasi 250 miliardi, e questo Governo, pur in un contesto difficile come l’attuale, sta intervenendo a favore del settore. Una delle criticità è la trasparenza della filiera, una problematica che abbiamo cercato di superare col decreto liberalizzazioni, che ha imposto contratti scritti e tempi certi di pagamento per i beni agroalimentari. Ritengo inoltre che sia necessario intervenire sull’Imu agricola, perché questa misura d’ emergenza che ha imposto pesanti sacrifici, ha appesantito ulteriormente la pressione fiscale sulle imprese agricole». Sulla nuova Ocm vino vi è molta discussione. In particolare sulla libertà di piantare vigne. Che ne pensa?

«L’Italia, come ho ribadito anche al Commissario europeo all’agricoltura Ciolos, è contraria alla norma che prevede la liberalizzazione degli impianti di nuovi vigneti. Non possiamo permetterci di far perdere al nostro vino la credibilità acquisita, non possiamo fare passi indietro sul fronte della qualità. Se questa norma fosse attuata, invece, provocherebbe degli squilibri nella produzione, creando danni non calcolabili. Un ulteriore effetto sarebbe quello di vedere le vigne migrare dalle colline alla pianura, un rischio che l’Europa non può correre. Stiamo lavorando di concerto con Francia, Germania e Spagna, per poter proseguire con l’attuale sistema. Sono fiducioso che queste ragioni potranno essere comprese anche dagli altri Paesi dell’Unione». I minacciati rincari dell’Iva riguarderanno anche il vino? E sul vino non c’è stato troppo allarmismo?

A sinistra il ministro delle politiche agricole Mario Catania, e alcune immagini relative al vino

«La decisione di aumentare l’Iva rientra tra le misure prese nel contesto emergenziale che questo Governo ha dovuto affrontare e certamente dovremo trovare delle soluzioni per stimolare i consumi e tutelare le famiglie. Monitoriamo i prezzi per evitare forme di speculazione, stiamo lavorando per accorciare la filiera. Il nostro obiettivo è salvaguardare il reddito dei produttori e stimolare la spesa, anche nel caso del vino. Per questo prodotto, in particolare, è necessario insistere sul concetto di consumo consapevole, senza demonizzazioni. Oggi si beve meno, ma si beve sicuramente meglio che in passato, con un adeguamento anche allo stile di vita. Il vino è piacere e personalmente, come molti italiani, non rinuncio mai ad accompagnare la cena con un buon bicchiere di rosso, di bianco o di spumante italiano».


40 VIAGGI E SAPORI

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Bacco & Business IL MERCATO

Carlo Cambi E’ STATO L’ANNO del record. Il 2011 è andato in archivio con il primato storico di esportazioni per il vino italiano. Sia in volumi ( 23,8 milioni di ettolitri) sia in valore (4,37 miliardi di euro) le nostre cantine hanno visto crescere esponenzialmente la domanda estera. Con dati ancora più confortanti se si fanno i raffronti con l’anno precedente. In complesso il fatturato estero è cresciuto del 10 % con una performance straordinaria degli spumanti (+ 23 e un controvalore in euro di 538 milioni). Ma il dato più sorprendente è l’aumento medio del prezzo dello sfuso: vicino al mezzo euro per litro. Ancora distanti dalla Francia per prezzo medio, ma sopra per volume di esportazione. E’ un derby infinito quello Italia-Francia sul vino, ma per una volta la partita sta dalla parte nostra. Come sempre, preso atto di un successo, se si va ad analizzarlo più a fondo si scoprono luci e om-

PRODUZIONE Nel 2011 oltre 44 milioni di ettolitri di vino, 24 sono andati all’estero. Usa, Germania, Regno Unito i primi importatori in valore, con 948, 919 e 509 milioni di euro

L’export da record salva le cantine Venduti all’estero 4,4 miliardi di euro, in calo il consumo interno I NUMERI

4,37

MILIARDI DI EURO E’ il valore delle esportazini di vino italiano nel 2011: + 10% rispetto al 2010

+23%

LUCI E OMBRE Siamo leader sula piazza americana ma ancora deboli nei Paesi emergenti dell’Est bre. Se siamo leader assoluti in valore in volumi sul mercato americano che vale 1,1 miliardi ed è diventato il nostro primo mercato, si scopre che siamo ancora debolissimi sui mercati emergenti del Far East e che da soli Stati Uniti e Germania rappresentano praticamente il 50 % della nostra clientela. E’ VERO CHE in Cina abbiamo fatto un incoraggiante più 148% di export, ma è anche vero che le quantità sono ancora residuali rispetto ad esempio ai francesi che sono il primo partner commerciale in fatto di vino di Pechino. Occorre forse ripartire da qui: da un’analisi ponderata del successo mondiale del nostro vino, che rap-

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SPUMANTI

E’ la performance delle bollicine, con un controvalore di 538 milioni di euro

presenta comunque la prima voce attiva della nostra bilancia commerciale agroalimentare. E TUTTAVIA ci sono altri dati negativi. Il primo è il crollo verticale del mercato interno. Per la prima volta lo scorso anno la quantità di vino (quasi 24 milioni di ettolitri) è stata superiore alla quantità di vino venduto in Italia (20 milioni) dove il consumo pro-capite è sceso sotto i 40 litri. Un segnale di debolezza è la scarsa patrimonializzazione delle nostre aziende e la polverizzazione del mercato oltre alla contrazione di produzione. Ormai

la superficie a vite è sotto i 700 mila ettari dove operano circa 320 mila aziende di coltivazione, mentre quelle che imbottigliano sono 25 mila. Stabile invece l’occupazione che tra diretti e indiretti significa quasi 1,5 milioni di posti di lavoro. L’altro elemento negativo è il fatto che le nostre aziende vanno sui mercati esteri in ordine sparso. Al sistema vino (che è fatto anche dei miliardi di fatturato delle industrie meccaniche e di circa un altro miliardo tra tappi, bottiglie, etichette e logistica) è dedicata scarsa attenzione, e pensare che è uno dei motori della nostra economia.

