I giorni della Tartaruga

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I giorni della Tartaruga

Claudio Elliott

Claudio Elliott

Una storia di bullismo e disagio giovanile

È nato a Griffith, in Australia, ma vive in Italia da quando ha otto anni. Attualmente vive a Potenza, dove insegna Lettere in una scuola secondaria di primo grado. Scrive articoli su importanti riviste italiane e da qualche anno è un affermato autore di narrativa per ragazzi. Per Raffaello ha scritto “Il barcone della speranza” .

Se ogni scuola è lo specchio della propria città, questa scuola media riflette una società fatta di corruzione e malaffare. A Simone però fare il bullo con i compagni non basta più: a quella scuola serve una lezione da ricordare per sempre! E così, assieme a due compagni, compie un’irruzione a tarda sera, spacca computer e materiale didattico, strappa registri, filma la sua “impresa” con il cellulare e manda il video su internet. Presto il cerchio delle indagini dei Carabinieri si stringe attorno al ragazzo. A questo punto padre Benedetto, il professore di religione, decide di mettere i ragazzi a confronto attraverso una competizione serrata ma genuina: un weekend di gare sportive intitolato “I giorni della Tartaruga”. Grazie a uno stile veloce, serrato, che attrae il lettore e lo trasporta nel vivo della storia, il romanzo mostra tutti i lati del bullismo e del vandalismo giovanile, aiutandoci a comprendere il fenomeno e offrendo spunti di riflessione mai banali. Completano la lettura un apparato finale di approfondimento delle tematiche e un fascicolo di comprensione del testo.

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Online: approfondimenti e schede didattiche www.raffaellodigitale.it Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

I giorni della Tartaruga Una storia di bullismo e disagio giovanile

€ 8,30

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I giorni della Tartaruga

Claudio Elliott

Claudio Elliott

Una storia di bullismo e disagio giovanile

Completano la lettura: Approfondimenti finali ascicolo di comprensione F del testo Schede interattive su www.raffaellodigitale.it



Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Progetto grafico e copertina: Mauro Aquilanti Impaginazione: Giacomo Santo Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Approfondimenti: Elena Frontaloni Schede didattiche: Claudio Elliott

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2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016

Tutti i diritti sono riservati © 2015

e–mail: info@ilmulinoavento.it http://www.grupporaffaello.it Printed in Italy

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di ­questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.


Claudio Elliott

I giorni della Tartaruga Una storia di bullismo e disagio giovanile


Questo è un romanzo di fantasia e non ha pretese di alcun genere se non narrative. Vi sono molti testi validi che studiano il fenomeno del bullismo, e alcuni di questi sono stati letti da me nella fase preparatoria del racconto. Desidero ringraziare la mia amica Angela Pugliese per l’aiuto e i suggerimenti. L’autore


Capitolo

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Simone

La cosa avvenne all’improvviso, inaspettata e sorpren-

dente. Simone si alzò, chiese di poter andare al bagno, e nel passare tra i banchi diede uno scappellotto sulla testa di Davide. Davide era il più bravo della classe, era al primo banco e portava gli occhiali. Gli occhiali caddero, Simone rise, poi uscì. La prof di italiano osservò senza intervenire. Davide rialzò gli occhiali, controllò le lenti, raddrizzò le stanghette, poi si passò una mano sulla nuca. – Mi ha dato uno schiaffo... – disse alla prof. Aveva la voce incrinata e il tono piagnucoloso. – Ho chiesto al preside un’aula più grande. Ci vuole pazienza. Passando, capita che uno ti urti – cercò di evitare la tensione la prof. – Non mi ha urtato, signora. Mi ha dato uno schiaffo qui – replicò Davide toccandosi la nuca. – Ma dai… – minimizzò la professoressa. La cosa si ripeté il giorno dopo. Schiaffo dietro la nuca, occhiali a terra, risata, uscita. Identico copione. Quel giorno intervenne Maria. – L’ha fatto apposta, professoressa. – Impossibile – disse Gaia, alta e bella. Tredici anni, pallavolo, danza fino all’anno precedente. Si aprì una piccola discussione, buona scusa per interrompere Renzo sulla strada per Milano. Massimo e Gaia presero 5


