LA CISL PER L’EMILIA ROMAGNA Immagini di comunità
A cura della Cisl regionale Emilia Romagna*
Indice Prefazione – Giorgio Graziani (segretario generale Cisl Emilia Romagna)
pag. 3
I principali dati relativi all’Emilia Romagna
pag. 5
Il sindacato che cambia
pag.8
La crisi rimette in discussione i nostri riferimenti
pag.10
Mercato del lavoro
pag.21
L’impatto della crisi sulle famiglie e sulle persone
pag. 40
La struttura demografica in regione
pag.46
L’immigrazione
pag.47
Il sistema dei servizi
pag.49
Sistemi territoriali omogenei
pag.55
Schede regionali – provinciali
pag.59
2
Prefazione di Giorgio Graziani – segretario generale Cisl Emilia Romagna
L’Emilia Romagna è una regione che sociologi ed economisti faticano a collocare. Alcuni ne parlano come se fosse parte del Nord-Est, altri la vedono più omogenea dal punto di vista politico e socio – economico al Centro Italia. Per altri ancora è a un tempo il Sud del Nord e il Nord del Sud. Insomma : un insieme di territori che, nel corso del tempo, hanno imparato a convivere, ciascuno con le proprie specificità, dando origine a ciò che è oramai internazionalmente definito come “modello emiliano – romagnolo”, un’organizzazione della vita economica che ha saputo combinare saggiamente efficienza ed equità, crescita e coesione sociale. Un modello tuttavia che già all’inizio degli anni Duemila ha cominciato a mostrare i primi scricchiolii, pur mantenendo ancora considerevoli aspetti positivi come la coesione sociale, l’incremento dell’occupazione femminile e la qualità dei servizi. La crisi e il terremoto del maggio scorso non hanno fatto altro che accelerare questo processo di rielaborazione strategica. C’è chi scrive di una metamorfosi in corso; secondo altri siamo alla fine di un ciclo e ci si deve porre la questione del suo superamento. Cresce la percezione di insicurezza, l’incremento della microcriminalità nelle città capoluogo di provincia, e non solo. Senza dimenticare, naturalmente, questioni strutturali come la crisi dei distretti industriali: il comparto motoristico, quello della ceramica, la meccanica, ma anche il settore turistico, che ha bisogno di ripensarsi continuamente. Per ultimo, ma non in ordine di importanza, viene il problema delle infiltrazioni delle cosche malavitose, da quelle legate a “cosa nostra”, alla camorra o alla ’ndrangheta. La sfida che ci viene chiesto di giocare è, dunque, quella di partecipare con le nostre idee e la nostra azione al cambiamento nelle aziende, nelle amministrazioni e nel sociale, per “non gettare via il bambino con l’acqua sporca”. La crisi socio – economica può essere occasione propizia per ricercare nuove vie, nella logica di coniugare più strettamente produzione, rilancio dell'istruzione tecnica, ricerca ed innovazione e, nel contempo, riprogettare il sociale nella sua interezza modulando servizi mirati ai nuovi bisogni in una logica di efficienza ed efficacia. La contrattazione, la concertazione, la sussidiarietà possono essere le leve che il sindacato della partecipazione e della responsabilità mette in campo per produrre discontinuità nella continuità degli obiettivi del modello sociale (tenere assieme coesione sociale e competitività, affrontando la sfida con nuovi strumenti, adeguati al tempo presente). L’analisi che presentiamo è stata immaginata in occasione dell’XI Congresso della Cisl dell’Emilia Romagna sostanzialmente con due finalità : lanciare un segnale su ciò che per noi è un’esigenza imprescindibile: parlare di futuro, essendo preparati ad affrontarlo anche 3
in termini di conoscenza del contesto in cui si opera; definire il perimetro entro il quale lanciamo la nostra sfida, che consiste nel portare avanti un cambiamento che consenta di accrescere la nostra efficacia e la capacità di presidiare il territorio. Essere un’organizzazione – rete, capace di intercettare i bisogni e le aspettative di chi rappresentiamo, è ancora di più una necessità in un tempo caratterizzato dall’oggettiva carenza di saldi punti di riferimento. Non è l’ideologia che può fungere da lanterna per cercare di uscire dalle incertezze a cui siamo condannati dai tempi che corrono. Solamente se saremo in grado di comprendere sempre meglio la cornice che ci contiene accresceremo la nostra capacità di esserci, per un cambiamento che non travolga i più deboli, ma consenta loro di affrontarlo proattivamente. I valori fondanti che ci guidano, hanno sempre posto le persone al centro del nel nostro operare, considerandole costantemente come dei fini e mai come mezzi, fornendo a ciascuno competenze, capacità e tutele fondamentali per meglio poter affrontare il contesto in cui è inserito. La sfida per la nostra regione è quella posta da Martha Nussbaum quando scrive «se il Pil di un determinato paese cresce, ma non diminuisce il numero di persone deprivate dei diritti all’istruzione, alla salute e ad altre opportunità di realizzazione individuale, possiamo dire che quel paese progredisce?». La Cisl desidera essere protagonista dei processi che garantiranno a tutti gli emiliano – romagnoli di “progredire” negli anni a venire, affrontando e, nelle possibilità date, governando il cambiamento “insieme” a tutti i soggetti che individuano come obiettivo prioritario il “Bene Comune”.
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I principali dati relativi all’Emilia Romagna
Quanti sono gli emiliano – romagnoli?
4.459.246
(dato 2012)
2.164.207 maschi 2.295.039 femmine
La base occupazionale in regione
1.982.000
(dato 2012)
Gli emiliano romagnoli occupati sono
1.101.000
(dato 2012) Le emiliano romagnole occupate sono …
8810.000
(dato 2012)
Quanti lavoratori dipendenti?
1.508.00
(dato 2012)
784.000 maschi 725.000 femmine
Quanti lavoratori autonomi?
473.000
(dato 2012)
317.000 maschi 156.000 femmine
Qual è il tasso stimato di lavoro irregolare in regione?
8,1%
(dato 2011)
5
Quanti residenti stranieri in regione?
555.000 – il 12,4% della popolazione totale
(dato 2012)
Di cui il 51,7% di donne
Quante famiglie ci sono in regione?
1.990.104
(dato 2012)
Ampiezza media della famiglia emiliano – romagnola
2,23 persone
(dato 2012)
Età media dell’emiliano – romagnolo
44,5 anni
(dato 2011)
Reddito medio dell’emiliano – romagnolo
14.364 euro
(dato 2011)
Tasso di occupazione
67,9%
(dato 2012)
74,6% maschi (-1,4% rispetto al 2011) 61,2% femmine (+ 0,5% rispetto al 2011)
Tasso di attività
71,8%
(dato 2012)
Tasso di disoccupazione
8,2%
(dato 2012)
Tasso di disoccupazione
8,9%
(dato 2013 - previsione)
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Ore di cassa integrazione in regione
CIGO 18.894.062
(dato 2012 in ore autorizzate)
GIGS 400.284.270 CIG in deroga 42.114.138
Iscritti a CISL-CGIL -UIL in regione
1.522.313
(dato 2012)
CGIL 820.191 CISL 312.774 UIL 126.956
Iscritti attivi a CISL-CGIL -UIL in regione
363.056 CGIL – 158.118 CISL – 47.000 UIL (stima)
(dato 2012)
Tasso di sindacalizzazione CISL-CGIL-UIL tra gli 25% occupati (dato 2011)
Iscritti alle categorie dei pensionati CISL-CGIL-UIL e CGIL 457.135 – CISL 154.656 – 80.000 UIL (stima) autonomi in regione (dati 2012)
Tasso di sindacalizzazione pensionati CISL-CGIL-UIL 69% e autonomi in regione (dati 2011)
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Il sindacato che cambia Il rapporto 2011 dell’EIRO1 (l’osservatorio europeo delle relazioni industriali) rileva come l’attività di riorganizzazione dei sindacati del Vecchio continente prosegua, dando quindi seguito a una tendenza ormai decennale, volta a cogliere le sfide del cambiamento. La tendenza al consolidamento delle organizzazioni sindacali riguarda sia Paesi la cui sindacalizzazione è in crescita , sia gli altri Paesi. Le fusioni paiono, quindi, corrispondere sia a strategie aventi il fine di porre un argine alla crisi, che di azioni per consolidare una possibile nuova attenzione all’opera del sindacato. Il rapporto riporta alcuni casi concreti, esemplificativi del fenomeno, riguardanti sia il 2010 che il 2011 : In Danimarca si è data vita alla nuova categoria denominata 3F, che associa tutti i lavoratori della filiera delle costruzioni; In Finlandia è stata costituita la TEAM, la nuova categoria dei lavoratori dell’industria e dei media; nel 2011 un sindacato dei lavoratori dell’industria finanziaria (SUORA) ha aderito all’organizzazione sindacale degli impiegati (TU); In Portogallo la federazione Fiequimetal dei minatori, chimici, metalmeccanici, del petrolio e del gas affiliata alla CGTP ha ridefinito la propria presenza sul territorio, passando da 9 a 4 strutture territoriali; inoltre la CGTP, attraverso gli accorpamenti, ha ridotto il numero delle categorie aderenti da 130 (1996) a 83 (2011); In Lituania nel 2011 i 9 sindacati rappresentativi hanno deciso di dar vita a un gruppo di lavoro comune per definire nuove forme di cooperazione per il futuro; Nel Regno Unito nel 2011 si è assistito alla fusione del sindacato Aspect (che rappresentava 4.000 lavoratori della scuola e dei servizi per l’infanzia) nel più grande Prospect (120.000 iscritti tra i lavoratori di alta professionalità nei servizi). Anche nel settore dei trasporti si sta lavorando alla fusione tra il sindacato dei lavoratori delle ferrovie, marittimi e trasporti con un sindacato che associa i lavoratori occupati nei servizi di trasporto privato. Tra le sfide da affrontare anche attraverso le fusioni v’è la diminuzione (o la mancata crescita) della densità sindacale, processo accelerato dalla crisi, che riguarda anche organizzazioni forti e ben radicate nelle rispettive società, tra cui il sindacato danese (Lo), che è passato dal 73% dei lavoratori iscritti (1995) al 67% rilevato nel corso del 2010 benché tuttora partecipi alla gestione 1
http://www.eurofound.europa.eu/comparative/tn1203020s/tn1203020s_4.htm 8
dell’assicurazione contro la disoccupazione. Anche il sindacato tedesco (DGB) sta perdendo iscritti (da 6.193.252 nel 2010 a 6.155.899 nel 2011), malgrado sia ancora l’alfiere della co – gestione. Le fusioni e i processi di riorganizzazione costituiscono, inoltre, una possibile strategia per rendere maggiormente adeguate le strutture sindacali all’incipiente tendenza alla decentralizzazione della contrattazione collettiva, che riguarda oramai tutti i Paesi dell’Unione Europea, nonché per accrescere l’incidenza del sindacato sui temi non strettamente contrattuali, ma di grande rilevanza per la qualità della vita delle persone (politica dei redditi, pensioni, assistenza, sanità, mercato del lavoro, servizi per l’impiego, sociale …). Il rapporto EIRO rileva le difficoltà che la contrattazione sta incontrando in molti Paesi europei. L’Italia, da questo punto di vista, è in controtendenza, anche grazie all’importante affermazione di principio condivisa dalle parti sociali contenuta nel patto per la produttività del novembre 2012, in base alla quale la contrattazione è strategica per la crescita dell’economia. In sostanza, si può affermare che le tendenze in atto comportano una rimessa in discussione del modello di organizzazione dei lavoratori attraverso il sindacato industriale2, che tende ad associare su base nazionale tutti i lavoratori operanti in uno specifico settore merceologico. Questa tipologia è stata sino ad oggi egemone e si è andata affermando nella maggior parte dei paesi industrializzati avanzati. Il principale strumento di tutela dei lavoratori utilizzato dal sindacato industriale è stato il contratto nazionale, dunque il modello solidaristico accentrato, posto oggi in questione dalla differenziazione dei bisogni, delle aspettative e della domanda rivolta al sindacato dagli iscritti e dai potenziali tali. Un sistema di tutele radicato prevalentemente sulla contrattazione collettiva nazionale ha il limite di sacrificare in parte le rivendicazioni di alcuni gruppi occupazionali rilevanti, promuovendo un’uguaglianza che, in molti casi, si confonde con l’appiattimento. Inoltre, la sindacalizzazione strutturata rigidamente per categorie merceologiche non tiene conto né della crescente mobilità sul mercato del lavoro delle persone, né della rilevante difficoltà ad “incasellare” chi opera in condizioni di codatorialità o in appalto interno. Il modello che è oggi all’attenzione del sindacato europeo è quello del sindacato generale, che raggruppa i lavoratori su base intersettoriale, non più in virtù di un rigido criterio di mestiere o settore. Sono le categorie dei servizi che hanno sperimentato maggiormente questo tipo di pratica, proprio perché in questo settore sono tradizionalmente meno evidenti le specificità delle occupazioni per singolo comparto. Tra i casi più interessanti, il grande sindacato tedesco dei servizi privati VER.D.I.3. La risposta ad 2
Della Rocca, Giuseppe – Fortunato, Vincenzo – Lavoro e organizzazione – Laterza (Bari), 2006
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http://www.verdi.de/ 9
un’accresciuta diversità delle nuove conglomerate sindacali non può che essere una struttura contrattuale molto decentrata, prevedendo negoziazioni separate per diversi gruppi di iscritti o di imprese. La Cisl si conferma il sindacato più reattivo e permeabile ai mutamenti in corso, anche in virtù del proprio patrimonio genetico ed in particolare all’idea della decentralizzazione della contrattazione, in modo da posizionarsi più vicina al dinamismo delle imprese, dei territori e delle amministrazioni; e all’idea della partecipazione4, da sviluppare alla luce della regolamentazione europea e nazionale. Proprio in ragione di ciò, la Cisl regionale dell’Emilia Romagna ha deciso di partire dalla propria realtà operativa ( i territori) come elemento di riflessione per potere impostare su base chiara e definita il tema dell’autoriforma organizzativa.
La crisi rimette in discussione i nostri riferimenti Oggi non si può parlare di territorio se non si inizia dalla crisi e dai segni a noi più prossimi, visibili sull’economia,sulla società e sul lavoro. L’Emilia Romagna si caratterizza per essere una regione vicina geograficamente e socio-economicamente, nonché in stretta interrelazione al cd “pentagono” (che ha i suoi vertici in Londra, Parigi, Monaco, Milano, Amburgo) o banana blu, ovvero all’area europea a maggiore intensità di sviluppo e produttività e a maggiore potenzialità di crescita futura (vedi cartina seguente).
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Carrieri, Mimmo – I sindacati – Il Mulino (Bo), 2012 10
È, dunque, un territorio (sarebbe meglio definirlo: un insieme di territori) prossimo ai vertici della classifica europea delle regioni maggiormente competitive; la competitività emiliano -romagnola presenta tratti peculiari specifici, anche se riconducibili al modello sociale europeo. Ci si è avvicinati alla quadratura del cerchio, per citare Ralf Dahrendorf5, tenendo assieme abbastanza virtuosamente democrazia, crescita economica e coesione sociale. Se volessimo utilizzare un paragone per raccontare quanto pesa la nostra economia regionale, potremmo dire che il PIL dell’Emilia Romagna corrisponde a quello di un Paese emergente quale è Singapore (dato Istat, 2010)
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Dahrendorf, Ralf – Il cerchio da quadrare – Laterza (Bari), 2009. Dahrendorf profeticamente scriveva nel 1995 : “ il compito che incombe sul primo mondo nel decennio prossimo venturo è quello di far quadrare il cerchio fra creazione di ricchezza, coesione sociale e libertà politica. La quadratura del cerchio è impossibile, ma ci si può forse avvicinare, e un progetto realistico di promozione del benessere sociale probabilmente non può avere obiettivi più ambiziosi”. 11
Nella cartina riportata di seguito si evidenzia la diversa intensità dell’indice europeo di competitività regionale RCI 6, dal quale si evince : 1) il deficit in competitività del nostro Paese, rispetto alle aree europee più dinamiche (vedi le regioni tedesche e nord europee); 2) la discreta posizione della nostra regione, che, in Italia, è seconda dopo la Lombardia, ma non è ancora ai vertici continentali.
