Siamo Qui
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I Edizione 2023
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Siamo qui
Premessa
Mi presento: sono Marisa, ma tutti mi dicono Mara, che è più corto e suona più giovane. Marisa è un nome da vecchi stravecchi, secondo me, e quindi mi fareste un piacere a non chiamarmi così. Quest’anno frequento la terza media e l’idea di dover lasciare i miei compagni, alcuni dei quali conosco dai tempi in cui andavo al nido, mi ha creato una certa inquietudine. È quella strana sensazione che qualcosa sia finito per sempre e qualcosa d’altro stia per cominciare, e tu sei in mezzo e non sai cosa ti aspetta, se avrai dei rimpianti e se ce la farai ad affrontare la sfida che ti aspetta. Perché la classe in cui finirò il prossimo autunno, anche se ci fosse qualcuno di noi, non sarebbe mai la stessa cosa.
L’ambiente sarà diverso e anche noi saremo diversi, perché dovremo adattarci al contesto, ai professori, alle aspettative. In poche parole: all’aria che tira. È stato per vincere questa inquietudine che ho deciso di lasciare una testimonianza scritta. Scrivere mi è sempre piaciuto e lo faccio volentieri. Ed ecco qua la narrazione di dove siamo e come siamo adesso, che darò (forse) da leggere ai miei compagni, quando avremo compiuto quarant’anni, per riderci sopra. Adesso no, perché sarebbe pericoloso. Qualcuno potrebbe arrabbiarsi, qualcun altro montarsi troppo la testa, chi lo sa. Ma giunti a quella età, sarà tutto differente. Almeno lo spero. Il fatto è che, come vedete dal numero delle pagine, il progetto mi ha preso un po’ troppo la mano. All’inizio doveva essere un “centone” di poche righe per ciascuno, che inquadrassero i caratteri. Sintetico ed efficace. Ma io sono sovrabbondante in tutto, anche nel peso (ahahah) e quindi è venuto fuori un documento fin troppo dettagliato.
Per farne quello che è diventato, ovvero un libro vero e proprio, ho cambiato i nomi reali, questo mi sembrava assolutamente necessario. Quindi Pietro non si chiama Pietro e Marianna non si chiama Marianna.
E i soprannomi? Alcuni sono autentici, altri li ho inventati io sul momento, e li ho lasciati tutti, veri e falsi, perché sono divertenti.
Anche il mio nome, Marisa (detta Mara) è un nome di fantasia, ma sarei contenta se qualcuno di voi, leggendo queste pagine, possa tirar fuori il mio profilo, sparpagliato qua e là nelle pagine, e dica, liberamente, dal suo punto di vista, quello che pensa di me. Sono pronta a ricevere critiche, perché posso aver sbagliato.
In questo documento, che è diventato libro, sono stata sincera, fin troppo sincera. Senza peli sulla lingua. Del resto, non si possono arrotondare gli spigoli, se vuoi raccontare le cose come stanno. O, se preferite, come le vedo io. In ogni caso, vita vera in classe, vere frizioni e amicizie vere, veri problemi e opportunità vere. Niente storie della buonanotte, ma neanche “tanto la scuola non serve a niente”.
Ecco perché da grande vorrei fare la giornalista, ma non di quelle che leggono i comunicati scritti da altri. Io vorrei essere tra quelle che cercano le notizie di persona e dicono le cose come stanno per davvero.
Già mi vedo a seguire gli eserciti in prima linea, o nelle città assediate, per poter dare alla rete televisiva il resoconto quotidiano della guerra.
Oppure come corrispondente da Pechino per il mio giornale, cercando di capire meglio quel che succede nel Paese che più di tutti sa tenere ben segreti i suoi progetti per il futuro. Ma non mi dispiacerebbe nemmeno seguire il mondo fantasmagorico della moda, a Milano e Parigi, raccontare la storia delle più famose maison su settimanali femminili importanti, guidare le mie lettrici – con un po’ di humor – in questa specialissima arte del bello impossibile.
