...MI STACCO DA TERRA E MI RITROVO IN ARIA... E FINALMENTE È COME SE POTESSI LIBERARE IL MIO VERO SPIRITO!
Nancy è una ragazzina come tutte… Ecco, non proprio come tutte! Sì, perché Nancy ha un potere davvero eccezionale, che la rende unica e speciale: riesce a volare e a saltare come se avesse le ali. Perché Nancy in realtà è una fata! Una fata tutta particolare: non riesce ancora bene a comandare il suo potere e non ha capito se le spunteranno mai le ali, come a tutte le fate che si rispettano! Ma quando arriva un pericolo, Nancy sente un fremito addosso e… vola via come una scheggia! In questo primo episodio, Nancy, accompagnata dall’inseparabile amica Giudy, dovrà vedersela con uno spietato trafficante di animali che terrorizza la città. Ma il furfante non sa che a Nancy Fly gli animali stanno molto a cuore…
ANNALISA MOLASCHI è nata a Cremona, dove vive e lavora. Scrittrice di narrativa per l’infanzia, ha vinto diversi premi letterari. E 7,00
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Cordinamento di redazione: Emanuele Ramini Redazione: Salvatore Passaretta Progetto Grafico e Impaginazione: Letizia Favillo Copertina: Letizia Favillo
I a Edizione 2008
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2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009
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Š 2008
e-mail: info@raffaelloragazzi.it http://www.raffaelloragazzi.it Printed in Italy
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Annalisa Molaschi
Nancy Fly e il collezionista
Illustrazioni di
Anna Maria Cotogni
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Per farsi un’idea di Nancy Fly
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redetemi, non lo so! Davvero, non so chiarire chi sia Nancy Fly veramente… Sì, certo, siamo molto amiche, il nostro è un grande legame, ma… ci sono cose inspiegabili che la riguardano… È così difficile riuscire a darvi l’idea di ciò che è Nancy, perché... perché... Perché… Nancy è Nancy, ecco! Perché lei è… sì, insomma ha… diciamo... delle doti particolari di straordinaria agilità e scioltezza, che però emergono solo in alcune situazioni. Allora, vediamo… Avete presente una che a undici anni può saltare dieci metri e fare capriole in aria ad altezze impossibili come se avesse grandi molle sotto i piedi? Vi giuro, non le ha! Ho guardato, controllato mille volte… Ci riesce e basta!
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Ah, sì, a volte può correre ad una velocità sorprendente, ha uno spiccato sesto senso e qualche volta prevede in anticipo quanto accadrà. Non sarà mica una piccola fata? Aggiungo che ha un carattere mutevole, che a scuola è una frana, che non si sa troppo bene da dove venga e che ha una famiglia normale: un fratello più grande di quattro anni, una mamma che legge messaggi pubblicitari in una piccola radio locale e teme sempre improvvisi abbassamenti di voce, un padre assente giustificato per lavoro e qualche zia mezza matta. Ma chi non ne ha? A volte però ho la sensazione che venga da un altro pianeta. Naturalmente, la prima volta che l’ho vista fare un salto dei suoi, quasi mi veniva un colpo. Poi lei mi ha detto senza scomporsi: - Giudy, smettila di essere così sconvolta, ognuno di noi nasce con le proprie abilità… A me sono capitate queste, forse un po’ più…
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speciali, tutto qui. Tu, comunque, sarai per sem-
pre l’unica che lo saprà! - stabilì con un tono che non ammetteva repliche. Un giorno, abbassando la voce e facendosi seria, mi svelò che pensava di aver ereditato questi suoi poteri da una sua antenata. - Quando ho trovato questa fotografia in un vecchio album su in soffitta, mi è sembrato di aver finalmente compreso la strana cosa che mi capita da quando ho sette anni… - mi raccontò mostrandomela. Era una foto in bianco e nero del secolo scorso e ritraeva una ragazza dalla figura sottile e slanciata che indossava un abito pieno di ricami e nastrini. “Clara”, stava scritto sul retro con una calligrafia piccola e sottile. Oltre l’incredibile somiglianza con Nancy, ciò che colpiva di più era la sua strana posa, come fosse sospesa in aria.