DA 5 A 7 I VINI ITALIANI CHE FANNO MERCATO NEL MONDO

Il Belpaese risale la top ten ANCHE SE LA TOP TEN del Liv-Ex, il superindice che misura nel mondo i vini di maggior peso economico, è ancora tutta francese e il primo marchio estero è l’australiana Penfolds, l’Italia è in risalita anche lì. Da 5 sono passati a 7 i vini italiani presenti tra i primi cento che fanno mercato nel mondo. In testa c’è sempre Sassicaia seguito da Ornellaia, Tignanello, Masseto, Solaia, Gaja e Sandrone. Di questi cinque sono toscani e due piemontesi. Il vino che ha il prezzo medio per cassa più elevato è il Masseto a 3900 sterline.


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DA SAPERE Vinitaly si svolge a VeronaFiere, Viale del Lavoro, 8, dal 25 al 28 marzo. Orario continuato dalle dalle 9.30 alle 18.30. Biglietto giornaliero 50 euro, online 45. Info su www.vinitaly.com

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Bacco & Business L’EVENTO

Vinitaly, l’Italia unita in bottiglia Produttori grandi e di nicchia a Verona dal 25 al 28 marzo Lorenzo Frassoldati

Alcuni ospiti delle passate edizioni e la piantina di Vinitaly

QUAND’È che una fiera è matura? Su cosa si misura il successo di un salone? Ci verrebbe da rispondere con lo slogan di una celebre pubblicità: quando non deve chiedere mai, quando è diventata una forza tranquilla. Quando può permettersi di accogliere tanti stimoli, tante iniziative diverse al proprio interno, essendo in grado di digerire tutto, di non snaturarsi, di restare sempre fedele a se stessa. E’ il caso del 46˚ Vinitaly, il più importante e visitato salone internazionale del vino (www.vinitaly. com) che torna nell’inedi-

ta scansione (4 giorni anziché 5) da domenica 25 a mercoledì 28 marzo. Numeri come sempre monstre: attesi almeno 150.000 visitatori di cui un terzo stranieri, in arrivo migliaia di buyer da tutto il mondo e 4000 espositori provenienti da Francia, Stati Uniti, Australia, Sudafrica, Austria, Slovenia, Russia e per la prima volta da Uzbekistan, Moldavia, Azerbaijan e Armenia. Nell’immenso palcoscenico di VeronaFiere il vino si farà business planetario, alla faccia di chi contesta la globalizzazione. Ma è proprio la globalizzazione che ha fatto grande il vino italiano. La globalizzazione buona: quella che ha spinto migliaia di cantine italiane in giro per il mondo a vendere bottiglie che in Italia non riusciremmo a bere, facendo del vigneto-Italia uno dei grandi giacimenti economico-culturali dell’italian style nel mondo, come la Ferrari, la pasta, la pizza, il Parmigiano, il prosciutto di Parma. Bere bene, mangiare bene, ergo vivere bene. Sarà questo il messaggio che per quattro giorni risuonerà da Verona, una città, un territorio (tra il Garda e la Valpolicella)

150 mila

I VISITATORI

Un terzo gli stranieri, 4000 gli espositori tra i quali, new entry, quelli di Uzbekistan, Moldavia, Azerbaijan e Armenia

che sono tutt’uno col vino, con l’olio, con la ‘vita bella’ che cantava Dean Martin in ‘That’s amore’. Si comincia sabato con un’anteprima d’eccezione, Opera Wine, grand tasting dei 100 migliori produttori nazionali selezionati da Wine Spectator, la Bibbia americana del settore. A enfatizzare il vino-icona del made in Italy l’incontro “From Fashion to Wine” con la partecipazione di Santo Versace, presidente di Altagamma, la fondazione dei più prestigiosi marchi italiani nel mondo. Ma la vera novità di quest’anno è un salone nel salone: ViViT – Vigne, Vignaioli, Terroir, la rassegna dedicata ai vini da agricoltura biologica e biodinamica. UNA SCOMMESSA che si è già rivelata vincente, avvalorata dalla recente decisione dell’Ue di ufficializzare il vino bio. E tra business e spettacolo scende in pista anche Doctor Wine, alias Daniele Cernilli, ex guru del Gambero Rosso, che anima Taste Italy con la sua selezione di un centinaio tra le migliori cantine italiane da proporre ai buyer stranieri. E tra una degustazione e l’altra Renato Mannheimer, noto sociologo e sondaggista, presenterà un’indagine sul passaggio generazionale nelle famiglie del vino, protagonisti Antinori, Argiolas, Chiarlo, Donnafugata, Zonin e Ferrari. E infine ecco Sol, il salone internazionale dell’olio extravergine (www.sol-verona.com), in contemporanea con Vinitaly. Perché ulivo e vite sono i ‘gemelli diversi’ della cultura mediterranea.


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Bacco & Business

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VINITALY «Punteremo sui mercati esteri — dice l’assessore regionale delle Marche, Paolo Petrini — e promuoveremo non solo il vino ma anche il territorio e le sue eccellenze»

GLI EMERGENTI

METODO CHARMAT BREVE PER LO SPUMANTE BRUT

L’UMBRIA DELLA GREEN ECNOMY

CHARDONNAY SAUVIGNON BLANC DI CESARI

Reno Doc classe P.

Caprai Sagrantino 25 anni

Liano Chardonnay

RENO DOC Pignoletto Spumante Brut (gradazione alcolica 11,5 vol) è un Pignoletto proveniente dalla zona Doc delle province di Modena e Bologna. Per produrlo si è utilizzato il metodo di spumantizzazione Charmat Breve (rifermentazione della base in autoclave con una breve sosta sui lieviti di circa 90 giorni). Si presenta con una bella spuma che lascia un perlage molto fine. Ha colore giallo paglierino scarico, bouquet intenso, floreale con note di mela e albicocca. In bocca si presenta morbido, di buon corpo, impreziosito dal tannino. Ideale con antipasti, primi piatti, carni bianche e formaggi.