La crisi globale, la cui origine risale all’oramai lontano 2007, sta ponendo in discussione in termini drammatici il modello sociale europeo nel suo complesso e in tutte le sue declinazioni, compreso quello che è stato definito “modello emiliano – romagnolo”7, benché 6
Ispirato al Global Competitiveness Index del World Economic Forum (Wef), l’indice cattura, in undici pilastri e quasi settanta variabili (inerenti : il welfare, l’efficienza e lo spirito d’innovazione), la competitività delle regioni europee a quello che gli statistici chiamano il livello Nuts 2. i dati dell’ultimo rapporto sono riferiti al 2010. 7
Il modello Emiliano Romagnolo entra nel lessico comune con un saggio, originariamente pubblicato da Sebastiano Brusco nel 1980 in "Problemi della transizione”, una rivista fatta a Bologna che in quegli anni si occupava di cultura e politica . La piccola dimensione delle imprese, che caratterizzava la struttura industriale della regione, veniva interpretata con una chiave di lettura nuova: quella delle relazioni tra imprese. Una chiave che oggi è considerata la normale chiave di lettura di una struttura produttiva, mentre non dimentichiamo che trent’anni fa (ma in molti dibattiti di politica industriale anche oggi) l’efficienza dell’impresa veniva letta sulla base della sola dimensione in 12
gli effetti dell’impatto della crisi possano essere definiti a “geometria variabile”, differenziati per segmenti sociali, comparti produttivi, aree regionali, singoli territori (la crisi non colpisce indistintamente tutti/tutte alla stessa maniera e nella stessa misura). Si può anche affermare che la crisi abbia accelerato dinamiche e correnti di medio periodo, già presenti nelle nostre società, che avevano cominciato a scuotere alle fondamenta il compromesso tra capitalismo, democrazia e società affermatosi durante il trentennio d’oro post guerra8. I dati relativi al 2012 evidenziano il proseguimento del rallentamento dell’attività economica, comune a tutte le aree territoriali, ma più intenso al Centro e nel Mezzogiorno. L’andamento del PIL nel triennio 2012-14 è previsto in rallentamento anche per l’Emilia Romagna (vedi tabella di seguito – dati ufficio studi di Unioncamere regionale) : 2012
2013
2014
-2,2
-0,5
+1,6
PIL Emilia Romagna
termini di addetti, a prescindere dell’intreccio di relazioni che consentono a un’impresa di avere un’efficiente organizzazione con la specializzazione in una o poche fasi del processo produttivo e una trama di relazioni con fornitori e clienti/committenti. Interessante e ancora attuale la teoria della segmentazione del mercato del lavoro proposta all’epoca da Brusco : "Nel bacino di lavoro che coincide con il distretto, occorre distinguere tra coloro che sono tanto deboli da poter lavorare solamente ai margini del sistema produttivo (i lavoratori a domicilio, ad esempio, o quelli molto anziani) e gli altri, che si spostano dalle grandi alle piccole imprese al lavoro autonomo, e viceversa, seguendo, per quanto possono, le loro personali inclinazioni. La facoltà di decidere non dipende da discriminazioni operate dall’imprenditore, ma discende dal livello di professionalità, dalla capacità di interagire con gli altri, e da quella autorevolezza che consente di dirigere il lavoro degli altri raggiungendo risultati di efficienza, ma anche di consenso”. Tra i caratteri fondamentali del modello v’è uno stock consistente di capitale sociale territoriale, che si fonda sulle opportunità di interazione dei singoli attori ed è composto dalle caratteristiche e dalle “regole” dell’organizzazione sociale. Reti di relazione, norme condivise, fiducia reciproca, disponibilità alla cooperazione e alla solidarietà sociale, assenza di comportamenti opportunistici, sono tutti quanti elementi che possono facilitare lo sviluppo della comunità. Il capitale sociale è presente sia nell’attore sociale sia nelle reti di relazione. Appartenenza a “reti sociali” e condivisione dei valori, che le reti veicolano, sono i due aspetti che lo definiscono. 8
Si vedano le illuminanti pagine presenti in “Post - democrazia” di Colin Crouch. Sul futuro del sindacato, l’autore scrive : “ora che il modello “nemico” (il neoliberismo ndr) è caduto, la sfida dei sindacati è questa: dare il proprio contributo alla costruzione di sistemi di relazioni industriali e di politica sociale che tengano insieme flessibilità e sicurezza, per esempio secondo il modello scandinavo. Questa potrebbe essere un’alternativa al modello angloamericano. È una sfida importante perché se fallisce, i governi e le élites economiche troveranno più conveniente ristrutturare il modello ora andato in crisi”. Ed inoltre : “I sindacati devono puntare ad avere un ruolo forte e istituzionale nelle realtà in cui operano. In questo modo possono ricavarsi uno spazio prezioso nel formulare proposte per superare la crisi. Certo, quando i sindacati vengono esclusi da questo coinvolgimento, non rimane altro che la piazza e l’irruzione della rabbia, genuina, delle persone. In fondo il potere dei lavoratori dipende molto dalla loro capacità di esprimere rabbia verso le ineguaglianze e l’arroganza dei potenti, come in questo caso le banche e le altre istituzioni finanziarie. Anche per questo è importante includere i sindacati nei processi decisionali ufficiali”.
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Per utilizzare una metafora : se il mondo nel periodo 2012-14 viaggia a 174 km orari, l’Italia ad appena 20 km orari, contro i 95 della Germania e i 68 della Francia. La nostra regione fa meglio del Paese, viaggiando a 51 km orari ma comunque molto peggio della velocità globale. Le differenze hanno riflesso soprattutto il diverso ruolo delle esportazioni, principale fattore di crescita dell’economia nel 2011 e di tenuta nel 2012, nonostante il rallentamento nel corso del biennio dovuto all’indebolimento della domanda mondiale. L’Emilia Romagna prospera del proprio saldo attivo con l’estero, dato che ha 48 miliardi di euro di export a fronte di 30 miliardi di importazioni, con un surplus di oltre 18 miliardi di euro. Nella cartina seguente è evidenziato il contributo dato da ciascuna regione nel 2012 alla dinamica nazionale delle esportazioni, che vede l’Emilia Romagna nel gruppo di quelle a maggior incremento specie in area euro, benché rimanga ancora esiguo in tutte le macroaree il contributo alla crescita dell’export delle vendite negli Stati Uniti e nelle economie emergenti più dinamiche di Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa e Turchia (BRICST), in ragione del basso peso che l’export verso queste economie ha sul totale delle vendite all’estero di ciascuna macroarea. L’eterogeneità nei risultati delle imprese anche in regione si è ulteriormente ampliata in favore di quelle esportatrici. Insomma, in un contesto caratterizzato dalla debolezza della domanda interna, i migliori risultati sono stati conseguiti dalle imprese più presenti sui mercati esteri anche se l’Emilia Romagna e l’Italia in generale intercettano poco di una crescita dell’export mondiale del 13% su base annua.
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Esportazioni mensili in ER, confronto tra i due anni in euro (Fonte Unioncamere) PERIODO DI RIFERIMENTO gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre I trim II trim III trim
2011 3.232.766.980 3.747.438.844 4.442.375.221 3.884.236.957 4.218.157.260 4.196.799.575 4.612.835.969 3.233.336.257 4.238.324.567
2012 3.466.369.499 4.056.380.470 4.733.229.654 3.905.593.452 4.411.950.856 4.352.851.635 4.876.143.089 3.333.450.300 3.953.111.480
11.422.580.045 12.255.979.623 12.299.193.792 12.670.395.943 12.084.496.793 12.162.704.869
VAR% 7% 8% 6% 1% 4% 4% 5% 3% -7% 7% 3% 1%
Che l’economia regionale si sia trasformata profondamente nell’ultimo decennio e che la crisi abbia inciso e condizionato il cambiamento è dimostrato dalla situazione dei macrosettori: se nel 2003 il valore aggiunto di ciascuno di essi era pari a 100, oggi la situazione è la seguente (dati Unioncamere regionale, 2013): 113,3 97,8
106,2
103,1
servizi
TOTALE
85,7
agricoltura
industria
costruzioni
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L’Emilia Romagna mantiene una forte base industrial - manifatturiera (1/3 valore aggiunto), ciò che ha aiutato la nostra regione sino ad ora a resistere alla crisi meglio di altri contesti territoriali, con particolare riferimento ai seguenti aspetti : • Oltre 10 distretti produttivi lungo l’asse delle Via Emilia; • Medie imprese (oltre 500 sulle 4.000 del Paese); • Presenza di alcune grandi imprese e di 2 multinazionali; • Importante ruolo della Cooperazione; • “Saper fare” dei lavoratori e degli imprenditori; • Ruolo dominante dell’impresa familiare, maggiormente radicata al territorio e meno propensa a de localizzare; Rafforzamento delle fasi “a monte” (R&D, design, progettazione) e “a valle” (marketing, rete commerciale, assistenza post-vendita); • Upgrading qualitativo delle produzioni del Made in Italy; • Sperimentazione di nuove specializzazioni industriali partendo dai nostri punti di forza; • “Reti di imprese” sia fra imprese concorrenti, sia fra imprese complementari; • Dalla conoscenza tacita alla conoscenza codificata (es. Laboratori R&D, Partnership con le Università). Nel terzo trimestre 2012 (ultimo dato disponibile) è, però, proseguita la fase di recessione anche della manifattura regionale, avviata negli ultimi tre mesi del 2011. Sono in calo le vendite, la produzione e più ancora gli ordini. Il fatturato a valori correnti ha subito una flessione tendenziale del 4,9 per cento. Si aggrava la condizione rilevata nel trimestre precedente del 2012(-3,7 per cento), ma anche in questo caso il dato è meno pesante di quello italiano (-6,9 per cento). Tutti i settori sono apparsi in difficoltà, in particolare l’industria del legno, quella della moda e la subfornitura della metallurgia e lavorazioni metalliche. La recessione colpisce più duramente le imprese minori e le piccole, meno orientate al commercio estero. Gli investimenti in costruzioni hanno continuato la loro discesa, risentendo sia della crisi del mercato immobiliare, ai minimi dai primi anni duemila, sia della flessione di quello delle opere pubbliche, limitato dai più stringenti vincoli di spesa a livello locale (il patto di stabilità interno per come è congeniato penalizza anche i Comuni con consistenti residui attivi). L’industria delle costruzioni, di 16
conseguenza, è destinata a chiudere il 2012 negativamente. Nei servizi le vendite al dettaglio sono ulteriormente calate, soprattutto presso la piccola e media distribuzione e nel comparto dei beni non alimentari. Si è invece registrata una ripresa del turismo, dopo un triennio di sostanziale stazionarietà , grazie soprattutto alla componente straniera.
(dati Unioncamere Prometeia,2011 : tasso variazione valore aggiunto e composizione valore aggiunto regionale)
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valore aggiunto per macro settore e provincia anno 2011 espresso in ml di euro tra parentesi l'incidenza % su dato regionale Agricoltura Industria Costruzioni Servizi Bologna(24,9%) 387,4(13,6%) 7095,1 (22,2%) 1502,6(20,1%) 22149,4 (26,8%) Ferrara(7,1%) 399,3(14%) 1885(5,9%) 632(8,5%) 5905,9(7,1%) Forlì Cesena(8,7%) 331,7(11,6%) 2536,9(7,9%) 728,2(9,8%) 7271,7(8,8%) Modena(16,7%) 387,7(13,6%) 6964,9(21,8%) 1244,7(16,7%) 12256,2(14,8%) Parma(10,2%) 299,4(10,5%) 3469,7(10,9%) 798,8(10,7%) 8112,6(9,8%) Piacenza(6,2%) 244(8,6%) 1800,6(5,6%) 443,3(5,9%) 5269,5(6,4%) Ravenna(8,2%) 336,8(11,8%) 2176(6,8%) 697,6(9,3%) 6977,3(8,4%) Reggio Emilia(11,6%) 335,2(11,8%) 4808,4(15,1%) 932,4(12,5%) 8379,8(10,1%) Rimini(6,5%) 130,9(4,6%) 1207,7(3,8%) 483,7(6,5%) 6334,7(7,7%) Emilia Romagna 2.852,4 31.944,5 7.463,4 82.657,1
Le aziende più grandi sono quelle che si sono difese meglio perché maggiormente in grado di affacciarsi sui mercati esteri, produrre innovazione e quindi sfruttare le potenzialità del mercato globale puntando ad allargare i loro mercati. Le esportazioni infatti hanno potuto riequilibrare almeno in parte, la debolezza della domanda interna. Il trend di crescita delle esportazioni in Emilia Romagna nel 2012 si è mantenuto costante fino al mese di agosto per poi contrarsi nel mese di settembre: si è passati da una crescita del 7,3% nel 1° trimestre passando per un incremento del 3% nel 2° ed una contrazione dello 0,6% nel terzo.
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andamenti produzione industriale ( Fonte Unioncamere ER)
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Le prospettive restano caratterizzate da un elevato grado di incertezza. Nell’industria e nei servizi le indagini della Banca d’Italia segnalano un’ulteriore diminuzione degli investimenti totali, più marcata rispetto alla media nazionale. Le condizioni di offerta del credito non avrebbero presentato significative variazioni nella prima parte dell’anno e la domanda di prestiti non avrebbe mostrato segnali di miglioramento. Le condizioni succitate hanno influito direttamente sui redditi da lavoro dipendente degli emiliano – romagnoli, che hanno subito una contrazione rispetto a quanto previsto nel 20010-11 (dati Unioncamere regionale, 2013) :
36.000 35.000 34.000 33.000 32.000 31.000 30.000 29.000
20
Mercato del lavoro Gli indicatori macro del MdL si presentano nel 2012 come decisamente poco incoraggianti. Soprattutto è forte l’aumento del tasso di disoccupazione, che è passato dal 3,4% del 2006, ante crisi, al 7,1% del 2012 (con un aumento in valore % del 52%); come si evince da tabella sotto.
TASSO DI DISOCCUPAZIO NE DAI 15 ANNI TOTALE E PER PROVINCIA Totale Regione Piacenza Parma Reggio nell'Emilia Modena Bologna Ferrara Ravenna Forlì-Cesena Rimini
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
VAR% 2006 SU 2012
3,7 3,4 3,6 2,7 3,7 3,1 4,3 4,3 4,2 5,8
3,8 4,0 4,1 3,2 3,7 2,7 5,8 4,2 4,3 4,7
3,4 2,6 2,7 2,6 2,8 2,9 5,5 3,4 5,4 4,2
2,9 2,2 2,3 1,9 3,5 2,5 2,7 2,9 3,8 4,5
3,2 1,9 2,3 2,3 3,3 2,2 4,8 3,4 5,0 5,5
4,8 2,1 3,8 5,0 5,2 3,4 6,5 5,3 5,9 7,6
5,7 2,9 4,0 5,4 6,8 5,0 7,4 6,1 6,2 7,9
5,3 4,9 3,7 4,9 5,1 4,7 5,9 5,0 7,0 8,1
7,1 7,4 6,3 4,8 5,8 6,9 11,1 6,9 7,8 9,8
52% 65% 57% 46% 52% 58% 50% 51% 31% 57%
Fonte ISTAT
Anche il tasso di occupazione è in forte sofferenza. Il -3% di variazione tra 2006 e 2012, pesantissimo, non è comunque paragonabile all’esorbitante aumento della disoccupazione nello stesso periodo. Ovviamente questa differenza si spiega soprattutto con l’utilizzo avvenuto degli ammortizzatori che hanno sostenuto i livelli occupazionali. D’altra parte, l’alta disoccupazione è anche il segno di una più elevata tendenza, generale e specie femminile, a cercare lavoro e quindi a progettare azioni di ricerca verso l’occupazione, ovviamente contestuale, purtroppo, a scarse disponibilità sul versante dell’offerta (il tasso di disoccupazione misura 21
infatti il rapporto tra le persone in cerca di occupazione da dodici mesi e oltre e le forze di lavoro). Evidentemente, quest’ultima tendenza al cambiamento nei comportamenti sociali, è il segno di tempi nei quali le famiglie faticano a sostenere il loro tradizionale ruolo di ammortizzatore sociale e necessitano di un sostegno reddituale stabile.