Capitolo 1

le parti di Simone; Maria, Oriana e qualcun altro quelle di Davide. La gran parte della classe, la maggioranza silenziosa, la palude, non parteggiò né per l’uno né per l’altro. Simone rientrò. La prof lo fermò prima che tornasse a posto. – Hai dato uno schiaffo a Davide? – Chi, io? – Lui dice così. – L’avrò urtato. – Va bene... Lasciamo perdere. È colpa degli spazi stretti. – Era uno schiaffo vero e proprio! – protestò Davide. – E non è la prima volta. – Ma che dici, secchione? Se non ti ho mai toccato! – Vergognati – disse Maria, e si alzò in piedi, nello splendore dei suoi oltre sessanta chili. – Ma se ieri l’hai quasi fatto cadere per le scale! – È vero – sussurrò qualcuno. – Ma che dici? – sussurrò qualcun altro. La prof capì che era il caso di prendere in mano la situazione. – Allora, Simone? È vero quello che dice Maria? Sapeva già che lui avrebbe negato. – Le scale? Ma sono strette. Questa scuola è tutta stretta e vecchia. Scendendo, spingono da dietro... Sarà anche capitato, non mi ricordo. Inciampiamo spesso. – Che non succeda più. Spinte e schiaffi. Capito? Se no andiamo dal preside un’altra volta. E non so se ti conviene! Simone abbassò la testa e guardò Maria, la spia, che lo sfidava con un atteggiamento fermo e gli occhi di ghiaccio. Lei sapeva bene che poteva essere la prossima vittima, ma non lo temeva.

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Simone

La città è un grande agglomerato di cemento e di anime. Le case della periferia hanno soffocato il centro storico, che resiste a mala pena allo stritolamento. Qualche negoziante ha lasciato il cuore della città e si è trasferito in locali più sani e spaziosi, dove i clienti hanno il parcheggio e dove qualche albero offre refrigerio d’estate. Nel progetto originario la periferia avrebbe dovuto ospitare una bella area verde con centinaia e centinaia di alberi; alla fine ne sono state piantate solo poche decine. Ma meglio di niente. La città non è una città sana. È quella che si definisce “malavitosa”. Piccola e grande delinquenza, dal furto di un motorino al condizionamento politico. Qui, in questa zona periferica, i bambini mangiano pane e malaffare, e il linguaggio quotidiano è quello delle mani e della sopraffazione. I maschi, fin da piccoli, misurano la propria gerarchia nel gruppo con le prime angherie: lo sgambetto, il pallone lanciato in faccia, la derisione. Solo apparentemente giochi innocenti. Lo sputo è già un passaggio importante: l’innocenza viene persa, l’aspetto del gioco passa a quello del disprezzo. La scuola di Simone è nella zona periferica. Ce n’è anche un’altra, nel centro storico, ma è un mondo a parte: tutti figli di medici, ingegneri e professionisti vari. La scuola è grande, ha un cortile pavimentato tutto intorno e alcuni di quegli alberi che dovevano essere mille. Il muretto che lo delimita è un doppio simbolo. Il primo: la città da una parte, la scuola dall’altra, due mondi. Il secondo: il ragazzo che si siede sul muretto è qualcuno degno di rispetto e considerazione, chi rimane ai suoi piedi è un vassallo, ma ambisce a salirci. Coloro che ignorano il muretto fanno parte di un’altra realtà, e non hanno vita facile. 7