IN UN QUARTO di secolo il Sagrantino ha trasformato l’economia di Montefalco decuplicando la superficie vitata. E’ il successo mondiale della Arnaldo Caprai, guidata da Marco Caprai che con il suo ‘Sagrantino 25 anni’ è entrato tra i migliori 100 vini del mondo. Nasce nel ‘93 da Sagrantino in purezza con una resa per ettaro bassissima: 50 quintali. Il vino affina in barriques di Allier per due anni e altri sei mesi in bottiglia. E’ di colore impenetrabile, di corpo sostenuto ed armonico, tannico ma con tannini dolci. E’ il vino del rinascimento dell’ Umbria enologica: oggi che la Caprai è totalmente impegnata nella green economy è simbolo di sviluppo sostenibile. c.c.

LIANO Chardonnay Sauvignon Blanc, Rubicone IGT, con uve 70% Chardonnay e 30% Sauvignon Blanc nasce sul terreno argilloso con substrato ghiaioso. Vinificazione: pressatura soffice a temperatura controllata, fermentazione in tonneaux di Allier. Affinamento: 3 mesi in tonneaux da 5,5 hl di Allier francese, media tostatura e almeno 3 mesi in bottiglia. Invecchiamento: 3/4 anni. Gradazione alcolica: 14 % vol. Colore giallo dorato, profumo armonico e intenso, con sentori di vaniglia e spezie, gusto morbido, armonioso e molto persistente. Perfetto con pesce, crostacei, antipasti e formaggi a pasta morbida.

NATURA Un vigneto di Verdicchio e alcuni vini tipici delle Marche

Marche, l’expo Marche, l’expo fa fa boom boom

In testa In testa ilil Verdicchio, Verdicchio, seguito seguito dai dai rossi rossi e dai dai vini vini bio bio Davide Eusebi LE CANTINE delle Marche arrivano al Vinitaly con un record acquisito: quello delle esportazioni che hanno fruttato 45,7 milioni di euro. Merito soprattutto del Verdicchio, di Jesi e di Matelica, che in questi anni ha guadagnato l’attenzione internazionale grazie alla sua versatilità: dalla freschezza e finezza dei vini che riposano la pulizia delle botti di acciaio, alla complessità e avvolgenza di quelli maturati in barrique. Basti ricordare il «Vecchie vigne» Umani e Ronchi, Verdicchio premiato coi tre bicchieri dal Gambero rosso e col titolo di vino bianco dell’anno 2012. O ancora al Verdicchio Riserva doc 2007 «Utopia» Montecappone di Jesi, anch’esso premiato coi tre bicchieri dal Gambero rosso come uno dei migliori vini italiani, elegante e di grande beva, fratello di un’altra grande «Utopia» in degustazione al vinitaly, da uve di Montepul-

ciano, della stessa casa. O ancora il Verdicchio Stefano Antonucci Riserva 2008 (Verdicchio dei Castelli di Jesi classico Riserva Doc) Bronze Medal 2011 all’ International Wine Challenge. Ma l’enologia marchigiana sta sfornando assi anche in altre tipologie. Il Rosso Piceno, ad esempio, sta facendo concorrenza al Brunello di

DUECENTO vini in degustazione sulla terrazza live: assaggi liberi per tutti coloro che vogliono scoprire i vini delle Marche al Vinitaly, nel padiglione. «Vogliamo promuovere — dice Alberto Mazzoni (nella foto), direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini — il pluripremiato Verdicchio e tutti i nostri vini aprendoci nuovi mercati esteri. Puntiamo su un aspetto determinante: possiamo proporre grandi vini con un grande rapporto qualità-prezzo». RICCO IL PROGRAMMA marchigiano al Vinitaly: domenica 25 marzo dalle 13 alle 14 collegamento Decanter su Rai Radio 2; dalle 13 alle 15 la presentazione degli eventi da parte della Regione Marche e di vini come la Vernaccia di Serrapetrona e la Docg Offida Pecorino, nuova denominazione per le Marche. A seguire la presentazione del concorso internazionale sui vini

Montalcino, sfruttando la sua classe e profondità gusto-olfattiva, uniti ad un prezzo molto concorrenziale rispetto al celebre vino toscano. AL VINITALTY ci sarà anche il di Rosso Conero, altro vitigno di fama mondiale. Crescono anche gli uvaggi considerati fino a qualche

tempo fa di secondo piano. Il Bianchello del Metauro, che ha nelle cantine Guerrieri di Piagge (eccellente il Celso), Fiorini di Barchi (con lo storico Campioli) e Lucarelli di Cartoceto (che presenterà il nuovo passito oltre che le selezioni Rocho e La Ripe) alcune delle migliori espressioni, o il Passerina e Pecorino, che Angela Velenosi da Ascoli valorizza anche all’estero. Bene anche i vini biologici che stanno prendendo piede per le loro qualità (niente solfiti e dunque niente allergie e cerchi alla testa) e che ha uno dei massimi produttori in Giordano Galiardi da Cartoceto. Per chi volesse approfondire la conoscenza dei vini marchigiani c’è Tipicità, festival dei prodotti tipici della regione, in programma a Fermo dal 21 al 23 marzo con degustazioni senza sosta (www.tipicita.it).

Qualità sì ma al prezzo giusto Nettari da scoprire nello stand marchigiano di Vinitaly da pesce. Lunedì 26 marzo dalle 13 alle 16, degustazione dei vini con la delegazione tedesca e assaggio di prodotti tipici, a cura di Steffen Maus; dalle 15.30 «Musicultura», presentazione dei 16 finalisti della rassegna musicale di Macerata ognuno abbinato a un vino regionale; alle 11 invece cinque province italiane presenteranno un progetto sulle Docg; alle 15 focus sull’export del vino in Usa; mercoledì 28 marzo dalle 11 «I blogger del vino, nuove opportunità di promozione». Non solo Vinitaly. L’Istituto marchigiano di tutela vini sarà presente anche a «Tipicità», il

festival dei prodotti tipici delle Marche (www. tipicita.it) in programma a Girola di Fermo, a cura di Angelo Serri e Alberto Monachesi, dal 21 al 23 aprile prossimi. ALL’ENOTECA delle Marche saranno degustabili tutti i vini doc e docg, con la guida dei sommelier dell’Ais, della Fisar e dell’Onav. In programma anche eventi per evidenziare le qualità dei singoli vitigni marchigiani, a confronto con altri vini europei: in particolare con i vini del Collio Friulano e con quelli serbi che si affacciano ora sulla scena internazionale. d.e.