TASSO DI OCCUPAZIONE DAI 15 ANNI TOTALE E PER PROVINCIA Totale Regione Piacenza Parma Reggio nell'Emilia Modena Bologna Ferrara Ravenna Forlì-Cesena Rimini Fonte ISTAT
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
VAR % 2006 SU 2012
51,85 47,31 51,49 55,28 54,05 51,78 50,95 50,10 51,46 50,16
51,82 47,90 51,09 54,84 54,15 51,69 49,54 51,20 51,02 51,41
52,66 49,38 53,19 54,83 53,73 54,29 48,44 52,31 50,88 51,61
53,27 50,28 54,60 55,10 54,86 53,48 50,95 53,86 51,47 51,30
53,42 50,86 53,93 56,64 54,81 53,81 50,50 52,77 50,85 52,93
52,15 51,12 52,74 54,90 52,97 52,19 49,93 50,95 50,62 51,82
51,21 49,27 52,25 52,66 51,16 51,77 48,23 51,76 52,02 49,32
51,71 48,80 52,40 52,82 52,61 52,33 50,14 52,40 50,46 50,25
51,32 49,11 52,71 52,94 53,70 51,12 48,22 50,50 51,00 49,26
-3% -1% -1% -4% -0,05% -6% 0% -4% 0,25% -5%
Il trend del ricorso alla cassa integrazione per settore di attività ricalca con una certa coerenza le dinamiche del flusso delle assunzioni, infatti nel 2012, rispetto all'anno precedente, tra i settori che hanno fatto registrare incrementi consistenti nel ricorso agli ammortizzatori troviamo principalmente l'edilizia (+ 25%), ma anche le industrie agricole (+22%) ed alimentari (+42%) mentre il commercio generalmente inteso (+ 42% nell’utilizzo degli ammortizzatori) frena la sua crescita dopo un anno di sostanziale ripresa.
22
DIVISIONE: Costruzioni REGIONE: Emilia Romagna
Ordinaria Straordinaria Deroga Totale
2005 Tot.ore 3.294.571 878.871 396.767 4.570.209
2006 Tot.ore 2.423.176 918.115 347.059 3.688.350
2007 Tot.ore 1.651.529 67.922 264.540 1.983.991
2008 Tot.ore 1.699.458 176.515 226.824 2.102.797
2009 Tot.ore 3.742.511 149.141 270.155 4.161.807
2010 Tot.ore 5.174.709 496.133 2.164.725 7.835.567
2011 Tot.ore 4.305.893 1.813.935 1.830.565 7.950.393
2012 Tot.ore 5.103.544 2.360.321 3.114.297 10.578.162
VAR% 2012 SU 2011
16% 23% 41% 25%
Divisione Commercio(macro area) REGIONE: Emilia Romagna
Ordinaria Straordinaria Deroga Totale
2005 Tot.ore 30.760 70.766 5.240 106.766
2006 Tot.ore 24.079 30.650 7.169 61.898
2007 Tot.ore 9.712 10.872 6.826 27.410
2008 Tot.ore 34.085 110.046 6.569 150.700
2009 Tot.ore 496.640 472.999 675.262 1.644.901
2010 Tot.ore 316.966 1.669.469 5.662.987 7.649.422
2011 Tot.ore 81.202 1.697.204 4.075.122 5.853.528
2012 Tot.ore 347.272 2.080.559 7.736.560 10.164.391
Ore autorizzate per trattamenti di integrazione salariale, numero di ore autorizzate per divisione (macro area settoriale), dato aggiornato a dicembre 2012 (Fonte INPS)
23
VAR% 2012 SU 2011 77% 18% 47% 42%
DIVISIONE: Agricoltura, caccia e relativi servizi REGIONE: Emilia Romagna
Ordinaria Straordinaria Deroga Totale
2005 Tot.ore 7.374 . . 7.374
2006 Tot.ore 6.718 8.832 3.941 19.491
2007 Tot.ore 2.547 14.233 29.933 46.713
2008 Tot.ore . 181.798 16.469 198.267
2009 Tot.ore 723 119.948 102.482 223.153
2010 Tot.ore 1.470 215.351 340.100 556.921
2011 Tot.ore . 99.385 231.013 330.398
2012 Tot.ore 4.869 56.677 361.117 422.663
VAR% 2012 SU 2011
-75% 36% 22%
DIVISIONE: Industrie alimentari e delle bevande REGIONE: Emilia Romagna
Ordinaria Straordinaria Deroga Totale
2005 Tot.ore 66.005 . . 66.005
2006 Tot.ore 57.068 246.914 . 303.982
2007 Tot.ore 23.786 259.341 90.224 373.351
2008 Tot.ore 43.895 260.853 100.127 404.875
2009 Tot.ore 148.022 376.608 242.880 767.510
2010 Tot.ore 168.018 660.255 418.504 1.246.777
2011 Tot.ore 142.401 445.144 471.049 1.058.594
2012 Tot.ore 254.696 463.315 1.094.327 1.812.338
Ore autorizzate per trattamenti di integrazione salariale, numero di ore autorizzate per divisione (macro area settoriale), dato aggiornato a dicembre 2012 (Fonte INPS)
24
VAR% 2012 SU 2011 44% 4% 57% 42%
Per inciso, si stabilizza la richiesta di utilizzo degli ammortizzatori per il settore meccanico che registra anzi, in tale direzione, una certa flessione rispetto all’anno precedente almeno in termini di autorizzazione oraria di CIGS da L.223 e di ammortizzatori in deroga. Il settore della meccanica nel 2012 continua comunque a rappresentare il 59% del totale ore autorizzate nell’anno di CIGO e CIGS nell’anno.
DIVISIONE: Meccanica(macro area) REGIONE: Emilia Romagna
Ordinaria Straordinaria Deroga Totale
2005 Tot.ore 1.595.351 647.229 52.000 2.294.580
2006 Tot.ore 977.344 776.451 40.171 1.793.966
2007 Tot.ore 450.300 418.978 34.901 904.179
2008 Tot.ore 1.578.063 1.139.292 34.984 2.752.339
2009 Tot.ore 30.447.263 5.738.319 3.863.469 40.049.051
2010 Tot.ore 14.762.869 22.194.726 21.850.067 58.807.662
2011 Tot.ore 3.283.954 14.223.872 12.939.042 30.446.868
2012 Tot.ore 7.920.510 12.649.797 8.188.113 28.758.420
Ore autorizzate per trattamenti di integrazione salariale, numero di ore autorizzate per divisione (macro area settoriale), dato aggiornato a dicembre 2012 (Fonte INPS)
25
VAR% 2012 SU 2011 59% -12% -58% -6%
Allo stesso modo, osservando il dato flussi assunzioni/cessazioni, rispetto al 2011 si registrano le flessioni dell’agricoltura, delle costruzioni cosÏ come la frenata del commercio (vedi tab. sotto, saldi da lavoro dipendente e parasubordinato)
SALDI ASSUNZIONI / CESSAZIONI IN VALORE ASSOLUTO 2009 -37.863
2010 -11.037
2011 1.980
2012 -8.958
it str Nd
-29.262 -8.601
-13.937 2.900
-2.980 4.960
-9.205 247
m f Nd
-24.435 -13.428
-3.648 -7.389
2.432 -452
-6.213 -2.745
giovani (fino a 29 anni) adulti (30-54) anziani (oltre 54) Nd
-5.483 -15.461 -16.919
1.075 -134 -11.978
5.556 6.333 -9.909
-8.677 372 -653
agr manifatt+estrattive costr terziario di cui: alberghi e ristoranti Istruzione Nd
-342 -22.058 -3.826 -7.422 -3.194 817 -4.215
-318 -5.015 -1.751 -2.213 -1.817 -138 -1.740
405 877 -3.358 4.696 -930 1.704 -640
-239 -9.124 -3.701 4.224 5.135 2.285 -118
cti appr det somm Nd
-4.818 -7.082 -23.892 -2.071
35 -4.519 -8.582 2.029
14.777 -2.456 -11.667 1.326
10.779 -638 -17.969 -1.130
LAVORO DIPENDENT E
(Fonte SeCO) 26
FLUSSO ASSUNZIONI AL LORDO DELLE CESSAZIONI
2009
2010
2011
2012
VAR% 2012 SU 2009
PARASUBORDINATO
70.958
71. 033
71. 047
68.691
-3%
m
36.954
38. 476
38. 381
36.870
-0, 002
f
34.004
32. 557
32. 666
31.821
-7%
INTERMITTENTE
51.359
76. 523
100. 190
100.861
49%
m
21.723
33. 664
44. 196
45.631
52%
f
29.636
42. 859
55. 994
55.230
46%
55.765
32. 938
36. 386
36.243
-54%
3.067
2. 820
3. 116
3.749
18%
52.698
30. 118
33. 270
32.494
-62%
n.d.
n.d.
LAVORO DOMESTICO Totale complessivo Italiani Stranieri n.d.
m
16.675
4. 622
5. 867
5.287
-2, 2
f
39.090
28. 316
30. 519
30.956
-0, 3
n.d.
(Fonte SeCO)
27
In conclusione, il cordone di sicurezza costituito dalle casse integrazioni ordinarie ed in deroga ha consentito di contenere, e davvero solo parzialmente, le espulsioni dal mondo del lavoro. Le province pi첫 interessate dalla domanda di ammortizzatori, sempre nella comparazione del 2012 sul 2011, sono state Modena, Rimini e Ferrara.
BOLOGNA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 11.773.858 2.909.491 1.189.156 15.872.505
2010 5.552.944 9.192.676 12.153.582 26.899.202
2011 2.624.288 6.544.177 8.712.410 17.880.875
2012 4.176.427 5.720.383 8.034.809 17.931.619
FERRARA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 4.031.632 2.919.321 858.918 7.809.871
2010 1.231.139 6.960.568 3.670.379 11.862.086
2011 587.234 4.615.998 3.721.633 8.924.865
2012 1.260.782 4.204.688 4.349.693 9.815.163
RAVENNA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 2.012.686 709.388 948.967 3.671.041
2010 1.140.260 1.824.145 3.638.899 6.603.304
2011 658.946 1.714.884 2.918.147 5.291.977
2012 1.123.864 1.505.886 3.184.672 5.814.422
FORLI' CESENA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 3.429.884 1.006.032 1.553.755 5.989.671
2010 2.507.416 2.492.806 4.688.306 9.688.528
2011 1.173.784 2.688.906 3.464.621 7.327.311
2012 1.986.782 2.857.740 3.307.261 8.151.783
RIMINI ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 2.188.502 522.207 518.340 3.229.049
2010 1.027.002 1.907.409 4.789.193 7.723.604
2011 909.462 2.202.186 3.916.849 7.028.497
2012 1.193.355 4.483.951 3.509.602 9.186.908
PIACENZA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 3.142.111 527.628 445.765 4.115.504
2010 3.237.060 2.652.188 2.024.723 7.913.971
2011 1.460.501 2.781.516 1.678.773 5.922.801
2012 2.045.056 1.896.968 2.008.575 5.952.611
PARMA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 1.872.529 332.236 739.967 2.944.732
2010 1.511.871 849.774 1.957.933 4.319.578
2011 766.852 1.782.556 1.178.522 3.727.930
2012 1.244.052 1.563.499 1.712.459 4.520.010
REGGIO ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 6.675.483 1.616.221 1.617.858 9.909.562
2010 4.738.262 3.628.743 8.208.828 16.575.833
2011 1.240.140 2.743.080 4.946.111 8.929.331
2012 1.984.600 4.192.376 5.400.047 11.577.023
MODENA ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT
2009 8.032.800 1.911.008 1.381.524 11.325.332
2010 5.406.386 8.581.582 12.710.276 26.698.244
2011 1.605.853 5.463.072 7.636.377 14.705.302
2012 3.879.144 5.051.647 10.607.874 19.538.665
(Fonte INPS) 28
Come evidenziato dalla grafica a seguire, a fronte di 92.486.192 ore autorizzate per trattamenti di integrazione (+14% il 2012 rispetto al 2011, il mese di febbraio 2013 registra già un +4% sul mese di febbraio 2012) nel 2012, i lavoratori collocati in lista di mobilità sono stati comunque 27.832 (+10% rispetto all’anno precedente) e non di meno crescono le domande di disoccupazione.
ORDINARIA STRAORDINARIA DEROGA TOT REGIONE
2009
2010
2011
2012
VAR% 2010/2009 VAR% 2011/2010 VAR% 2012/2011
43.159.485 12.453.532 9.254.250 64.867.267
26.352.340 38.089.891 53.842.119 118.284.350
11.027.060 30.536.375 38.173.443 79.736.878
18.894.062 31.477.138 42.114.992 92.486.192
-64% 67% 83% 45%
-139% -25% -41% -48%
VAR% 2012/2009
42% 3% 9% 14%
-128% 60% 78% 30%
(Fonte INPS)
PERIODO
VAR% 2011 SU 2012
2009
2010
2011
2012
l. 223
6.427
8.317
7.797
7.641
l. 236
19.308
16.979
17.262
20.191
Totale
25.735
25.296
25.059
27.832
INGRESSI IN LISTA DI MOBILITA' (data ingresso)
-2% 15% 10%
(Fonte INPS)
DOMANDE DI DISOCCUPAZIONE PRESENTATE ALL'INPS NEL TRIENNIO D.S. ORDINRIA D.S. REQUISITI RIDOTTI
2012 103.385 61.698
(Fonte INPS) 29
2011 64.073 53.352
2010 64.621 50.986
Il dato approssimato del numero dei lavoratori coinvolti da ammortizzatori sociali, ci dice che, nel 2012, approssimativamente 27.984 lavoratori si sono trovati nella necessità di utilizzo di CIGO e CIGS e 38.832 lavoratori si sono trovati nella necessità di utilizzo deroghe (comprensivi di 16.528 lavoratori che hanno richiesto ammortizzatori con causale sisma). Nel solo 2012 gli ammortizzatori hanno interessato quindi ben 66.816 lavoratori in Emilia Romagna.