Infine, il nome di questo libro: Siamo qui. Magari volete sapere cosa c’entra con le storie della mia classe. Se volessi sembrare più smart di quel che sono (non ho mai preso un dieci, in nessuna materia, in tre anni di scuola media) potrei tirar fuori qualche spiegazione profonda, cercando ispirazione su internet alla voce “psicologia dell’adolescenza”. E poi usarla come se fosse mia. Ma non sono un pappagallo. Invece vi dirò da dove viene, ci tengo che lo sappiate. C’è un libro che è rimasto nel mio cuore, e che ho riletto più e più volte. Si intitola Capitani coraggiosi, ed è stato scritto da Rudyard Kipling, già morto da un sacco di tempo. È il racconto di una nave, la Siamo qui, e del suo ardito equipaggio, in navigazione sulle fredde acque dell’oceano Atlantico a caccia di merluzzi.
Ma soprattutto è l’avventura di Harvey Cheyne, che viene avvistato in mare, naufrago, e tirato su a bordo, come fosse un pesce pure lui. Il ragazzo è salvato da morte certa, ma l’esperienza che vivrà su quella barca di rudi marinai lo salverà anche dalla pericolosa deriva che aveva preso la sua vita insulsa e boriosa. Un libro molto attuale, nonostante sia stato scritto più di cento anni fa. Se ci pensate bene anche noi “siamo qui”, sulla nostra linea di partenza, a caccia di noi stessi nel futuro. Un oceano da attraversare con la speranza di non perderci dentro.
Vi auguro una buona lettura. Ciao
Laura, la lunatica
Lei va in giro a dire che è nata in un anno bisestile, che è tutto lì il suo problema, che non è colpa sua se cambia umore anche cinque o sei volte al giorno. E quando arriva il venerdì, anche di più, perché tutto il peso della settimana (soprattutto al tempo del covid) si accumula e cresce in modo esponenziale.
Ogni volta che mi ripete questa manfrina io le ricordo pacatamente che tutti noi della terza C siamo nati nel suo stesso anno e che per quel che riguarda il covid abbiamo subito tutto lo stress psicologico nelle stesse quantità e qualità.
Ma Laura da quell’orecchio non ci sente e si ostina a dire che il suo caso è davvero differente dai nostri, perché lei è nata il 29 di febbraio, anche se in Comune è stata registrata il giorno dopo.
E poi – aggiunge, strizzandomi l’occhio – mica puoi celebrare il compleanno ogni quattro anni! Se si chiama così vuol dire che deve essere festeggiato ogni anno… ma i numeri sono numeri e cambiare giorno di nascita comporta un sacco di complicazioni dentro di me, che tu ci creda oppure no, le cose stanno così...
Stravagante punto di vista, il suo, che faccio fatica ad accettare. Ma lei continua, convinta convintissima che sia quello il motivo principale del suo stato d’animo mutante e del suo malessere perenne.
È proprio il fatale spostamento dal 29 febbraio al primo marzo che la rende così lunatica – sostiene e ripete ogni volta – e non come pensiamo invece tutti noi, quel suo carattere troppo suscettibile, pronto ad accendersi come un fiammifero alla prima occasione. Anche se non lo dice apertamente, credo di aver capito che il fatto di essere una delle poche persone che nascono proprio il 29 di febbraio la fa sentire importante. E in qualche modo si è convinta di essere differente da tutti gli altri, anzi unica. Va in giro a raccontare che la sua è una personalità complessa, ben diversa dalla nostra personalità monodirezionale. E insiste che la sua interiorità è labirintica, perché possiede un invidiabile e multiforme ingegno come Ulisse, come Leonardo da Vinci.
Scemenze! Vai a raccontarle a qualcuno d’altro! – ho avuto il coraggio di sbuffarle in faccia, quando voleva convincermi a credere a tutte quelle panzane. E lei, per tutta risposta mi ha dato un calcio negli stinchi. E poi, subito dopo, mi ha chiesto scusa e si è messa a piangere come una fontana. Insomma: un tipo da prendere con le pinze, perché non sai mai come reagisce, quante reazioni si possono verificare e quante Laure ci sono nella sua testa. Davvero una ragazza imprevedibile.