I NUMERI

45,7

MILIONI DI EURO E’ la quota-export del vino marchigiano nel 2011

+ 26,5%

L’AUMENTO

Il Pecorino è tra i vini in testa nelle vendite nei supermercati


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BOLLICINE Nella grande distribuzione, tra i vini emergenti, cioè quelli che hanno registrato il maggior tasso di crescita, troviamo al primo posto il Pignoletto (+29,6%) secondo i dati di un’ indagine condotta di recente da SymphonyIRI Group per Vinitaly

Bacco & Business NUOVI PRODOTTI

Pignoletto, il re dell’estate

In versione spumante è l’ultima perla della cantina Righi Carlo Cambi SARÀ IL VINO per l’estate. Come già nel 2011 anche quest’anno le Cantine Righi lanceranno sulla Riviera Romagnola “l’altro modo di bere spumante”. Forte di un vitigno antichissimo, di un territorio dove la viticoltura è radicata da secoli, il Pignoletto Spumante è l’ultima perla delle Cantine Righi, che da venti anni si occupano di questo vitigno e che hanno la leadrship di mercato con quote del 40% per il Pignoletto frizzante, vino peraltro in crescita esponenziale (più 29%) nella grande distribuzione. Il mercato degli sparkling del resto è in continua espansione: mercati come la Germania continuano a preferire le bollicine italiane e anche negli Usa – ormai il nostro mercato di riferimento – i vini che spumano sono per la maggioranza italiani. MA IL PIGNOLETTO Spumante è un unicum. Nasce da un vitigno descritto mirabilmente dal Pier de Crescenzi e che conta i Colli e quelli modenesi. Di fatto si produce in tre tipologie: tranquillo (ed è prerogativa pressoché assoluta dei Colli Bolognesi) frizzante e ora grazie all’impego di ricerca di Righi anche spumante con metodo charmat corto. Dunque una ridotta permanenza sui lieviti per esaltare le caratteristiche di questa uva bianca di buona acidità, con finale ammandorlato ed amaricante e bouquet che esprime dal tiglio alla ginestra con ampie sensazioni fruttate. Forte di que-

sta caratteristiche di freschezza e piacevolezza il Pignoletto si prepara grazie all’iniziativa di Righi ad uscire dal ridotto del mercato regionale per proiettarsi sui palcosecinci del gusto internazionale, Del resto è vino versatile: perfetto come aperitivo, va d’accordo sia con la cucina di pesce, sia come il finger food, sia infine con carni bianche e cucina vegetariana. L’impegno di Cantina Righi nel lancio del Pignoletto si declina però anche con una seconda bottiglia. Se lo Spumante ha infatti spuma cremosa e persistente e un corpo di maggior struttura anche grazie alla sfumatura di crosta di pane e di mela verde che gli deriva dai lieviti, esiste un Pignoletto con vena più aromatica di beva ancora più immediata che è il frizzante che ora Righi confeziona anche nella cosiddetta bottiglia tappo-spago proprio per incrementare la percezione di tradizionalità di questo vino e comunicare la facilità e piacevolezza di approccio ad un frizzante che ha classe da star e look da teen agers.

Una rosa di bottiglie delle Cantine Righi: qui sotto il Pignoletto che viene lanciato nella versione Spumante. Restiling per la bottiglia del Pignoletto frizzante

PIGNOLETTO FRIZZANTE Sopra, alcuni vini rossi tra i quali il Lambrusco Notturno, il nuovo nato nelle Cantine Righi frutto di macerazioni più lunghe e uve selezionatissime

NOVITÀ NEL RISPETTO DELLA TRADIZIONE NASCE LA BOTTIGLIA DEL ‘NOTTURNO’

Il Lambrusco conquista l’alta ristorazione RESTA IL PIÙ AMATO dai consumatori. E’ il Lambrusco: un vino di fragranza assoluta che sa essere austero quando serve, che sa invitare al piacere del vino con assoluta spontaneità, imbattibile nell’abbinamento con i salumi, un timbro di totale emilianità, consumato in 30 milioni di bottiglie stando solo al canale della distribuzione moderna. Cantine Righi sono tra i maggiori produttori di Lambrusco che declinano in tutte e tre le Doc che raggruppano il meglio dell’ enologia Modenese attraverso il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro nelle versioni secco e amabile e il Lambrusco Salamino. E il Lambrusco comincia ad essere riscoperto anche nella ristorazione di alta classe perché i clienti chiedono sempre di più vini di territorio e di tradizione e con una forte riconoscibilità degustativa. Il Lambrusco di Sorbara è riconoscibile per acidità, il colore rosso scari-

Coltiva, il vino come passione collettiva

DI SOLITO solito si usa l’espressione colosso cooperativo per indicare un aggregato produttivo così forte. Ma la parola colosso non s’addice al gruppo Coltiva che da oltre 20 anni è impegnato nella produzione di vini di alta qualità. Nel senso che il gruppo commercializza la produzione di migliaia di soci che coltivano una superficie di diecimila ettari di vigneto, ma in realtà ha strutturato il proprio catalogo come la somma di tantissimi produttori di qualità che lavorano con passione artigianale e tecnologie d’avanguardia la vigna. L’anima di questo gruppo è ancora ancorata alla valorizzazione del Lambrusco che con 30 milioni di bottiglie prodotte è il più venduto nella distribuzione moderna, ma oggi il gruppo Coltiva si è dato alla totale valorizzazione dei vitigni autoctoni, come dimostra il successo eclatante del Pignoletto, e alla coniugazione di modernissime tecnologie di produzione con la tradizione agricola supportate da un marketing innovativo.