ORE AUTORIZZATE ORDINARIA Attività agricole ind. Industrie estrattive Legno
STRAORDINARIA
Unità standard di lavoro TOTALE
ORDINARIA
STRAORDINARIA
TOTALE
4.869 9.501 961.365
2.496 2.777.424
7.365 9.501 3.738.789
3 5 534
1 1.543
4 5 2.077
Alimentari Metallurgiche Meccaniche Tessili
254.696 222.665 7.927.017 236.771
463.315 376.393 12.900.476 439.543
718.011 599.058 20.827.493 676.314
141 124 4.404 132
257 209 7.167 244
399 333 11.571 376
Abbigliamento Chimiche Pelli, cuoio e calzature Lavorazione minerali non metalliferi
347.962 1.198.974 185.641 1.406.635
2.824.078 1.034.229 278.420 4.615.957
3.172.040 2.233.203 464.061 6.022.592
193 666 103 781
1.569 575 155 2.564
1.762 1.241 258 3.346
447.914 264.113 910 247.187
531.925 154.580 512.005
979.839 418.693 910 759.192
249 147 1 137
296 86 284
544 233 1 422
265 143.279 13.859.764
936 218.437 27.130.214
1.201 361.716 40.989.978
0 80 7.700
1 121 15.072
1 201 22.772
5.034.298
7.324.213 2.053.681 3.328 50.371.200
2.797 10.497
1.272 1.141 2 17.487
4.069 1.141 2 27.984
39.803.527
7.413
14.700
22.113
Carta, stampa ed editoria Installazione impianti per l'edilizia Energia elettrica, gas e acqua Trasporti e comunicazioni Tabacchicoltura Servizi Varie TOTALE Edilizia Commercio Varie TOTALE GENERALE
18.894.062
2.289.915 2.053.681 3.328 31.477.138
di cui: IND. MANIFATTURIERE
13.343.330
26.460.197
(Fonte INPS) 30
Nella tabella precedente il NUMERO TEORICO DEI LAVORATORI COINVOLTI DA CIGO E CIGS è espresso da quelle che sono definite unità standard di lavoro. Il dato dell’unità standard si ottiene dividendo le ore autorizzate di CIGO e CIGS per 1800 (approssimativamente il numero ore lavorative annue). Mentre nella tabella a seguire il numero dei lavoratori interessati dalle deroghe è un valore assoluto e non stimato (perché direttamente computato dal numero degli accordi e delle domande di accesso alle deroghe inserite nel sistema informatico della Regione SARE), aggiornato a febbraio 2013 e progressivo, comprende cioè l’intero periodo dal 2009 a febbraio dell’anno corrente. Numero di lavoratori coinvolti da ammortizzatori in deroga DAL 2009 A FEBBRAIO 2013 per settore produttivo
Settore Produttivo
Sanità Cred, assic. e serv. alle Imp. Commercio Meccanica Alberghiero, ristorazione Industria tessile e abbigliamento Istruzione Altri servizi Trasporti e comunicazioni Costruzioni Chimica, gomma Industria alimentare Altre manifatturiere Carta, poligrafica Legno, mobilio Altro* Prod. min. non metall. Ind. Pelli, cuoio e calzature Totale Regione
incidenza % dei Lav. In utilizzo numero Lavoratori in settori su ammortizzatori aziende. utilizzo deroghe. tot. Lav. con causale Dato Dato progressivo Coinvolti sisma progressivo da deroghe 4.995 4,50% 3.639 676 12.520 11,20% 3.232 1.738 14.768 13,30% 1.973 2.806 28.626 25,70% 1.453 3.986 3.254 2,90% 1.277 590 7.115 987 2.238 11.237 7.747 2.272 1.590 2.964 2.212 3.533 739 2.856 1.785 111.438
6,40% 0,90% 2,00% 10,10% 7,00% 2,00% 1,40% 2,70% 2,00% 3,20% 0,70% 2,60% 1,60% 100,00%
(Fonte ERVET ER) 31
1.001 748 664 660 523 297 255 228 226 184 121 24 23 16.528
1.096 246 479 979 1.739 354 237 480 328 559 112 343 207 16.955
Volgendo l’attenzione solo agli ammortizzatori in deroga, si nota, nel grafico a seguire l’andamento mensile in ER delle domande valide di CIG deroga, CIGS deroga e mobilità deroga e il valore cumulativo fino a febbraio 2013.
(Fonte ERVET ER)
32
La ripartizione settoriale delle domande concesse di accesso agli strumenti in deroga, come riportato di seguito, mette in evidenza la netta prevalenza manifatturiera delle imprese che ricorrono a questa tipologia di ammortizzatori: il comparto della Meccanica registra un numero di 13.102 concessioni pari al 31,7% del totale regionale, a netta distanza segue il comparto del Commercio, il cui peso è di 13,7 punti percentuali sul totale, che precede il comparto delle Costruzioni. L’Industria tessile e abbigliamento e i Servizi alle Imprese accrescono il loro peso arrivando rispettivamente l’8,9 e il 8,6% sul totale delle concessioni. N° domande concesse per ammortizzatori in deroga. Dato progressivo 2009febbraio 2013
Incidenza settoriale sul totale delle domande concesse. Dato progressivo 2009febbraio 2013
Meccanica
13.102
31,70%
Commercio
5.637
13,70%
Costruzioni
3.692
8,90%
Industria tessile e abbigliamento
3.536
8,60%
Cred, assic. e serv. alle Imp.
3.516
8,50%
Trasporti e comunicazioni
2.164
5,20%
Legno, mobilio
1.743
4,20%
Altre manifatturiere
1.375
3,30%
Carta, poligrafica
1.015
2,50%
Chimica, gomma
976
2,40%
Prod. min. non metall.
988
2,40%
Alberghiero, ristorazione
792
1,90%
Altri servizi
746
1,80%
Ind. Pelli, cuoio e calzature
728
1,80%
Sanità
454
1,10%
Industria alimentare
447
1,10%
Istruzione
179
0,43%
Agr. pesca, estrattive
123
0,30%
Gas, acqua, energia elettrica
76
0,18%
41.289
100,00%
Settori
Totale Regione (Fonte ERVET ER)
33
di cui con causale sisma
317 535 141 271 494 86 47 55 43 63 15 215 202 5 141 91 85 3 17 2.826
Sempre relativamente alle domande concesse di ammortizzatori in deroga è evidente, dalla tabella e dalla proiezione grafica sotto, quali sono le province maggiormente interessate; nell’ordine, Modena, Bologna e Reggio. Nella grafica ancora a seguire, il numero di aziende che hanno fatto domanda (concessa) di utilizzo deroghe con causale sisma. Il massimo della concentrazione è ovviamente visibile nelle aree più vicine agli epicentri oltre che maggiormente industrializzate.
CIG CIGS MOBILITA' % Provincia Totale DEROGA DEROGA DEROGA Modena 9.936 24,10% 7.165 2.424 347 Bologna 8.951 21,70% 5.959 2.747 245 Reggio Emilia 5.582 13,50% 3.684 1.694 204 ForlìCesena 4.065 9,80% 2.914 1.043 108 Rimini 3.070 7,40% 1.769 1.191 110 Ravenna 2.831 6,90% 1.859 886 86 Ferrara 2.660 6,40% 2.077 530 53 Piacenza 1.637 4,00% 1.003 543 91 Parma 1.438 3,50% 976 387 75 Totale Emilia Romagna 40.170 97,30% 27.406 11.445 1.319 Totale altre regioni 1.119 2,70% 644 392 83 Totale 1.402 accordi 41.289 100,00% 28.050 11.837
( Fonte ERVET ER)
34
( Fonte ERVET ER) 35
Tornando ai dati di flusso assunzioni/cessazioni, e alle tipologie contrattuali prevalenti, resta confermato il declino dell’assunzione a tempo indeterminato, sempre meno utilizzata rispetto sia al tempo determinato che a tutte le forme così dette non standard. Il consuntivo 2012 ci dice che gli assunti a tempo indeterminato sono calati del 12% rispetto al 2009 (al lordo delle cessazioni intervenute) mentre a crescere, rispetto al 2009, è il lavoro intermittente (+49%, per 100.861 unità nei 12 mesi, trend in leggera flessione nell’ultima parte del 2012) . Le stesse misure messe in campo dalla Regione Emilia Romagna, e concordate con tutte le parti sociali per favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro (piano giovani, riforma dell’apprendistato, ecc..), si può dire allora che abbiano sortito solo in parte gli effetti sperati, infatti, nel 2012 le trasformazioni da apprendistato a tempo indeterminato sono state 8.266 (-8% rispetto al 2011), le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato 47.465 (-3% rispetto al 2011). Di converso, come detto, i rapporti di lavoro intermittente, che hanno superato la soglia di 100.000, sono utilizzati perfino di più dei rapporti di lavoro somministrati (92.000 unità il flusso 2012). Il numero complessivo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato del 2012 si è fermato a 84.714 (vedi tabelle successive, serie storica trasformazioni e assunzioni).
PERIODO
2009
2010
2011
2012
VAR% 2011 SU 2012
Totale
50.929
53.146
57.910
55.731
-4%
da apprendistato
7.232
9.014
8.897
8.266
-8%
da tempo determinato
43.697
44.132
49.013
47.465
-3%
TRASFORMAZIONI A TEMPO INDETERMINATO:
(Fonte SeCO)
36
FLUSSO ASSUNZIONI AL LORDO DELLE CESSAZIONI
2009
2010
2011
2012
LA V ORO DIPENDENTE
670. 067
705. 022
727. 438
705. 671
it
492. 086
510. 330
519. 522
504. 640
str
177. 981
194. 692
207. 916
201. 031
m
313. 667
342. 538
355. 831
336. 788
f
356. 400
362. 484
371. 607
368. 883
giovani (f ino a 29 anni)
228. 418
236. 422
238. 529
220. 081
adulti (30-54)
390. 821
419. 115
437. 858
432. 645
50. 828
49. 485
51. 051
52.945
103. 220
103. 406
111. 751
112. 942
99. 573
122. 074
135. 750
118. 175
VAR% 2012 SU 2009 5% 2% 11%
n.d.
7% 3%
n.d.
anziani (oltre 54)
-4% 10% 4%
n.d.
agr manif att+estrattive costr
41. 701
43. 130
41. 141
36.419
terziario
411. 282
426. 411
430. 284
432. 447
di cui: alberghi e ristoranti
122. 126
121. 891
114. 619
122. 678
Istruzione
73. 778
75. 037
89. 374
95.686
n.d.
14. 291
10. 001
8.512
5.688
cti
94. 518
88. 022
91. 647
84.714
appr
33. 056
36. 201
38. 023
34.221
479. 069
496. 081
502. 852
494. 064
63. 424
84. 718
94. 916
92.672
det somm n.d.
(Fonte SeCO) 37
9% 16% -15% 5% 0% 23% -151% -12% 3% 3% 32%
FLUSSO ASSUNZIONI AL LORDO DELLE CESSAZIONI
2009
2010
2011
2012
VAR% 2012 SU 2009
PARASUBORDINATO
70.958
71.033
71.047
68.691
-3%
m
36.954
38.476
38.381
36.870
-0,002
f
34.004
32.557
32.666
31.821
-7%
INTERMITTENTE
51.359
76.523
100.190
100.861
49%
m
21.723
33.664
44.196
45.631
52%
f
29.636
42.859
55.994
55.230
46%
55.765
32.938
36.386
36.243
-54%
3.067
2.820
3.116
3.749
18%
52.698
30.118
33.270
32.494
-62%
m
16.675
4.622
5.867
5.287
-2,2
f
39.090
28.316
30.519
30.956
-0,3
n.d.
n.d.
LAV ORO DOMESTICO Totale complessivo Italiani Stranieri n.d.
n.d.
(Fonte SeCO)
38
Di eccezionale preoccupazione la condizione giovanile. La quota di giovani lavoratori in possesso di laurea, ma impiegati in mansioni che richiedono un grado di istruzione inferiore è rimasto su livelli elevati. L’attrattività che i contratti a causa mista riscontrano presso le imprese, abbiamo visto quanto risulti essere basso (vistoso l’insuccesso dell’apprendistato anche nella sua più recente regolamentazione), tutto questo mentre il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni si assesta nel 2012 al 23,2% +65% rispetto al 2004. In rosso nel 2012 anche il saldo assunzioni/cessazioni giovanile, quasi -9.000 unità in valore assoluto, altro aspetto che fa riflettere quanto la flessibilità, garantita dalle diverse tipologie contrattuali, non sia comunque l’unico ingrediente utilizzabile per facilitare nuovi inserimenti.
TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE REGIONALE FASCIA ETA' 15 - 24
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 8,23
8,11
8,42
8,93
8,7
16,6
(Fonte Istat)
39
17,9
18
23,2
VAR % 2012 SU 2004 65%
L’impatto della crisi sulle famiglie e sulle persone
L’impatto della crisi sulle persone e sulle famiglie è all’attenzione del sindacato. Alla fine del 2010 in Emilia-Romagna la ricchezza netta delle famiglie, pari alla somma delle attività reali e finanziarie meno le passività, era stimata a 811 miliardi di euro a prezzi correnti. In regione si concentrava circa il 9 per cento della ricchezza netta italiana. (Banca d’Italia, 2012). Nel 2010 l’interruzione della crescita del valore degli immobili e l’ulteriore contrazione delle attività finanziarie hanno comportato una riduzione della ricchezza complessiva pari all’1 per cento in termini nominali. Parte della ricchezza potrebbe essere stata utilizzata per sostenere i livelli di consumo a fronte dell’andamento fortemente flettente del reddito disponibile tra il 2007 e il 2009, a cui non è seguito un recupero nel 2010-12. È evidente che l’accresciuta vulnerabilità finanziaria delle famiglie emiliano - romagnole sia uno degli effetti della crisi. Tra il 2005 e il 2009 la quota di quelle con un’incidenza della rata del mutuo sul proprio reddito superiore al 30 per cento – soglia convenzionalmente adottata per definire la vulnerabilità finanziaria – sul totale delle famiglie (indebitate e non) è aumentata dal 2,6 al 4,5 per cento. Circa il 6 per cento delle famiglie indebitate è stata incapace di rispettare le scadenze del pagamento della rata, una quota in aumento rispetto al 2005 (Banca d’Italia, 2012). In base all’Indagine dell’Istat sui consumi delle famiglie, nel 2010 si è ridotta anche la spesa media mensile delle famiglie stesse; in Emilia Romagna tale tendenza è proseguita nel 2011, anche se con una dinamica contenuta attorno all’1%. La riduzione del patrimonio e del reddito disponibile delle famiglie ha determinato evidentemente un aumento dell’area della povertà, sia – più direttamente – come famiglie a rischio di povertà9 sia come disagio e fragilità sociale. Gli effetti della crisi si sentono e aumentano le famiglie con grave deprivazione materiale10. Nell’insieme, la popolazione a rischio povertà o esclusione sociale11 passa, nella nostra regione, dal 13,9% del 2008 al 14,9% del 2011.
9
Le persone a rischio di povertà sono quelle che vivono in famiglie con un reddito equivalente (reso cioè direttamente confrontabile per famiglie di diversa composizione) inferiore al 60% del reddito equivalente mediano disponibile. Per il 2011 tale soglia era fissata per una famiglia di due componenti a 1.011,03 euro. 10
L’indicatore individua la quota di famiglie che dichiarano almeno quattro deprivazioni su nove: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo), non potersi permettere 3) una settimana di ferie in un anno lontano da casa, 4) un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, 5) di riscaldare adeguatamente l’abitazione, l’acquisto di 6) una lavatrice, 7) un televisione a colori, 8) un telefono o 9) un’automobile
40
Applicando l’indicatore Eurostat (che è l’indicatore utilizzato dall’Unione Europea per la verifica dell’andamento dell’obiettivo specifico su EU 2020 di abbattimento della povertà) in Italia, nel 2011 (ultimo dato disponibile), il 28,2% della popolazione è in condizione di disagio. L’impostazione condivisa a livello europeo riflette la consapevolezza della molteplicità dei fattori alla base della povertà ed esclusione sociale, povertà materiale e immateriale, nel senso di povertà relazionale, difficoltà nell’accesso ai servizi e all’informazione, povertà semantica, ovvero di generazione di senso, povertà digitale e precarietà, intesa come impossibilità di progettare sul lungo periodo, non solo nel mondo del lavoro. Per queste ragioni pare utile associare all’indicatore di sintesi Eurostat anche il dato dell’abbandono prematuro agli studi, ovvero di quei giovani con preparazione scolastica o formativa insufficiente (solo la licenza media) e che presumibilmente, senza recuperi specifici, trascineranno questa condizione di fragilità (per il mercato del lavoro ma anche per la decodifica della realtà) per il resto della vita. Pur rimanendo valore piuttosto elevati, il trend, sia regionale che nazionale, è incoraggiante, prevalentemente perché negli anni l’obbligo scolastico si è consolidato. Inoltre, considerando che il tasso di scolarizzazione tra la regione ed il nord è sostanzialmente affine, il valore dell’Emilia Romagna ci riporta da un lato un sistema di istruzione non chiuso in sé stesso, capace cioè di tenere dentro anche casi più difficili e dall’altro la presenza di un sistema alternativo (la formazione) capace di riassorbire gli abbandoni scolastici. Questo ci pare uno degli elementi più sani del grado di attenzione ai giovani nei nostri territori. Popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale – indicatore Eurostat – serie storica valori percentuali Emilia Romagna Nord Italia
2005 14,2 14,8 25,0
2008 13,9 14,7 25,3
2011 14,9 16,8 28,2
Fonte: Eurostat 2013 – Regional Statiscs / Regional Poverty and Social exclusion
11
Il numero di persone a rischio povertà o esclusione sociale, per definizione Eurostat, si ottiene dalla sintesi dei seguenti indicatori considerando chi sperimenta almeno UNA delle tre condizioni: 1) Quota di persone a rischio povertà 2) quota di famiglie in condizione di grave deprivazione materiale 3) quota di persone con meno di 60 anni che appartengono a famiglie con intensità lavorativa molto bassa, dove cioè gli adulti nell’anno precedente hanno lavorato meno del 20% del loro potenziale ("very low work intensity").