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- Beh, devo ammetterlo, fa una certa impressione! - esclamai osservando il suo stesso sguardo enigmatico. Adesso non pensate che Nancy sia una ragazzina molto diversa dalle altre; strana in molte cose lo è, questo è indubbio, perfino in quel suo modo eccentrico di vestire… Però lei ci soffrirebbe troppo a pensare davvero di essere diversa. È per questo che non vuole far sapere delle sue capacità ed io manterrò il suo segreto. Costi quel che costi!
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ancy
Questo è ciò che dice di me Giudy, la mia migliore amica. Lei mi conosce meglio di chiunque altro e solo lei può darvi un’idea di come sono. Un salto, un nuovo balzo verso l’alto, un’altra doppia, tripla capriola in aria… ehm… un attimo… ora scendo… scendooo… Ecco! Fatto! Ahm... se tutto fosse così semplice come saltare! Ci sono momenti in cui non va tutto come desidero, e allora i miei piedi e le mie gambe decidono per me. Un’energia straordinaria mi investe come una scossa elettrica, e… uau! Mi stacco da terra e mi ritrovo in aria… e finalmente è come se potessi liberare il mio vero spirito! Leggete e capirete. Certo, non tutto… perché certi eventi non sono proprio spiegabili. Io stessa a volte fatico a comprenderli. Dovrò cominciare dall’inizio, solo così riuscirò a farmi conoscere davvero.
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Nancy e Giudy
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iudy ed io abitavamo vicine. Lei all’inizio ed io alla fine di una via non troppo grande e abbastanza tranquilla, costeggiata da condomini e villette con piccoli giardini. Ci siamo conosciute a scuola, al momento dell’appello, come Annunziata e Giuditta. Ma da subito preferimmo chiamarci più semplicemente Nancy e Giudy. Arrivai nella loro classe in seconda elementare, dopo qualche giorno dall’inizio delle lezioni. Per questo, da allora, venni chiamata la “nuova”, appellativo che mi rimase per diverso tempo e che ancora oggi, a scuola, fatico a scrollarmi di dosso. Ricordo il mio ingresso in aula, quando tutti osservarono la mia andatura decisa, i miei vestiti dai colori veramente vivaci, l’atteggiamento disinvolto e quasi spavaldo che adotto sempre.
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- Questa è Annunziata Flainetti! - mi aveva presentata la maestra. - Nancy, prego! - l’avevo subito corretta io, mentre ventidue paia di occhi attenti mi fissavano sbalorditi. - Annunziata! - Nancy! - Annunziata! - Nancy! La maestra aveva alzato gli occhi al cielo e con voce acuta aveva continuato: - Ti chiami Annunziata e basta! Annunziata andrà benone! - Nancy! Ho detto Nancy! - ripetei io testarda. - Vai al tuo posto ora… - sibilò l’insegnante serrando le labbra. - Solo Nancy! - proseguii io mentre arrivavo al terzo banco, di fianco a Giudy. Sono sicura che tutti i miei compagni pensarono che fossi una “strana” anche per via di
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quelle ciocche rosse che accendevano, come piccole fiamme animate, i miei capelli lunghi e ondulati di un colore insolito e indefinito. - Mogano! - sottolineavo io precisa, muovendo la testa e scrollando i capelli fluenti affinchĂŠ potessero osservarli bene. Di certo a tutti feci subito un grande effetto. Sebbene non volessi far conoscere i miei insoliti poteri, mi piaceva stupirli raccontando loro storie strane e stravaganti su di me e la mia famiglia. Forse, proprio per questo, non mi feci molte amicizie. A parte Giudy: fu subito obbligata ad aiutarmi nei compiti visto che, nonostante la mia aria piuttosto furba e la parlantina sciolta, non me la cavavo troppo bene... E, da allora, siamo indivisibili.