45%

Le Cantine Righi hanno la leadrship assoluta di mercato per quanto riguarda il Pignoletto, con quote del 40% per il Pignoletto frizzante

IL GRUPPO

co e il tipico profumo floreale; il Lambrusco Salamino di Santa Croce si offre ricco di colore con note violacee e di profumi fruttati che richiamano il lampone e la ciliegia ed infine il lambrusco delle colline modenesi, Grasparossa di Castelvetro, in cui la componente tannica esalta corpo e colore, è caratterizzato da un colore rubino intenso, accompagnato da note di ciliegia, amarena e ribes che ne fanno uno dei vini più apprezzati a livello nazionale. Accanto a queste bottiglie Cantine Righi ha voluto creare un nuovo vino. E’ il Notturno, un Lambrusco dal colore impenetrabile, ottenuto da macerazioni più lunghe e da un’accurata selezione delle uve. Ha corpo robusto, tannini ben levigati e una maggiore rotondità al palato mentre il bouquet lievemente aromatico ed erbaceo esalta le sensazioni di piccoli frutti rossi. c.c.

TANTO PER CITARE i progetti che hanno avuto attuazione ci sono quelli di customerizzaizone del punto vendita: dalla carta dei vini che viene declinata insieme ai ristoratori per offrire i vini migliori in una scelta di oltre 500 tipologie, alla presenza nelle grandi superfici del mastro cantiniere che è capace di consigliare il cliente sul miglior abbinamento cibo vino, dalla creazione di corner di vendita con una particolare ambientazione, alla creazione di veri e propri info point sul vino. Ma ovviamente tutto poggia sulla ricerca della massima qualità. Per questo Coltiva lega i propri soci a rigidissimi disciplinari di produzione ed ha un costante controllo di qualità sul vino come è riconosciuto da maggiori critici. Ma soprattutto da consumatori che hanno premiato con successo crescente queste produzioni, di cui Pignoletto e Lambrusco sono le espressioni più caratteristiche. c.c.


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Bacco & Business LA RIPRESA

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CHIANTI Profumato e piacevole, strizza l’occhio ai giovani Simbolo del territorio, il Chianti è uno dei vini rossi italiani tra i più celebrati e affermati a livello internazionale

Dop alla conquista degli Usa E la Cina rappresenta il settimo mercato internazionale NEL 2011 sono cresciute le esportazioni di vino toscano: secondo Toscana Promozione, i dati Istat indicano un +12,2% in valore rispetto al 2010 (+12,4% la media nazionale). Con oltre 659 milioni di euro la Toscana è al secondo posto in Italia dopo il Veneto. I vini toscani a denominazione d’origine protetta hanno registrato un +9,6 in quantità e un +9,9% in valore rispetto all’anno precedente, superando i 464 mln. Per i vini Dop toscani gli Usa, con oltre 146 mln di export, si confermano il primo mercato, seguiti da Germania (92,5 mln), Canada (38,2 mln), Regno Unito (25,8 mln) e Svizzera (25,5 mln). Cresce l’incidenza dei nuovi mercati: la Cina sfiora i 10 mln e rappresenta oggi il settimo mercato di destinazione per i vini toscani.

+12,2% 463 EXPORT

E’ l’aumento fatto registrare dalle esportazioni vinicole toscane nel 2011

PARTECIPANTI Sono le aziende toscane produttrici di vino a Vinitaly, tra il padiglione 8 e la tensostruttura D

Nei vigneti della Toscana emozioni e sostenibilità Paolo Pellegrini OLTRE 650 milioni di euro, di cui quasi mezzo miliardo solo tra vini a denominazione: l’export da record è il biglietto da visita con cui il Vigneto Toscana si presenta al Vinitaly 2012. Ma i numeri non sono il solo gioiello di questa spedizione: non a caso, la nuova strategia che punta al riposizionamento del brand nel mondo ha come slogan Toscana: new feelings. Nuove emozioni affidate alle degustazioni che, guidate dal sommelier Ais, Massimo Castellani, punteranno a esaltare le quattro stelle legate alle sensazioni del vino: passione, solarità, eleganza e spiritualità. «Oggi parlare di Toscana — ha osservato di recente il guru del vino James Suckling in una intervista — significa parlare di un luogo da sogno. E i grandi vini toscani, nei calici degli americani, hanno di fatto soppiantato anche i francesi». E C’E’ ANCHE un debutto eccellente, nella pattuglia toscana che come al solito occuperà un intero padiglione, con molte grandi griffe del vino presenti però anche nel padiglione dei vip. Alla ribalta il Consorzio Chianti, che partecipa con un proprio stand di 100 metri quadrati che consente per la prima volta di approcciare la denominazione più estesa, e una delle più famose d’Italia: 15.500 etta-

ri coltivati a vite, 2.700 soci del consorzio, oltre un milione di bottiglie l’anno per un giro d’affari intorno ai 200 milioni di euro, realizzati per il 40 per cento sul mercato italiano, e per il 60 per cento grazie a un export destinato soprattutto ai mercati di Usa e Germania. Un vigneto di tutto riguardo, fin qui forse a rischio di identità per la presenza in qualche modo ingombrante di una sottozona dal marchio importante come il Classico Gallo Nero. MA IL CHIANTI non ci sta, e vuole distinguersi. «Sta tornando — dice il presidente del Consorzio, Giovanni Busi — a essere il vino italiano per eccellenza». Con i suoi bravi punti di forza. «Ciò che emerge — continua — è la storia di un territorio, della sua storia e della sua cultura enogastronomica. Il Chianti poi è originalità, perché ti sorprende, è modernità, perché strizza l’occhio ai giovani, è freschezza, perché si presenta profumato e piacevole». INFINE una curiosità, sempre dalla toscana. Un’azienda di Montepulciano, Salcheto, ha pensato a uno stand completamente carbon free autonomo dalla rete elettrica. L’energia viene da una mini-cella fotovoltaica sul terrazzo dell’albergo. E da un risciò: il visitatore dello stand sarà invitato a pedalare. Ogni minuto, un calice di vino. Mezzo in più per quelli al fresco.