41
Giovani che abbandonano prematuramente gli studi serie storica e comparativa - valori percentuali Emilia Romagna Nord Italia
2005 19,3 19,9 22,3
2008 16,6 17,7 19,7
12
-
2011 13,9 16,1 18,2
Fonte: Istat 2013
Fonte: Eurostat 2013 – Regional Statiscs / Regional Poverty and Social exclusion
Famiglie gravemente deprivate secondo l'indicatore Eurostat (a) - serie storica (valori percentuali) 2005 2008 2011 Emilia Romagna 3,7 4,0 6,4 Nord 2,7 3,7 6,2 Italia 6,4 7,5 11,2 Fonte: Eurostat 2013 - Regional Statiscs / Regional Poverty and Social exclusion Il 6,4% delle persone residenti vive in famiglie gravemente deprivate. Il valore è superiore alla media delle regioni del Nord (6,2%), ma nettamente inferiore al dato nazionale (11,2%).
12
Popolazione 18-24 anni con al più la licenza media e che non frequenta altri corsi scolastici o svolge attività formative superiori ai 2 anni (percentuale)
42
Sul fronte più strettamente monetario, in regione l’area a rischio povertà relativa è contenuta nel 5,2% della popolazione residente (dato Istat, 2011), molto al di sotto delle percentuali nazionali e del Mezzogiorno, ma in crescita rispetto al dato del 4,5% del 2010 13. Emilia Romagna - Indice di povertà relativa (a) serie storica e comparativa 2000 2005 2008 2010 Emilia Romagna 3,6 2,5 3,9 4,5 Emilia Romagna 18-64 anni 3,2 2,2 3,7 3,9 Nord 5,7 4,5 4,9 4,9 Italia 12,3 11,1 11,3 11,0 Fonte: Istat, 2013, warehouse – Condizione economica delle famiglie e disuguaglianza
2011 5,2 nd 4,9 11,1
Un altro fondamentale termometro della povertà sono i Centri diocesani di ascolto (Cda) della Caritas. Nel 2010 si sono rivolti ai Cda 16875 persone, dato leggermente in flessione rispetto al 2009 (-7,8%), mentre è invece in aumento l'utenza senza fissa dimora (homeless), passati da 1843 nel 2009 a 2086 nel 2010 (+13%). Dall'elaborazione del dossier regionale della Caritas si può ricostruire l'identikit dell'utenza: straniera per il 73,1% dei casi, maschile (56,5%) e convivente con altri per il 66% dei casi. Quasi il 45 % delle richieste di aiuto provengono da persone con un'età compresa tra i 35 e i 54 anni. Come sottolinea la Caritas, l'età media è fortemente influenzata dagli immigrati, tanto che "Nella fascia di età adulta che va dai 45 ai 75 anni, si rileva un incremento di presenze; questo dato è influenzato dalla presenza cospicua di italiani". Problemi di povertà materiale e di occupazione sono in assoluto i bisogni maggiormente espressi nei centri di ascolto. Il lavoro è, quindi, la seconda questione più posta da chi si rivolge ai centri d’ascolto Caritas dell’Emilia Romagna, dimostrando una forte correlazione tra mancanza dell’occupazione e condizione socio economica, specie in Italia, tra i pochi Paesi dell’UE privo di uno schema di reddito minimo.
13
L’Emilia Romagna ha un tasso di povertà relativa stimato dall’Istat per il 2011 superiore a quello del Veneto (3,4%), ma inferiore a quello della Lombardia (6,2%) e del Piemonte (5,9%).
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Centri di Ascolto Caritas Emilia Romagna Frequenza Bisogno espresso nella (100=più richiesta richiesto) Povertà - problemi economici 100 Occupazione - lavoro
95
Casa
55
Problemi familiari
22 Problemi di istruzione 20 Problemi di salute 15 Fonte: elaborazione su Caritas 2012, terzo dossier regionale sulla povertà 2011
Tra gli indicatori dell’accresciuta povertà in regione v’è l’incremento significativo degli sfratti intimati per morosità (difficoltà o impossibilità a corrispondere regolarmente l’affitto) dopo l’inizio della crisi e il costante aumento di richieste di esecuzione di sfratti.
Emilia Romagna - Provvedimenti esecutivi di sfratto per causa, sfratti eseguiti, edilizia popolare - Anni 2008-2011 (valori assoluti) Causa necessità locatore finita locazione morosità totale sfratti esecutivi sfratti eseguiti (a) richieste di esecuzioni domande Erp14 (b) assegnazioni Erp
2008 34 591 5.013 5.638 2.687 8.126
2010 14 474 6.566 7.054 4.156 11.883 28.080 1.311
2011 15 385 6.085 6.485 3.790 12.338 29.116 1.441
Fonte: Ministero dell'Interno, Rapporto Orsa 2011 (a) - Con l'intervento dell'Ufficiale Giudiziario (b) Edilizia residenziale pubblica, (Fonte: Regione Emilia Romagna, giugno 2012, rapporto Orsa 2011) 14
Il patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica in Regione (2011) è di 56.782 alloggi, dei quali 52.364 occupati e 4.418 non (ancora) occupati.
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Benché non sostenuta con la dovuta energia ed efficacia dalle politiche pubbliche, la famiglia, che in Italia (e in Emilia Romagna) è ancora un’istituzione sociale centrale, possiede capacità di resilienza agli eventi avversi superiore a quelle dei singoli membri, vale a dire che la famiglia ha capacità di attutire gli effetti di eventi negativi che colpiscono un suo membro, compensando con le energie degli altri membri e riuscendo spesso a ritornare nelle condizioni di partenza. Tale azione di ammortizzazione sociale è, oggi, posta a rischio dalle dinamiche che attraversano la famiglia e la indeboliscono quale connettore relazionale primario, come si evince computando i dati che rivelano una diminuzione progressiva della consistenza della famiglia in regione. Se, infatti, si considera la composizione dei nuclei familiari, si assiste in regione ad una polarizzazione sull'aumento di due tipologie, da un lato le famiglie con un solo componente o monopersonali (cresciute in tre anni del 8,94%) e dall'altro ad un aumento delle famiglie numerose (5 o più componenti, +10,23% negli ultimi tre anni). Il dato delle famiglie ad un solo componente è almeno in parte riconducibile all'aumento degli anziani che vivono da soli, specificatamente donne - si pensi che si sono oltre 300 mila vedove in regione. Sull'aumento delle famiglie numerose si può registrare il riflesso dell'aumento delle famiglie di immigrati. Da un punto di vista quantitativo, in regione oltre la metà dei residenti vivono in nuclei di 2 o 3. componenti. La fenomenologia della famiglia a monocomponente appare inoltre tendenzialmente come maggiore in presenza di aree fortemente urbanizzate. Considerando il solo comune di Bologna, l'incidenza dei residenti che vivono in famiglie da soli, cresce fino al 27%. Mediamente nei comuni medio-piccoli questa percentuale rimane al di sotto della media regionale mentre tende ad essere superiore alla media nelle zone di montagna. La predominanza del figlio unico (convivente) è una caratteristica delle province di Bologna, Ferrara e Ravenna mentre le province di Rimini, Forlì-Cesena, Modena e Reggio Emilia evidenziano valori più elevati, rispetto alla media regionale, di coppie che vivono con 2 o più figli. Reggio Emilia registra valori superiori per la presenza di coppie con 4 figli conviventi, riconducibile almeno in parte alla forte presenza di immigrati. Le coppie con figli sono risultano poco diffuse nell’appennino emiliano-romagnolo (4,3%) dove vivono prevalentemente le famiglie unipersonali. In Regione il 58% dei figli conviventi è minorenne e si consolida nel tempo il dato già conosciuto della cosi detta "famiglia lunga", ovvero di figli adulti che continuano a vivere con la famiglia di origine (il 12,6% dei figli conviventi ha un'età superiore ai 30 anni).
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La struttura demografica in regione Ogni lettura della società non può né deve trascurate i mutamenti associati alla demografia, la cui incidenza è rilevantissima sia sul welfare che sul mercato del lavoro. Della nostra regione si può dire che, al pari di molte altre in Italia, sia in una condizione che i demografi considererebbero stazionaria, con una tenuta sostanziale dell’incidenza della fascia d’età giovanile (in gran parte dovuta all’apporto delle famiglie degli immigrati) e una crescita di quella anziana e una corrispondente contrazione della fascia nell’età adulta. L’età media degli emiliano romagnoli è, quindi, sostanzialmente rimasta stabile negli ultimi dieci anni, passato dai 44,4 anni del 2002 ai 44,5 anni del 2011. L’indice di vecchiaia in Emilia-Romagna risulta pari a 167,32 (dato 2011). Ci sono cioè 167 anziani ogni 100 giovani. L’incidenza delle persone anziane risulta più che doppia rispetto a quella delle regioni europee che presentano i valori più bassi. È, però, da rilevare che questo valore si è significativamente ridotto a partire dalla fine degli anni 1990, in coincidenza con l’incremento dei flussi migratori, passando dal 195 del 2001 all’attuale valore prossimo a 167. In Emilia-Romagna l’indice demografico di dipendenza presenta un valore pari al 55,21 per cento (superiore di 2 punti al valore nazionale) (dato 2011), ciò significa che 100 persone in età attiva, oltre a dover far fronte alle proprie esigenze, hanno teoricamente “a carico” circa altre 55 persone, che risultano quindi dipendenti.
L’Emilia-Romagna presenta un tasso di fecondità pari a 1,46 (dato 2011) e si colloca, tra le regioni europee analizzate, in posizione intermedia, anche se al di sotto della media UE 25 che è pari a 1,62. Un fenomeno che può essere indicatore delle difficoltà da parte delle donne a conciliare lavoro e famiglia è una crescita significativa del tasso di fecondità delle ultra 40 anni in regione, che risulta essere il più elevato fra quelli delle regioni considerate, e in aumento fra il 2001 e il 2006, passando nella classe 40-49, dal 4,1 al 6,7 per cento. 46
L’immigrazione Secondo Caritas/Migrantes gli immigrati regolarmente presenti sul territorio regionale (non, dunque, i residenti) al 31 dicembre 2011 erano 555mila, pari al 12,4 % della popolazione complessiva: il dato conferma come il fenomeno sia sempre in crescita, ma mostri una progressiva stabilizzazione. L’anno prima il numero dei residenti provenienti da altri Paesi era 544.000, pari al 12,3% della popolazione complessiva. La rilevanza del fenomeno si coglie però appieno non considerando soltanto i valori assoluti, ma anche l’incidenza dei residenti stranieri sulla popolazione residente complessiva.
L’incidenza dei residenti stranieri in Emilia-Romagna è progressivamente aumentata nel corso si appena un decennio, passando dal 4% circa del 2003 al 9,7% del 2009, al 10,5% del 2010, al 11,3% del 2011. La nostra regione è già oggi una comunità multi – etnica, ritenuta dagli stessi immigrati tra i "luoghi più ospitali" della penisola, come rilevato dal VII Rapporto del Cnel sugli Indici d'integrazione degli immigrati in Italia (2010). Nella graduatoria assoluta, l'Emilia-Romagna si conferma la Regione con il più alto potenziale d'integrazione degli immigrati a livello nazionale. La graduatoria regionale trova un sostanziale riscontro in quella delle province, dove spicca, con il potenziale d'integrazione più alto, Parma seguita da Reggio Emilia. Considerando che al 10° posto c'è Modena, tra le prime 10 posizioni si incontrano ben 3 province dell'Emilia-Romagna.
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Relativamente alla presenza degli immigrati in Emilia Romagna, si notano rilevanti differenze provinciali e fra le diverse aree territoriali della regione, essenzialmente in funzione delle diverse specializzazioni economiche, delle dinamiche occupazionali, delle reti di comunicazioni e trasporto e del mercato immobiliare più o meno favorevole. In particolare, sono le province, nell’ordine, di Piacenza (13,4%), Reggio Emilia (13,0%), Modena (12,7%) e Parma (12,5%) a esibire un’incidenza di residenti stranieri superiore alla media regionale. All’opposto, è la provincia di Ferrara a mostrare anche quest’anno la presenza più bassa (7,6%), seppure a sua volta con notevoli incrementi nel corso degli ultimi anni. Al di sotto della media regionale si trovano anche le province di Bologna (10,4%), Ravenna (11,1%), Forlì-Cesena (10,5%)15. Nel corso del tempo il fenomeno migratorio non è solamente progressivamente cresciuto, ma ha mutato le proprie caratteristiche, con una progressiva stabilizzazione sul territorio dei cittadini stranieri, anche per effetto dei ricongiungimenti familiari e delle nascite. Un indicatore dell’accresciuta cittadinanza degli immigrati è il numero di stranieri che pagano regolarmente le tasse, dal quale si evince che la nostra regione è terza (dopo la Lombardia e il Veneto) per numero di contribuenti non italiani. In tal senso gettito fiscale a loro ascrivibile in regione è di circa 474 milioni di euro. Un altro indicatore di grande interesse è relativo al tasso di fertilità delle straniere, pari a 2,17, contro l’1,25 delle italiane (Istat, 2011). Dunque, sempre più bambini nella società regionale sono figli di immigrati. È da evidenziare il primato emiliano - romagnolo dell’incidenza straniera nelle scuole. Nell’anno scolastico 2011/2012 gli alunni con cittadinanza non italiana sono stati 86.944, pari al 14,6% degli iscritti totali (contro un dato nazionale dell’8,4%). Nel corso del 2011 la banca-dati Inail mostra 356.825 lavoratori dipendenti stranieri occupati in Emilia-Romagna. Si tratta del 19,2% dei lavoratori complessivi: una percentuale sostanzialmente identica alla media delle regioni del Nord Est (19,1%) e comunque superiore alla media italiana (16,4%). Nel 2011 il 31,1% dei nuovi assunti in Emilia-Romagna è stato straniero (regioni Nord-Est 31,2%, media italiana 24,8%). La distribuzione degli occupati stranieri per macro-settore economico mostra che maggiori quote riguardano innanzitutto il terziario (51,0%), in particolare il settore alberghiero e della ristorazione, i servizi alle imprese e – in misura minore – le attività svolte presso famiglie. Seguono l’industria (37,1%), in particolare il settore delle costruzioni, e l’agricoltura (9,9%). A partire dal
15
Alcuni Comuni presentano percentuali di residenti stranieri per superiori alla media regionale: tra questi spiccano Galeata (Fc) al 22,5%, Luzzara (Re) al 21,6% e Castel San Giovanni (Pc) al 21,3% e altri 35 comuni con valori percentuali compresi fra il 15 e il 20%. Tra i Comuni capoluogo Piacenza e Reggio Emilia sono quelli con la più alta incidenza di popolazione straniera (17,7%). Bologna, primo in valori assoluti (52.473) è al 60° posto con il 13,7%. Piacenza si conferma prima anche come area provinciale con il 14,1% , seguita da Parma (13,1%) - dossier Caritas Migrantes, 2012.