Comunque sia, stare nel banco accanto al suo, dove la prof di matematica mi inchioda nelle ore di lezione (perché secondo lei così non mi distraggo)
è stato davvero complicato, e persino un po’ eroico, da parte mia. Con lei non sai mai come comportarti. Un momento prima ti sorride tutta gentile, un momento dopo fa la faccia scura e si gira dall’altra parte. Un momento prima scrive tutta concentrata sul suo lavoro, un momento dopo straccia via il foglio, nera di rabbia e comincia a mugugnare che non ce la farà mai a risolvere un calcolo letterale.
E tu ti domandi quale sia la Laura vera, se la prima o la seconda, ma la risposta non si trova. Forse non c’è una risposta, visto che anch’io ho dei momenti neri che non so da dove mi vengano: i miei sono pochi ma lunghi e possono durare un paio di giorni. Io metto il muso e basta, lei invece si sfoga alla grande e subito.
Devo dire che qualche volta la invidio, perché riesce a buttar fuori tutto il suo risentimento, e una volta che l’ha buttato fuori si tranquillizza, mentre io me lo macino tra i denti e poi lo mando giù per digerirlo a poco a poco. E non sempre ci riesco.
Volete sapere se sa che la chiamiamo lunatica?
Certo che lo sa. E l’ultima volta gliel’abbiamo gridato in faccia tutti quanti perché prima aveva detto che sarebbe venuta alla gita scolastica di tre giorni, poi aveva detto di no e poi che forse sì, e avanti in quel modo fino a farci venire il cribbio, perché la prof che organizzava voleva che andassimo tutti o nessuno...
– Lunatica, lunatica… – ha risposto lei. – Dite così perché non mi conoscete…
E proprio io l’ho sfidata (rischiando di beccarmi un altro calcio):
– E tu cosa sai di noi? Niente, ci scommetto. Proprio un bel niente.
– Qualcosa invece la so, vuoi vedere? – ha risposto prontamente.
– Per esempio?
– Vi indovinerò i voti del prossimo compito in classe di italiano.
Noi le abbiamo riso in faccia.
– Dai, ve lo dimostro. – D’accordo, ma se sbagli, sei obbligata a venire alla gita.
– Va bene.
Era tutta seria, molto calma. Ci guardava compassionevole, come per dirci che non conoscevamo i poteri prodigiosi di chi nasce il 29 febbraio.
Abbiamo accettato, convinti che fosse un gioco e più convinti ancora che per lei sarebbe stato un flop completo. Così quando la prof ci ha riportato i compiti corretti, li abbiamo messi a confronto con i suoi pronostici.
E Laura, con nostra sorpresa, azzecca i voti. O dove sbaglia, sbaglia di poco. Un 7 per un 6 e mezzo, magari, ma mai un 7 per un 9.
Ora, io vi dico chiaro e tondo che non credo alle capacità divinatorie di nessuno, e ancora meno a quelle dei miei compagni di classe. Quindi ho dedotto che lei ci conosce molto bene, almeno scolasticamente, come se avesse passato tutti i tre anni di scuola a osservare il nostro comportamento e a studiare il nostro profilo. E magari a registrare i voti che prendiamo.
Dunque, a pensarci bene, di noi le importa. O quantomeno le importa sapere se siamo più svegli o meno svegli di lei. Ci sarebbe da investigare sul perché di questo suo insolito comportamento. Una lunatica non dovrebbe mai stare con i piedi appoggiati per terra, giusto?
Magari i suoi i cambiamenti d’umore dipendono da quelli della luna, se è piena, oppure a metà o luna nuova. Ma non mi azzardo a chiederglielo. Un altro calcio negli stinchi non lo voglio ricevere.