Pagine a cura di Gloria Ciabattoni Supervisione di Giuseppe Tassi Progetto grafico di Daniela Marsino


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SUPERSTAR Più 17% è l’aumento registrato nell’export verso gli Stati Uniti nel 2011da questo vino tipico del Nord Est. Si produce infatti solo nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia

VIAGGI E SAPORI 45

Bacco & Business L’ORO DEL NORD

La sinfonia del prosecco Canevel, il boom dei vini di Valdobbiadene

SE CHIEDETE ad un sommelier, ad un enologo, ad un appassionato di vino qual è la migliore virtù di una bottiglia, risponderà l’armonia. Ma un vino dei avere anche anima, ritmo. Per avere tutto questo si devono però realizzare tre condizioni: una terra felice, un vignaiolo accorto e appassionato, un fruto della vigna espressivo. E poi c’è un quarto fattore che non tutti possiedono che è l’esprit. Questo è il mix che ha reso possibile Canevel, che ha scelto di sposare i propri vini alla musica, ad un concorso e una scuderia di interpreti – il Canevel Music Lab - che attraverso

le note musicali hanno reso sinfoniche le note del vino. Ed è questa diversità positiva che marca la produzione di Canevel, un grande interprete del boom inarrestabile del Prosecco, il vino italiano più venduto al mondo. Carlo Caramel – insieme alla mamma Tatiana e ai più stretti collaboratori Roberto De Lucchi e Roberto Corve – ha portato avanti con felice ostinazione l’idea del fondatore della cantina, il papà Mario Caramel che nel ‘79 intuì le potenzialità dell’uva Glera che è alla base del successo del Prosecco di Valdobbbiadene e Conegliano. L’intento era quello di creare vini

BOLLICINE, IL MOTORE DELL’EXPORT

L’Italia è frizzante Lorenzo Frassoldati SONO LE BOLLICINE che trainano l’export del Belpaese enologico nel mondo. Dietro al record dei 4,4 miliardi di export in valore del 2011 (+12% sul 2010) c’è il boom degli spumanti (leggasi Prosecco) con uno strabiliante +30%. Negli ultimi otto anni l’esportazione di Prosecco è cresciuta quasi del 100% arrivando ad un volume di circa 25 milioni di botti-

CONEGLIANO Il Nord-Ovest in testa per bottiglie stappate: il 31 per cento del totale glie mentre nel 2003 superava di poco i 12 milioni. Oggi circa il 40% dell’intera produzione viene esportato nei cinque continenti. Primo mercato si conferma la Germania, con il 34,3%, seguita da Stati Uniti (+81,9% in raffronto al 2009) e il Canada (+44,6%). Ormai il caso Prosecco è destinato ai manuali di economia a dimostrazione di come il successo di un vino possa rilanciare un territorio. Il ministero del Lavoro ha preso in esame il distretto di Conegliano Valdobbiadene come case history per combattere la crisi. Oggi il Prosecco Superiore vale 65,7 milioni di bottiglie, con una crescita annua dei volumi del +

9,5% ed una crescita complessiva a valore del 60%, passato da 250 milioni a 400 milioni di euro. Uno sviluppo che ha permesso la creazione di nuovi posti di lavoro, in particolare nelle mansioni di export manager (+ 2% nell’ultimo anno) e di enologo ( 1,5 per cantina) e oggi le 166 aziende produttrici impiegano più di 5000 persone. «L’italian style trionfa nel mondo e crea occupazione in Italia», sintetizza Giampietro Comolli, studioso dei distretti del vino e fondatore dell’osservatorio ovse.org. «SI CONFERMA una crescita dei consumi domestici, un aumento degli acquisti direttamente alla produzione, un aumento dei consumi di Prosecco Docg nei locali aperti al pubblico, un aumento delle vendite di Prosecco Doc nella Gdo, un incremento per i Moscati Spumanti con l’Asti docg in testa. Il Nord Ovest italiano diventa la prima area per bottiglie stappate con il 31% del totale di metodo italiano, in leggera crescita il centro Italia (+ 4%) e il sud, ma ben lontano dalle potenzialità e soprattutto con un prezzo medio della bottiglia al consumo inferiore al prezzo della stessa etichetta nel Nord». Al Sud c’è un forte potenziale di crescita, secondo l’osservatorio di Comolli, «attivando occasioni d’incontro e puntando sui consumi non domestici».

che sfruttando l’aromaticità di questa uva e attraverso il metodo di spumantizzazione Martinotti avessero fragranze e suadenza, florealità e piacevolezza. SU QUESTA LINEA Canevel per prima ha creato il Millesimato e poi di espansione in espansione acquistando terre a Refrontolo, legando i conferitori d’uva a disciplinari rigidissimi di produzione, inaugurando le nuovissime cantine di Saccol ha portato – forte di una produzione annuale di oltre 800 mila bottiglie - il suo Prosecco nel

mondo. Oltre al Valdobbiadene spumante DOCG Charmat nelle cinque qualità Brut, Extra Dry, Extra Dry Il Millesimato e Cartizze, Canevel ha inserito tra le sue proposte anche una linea di vini Cru provenienti dai vitigni di proprietà (Valdobbiadene Frizzante D.O.C.G Vigneto San Biagio rifermentato in bottiglia, Valdobbiadene Spumante D.O.C.G Vigneto del Faè) e la linea Canevel La Vi (Prosecco Spumante Aromatico di Qualità, Prosecco Frizzante Colli Trevigiani IGT e lo spumante Rosé Vsq La Vi in Rosa). E’ la sinfonia del Prosecco. c.c


46 VIAGGI E SAPORI

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Bacco & Business LA DINASTY

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LE ORIGINI Nel 1300 con Berto de’ Frescobaldi il vino prodotto in Toscana approda nelle Fiandre e in Inghilterra dove i Frescobaldi divennero i fornitori abituali di corte

