Prodotto finale seconda uda II G

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L’ACQUA NEL NOSTRO TERRITORIO

2-G A.S. 2016/2017 SECONDO QUADRIMESTRE U.D.A. (unità di apprendimento)


L’acqua ne “Il Colombre” di Dino Buzzati Il testo narra la vita di un ragazzino di dodici anni appena compiuti, con la passione per il mare e per la navigazione. Infatti, per il compleanno del figlio, il padre decide di portarlo con sé per realizzare il sogno del ragazzino. Sul peschereccio, Stefano Roi (il nome del protagonista) si sporge dalla prua e nota una macchia nera intermittente, che si intravede tra le onde, in lontananza. Il padre, non vedendo più il figlio, inizia a cercarlo e lo trova intento a guardare l’orizzonte. Inizialmente, l’uomo non capisce cosa stia guardando il bambino, ma, dopo aver aguzzato la vista, scorge anch’egli una macchia nera. Riflettendo, il genitore comincia a sudare freddo: la macchia non è quella di un semplice pesce, ma di un colombre, cioè una creatura con le sembianze di uno squalo che, scelta la sua preda, la segue fino a raggiungerla. Almeno così dice la leggenda, nota anche all’equipaggio. Spaventato, il padre spiega al figlio il rischio che incombe su di lui e lo mette al corrente di quanto potrebbe accadergli. Dopodiché fa scendere il ragazzo dalla nave nel primo porto che incontra, vietandogli di andare per mare. Passano gli anni e Stefano abbandona il suo sogno, conservandone il rimpianto. Un giorno, divenuto adulto, decide di tornare alla vita di mare, ma il colombre riprende il suo inseguimento e si mostra a qualche miglio di distanza dalla nave di Stefano, accompagnando i viaggi del protagonista in ogni porto e lungo ogni tragitto. Prosegue anche l’angoscia di Stefano, che si sente minacciato dal pesce. Ormai vecchio, convinto che la sua vita sia giunta al termine, il marinaio sceglie di affrontare il colombre: lascia l’equipaggio, sale su una piccola scialuppa e va incontro al pesce. L’animale misterioso

Dino Buzzati

Il colombre


L’amore Sul ghiaccio di Herman Hesse In questo racconto l’acqua è fondamentale perché il fiume ghiacciato d’inverno offre l’occasione al protagonista dodicenne di incontrare la ragazzina che gli piace, Emma Meier. Il ragazzino frequenta le scuole medie ed è ancora pienamente nel mondo colorato delle fantasticherie fanciullesche. È timido e avido di sogni. Decide, un pomeriggio, di seguire i compagni che vanno a pattinare sul fiume, corteggiando le ragazze. Tuttavia lui non è interessato all’altro sesso: preferisce fare evoluzioni sui pattini da solo. Per lui le ragazze non esistono, mentre i compagni compiono azioni cavalleresche invitando le ragazze a pattinare in coppia. Un giorno gli arriva la notizia del bacio tra la bella Emma e il nordista, un ragazzo più grande e intraprendente del protagonista. D’improvviso, la notizia del bacio gli fa montare il sangue alla testa: in quell’epoca, a inizio Novecento, è vietato a due studenti, in Germania, di scambiarsi effusioni. In tal senso, il protagonista apprezza il gesto del nordista perché proibito e anche carico di fascino e di scoperta. Siccome il ragazzino dodicenne è una matricola, non sa come corteggiare le ragazze: studiando gli atteggiamenti dei compagni, si ritrova a provare l’invito al ballo davanti alla stufa di casa, esercitandosi nelle evoluzioni con i pattini per presentarsi a Emma Meier. Nel giorno tanto atteso, indossati i pattini, si dirige verso la pista ghiacciata sul fiume e, dopo aver fatto due giri, si scontra con la bella Emma, che cade per terra. I due si guardano e per diversi minuti il silenzio regna fra loro. Infine il ragazzo prende la parola e chiede alla compagna di accompagnarlo nel ballo. Emma e il protagonista pattinano insieme in silenzio, poi si separano. Con l’arrivo della stagione calda, il ghiaccio si scioglie e il ragazzino non può ripetere l’esperienza. Si è trattato della prima avventura amorosa del protagonista, amante del ghiaccio e ormai non più timido come all’inizio della vicenda.

Herman Hesse

Pattinaggio sul fiume


L’acquedotto Carolino Nel 1753, per volontà di sua maestà Carlo III di Borbone ad opera di Luigi Vanvitelli, con lo scopo di alimentare le cascate della reggia di Caserta, è stato costruito l’acquedotto Carolino. In quell’anno, fu compiuto il primo tronco dell’acquedotto dalla sorgente del Fizzo, posta sulla falda del Taburno, e la collina del Prato, dove fu anche trovata un’altra sorgente. Nel 1755 si giunse alla foratura del Longano, da cui Vanvitelli decise di raggiungere il monte Garzano mediante la costruzione di un ponte che superasse la grande vallata che separa i due monti. Il ponte fu chiamato “Ponti della valle” e all’epoca fu il più grande ponte di Europa. Nel 1756, l’acquedotto funzionava in pieno, fino all’imbocco del monte Gargano. L’inaugurazione ebbe momenti drammatici i quali vennero però ricompensati con l’arrivo dell’acqua, grazie al quale, tra gli applausi della folla, Vanvitelli venne abbracciato dal sovrano, il quale lo gratificò con mille ducati. L’acqua, che in quattro ore aveva superato l’intero percorso dal Taburno a Caserta, ampillò finalmente dalla collina di Briano, alimenta finalmente le rumorose cascate della reggia, a rappresentare la forza della fatica umana e la giovinezza della nuova Regina di Napoli, Maria Carolina, di cui ancora oggi porta il nome. La parte dell’acquedotto Carolino che costituisce i Ponti della Valle è tra le più grandi opere d’arte al mondo costituisce la parte più bella e spettacolare dell’acquedotto.

