Mini Protesi Anca

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MINI PROTESI PER L’ARTROSI DELL’ANCA Il numero di protesi d’anca impiantate nel mondo è giunto oggi a circa un milione e mezzo ogni anno. Di queste 300.000 negli Stati Uniti; l'Italia è il secondo Paese europeo per numero di impianti effettuati. Circa centomila impianti su un totale di 700.000 interventi effettuati ogni anno in Europa, L’Italia è seconda solo alla Germania (250.000) e alla Francia (130.000) e precede Regno Unito (90.000) e Spagna (70.000). Ed il numero di interventi sull'anca cresce al ritmo del 5 per cento annuo. Aumenta anche il numero degli interventi eseguiti in soggetti giovani. Ciò è reso possibile grazie alla disponibilità di nuovi materiali, nuovi disegni di impianti e nuove tecniche chirurgiche mini invasive. In Italia circa 20.000 protesi d’anca sono impiantate ogni anno in pazienti al di sotto dei 65 anni, e circa 5000 in pazienti con meno di 50 anni. La necessità di disporre di impianti più adatti a pazienti “giovani” ha portato allo sviluppo di tecniche chirurgiche mini invasive, che rispettano al massimo i tessuti, e di mini protesi che consentono di ridurre l’asportazione di osso durante l’intervento. In questo modo cambia anche la filosofia di approccio al trattamento chirurgico dell’artrosi dell’anca. La tendenza è di non aspettare più l’età avanzata per intervenire: oggi l’elemento decisivo è soprattutto la compromissione della qualità di vita. Se questa appare troppo compromessa si procede all’intervento anche in pazienti di 30 o 40 anni. Le protesi d’anca sono già oggi più piccole rispetto al passato, e lo saranno sempre più in futuro : la tendenza, infatti, è la mini invasività ossea , ridurre cioè al minimo l'asportazione di osso, così da facilitare eventuali futuri reinterventi. E più di dieci anni di follow-up, controlli clinici, radiologici e di laboratorio hanno confermato la loro affidabilità ed efficacia. Da oltre due anni a tal proposito è partito uno studio multicentrico che coinvolge 12 chirurghi, tra cui il sottoscritto, e relativi Centri Ortopedici su tutto il territorio nazionale. Tale studio si prefigge di raccogliere l’esperienza di tutti i chirurghi partecipanti relativamente all’utilizzo delle più moderne protesi conservative mini-invasive. I primi incoraggianti risultati sono già stati presentati al recente Congresso della Società Italiana di Ortopedia svoltosi a Rimini nello scorso ottobre. D’altra parte il nostro paese è all’avanguardia nel campo della mini invasività e oggi ovunque si interviene cercando di traumatizzare al minimo ossa , muscoli e legamenti. Non si tratta di una chirurgia mininvasiva dal punto di vista estetico, con l’obbiettivo di ridurre l'ampiezza della cicatrice, sebbene ormai bastino incisioni di 7-8 centimetri: l'obiettivo è rispettare i tessuti molli attorno all'articolazione così da minimizzare i tempi di recupero. Tradizionalmente l’intervento prevedeva un’incisione di circa 20cm e la completa sostituzione della testa e del collo femorali con la protesi. L’approccio chirurgico mini invasivo prevede incisioni di circa 7-8cm, ed inoltre il risparmio, la conservazione, del collo femorale grazie all’utilizzo di protesi specificamente realizzate. I vantaggi dell’utilizzo di protesi a conservazione di collo sono soprattutto il massimo risparmio osseo rispetto alla chirurgia tradizionale, che renderà più agevole nel futuro un eventuale reintervento, non raramente necessario considerata la durata di una protesi che è di circa 15-20 anni.


Inoltre il risparmio del collo femorale, grazie all’orientamento delle sue trabecole ossee, permette una distribuzione del carico più fisiologica, con rispetto della biomeccanica articolare originaria. Ciò ha come ulteriore implicazione di non rendere praticamente necessaria una rieducazione postoperatoria. La minimizzazione dell’incisione chirurgica comporta, oltre al vantaggio estetico, una riduzione del sanguinamento intra e post- operatorio e quindi rende meno frequente la necessità di trasfusioni. Consente inoltre un recupero funzionale più veloce dopo l’intervento in quanto riduce il trauma chirurgico sulla muscolatura dell’anca. Il giorno dopo l'intervento il paziente può camminare con l’aiuto dei bastoni. Inizia subito gli esercizi di mobilizzazione articolare e di rinforzo muscolare. Dopo i primi due o tre giorni, durante i quali va effettuata una terapia antalgica, il paziente non avverte più i dolori dell'anca artrosica che prima lo tormentavano all'inguine e alla coscia. Dopo circa un mese è possibile il ritorno alla deambulazione autonoma. E dopo tre mesi per i pazienti più giovani il ritorno alle attività sportive consentite: sci, ciclismo, equitazione, nuoto, palestra . Naturalmente questa chirurgia protesica mininvasiva non è indicata per tutti i pazienti. Vanno esclusi da questo approccio i casi in cui il collo femorale presenti alterazioni più o meno importanti. Tutte le condizioni artrosiche conseguenti a patologie dell’anca dell’infanzia, ad esempio conseguenti a displasia congenita dell’anca, o casi di revisione della protesi nei quali il collo femorale sia stato asportato durante il primo impianto, oppure ancora esiti di frattura del collo femorale, sono destinati ad un approccio chirurgico tradizionale. Sono infine esclusi da questa opportunità chirurgica i troppo grassi. Lo spesso pannicolo adiposo rende l'accesso chirurgico più complesso e limita la visibilità dell’articolazione : negli obesi questo può essere infatti spesso anche dieci centimetri e richiedere un’incisione chirurgica più ampia invece che ridotta. Motivo in più per giungere all’intervento nelle migliori condizioni generali possibili. Prendersi cura di se stessi è il modo migliore per ottenere il massimo risultato dalle cure del chirurgo.


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