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2010 la crisi economica ha fatto sentire i suoi effetti anche tra i lavoratori immigrati, di cui in Emilia-Romagna è aumentato il tasso di disoccupazione (12,6%) e diminuito il tasso di occupazione (63%).
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Il sistema dei servizi Tra le eccellenze associate all’Emilia Romagna vi sono i servizi pubblici alle persone. Il rischio è che la crisi possa porre in questione un welfare che da risposte significativamente qualitativamente e quantitativamente al di sopra della media nazionale, risultato dimostrato dalla buona capacità d’attrattiva confermata, nel 2011, da 339 milioni di saldo attivo della mobilità sanitaria con le altre regioni e da un indice di attrazione per ricovero (persone di altre regioni che vengono a curarsi in ospedali dell’Emilia Romagna sul totale dei ricoveri) del 14%. Attualmente il Servizio sanitario regionale è composto da: • 11 Aziende Unità sanitarie locali: Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Imola, Ferrara, Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini, immaginate a dimensione provinciale, ad eccezione di Bologna (Azienda Unità sanitaria locale di Bologna e Azienda Unità sanitaria locale di Imola) e di Forlì - Cesena (Azienda Unità sanitaria locale di Forlì e Azienda Unità sanitaria locale di Cesena); • 4 Aziende Ospedaliere - Universitarie: Parma (Ospedale Maggiore), Modena (Policlinico), Bologna (Policlinico S.Orsola - Malpighi), Ferrara (Arcispedale S.Anna); • 1 Azienda Ospedaliera: Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia (Arcispedale Santa Maria Nuova). • 4 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs): Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, Istituto in tecnologie avanzate e modelli assistenziali in oncologia di Reggio Emilia (all’interno dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia), Istituto delle scienze neurologiche di Bologna (all’interno dell’Azienda Usl di Bologna), Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori di Meldola (FC). Sono tre le Aree vaste, previste dalla programmazione regionale per ottimizzare qualità ed efficienza dei servizi tecnico-logistici o funzioni di assistenza sovraziendali: AVEN, Area vasta Emilia Nord (Aziende sanitarie di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena), AVEC, area vasta Emilia Centrale (Aziende sanitarie di Bologna, Imola, Ferrara, Irccs Rizzoli), e AVR area vasta Romagna (Aziende Usl di Ravenna, Forli, Cesena, Rimini). L’integrazione tra area sanitaria, in capo alle aziende e area sociale, in capo ai comuni, avviene a livello provinciale con le CTSS (conferenze territoriali socio-sanitarie) e a livello operativo nei Distretti socio-sanitari, 38 in tutta la regione.
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I posti letto negli ospedali pubblici al 31 dicembre 2011 sono 15.907 (16.075 nel 2009). Gli Ospedali, organizzati secondo il sistema”hube & spoke” che prevede la concentrazione della casistica più complessa, o che necessita di più complessi sistemi produttivi, in un numero limitato di centri (HUB), sono 60 in tutta la regione. Sono 62.294 i dipendenti del Servizio sanitario regionale al 31.12.2011 (nel 2010 62.527, nel 2008, 61.229). I medici di medicina generale convenzionati sono 3.144 (3.208 nel 2009); i pediatri di libera scelta convenzionati sono 615 (588 nel 2009). Dei quasi 8 miliardi di euro di risorse disponibili per il finanziamento del servizio sanitario regionale nel 2012 (circa l'80% delle spese correnti del bilancio regionale), 7,458 miliardi sono destinate al finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero di tutta quella assistenza riconosciuta come diritto da garantire ad ogni persona presente sul territorio della repubblica. 7 miliardi sono distribuite alle aziende per quota capitaria pesata, ovvero una rideterminazione del numero degli abitanti ponderata sul alcune variabili per singola area di assistenza (correttamente: livelli di assistenza), la principale della quale è l'incidenza della popolazione anziana, per cui un territorio con un indice di vecchiaia più alto si vede aumentare il numero della popolazione. Nei livelli di assistenza, il 45% serve a finanziare l'assistenza ospedaliera, circa il 50% il macro livello così detto distrettuale (farmaceutica, medicina di base, visite specialistiche ecc.). Nel costo finale procapite vengono infine ridistribuiti anche i finanziamenti non collegati direttamente ai Lea (sistema integrato universitario, quelli a garanzia di equilibrio delle Aziende, gli extra-lea) e i costi reali ospedalieri Costo pro-capite per Azienda Usl su popolazione ponderata 2010 Piacenza Parma Reggio Emilia Modena Bologna Imola Ferrara Ravenna Forlì Cesena Rimini Emilia Romagna
1.781 1.823 1.786 1.860 1.911 1.874 1.974 1.820 1.917 1.867 1.800 1.858
Fonte: Regione Emilia Romagna, Direzione generale sanità, tavolo di concertazione ex bilancio 2013 51
2011 1.772 1.843 1.804 1.822 1.930 1.841 1.970 1.800 1.869 1.832 1.776 1.851
POSTI LETTO TOTALI* SUDDIVISI PER STRUTTURE PUBBLICHE E PRIVATE al 01/01/2012
AUSL + AOSPU PIACENZA PARMA REGGIO EMILIA MODENA BOLOGNA IMOLA FERRARA RAVENNA FORLì CESENA RIMINI EMILIA ROMAGNA
PL PUBBLICI
PL PRIVATI (convenzionati)
TOTALE
Posti letto per mille abitanti
866 1.631 1.678 2.411 3.767 565 1.612 1.178 614 604 981
349 682 273 471 1.076 0 195 628 235 268 409
1.215 2.313 1.951 2.882 4.843 565 1.807 1.806 849 872 1.390
4,17 5,19 3,65 4,09 5,29 4,26 5,02 4,58 4,50 4,16 4,16
15.907
4.586
20.493
4,60
Fonte: Flussi informativi Ministero della Sanità - Mod. HSP12 e HSP13, 2013 *Numeri posti letto totali (ordinari + day hospital e surgey)
La rete dei Consultori Familiari dell’Emilia-Romagna è costituita da 218 sedi entro cui sono attivi spazi dedicati a specifiche fasce di popolazione: 31 Spazi giovani (rivolti a ragazzi e ragazze di età compresa fra i 14 e i 19 anni) e 17 Spazi per le donne immigrate e i loro bambini (rivolti a popolazione di recente immigrazione o con particolari difficoltà di accesso ai servizi). Per ogni sede, si registra una presenza settimanale media di circa 70 ore dell’equipe (ostetrica, ginecologo/a, psicologo/a e, dove presente, l’assistente sociale, oltre ad una mediatrice culturale sempre presente negli Spazi donne immigrate).
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La residenzialità degli anziani non autosufficienti e disabili conta in regione 384 strutture totalmente residenziali (case residenze per anziani non autosufficienti, ex Case protette e Rsa e Csr, centri socio residenziali per disabili) e 226 Centri diurni. Su 20.982 posti residenziali convenzionati, 15.689 sono per disabili. Sugli 8.451 posti convenzionati in Centri diurni, 3.085 sono per anziani. Gli ospiti delle strutture residenziali per anziani sono per il 58,7% dei casi soggetti di gruppo A e B, ovvero con elevato bisogno sanitario e correlato bisogno assistenziale. 47 i Centri per la salute mentale (Csm, per la popolazione adulta) e 46 i centri di accoglienza, residenziale e semiresidenziale, per persone con dipendenza da sostanze psicoattive. Sulle demenze senili esistono in Regione 53 Consultori/Centri per la diagnosi e la cura delle demenze e 45 “Caffè Alzheimer”quest’ultimi prevalentemente gestiti da associazioni di familiari. La media di compartecipazione al costo da parte degli anziani ai servizi erogati è in regione del 23,9% mentre i Comuni, mediamente, coprono il 14,30% delle risorse necessarie. Con una spesa pro-capite di 174,6 euro (era 168 euro nel 2008), le politiche sociali espresse dagli enti locali territoriali e, almeno in parte indirizzate dalla Regione, sono sostanzialmente politiche di investimento superiore alla media italiana (115,9 euro procapite) e a quelle di regioni affini come il Veneto (113,8) o la Toscana (136,9), per quasi la metà all'area di utenza famiglia e minori (49,3% rispetto al 39,8% della media italiana). Il dato riflette per larga parte la struttura dell'offerta dei servizi per la prima infanzia ma il grado di attenzione alla famiglia è stato dimostrato anche dalla ricerca condotta dal Gruppo di direzione nazionale Cisl/Fnp e Aretès 16 sul grado di familiarità (ovvero di azioni a favore della famiglia) nelle legislazioni e investimenti economici territoriali, comparando 8 differenti regioni, l'Emilia Romagna si classifica al primo posto per grado di famigliarità territoriale. D'altra parte, la presenza di un Fondo regionale per la non-autosufficienza (445,6 milioni nel 2012, al netto dei residui dei vari fondi nazionali e degli accantonamenti) ha molto probabilmente nei fatti reso possibile un certo disimpegno, allorché impedito nelle norme, dei comuni sulle aree di anziani e disabili. Rispetto agli strumenti di intervento, la regione - confrontata alla media nazionale - è caratterizzata per una minor propensione ai trasferimenti economici (voucher, assegni) e una maggiore propensione all'utilizzo delle strutture (residenziali e semiresidenziali).
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Cisl, Fnp-Cisl, “Una bussola per le politiche familiari”, Edizioni Lavoro, Roma, 2012. Il Gruppo è formato da 30 referenti, 9 del livello nazionale e 21 per quello regionale. Le Regioni analizzate sono: Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia.
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Spesa dei comuni singoli e associati per macro-area di interventi e servizi sociali - Anno 2009 (composizione percentuale) Trasferimenti Regione Servizi Strutture in denaro Comuni Emilia Romagna Comuni Veneto Comuni Toscana Comuni Nord-Est Comuni Italia
36,7 44,6 35,5 37,9 38,8
16,8 30,5 27,2 22,7 26,9
46,5 24,9 37,3 39,4 34,3
Fonte: Istat, Indagine sugli interventi e i servizi sociali dei Comuni singoli e associati, 2012
Per quel che riguarda i servizi dedicati ai bambini da 0 a 3 anni (asili nido e altri servizi consimili), il cui ruolo è fondamentale per consentire un accrescimento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, si rileva che in regione viene data risposta a circa il 29% dell’universo di riferimento (dato relativo all’anno scolastico 2009/10).
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Sistemi territoriali omogenei I profondi mutamenti che attraversano la nostra Regione sono stati evidenziati nei paragrafi precedenti, ricorrendo alla nuda evidenza dei numeri. Assistiamo a una transizione , accelerata dalla crisi, che non è più solo economica e sociale ma anche politica, che interroga anche la Cisl regionale, in quanto organizzazione che opera innanzitutto e prima di tutto a partire dal suo intreccio con le dinamiche socio – economiche dell’Emilia Romagna di oggi. Gli aspetti di questa transizione riguardano il passaggio da un territorio regionale fatto di piccole e grandi comunità locali ad alto tasso di coesione e benessere sociale (policentrismo, costituito da tanti sottosistemi sociali, tendenzialmente in equilibrio e ad alta intensità di sviluppo), verso un altrove fatto di una popolazione sempre più caratterizzata da alti tassi di immigrazione , dal progressivo invecchiamento medio dei suoi abitanti, da un’accresciuta vulnerabilità delle persone e delle famiglie e da un welfare sempre più difficile da garantire e da costruire. Ciò si accompagna ad evidenti e crescenti difficoltà della politica territoriale nel governare il processo di adattamento dei territori alla modernizzazione e al cambiamento del contesto. Il “Libro Verde sulla Coesione Territoriale Europea” (ottobre 2008) è un significativo riferimento per cercare di affrontare proattivamente e positivamente questa non facile condizione. Vi si suggerisce che “la competitività e la prosperità dipendono in misura crescente dalla capacità delle persone e delle imprese di sfruttare nel modo migliore tutte le risorse territoriali. In un’economia mondiale globalizzata e interdipendente, tuttavia, la competitività dipende anche dalla capacità di costruire legami con altri territori per assicurare che le risorse comuni siano utilizzate in modo coordinato e sostenibile. La cooperazione, insieme al flusso della tecnologia e delle idee nonché dei beni, dei servizi e dei capitali, sta diventando sempre più un aspetto vitale dello sviluppo territoriale e un fattore determinante della crescita sostenibile e a lungo termine di tutta l’Unione. Una politica pubblica può aiutare i territori a sfruttare nel modo migliore le proprie risorse. Può inoltre aiutarli a trovare una risposta comune a problemi comuni, a raggiungere la massa critica e ad aumentare i profitti combinando le proprie attività, a sfruttare le complementarietà e le sinergie e a superare le divisioni originate dalle frontiere amministrative”. Le politiche di sviluppo territoriale regionale devono quindi avere un approccio intrinsecamente multidisciplinare basato sulla integrazione, alla scala territoriale vasta, di politiche di sviluppo economico-sociale, politiche ambientali, di pianificazione e localizzazione di grandi funzioni e delle infrastrutture.