Acquedotto Carolino

Fontana dei delfini (reggia di Caserta)


Tronco di San Benedetto

Il tracciato dell’ acquedotto Carolino, detto “Tronco di San Benedetto” proveniente dal Palazzo Reale di Caserta( acque di ritorno), parte dall’ex Mulino di S. Benedetto in Via Ferrarecce a Caserta, attraversa la zona Lo Uttaro in corrispondenza dell’area ex UCAR, interseca la Via Appia all’altezza della Cappella S.M. delle Grazie di San Nicola La Strada, si immette nel territorio di Maddaloni rasentando l’attuale stazione ferroviaria e prosegue verso Montedecoro innestandosi nell’antico acquedotto del Carmignano nei pressi di Ponte Tavano, nel territorio di Maddaloni.

L’acqua che beviamo


L’acqua che arriva nelle case dei cittadini della Campania proviene dalle purissime sorgenti del Gari (Cassino), entra in territorio molisano e qui raccoglie le acque delle sorgenti di Sammucro, della falda del Peccia e delle sorgenti di S.Bartolomeo; quindi attraversa il confine della Campania per raccogliere le acque dei campi pozzi di Montemaggiore, San Prisco, Monte Tifata e Santa Sofia; quindi, carico della portata complessiva di oltre 8.500 litri al secondo, raggiunge le pendici degli ultimi rilievi collinari a nord di Caserta che dominano la piana campana, nei pressi del nodo di S. Prisco; qui viene immagazzinata in grandi serbatoi in galleria e smistata (senza soluzione di continuità ) nelle tubazioni che finiscono per alimentare e far zampillare le acque dai rubinetti di casa.


L’ACQUA nelle religioni

L’acqua nella religione può avere significati diversi: La sua fluidità è legata alla nascita del mondo

. La sua forza e la sua violenza diventa ciò che distrugge, corrode de ricopre


La sua purezza diventa ciò che purifica

Nelle religioni antiche l’acqua era considerata sacra perché era indispensabile alla vita.

Curiosità: L’usanza di gettare monete nelle fontane è una sorta di continuazione dell’offerta simbolica alle divinità dell’acqua che avevano il potere di esaudire i desideri


FONTANE DEL PARCO DELLA REGGIA DI CASERTA alimentate dall’acquedotto carolino


Fontana Margherita

La Fontana Margherita, o del Canestro, è la prima che si incontra percorrendo il Parco dall’ingresso della Reggia. Tra le sei fontane è quella decorata in maniera più “modesta”, poiché presenta unicamente una decorazione che richiama l’intreccio di un cesto. E' costituita da una vasca bassa circolare con un unico alto zampillo centrale, delimitata da un gioco di aiuole fiorite, circondata, in piano, da statue raffiguranti le Muse ed Apollo. Nel margine sud della fontana, su un rocco di colonna è una meridiana. La statua della musa dell'Astronomia, Urania, regge un globo celeste sul quale si riconoscono le costellazioni.

Alla fontana lavorò: Antonio Del Medico Data di creazione: 1767-1769, sec. XVIII


FONTANA DI DIANA E ATTEONE

Si ispira al culto di Diana, dea della caccia e della luna, molto diffuso nel territorio casertano ricco di boschi e di selvaggina. La scena è divisa in due gruppi, tra i quali scroscia la cascata, elemento di vita e purificazione. Si racconta di Atteone, il cacciatore tramutato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani per aver spiato la nudità di ninfe.


E’ la quinta ed ultima fontana lungo la fantastica "via d'acqua" che taglia il parco in due per tutta la sua lunghezza (tre KM.circa) e rappresenta il mito di Diana e Atteone. In mezzo alla gran vasca sono situate due scogliere isolate, l'una con statua rappresentante Diana corteggiata dalle sue Ninfe, e l'altra con Atteone, che si trasforma in cervo .

Alla fontana lavorarono: Tommaso e Pietro Solari, Paolo Persico e Angelo Brunelli Data di creazione: 1773 - 1773, sec. XVIII

Atteone che si trasforma in cervo.


Diana circondata dalle Ninfe.


La fontana dei tre delfini

La fontana dei tre delfini rappresenta la figura di un mostro marino con la testa di un delfino, fiancheggiata da due delfini piĂš piccoli.

Scheda tecnica: Le sculture, in travertino di Bellona, furono eseguite su disegni di Carlo Vanvitelli, il quale rielabora quelli del padre. Dalla bocca del nostro marino fuoriescono i getti d'acqua che ricadono in una vasca lunga 470 metri e larga 27, con una profonditĂ pari a 3 metri. Sullo sfondo un bugnato listato crea l'effetto naturalistico delle rocce in un gioco geometrico e naturale.

Sotto gli scogli tufacei, la fontana nasconde una grotta percorribile con sedili di sosta.


Alla fontana lavorarono: Gaetano Salomone Data di creazione: 1776 - 1779, sec. XVIII


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