Carlo Cambi CORREVA L’ANNO 1308 e i Frescobaldi cominciarono a commerciare il loro vino prodotto nella tenuta di Castiglioni in quel di Montespertoli dove il sangiovese era il vino della nobiltà. Ma i Frescobaldi erano attivi in Firenze già da un secolo: banchieri e mercanti, ma soprattutto uomini d’arte e di politica. Un Frescobaldi, Dino, fu eccelso rimatore con Dante e ce ne parla il Boccacio, un altro Frescobaldi pagò in vino un giovane scultore a cui aveva commissionato delle opere. Si chiamava Michelangelo Buonarroti. Un altro Frescobaldi, Girolamo, è considerato un monumento della cultura musicale europea: il Barocco in note si deve a lui. Basta? Probabilmente no. NON BASTA a narrare il dipanarsi di una dinastia, che ha avuto per epicentro Firenze e che è stata mecenate di Brunelleschi e innovatrice nella viticoltura sempre lì a Castiglioni dove sul fare dell’800 furono sperimentati i primi impianti di Chardonnay e Merlot in Toscana, lo spigolare tra gli eventi salienti di nove secoli. Conviene allora raccontare i Frescobaldi come l’incarnazione dell’aristocrazia enologica mondiale. Oggi il gruppo Frescobaldi, che tiene casa ancora in palazzo Frescobaldi in via Santo Spirito dove da sempre questa nobilissi-

Frescobaldi, dove il vino è opera d’arte L’EVOLUZIONE Il gruppo fiorentino oggi è tra i leader del settore enologico ma e potentissima famiglia fiorentina ha avuto quartier generale, è uno dei maggiori in Italia e in Europa: per estensione di vigneto, per qualità assoluta della produzione, per rispetto filologico dei territori e della natura. Ma i Frescobaldi hanno qualcosa in più: hanno vigna solo attorno ai castelli. E’ COSÌ a Pomino in val di Sieve dove da mezzo millennio si fa viticoltura, è così a Nipozzano la sentinella della Rufina giunto dai Guidi agli Albizzi e per via di matrimonio ai Frescobaldi, è così a Ca-

stiglioni dove da settecento anni i Frescobaldi hanno vigna, è così a Castel Giocondo una delle maggiori aziende del Brunello di Montalcino da dove è passata tutta la storia delle contese tra Siena e Firenze. Ma se questa è la solidità stratificata dei Frescobaldi, l’attualità è stata l’espansione che Vittorio Frescobaldi ha dato a partire dagli anni ‘50 al gruppo che oggi conta sette tenute. Oltre a quelle storiche ci sono infatti Luce e Ornellaia che insieme con Castel Giocondo sono state riunite in ‘Tenute di To-

scana’ (detenuta al 70% dai Frescobaldi) e le nuove acquisizioni di Santa Maria e Costa di Nugola oltre alla storicissima tenuta dei Conti Attems nel Collio Friulano rilevata un decennio fa. Ciò consente alla famiglia Frescobaldi (sono sette i membri della dinastia che si occupano oggi delle aziende vinicole) di offrire una loro personalissima galleria dei capolavori della vigna. Dal Pomino Bianco al Brunello di Castel Giocondo, dal Nipozzano al Friulano sono tutte opere d’arte in bottiglia.

1716 Cosimo III de’ Medici loda l’eccellenza dei vitigni coltivati dai Frescobaldi

1960 Vittorio Frescobaldi perfeziona la qualità della produzione vinicola

LE ETICHETTE CHE SEGNANO PRIMATI NELLE ASTE INTERNAZIONALI

Mormoreto e Castelgiocondo, gioielli da bere

RINNOVAZIONE NELLA TRADIZIONE: I CORNER DI ENOGASTRONOMIA

I wine-bar da Firenze a Londra NON C’È ETICHETTA dei Frescobaldi che non sia destinata a segnare con un primato le aste mondiali del vino. E questo perché i vini di casa Frescobaldi sono l’essenza più alta e nobile della grande tradizione vitivinicola toscana. In particolare due vini quest’anno sono diventati dei must assoluti. Il Mormoreto, massima espressione delle terre del Castello di Nipozzano frutto di Cabernet, Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot è vino austero, profondo, elegantissimo. Il Brunello di Montalcino Riserva Castelgiocondo è una delle massime espressioni del terroir di Montalcino: come dire una delle cinque migliori zone da vino del mondo. Mormoreto e Castelgiocondo sono inseriti in un catalogo d’asta della Gilardini Romani che si svolgerà ad Hong Kong, la più grande mai organizzata, con base d’asta mezzo milione di euro. Come dire con Frescobaldi il valore Toscana diventa un asset mondiale. Ma egualmente vale per altre bottiglie: il Lamaione, il Montesodi, il Benefizio Pomino Bianco, il Terre More di Castiglioni, il Costa di Nugola Vermentino.

LA CAPACITÀ di innovare restando fedeli a se stessi la famiglia Frescobaldi l’ha espressa anche grazie alle iniziative d’avanguardia nella commercializzazione e nella diffusione della cultura del vino. I Frescobaldi sono stati i primi ad aprire dei wine-bar con la loro insegna e quest’anno si celebra il decennale di apertura del Ristorante Wine-Bar Frescobaldi in piazza della Signoria a Firenze affidato alle cure di Duccio Magni, chef Alessandro Zanieri. Questa attività ha debuttato nel 1999 a Fiumicino alle partenze nazionali quando fu aperto il primo corner. Nel 2002 e nel 2008 sono stati aperti sempre a Fiumicino gli altri desk del vino e delle buone cose di Toscana al terminal 3-H e 3-C. Infine la formula vincente delle tavole firmate Frescobaldi dove è possibile degustare tutta la produzione enologica della famiglia è stata esportata anche a Londra. Il Frescobaldi Wine Bar è il più frequentato tra i corner enogastronomici dei grandi magazzini Harrod’s di Londra.