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La corresponsabilità condivisa con le istituzioni dalla galassia dei corpi intermedi operanti in regione risiede, dunque, nella capacità di fare da coagulo delle tante terre del policentrismo ripartendo dal lavoro, dalle comunità operose e da quelle centrate sulla cura e sull’integrazione dell’altro, contribuendo a vaccinare la società dall’idea che si possa uscire dalla crisi attraverso il rancore, l’isolamento, l’individuazione di un “nemico. Solo promuovendo una nuova coesione sociale basata sulla trasparenza è possibile immaginare di superare il “capitalismo molecolare” 17 in crisi attraverso la creazione di coalizioni fra una pluralità di soggetti per una rilanciare lo sviluppo in Emilia Romagna. Questo percorso, che può riportare al centro dei processi la società civile organizzata, costituisce un altro modo di costruire la nuova governance dei territori emiliano – romagnoli a partire non più dall’alto, ma dal basso e dalla concretezza delle esperienze e delle pratiche vissute; una razionalizzazione necessaria, ma basata su criteri economici e produttivi e non sull’astrattezza derivante da una spending review impostata dal centro e subita acriticamente, benché non si debba mai dimenticare la necessità di porre con forza le questioni della riduzione degli sprechi e della sobrietà. Temi dei quali possiamo essere testimoni attivi solo vivendo in prima persona l’esigenza di farsene carico. La realtà dei fatti, oggi, suggerisce di provare a guardare oltre il policentrismo, per ragionare di sviluppo di area vasta, di piattaforme produttive. Il punto di partenza non può più essere unicamente il confine amministrativo ereditato dall’Italia napoleonica, ma le imprese, i flussi tra territori, le infrastrutture, i saperi, i luoghi effettivi delle decisioni. Le ipotesi di superamento del policentrismo definite a partire dal piano territoriale regionale (PTR) e da successive ricerche a sostegno e a completamento sono centrate sull’idea di una riorganizzazione territoriale basata su tre grandi piattaforme: 1) la Via Emilia, l’asse trasversale che da Piacenza arriva a lambire Bologna; 2) Bologna Città Regione; 3) Città Adriatica i cui confini si disegnano tra il Delta del Po e Cattolica. Il tentativo di rivedere l’Emilia Romagna alla luce di questo nuovo sguardo è esemplificativo di ragionamenti che riguardano anche la Cisl e, nel contempo, vanno oltre la nostra organizzazione, che non è intenzionata a subirli passivamente, ma vuole esserne protagonista. 17
Bonomi, Aldo – Il rancore – alle radici del malessere del nord – Feltrinelli (Mi), 2008 56
La legge regionale n. 21/2012 sul riordino istituzionale, emanata a fine anno anche sulla spinta della legislazione nazionale di riordino delle province, rimasta incompiuta anche a causa della chiusura anticipata della legislatura, ha dato una spinta ulteriore al processo di aggregazione amministrativa e funzionale delle amministrazioni locali. Essa si innesta sui paradigmi più tradizionali delle figure istituzionali vigenti ma tenta di utilizzarli attraverso criteri che riescano a meglio interpretare e governare il territorio, le loro comunità, i sistemi economici e sociali alla luce delle dimensioni sopra richiamate. La legislazione regionale è intervenuta sulla redistribuzione delle funzioni individuand,o nella prima fase, criteri di riferimento su cui elaborare la futura ripartizione delle competenze tra comuni, le loro forme associative, le province e la regione stessa per quanto riguarda le materie di cui la regione ha competenza esclusiva o concorrente. La regione è inoltre intervenuta nella stessa legge per promuovere all’interno di una cornice definita e regole quadro di riferimento, la realizzazione di forme associative tra comuni all’interno di ambiti ottimali (Ato) per la gestione in comune di funzioni determinate, in modo tale da generare maggiore efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa locale. Si tratta di un impianto normativo che punta a promuovere le unioni tra comuni all’interno di ambiti ottimali che vengono definiti, con il contributo diretto degli stessi enti locali all’interno dei confini provinciali, con l’obiettivo che siano coincidenti ogni volta che questo sia possibile con i distretti socio sanitari. Un intervento che si innesta in quello analogo della legislazione nazionale che obbliga i piccoli comuni ad associarsi e che la regione prova, innescando un processo partecipato dal basso, ad ampliare a comuni di più grandi dimensioni non obbligati da legge statale ad associarsi. Tra le forme associative possibili quella maggiormente sostenuta è l’unione tra comuni, peraltro l’unica che beneficerà di incentivi finanziari da parte della regione. Oltre questo restano sempre possibili vere e proprie fusioni tra comuni18, che rappresentano la strada più efficace per istituire enti locali con dimensioni tali da garantire adeguatezza, economicità ed efficienza dell’azione amministrativa a beneficio delle comunità amministrate. 18
Il percorso di fase più avanzata di fusione di comuni è quello della Val Samoggia (Comuni di Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio e Savigno in Provincia di Bologna) dove è già stato fatto il referendum consultivo della popolazione, con esito favorevole. E’ stato indetto per il 9 giugno 2013 quello sulla fusione tra i Comuni di Savignano sul Rubicone e San Mauro Pascoli, in provincia di Forlì-Cesena. Potenzialmente (stando agli studi di fattibilità regionali) esistono altre 6 fusioni comunali, che coinvolgerebbero 23 comuni, praticabili nel medio periodo. 57
Dato il quadro normativo, condiviso e migliorato su alcuni contenuti dalla Cisl insieme alla Federazione della Funzione Pubblica, serve ora (aprile 2013) concertare a tutti i livelli, regionale e territoriale, la fase applicativa in modo tale che in fase di realizzazione si raggiungano quei miglioramenti auspicati, che sono l’obiettivo ultimo della norma a beneficio delle comunità, valorizzando nel contempo il ruolo e la partecipazione attiva dei lavoratori pubblici, salvaguardando livelli occupazionali e promuovendo crescita professionale e riconoscimenti economici. Il tentativo di rivedere l’Emilia Romagna alla luce di questo nuovo sguardo è esemplificativo di ragionamenti che riguardano anche la Cisl e, nel contempo, vanno oltre la nostra organizzazione, che non è intenzionata a subirli passivamente, ma vuole esserne protagonista.
58
EMILIA ROMAGNA19 Superficie DensitĂ Comuni Distretti Ato20 Iscritti cisl Iscritti attivi
Popolazione per Stato Civile Celibi
val 2011
22.421,29 198,88 348 38 46 312.490 154.480
% sul totale
% sul totale 2008
1.814.775
40,9%
Coniugati
2.134.452
48,2%
44,2% 51,2%
Divorziati
120.066
2,7%
1,8%
Vedovi
363.146
8,2%
2,8%
4.432.439
100%
100%
Totale
19
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012. Per tutti i dati demografici, regionali e territoriali, fonte: Regione Emilia Romagna, Direzione generale Organizzazione, Personale, Sistemi informativi e Telematica. 20
Ambiti territoriali ottimali, cosĂŹ come ipotizzati nella ricognizione con gli enti locali in Dgr 286/2013 (del 18.03.2013) ai sensi della LR 21/2012
59
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
Totale
% 124.711 166.928 306.411 216.823 669.173 1.970.750 481.725 522.725 159.083 4.459.246
Residenti stranieri: principali nazionalitĂ al 2012, valori assoluti, percentuale di maschi, percentuale sul totale e confronto consistenza percentuale sul 2005 % su % su % totale NazionalitĂ residenti totale maschi stranieri stranieri nel 2005 18,04 13,83 Marocco 73.318 54,03 5,98 13,72 Romania 72.720 43,75 13,65 11,82 Albania 62.642 53,72 2,57 5,79 Moldova 30.686 31,90 4,03 5,51 Ucraina 29.224 19,10 5,11 4,90 Cina 25.954 51,22 6,39 4,64 Tunisia 23.663 62,04 3,14 3,54 Pakistan 18.783 64,88 2,92 3,26 India 17.260 58,61 1,80 2,45 Polonia 13.011 24,39 Totale stranieri
530.015
48,27
100,00 60
2,80% 3,74% 6,87% 4,86% 15,01% 44,19% 10,80% 11,72% 3,57% 100,00%
Emilia Romagna 2011 Indicatori di Struttura demografica Ultra75enni (rapporto su popolazione totale)
11,66%
Ultra85enni (rapporto su popolazione totale)
3,48% 167,32%
Indice di vecchiaia Indice di dipendenza giovanile
20,65%
Indice di dipendenza anziani
34,56%
Indice di dipendenza totale
55,21%
Indice di struttura nella popolazione attiva
125,45%
Indice di ricambio della popolaizone attiva
159,74%
Tasso di fecondità totale
1,49
Rapporto di mascolinità
94,29%
Popolazione - Tassi di crescita 9,40
Tasso di natalità (per mille)
10,70
Tasso di mortalità (per mille)
61
Val Mercato del Lavoro
2.076.946
Forza di lavoro
5,3%
Tasso di disoccupazione
67,9%
Tasso di occupazione
72%
Tasso di attivitĂ
Valore Reddito e consumo
31.612,77 euro
PIL procapite
18.648,30 euro
Consumi procapite
58,99%
Rapporto Consumi/Pil
62
PIACENZA21
Superficie DensitĂ Comuni Distretti Ato Iscritti Cisl Iscritti attivi
21
area Piacenza
Ust ParmaPiacenza
2.589,00
6.038,32
112,52
121,98
48
95
3
7
8
13
21.831
53.657
10.375
27.218
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
63
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 3.877 5.195 9.972 7.568 21.964 64.059 15.660 13.737 3.256 142.032
% 2,73% 3,66% 7,02% 5,33% 15,46% 45,10% 11,03% 9,67% 2,29% 100,00%
Provincia di PIACENZA femmine % 3.630 2,43% 4.920 3,30% 9.376 6,28% 6.996 4,69% 21.137 14,16% 62.803 42,07% 17.526 11,74% 22.882 15,33% 7.821 5,24% 149.270 100,00%
64
Totale 7.507 10.115 19.348 14.564 43.101 126.862 33.186 36.619 11.077 291.302
% 2,58% 3,47% 6,64% 5,00% 14,80% 43,55% 11,39% 12,57% 3,80% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di Piacenza (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
114.349
39,4%
38,6%
Coniugati
142.581
49,2%
49,9%
Divorziati
6.405
2,2%
1,9%
Vedovi
26.540
9,2%
9,6%
TOTALE
289.875
100%
100%
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Piacenza % Nazionalità residenti % su totale residenti maschi 16,38 Albania 6.729 54,23 13,67 Romania 5.618 46,47 12,24 Marocco 5.027 54,06 7,62 Macedonia 3.131 52,19 6,05 Ecuador 2.486 40,79 5,19 India 2.135 60,23 4,69 Ucraina 1.929 18,30 3,20 Bosnia-Erzegovina 1.316 59,73 2,76 Tunisia 1.136 61,80 Totale stranieri
41.081
50,11
65
100,00
Val 2011
Val 2008
Mercato del Lavoro dati provinciali 128.978
Forza di lavoro Tasso di disoccupazione Tasso di occupazione Tasso di attivitĂ
127.330
4,9%
1,92%
65,4%
67,94%
69%
69,31%
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 6.261 9.687 11.367 9.056 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
32.393
31.389
31.864
33.134
5.506
5.271
4.108
4.207
26.071
23.852
22.603
↓
54.654
56.943
53.250
76.220
124.885
127.142
123.192
122.617
66
Reddito e consumo - dati provinciali PIL procapite Consumi procapite Rapporto Consumi/Pil
2008
2009
2010
val
val
val
30.657,85 euro 17.425,44 euro 56,84%
67
29.720,30 29.802,29 euro euro 17.188,31 17.466,66 euro euro 57,83% 58,61%
PARMA22
Superficie DensitĂ Comuni Distretti Ato Iscritti Cisl Iscritti attivi
22
area Parma
Ust Parma-Piacenza
3.449,32
6.038,32
129,09
121,98
47
95
4
7
5
13
31.826
53.657
16.843
27.218
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012.
68
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 6.379 8.519 15.375 11.338 35.384 97.283 22.447 19.607 4.942 216.332
% 2,95% 3,94% 7,11% 5,24% 16,36% 44,97% 10,38% 9,06% 2,28% 100,00%
Provincia di PARMA femmine % 6.086 2,66% 7.881 3,44% 14.439 6,31% 10.399 4,54% 34.650 15,13% 97.748 42,69% 25.301 11,05% 32.447 14,17% 11.494 5,02% 228.951 100,00%
69
Totale 12.465 16.400 29.814 21.737 70.034 195.031 47.748 52.054 16.436 445.283
% 2,80% 3,68% 6,70% 4,88% 15,73% 43,80% 10,72% 11,69% 3,69% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di Parma (trend 3 anni) Celibi
Val 2011
% 2011
179.734
% 2008
40.7 %
39,3 %
Coniugati
214.579
48.6 %
49,7 %
Divorziati
10.802
2.3 %
2,1 %
Vedovi
37.005
8.4 %
8,9 %
TOTALE
442.120
100
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Parma % su totale Nazionalità residenti % maschi stranieri 7.583 13,02 Moldova 33,54 6.669 11,45 Albania 55,72 6.143 10,55 Romania 42,75 5.149 8,84 Marocco 52,82 4.274 7,34 Tunisia 64,2 3.380 5,80 India 59,91 2.455 4,21 Filippine 46,35 2.070 3,55 Ucraina 19,85 1.817 3,12 Senegal 77,27 Totale stranieri 58.233 48,51 100,00
70
100
Val 2011
Val 2008
Mercato del Lavoro dati provinciali 208016
Forza di lavoro
204672
3,8%
2,32%
Tasso di occupazione
68,2%
71,1%
Tasso di attivitĂ
70,9%
72,82%
Tasso di disoccupazione
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
2009
2010
2011
17.454
18.257
15.929
14.314
59.558
55.305
52.824
54.377
6.878
6.474
6.251
5.502
36.614
34.222
34.317
79.417
84.011
88.648
126.023
199.921
198.269
197.969
200.216
71
↓
Reddito e consumo - dati provinciali
2008
2009
2010
val
val
val
PIL procapite
32.497,48
31.238,02 31.971,80
Consumi procapite
19.196,93
18.954,79 18.931,42
Rapporto Consumi/Pil
59,07%
72
60,68%
59,21%
REGGIO EMILA23
Superficie
2.292,89
DensitĂ
23
232,90
Comuni
45
Distretti
6
Ato
7
Iscritti Cisl
36.794
Iscritti attivi
20.086
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
73
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 8.764 11.784 21.550 14.665 43.259 117.117 24.172 21.204 5.098 262.515
Provincia di REGGIO EMILIA % femmine % Totale 3,34% 8.394 3,09% 17.158 4,49% 11.063 4,07% 22.847 8,21% 19.884 7,32% 41.434 5,59% 13.730 5,06% 28.395 16,48% 42.008 15,47% 85.267 44,61% 115.935 42,70% 233.052 9,21% 26.778 9,86% 50.950 8,08% 33.707 12,42% 54.911 1,94% 11.737 4,32% 16.835 100,00% 271.499 100,00% 534.014
74
% 3,21% 4,28% 7,76% 5,32% 15,97% 43,64% 9,54% 10,28% 3,15% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di Reggio E. (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
221.693
41.9 %
40,5 %
Coniugati
254.459
47,9 %
49,3 %
Divorziati
14.090
2,6 %
2,3 %
Vedovi
40.101
7,9 %
7,9 %
530.343
100
100
TOTALE
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Reggio Emilia % su totale Nazionalità residenti % maschi stranieri 14,43 Marocco 10.438 53,27 10,52 Albania 7.610 54,23 9,47 India 6.848 56,77 8,13 Cina 5.885 51,74 7,14 Pakistan 5.165 61,28 7,07 Romania 5.112 43,39 5,68 Ucraina 4.111 19,41 4,30 Moldova 3.111 32,66 4,28 Ghana 3.097 56,96 Totale stranieri