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Io e la mia famiglia ci eravamo trasferiti da poco in quel quartiere. Avevo girato una quantità di posti che ai miei compagni risultavano per lo più sconosciuti e irraggiungibili, anche solo con il pensiero. - È a causa del lavoro di mio padre - raccontavo. In realtà, per quanto fossi abituata a riferirne i particolari, non erano ancora riusciti a capire che tipo di professione egli svolgesse. A volte dicevo che era un abile venditore di automobili eccezionali e ad alta tecnologia che esistevano solo in altri paesi. - Perché - sostenevo con aria di superiorità - voi qui, siete davvero ancora troppo arretrati! Un’altra volta era il miglior cuoco o pasticcere che ci fosse. - È un grande chef ! - sospiravo trascinando la “e” e calcando la pronuncia per darmi più importanza possibile. - È così bravo, da essere invitato ai più importanti ricevimenti e
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ai più famosi programmi televisivi di alta cucina! Ovviamente sempre in luoghi stranieri, che non avevano mai sentito nominare. Altre volte, invece, era un famoso etnologo che studiava popoli lontani. Per la verità, nemmeno io sapevo di preciso cosa facesse. Non lo vedevo spesso, solo quando tornava dai suoi viaggi misteriosi in giro per il mondo carico di regali e di avventure memorabili. Quelle stesse che poi io, opportunamente rivedute e corrette, raccontavo. Ma torniamo a me: avevo scoperto da poco i miei poteri, e come tutte le cose strane ed inspiegabili che possono capitare all’improvviso, soprattutto a quell’età, ne ero inizialmente spaventata e confusa. Pensavo che avrei dovuto assolutamente tenerli nascosti per non apparire diversa. Per non apparire come non avrei voluto.
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Un conto era avere un alone magico di mistero attorno, tutt’altra cosa era essere giudicata stramba o peggio ancora avere affibbiato addosso qualche nomignolo tipo… “bambina volante”, “gambe da grillo”, “piedi da canguro” o giù di lì… No, non mi sarebbe affatto piaciuto. Fu solo qualche anno dopo che ebbi il primo indizio della mia sorte particolare. Trovai infatti la foto della mia antenata Clara, e iniziai ad intensificare le mie ricerche in soffitta, nei grandi scatoloni e negli armadi polverosi. Quella fotografia, purtroppo, fu l’unica testimonianza che scovai e aumentò notevolmente la mia sete di informazioni.
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Da quel momento, provai a chiedere spiegazioni alla mamma, ma dalle sue parole evasive e dall’espressione sconcertata del suo viso, intuii che non voleva affrontare l’argomento. Come se esistesse qualcosa che fosse meglio tacere. - Nancy, cosa ti vai ad inventare sempre? - mi rispondeva con la solita voce sussurrata. - Non so come quella foto sia finita nella nostra soffitta, magari non fa nemmeno parte della nostra famiglia, risale a così tanti anni fa… - Eh? - ripetevo più volte, tentando di capire la sua spiegazione, mentre la voce si affievoliva sempre più... - Dico che non so nemmeno chi sia… ma che t’importa poi? - continuava senza alzare il tono. - Eeeh? - richiedevo io, senza speranze. - Dai tesoro, lo sai che domani ho quella pubblicità da registrare e devo fare tutti quegli acuti. Non vorrai che mi stanchi le corde vocali, vero?
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- No, naturalmente… - dicevo ragionevole. E mi convincevo sempre di più che c’era davvero qualcosa che mi riguardava, qualcosa che mi veniva nascosto. E allora mi chiudevo nella mia stanza e saltavo, saltavo sfiorando il soffitto, finché la rabbia e la frustrazione non svanivano. Forse qualcuno potrebbe invidiare una madre che non urla mai, ma vi assicuro che è quasi più insopportabile di una che grida sempre. Mio fratello, in compenso, sapeva mandare la sua voce alle stelle. Soprattutto con me. Sì, qualche volta lo avrò pure provocato... ma lui finiva sempre per arrabbiarsi e urlare come un matto! Lui e i suoi dannati malumori adolescenziali!
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Che noia, i compiti!
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crivi! - Quanti metri gliene occorrono... di cosa? domandavo a Giudy con l’espressione più tonta che riuscissi a trovare. Ecco una tipica discussione tra me e Giudy durante i nostri pomeriggi di studio. - Quanti metri di rete servono al signor Mario per costruire il recinto dei cavalli… - mi spiegava per l’ennesima volta, sbuffando rumorosamente. - Quanto hai detto che è grande? - Leggilo nel testo del problema! - E… se poi i cavalli non ci vogliono stare lì rinchiusi? - le chiedevo con preoccupazione. - Non ti deve interessare! - ribatteva esasperata. - Odio il signor Mario! - Non puoi odiare un tizio che è stato inventato solo per un problema di matematica! cercava di chiarirmi senza alcun successo Giudy.