Però mi è venuta un’idea per provare a costringere Laura a venire in gita con noi. O meglio a far sì che noi potessimo andarci tutti quanti. Così le ho proposto di fare la contro–sfida: cioè che se noi azzeccavamo il suo voto nel successivo compito in classe di matematica lei doveva per forza iscriversi alla gita. Laura non ha detto di no. E come è finita? È finita che solo dieci di noi ce l’hanno fatta a indovinare. A quel punto tutti gli occhi erano su di me e io mi sentivo colpevole per aver peggiorato le cose anziché migliorarle con la mia idea stupida e balorda.
Ma Laura sembrava in “luna nuova” in quel momento, doveva essere contenta che più della metà di noi si fosse sbagliata sul voto. E quindi si è messa a ridere di gusto non per prenderci in giro, ma per la felicità di essere così al centro dell’attenzione. E ha promesso di venire in gita con noi, e che avrebbe portato il suo iPad con dentro un sacco di musica alternativa e che ci avrebbe fatto l’oroscopo (se volevamo) per dirci se saremo stati promossi o no alla fine dell’anno. E invece a noi ragazze (soltanto a noi) avrebbe vaticinato se ce l’avremmo fatta a conquistare il tipo che ci piace.
E poi la gita è andata benissimo e ci siamo divertiti un sacco con le previsioni: tutti promossi, lei compresa. E tutte le ragazze con vaticini amorosi favorevoli, perché alla fine era tutta una messa in scena. Quel giorno Laura aveva davvero la luna dritta.
Per tutta la settimana successiva, Laura è stata più pacifica che mai. Ma non è durato a lungo, il favore delle stelle; poi è tornata a essere quella di sempre: imprevedibile con l’umore. Forse, se facessimo più gite scolastiche, le cose potrebbero cambiare. Ma questo è solo un sogno, soldi per andarci (e prof volontari che ci accompagnino) se ne trovano sempre pochi. Mission impossible, quindi, anche perché tra un po’ finisce la scuola. Secondo Philip (che conoscerete tra un po’), noi ragazze a volte siamo troppo selezionatrici.
Noi ragazzi non stiamo lì tanto a guardare la gente con la lente d’ingrandimento – mi ricorda ogni tanto. – Ci arrabbiamo e poi ci passa, e non ci pensiamo più. A me, per esempio, non importa di avere un amico ventiquattro ore su ventiquattro. Mi importa di averne tanti, un po’ amici e un po’ no, così ho sempre modo di passar bene la giornata. Perché non provi a invitarla quando esci col tuo gruppo fare un giro in città? Magari vi divertire un sacco.
Non mi è sembrata una brutta idea, in effetti. Una soluzione più facile che non riuscire a convincere i prof a organizzare più gite durante l’anno. Infatti, noi ragazze preferiamo uscire per andare in centro a vedere l’aria che tira, guardare le vetrine, comprare stupidate e adocchiare i bei tipi. Con la speranza che ve ne sia qualcuno in giro degno di essere preso in considerazione.
Ho dato retta a Philip, tanto per vedere cosa sarebbe successo. Ho convinto un paio di compagne a uscire, e ho aggiunto l’imprevedibile Laura al gruppo. Lei ha spalancato gli occhi per la sorpresa. E non ha detto di no. Quel pomeriggio non ha detto una sola parola su bisestili e sui poteri occulti delle stelle. Per cui adesso mi viene il dubbio che abbia potuto frugare nei compiti di italiano, quel giorno in cui ha azzeccato i voti. In effetti l’insegnante aveva lasciati in sala professori il malloppo, quella mattina. E Laura, con la scusa di andare in bagno… insomma, forse era solo il suo modo di farsi notare.
“Sono
Senza peli sulla lingua. Del resto, non si possono arrotondare gli spigoli, se vuoi raccontare le cose come stanno. O, se preferite, come le vedo io. In ogni caso, vita vera in classe, vere frizioni e amicizie vere, veri problemi e opportunità vere.”
Marisa, detta Mara
Racconto ironico dei ragazzi di una normalissima classe di oggi.
stata sincera, fin troppo sincera.