72.342
49,60 75
100,00
Val 2011
Val 2008
Mercato del Lavoro dati provinciali 248.900
Forza di lavoro
251.532
Tasso di disoccupazione
4,93%
2,31%
Tasso di occupazione
67,3%
71,81%
Tasso di attivitĂ
70,8%
73,54%
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
22.759
18.869
18.859
14.684
83.479
77.268
77.224
85.375
10.700
7.528
5.508
5.547
45.644
44.549
42.413
↓
83.128
93.580
90.037
131.018
245.710
241.794
234.041
236.624
76
Reddito e consumo dati provinciali
Val 2010
Val 2008
PIL procapite
29.987,01
31.719,13
Consumi procapite
17.676,98
17.590,83
58,95%
55,46%
Rapporto Consumi/Pil
77
MODENA24
Superficie
2.688,65
DensitĂ
24
262,27
Comuni
47
Distretti
7
Ato
6
Iscritti Cisl
60.959
Iscritti attivi
30.326
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012 78
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 10.935 14.505 26.509 19.279 55.275 155.104 33.747 29.536 7.099 344.890
% 3,17% 4,21% 7,69% 5,59% 16,03% 44,97% 9,78% 8,56% 2,06% 100,00%
Provincia di MODENA femmine % 10.261 2,85% 13.715 3,81% 24.935 6,92% 17.566 4,88% 53.563 14,87% 155.603 43,19% 37.915 10,52% 46.716 12,97% 15.984 4,44% 360.274 100,00%
79
Totale 21.196 28.220 51.444 36.845 108.838 310.707 71.662 76.252 23.083 705.164
% 3,01% 4,00% 7,30% 5,23% 15,43% 44,06% 10,16% 10,81% 3,27% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di Modena (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
283.956
40,5 %
Coniugati
344.356
49,1 %
50,0 %
Divorziati
18.598
2,7 %
2,4 %
Vedovi
54.003
7,7 %
8,0 %
TOTALE
700.913
100
100
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Modena % % su totale Nazionalità residenti maschi stranieri 19,98 Marocco 18.854 55,18 9,73 Romania 9.182 41,60 8,97 Albania 8.464 53,64 6,65 Ghana 6.278 60,00 6,32 Tunisia 5.963 61,95 5,84 Cina 5.507 52,53 5,61 Moldova 5.298 29,65 4,57 Ucraina 4.316 19,65 4,15 Pakistan 3.918 65,00 Totale stranieri 94.359 49,64 100,00 80
39,6 %
Val 2011
Val 2008
Mercato del Lavoro dati provinciali 331.602
Forza di lavoro Tasso di disoccupazione Tasso di occupazione Tasso di attivitĂ
330.112
5,1%
3,32%
68,1%
71,06%
72%
73,54%
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 23.371 19.293 20.443 16.645 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
102.751
109.164
109.287
120.158
8.358
11.161
7.705
4.030
62.732
55.716
53.863
121.933
117.100
112.699
174.013
319.145
312.434
303.997
314.846
81
↓
Val 2011
Val 2008
Reddito e consumo - dati provinciali PIL procapite Consumi procapite Rapporto Consumi/Pil
31.612,77
35.266,56
18.648,30
18.651,67
58,99%
52,89%
82
BOLOGNA25 Area metropolitana di Bologna 3.703,00 2.916,57 269,95 297,27 60 50 7 6 7 6 51.649 43.306 26.259 22.186
Area Bologna Superficie DensitĂ Comuni Distretti Ato Iscritti Cisl Iscritti attivi
25
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012 83
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
Area di BOLOGNA (escluso nuovo comprensorio Imolese) maschi % femmine % Totale % 11.899 2,86% 11.899 2,64% 23.798 2,74% 15.900 3,82% 14.926 3,31% 30.826 3,56% 29.406 7,07% 27.680 6,13% 57.086 6,58% 19.885 4,78% 18.562 4,11% 38.447 4,43% 63.040 15,16% 62.637 13,88% 125.677 14,50% 189.121 45,48% 195.925 43,42% 385.046 44,41% 45.217 10,87% 52.787 11,70% 98.004 11,30% 41.326 9,94% 66.799 14,80% 108.125 12,47% 10.315 2,48% 23.121 5,12% 33.436 3,86% 415.794 100,00% 451.215 100,00% 867.009 100,00%
84
Popolazione per Stato Civile Provincia di Bologna (trend 3 anni)
Val
% 2011
% 2008
Celibi
414.191
41,7 %
40,1 %
Coniugati
465.204
47,0 %
48,5 %
Divorziati
29.788
3,0 %
2,7 %
Vedovi
82.741
8,3 %
8,7 %
991.924
100
TOTALE
100
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Area Metropolitana di Bologna Nazionalità residenti % maschi % su totale stranieri 17,68 Romania 19.400 44,83 13,94 Marocco 15.292 52,92 7,22 Albania 7.926 52,13 6,48 Moldova 7.108 30,74 5,45 Pakistan 5.975 69,10 5,33 Ucraina 5.855 17,15 5,28 Filippine 5.790 45,92 5,14 Bangladesh 5.636 62,49 4,31 Cina 4.726 50,59 Totale stranieri
109.698
47,02
85
100,00
Mercato del Lavoro dati provinciali
Val 2011
Val 2008
471.967
Forza di lavoro Tasso di disoccupazione Tasso di occupazione Tasso di attivitĂ
461.693
4,8%
2,20%
69,6%
72,42%
73%
74,08%
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
33.856
31.099
25.384
22.941
114.006
104.540
104.860
98.993
6.834
7.028
14.294
15.750
89.981
89.844
90.886
206.856
209.849
206.322
311.876
451.533
442.360
441.746
449.560
86
↓
Reddito e consumo - dati provinciali PIL procapite Consumi procapite Rapporto Consumi/Pil
Val 2011
Val 2008
31.612,77
35.283,87
18.648,30
19.893,22
58,99%
56,38%
87
IMOLA26 Area metropolitana di Bologna 3.703,00 786,43 269,95 168,66 60 10 7 1 7 1 51.649 8.343 26.259 4.073
Area Imola Superficie DensitĂ Comuni Distretti Ato Iscritti Cisl Iscritti attivi
26
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
88
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 1.837 2.645 4.968 3.543 9.566 29.059 6.726 6.417 1.580 64.761
IMOLA (Nuovo comprensorio Imolese) % femmine % Totale 2,84% 1.861 2,74% 3.698 4,08% 2.465 3,63% 5.110 7,67% 4.593 6,77% 9.561 5,47% 3.195 4,71% 6.738 14,77% 9.418 13,88% 18.984 44,87% 29.662 43,70% 58.721 10,39% 7.358 10,84% 14.084 9,91% 9.324 13,74% 15.741 2,44% 3.148 4,64% 4.728 100,00% 67.876 100,00% 132.637
89
% 2,79% 3,85% 7,21% 5,08% 14,31% 44,27% 10,62% 11,87% 3,56% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Comune di Imola (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
27.768
40,2%
38,5%
Coniugati
33.563
48,6%
50,4%
Divorziati
2.278
3,3%
2,8%
Vedovi
5.503
8,0%
8,3%
TOTALE
69.112
100%
100%
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Nuovo comprensorio Imolese Nazionalità val % maschi % su totale stranieri 26,56 Romania 3.284 47,77 20,28 Marocco 2.508 52,39 11,60 Albania 1.434 53,20 5,69 Tunisia 704 57,39 5,13 Ucraina 635 16,38 4,20 Pakistan 520 62,50 3,45 Polonia 427 23,42 2,98 Moldova 369 29,81 2,21 Cina 273 52,01 Totale stranieri
12.365
58,10
90
100,00
Val 2011
Val 2008
Mercato del Lavoro dati provinciali Forza di lavoro Tasso di disoccupazione Tasso di occupazione Tasso di attivitĂ
441.746
461.693
4,7%
2,20%
69,6%
72,42%
73%
74,08%
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 33.856 31.099 25.384 Costruzioni 114.006 104.540 104.860 Industria 6.834 7.028 14.294 Agricoltura 89.981 89.844 90.886 Commercio 206.856 209.849 206.322 Altri servizi 442.360 441.746 Totale 451.533
91
FERRARA27
Superficie
2.631,12
DensitĂ
136,70
Comuni
26
Distretti
3
Ato
5
Iscritti Cisl
28.101
Iscritti attivi
27
9.668
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
92
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 4.224 5.763 10.482 7.781 24.204 80.602 20.624 18.092 4.171 171.772
% 2,46% 3,36% 6,10% 4,53% 14,09% 46,92% 12,01% 10,53% 2,43% 100,00%
Provincia di FERRARA femmine % 4.118 2,19% 5.311 2,83% 9.952 5,30% 7.225 3,84% 24.098 12,82% 83.278 44,32% 23.983 12,76% 29.949 15,94% 9.664 5,14% 187.914 100,00%
93
Totale 8.342 11.074 20.434 15.006 48.302 163.880 44.607 48.041 13.835 359.686
% 2,32% 3,08% 5,68% 4,17% 13,43% 45,56% 12,40% 13,36% 3,85% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di Ferrara (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
135.867
37,7 %
36,8 %
Coniugati
178.202
49,6 %
50,6 %
Divorziati
10.604
2,9 %
2,5 %
Vedovi
35.321
9,8 %
10,1 %
359.994
100
100
TOTALE
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Ferrara Nazionalità residenti % maschi % su totale stranieri 15,69 Marocco 4.560 53,79 14,88 Romania 4.326 42,57 10,91 Ucraina 3.172 15,04 8,87 Albania 2.579 51,80 8,70 Pakistan 2.528 60,13 8,08 Moldova 2.349 32,65 6,30 Cina 1.831 51,99 3,10 Polonia 901 22,86 3,03 Tunisia 882 63,60 Totale stranieri
29.067
44,16
94
100,00
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 12.158 9.471 7.918 6.477 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
32.337
36.121
35.198
37.881
14.871
16.640
11.928
9.130
34.213
31.633
32.872
66.258
64.689
65.324
105.840
159.837
158.554
153.240
159.328
Val 2011
↓
Val 2008
Reddito e consumo - dati provinciali
PIL procapite
28.194,71
31.612,77
Consumi procapite
17.741,38
18.648,30
62,92%
58,99%
Rapporto Consumi/Pil
95
RAVENNA28
area Ravenna
Ust Romagna
1.858,00
5.098,58
DensitĂ
212,31
220,62
Comuni
18
75
Distretti
3
8
Ato
3
8
Iscritti Cisl
28.101
82.395
Iscritti attivi
15.485
41.988
Superficie
28
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
96
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 5.502 7.426 13.417 9.368 28.137 87.293 20.322 19.932 5.034 191.397
% 2,87% 3,88% 7,01% 4,89% 14,70% 45,61% 10,62% 10,41% 2,63% 100,00%
Provincia di RAVENNA femmine % 5.134 2,53% 7.001 3,45% 12.546 6,18% 8.802 4,33% 28.129 13,85% 87.715 43,20% 23.317 11,48% 30.423 14,98% 10.460 5,15% 203.067 100,00% 97
Totale 10.636 14.427 25.963 18.170 56.266 175.008 43.639 50.355 15.494 394.464
% 2,70% 3,66% 6,58% 4,61% 14,26% 44,37% 11,06% 12,77% 3,93% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di Ravenna (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
160.372
40,9 %
39,5 %
Coniugati
187.265
47,7 %
49,1 %
Divorziati
12.186
3,1 %
2,7 %
Vedovi
32.635
8,3 %
8,7 %
392.458
100
100
TOTALE
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Ravenna Nazionalità residenti % maschi % su totale stranieri 23,09 Romania 10.659 46,22 15,89 Albania 7.337 54,77 12,18 Marocco 5.621 54,63 5,84 Senegal 2.698 79,24 4,68 Moldova 2.162 34,46 4,48 Polonia 2.069 26,63 4,21 Ucraina 1.945 20,98 3,96 Macedonia 1.828 59,91 3,33 Nigeria 1.536 47,39 Totale stranieri
46.164
49,04
98
100,00
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 9.952 10.034 9.159 10.237 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
40.090
43.276
43.588
43.267
11.860
13.187
13.752
13.813
37.078
31.424
29.713
↓
75.711
72.856
78.593
110.750
174.691
170.777
174.805
178.067
Val 2011
Val 2008
Reddito e consumo - dati provinciali PIL procapite Consumi procapite Rapporto Consumi/Pil
31.612,77
30.353,42
18.648,30
16.706,02
58,99%
55,04%
99
FORLI’ CESENA29
Superficie
29
area ForlìCesena 2.377,00
Ust Romagna 5.098,58
Densità
167,58
220,62
Comuni
30
75
Distretti
3
8
Ato
3
8
Iscritti Cisl
37.715
82.395
Iscritti attivi
17.486
41.988
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
100
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 5.899 7.686 14.274 10.214 30.895 86.619 20.552 18.034 4.425 194.173
Provincia di FORLĂŹ-CESENA % femmine % Totale 3,04% 5.286 2,59% 11.185 3,96% 7.355 3,60% 15.041 7,35% 13.200 6,47% 27.474 5,26% 9.435 4,62% 19.649 15,91% 30.476 14,93% 61.371 44,61% 87.868 43,04% 174.487 10,58% 22.856 11,20% 43.408 9,29% 27.683 13,56% 45.717 2,28% 9.361 4,59% 13.786 100,00% 204.159 100,00% 398.332
101
% 2,81% 3,78% 6,90% 4,93% 15,41% 43,80% 10,90% 11,48% 3,46% 100,00%
Popolazione per Stato Civile Provincia di ForlìCesena (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
165.698
41,9 %
40,0 %
Coniugati
189.656
48,0 %
49,8 %
Divorziati
9.296
2,3 %
2,1 %
Vedovi
30.839
7,8 %
8,1 %
TOTALE
395.489
100
100
Occupati per settore – valori assoluti dati provinciali – rilevazione Istat 2008 2009 2010 2011 13.978 13.070 11.160 13.400 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
35.262
38.115
37.357
39.019
9.749
8.893
11.865
12.788
42.489
44.502
47.685
↓
67.206
65.155
67.875
106.472
168.684
169.735
175.942
171.679
102
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Forlì-Cesena Nazionalità residenti % maschi % su totale stranieri 16,80 Romania 7.422 41,54 16,18 Albania 7.145 53,32 14,20 Marocco 6.274 54,99 7,17 Cina 3.166 51,55 4,95 Bulgaria 2.185 50,16 4,47 Ucraina 1.973 23,26 4,39 Polonia 1.940 24,48 3,81 Tunisia 1.684 61,58 2,30 Senegal 1.324 72,05 Totale stranieri
44.170
48,81
Val 2011
100,00
Val 2008
Reddito e consumo - dati provinciali PIL procapite
32.128,34
32.558,15
Consumi procapite
18.169,93
18.098,16
56,55 %
55,59 %
Rapporto Consumi/Pil
103
RIMINI30
30
area Rimini
Ust Romagna
Superficie
863,58
5.098,58
DensitĂ
384,53
220,62
Comuni
27
75
Distretti
2
8
Ato
2
8
Iscritti Cisl
16.579
82.395
Iscritti attivi
9.017
41.988
Se non altrimenti precisato, i dati si riferiscono al 01.01.2012
104
Popolazione per fasce di etĂ 2012 Bambini (0-2) Bambini (3-6) Ragazzi (7-14) Adolescenti (15-20) Giovani adulti (21-34) Adulti (35-64) Anziani (65-74) Anziani (oltre 75) DI CUI Ultra 85 enni TOTALE
maschi 4.766 6.629 12.146 9.052 25.488 72.494 16.231 13.735 3.342 160.541
Provincia di RIMINI % femmine % Totale % 2,97% 4.675 2,73% 9.441 2,84% 4,13% 6.239 3,64% 12.868 3,88% 7,57% 11.707 6,83% 23.853 7,18% 5,64% 8.220 4,79% 17.272 5,20% 15,88% 25.845 15,07% 51.333 15,46% 45,16% 75.462 43,99% 147.956 44,56% 10,11% 18.206 10,61% 34.437 10,37% 8,56% 21.175 12,34% 34.910 10,51% 2,08% 7.031 4,10% 10.373 3,12% 100,00% 171.529 100,00% 332.070 100,00%
105
Popolazione per Stato Civile Provincia di Rimini (trend 3 anni)
Val 2011
% 2011
% 2008
Celibi
138.894
42,2 %
40,5 %
Coniugati
158.150
48,0 %
49,8 %
Divorziati
8.297
2,5 %
2,1 %
Vedovi
23.961
7,3 %
7,6 %
329.302
100
100
TOTALE
Residenti stranieri: principali nazionalità 2012 – Provincia di Rimini Nazionalità residenti % maschi % su totale residenti 22,45 Albania 8.183 52,83 13,92 Romania 4.858 41,00 11,04 Ucraina 3.853 21,39 6,03 Marocco 2.103 54,49 5,67 Cina 1.980 49,34 4,29 Senegal 1.498 84,51 4,18 Macedonia 1.459 57,85 4,03 Moldova 1.408 31,75 2,97 Tunisia 1.037 56,80 Totale stranieri
34.901
44,88
106
100,00
Occupati per settore - valori assoluti dati provinciali - rilevazione ISTAT 2008 2009 2010 2011 11.529 13.149 12.497 11.334 Costruzioni Industria Agricoltura Commercio Altri servizi Totale
26.114
25.756
26.626
26.305
4.361
3.363
3.293
4.486
38.133
36.211
35.238
55.021
56.089
52.980
91.405
135.158
134.568
130.634
133.530
Val 2011
↓
Val 2008
Reddito e consumo - dati provinciali PIL procapite Consumi procapite Rapporto Consumi/Pil
31.612,77
31.539,13
18.648,30
20.599,12
58,99%
65,31%
107
*
Gruppo di lavoro:
Claudio Arlati, Monica Lattanzi, ufficio studi e formazione; Fabio Gioli, Dipartimento Mercato del Lavoro; Filiberto Zecchini, Dipartimento Politiche Sociali e della salute
108