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Al solito, non sapevo più che scappatoie utilizzare per spostare l’attenzione dai compiti a qualsiasi altra cosa. A volte cercava di convincermi con le buone, ma spesso si arrabbiava fino a minacciarmi. - Dirò alla maestra che non collabori per niente! Io, i compiti con te, non li voglio più fare… Hai capito?
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- Giudy dai‌ - Muoviti! - Vuoi la risposta? - Certo, non abbiamo a disposizione tutto il giorno per risolvere un problema tanto facile! Mamma mia, che disastro che sei! E alzava gli occhi al cielo.
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- Dunque… allora… - Dai! Quando hai intenzione di risvegliare il tuo cervello? - Uff, bisogna moltiplicare… Sì, sì, ecco, moltiplicare ma… cioè… non so per cosa, perché… ho in mente le espressioni tristi di quei poveri cavalli che quello stupido del signor Mario vuole privare della libertà! Alla fine, raggiungevo il mio scopo e riuscivo a convincerla a chiudere libri e quaderni. Le proponevo allora di uscire e le mostravo, ad esempio, come sapevo arrampicarmi su un albero nel modo più veloce che lei avesse mai visto. Salivo in alto con la disinvoltura di una scimmia, sfidando ogni pericolo e lasciandola con il fiato sospeso, per la paura che potessi cadere e farmi male. Oppure le facevo vedere le mille acrobazie che riuscivo a fare con il mio corpo snello e snodato: capriole, ruote e strani contorcimenti. Se andavamo su certi argomenti che mi
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agitavano e infastidivano, mi esibivo anche in quelli che lei chiamava i miei “salti incredibili”. Era come se dal mio corpo si sprigionasse all’improvviso una forza imprevedibile. La stessa forza che sembrava invece abbandonarmi totalmente per tutto ciò che non mi coinvolgeva e interessava: i compiti, ad esempio o… certi altri doveri casalinghi. Quante volte, ad esempio, mia madre mi aveva obbligato a sistemare la camera! - Nancy - minacciava, ma con un filo di voce, - metti in ordine la tua stanza! Non vorrei davvero essere costretta a… a farti sparire i tuoi vestiti multicolori! A proposito del mio abbigliamento tanto bistrattato: un giorno avevo trovato in un mercatino una signora che vendeva vestiti dai mille colori. Li tingeva lei stessa e sapeva formare bellissime tonalità di colore, tinte mai viste. Sì, è vero, forse un po’ vivaci e sgargianti, ma… bellissime!
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Mi ricordavano certi coloratissimi tessuti africani o indiani ed evocavano la magia di quei paesi lontani, che sentivo familiari. Da allora, quelli furono i miei colori. - Allucinanti! - sussurrava mia madre quando me li vedeva addosso. - Orribili, spaventosi! - i commenti perfidi di mio fratello che addirittura si copriva il viso disgustato per non vedermi, quando gli passavo vicino indossandone uno. No, i miei abiti fantastici non si potevano toccare! CosÏ, tutte le volte che ne ero costretta, ammassavo ogni cosa nell’armadio. Riuscivo a chiuderlo solo spingendo le ante con quanta forza avevo. Poi, purtroppo, me ne dimenticavo e quando mi capitava di riaprirlo, tutto mi crollava addosso sommergendomi come una valanga.
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Io sono Nancy, Nancy Fly! Sì può forse pensare che le banalità di tutti i giorni possano coinvolgermi? Io non ho tempo per simili sciocchezze, ho tutto un mondo là fuori che mi aspetta. Devo risolvere cose più importanti, io.
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Indice 1 Per farsi un’idea di Nancy Fly
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2 Nancy e Giudy
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3 Che noia, i compiti!
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4 Alla scoperta dei miei poteri
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5 Un indizio importante
36
6 La lettera
54
7 La sfida
60
8 A caccia di guai
74
9 La casa diroccata
88
10 Non aprite quella porta!
100
11 Al peggio non c’è mai fine!
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12 Vai, Nancy Fly...
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13 Sani e salvi
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