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I professori conoscono bene questa situazione e non possono farci niente. Quando il preside, durante una riunione, propose di far abbattere il muretto, una prof gli fece notare che non aveva capito il problema. – Lei è nuovo, qui, preside. Le cose non sono così semplici. Questa è una “scuola di frontiera”. – E non ci si può fare niente, secondo lei? – Possiamo lavorare sul singolo ragazzo, questo sì, e magari scavare nella sua sensibilità e fargli capire che la vita offre altro... e altre di queste belle chiacchiere. Ma l’ambiente è questo, e c’è poco da fare. – Allora stiamo perdendo il nostro tempo? State tutti perdendo il vostro tempo? Un silenzio imbarazzato lo avvolse, sguardi bassi e dimessi. Solo padre Benedetto lo fissava apertamente. – Lei, padre? Tra scuola e parrocchia lei ha delle responsabilità su questi giovani, no? – Lavoro come gli altri, qui. Cerchiamo tutti di fare il possibile. – Ci sono anche bravi ragazzi, preside. Mica sono tutti delinquenti – intervenne il prof di ginnastica. – Lo so. Ma quei pochi… – Non chiamiamoli delinquenti – disse la docente di italiano del corso A. – Li chiami come vuole. Smargiassi, spacconi, bulli, va bene? Il fatto è che poche mele marce rovinano il paniere, se mi permettete la metafora – insistette il preside. – Noi abbiamo un problema in classe – disse la prof di matematica. – Simone. – Cognome? Classe? – Terza B. De Nicola. Non è un vero problema, per ora, ma 8


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sta iniziando un certo percorso che secondo me lo porterà sulla cattiva strada. – Fa il prepotente! – disse la professoressa d’italiano. – Il prepotente? Per esempio? – chiese il preside. – Penso che abbia individuato un ragazzino da vittimizzare. Sa, in classe cerco di minimizzare, ma l’ho sorpreso più volte. Sgambetti per le scale, scappellotti, sfottò. Giusto ieri l’ultimo episodio: gli ha quasi rotto gli occhiali con uno schiaffo sulla faccia. – E lei? Una nota sul registro, no? – Acqua fresca – disse la professoressa. – Mi spiace, preside, ma una nota ha l’effetto dell’acqua fresca. – Non sono d’accordo. Ci vogliono le maniere forti! – E una nota sul registro è una maniera forte? – No, ma lei lo porta da me, questo Simone, e io lo rimprovero e lo minaccio di sospensione. – Beh, così fa festa a scuola. Autorizzato pure. Risatine. – Eh, ma poi deve venire accompagnato dal padre – fece il preside, con l’indice teso. – Qui vengono sempre le mamme – disse la professoressa. – Padre o madre, non cambia la sostanza – precisò il preside. – Dobbiamo trovare una strategia – propose la professoressa di italiano. – È una parola – disse quella di matematica. – Le abbiamo provate tutte, con le buone e con le cattive. – Lei, padre, ha qualche idea? – Idee? Forse dobbiamo adottare tutti la stessa strategia, qualunque essa sia, così si rende conto che lavoriamo di comune accordo – propose padre Benedetto. – Un lavoro di squadra – disse il professore di ginnastica. – Parlatene tra di voi, e fatemi sapere – concluse il preside. 9


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*** A Gaia, Simone piaceva. Era alto per la sua età, con un bel fisico e i capelli lunghi. Bello. Era il più grande della classe perché aveva ripetuto la seconda media. E Gaia subiva il fascino della sua personalità, così forte da renderlo il vero capo della classe. Persino i professori lo avevano definito un leader. Il problema era che lui non la degnava di uno sguardo. Non la calcolava per niente. Lui aveva una cotta per quella smorfiosa bionda, Oriana. Ma lei i maschi manco li guardava, sempre immersa nei libri e nello sport. Sembrava non rendersi conto di essere abbastanza carina, forse la più carina dopo Gaia. Gaia, invece, si vedeva come una sorta di dea, specie da quando era diventata più donna, con le sue forme giuste e i foruncoli dimenticati; quei foruncoli che per un paio d’anni le avevano fatto portare una frangetta per coprire la fronte martoriata. Ora la sua coda di cavallo e il suo portamento la facevano sembrare una vera donna. Ma Simone non se ne accorgeva. *** Simone era contento. A scuola era andata bene: aveva fatto capire a quella cacchetta di Davide che il più forte era lui. Non lo sopportava proprio quel ragazzino ridicolo, con quegli occhiali da secchione e l’aspetto da figlio di papà. Si era accorto che Davide non aveva ancora pianto per quei pochi scherzi, ma ci mancava poco, e lui sarebbe stato soddisfatto solo quando avrebbe visto vere lacrime scendere sul quel visino da ragazzo viziato. 10


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