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VIAGGI E SAPORI 47

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L’ENOTECA Nella Rocca Sforzesca del borgo collinare di Dozza ha sede l’enoteca regionale dell’Emilia Romagna con 243 associati tra produttori, enti di tutela, consorzi e associazioni di sommelier

Bacco & Business TRADIZIONE E QUALITÀ

Cesari: il territorio e il Sangiovese 2.0

La storica cantina di Castel San Pietro (BO) e le frontiere dell’innovazione Carlo Cambi DA QUARANTACINQUE anni la Umberto Cesari è sinonimo di Sangiovese di qualità. La storica cantina nata dalla passione di Umberto che da ristoratore si è trasformato in vignaiolo è pronta a nuove sfide. «Il mercato è complesso — spiega Giammaria Cesari — perché su quello interno c’è contrazione di consumi e in quello internazionale una forte competitività. Ma noi continuiamo nel nostro sviluppo che è declinare territorio, tradizione, innovazione e qualità al giusto prezzo». Anche quest’anno sono entrati in produzione 10 ettari che portano a 130 ettari il totale della superficie a vite, cinque poderi che abbracciano un affascinante anfiteatro di colline a Castel San Pietro, la gran parte dedicata al Sangiovese di Romagna. La ricerca è incessante, da oltre tre lustri la Umberto Cesari collabora con l’Università di Bologna, e si riflette in elevata qualità delle bottiglie. «La nuova frontiera – nota Giammaria Cesari – è usare le nuove tecnologie per far comprendere il valore delle nostre produzioni». Nasce così il progetto

I CAVA SPAGNOLI

Freixenet gli spumanti della Catalogna L’AZIENDA Freixenet nasce nella regione vitivinicola di Catalogna, Spagna. Il cava Freixenet è un vino spumante a denominazione d’origine, prodotto con il metodo classico di rifermentazione in bottiglia (per i francesi ‘champenois’, lo stesso dello Champagne). La zona d’origine dei cava è caratterizzata dal terreno ricco di creta e gesso e da favorevoli condizioni climatiche, ideali per la crescita di vitigni di qualità superiore.

del Sangiovese 2.0 che significa entrare nel mondo dei social network per narrare il fascino del vino di Castel San Pietro. Tutto possibile a condizione di produrre grandi vini. Come il Tauleto che resta il Sangiovese di punta dell’azienda, come

la linea Moma arricchita di un rosato di raffinata eleganza, come i bianchi e gli spumanti». «LA NOSTRA IDEA è la valorizzazione del territorio, dei vitigni autoctoni con uno stile moderno che si fonda sulla storicità della vigna». La linea di produzione cosmetica, la Tauleteo wine fragrance di cui si

occupa Giuliana Cesari, da polifenoli di uva rossa completa il profilo di una cantina in continua evoluzione. «E’ il solo modo per stare su un mercato, anche se in Italia la scarsa protezione del credito e la scarsa attenzione all’agricoltura sono un limite — conclude Giammaria Cesari —. Ma noi non ci fermiamo, la sfida continua».

VINITALY DAL SANGIOVESE ROMAGNOLO AL PIGNOLETTO DI BOLOGNA, AL LAMBRUSCO BLASONATO

Emilia Romagna, l’elogio della semplicità in bottiglia Lorenzo Frassoldati LAMBRUSCO e sangiovese di Romagna su tutti. Sono rossi i due campioni dell’enologia dell’Emilia Romagna, in crescita sia in qualità e in export. Ma spuntano anche i bianchi autoctoni come l’Albana di Romagna secca (la versione passita è una docg già consolidata da decenni), come l’Ortrugo piacentino, come il Pignoletto dei Colli bolognesi che quest’anno ha avuto l’onore del primo ‘3 bicchieri’ della sua storia, come i passiti base Malvasia che hanno fatto dei Colli piacentini uno dei migliori terroir dei vini da dessert. A Verona nel tradizionale padiglione 1 l’Emilia Romagna si presenta con 126 cantine e un menù ricchissimo di degustazioni, incontri con i produttori e un’intera giornata di workshop con 40 buyer stranieri provenienti da tutto il mondo (possibilità di prenotare on line sul sito www.enotecaemiliaromagna.it). DI UNA REGIONE del vino in forte crescita parla Giorgio Melandri, referente regionale del Gambero rosso e curatore di Enologica, l’evento faentino di tendenza che contamina vino, prodotti tipici e ristorazione in una Babel enogastronomica. «L’Emilia Romagna ha saputo fare della diversità dei suoi territori un valore,

126

CANTINE

I numeri del padiglione Emilia Romagna in rassegna al Vinitaly

anziché viverla come un limite. I vini dell’Emilia-Romagna sono moderni perché sono immediati e convenienti, sono moderni perché il loro linguaggio è complementare a quello del cibo e quindi richiamano sempre un’esperienza complessa. La semplicità è finalmente un valore e questa regione può approfittarne nelle produzioni più identitarie e tradizionali». Finalmente si torna ad investire sulle espressioni più clas-

siche dei territori : «La Romagna vede il trionfo dei suoi sangiovese in purezza, si rilancia Bologna e il Pignoletto, il Lambrusco gioca ormai in serie A proponendo la sua espressione più difficile e tagliente, il Sorbara».

L’AMPIA gamma Freixenet vanta prodotti di grande qualità e tradizione. L’utilizzo di uve autoctone ha permesso ai cava di acquisire caratteristiche organolettiche che hanno consentito loro di ritagliarsi sui mercati uno spazio competitivo completamente autonomo. Nella gamma, di grande personalità è Gran Cordon Negro, apprezzato per la sua intensa freschezza. L’elevata presenza di uve Parellada, insieme alla varietà Macabeo, dà a questo cava aromi intensi e fruttati di mela verde, buccia di limone e leggere note tropicali. Giallo chiaro brillante e con bollicine fini e persistenti, è fresco e leggero con eccellente armonia tra acidità e dolcezza, delicato sentore di lieviti e lunga persistenza. Gran Carta Nevada è un cava ben equilibrato con tutta la ricchezza delle varietà tipiche del cava, Xarel-lo, Macabeo e Parellada. Giallo dorato con bollicine fini e persistenti, ha delicati aromi floreali mescolati con delicati sentori di lievito. Al palato si presenta fresco e vivace, con una buona struttura.


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